INTERVISTA AL PROFESSOR ROSARIO SORRENTINO Dopo l’11 settembre è cambiata l’etica, l’estetica e il paradigma delle nostre emozioni: abbiamo vissuto e stiamo vivendo la paura globale, quella collettiva verso la quale l’uomo moderno, contemporaneo, mostra di non avere gli strumenti necessari per affrontare, con possibilità di vincere, la sfida. Ma è necessario uscire da un’ambiguità semantica tra ciò che è il panico e ciò che è la paura. Il panico rappresenta la bugia del cervello, è un pericolo in assenza di pericolo, un pericolo virtuale, ma in effetti è un pericolo reale per chi soffre di attacchi di panico. In quel momento il cervello tende una trappola, perché ci vuole convincere di un pericolo che non c’è e il nostro comportamento è finalizzato a quel ‘combatti e fuggi’ per ribadire il nostro istinto di sopravvivenza. La paura invece è un’emozione primaria, una nozione di difesa ed è una risposta che fa seguito ad un pericolo reale, che può essere individuale o collettivo. Grazie all’efficienza di questa reazione, noi possiamo salvare la nostra vita e quella di altre persone. Il master ha come obiettivo quello di formare persone nell’ambito di un progetto interculturale, che ha come branca principale la neuro-psicologia, strutturato scientificamente parte dal panico per arrivare alla paura, parlando delle varie paure e delle cure emergenti, che attraverso meeting interculturali e interdisciplinari affronterà il problema in maniera stereoscopica e polifonica. L’approccio del Master è un approccio interculturale e multidisciplinare, che ha come aree di maggiore influenza quella neuropsicologica, quella dei mass media e quella socio-antropologica. Il progetto finale è proprio quello di far decollare una nuova cultura, un nuovo paradigma, quello della ‘paura consapevole’. Perché la strategia del terrorismo, la strategia di Al Qaeda, è una strategia duplice ed è basata primariamente sulla modalità ideologica che serve per catturare e reclutare nuove persone per ottenere un maggiore consenso. Ma è soprattutto la natura psicologica che rappresenta l’elemento più destabilizzante per il nostro equilibrio psicofisico. In altri termini, l’uomo moderno vive una perenne fobofobia, cioè la paura di aver paura. Le persone formate dal Master saranno al lavoro affinché si possa modificare il concetto di paura e i nostri comportamenti e si arrivi appunto alla consapevolezza della paura. Altrimenti le conseguenze sul nostro equilibrio saranno sempre più destabilizzanti. Il fine ultimo del master è quello di arrivare all’Osservatorio Europeo sul Fenomeno della Paura, cioè su quel fattore che è sempre più presente nella nostra esistenza. Ma per fare ciò bisogna istruire e prevenire e formare fin da piccoli le persone. Quindi è entrare nelle scuole ed insegnare che cos’è la paura, perché oggi i mass media ci rappresentano la paura in tutte le modalità più sconvolgenti, ed è proprio l’immagine che fa da padrona in questo mondo. Nessuno spiega che cos’è la paura, nessuno spiega che la consapevolezza può aiutare a superare questo periodo di incertezza, proprio nel momento in cui noi ci troviamo di fronte alla paura. Per raggiungere questo obiettivo è fondamentale allenare il nostro cervello alla paura, e questo va fatto ricorrendo proprio alla ‘scuola di paura’, cioè fin dalle scuole medie e dal liceo per dare la possibilità alle persone di vivere quella paura consapevole, quella paura con cui noi dobbiamo fare i conti nella vita quotidiana, un po’ come l’aria che respiriamo. A quest’età il cervello è particolarmente plastico, sicuramente accetta più volentieri cambiamenti psico-biologici, comportamentali e psico-sociologici, è particolarmente recettivo a stimoli ambientali che possono modificare la percezione del problema paura e l’approccio ad essa, la risposta alla paura stessa nel momento in cui si verifica quel codice rosso che è l’emergenza che scatta molto spesso all’improvviso, addirittura determinando una reazione talmente scomposta e talmente disordinata da essere più dannosa dell’evento traumatico. All’interno di un progetto del ministro Turco (salute) e del ministro Fioroni (istituzioni) è prevista l’istituzione di un’ora di educazione sanitaria nelle scuole, all’interno della quale potrebbe inserirsi anche l’insegnamento di cos’è la paura. Psicoterapeuti, psichiatri, sociologi, psicologi, esperti della psicologia dell’emergenza, esperti di paura, potranno così entrare una o due volte al mese nel calendario scolastico. Un esempio potrebbe essere ‘Ore 10.00: lezione di paura’ durante la quale si spiega quello che è la paura, si stimola in queste persone l’attitudine ad avere un rapporto culturale diverso nei confronti di questo problema. Puntando sulle nuove generazioni, facendo emergere proprio un paradigma culturale diverso, che non può che essere applicato fin dalle scuole. Noi parliamo in ogni caso di formazione. L’uomo moderno supertecnologico è stato illuso di veder modificato il suo rapporto con la paura al punto tale di metterla da parte, invece essa è parte integrante della nostra esistenza soprattutto perché c’è una globalizzazione dell’informazione che ci fa percepire la paura dietro l’angolo, anche quando la catastrofe accade a migliaia di migliaia di chilometri. A differenza dell’uomo atavico, ancestrale e meno evoluto di noi, che aveva in quella paura un compagno a cui affidarsi per affrontare con coraggio determinate situazioni, l’uomo moderno deve ritornare a considerare la paura come l’uomo di milioni di anni fa. Lo slogan potrebbe essere: “Non abbiate paura di aver paura!”. Perché dicendo “noi non abbiamo paura” si commette un errore sia di tipo psicologico che di tipo comunicazionale, perché è normale avere paura, non possiamo non avere paura, dobbiamo arrivare ad avere spontaneamente un’attitudine, un approccio, alla paura che è quello della paura consapevole. Questo approccio può riuscire solo attraverso un allenamento progressivo che darà al nostro cervello la possibilità, influendo sulla capacità di quest’organo di cambiare configurazione, assetto ed equilibrio, di avere un diverso approccio verso questo problema. È pensato per introdurre questa nuova idea sul panico spiegando cos’è il panico, un vero disturbo da non confondere con la paura. E questa sarà una risposta decisiva nei confronti di chi cerca di utilizzare proprio la paura come carburante essenziale per destabilizzarci e punirci delle nostre piccole, medie e grandi incertezze. Basta pensare che nell’immaginario collettivo e nell’equilibrio psicologico di una persona è molto più sconvolgente la morte nella metropolitana di 10/15 persone per un attentato terroristico che un evento catastrofico, una calamità naturale, un’onda anomala, uno tsunami che causa 300/400 mila morti. Ecco ciò che ci destabilizza di più: è proprio la morte di quelle 10 persone in una metropolitana perché, in quel caso, è una violenza prodotta da uomini contro altri uomini. In questo senso la nostra natura si sente minacciata dalla sua stessa specie, è una violenza prodotta semplicemente con l’intento di annientarci psicologicamente. Affrontare i vari aspetti dal terrorismo al bio-terrorismo, dai kamikaze alle paure emergenti, la paura delle pandemia, dell’aviaria, dell’HIV e così via. Tutte le varie fobie che sono sempre più in aumento nella vita di oggi e quindi influiscono in modo importante sui nostri comportamenti. D’altra parte, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ci informa che dopo l’11 settembre sono aumentati sia gli attacchi di panico, sia la paura in generale che quella legata al trauma da stress. Quest’ultimo tipo di paura è dovuto al vissuto posttraumatico del trend di coinvolgimenti legati ad eventi catastrofici e all’impatto emotivo negativo che le immagini hanno nel nostro cervello. Quindi è l’immagine la vera protagonista della nostra esistenza, perché l’immagine entra nel nostro cervello con estrema facilità, si insedia come un corpo estraneo e influisce progressivamente nelle nostre azioni, nelle nostre decisioni, nei nostri comportamenti, trasformando la generazione attuale in una generazione che soffre di paura permanente.