La “signorina Perché” amata dagli States

11
SABATO 22 ottobre 2011
D A L
P O L L I N O
A L L O
calabria
ora
S T R E T T O
calabresi celebri
La “signorina Perché”
amata dagli States
Sandra Savaglio, l’astrofisica non amata dal suo Paese
MARANO P. (COSENZA) Levata di buon mattino o quasi. «Alle dieci, ma solo perché è domenica». E il
suo primo pensiero, dopo il risveglio,
va alla colazione. «Cannolo siciliano e
cappuccino, grazie». Semplice, ma
originale. Sandra Savaglio da Marano
Principato (Cs), con i ricci biondi e i
colori del deserto sui vestiti, somiglia
un po’ alla Mia Farrow di “Assassinio
sul Nilo”. La incontriamo in un bar di
Rende, miracolosamente aperto malgrado il giorno festivo. Pur se giovanissima (ha solo 43 anni), è già
un’astrofisica di fama internazionale.
Il carico di notorietà lo fece a gennaio del 2004, quando la rivista americana “Time” la assurse a simbolo della fuga di cervelli dall’Europa verso gli States. A quel
tempo, infatti, Sandra ignorata (anzi,
boicottata) in patria,
se n’era andata negli
Usa dove, una settimana prima di finire
sulla copertina di “Time”, pubblicherà le
sue innovative teorie
sulla nascita delle galassie antiche. Dopo il
Mi chiamava così
cannolo, ne riparlerela mia maestra
mo. Prima, invece,
delle elementari
presentiamo il suo laVincenzina Marchese voro che è quello di
osservare stelle e piaper la curiosità
neti, vicini e lontani
che mi porto
con l’idea di svelare i
segreti cosmici che
dietro
stanno all’origine delsin da bambina
l’universo. E quindi
della vita. «In questo
mi è d’aiuto un’innata curiosità che mi
porto dietro da bambina. Tant’è che la
mia maestra delle
elementari, la signora Vincenzina Marchese, mi chiamava la
signorina Perché».
Qualche giorno fa,
poi, è tornata nella sua Calabria,
a Camigliatello Silano, per ritirare un
premio, uno dei tanti che riceve da
quando, sette anni fa, diventò uno degli emblemi del genio italico, ma anche del masochismo europeo. Ora,
dopo la parentesi negli States, è rientrata nel Vecchio continente, in Germania, ingaggiata dall’Istituto
“Planck” di Monaco di Baviera, ma il
suo legame con terra natia è più saldo che mai. Anche perché è qui che
tutto ebbe inizio, a metà degli anni
’80. «Che avrei fatto la scienziata lo
avevo già stabilito da piccola. Non sapevo però in quale campo: se nella
medicina, nella chimica o altro». A
folgorarla, all’età di 17, saranno poi i
racconti di Isaac Asimov e, soprattutto le lezioni di Ottavio Serra, suo docente di fisica al liceo “Scorza” di Cosenza. Dopo la laurea conseguita ad
Arcavacata e i viaggi studio negli Stati Uniti, a Baltimora, si verifica l’evento che le cambierà per sempre la vita.
«Vinco il concorso per entrare nell’osservatorio di Monte Porzio, vicino Roma, ma mi ritrovo sotto processo per
truffa, salvo poi essere assolta perché
il fatto non sussiste. C’era qualcuno
che aveva interesse a sistemare la propria figlia e per questo aveva fatto ricorso contro di me. Il concorso è stato comunque rifatto, e io l’ho vinto di
nuovo». Nel frattempo, però, se n’era
già emigrata Oltreoceano e, nel 2004,
la sua storia finisce su “Time”. Il mondo si accorge del suo genio e dell’ostracismo riservatole in patria. E
l’Italia invece? In un paese normale,
qualcuno avrebbe alzato il telefono
per chiederle scusa. E invece. «E invece, salvo casi isolati, come il professor
Pierluigi Veltri - docente Unical, attuale direttore del dipartimento di Fisica, ndr - che mi è stato vicino, gli altri se ne sono fregati. Più che i sensi di
colpa hanno prevalso l’invidia e l’indifferenza. Comprendo, però, che raccontando la mia storia, avevo osato
mettere in discussione il sistema. E il
sistema, ovviamente, doveva difendersi». Del resto, se l’Italia arranca
nel campo delle ricerca scientifica, un
motivo ci sarà. Anzi, più d’uno secondo Sandra Savaglio. «E’ un settore dominato dai vecchi. I giovani, tra i quali spiccano le professionalità migliori,
ne sono quasi completamente esclusi. E poi, c’è il controllo politico a cui
non sfugge neppure il mondo della ricerca». Non a caso, è la politica che
mette bocca, ad esempio, sulla nomina del presidente dell’Istituto nazionale di Astrofisica (Inaf), salvo poi
eclissarsi quando, allo stesso istituto,
vengono assegnati solo quattro milioni di euro all’anno per svolgere le proprie attività. «E nei giorni scorsi leggevo di come i costi per la pulizia della Camera dei deputati, si aggirino attorno ai sette milioni annui. Io non so
come facciano a dormire la notte.
Pensa che un mio collega dell’Università di Cosenza, mi chiama spesso per
chiedermi di inviargli articoli apparsi su “Nature” o “Science” perché loro non hanno gli abbonamenti a queste riviste specializzate. Come si può
pensare di fare ricerca in queste condizioni?». Colpa della malapolitica,
dunque, fatte salve le dovute eccezioni. Due a voler essere precisi. «Santo
Versace e Ivan Scalfarotto. Se il 20%
dei politici italiani fossero come loro
non avremmo di questi problemi».
Piace immaginarla nel chiuso di un
planetario, nottetempo, mentre
scruta il cielo con in sottofondo la
“Danza macabra” di Camille SaintSaëns, uno dei suoi brani preferiti
insieme a quelli di Pino Daniele,
Michael Jackson e dei Police. E invece, pure l’osservazione delle
stelle non è sfuggita alla rivoluzione modernista. «Ormai nei telescopi non si guarda quasi più.
Quelli funzionano da soli e a noi,
poi, arrivano dati e immagini sul
computer». Resta, però, l’imprevedibilità di fondo che caratterizza l’astrofisica, distinguendola in questo dalla fisica.
Una diversità che Sandra
riassume in un motto tanto semplice quanto efficace: «Non posso ordinare a
una stella di esplodere.
Ma posso osservarla per vedere se prima o poi esplode». E’ anche per questo
che, nel suo giro, la definiscono “geniale”, anche se lei la pensa in maniera un
po’ differente, con falsa modestia e sincera umiltà: «La genialità di uno scienziato è qualcosa che si manifesta una o
volte ogni secolo. Einstein era geniale.
Hubble, lo era come lui. Per il resto, ci
sono scienziati bravi e altri che se la cavicchiano. Proprio come negli altri lavori. Una ragazza che conosco, ad
esempio, fa la segretaria e parla cinque
lingue. Una cosa inaudita. Io non ci riuscirei mai. Ecco, lei per me è geniale».
E la Calabria allora? Con le risorse artistiche e naturali che nessuno, da secoli, è mai riuscito a valorizzare. Anch’essa, a modo suo, stella fra le più luminose del firmamento, ma a rischio esplosione. Ci vuole genialità anche in questo.
«E’ un problema quasi strutturale
ormai, ma sbaglia chi dà la colpa solo
alla criminalità. Per
cambiare registro,
anche in questo
caso, bisogna dare più poteri ai
giovani che,
invece, sono
in gran parte
disoccupati.
Chi ha la fortuna di lavorare, invece,
molto spesso è sottopagato. Ci
sono passata anch’io
da questa
condizione,
che alla fine ti
porta all’assuefazione, a
pensare quasi di non
meritare più del magro stipendio che si riceve a fine mese. Io ho avuto una
possibilità di scelta che mi ha portato
lontano dalla mia terra, ma mio il sogno è quello di farvi ritorno. Nel frattempo, spero che non cada nuovamente nelle mani sbagliate». E mentre la
sua colazione volge al termine, proprio
come la chiacchierata, Sandra Savaglio
ha gli occhi di chi, in ciò che dice, ci crede per davvero. Così come crede in Dio
e, ancor più, “nel Big bang” e magari, in
un futuro migliore per la Calabria. Perché non si può ordinare a una stella di
esplodere. Ma si può osservarla da lontano nella speranza che non esploda
mai.
MARCO CRIBARI
[email protected]
Sotto
Sandra
Savaglio
Sopra
celebrata
dalla
rivista
Times