INTRODUZIONE

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INTRODUZIONE
Nel lessico delle culture agro-pastorali, l’espressione “i suoni” rinvia a forme, repertori e modalità esecutive proprie della trasmissione orale dei saperi musicali. Allo stesso modo i “suoni” sono anche tutte quelle emissioni di carattere acustico che nel loro complesso definiscono un “paesaggio sonoro”1, legandosi in gran parte
alle attività umane. Ritmi di lavoro, grida, richiami, fischi, campanacci, ecc., sono tutti elementi che sonorizzano un territorio, contribuendo alla definizione generale dei suoi caratteri.
In tale duplice accezione, i suoni della Campagna romana sono quelli prodotti dalle genti che hanno
popolato l’anello di terra intorno alla Capitale, dai monti della Tolfa fino alla foce del fiume Astura, prima dei
grandi mutamenti sociali e urbanistici del secondo dopoguerra: genti in parte afferenti ai rari e isolati centri urbani, ma prevalentemente legate ai lavori stagionali connessi all’agricoltura e all’allevamento del bestiame, provenienti da diverse aree laziali ed extra-laziali, ciascuna dotata di propri, distinti tratti culturali. Queste culture
importate, venute in contatto e mescolate fra di loro, hanno contribuito in modo determinante a definire la particolare “fonosfera” della Campagna romana, frutto di un fenomeno di multiculturalismo musicale di cui tuttora resta traccia.
Com’è noto, la Campagna romana ha suscitato l’interesse di letterati-viaggiatori e di artisti i quali, soprattutto fra l’Ottocento e il Novecento dello scorso secolo, l’hanno percorsa e “ritratta”, lasciandoci significative testimonianze scritte e visive, dense di riferimenti sia per gli aspetti antropologici sia, in particolare, per quelli sonori e musicali. Sia pure inconsapevolmente, essi hanno condiviso con la ricerca antropologica il metodo dell’osservazione “sul terreno”, che per molti di loro è stata un’osservazione “partecipante”2: infatti non si sono limitati a recarsi di persona nel territorio, ma lo hanno diffusamente percorso – spesso a piedi – dimorandovi,
stabilendo contatti diretti con gli ambienti agro-pastorali e paesani, vivendone i rapporti e gli eventi con vicinanza e adesione intellettuale.
Nell’ambito di contesti, situazioni e cronologie diversificati, Ferdinand Gregorovius, William W. Story, Arnaldo Cervesato hanno dato un contributo “dall’interno” a una rappresentazione letteraria della Campagna romana nei suoi aspetti sociali e culturali3: una rappresentazione che oscilla fra racconto e autoreferenzialità, in
cui dati oggettivi, riflessioni ed emozioni si intrecciano a costruire efficaci scenari comunicativi. Analogamente,
pittori e incisori en plein air, come Filippo Anivitti, Duilio Cambellotti, Charles ed Enrico Coleman, Edward Lear,
Ettore Roesler Franz, Giulio Aristide Sartorio e molti altri4, intensi frequentatori della Campagna romana, hanno
1 R. M. SCHAFER, Il paesaggio sonoro, Ricordi - Unicopli, Milano, 1985.
2 Per i concetti di “ricerca sul terreno” e di “osservazione partecipante” in antropologia culturale, si vedano: U. FABIETTI, F. REMOTTI (a cu-
ra di), Dizionario di antropologia. Etnologia, antropologia culturale, antropologia sociale, Zanichelli, Bologna, 2001, rispettivamente pp.
630-631, 544; U. FABIETTI, Storia dell’antropologia, seconda edizione, Bologna, Zanichelli, 2001, pp. 100-104. Sulla frequentazione densa
della Campagna romana da parte di molti degli artisti che l’anno ritratta, si veda, per tutti, R. MAMMUCARI, I pittori della Campagna romana, in Id., “I XXV” della Campagna romana. Pittura di paesaggio a Roma e nella sua campagna, Edizioni tra 8&9, Velletri, 1990, pp.
13-119.
3 F. GREGOROVIUS, Wanderjahre in Italien, Brockhaus Verlag, Leipzig, 1856-58, 5 Bände: “Aus der Campagna von Rom” (trad. italiana Passeggiate per l’Italia, Ulisse Carboni, Roma, 1906: “La Campagna romana”, pp. 1-88); W. W. STORY, Roba di Roma. La Campagna Romana, Chapman & Hall, London, 1862-76, trad. italiana parziale in A. Pinto Surdi (a cura di), Scrittori Americani nella Campagna Romana: l’Ottocento. Antologia, Centro di Studi Americani - Fratelli Palombi, Roma, 1999, pp. 25-79; A. CERVESATO, Latina Tellus. La Campagna romana, Mundus, Roma, 1910; ID., La Campagna Romana, in “Natale e Capodanno dell’Illustrazione Italiana”, numero monografico 1912-1913. Parti di tali testi sono ripubblicate in questo volume.
4 Si vedano, fra gli altri: C. BERNONI, R. MAMMUCARI, M. TESTI, Ettore Roesler Franz ed i pittori dell’Ottocento a Tivoli, Comune di Tivoli, Tivoli, 1995; P. A. DE ROSA, P. E. TRASTULLI, I pittori Coleman, Studio Ottocento, Roma, 1988; ID., La Campagna Romana. Cento dipinti inediti tra fine Settecento e primo Novecento, Studio Ottocento, Roma 1999; ID. (a cura di), La Campagna Romana da Hackert a Balla, catalogo mostra Roma - Museo del Corso, Studio Ottocento - De Luca, Roma, 2001; M. FAGIOLO, M. MARINI (a cura di), Costume di Roma
800, De Luca, Roma, 1978; ID., Bartolomeo Pinelli (1781-1835) e il suo tempo, Centro Iniziative Culturali Pantheon, Roma, 1983; R. MAMMUCARI, La società degli acquarellisti in Roma, Editrice Vela, Velletri, 1987; ID., “I XXV” della Campagna Romana. Pittura di paesaggio a
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orientato il loro sguardo sulle genti che la popolavano e vi lavoravano, delle quali hanno saputo cogliere le forme di vita (il lavoro, il costume, ecc.) e l’espressività. Alle loro immagini, successivamente e parallelamente, si
sono aggiunte quelle dei fotografi “di genere”, come Filippo Belli, Giorgio Conrad, Giuseppe Primoli, Carlo Baldassarre Simelli, Vasari, lo stesso Roesler Franz5, che hanno ricostruito nei loro studi un immaginario mondo
popolare, con i suoi i tipi, le sue scene, i suoi costumi, i suoi modelli6. Nelle loro ricostruzioni, accanto agli elementi stereotipati dei costumi e degli oggetti (anfore, borracce di zucca, bastoni pastorali, ecc.), ricorrono con
sorprendente frequenza gli strumenti musicali della tradizione popolare, come e soprattutto zampogne e tamburelli, in riposo o in accenni esecutivi o anche abbinati a passi di danza: stereotipìe nelle stereotipìe, i pifferari e le suonatrici di tamburello vengono utilizzati, da questi fotografi, come marcatori di ambienti socio-culturali. Quando poi le riprese fotografiche vengono effettuate all’aperto, com’è il caso di quelle di Primoli7, le
esecuzioni musicali cominciano ad apparire contestualizzate negli ambienti e negli eventi, anticipando quella
che sarà successivamente la pratica dell’etno-fotografia.
Queste produzioni letterarie e iconografiche possono rappresentare delle fonti, scritte e visive, ausiliarie
per la ricerca etnomusicologica e antropologico-musicale: esse, infatti, si riferiscono a forme di vita e a tratti culturali materiali e immateriali non più presenti nel territorio in quelle stesse modalità. Le immagini, in particolare, ci restituiscono, con la “potenza” del mezzo visivo, una fisionomia della Campagna romana che, per motivi
cronologici, i moderni reportage etno-fotografici non hanno potuto cogliere8.
Ma per potere utilizzare tali produzioni in quanto fonti, occorre dotarle di adeguati strumenti di lettura,
mediante i quali, filtrando le soggettività degli artisti, sia dato di cogliere gli elementi che costituiscono delle
“informazioni”, vale a dire: le descrizioni degli ambienti e degli eventi, nei testi letterari; gli ambienti sonori, i
gesti e le posture dei suonatori, nelle produzioni pittoriche; la morfologia e i dettagli degli strumenti musicali,
nelle immagini fotografiche.
Si potrà obiettare che non si tratta di fonti oggettive, scientifiche. Tuttavia l’odierna teoria antropologica
ha da tempo messo in discussione l’oggettività e il valore testimoniale delle stesse documentazioni etnografiche, le quali vengono lette piuttosto come prodotti autoriali, strumenti di ricerca e di interpretazione9. Neppure il mezzo visivo finora ritenuto il più oggettivo, come la fotografia, sfugge a tale inquadramento10.
Roma e nella sua Campagna dall’Ottocento ai primi del Novecento, cit.; ID. (a cura di), La Campagna Romana nell’arte dei “XXV”, Ediz.
Tra 8&9, Velletri, 1996; ID., Viaggio a Roma e nella sua Campagna, Newton Compton, Roma, 1997; ID., Acquerellisti romani, Edimond,
Città di Castello, 2001; ID., La voce del silenzio, in questo volume; R. MAMMUCARI, R. LANGELLA (a cura di), Latina Tellus. Vedute e costumi
della Campagna Romana da Pinelli a Roesler Franz, catalogo mostra Latina - Palazzo della Cultura, Edizioni tra 8&9, Latina, 1990; Paludi Pontine e Agro Romano nella pittura dell’Ottocento, catalogo mostra Roma - Galleria S. Teodoro, Editrice Vela, [Velletri], 1981; V.
SALVIANI (a cura di), Immagini e memoria. Iconografia dei costumi popolari della valle dell’Aniene e dintorni, Edizioni Comune di Castel
Madama, Tivoli 2001; G. F. TANNOZZINI, Le modelle della Campagna romana (Storia e costume), Edizioni Schemadue, Roma, [2000].
15 Si veda M. F. BONETTI, Costumi della Campagna romana: la fotografia di “genere” e i suoi modelli, in questo volume.
16 Per repertori fotografici relativi alla Campagna romana, si vedano, fra gli altri: P. BECCHETTI, Immagini della Campagna Romana 18531915, Quasar, Roma, 1983; P. BECCHETTI, C. PIETRANGELI (a cura di), Tevere e Agro Romano dalle fotografie di Giuseppe Primoli, Quasar, Roma, 1982; COOPERATIVA “PAGLIACCETTO” (a cura di), I nostri cento anni. Documenti fotografici dell’Agro Romano, catalogo mostra Roma (febbraio-marzo 1980), 1980; Id. (a cura di), Migrazione e lavoro. Storia visiva della Campagna Romana, Milano, Mazzotta, 1984; A. MANODORI
(a cura di), Roma e Lazio. Immagini fotografiche di luoghi dell’economia alimentare e del folclore (1860-1950), Retablo, Roma, 2001. Per
un repertorio di uso si veda L. BLASCO, S. OSTI (a cura di), Indice delle immagini fotografiche a soggetto antropologico conservate negli archivi fotografici romani, Regione Lazio, Centro Regionale per la Documentazione dei beni culturali e ambientali, Roma, Quasar, 1991.
17 Si veda, oltre ai testi citati nelle precedenti note, L. VITALI, Un fotografo fin de siècle. Il conte Primoli, Einaudi, Torino, 1968.
18 «Un mondo, quello della Campagna, che provocava in quanti si accingevano a penetrarlo, oltre ai naturali disagi, sensazioni che non
potremmo concepire se non ci soccorressero i dipinti e più tardi la fotografia. Ecco quindi l’eccezionale e insostituibile valore di documento che assumono gran parte dei dipinti di vedute della Campagna […]», P. A. DE ROSA, Colemaniana, in De Rosa, Trastulli, La Campagna Romana da Hackert a Balla, cit., pp. 23-29. Sull’utilizzo dell’iconografia musicale come fonte per la ricerca etnomusicologica, si
vedano, fra gli altri: F. GUIZZI, Considerazioni preliminari sull’iconografia come fonte ausiliaria nella ricerca etnomusicologica, in «Rivista italiana di musicologia», XVIII, 1, 1983, pp. 87-101; G. PLASTINO, Fotografia ed etnomusicologia, in «Fotologia», 9, 1988, pp. 105-109;
N. STAITI, Le immagini della musica popolare, in R. Leydi (a cura di), Canti e musiche popolari, Electa, Milano, 1990, pp. 127-144. Più in
generale, sull’iconografia musicale si veda, per tutti, T. SEEBASS, Prospettive dell’iconografia musicale, in «Rivista Italiana di Musicologia»,
XVIII, 1, 1983, pp. 67-86.
19 Si vedano, per i recenti sviluppi dell’antropologia interpretativa: J. CLIFFORD, G. E. MARCUS, Writing Culture. The Poetics and Politics of
Ethnography, Berkeley - Los Angeles - London, University of California Press, 1986; C. GEERTZ, Opere e vite. L’antropologo come autore,
Bologna, Il Mulino, 1990. Per una lettura critica della “descrizione” nei testi letterari, si veda V. CRAPANZANO, Il dilemma di Ermes. Il mascheramento della sovversione nella descrizione etnografica, Milano, Anabasi, 1995.
10 Si veda F. FAETA Strategie dell’occhio. Etnografia, antropologia, media, Milano, Angeli, 1995, dove l’autore mostra come la fotografia
non descriva ma interpreti: la sua configurazione e il suo risultato finale sono frutto delle molteplici modalità dello sguardo e delle contingenti scelte che il fotografo mette in atto, nel taglio, nell’inquadratura, nel rapporto con i soggetti fotografati, e attraverso cui va a costruire immaginari ed estetiche voluti. Sulla fotografica etnografica si veda anche F. FAETA, A. RICCI (a cura di), Lo specchio infedele. Materiali per lo studio della fotografia etnografica in Italia, Roma, Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari, 1997.
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Resta evidente che l’attenzione e l’attrazione per le forme di vita nella Campagna romana sono state, per
i letterati e gli artisti che l’hanno descritta e ritratta, in stretto rapporto con l’immaginario che essi intendevano
rappresentare: un immaginario basato sugli elementi naturalistici (un territorio selvaggio), storico-ambientali (le
antiche vestigia delle passate civiltà) e antropologici (i guitti, i pecorari, i butteri)11. Alcuni di loro hanno visto,
in tale arcaicità, un diretto prolungamento nel presente di forme di vita antiche, passate, in un’interpretazione
evoluzionistica e romantica tipicamente ottocentesca. Altri vi hanno colto un patrimonio di alterità culturale percepito come contemporaneo, dal quale sono stati attratti in modo forte e permanente. Tutti hanno elaborato
l’incontro con le diversità culturali secondo proprie individuali scelte, impostazioni e vocazioni. Scrive di sé Duilio Cambellotti nel 1954:
Nella Campagna romana gli alberi, gli animali, gli uomini della vanga e del solco furono oggetto della mia osservazione e quindi nutrimento per l’animo mio ad alimentare visioni o sogni che sboccavano fuori nella traduzione o grafica o plastica12.
L’adesione profonda che molti di loro hanno avuto con le culture incontrate nella Campagna si è tradotta nella volontà di rappresentarle e di interpretarle in un rapporto dialogico e referenziale con gli “osservati”:
una dinamica che, nella sua essenza, offre non pochi spunti di comparazione con la ricerca antropologica.
La Campagna romana è stata anche oggetto di attenzione da parte di folkloristi, demologi, antropologi ed
etnomusicologi, a partire dalla prima metà dell’Ottocento dello scorso secolo. Fino al secondo dopoguerra tale
attenzione ha riguardato soprattutto le tradizioni orali (prevalentemente la poesia e il canto) e i cosiddetti “usi
e costumi”13. In questo contesto gli aspetti sonori e musicali, pure ben presenti, appaiono trattati senza quella
specificità che soltanto la nascita dell’etnomusicologia potrà in seguito assicurare. Non manca tuttavia, in alcuni casi, una sorprendente sensibilità proprio per tali aspetti, come si può constatare dalla lettura dei testi di Pietro Ercole Visconti e di Giggi Zanazzo pubblicati in questo volume14. Nell’ambito di una demologia che si potrebbe definire “amatoriale”, si collocano due fra le più importanti monografie dedicate alla Campagna romana,
gli Usi e costumi della Campagna Romana di Ercole Metalli e la Vita di pastori nella Campagna Romana di Romolo Trinchieri15, che costituiscono pagine insuperate di etnografia del territorio, punteggiate da una grande attenzione per il paesaggio sonoro e per l’espressività musicale degli ambienti agro-pastorali.
A partire dagli anni trenta del Novecento, prendono avvio indagini specialistiche condotte da Giorgio Nataletti, etnomusicologo che elegge il territorio della Campagna romana come suo principale terreno di ricerca,
conducendovi numerosi rilevamenti e pubblicandone gli esiti in diverse sedi16.
11 R. TUCCI, Contadini, pastori, butteri nella Campagna Romana: una lettura antropologica delle opere in mostra, in De Rosa, Trastulli,
La Campagna Romana da Hackert a Balla, cit., pp. 63-69.
12 Citato in DE ROSA, TRASTULLI, La Campagna romana, Cento dipinti inediti tra fine Settecento e primo Novecento, cit., p. 220. Analoga
adesione ha dato luogo a movimenti come quello delle scuole per i contadini dell’Agro romano e a eventi come la Mostra dell’Agro romano, per i quali si vedano, rispettivamente: A. MARCUCCI, La scuola di Giovanni Cena, Paravia, Torino, 1948; N. CARDANO, S. PUGLIA, S.
NESPOLESI, La Mostra dell’Agro Romano, in G. Piantoni (a cura di), Roma 1911, catalogo mostra Roma (giugno-luglio 1980), De Luca, Roma, 1980, pp. 175-211.
13 Si veda A. M. CIRESE, Cultura egemonica e culture subalterne. Rassegna degli studi sul mondo popolare tradizionale, seconda edizione accresciuta, Palumbo, Palermo, 1973.
14 Estratti rispettivamente da: P. E. VISCONTI, Saggio di canti popolari della provincia di Marittima e Campagna, Tipografia Salviucci, Roma, 1830 (trad. francese con il titolo Chants populaires de la Campagne de Rome, in appendice a C. DIDIER, Campagne de Rome, Jules
Labitte, Paris, 1844, pp. 367-418); G. ZANAZZO, Tradizioni popolari romane, 3 voll., STEN, Torino, 1907-10, rist. anast. Usi, Costumi e Pregiudizi del popolo di Roma, 2 voll., 1907-10, La Bancarella Romana, Tarquinia, 1994, pp. 370-372.
15 E. METALLI, Usi e costumi della Campagna Romana, Tip. Popol. Romana, Roma, 1903; seconda ediz. riveduta e ampliata con disegni
originali di Duilio Cambellotti, Maglione & Strini, Roma, 1924; riediz. NER, Roma, 1982; R. TRINCHIERI, Vita di pastori nella Campagna Romana, Fratelli Palombi, Roma, 1953. Parti dei due testi sono ripubblicate in questo volume.
16 Di G. NATALETTI si vedano, fra gli altri: I canti della Campagna Romana, in «L’Italia musicale», III, 5, 1930, pp. 1-2; Alcuni canti della
Campagna Romana, in «Rassegna Dorica», II, 4, 1931, pp. 84-86; Poeti a braccio, in «Rassegna Dorica», III, 1, 1931, pp. 10-13; Rassegna
del poeta a braccio, in «Rassegna Dorica», IV, 3, 1933, pp. 62-64; Otto canti popolari della Campagna Romana, in «Lares», V, 1, 1943, pp.
35-42; Su una orazione in dialetto siciliano e su alcuni canti della campagna romana, in «Rassegna Dorica», V, 5, 1934, pp. 148-156; Improvvisatori ed improvvisazioni di popolo, in «Musica d’oggi», XVII, 8-9, 1935, pp. 301-307; ripubblicato in «Il Musicista», IX, 1, 1941, pp.
1-6; I poeti a braccio della Campagna Romana, in Atti del III Congresso Nazionale di Arti e Tradizioni Popolari (Trento, settembre 1934),
Edizioni dell’O.N.D. (Comitato Nazionale Italiano per le arti popolari), Roma, 1936, pp. 383-392 [stesso testo già pubblicato con il titolo
Improvvisatori ed improvvisazioni di popolo]; Il saltarello, in «Il Musicista», IX, 1, 1942, pp. 59-66; Il saltarello a Roma e nella Campagna
romana, in Strenna dei romanisti, Staderini, Roma, 1942, pp. 245-253; (a cura di), Il folklore musicale in Italia dal 1918 ad oggi. Saggio
bibliografico, E.N.A.L., Roma, 1948. Alcuni di tali saggi sono ripubblicati in questo volume. Nell’ambito della collaborazione fra Nataletti e il compositore Goffredo Petrassi, si veda anche, G. NATALETTI, G. PETRASSI, Canti popolari della Campagna Romana, raccolti e armonizzati da Giorgio Nataletti e Goffredo Petrassi, Ricordi, Milano, 1930.
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Nel 1948 Giorgio Nataletti fonda il Centro Nazionale Studi di Musica Popolare (CNSMP) dell’Accademia
Nazionale di Santa Cecilia, successivamente rinominato in Archivi di Etnomusicologia (ADE) con lo scopo di
raccogliere e studiare il folklore musicale italiano17. Il CNSMP, a cui collaborano i più stimati studiosi italiani e
stranieri, come Diego Carpitella, Alberto M. Cirese, Paul Collaer, Ernesto de Martino e molti altri, dà avvio a una
nuova stagione per la ricerca etnomusicologica italiana, applicandovi la metodologia del rilevamento sul campo mediante l’utilizzo di apparecchiature tecniche di registrazione sonora: viene in tal modo ridefinito l’impianto
teorico-metodologico della disciplina e vengono prodotte fonti primarie scientificamente fondate, acquisite direttamente sul terreno presso i cantori e i suonatori popolari18.
Lo stesso Nataletti effettua nutriti rilevamenti sonori nella Campagna romana, da solo e insieme a Elena
Episcono, E. Sala e altri19; altrettanto fanno Gabriele Arrigo con Tran Tu Quam20 e Carla Regnoni Macera, che
ha precedentemente raccolto, nello stesso territorio, testi verbali di canti21. Parallelamente, Alberto M. Cirese effettua campagne di registrazioni etnico-musicali nella provincia di Rieti, una delle aree territoriali di maggiore
provenienza delle popolazioni della Campagna (i cosiddetti “aquilani”)22; nel medesimo territorio vengono condotti rilevamenti sonori da Alan Lomax e Diego Carpitella23; infine Nataletti e Colacicchi raccolgono le musiche
degli zampognari della valle di Comino, anch’essi frequentatori di Roma e della sua Campagna24.
Nel 1962 nasce il secondo, importante, archivio nazionale di registrazioni di documenti etnico-musicali, l’Archivio Etnico Linguistico-Musicale (AELM) della Discoteca di Stato, nel cui ambito vengono effettuate diverse raccolte relative alla Campagna romana o ai territori a essa correlati25. Si devono: a Carla Bianco un’ampia ricognizione di carattere demologico26; a Marco Müller una densa raccolta monografica sui poeti “a braccio”, colti nelle
loro consuete occasioni pubbliche (feste di piazza, gare, ecc.) in diverse località a nord e a sud di Roma27; a Maurizio Agamennone e Serena Facci una raccolta monografica sulla polivocalità di tradizione popolare nel Lazio, che
comprende anche una particolare forma a due parti diffusa nei monti Lucretili, poi oggetto di un approfondito studio etnomusicologico da parte dello stesso Agamennone28. Infine, Ivan Cavicchi e Liliana Bucciarelli, Marco Müller, Sandro Biagiola raccolgono repertori per zampogna afferenti alla valle di Comino e alla valle dell’Aniene29.
Le documentazioni conservate presso i due principali archivi pubblici nazionali rappresentano complessivamente un patrimonio di beni etnico-musicali di inestimabile valore, soprattutto per l’irripetibilità cronologica che le contraddistingue. Esse tuttavia non costituiscono le uniche testimonianze sonore relative alle culture
musicali afferenti alla Campagna romana: vi si aggiungono, infatti, altre raccolte, realizzate nell’ambito di ulteriori archivi, nazionali o locali, oppure da ricercatori privati30.
17 Si vedano: CENTRO NAZIONALE STUDI DI MUSICA POPOLARE, Studi e ricerche del 1948-1960, Accademia Nazionale di Santa Cecilia - RAI
Radiotelevisione Italiana, Roma [1961] e i volumi finora usciti della rivista «EM. Annuario degli Archivi di Etnomusicologia dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia», I/1993 - VIII/2000.
18 Per un profilo storico della ricerca etnomusicologica in Italia a partire dal secondo dopoguerra e delle questioni metodologiche a essa connesse, si vedano: D. CARPITELLA, L’etnomusicologia in Italia e Profilo storico delle raccolte di musica popolare in Italia, in Id., Musica e tradizione orale, Flaccovio, Palermo, 1973, pp. 11-29 e 31-54; ID., Etnomusicologia e stato attuale della documentazione in Italia,
in Id. (a cura di), L’etnomusicologia in Italia, Atti del Primo convegno sugli studi etnomusicologici in Italia (Roma, 29 nov. - 2 dic. 1973),
Flaccovio, Palermo, 1975, pp. 17-27; F. GIANNATTASIO, Il concetto di musica. Contributi e prospettive della ricerca etnomusicologica, La
Nuova Italia Scientifica, Roma, 1992, pp. 67-86.
19 Raccolte 2 e 102; Folk Documenti Sonori. Catalogo informativo delle registrazioni musicali originali, ERI, Torino, 1977, pp. 243, 279282.
20 Raccolta 87; Folk Documenti Sonori, cit., pp. 273-274; si vedano anche W. BRUNETTO, La raccolta 87 degli Archivi di etnomusicologia,
e D. ARMOCIDA, I canti di Olevano e Bellegra nella raccolta 87 degli Archivi di etnomusicologia, in «EM. Annuario degli Archivi di Etnomusicologia», V, 1997, rispettivamente pp. 109-128 e 49-96.
21 Raccolta 44; Folk Documenti Sonori, cit., p. 268; C. REGNONI MACERA, Su una piccola raccolta di tradizioni popolari tiburtine, Società
di storia e d’arte, Tivoli, 1954, ripubblicato in questo volume.
22 Raccolte 16 e 21; Folk Documenti Sonori, cit., pp. 249-252.
23 Raccolta 24S; Folk Documenti Sonori, cit., p. 253; si veda W. BRUNETTO, La raccolta 24 degli Archivi di etnomusicologia dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, in «EM. Annuario degli Archivi di Etnomusicologia», III, 1995, pp. 115-187, in particolare pp. 180-181.
24 Raccolte 11 e 12; Folk Documenti Sonori, cit., pp. 246-247.
25 S. BIAGIOLA (a cura di), Etnomusica. Catalogo della musica di tradizione orale nelle registrazioni dell’Archivio Etnico Linguistico-Musicale della Discoteca di Stato, Discoteca di Stato - Il Ventaglio, Roma, 1986.
26 Raccolta 51 LM; BIAGIOLA, Etnomusica, cit., pp. 174-187.
27 Raccolta 154 M; BIAGIOLA, Etnomusica, cit., pp. 223-231.
28 Raccolta 172 M; BIAGIOLA, Etnomusica, cit., pp. 232-236; si veda M. AGAMENNONE, Modalità di variazione in due forme vocali, in G.
Giuriati (a cura di), Forme e comportamenti della musica folklorica italiana, Unicopli, Milano, 1985, pp. 95-130, parzialmente ripubblicato in questo volume.
29 Rispettivamente raccolte 145 LM, 151 M e 164; M. BIAGIOLA, Etnomusica, cit., pp. 193-222, 230-231.
30 Si veda l’elenco in Nastrografia. Per un inventario generale delle registrazioni di musica popolare effettuate nel Lazio nell’ambito di
archivi nazionali, locali e di singoli ricercatori, si veda A. SPARAGNA, R. TUCCI (a cura di), Atlante della musica popolare del Lazio, Regione Lazio, Centro Regionale per la Documentazione dei beni culturali e ambientali, NER, Roma, 1993. Per una panoramica del patrimo-
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Alcune raccolte private presentano particolare rilievo per l’ambito territoriale a cui qui si fa riferimento:
soprattutto quelle di Ettore De Carolis (inizio anni settanta del Novecento) e di Giancarlo Palombini (seconda
metà degli anni settanta del Novecento). Le prime costituiscono un ricco e articolato corpus di brani musicali
registrati tanto nella Campagna romana quanto in territori a essa riferiti31; le seconde contengono forme e repertori musicali registrati nell’alta Sabina, al confine con l’Abruzzo aquilano, e riguardano uno dei più nutriti
gruppi etnico-culturali che ha popolato stagionalmente la Campagna32.
Le più recenti raccolte di Emilio Di Fazio (1987-1991) e di Antonello Ricci (2000-2001), afferenti rispettivamente all’EtnoMuseo Monti Lepini di Roccagorga (LT)33 e al Museo della zampogna di Villa Latina (FR)34, riguardano anch’esse repertori che in passato hanno avuto espansione nella Campagna romana, a seguito dei
suoi frequentatori: nella fattispecie, i pastori dei monti Lepini e gli zampognari della valle di Comino.
Queste ultime testimonianze, così come le tante altre tuttora reperibili sul territorio, mostrano come, nonostante i mutamenti, sia rintracciabile una contenuta continuità: continuità che è da cogliere non già in fenomeni di conservazione e di cristallizzazione, bensì nelle dinamiche di prassi esecutive legate a processi sociali
interni alle comunità locali.
Con questo volume si vuole, dunque, proporre una lettura articolata del paesaggio sonoro e musicale
della Campagna romana, mediante l’utilizzo di materiali eterogenei, riuniti insieme per un reciproco potenziamento delle rispettive valenze comunicative e cognitive. Punto di partenza per la ricognizione delle fonti sono
stati alcuni strumenti catalografici approntati dal Centro Regionale di Documentazione della Regione Lazio, in
particolare, l’Atlante della musica popolare del Lazio35 e l’Indice delle immagini fotografiche a soggetto antropologico conservate negli archivi fotografici romani36, ma sono state anche ampiamente consultate tutte le altre
fonti relative a documentazioni letterarie, iconografiche e sonore37.
Nel volume sono ripubblicati, per intero o parzialmente, diciassette testi editi. Si tratta di scritti (articoli,
saggi, parti di volumi) pubblicati fra il 1830 e il 1985; alcuni di essi sono piuttosto noti, altri hanno finora circolato soltanto nell’ambito degli addetti ai lavori, quasi tutti sono divenuti irreperibili con il tempo. Sono inoltre pubblicati quattro testi inediti, di Giorgio Adamo, Maria Francesca Bonetti, Renato Mammuccari, Roberta Tucci, scritti appositamente al fine di introdurre il volume in generale e nelle sue diverse parti.
L’apparto iconografico del volume comprende le riproduzioni di opere (dipinti e incisioni) di artisti di varie scuole, conservate presso collezioni pubbliche e private, in Italia e all’estero, fra cui l’Istituto Nazionale della Grafica (Roma), il Musée du Louvre (Paris), il Musée Jenisch (Vevey), il Thorvaldsens Museum (Copenhagen),
l’Archivio Cambellotti (Roma). Comprende inoltre fotografie tratte da alcuni archivi romani, in particolare il Museo della Fotografia dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (Collezione Becchetti), l’Archivio
Fotografico della Soprintendenza Speciale al Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini” (Fondo
Giglioli), l’Archivio Fotografico Comunale di Roma, la Fondazione Primoli, l’Archivio del Touring Club dei Fratelli Alinari, gli archivi privati di Carlo Bernoni e di Alberto Manodori.
Il disco allegato contiene trenta brani etnico-musicali registrati sul campo, a partire dal 1948 e fino al 2000,
tratti degli archivi pubblici e privati a cui si è fatto cenno. L’ascolto di questi brani non è accessorio, ma rappresenta l’indispensabile contestualizzazione sonora ai testi e alle immagini.
Nell’ambito delle politiche indirizzate alla conoscenza e alla valorizzazione dei beni culturali, attuate dalle istituzioni soprattutto territoriali, si pone con sempre più forza l’importanza dei beni immateriali, che fanno
nio etnico-musicale regionale, si vedano: A. SPARAGNA, R. TUCCI, La musica popolare nel Lazio, Regione Lazio - Master Print, Roma, 1990;
R. TUCCI, La musica popolare nel Lazio, in Costumi e tradizioni popolari. Lazio, Toscana, Umbria, Bonechi, Firenze, 1995, vol. 1, pp. 8895. C’è da aggiungere che, nell’ambito delle attività di rilevamento del Centro Regionale di Documentazione della Regione Lazio, è stata effettuata, nel 2000, una registrazione sonora relativa all’espressività orale dei butteri che operano presso l’azienda agraria Castel di
Guido del Comune di Roma.
31 Si vedano i dischi: D. e E. DE CAROLIS, Arie antiche dell’alto Aniene, 2LP Fonit Cetra Lpp 233, 1973; E. DE CAROLIS, Il Lazio: i canti e le
zampogne, voll. 1 - 3, LP Albatros VPA 8314-48-84, 1976-77-78.
32 Per un indice delle registrazioni effettuate da Palombini, si veda SPARAGNA, TUCCI, Atlante della musica popolare del Lazio, cit., pp. 212215. Si veda anche G. PALOMBINI, Le ciaramelle di Amatrice. La tradizione della zampogna in Alta Sabina, LP Albatros VPA 8494, 1989.
33 Si vedano, di E. DI FAZIO, Gli strumenti musicali nei Monti Lepini, Ut Orpheus, Bologna, 1997 e il disco Monti Lepini. Musica strumentale, collana “Suoni & Culture”, CD Materiali Sonori MASO 90065, 1994. Si veda anche il catalogo del museo: V. PADIGLIONE, Ma chi
mai aveva visto niente. Il Novecento, una comunità, molti racconti, Catalogo EtnoMuseo Monti Lepini Roccagorga, Kappa, Roma, 2001.
34 A. RICCI, Musicisti e zampogne del Lazio meridionale, in M. Gioielli (a cura di), La zampogna: gli aerofoni a sacco in Italia, Iannone,
Isernia, in c.d.s.
35 SPARAGNA, TUCCI, Atlante della musica popolare del Lazio, cit.
36 BLASCO, OSTI, Indice delle immagini fotografiche a soggetto antropologico conservate negli archivi fotografici romani, cit.
37 Si vedano la Bibliografia, la Discografia e la Nastrografia.
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parte, per loro stessa natura, del patrimonio demoetnoantropologico della comunità nazionale e delle comunità
locali38.
L’Unesco ha di recente avviato un progetto di valorizzazione per tali beni, dal titolo Preserving and revitalizing our Intangible Heritage, che comprende al suo interno una serie di azioni39. Fra queste, Masterpieces
of Oral and Intangible Heritage of Humanity riconosce, come meritevoli di venire considerati “capolavori del
patrimonio orale e immateriale dell’umanità”, tanto le “espressioni culturali” (lingue, letteratura orale, musica,
danza, giochi, mitologia, riti, costumi, artigianato, architettura, altre arti e forme tradizionali di comunicazione),
quanto gli “spazi culturali”, antropologicamente intesi come “luoghi” in cui si concentrano le attività tradizionali
e “tempi” in cui ricorrono determinati eventi40.
In questo senso, nel libro non soltanto sono presi in considerazione patrimoni culturali di varia natura
(demoetnoantropologici, musicali, storico-artistici, fotografici, sonori, librari), ma è lo stesso paesaggio sonoro
ad assumervi valore di bene culturale: un bene culturale immateriale, legato alla memoria e all’identità, che contribuisce in modo non indifferente alla costruzione complessiva di uno dei più forti, intensi e diffusi immaginari
nato sul territorio italiano.
La realizzazione del volume non sarebbe stata possibile senza la disponibilità di istituzioni e di singoli che
hanno consentito all’utilizzazione dei loro materiali e hanno contribuito in vario modo a questo lavoro, conferendogli il carattere di un’opera a più voci.
Per la realizzazione del disco si desidera ringraziare in modo particolare la Discoteca di Stato e l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia (Archivi di Etnomusicologia), che hanno concesso l’utilizzo delle loro importanti raccolte etnico-musicali. La Discoteca di Stato ha anche messo a disposizione i suoi studi tecnici per la preparazione del master digitale; Luciano D’Aleo e Mario Tiratterra hanno effettuato il lavoro tecnico in studio. Si
ringraziano anche Ettore De Carolis, Giancarlo Palombini e Antonello Ricci, che hanno consentito l’uso delle loro raccolte private. Emilio Di Fazio e Antonello Ricci hanno ulteriormente contribuito con brani musicali realizzati rispettivamente per l’EtnoMuseo Monti Lepini di Roccagorga e per il Museo della zampogna di Villa Latina. Infine, per la registrazione effettuata presso l’Azienda agraria di Castel di Guido, si ringraziano il Comune
di Roma, Marco Greggio e, in modo particolare, i butteri dell’azienda che hanno permesso di registrare i loro
richiami di lavoro. Si ringrazia anche Alessandro Cercato per aver curato l’editing del brano “Butteri”.
Per l’apparato scritto e iconografico ci si è potuti avvalere della collaborazione di archivi, musei e privati, che hanno fornito materiali e concesso autorizzazioni. Si ringraziano, in particolare: per i testi editi, Maurizio Agamennone, Valerio Nataletti, l’editore Palombi, Domenico Trinchieri, Raffaello Trinchieri, Riccardo
Trinchieri, Rosa Maria Trinchieri, Andrea Sommariva; per i materiali iconografici relativi a dipinti e incisioni,
l’Archivio Cambellotti, l’Istituto Nazionale per la Grafica, il Musée Jenisch (Vevey), il Comune di Sezze e Francesco Petrianni, Carlo Bernoni, Mario Ciaralli, Renato Mammucari, Giuseppe Luigi Marini, Studio Ottocento;
per le immagini fotografiche, la Fondazione Primoli, l’Archivio Fotografico Comunale di Roma, il Museo della Fotografia dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, l’Archivio Manodori, Carlo Bernoni,
la famiglia Splendori.
38 L’attenzione ai beni immateriali è confermata dalla recente elaborazione della scheda BDI, per i beni demoetnoantropologici imma-
teriali, ad opera di un gruppo di lavoro promosso dall’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione e dalla Regione Lazio, composto da vari soggetti afferenti allo Stato, alle Regioni, alle Province autonome e all’Associazione Italiana per le Scienze Etno-Antropologiche. Si vedano: Strutturazione dei dati delle schede di catalogo. Beni demoetnoantropologici immateriali. Scheda BDI, Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, Roma, 2002; R. TUCCI, La scheda BDI per i Beni demoetnoantropologici immateriali, in A. Stanzani, O. Orsi, C. Giudici (a cura di), Lo spazio il tempo le opere. Il catalogo del patrimonio culturale, SilvanaEditoriale, Milano, 2001 pp.
576-577. Si vedano anche: P. CLEMENTE, Les savoirs et les guimbardes. Notes sur les “biens immatériels” e R. TUCCI, La catalogage des biens
immatériels démo-ethno-anthropologiques en Italie et la fiche BIA du Centre de Documentation de la Région du Latium, ambedue pubblicati in Non-material Cultural Heritage in the Euro-Mediterranean Area, Acts of the Unimed-Symposium, SEAM, Formello, 2000, rispettivamente pp. 29-42 e 127-146; A.M. CIRESE, Beni immateriali o Beni inoggettuali? e R. TUCCI, Beni Demoetnoantropologici Immateriali, in «Antropologia Museale», I, 1, 2002, rispettivamente pp. 66-69 e 54-59.
39 UNESCO, Preserving and revitalizing our Intangible Heritage, 1997, in sito Internet www.unesco.org/culture/heritage. Si ricorda anche
la Recommendation for the Safeguarding of Traditional and Popular Culture, 1989, che costituisce il primo fondamentale documento
con cui l’Unesco riconosce l’importanza delle culture orali nell’ambito del patrimonio culturale dell’umanità (si veda il sito Internet già
citato).
40 «In proclaiming masterpieces of the oral and intangible heritage of humanity, UNESCO seeks to draw attention to cultural spaces or traditional and popular forms of cultural expression. We have to be quite clear about the difference between a cultural space and a site. From
the standpoint of the cultural heritage, a site is a place at which physical remains created by human genius (monuments or ruins) are to
be found. A “cultural space” is an anthropological concept that refers to a place or a series of places at which a form of traditional or popular cultural expression occurs on a regular basis. […] Both cultural spaces and cultural expressions qualify to be regarded as masterpieces of the oral and intangible heritage of humanity». UNESCO, Preserving and revitalizing our Intangible Heritage, cit.
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Si esprime particolare gratitudine a Renato Mammuccari, a Studio Ottocento e all’Istituto Centrale per il
Catalogo e la Documentazione per avere fornito gran parte delle immagini riprodotte. Un sentito ringraziamento
va a Giorgio Adamo, Maria Francesca Bonetti e Renato Mammucari per i loro preziosi contributi e per aver offerto, nell’ambito delle rispettive competenze specialistiche, una continua e generosa attenzione e collaborazione al volume. Un sentito ringraziamento va anche a Francesco Giannattasio e a Maria Cecilia Mazzi, per le
loro puntuali e stimolanti prefazioni.
Si ringraziano infine, per avere contribuito alla realizzazione del volume con informazioni, consigli e suggerimenti: Walter Brunetto, Fulvia Caruso, Alberto M. Cirese, Luciano D’Aleo, Ettore De Carolis, Pier Andrea De
Rosa, Maurizio Marini, Giancarlo Palombini, Vincenzo Petrucci, Antonello Ricci, Claudio Tanca, Agostino Ziino.
Roberta Tucci
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