Leonardo da Vinci SPECCHI USTORI NEL CIELO DEL CENACOLO

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Leonardo da Vinci
SPECCHI USTORI NEL CIELO
DEL CENACOLO
A cura di gaetano Barbella
Illustrazione 1: Il Cenacolo di Leonardo
L’ossessione trinitaria di Maurizio Bernardelli Curuz
Cosa cela in realtà il Cenacolo di occultamente attrattivo che sembra rivelarsi ai tanti occhi critici ma che
non se ne ravvisano segni concreti? Eppure il tema, che attraverso di esso si sviluppa, pur non togliendo
nulla alla concezione cristiana in coerenza ai Vangeli canonici, lascia intendere velatamente che si tratti
di un’impostazione esoterica, in cui Leonardo deve aver profuso tutto il suo sapere e ingegno.
In materia di arte pittorica rinascimentale, per quanto la critica sia comunque portata – come è naturale
che lo sia – all’analisi “visiva” (colore, forma, volume, linea ecc.), tuttavia oggi c’è in essa anche
propensione a rivolgere l’attenzione al significato nascosto ed alle simbologie latenti, facendo ipotesi e
deduzioni che, per quanto non verificabili, sono indubbiamente interessanti.
A tal proposito si può dire che il Cenacolo di Leonardo sia l’opera che, più di altre famose, ha subito
l’assalto di indagatori dell’occulto, prova ne è, ad esempio, il clamore epocale che si è disposto intorno
all’interpretazione di Dan Brown con il libro Codice da Vinci.
Dal canto mio, non credo proprio che Leonardo da Vinci, si sia disposto fino al punto di predisporre il
dipinto com’è stato immaginato da Dan Brown, e di conseguenza prendersi beffa dei Domenicani della
Chiesa di S. Maria delle Grazie di Milano, ove egli ha eseguito l’opera. Piuttosto sono propenso per
l’approfondimento dell’interpretazione che diede tempo fa un autorevole critico d’arte bresciano, il
dott. Maurizio Bernardelli Curuz con un articolo [1] proprio su questo tema.
Si tratta di un intervento in coda alla questione suddetta del Codice da Vinci da cui egli prende
razionalmente le distanze, tuttavia non nega nel Cenacolo evidenti risvolti esoterici.
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«Quel che è certo sotto il profilo pittorico – egli dice –, pur nella cornice all’apparenza naturalistica del
dipinto – con quell’attenzione al vero, alle “cose”, alle espressioni – è la forza di messaggi che vanno al
di là di ogni narrazione pedissequa del fatto. Il costante riferimento al tre (tre le finestre, tre gli apostoli
per ogni gruppo, tre gli spazi bianchi tra le porte che si aprono nei muri laterali) e alla piramide (ogni
gruppo d’apostoli forma una figura solida suscitata da una composizione di triangoli, come piramidale è
la stessa figura di Cristo, al centro della scena), costituisce, senza ombra di dubbio, una sottotraccia
armonica e simbolica evidentemente cercata dall’artista per costruire subliminarmente un’ossessione
trinitaria, quindi una proiezione dal piano dell’umano (la mensa amicale) a quello del divino (il cielo).
Gesù, in quell’istante, fa già parte del Regno dei morti.».
Dimostrerò, con questo capitolo, quanto sia concepibile il punto di vista di Bernardelli Curuz
sviluppato in prospettiva dei supposti risvolti esoterici non solo quale sottotraccia dei canoni della
Chiesa romana ma anche secondo le concezioni ermetiche della pratica alchemica. E non meraviglia
affatto che si attribuisca a Leonardo una predilezione per simili cose.
Perciò, prima di occuparmi della questione esoterica in seno all’opera pittorica in osservazione, è
d’uopo disporsi a capire meglio la trattazione evangelica dell’Ultima Cena che Leonardo si è apprestato
a dipingere nel refettorio dei Domenicani della Chiesa di S. Maria delle Grazie di Milano. Questo per
verificare se c’è intesa fra la teologia cristiana in relazione al tema in questione e l’esoterismo ipotizzato
alla luce delle concezioni ermetiche cui si sarebbe ispirato Leonardo.
In quanto all’ipotesi della Maddalena al posto di Giovanni apostolo, a ragione delle fattezze femminili di
questi, sostenuta da Dan Brown con il suo Codice da Vinci, io ritengo sia sorto un equivoco sulle reali
intenzioni di Leonardo nel configurare le cose in merito.
Se alla base dello scenario del Cenacolo sussiste l’intenzione del suo autore di riferirsi ad un piano diverso
da quello temporale, onde rappresentare un suo peculiare ipotetico processo alchemico, occorreva in
qualche modo rappresentare la figura di una Vergine con cui unirsi in matrimonio, secondo la prassi
ermetica. Ma questo non vuol dire che sul piano temporale sia da porsi la cosa allo stesso modo. Si
tratta di polarismi genetici che in Giovanni è chiaramente del genere passivo del tutto analogo a quello
di una donna. Dunque è quanto potrebbe bastare per lasciare al posto suo Giovanni per concepire
un’ipotetica corrispondente Vergine sul piano ultraterreno, dove le cose sono diverse da quelle terrene.
Tanto più che Gesù, prima di spirare sulla croce, disse prima alla madre: «Donna, ecco tuo figlio» e poi
a Giovanni: «Ecco tua madre». [cfr. Gv 19, 26-27].
La presenza del Tentatore nel Cenacolo
Il tema del Cenacolo è senza dubbio quello del momento drammatico, in cui Gesù proferisce la frase :
“Uno di voi mi tradirà” e su questo tutti e quattro i Vangeli sono concordi. Segue poi l’animazione degli
apostoli con gesti di stupore e di meraviglia. C’è chi si alza perché non ha percepito le parole, chi si
avvicina, chi inorridisce, chi si ritrae, come Giuda Iscariota, sentendosi subito chiamato in causa. Una
moltitudine complessa di sentimenti e movimenti, che Leonardo cerca di rappresentare soprattutto
attraverso i gesti delle mani e le espressioni dei volti.
Può scandalizzare, ma Leonardo, sembra che abbia cercato di adombrare, attraverso queste mani
concitanti degli apostoli con al centro Gesù imperturbabile, una sorta di grande piovra, la più grande
delle bestie delle profondità marine, con i tentacoli che si dilungano lungo il tavolo della mensa.
Un’allegoria, questa, che può essere sostenibile se ci rende conto che la rappresentazione scenica del
Mistero Doloroso del cristianesimo, che qui è disposto, non riguarda una realtà temporale, bensì quella dei
moti dell’anima e dello spirito relativi ad un mondo ultraterreno impraticabile e tenebroso per l’uomo di
veglia. Di qui, paragonare questo ambito a quello marino, non è una cosa che fa tanta meraviglia,
considerato che il primo Cristianesimo adottò il simbolo ictis raffigurato, appunto, con un pesce. [2]. In
quanto poi al fatto di adombrare Gesù e i suoi apostoli in una mostruosa piovra non meraviglia se si
riflette su due cose fondamentali che vengono riferite nei quattro Vangeli canonici.
La prima è quella dell’entrata in scena di Satana che prende corpo nel cuore di Giuda Iscariota e che gli
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evangelisti Luca e Giovanni riferiscono apertamente [cfr. Lc 22, 3; Gv 13, 27]. Gli altri due Matteo e
Marco riportano lo stesso fatto ma in modo indiretto, tale però da farlo supporre.
Notare che Gesù – come riferito da Giovanni nel suo Vangelo – dice così: «... Intingendo allora il
boccone, lo prese e lo dà a Giuda, figlio di Simone Iscariota...» [cfr. Gv 13, 26]. Dunque è come se
Gesù si predisponesse, attraverso sé stesso (la sua mano, la settima perché è al centro dei dei suoi
apostoli), a dar via libera a Satana!
Nel Vangelo di Giovanni non si parla dell’Istituzione Eucaristica attraverso il Calice che nel Cenacolo non
compare (caro ai sostenitori del Santo Graal), che però è presente negli altri tre Vangeli, ma la stessa cosa
sembra delinearsi, proprio, attraverso il suddetto gesto del boccone intinto nel suo piatto e offerto a
Giuda Iscariota, il giusto apostolo per questo rituale sacrificale. Un rituale del tutti somigliante a quello
eucaristico ufficiale, con l’offerta del pane e del vino all’apostolo traditore quale incarnazione sacrificale
del Tentatore, di Satana. In modo che anche questi partecipi “non veduto”, ossia “adombrato” come
suddetto, al Cenacolo.
E poi sappiamo che Gesù, ancor prima, svela ai suoi apostoli la sua natura bellicosa, ma agente sul
piano delle forze interiori dell’anima e dello spirito, ove egli si erge simile al cavaliere «con scettro di
ferro» dell’Apocalisse di Giovanni [Cfr. Ap 12, 5] o la Salamandra alchemica, mentre sul piano temporale si
dimostra buono e mansueto e tutto rivolto alla misericordia, l’Agnello dell’Apocalisse suddetta [cfr. Ap 5,
6] o la Remora alchemica. Ma si sa che in alchimia i due sono come una cosa sola perché avvinti in una
disputa senza mai distaccarsi.
Gesù è causa di discordia quasi a identificarlo nel Tentatore, in Satana stesso. Infatti non c’è ombra su
una tale concezione nel sentire Gesù che dice chiaramente così: «Sono venuto a gettare un fuoco sulla
terra e come vorrei che fosse già divampato! Ma ho da essere immerso in un battesimo, e come sono
angustiato finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a mettere pace sulla terra? No, vi dico, ma
la divisione. Poiché d’ora innanzi, in una casa cinque persone saranno divise, tre contro due e due
contro tre; si divideranno il padre contro il figlio e il figlio contro il padre, la madre contro la figlia e la
figlia contro la madre, la suocera contro la nuora e la nuora contro la suocera.». [cfr. Lc 12, 49-53].
È chiaro però, a scanso di equivoci, che si tratta del Redentore che si è addossato i peccati del mondo originati dal
peccato originale a causa del Serpente biblico, Satana. Quindi è Gesù Cristo che da solo lotta, quale Arcangelo
Michele, e domina la Bestia, Satana, il Tentatore. Ma occorre che i suoi apostoli gli facciano da “sgabello”
cosa che si predispone a compiere con l’atto prima dell’ultima cena, con la lavanda dei piedi perché siano
mondi e quindi in grado di fronteggiare anche loro Satana, ospitandolo. E gli effetti non si fecero
attendere poiché nel Vangelo di Matteo viene riferito che tutti i discepoli abbandonarono Gesù e
fuggirono. [cfr. Mt 26, 56].
Riprendendo la visione di Bernardelli Curuz della piramide in Gesù, che deriva da pyr, ossia fuoco per i
greci, non guasta l’accostamento con il fuoco che Gesù dice di sé in relazione alla sua missione terrena,
come anzidetto.
A questo punto manca poco per convincerci definitivamente che in tutto ciò che è riportato nei Vangeli
sono frammischiati fatti temporali con quelli animici e spirituali.
Per esempio esaminiamo il caso di Giuda Iscariota che verrebbe messo allo scoperto nel bel mezzo
dell'Ultima Cena.
Ora, solo vedendo Pietro, bellicoso come doveva essere, capace di passare a vie di fatto con la spada
(che poi è inammissibile per Pietro, un discepolo di Gesù e un pescatore per giunta, porti con sé una
spada, poiché il suo Maestro non aveva bisogno di guardie del corpo, almeno sul piano fisico), come
effettivamente accadde nella fase dell’arresto di Gesù per impedire che la cosa avvenisse (infatti per
questo Leonardo lo ritrae, nella sua forza ma anche debolezza (la Salamandra e la Remora alchemica
nell’ordine), col coltello in mano, avrebbe mai sopportato che Giuda fosse presente nella cena col
Signore? E per giunta accanto a lui? Ma questo vale per tutti gli altri apostoli che congiuntamente non
avrebbero mai sopportato l’infamia della presenza di colui che avrebbe fatto arrestare e poi crocifiggere
il loro Maestro.
Non solo, ma avrebbero impedito che Giuda li seguisse, in seguito alla cena, sul Monte degli Ulivi, dove
avvenne l’arresto.
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E risalendo ai fatti antecedenti, quando Gesù viene accolto trionfate a Gerusalemme ed entra nel
Tempio di Salomone, generando lo scompiglio fra i venditori di colombe e poi si appresta a insegnare,
non c’era alcuno che non lo conoscesse in modo indelebile. Specie fra quelli del Tempio dal sommo
sacerdote fino all’ultimo dei suoi servi [cfr. Lc, 19, 28-48; Mt, 21, 1-17; Mc, 11,1-18]. Dunque, quando
avvenne l’arresto di Gesù, i servi del Tempio non avevano proprio bisogno dell’indicazione prestabilita
col famoso «bacio» da parte di Giuda Iscariota, perché lo conoscevano molto bene.
Il Cenacolo espressione della fase alchemica del Nigredo
I tredici dell’Ultima Cena:
Illustrazione 2: I tredici dell’Ultima Cena
1. Bartolomeo.
2. Giacomo.
3. Andrea.
4. Giuda.
5. Pietro.
6. Giovanni.
7. Gesù.
8. Tommaso.
9. Giacomo Maggiore.
10. Filippo.
11. Matteo.
12. Giuda Taddeo.
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3. Simone.
L’interpretazione di Bernardelli Curuz, che pone in risalto il fatto, da lui definito «ossessione trinitaria»,
è una visione che tanto porta alla consapevolezza alchemica del processo per giungere al risultato finale,
la quintessenza. Quattro terne di apostoli (i quattro elementi) e una quinta in Gesù ne costituisce il segno.
Senza contare poi sul fatto che la missione di Gesù era di portare il fuoco sulla terra e quindi essere causa
di discordia fra gli uomini, come egli dice apertamente. E infatti i primi a trovarsi in questa situazione
dopo l’arresto di Gesù, furono gli stessi apostoli, ma con la Resurrezione ebbero modo di riunirsi
indissolubilmente. In Alchimia questa situazione è contemplata nella prima di quattro fasi dell’opera,
chiamata Opera al Nero o Nigredo. In questa fase sono i tre principi, spirito, anima e corpo che si dividono
fra loro (la concezione leonardesca ravvisata da Bernardelli dei quattro triangoli più quello di Gesù, il
quinto visto chiaramente come una piramide).
Ecco quanto occorre per intraprendere la “lettura” del Cenacolo stimandola improntata da Leonardo su
basi esoteriche, ma questo non basta per avere la certezza che sia così, solo in virtù delle
argomentazioni prodotte sin qui.
Infatti se il Cenacolo è stato impostato per rappresentare un processo alchemico devono evidenziarsi i
segni dei risultati conseguiti come epilogo delle operazioni relative. Insomma si tratta di intravedere in
qualche modo convincente la presenza, a cominciare, della pietra filosofale, della stella dei saggi, del mare
filosofico e per finire la quintessenza con prove di fatto. Segni relativi che effettivamente in Alchimia sono
contemplati e perseguititi lungo l’itinerario iniziatico. Sono consapevolezze, di cui se ne parlerà strada
facendo, che l’alchimista sperimenta lungo il suo percorso depurativo ma che non è possibile
trasmettere ai profani. Salvo a farlo da esperto iniziato ai lavori ermetici, come si suppone sia stato per
Leonardo da Vinci che ha concepito ogni cosa velatamente attraverso le immagini “opportunamente”
disposte. E nel Cenacolo si notano, per esempio, “avvisaglie” come posture strane: quella di Giovanni
notata da tutti, ma questo è ben poca cosa, ma non tanto da essere trascurata, come si vedrà.
Ma perché allora tanta sicurezza da parte mia nel procedere ad esaminare il Cenacolo in questione,
stimandolo con certezza che veramente è una rappresentazione di un processo esoterico peculiarmente
alchemico. Perché non può essere altrimenti, come si vedrà attraverso una complessa geometria
strutturale esibita da Leonardo che mi è stato possibile intravedere ed esporre con questo capitolo. Non
so fino a che punto in relazione alla mia presente esposizione. Comunque, coscientemente o no, per ciò
che non ha cogitato attraverso la geometria strutturale da me esibita, c’è da ipotizzare una perfezione d’arte
iniziatica espressa, solo con la rappresentazione pittorica delle forme.
L’Alchimia [3] si esprime attraverso un approccio pragmatico che si vale del simbolismo per spiegare
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procedimenti metallurgici dalla duplice valenza, sia materiale sia interiore. E nel nostro caso Leonardo si
è avvalso della sua ingegnosa competenza in materia di geometria del simbolismo che, nel Cenacolo, è
davvero eccezionale, anzi mostruosamente fuori dal comune.
Il Cenacolo è veramente la degna rappresentazione esoterica del primo Mistero Doloroso cristiano, nonché la
prova alchemica del Nigredo, o Opera al Nero, che comporta la morte iniziatica dell’alchimista. Si tratta
della prima fase di altre tre che si appresta a fare il neofita che costituisce la prima materia dell’opera, cosa
che comporta un lungo periodo volto all’analisi e all’introspezione solitaria. Il risultato di questa
operazione alchemica è la separazione dei tre elementi costitutivi dell’individuo: anima, spirito e corpo
(cioè Zolfo, Mercurio e Sale).
«Queste fasi, colorate in modo diverso, hanno il nome di Regimi o Regni. Ordinariamente se ne contano
sette. Ad ogni regime, i filosofi hanno attribuito una delle divinità superiori dell’Olimpo, ed anche uno
dei pianeti celesti la cui influenza si esercita parallelamente alla loro, nel medesimo tempo della loro
dominazione. Secondo l’idea generalmente diffusa, pianeti e divinità sviluppano la loro potenza
simultanea secondo una gerarchia invariabile. Al regno di Mercurio (dal greco, base, fondamento), primo
stadio dell’Opera, succede quello di Saturno (dal greco il vegliardo, il pazzo); poi domina Giove (dal greco,
unione, matrimonio), poi Diana (dal greco, intero, completo) o la Luna, la cui veste scintillante è ora tessuta di
capelli bianchi, ora fatta di cristalli di neve; poi eredita il trono Venere, votata al color verde (dal greco,
bellezza, grazia), ma ben presto Marte la scaccia (dal greco, adattato, stabile), e questo principe bellicoso, dai
vestiti tinti dal sangue coagulato, è a sua volta rovesciato da Apollo (dal greco, il trionfatore), il Sole del
Magistero, imperatore vestito di brillante scarlatto, il quale stabilisce definitivamente la sua sovranità e la
sua potenza sulle rovine dei suoi predecessori.». [5]
Sette è anche il numero di tavola di Gesù in relazione con il triangolo trinitario, supposto della
Quintessenza nell’illustr. 3.
La lotta dell’artista col drago ermetico
Come vedere dunque questo scenario? Come un vero e proprio combattimento silenzioso attraverso la
gestualità degli elementi che si agitano in ognuno dei dodici apostoli i tanti vari modi, mentre resta
immobile Gesù a far da da freno ai suoi, al pari di una miracolosa remora, la mitica bestia alchemica,
capace di salvare i navigli alla mercé di tempeste impetuose.
«Il nostro filosofo lo dice senza ambagi: il combattimento che l’artista deve ingaggiare con gli elementi è
aspro, se vuole trionfare in questa grande prova.
Come il cavaliere errante, anch’egli deve orientare la sua marcia verso il misterioso giardino delle
Esperidi e provocare il terribile mostro che ne sbarra l’entrata. Per restare nella tradizione, questo è il
linguaggio allegorico attraverso il quale i saggi intendono rivelare la prima e la più importante delle
operazioni dell’Opera. In verità non è l’alchimista in persona che sfida e combatte il drago ermetico, ma
un’altra bestia ugualmente robusta, incaricata di rappresentarlo e che l’artista, da spettatore prudente,
sempre pronto ad intervenire, deve incoraggiare, aiutare e proteggere. È lui il maestro d’armi di questo
duello strano e senza pietà.». [4].
Si capisce che nel Cenacolo il maestro d’armi, è Gesù.
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La quintessenza e la pietra filosofale
Illustrazione 3: Il Cenacolo. La Quintessenza e la Pietra Filosofale.
Poteva il genio Leonardo concepire una rappresentazione scenica, della grandissima portata dell’Ultima
Cena del Signore, facendo capo solo alla pittura per parlare “apertamente” dell’arcano ivi riposto
secondo le sue vedute exoteriche ed esoteriche? – cosa in precedenza oramai accertata . Certo che no.
Ma per quanto i cultori dell’Arte si siano accinti a decifrare il dipinto, spingendosi oltre l’analisi “visiva”,
col fare supposizioni anche esoteriche tali da travisare il reale scenario relativo presentato dai Vangeli,
non sono giunti mai a razionali conclusioni tali da scoprire le carte che Leonardo deve aver giocato per
vincere la sua partita col Mistero.
Ma l’arcano, simile alla bottiglia del naufrago – meglio: ad un certo Mosè bambino posto sul Nilo del
tempo – intanto viaggiava di nascosto e protetto, pur soffrendo per la corrosione del dipinto, che
potremo considerare l’alkaest alchemico, la materia dei saggi.
E così oggi una mano prodiga, simile a quella dell’evangelico buon Samaritano, ne ha raccolto l’intero
corpo compreso la parte superiore delle tre arcate (altro segno trinitario che si aggiunge a quelli
ravvisati da Bernardelli Curuz), che altri hanno trascurato ritenendo solo importante il quadro formato
dal rettangolo dello scenario della Sacra Cena.
Doveva comparire il Samaritano in me, in arte “geometra”, amatore quanto Leonardo, della Geometria e
delle Scienze per quanto basta a mettere a nudo il telaio strutturale composito concepito dall’autore del
Cenacolo.
Con l’illustr. 3 ho posto al loro giusto sito le due cose fondamentali, la Pietra filosofale, che è anche la
materia alchemica di partenza (ecco il velato segno alchemico dei peccati del mondo di cui si addossa Gesù e che
poi trasmette in una certa misura anche ai suoi apostoli col Cenacolo!), come anzidetto e la Quintessenza
nella figura ieratica di Gesù Cristo, il triangolo equilatero intravisto da molti osservatori autorevoli del
Cenacolo. Ma siamo appena all’inizio per addentrarci in una meravigliosa concezione geometria con tante
risposte vanamente ricercate dagli indagatori dell’opera vinciana.
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Il caduceo ermetico
Illustrazione 4: Il Cenacolo. I rettangoli GO2IO e O2HLO sono aurei.
«...Ermes, padre della scienza ermetica, è considerato, ad un tempo, creatore e creatura, maestro della
filosofia e materia dei filosofi. Il suo scettro alato porta la spiegazione dell’enigma proposto, e la
rivelazione del mistero che ricopre l’amalgama dell’amalgama, capolavoro della natura e dell’arte, sotto
l’epiteto volgare di mercurio dei saggi. All’origine, il caduceo non fu nient’altro che una semplice bacchetta,
scettro primitivo di alcun i personaggi, sacri o mitici, appartenenti più alla tradizione che alla storia.
Mosè, Atalanta, Cibele, Ermes si servono di questo strumento, dotato d’una specie di potere magico, in
alcune condizioni simili, e produttrici di equivalenti risultati. (...) effettivamente, è una verga, un bastone,
una asta di giavellotto, un dardo e lo scettro di Ermes. Questa parola (...) significa colpire, dividere,
distruggere. Mosè percuote con la sua verga l’arida roccia che Atalanta, invece, come Cibele, trapassa col
suo giavellotto. Mercurio separa ed uccide i due serpenti ingaggiati in un duello furibondo, gettando su
di essi il bastone dei (...) corrieri e degli ambasciatori, qualificati portatori di ali perché avevano sul cappello,
come insegna della loro carica, delle ali. Il petaso alato di Ermes giustifica quindi la sua funzione di
messaggero e di mediatore degli dei. L’aggiunta dei serpenti alla verga, completata dal cappello (...) e dai
sandali (...) diede al caduceo la sua forma definitiva, con l’espressione geroglifica del mercurio perfetto.
(...) i due serpenti mostrano una testa canina; una è di cane, l’altra di cagna; versione immaginaria dei
due principii contrari: attivo e passivo, fisso e volatile, messi a contatto col mediatore rappresentato da
quella bacchetta magica che è il nostro fuoco segreto.». [6].
Detto questo, non si capisce tanto bene, almeno per coloro che non sono tanto avvezzi alle cose
geometriche dell’illustr. 4, la relazione del disegno con i due caducei ermetici, qui espressi nella
convenzionale asta. Ma si capirà in seguito dopo aver spiegato il procedimento e la finalità del grafico
sovrapposto alla figura del Cenacolo.
Dunque cominciamo per ordine, facendo chiarezza sul disegno che Leonardo deve aver predisposto
come geometria composita della sua pittura in anteprima e che ora si manifesta attraverso di me.
Ho introdotto col titolo di questo capitolo la curiosa novità degli «specchi ustori» di vecchia memoria,
gli analoghi che il siracusano Archimede escogitò per rintuzzare la flotta di Roma che assediava
Siracusa. I romani, nel nostro caso del Cenacolo si identificano con le forze legate al Serpente, al Tentatore.
Leonardo era avvezzo agli specchi essendosi disposto continuamente a scrivere a rovescio servendosi di
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essi. Perciò le tre volte in alto sono sagome di specchi.
I due ai lati sono gli elementi dinamici del “cielo”, attivi e passivi che trovano riscontro “terreno” con
quelli degli apostoli, eccetto Gesù, attraverso le loro gestualità, delle mani soprattutto. Il caso di
Giovanni accanto accanto a Gesù, con una postura inclinata, molto accentuata visibilmente artificiosa
può essere spiegata come un polarismo capace di mettere il corrispondente di Gesù in condizione di
neutralità, tale da porli nelle condizioni di rappresentare il rebis filosofale.
Le colombe di Diana
E qui un’altra precisazione per spiegare la simbologia dei suddetti due archi compreso quello centrale
dove ho disegnato la pietra filosofale, in sovrapposizione allo scudo contornato da una ghirlanda.
I due archi, che accompagnano l’arco centrale, entrambi a mo’ di lune capovolte o anche di corna lunari
capovolte, «...rappresentano quelle famose Colombe di Diana, oggetto della disperazione di tanti
ricercatori, e celebre enigma immaginato da Filalete per nascondere l’artifizio del duplice mercurio dei
saggi.
Proponendo alla sagacia degli aspiranti quest’allegoria oscura, il grande Adepto non si è affatto
dilungato sull’origine di questi uccelli; egli insegna soltanto, nel modo più breve, che “le colombe di Diana
sono inseparabilmente avvolte negli abbracci eterni di Venere”.
Ora, gli antichi alchimisti ponevano sotto la protezione di Diana “dalle corna lunari” quel primo
mercurio del quale abbiamo già parlato tante volte sotto il nome di solvente universale. La sua bianchezza,
il suo splendore argenteo gli valsero anche l’epiteto di Luna dei filosofi e di Madre della pietra; Ermes si
riferisce a questo significato quando dice: “Il Sole è suo padre e la Luna sua madre.”
(...) Quindi le colombe di Diana devono essere considerate come due parti del mercurio solvente, – le due
punte dello spicchio lunare, – contro una parte di Venere, che deve tenere strettamente abbracciate le
sue colombe favorite. La corrispondenza si trova confermata attraverso la duplice qualità volatile ed
aerea del mercurio iniziale, il cui emblema è sempre stato scelto tra gli uccelli, ed attraverso la stessa
materia da cui deriva il mercurio, la terra rocciosa, caotica, sterile sulla quale si riposano le due colombe.
La Scrittura ci dice che, quando la Vergine Maria ebbe compiuto, secondo la legge mosaica, i sette giorni
della purificazione (Esodo, XIII, 2), Giuseppe l’accompagnò al tempio di Gerusalemme, per presentare il
Bambino ed offrire la vittima, conformemente alla legge del Signore (Levitico, XII, 6, 8), e cioè: una
coppia di tortorelle o due piccole colombe.». [7]. E si sa che il giglio, dal bel colore bianco, è per eccellenza il
fiore emblematico di Maria.
All’inizio ho precisato che non è l’alchimista in persona che sfida e combatte il drago ermetico, ma un’altra
bestia ugualmente robusta, incaricata di rappresentarlo e che l’artista, da spettatore prudente, sempre
pronto ad intervenire, deve incoraggiare, aiutare e proteggere. È lui il maestro d’armi di questo duello
strano e senza pietà. Quindi la passività di Gesù, unita a quella di Giovanni è fondamentale ed entrambe
fungono da remora principe per salvare da naufragi la barca del sorgente cristianesimo. Dunque il
Signore è il maestro d’armi, l’artista, l’alchimista, tant’è che dice ai suoi: «Non pensate che sia venuto a
portar la pace, ma la spada.». (cfr. Mt 10, 34). Ecco la dimostrazione di un fare alchemico strettamente
connesso con l’opera al Nero, il Nigredo, in cui si dissociano i tre elementi costitutivi dell’individuo, i tre
grandi principî appunto: anima, spirito e corpo. Ma su questo punto se ne è già parlato.
Dopo tutte le suddette premesse siamo in grado ora di cominciare ad illustrare passo passo la geometria
dell’illustr. 4.
La geometria delle sezioni auree e dei due caducei di Mercurio
Finora l’osservazione del Cenacolo è stato continuamente limitato al solo rettangolo relativo alla stanza
dell’Ultima Cena e questo ha consentito di fare ben poca indagine strutturale per rintracciare la solita
sezione aurea immancabile in moltissime pitture rinascimentali. A parte la pregevole osservazione di
Bernardelli Curuz, della quale ne ho parlato all’inizio, l’unica cosa aurea che è stata rilevata è quella di
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aver individuato un rettangolo limitato alla figura di Gesù, tutto qui, oltre alla geometria derivante dalle
linee di fuga OG e OH (vedi illustr. 4) che si dipartono dal lato destro del volto di Gesù. Forse il segno
dell’udito interiore di Gesù per l’ascolto delle cose predilette dal Padre suo nei cieli.
Il cerchio con centro O2 e con raggio O2F unisce il «piano dell’umano (la mensa amicale) a quello del
divino (il cielo).», in relazione a quanto intravisto da Bernardelli Curuz, accennato all’inizio.
Si ottengono così due rettangoli uguali fra loro, GO2OI e O2LO.
Occupiamoci di uno di essi per poi riferire al secondo adiacente le stesse cose.
Del rettangolo GO2OI si riscontra che GO2 = 2GI, perciò tracciando il secondo cerchio con centro O
e raggio OO2 (che è uguale a quello superiore suddetto), si interseca la diagonale GO nel punto P. Poi,
con arco di cerchio GP si interseca GO2 in G1 e GI prolungato in I1.
Ecco che: GO2 è la sezione aurea riferita a GO2 (per GO2 = 2, GP1 = 1,618...); e GO2 P2 R è il rettangolo
aureo.
Non resta ora che calare le verticali a P1 e Q1 fino alla base dei rispettivi rettangoli aurei adiacenti per
individuare i due segmenti P1P2 e Q1Q2 che sono gli emblemi geometrici dei due Caducei di Mercurio.
A questo punto possiamo già capire come avviene che Giuda subisca la perdita di sé a causa del suo
tradimento. Ed è il caduceo ermetico, segnato dal segmento P1P2 che passa in corrispondenza di lui, a far
da giustizia trafiggendolo. Infatti ho detto a questo proposito che «...Mosè, Atalanta, Cibele, Ermes si
servono di questo strumento, dotato d’una specie di potere magico, in alcune condizioni simili, e
produttrici di equivalenti risultati. (...) effettivamente, è una verga, un bastone, una asta di giavellotto, un
dardo e lo scettro di Ermes. Questa parola (...) significa colpire, dividere, distruggere...». [6]
Resta però un mistero l’altro caduceo, segnato dal segmento Q1Q2, che trafiggerebbe la mano destra
dell’apostolo Matteo. Ne riparleremo in seguito.
La geometria della quintessenza
Illustrazione 5: Il Cenacolo. La geometria delle Quintessenza.
È nota la struttura geometrica attraverso l’illustr. 4 precedente che in questa successiva illustr. 5 si limita
al rettangolo GHI1L1 e ai due cerchi con centri O1 e O che si intersecano nei punti P e Q. Il rettangolo
suddetto è formato da due rettangoli uguali e sono aurei.
Ora si traccia un cerchio con centro in O1 in modo da ricalcare il bordo interno dell’arco relativo con
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estremi orizzontali D ed E. Poi si traccia un altro cerchio con medesimo centro e si ricalca il bordo
esterno della ghirlanda ivi presente.
Una volta eseguite queste due cose, partendo da R con direttiva segnata dal busto inclinato di Gesù si
arriva a tangere in T il cerchio della ghirlanda fino al punto U. Ho immaginato che Leonardo di sia
servito di questo riferimento per lasciare il segno di riferimento onde tracciare con precisione questa
linea. E qui ora entra in ballo la fisica ottica delle riflessioni, giusto a spiegare il titolo di questo saggio,
Specchi ustori nel Cielo del Cenacolo.
Dunque la linea R (che parte dal petto di Gesù) e che si imbatte in U dello specchio di arco DE, deve
considerarsi emblema del potere attivo-passivo (mercuriale) di Gesù, che così si riflette secondo la legge
della fisica ottica in V e poi in Z passando per S (della sagoma circolare dello specchio in questione)
comune al raggio iniziale RU. Questa legge impone che l’angolo, formato dal raggio incidente con la
normale alla tangente d’impatto dello specchio, sia uguale al corrispondente angolo riflesso.
A questo punto riscontriamo con felice sorpresa che i tre punti UVS formano un bel triangolo
equilatero. Non solo, ma dividendolo in quattro triangoli, anche loro equilateri, ci si accorge che ognuno
di questi nuovi triangoli è perfettamente uguale al triangolo ABC relativo a Gesù. Questa relazione ci da
la conferma della supposizione iniziale sul triangolo relativo a Gesù, supposto emblema della
Quintessenza.
Vedremo poi cosa può segnalare il punto Z.
A prima vista ricalca l’indice della mano sinistra dell’apostolo Matteo, ma a questa cosa si aggiunge il
presunto caduceo, segnato dal segmento Q1Q2, che trafiggerebbe la mano destra dello stesso apostolo!
Cosa ci sarà dietro a questa doppia segnalazione: di certo qualcosa di grosso che si è disposto nella
mente di Leonardo e così ha cercato di fissarlo. Ma resta un interrogativo da parte del lettore profano
delle cose ermetiche.
Si tratta di capire qualcosa di più sulla Quintessenza, altrimenti definita telesma, azoth, polvere di proiezione,
mercurio dei filosofi, rugiada cattolica (rosada), panacea, una sorta di medicamento che tutti sentono dire ma
che nessuno conosce.
La spiegazione fa capo alla concezione del principio vitale che è questa secondo Giuliano Kremmerz,
noto maestro contemporaneo di ermetismo.
«Tutti sanno che esiste il principio-vita (l’iod della formola ebraica) o dovrebbe esistere, come sanno che
esiste l’amore, il dolore, il piacere, ma nessuno l’ha potuto ridurre a cosa concreta.
È uno spirito, dice il grammatico, l’efflato di fuoco (ignis) che dà l’energia dell’esistenza individuale ed
universale. È la quintessenza, osserva l’alchimista. È l’anima universale, aggiunge il filosofo.
Facciamo a meno di definirlo. Osserviamo semplicemente: il principio-vita si manifesta sinteticamente
nella sintesi di ciò che ci circonda, uomini, piante, animali, minerali, e presiede a tutte le combinazioni e
a tutti i fenomeni chimici e fisici.
Questo principio di vita, come in tutto ciò che ci circonda, come a in tutta la materia che vive, l’uomo
non ha bisogno di studiarlo fuori di sé, perché egli stesso è un principio di vita individuato. E
l’enunciato alchimico che espongo sotto forma intelligibile al secolo nuovo.
Studiare il principio di vita in noi, separarlo se è separabile, integrarlo se è integrabile, portarlo all’apice
della sua potenzialità, renderlo atto ad arricchirsi della massima energia dalla fonte del principio-vita
universale, fino a poterne disporre e nutrirsene e nutrirne gli organismi che ne difettano, è educazione
ermetica e porta – come possibile – al concetto di un medico ermetico.
La leggenda che afferma l’esistenza di anime sacerdotali capaci di comandare al principio vitale,
sfrondata dal misticismo delle figure religiose o magiche, potrebbe darci la via o il punto di arrivo di una
unità pensante per produrre il miracolo vivente, il santo religioso o il mago antireligioso, che
rappresentano l’identica formola con la doppia faccia di adattamento e di sviluppo.
È il metodo di azione fantastico che già segna il suo inizio con le cure ipnotiche nelle cliniche odierne,
cure nelle quali l’azione irritativa esteriore agisce direttamente o per riflesso sul principio vitale del
soggetto, e gli consente la reazione volitiva che manca in tutti gl’infermi decimati di energia.». [8].
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Il Tentatore costretto in angolo
Illustrazione 6: Il Cenacolo. Il caduceo del Tentatore costretto in angolo.
Siamo al punto cruciale dell’opera alchemica rappresentata magistralmente dall’Artista Leonardo. Qui
si apre il sipario sulla scena in cui il Tentatore, il Serpente biblico, Satana è prigioniero di sé perché costretto
alle corde nell’angolo del suo ring operativo della sua materia. E con stupore il Signore, nella sua
immobilità ieratica al centro dello scenario del Cenacolo, dirige la forza del suo potere interiore in quel
punto Z della mano destra di Matteo, cosa che in anteprima, attraverso il disegno dell’illustr. 5, non si
riusciva a capire. Quindi ora ci si domanda perché Matteo è posto in relazione con Satana?
Ma prima occorre vedere un’altra cosa sul conto dell’apostolo Matteo in causa, quello presente nel
Cenacolo come lo ha raffigurato Leonardo. State a vedere che cosa ha escogitato velatamente, cosa da
non credere.
Illustrazione 7: Il Cenacolo. I due Matteo.
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Ecco, osservate ora l'illustr. 7 e ditemi se quella mano protesa, indicata dalla freccia Z, analoga alla
stessa dell’illustr. 6 precedente, è la mano di Matteo apostolo o del vecchio esattore in lui (ancor prima
che fosse “chiamato” a far parte degli apostoli da Gesù), al posto della spalla sinistra e del braccio
relativo?
Premetto che, siccome l’opera in esame ha subito alcuni restauri, può essere che il dettaglio relativo a
Matteo dell’illustr. 7 non sia così come si vede nella foto, in questo caso l’artefazione che qui appare
evidente non sussiste ed allora viene meno la prova evidente della supposizione suddetta. Ma Leonardo
faceva di queste cose. [9].
Tuttavia la geometria, che illustrerò fra poco, fa pensare che egli abbia comunque fatto delle ipotesi su
Matteo per legarlo al secondo caduceo emblematizzato dalla linea verticale K2K3.
Per prima cosa, a cagione e/o ragione di questa rappresentazione insospettata assai evidente (ma da
verificare), viene da spostare l’epicentro del tradimento attribuito a Giuda, che comunque pesa come un
macigno, ad una altro che riguarda la fonte da cui ha agito il Tentatore [cfr. Lc, 22, 3] (o la salamandra, il
drago, il serpente e così via dicendo in gergo alchemico) strettamente legato al potere del denaro. E Matteo,
prima della “chiamata” era un esattore delle tasse, nella cui casa Gesù e i suoi apostoli “intinsero” nei
piatti della mensa imbandita per loro, come di un precedente rituale da collegarsi all’Ultima Cena. Tanto
per legare questo fatto alla frase di Gesù, «Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, questi mi
tradirà.» [cfr. Mt, 26, 23].
È comprensibile in modo chiaro il perché della prova, analoga a quella di Giuda Iscariota,
dell’esposizione alla luce folgorante del caduceo emblematizzato con il segmento verticale Q1Q2 (relativo
alla sezione aurea Q1H). Matteo è il giusto apostolo per far da mediator al potere rigenerante ma anche
mortificante del caduceo, metafora della spada fiammeggiante dei Cherubini. È lui l’intermediario capace,
dunque, di avere a che fare con il drago, quale giusto cavaliere graalico e tenerlo a bada. Attenzione,
“tenerlo a bada” e non trafiggerlo, perché è nella sua forza lucifera “addomesticata” il potere
rigenerante. Cosa che sembra comprensibile espressa in termini geometrici, visto che Leonardo così ha
operato nel Cenacolo per celare ogni cosa nel segreto del mistero.
Oramai si è avvezzi ai miei disegni e il segreto di Leonardo che ora si svela con l’illustr. 6 fa capire
questa cosa e, forse non è il caso di dare spiegazioni. Ma per coloro che ne hanno bisogno mi appresto
ad aiutarli passo passo.
Del segmento Q1Q2, espressione del caduceo, se ne è parlato in relazione all’illustr. 4 e su questo non ci
piove. Ora si tratta di ricavare una successiva sezione aurea da quella relativa al caduceo suddetto Q1Q2 che
è un’operazione grafica analoga.
Si traccia l’arco Q1K con centro Q4 e successivamente se ne traccia un altro, KK1 per ottenere K1H che
è la sezione aurea ricercata. Poi da K1 si traccia la verticale che si dirama in basso in K2 e in alto in K3,
dell’arco laterale destro D2E2 con centro O6, opportunamente disegnato in precedenza.
Anche quest’arco ha la proprietà riflettente degli altri due – cosa che sappiamo –, perciò anche qui si
genera la riflessione del raggio incidente K1K3 con il raggio riflettente K3K4. Ma K4 è lo spigolo destro
dell’arco D2E2 prolungato di un breve tratto per dar luogo ad un angolo retto. Come a voler indicare
emblematicamente il centro di una “piccola croce”, il punto ideale per “fissare” la perenne volatilità
della forza di Lucifero.
Per capire pedestramente la cosa, l’apostolo Matteo è la fonte di questa forza luciferica, la stessa che per
primo effetto consentirà a Gesù, al terzo giorno dopo la sua morte per crocifissione (analogia con il
punto K4), di ottenere l’impulso per risorgere. Come per vincere una gravità di ordine metafisico,
diversa da quella terrestre conosciuta. Ma a quest’impulso, come vi vedrà al prossimo capitolo, ne segue
immediatamente un altro per far “accendere” in cascata certe “luci” attese dall’alchimista.
Non volevo rimandare oltre la spiegazione del lato geometrico ora chiarito, ma è interessante un
approfondimento che mi è venuto in mente, ed ora ne parlo.
Riguarda la rappresentazione della linea (rossa) che passa per i due presunti Matteo dirigendosi in alto
verso il supposto punto K4 della crocifissione della Bestia e in basso nel punto K 2 che corrisponde ad
un piatto. In realtà non mi sembra balzana l’idea di immaginare che il punto K4, supposto l’incrocio di
una croce, sia la stessa del Cristo dal cui costato sgorga il sangue a guisa di una fontana. E il piatto
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allegorizzi una coppa in cui si riversa il sangue dell’Agnello. Non pochi pittori si sono cimentati nel
ritrarre questa scena, per esempio Jean van Eyck con L’adorazione dell’agnello mistico facente parte del
polittico di Gand. (illustr. 8)
Illustrazione 8: L’adorazione dell’Agnello mistico. Jean van
Eyck. Polittico di Gand.
Illustrazione 9: San Giovanni Evangelista.
Jean van Eyck. Polittico di Gand.
E poi toglie ogni dubbio l’altro particolare del suddetto polittico, San Giovanni Evangelista che regge, con
la mano sinistra, il calice pieno di voraci serpenti. (illustr. 9) Non c’è dubbio che si tratti di una
rappresentazione esoterica assai marcata. E van Eyck doveva essere così preso per la pietra filosofale al
punto da cimentarsi con una vivezza di colori per simulare la pietra stessa e il marmo, in particolare e in
modo eccezionale. Si sparse addirittura una leggenda su questo virtuosismo, dell’invenzione di una sua
nuova pittura a olio.
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L’apparizione della stella dei saggi
Illustrazione 10: Il Cenacolo. L’apparizione della stella dei saggi.
Non appena si determina l’arresto di Lucifero attraverso l’emblema del grafico di Leonardo, come ho
fatto vedere (guarda caso anche Gesù viene arrestato per via di un bacio e poi posto sulla croce: questa
cosa non dice nulla?), è come se si accendessero tante luci nell’interiorità dell’artista alchemico. E la luce
che più conta in alchimia è la visione della stella dei saggi, la stella magi o il sigillo di Salomone. Perché si tratta
dell’esagramma.
La lampada, ancora che era spenta, poteva essere intravista nel triangolo equilatero SUV dell’illustr. 5,
ma anche nel triangolo equilatero ABC di Gesù, cosa che ci ha permesso di avere la prova della
Quintessenza. Ora si capisce bene ciò che aveva detto Gesù di sé quando afferma: «Io sono la luce del
mondo» [cfr. Gv 8, 12], ma anche il significato esoterico riposto nella ricorso all’emblema della lucerna
del corpo [cfr. Lc 11, 33-36; Mt 5, 15-23; Mc 4, 21].
Tornando al disegno dell’illustr. 8, è facile il percorso grafico per ottenere l’esagramma che è inscritto nel
cerchio ricalcante l’arco centrale di centro O1 e diametro DE. Si deve solo tracciare il cerchio inscritto
nel noto triangolo equilatero SUV. Poi eseguire l’altro triangolo, S2V2U2, simmetricamente a questo in
modo da far risultare i tre lati relativi in tangenza con il nuovo cerchio anzidetto.
Ma questa luce, che è anche espressione di forza, permette col suo espandersi di dar vita tutta riposta
potenzialmente nella Vergine Madre capace potenzialmente a generare il virgulto.
Dove allora la “Betlemme” e la sua “Grotta” scelta da Leonardo per andare a vedere Gesù Bambino?
naturalmente sempre tramite la geometria sin qui esibita.
Semplice, perché i Vangeli di Matteo e Luca ce lo dicono: i Tre Re Magi così si regolarono: dove si è
fermata la Stella là si trova ciò che si cerca. Infatti come si può vedere, il segmento V 2O5 sulla verticale
di V2 fino al volto di Giovanni, il prediletto di Gesù che gli è accanto, è l’indicazione ricercata.
E il Bambino nella culla di Betlemme?
Partendo dal punto O5, l’estremo della verticale V2O5 suddetta, in corrispondenza del volto di
Giovanni, si traccia una parallela al noto lato, VS, del triangolo equilatero, fino a intersecare in X l’arco
a sinistra D1E1 con centro O4, eseguito in precedenza. Anche questo arco è riflettente, come già
stabilito, e per conseguenza in X si genera la riflessione XY e di qui il raggio ritorna perfettamente al
punto di origine O5 per ricominciare indefinitivamente lo stesso percorso.
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Ma ora, con lo stupore e la meraviglia, questo nuovo fatto che si aggiunge al precedente, è come se
facesse svegliare un antico reame dormiente da tempo immemore. E nel contempo ogni creatura si
muove secondo un’armonia straordinaria sprizzando gioia di vita e fa sorridere ogni cosa anche se
inanimata.
Ecco ho fatto intravedere un raggio di luce e calore in quel Bambino appena nato, ma nel prossimo
sotto-capitolo si vedrà il reame suddetto che si agita intorno a lui. Ad ognuno è dato di goderselo fra le
braccia come si vedrà.
Il Fuoco di Ruota
Illustrazione 11: Il Cenacolo. Il fuoco di ruota.
In alchimia è fondamentale il fuoco di ruota, e nei Vangeli questo fuoco è legato alla parabola della lanterna
da tenere sul moggio, cioè di un fuoco-calore da mantenere costantemente a regime ininterrotto. Basta
poco calore ma deve essere ininterrotto. Viene chiamato per questa ragione dagli alchimisti calor di
gallina, quanto basta a questa per far schiudere il pulcino. Nel cristianesimo il mantenimento della fede ha
questo preciso compito. Ma di queste cose ne parlerò dopo aver illustrato il nuovo disegno dell’illustr. 9.
Abbiamo visto nascere il Bambino e il triangolo isoscele acuto O5XY dell’illustr. 8 e in quest’altra illustr.
9 ricompare ma per formare esattamente un settore, di sedici settori in totale, di una enorme ruota con
centro in O5 naturalmente.
Per prima cosa ci accorgiamo che alcuni raggi collimano esattamente con alcuni punti salienti della
geometria nota: con il centro O5 della stella centrale e con il punto H del rettangolo aureo O2HL1R.
Queste due cose ci rassicurano sul giusto operare dell’alchimista.
Ora si tratta di capire com’è che si genera il movimento di questa ruota gigantesca che darebbe vita e
calore alle creature del supposto reame che ho immaginato?
Leonardo era uno scienziato e sapeva molto bene le cose della meccanica e quindi come far girare le
ruote concependo dei meravigliosi ingranaggi. Ma sapeva anche come utilizzare le risorse energetiche,
come un flusso d’acqua, concezioni note sin dall’antichità per altro.
Nel nostro caso il raggio RU emanato da Gesù, in relazione alla sua postura, non è solo fatto di luce ma
anche di calore tramite materia mercuriale – mettiamo – un flusso di un liquido che si imbatte sulla parete
dell’arco che è come se fosse munita da palette, simili a quelle delle turbine. A ragione di ciò la turbina
si mette a girare e così anche la stella esagramma segue questo movimento rotatorio.
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Di qui, immaginando che la ruota, con centro O5, sia dotata di sedici denti, tanti quanto sono i settori,
per effetto del movimento dei sei denti della stella in movimento, si mette a girare anch’essa, ma più
lentamente. Meccanicamente per un giro della grande ruota, la piccola (dell’esagramma) ne fare 2,66...,
ma questo è irrilevante per un’eventuale riferimento alchemico, ch’io sappia.
Ecco ho detto quello che c’era da dire sul disegno, ma mi preme anche parlare dei risvolti ermetici su
questo fuoco di ruota, un termine alchemico appunto.
Il Tiburio della Chiesa di S.Maria della Grazie
Illustrazione 12: Chiesa S. Maria delle Grazie di
Milano. Il tiburio a sedici settori.
Nel medioevo, il rosone centrale delle cattedrali gotiche «si chiamava Rota, la ruota. Ora, la ruota è il
geroglifico alchemico del tempo necessario alla cottura della materia filosofale e, in seguito, rappresentò
la cottura stessa. Il fuoco sostenuto, costante ed eguale che l’artista i mantiene giorno e notte durante
questa operazione, è chiamato, perciò, fuoco di ruota. Però, oltre al colore necessario alla liquefazione
della pietra filosofale, c’è bisogno in più di un secondo agente, chiamato fuoco segreto o filosofico. E proprio
quest’ultimo fuoco, risvegliato dal calore volgare, che fa girare la ruota e provoca i diversi fenomeni che
l’artista osserva nel proprio vaso (...).
La rosa rappresenta, quindi, da sola la durata del fuoco e la sua azione. Per questa ragione i decoratori
medioevali hanno cercato di tradurre, nei loro rosoni, i movimenti della materia eccitata dal fuoco
elementare. (...).
Alcuni rosoni, emblemi dell’amalgama, hanno un senso particolare che sottolinea ancora di più le
proprietà di questa sostanza che il Creatore ha firmato di sua mano. Questo magico sigillo rivela all’artista che
la strada seguita è quella giusta e che la mistura filosofale è stata preparata canonicamente. Si tratta d’una
figura radiale a sei punte (digamma), chiamata Stella dei Magi, che brilla alla superficie del compost, cioè al
di sopra della mangiatoia in cui riposa Gesù, il Bimbo-Re. [10]
Ecco in breve alcune nozioni che parlano del fuoco di rota che ho posto in relazione con la ruota a sedici
raggi disposta sottotraccia nel Cenacolo da Leonardo, secondo la mia ipotesi della interiore struttura
geometrica relativa.
Conta aver saputo quanto c’era da sapere genericamente sui rosoni delle Cattedrali perché la cosa porta
ad un’altra concezione architettonica ancora delle Cattedrali, il tiburio.
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Il tiburio è una struttura architettonica preposta a sostenere e proteggere al suo interne una cupola. La
sua forma va da quella cilindrica, cubica, parallelepipeda o prismatica in modo da poter si armonizzare
con la cupola che, alla sua sommità ha una lanterna. Il tiburio lo troviamo nelle chiese bizantine,
romaniche e gotiche e in edifici rinascimentali.
Ma ciò che nel nostro caso ci interessa maggiormente è il tiburio della Chiesa di S. Maria delle Grazie di
Milano, nel cui Refettorio adiacente si trova il Cenacolo di Leonardo.
Con nostra felice sorpresa ci rendiamo conto che è di forma poligonale a sedici lati (chiamato in
geometria esadecagono) ed è una struttura che fu progettata, insieme ad altro della Chiesa, da Bramante.
Nulla da aggiungere a ciò che ora appare molto chiaro per legare la pietra filosofale di Leonardo, ravvisata
nel Cenacolo in alto nell’arco centrale, con ruota di fuoco del tiburio della Chiesa di S. Maria delle Grazie,
una costruzione di pietra.
Note:
[1] Da STILEarte n. 79 – giugno 2004 – mensile diretto da Maurizio Bernardelli Curuz -Editrice Comunicare srl, Gussago
(BS).
[2] L’ictis è un geroglifico del II secolo per indicare il Cristo, e si trova nelle catacombe di Roma in più modi. La spiegazione
è questa: Ictis, (dal greco, pesce) composto di lettere iniziali greche corrispondenti alle latine di Jesus Christus filius Salvator. Nelle
catacombe si trova anche il pesce che porta una nave e che gli archeologi cristiani spiegano che è per la chiesa condotta dal
Cristo.
[3] ALCHIMIA – Nel senso di una prima chimica degli elementi semplici dei 4 componenti la materia cosmica, nasconde un
arcano che sarebbe la radice del mondo animale.
– Tende a raggiungere il fine ultimo di parlare e creare.
– Il Boinet dice con acume che Palchimia tento di servirsi del principio di vita.
– Tutto il simbolismo alchimico è un tessuto fittissimo di rapporti i etimologici, analogici e omologici. Più la nostra
cultura diviene vasta ed enciclopedica e meno la gent·e capisce quel linguaggio alchimico e quei simboli. Suo compito:
trasmutare l’anima vile e volgare dell’uomo in spirito (soffio) divino. Tutti gli uomini imperfetti possono raggiungere il
tipo perfetto (oro).
– Nelle anime tutte le intelligenze inferiori possono trasmutarsi in superiori (trasmutazione dei metalli vili in oro).
– Gli uomini sono metalli bassi come valore; per ridurli all’oro perfetto (intelligenza-oro) occorre un processo
trasformativo il cui fermento o lievito è una polvere o pietra che, data a piccole dosi, trasmuta la materia umana in
spirito-intelligente. Una volta diventata intelligenza AUREA, possiede la medicina del mondo, perché com’egli è sanato,
può sanare gli altri da tutti i morbi. Vale a dire introdurre nel corpo umano un minerale (pietra?) vegetabile, perché la
intelligenza se ne renda padrona e domini tutto l’organismo con un potere superiore.
– Il secreto della sfinge umana e della divinità incarnata dovrebbe rinvenirsi sulla terra (pietra) per portare le facoltà
intellettuali dell’uomo a tale potere energetico da guarire tutti i mali dell’universo, secondo Ireneo, con la volontà di una
sola persona, diventata elisire o farmaco universale (Chimica Vannus) che lo forma dal mestruo universale di tutti i
metalli e minerali. Come una dose di morfina addormenta, con un millesimo di grammo della pietra si sana da
qualunque morbo. Qualcosa di più o di meno di un millesimo di grano, converte l’intelligenza umana in Lucifero.
– Il problema che si pone il magismo e l’enigma che l’alchimia risolve, è un secreto riformatore e trasformatore di tutta
una civiltà o pretesa civiltà storica che attualmente ci rende servi dei corollari di filosofie parolaie. È un arcano
rivoluzionario che, abbordato, spaventa perché le sue esplicazioni e i suoi adattamenti sconvolgerebbero tutte le idee
fatte su cui si adagia la società moderna. - È legge di trasformazione nell’unità protogenerante.
[ La scienza dei magi - Dizionario dei termini ermetici tratto dall’Opera Omnia di Giuliano Kremmerz. Edizioni Mediterranee,
p. 17].
[4] Le Dimore Filosofali di Fulcanelli, p. 80 del II vol. Edizioni Mediterranee.
[5] Le Dimore Filosofali di Fulcanelli, p. 25 del II vol. Edizioni Mediterranee.
[6] Le Dimore Filosofali di Fulcanelli, p. 122 del II vol. Edizioni Mediterranee.
[7] Le Dimore Filosofali di Fulcanelli, p. 97 del II vol. Edizioni Mediterranee.
[8] La scienza dei magi - Dizionario dei termini ermetici tratto dall’Opera Omnia di Giuliano Kremmerz. Edizioni Mediterranee,
p. 323.
[9] Dal Trattato della pittura di Leonardo da Vinci:
– Precetti del pittore:
«Quello non sarà universale che non ama egualmente tutte le cose che si contengono nella pittura; come se uno non gli
piace i paesi, esso stima quelli esser cosa di breve e semplice investigazione, come disse il nostro Botticella, che tale
studio era vano, perché col solo gettare di una spugna piena di diversi colori in un muro, essa lascia in esso muro una
macchia, dove si vede un bel paese. Egli è ben vero che in tale macchia si vedono varie invenzioni di ciò che l’uomo
vuole cercare in quella, cioè teste d’uomini, diversi animali, battaglie, scogli, mari, nuvoli e boschi ed altre simili cose; e
fa come il suono delle campane, nelle quali si può intendere quel dire quel che a te pare. Ma ancora ch’esse macchie ti
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dieno invenzione, esse non t’insegnano finire nessun particolare. E questo tal pittore fece tristissimi paesi. ...».
Modo d’aumentare e destare l’ingegno a varie invenzioni:
«Non resterò di mettere fra questi precetti una nuova invenzione di speculazione, la quale, benché paia piccola e quasi
degna di riso, nondimeno è di grande utilità a destare l’ingegno a varie invenzioni. E questa è se tu riguarderai in alcuni
muri imbrattati di varie macchie o in pietre di vari misti. Se avrai a invenzionare qualche sito, potrai lì vedere similitudini
di diversi paesi, ornati di montagne, fiumi, sassi, alberi, pianure grandi, valli e colli in diversi modi; ancora vi potrai
vedere diverso battaglie ed atti pronti di figure strane, arie di volti ed abiti ed infinite cose, le quali tu potrai ridurre in
integra e buona forma; che interviene in simili muri e misti, come del suono delle campane, che ne’ loro tocchi vi
troverai ogni nome e vocabolo che tu t’immaginerai. Non isprezzare questo mio parere, nel quale ti si ricorda che non ti
sia grave il fermarti alcuna volta a vedere nelle macchie, de' muri, o nella cenere del fuoco, o nuvoli o fanghi, od altri
simili luoghi, ne’ quali, se ben saranno da te considerati, tu troverai invenzioni mirabilissime, che destano l’ingegno del
pittore a nuove invenzioni sì di componimenti di battaglie, d’animali e d’uomini, come di vari componimenti di paesi e
di cose mostruose, come di diavoli e simili cose, perché saranno causa di farti onore; perché nelle cose confuse
l’ingegno si desta a nuove invenzioni. Ma fa prima di sapere ben fare tutto le membra di quelle cose che vuoi figurare,
così le membra degli animali come le membra de’ paesi, cioè sassi, piante e simili ...».
[10] I Misteri delle Cattedrali di Fulcanelli, p. 53. Edizioni Mediterranee.
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