ovvero tripartito ABA dove B rappresenta il Trio a sua volta bipartito AB
che Liszt definì «un fiore fra due abissi».
Arriviamo così all’ultimo movimento che di solito nelle opere di Beethoven,
rappresenta la conclusione che dà vita alla speranza, al volgere positivo
delle cose, ma che in questo finale si avverte come violento, angoscioso,
come una dichiarazione al mondo del suo disagio e del suo dolore
profondo di non poter comunicare come avrebbe voluto. Le cronache del
tempo lo dipingono, come una persona dal carattere difficile, emotivamente
instabile, con tendenze alla misantropia e sbalzi d’umore che spesso si
tramutavano in episodi di momentanea violenza verbale, di cui si pentiva
subito dopo, ma che in qualche modo rendevano difficili anche i rapporti
con gli amici a lui più devoti, ma è facile capire che tutto questo era dovuto
anche alla difficoltà di tessere qualsiasi rapporto con il mondo che gli
ruotava intorno. Tutto questo gli procurò una forte depressione che lo fece
pensare al suicidio come unico epilogo possibile.
Fortunatamente rimase un proposito momentaneo, che lo indusse, nel
1802, a redigere il “Testamento di Heiligenstadt” un documento passato
alla storia, nel quale Beethoven esprime tutta la sua disperazione per la
crescente sordità e dalla necessità d’isolarsi dal resto del mondo Bettina
Brentano, scrittrice ed amica di Beethoven, scrisse a Goethe il 28 maggio
1810: «(…) È di Beethoven che ti voglio parlare. Quando sono in sua
compagnia, dimentico il mondo e dimentico anche te. (…) so di non
sbagliare se affermo ciò che oggi forse nessuno capirà o vorrà credere,
che egli nella sua interiore evoluzione avanza di gran lunga tutta l’umanità,
e chissà mai se lo raggiungeremo.
Chiudo questa brevissima presentazione con una frase di Ludwig van
Beethoven su come fosse per lui essere artista «Il vero artista non è
superbo; con tristezza si rende conta che l'arte non ha limiti. Sente
oscuramente quanto sia lontano dalla meta e, mentre forse è ammirato
dagli altri, non ha ancora raggiunto il punto dove un genio migliore
risplenderà davanti a lui come il sole lontano».
Fryderyk Chopin
Nasce a Żelazowa Wola il 22 febbraio 1810 e muore a Parigi il 17 ottobre
1849. Figura di riferimento del romanticismo europeo strinse rapporti di
amicizia con Franz Liszt, Robert Schumann, Vincenzo Bellini, Felix
Mendellsohn, Eugene Delacroix, Niccolò Paganini ed Hector Berlioz.
Completò la sua formazione musicale a Varsavia e nell’estate del 1830 si
trasferì a Vienna, dove apprese, con dolore, che la rivolta da parte del
popolo polacco, conosciuta come la “Rivolta di novembre” contro la
dominazione russa, era stata repressa in un bagno di sangue. Nel 1831
arriva a Parigi che doveva essere una delle tappe del suo viaggio in
Europa, ma che di fatto diventò la sua seconda patria, visto che a parte
brevissime assenze vi soggiornò fino alla morte. Nel 1837 conobbe la
scrittrice Aurore Dupin, meglio conosciuta come George Sand che gli starà
accanto per dieci anni, fino al 1847.
I valzer di Chopin seguono la forma viennese, ma non lo stile, dove si
alternano due o più temi, che vengono riproposti nella parte conclusiva
dell’opera. L’Op.64 n.1, detto anche Valzer del minuto per la sua brevità, fu
composto da Chopin nel 1847; brillante e funambolico per la velocità della
mano destra che si sovrappone agli accordi eseguiti al basso segue uno
schema ternario con un prima parte che chiameremo A seguita da una
seconda parte B e la ripresa della parte prima A’.
Il n.2 ha una forma più complessa che ripercorre la struttura del Rondò:
dopo una prima parte A appassionata e malinconica, ne segue una più
agitata B, segue un terzo tema più lento C, riprende la fase agitata B a cui
segue la prima parte malinconica A per chiudere con la parte concitata di
B. L’Op.69 n.1 nota al pubblico con il titolo apocrifo di “Valzer
F
dell’Addio” fu scritto di getto da Chopin nel 1835 alla conclusione
del breve rapporto che lo legava a Maria
Wodzińska. Il valzer è scritto in forma tripartita ABA. I valzer
dell’Op.34 sono tre: noi ascolteremo il n.2, un valzer lento scritto
nella tonalità di la minore che contrasta con l’aggettivo brillante
del titolo. Forse fu redatto successivamente: Chopin lo chiamava
“Valse Mélancolique”, come tutti i valzer lenti in tonalità minore.
Fu composto a Vienna, nell’estate del 1831.
Franz Liszt
Nasce a Raiding (Ungheria - oggi Austria) il 22 ottobre 1811 e
muore a Bayreuth (Germania) il 31 luglio del 1886.
Enfant prodige, considerato uno dei più grandi virtuosi dell’800,
inizierà giovanissimo l’attività di pianista e di compositore che lo
porterà a girare tutta l’Europa. Si legò sentimentalmente con la
contessa Sofia d’Agoult dalla quale ebbe tre figli, di cui l’ultima,
Cosima, sposerà in seconde nozze Richard Wagner e la
principessa Carolina di Sayn-Wittgenstein, che morì nel marzo del
1887 a seguito della perdita del suo amato Liszt. Il compositore si
trasferì a Roma nel 1861 e a seguito di una crisi mistica nel 1865
entrò nell’Ordine dei frati minori di San Francesco.
È stato uno dei fautori della musica descrittiva o musica a
programma e Liebesträume (Sogno d’amore), pubblicato nel 1850,
ne è un esempio classico. Lopera comprende tre notturni, di cui il
terzo sarà destinato a diventare il più famoso.
Originariamente i tre brani erano stati concepiti come Lieder
ispirati dalle poesie di Ludwig Uhland e Ferdinand Freiligrath e
rappresentano tre diverse forme di amore. La prima Hohe Liebe,
l’Altissimo Amore, rappresenta l’amore santo o religioso che
rinuncia all’amore terreno; il secondo Seliger Tod, La morte felice,
che evoca l’amore erotico con un chiaro riferimento alla “piccola
morte” che in francese ha un riferimento ben preciso, mentre
l’ultimo prende spunto dalla poesia di Freiligrath che rappresenta
l’Amore incondizionato, O lieb, so lang du lieben kannst!, che
resiste all’oblio del tempo. Quello propostoci dal pianista Ivan
Donchev è l’ultimo dei tre: diviso in tre sezioni, ciascuno diviso da
una cadenza veloce. L’opera inizia con un tema cantabile che via
via cresce in modo appassionato e descrive musicalmente, il
sentimento dell’amore nei suoi diversi aspetti, dalla dolcezza
iniziale, alla serenità finale, con momenti di passione e
disperazione, di malinconia e pace e mai di rassegnazione.
Années de pèlerinage, Anni di pellegrinaggio è una citazione del
romanzo di Wolfgang Goethe “Wilhelm Meisters Lehrjahredal” ed
è una serie di tre suites, composte da Liszt negli anni compresi fra
il 1837 ed il 1877. La seconda Suite, Deuxième année: Italie fu
composta fra il 1837 ed il 1849 e consta di sei brani, di cui gli
ultimi tre altro non sono che la riscrittura di Tre sonetti del
Petrarca. Venezia e Napoli, composto nel 1859 nasce come
supplemento a Deuxième année e si articola in tre movimenti: il
primo, Gondoliera, che si basa sulla canzone “La biondina in
gondoletta” di Giovan Battista Peruchini (1784-1870) Segretario
della Corte d’appello di Venezia, musicista dilettante; il secondo
movimento, Canzone, che si basa sull’Aria “Nessun maggior
dolore”, dall’Opera lirica Otello ossia il moro di Venezia, scritta nel
1816 da Gioachino Rossini (1792-1868) e l’ultimo movimento,
Tarantella che si basa su un tema di una canzone di GuillaumeLouis Cottrau (1797-1847) che ebbe il merito di aver contribuito
alla diffusione della musica napoletana in tutta Europa.
Concerto
Pianoforte
Ivan Donchev
Roma, 4 marzo 2017
Circolo Ufficiali
delle Forze Armate
Via XX Settembre, 2
Roma
sabato 4 marzo 2016
ore 19,00
Ivan Donchev
La critica specializzata descrive Ivan Donchev come “raffinato e
concentrato” Qobuz Magazine-Francia, “pieno di temperamento”
Darmstadter Echo-Germania, dotato di “tecnica impeccabile e
incredibile capacità di emozionare” Il Cittadino-Italia. Aldo
Ciccolini l’ha definito “artista di eccezionali qualità pianistiche e
musicali”.
Nasce a Burgas (Bulgaria) nel 1981 ed intraprende lo studio del
pianoforte all’età di 5 anni; a 8 anni tiene il suo primo recital solistico
ed a 12 debutta con l’Orchestra Filarmonica di Burgas, eseguendo il
Concerto in RE maggiore di Haydn. Lo stesso anno vince il primo
premio ed il premio speciale al Concorso Nazionale “Svetoslav
Obretenov”. Per meriti artistici nel 1997 gli viene assegnata la borsa
di studio “Talento dell’anno” di Burgas. A 16 anni si pone
all’attenzione di pubblico e critica, vincendo il “Premio Chopin” della
Società Chopin di Darmstadt e debutta alla sala “Gasteig” di Monaco
di Baviera. Si afferma in concorsi internazionali come lo “Svetoslav
Obretenov” nel 1994 in Bulgaria; lo EMCY a Dublino nel 1996, il “Carl
Filtsch” in Romania nel 1997, Il Premio “Città di Monopoli Gran Prize
Ecomusic” nel 2000, il “Premio Seiler” di Palermo nel 2001, il Premio
“Sergio Fiorentino” nel 2004, il “Giuseppe Terracciano” nel 2005 ed il
Premio “Società Umanitaria” a Milano nel 2008.
Suona regolarmente a New York (Merkin Hall), Vienna (Bosendorfer
Saall), Mosca (Museo Scriabin), Seoul (Maria Callas Hall), Dublino,
Darmstadt, Yekaterinburg, Londra, Montpellier (Festival de Radio
France), Bulgaria Apollonia Music Festival, Italia (Sala Verdi-Milano),
Roma (Festival “Liszt&Friends”), Firenze, Napoli, Palermo, Messina,
Taranto, al Festival dei Due Mondi di Spoleto, al San Sepolcro
Symphonia Festival, al Festival Liszt. Si è esibito con la New York
Festival Orchestra, la Filarmonica di Burgas, la Kronstadt
Philharmoniker, la Filarmonica Marchigiana, l’Orchestra Sinfonica di
Bari, l’Orchestra ICO della Magna Grecia, l’Orchestra da camera
Fiorentina, la Pazardzhik Symphony Orchestra, la Jeonju
Philharmonic e la Roma Philharmonic Orchestra.
Collabora stabilmente con noti direttori d’orchestra come Albert
Schweizer, David Crescenzi, Guem No-Sang, Yordan Dafov, Ivan
Kojuharov, Grigor Palikarov, Stefano Trasimeni, Piero Romano,
Giuseppe Lanzetta, Luigi Di Fornzo, Daniele Iafrate e Il Ko Lee. Il suo
repertorio spazia da Bach agli autori contemporanei e negli ultimi anni
presta particolare dedizione alla musica di Liszt e di Beethoven. Ha
inciso l’integrale dei concerti per pianoforte e orchestra di
Tchaikovsky e, in prima mondiale, il Quadro sinfonico concertante per
pianoforte e orchestra di Vito Palumbo, a lui dedicato. Approfondisce
mcon passione il repertorio cameristico e collabora con noti
strumentisti, tra cui il violinista Ivo Stankov, il clarinettista Maurizio
D’Alessandro e il violoncellista Stefan Popov.
Ha inciso per RaiTrade, Sheva Collection ed Heiligenstadt Verlag; le
sue registrazioni si trovano in tutti i negozi di dischi e sono distribuiti
anche dalla rivista “Suonare News”. Nel 2013, per conto della Gega
New, registra con il violinista Ivo Stankov le sonate per violino e
pianoforte di Beethoven per le quali riceve l’ambito premio “5 Stars
Awards”, della prestigiosa rivista britannica Musical Opinion.
Ludwig van Beethoven
PRIMA PARTE
L. van Beethoven
Sonata in do♯ min. op.27 n.2
(1770-1827)
* Adagio sostenuto
* Allegretto
* Presto agitato
Fryderyk Chopin
Valzer in la min. op.34 n.2
Valzer in Fa Magg. op.34 n.3
Valzer in Lab Magg. op.69 n.1
Valzer in Reb Magg. op.64 n.1
Valzer in do♯ min. op.64 n.2
Valzer Brillante in Mib Magg op.18
(1810-1849)
SECONDA PARTE
Franz Liszt
(1811-1886)
Liebesträume (Sogno d'amore)
n.3 S541
Années de pèlerinage Deuxième année
Italie-Venezia e Napoli S.162
* Gondoliera
* Canzone
* Tarantella
Nasce a Bonn (Germania) il 16 dicembre del 1770 e muore a Vienna
(Austria) il 26 marzo del 1827.
Figura dominante della musica colta occidentale, fu l’ultimo rappresentante
del “Classicismo Viennese”.
Il suo linguaggio musicale influenzò in modo determinante il 1800,
anticipando per molti aspetti il “Romanticismo”, ma fu determinante anche
per i secoli successivi, rappresentando un caposaldo per tutti i futuri
compositori.
Nell’estate del 1801 Beethoven compose tre sonate per pianoforte, fra cui la
celebre sonata Op.27 n.2 in do♯ minore che lui stesso chiamò “Sonata quasi
una fantasia”, proprio per sottolinearne il carattere libero e moderno, ma che
tutti noi conosciamo come sonata “Al chiaro di luna”, titolo datogli dal critico
musicale Ludwig Rellstab. L’opera era dedicata ad una sua allieva, Giulietta
Guicciardi, per la quale Beethoven nutrì un forte sentimento di affetto.
Il 16 novembre del 1801 scriveva al suo amico Franz Wegeler: «(…) La mia
vita è diventata ora più piacevole perché frequento più gente, non puoi
immaginare il senso di vuoto e di tristezza che mi hanno accompagnato in
questi due ultimi anni, la mia debolezza d’udito mi perseguitava ovunque
come uno spettro e io fuggivo gli uomini; dovevo apparire misantropo, io che
invece lo sono così poco, questo mutamento lo ha prodotto una cara,
incantevole ragazza, che mi ama e che io amo, in due anni sono questi i soli
momenti beati ed è la prima volta che sento che il matrimonio potrebbe
rendere felici (…)» e la ragazza di cui scrive altri non è che la Guicciardi di
cui divenne l’insegnante di pianoforte, cugina di Teresa e Josephine
Brunsvik.
Molti storici indicano la Guicciardi come la destinataria della “Lettera
all’Amata Immortale” (scritta in tre momenti nelle giornate del 6 e 7 luglio
1812), ma credo che l’Amata di Beethoven, sia invece Josephine Brunsvik.
Molto si è scritto sull’argomento, ma ancora oggi rimane un mistero per tutti
gli studiosi dell’opera beethoveniana su chi fosse l’Amata Immortale.
Anche l’epistolario, ch’è piuttosto corposo, ci dice nulla sui sentimenti
profondi del compositore, sulla poetica delle sue composizioni, che a parte
rarissime eccezioni non fa cenno di analisi estetiche o musicali delle sue
opere e la sonata “Al chiaro di luna” non fa eccezione, pertanto possiamo
fare solo delle ipotesi.
A differenza del pensiero corrente, che indica tale sonata come espressione
di un pensiero d’amore di Beethoven per la sua Giulietta, sono convinto che
lei sia stata solo il pretesto e che quest’opera rappresenti, più di altre, il suo
disagio interiore per la sordità ormai conclamata, che di li a pochi anni lo
avrebbe isolato completamente dai rapporti con il prossimo e gli avrebbe
impedito di ascoltare le esecuzioni, di ciò che componeva e questa è una
condizione terribile per qualsiasi musicista.
La struttura di una sonata tradizionale solitamente consta di quattro
movimenti: allegro, adagio, minuetto o scherzo, e nuovamente un allegro,
ma questa Sonata è composta da tre movimenti: si apre con un “Adagio
sostenuto” nella tonalità di do♯ minore, tonalità insolita per declamare un
amore e questo ci fa pensare che probabilmente Beethoven, al di la del
sentimento che provava per la Guicciardi, sentiva che la stessa non
l’avrebbe mai gradito come marito, come lui avrebbe sperato , ed infatti la
contessina Guicciardi così si espresse anni dopo nei confronti di Ludwig:
«Beethoven era decisamente brutto, ma nobile, sensibile e colto» e gli
preferì un musicista di scarso valore che di nobile aveva soltanto il titolo, il
conte Wenzel Robert von Gallenberg.
La ragazza, appena sedicenne, capelli neri, occhi azzurri, aveva senz’altro
affascinato il compositore che provò per lei un sentimento d’amore vero, ma
evidentemente Giulietta, volubile ed immatura per la sua età, preferì troncare
il rapporto dopo pochi mesi.
Il secondo movimento è un “Allegretto” nel tempo di ¾ in forma di scherzo