Indice: Introduzione……………………………………………2 Capitolo 1: Comunicazione e potere dell’informazione televisiva 1.1 L’elettrodomestico più pericoloso……………………………5 1.2 La verità televisiva………………………………………… 1.3 Ir-realtà persuasiva…………………………………………13 1.4 La nuova merce televisiva………………………………….17 Capitolo 2: Storia del controllo del sistema televisivo italiano………………21 2.1 La Rai durante l’ ancien regime………………………………..21 2.2 La nascita delle TV private…………………………………….28 2.3 L’Impero Fininvest…………………………………………….32 2.4Il duopolio Rai Fininvest: la nascita della neotelevisione……...35 2.5Telerepubblica……………………………………………………40 Capitolo 3 L’altra televisione: il network delle tv di quartiere………………….53 3.1 Eterea uno: le prime esperienze del nascente network…………..54 3.2 EtereaVS2: critica dell’informazione con ogni media necessario…………………………………………………………....64 3.3 Post Eterea: oltre il network, il network…………………………75 3.4 La questione legale………………………………………………. Capitolo 4 4.1 DAMS: Diffusione Autogestita dei Materiali e dei Saperi……………………………………………………………..…84 4.2 Il territorio mediatattico della bolognina……………………………………88 4.3 Il linguaggio comunicativo di questa televisione…………………………..96 Conclusioni…………………………………………………………… ……….101 Bibliografia…………………………………………………………… ……….102 1 Webgrafia…………………………………………………………… …………105 Introduzione La televisione raggiunge milioni di persone in tutto il mondo e in pochi decenni, nelle società in cui si è prepotentemente introdotta, ha sconvolto le abitudini e soprattutto il metodi di comunicazione e il livello di informazione. Tra tutti i mezzi di comunicazione di massa, la trasmissione televisiva ha una diffusione capillare e continua: arriva direttamente in casa delle persone, attraverso apparati di ricezione sempre più sofisticati, in grado di poter offrire un raggio di canali sempre maggiore. Oggi possedere un televisore, per la maggior parte degli abitanti dei paesi industrializzati, è fondamentale. È un flusso continuo di input che mettono in contatto un qualsiasi abitante del pianeta con un villaggio globale, fatto di suoni e immagini, fruibili solo in modo passivo. L’interattività per anni è stata rappresentata solamente dal telecomando, dalla possibilità di scegliere il canale televisivo e, nei nuovi sistemi di ricezione digitale, di creare palinsesti personalizzati ma senza favorire in alcun modo una comunicazione tra utenti. Il contemporaneo sviluppo della rete internet, un mezzo di natura biunivoca ha allontanato una fetta di pubblico dalla televisione, che ha trovato nel nuovo medium, possibilità comunicative maggiori, trasformando gli utenti in soggetti potenzialmente attivi. Le manifestazioni di Seattle come Genova hanno trovato nei canali di informazione indipendenti della rete, come il progetto di Indymedia, un canale di comunicazione globale, che ha aiutato lo sviluppo di un 2 movimento di lotta per un diritto di informazione universale, dove ogni soggetto riceve e trasmette informazioni. La diffusione di un’altra versione dei fatti sull’11 settembre è stata possibile grazie alla rete, così come una grande parte del lavoro di controinformazione sulle guerre condotte dagli Stati Uniti dell’amministrazione di G.W. Bush, ha raggiunto, attraverso le vie di comunicazione di internet, gran parte del pianeta. Oggi l’offerta di canali televisivi sembra maggiore, i sistemi satellitari ne offrono a centinaia, ma i padroni di produzione e distribuzione di materiali informativi o di intrattenimento sono sempre meno e, quei pochi possessori, sono strettamente legati al potere dei governi, in quanto potenze economiche transnazionali. Il mezzo televisivo è diventato un intrattenimento che ruba il tempo alle persone, offre un servizio di informazione d’attualità pilotato e pieno di pubblicità ingannevoli: lo spettatore non è assolutamente tutelato o informato circa le conseguenze di un uso di questo tipo della televisione. La situazione italiana, caratterizzata da una costante mancanza di una legislazione appropriata, in grado di regolare l’interesse del mondo della politica verso il medium televisivo, ha portato dopo 30 anni di monopolio della tv di stato e 20 anni di duopolio tra la Rai e la Fininvest, l’unico soggetto privato nel campo della televisione commerciale, ad una situazione di videocrazia, in cui il presidente del consiglio oltre a controllare la televisione di stato è anche padrone dei 3 maggiori network privati, tra cui un canale che trasmette a livello nazionale pur non avendo la possibilità. Questa situazione di illegalità televisiva, ha permesso la nascita di una serie di esperimenti di trasmissione televisiva nell’etere, da parte di piccole televisioni indipendenti, volte alla creazione di un canale di informazione e diffusione di produzioni video da sempre nascoste da parte dei 3 mainstream nazionali, con l’intento di offrire le possibilità comunicative del medium a chiunque voglia parteciparvi. Ho deciso di affrontare questo tema in quanto mi trovo direttamente coinvolto in Teleimmagini?, un esperimento di televisione di strada di Bologna e poiché in 2 anni di lavoro del network telestreet, ho potuto verificare in prima persona la differenza tra l‘informazione mainstream su un determinato fenomeno e la realtà effettiva delle cose, avuta dall’esperienza vissuta in prima persona. Teleimmagini? vuole essere un media tattico il cui prodotto della sua esperienza si diriga verso un re-inventare un uso del mezzo, che lo liberi dal de-naturalizzato fine di rendimento economico in mano di un padrone, che ne sfrutta le potenzialità comunicative e persuasive per una passivizzazione del pubblico. Una “televisione” intesa come territorio mediatico aperto ed accessibile, autogestito dalla partecipazione collettiva, per un uso attivo e critico del mezzo, verso la realizzazione di un servizio comunicativo partecipato, non fine a se stesso. Vuole trovare nel suo spazio territoriale terrestre un ruolo di strumento di comunicazione aperto a qualsiasi esperimento ludico-comunicativo e fine allo sviluppo di un uso informativo condiviso, gestito in modo orizzontale. La natura mutante della società si rispecchia nelle esigenze comunicative e nella struttura dei mezzi delle tecnologie informatiche a disposizione. 4 1.0 Comunicazione e potere dell’informazione televisiva 1.1 L’elettrodomestico più pericoloso Considerata tecnicamente, la televisione è un mass media che trasmette immagini visive emesse sotto forma di onde elettromagnetiche e riconverte tali onde ricevute in immagini visive. E’ nel 1884 che l’inventore russo-tedesco Paul Nipkow fece brevettare 5 un dispositivo di trasmissione di immagini: il disco analizzatore1. Si trattava di un disco perforato, che ruotava rapidamente, mediante il quale una scena illuminata era scomposta in punti luminosi e scuri. La serie di punti di luce così ottenuta era convertita in segnali elettrici e telegrafata a un ricevitore. Gli impulsi che arrivavano al ricevitore erano riconvertiti in punti luminosi e scuri, a partire dai quali l’immagine originale era allora ricostruita, più o meno esattamente, grazie a un disco identico, sincronizzato sul primo. Il dispositivo di Nipkow era primitivo, ma il metodo di base della televisione non è cambiato: le immagini sono sempre scomposte in punti luminosi e scuri. Si dovette attendere il 1923 per ottenere delle immagini di alta qualità, e ciò grazie a un americano nato in Russia. Vladimir Zworykin, che depositò una domanda di brevetto per il suo «iconoscopio», prototipo del tubo catodico del televisore moderno 2. Il disco analizzatore era stato sostituito da un cannone elettronico. Negli Stati Uniti, la prima trasmissione televisiva regolare ebbe luogo nel pomeriggio del 30 aprile 1939, in occasione dell’inaugurazione dell’Esposizione Mondiale di New York. Il cui tema era «Il mondo di domani». La National Broadcasting Company (NBC), sotto gli auspici della Radio Corporation of America, diffuse le cerimonie a titolo dimostrativo. In pochi giorni la gente cominciò ad accalcarsi a migliaia per vedere le dimostrazioni del nuovo miracoloso apparecchio. Durante la seconda guerra mondiale, l’industria dell’elettronica si concentrò sulla produzione militare. Ma in seguito una vera esplosione televisiva si propagò nel mondo del dopoguerra. Il numero delle emittenti televisive passò da 6 nel 1945 a 523 nel 1958. Oggi vi sono 1 2 Menduni E., La televisione, Bologna, I mulini (1998). Pag.18 Ibidem op. cit. pag.20 6 circa 1000 stazioni televisive. Il numero dei televisori privati passò da qualche unità nel 1945 a un milione nel 1949, 10 milioni nel 1951, 46 milioni nel 1958, a 121 milioni nel 1977. E questi dati si riferiscono unicamente agli Stati Uniti d’America. Lo sviluppo della televisione negli altri paesi seguì un ritmo analogo. La televisione divenne ben presto un affare mondiale. La nascente era della televisione, iniziata all’Esposizione Mondiale del 1939, sembrava partita: nulla e nessuno avrebbero potuto arrestarla. L’umanità, dopo milioni di anni di civilizzazione in lenta evoluzione, con l’avvento della televisione modificò, in pochi decenni, completamente i suoi costumi dando il via a una nuova era: «l’era della televisione». Improvvisamente la vita si trasformò in un «passatempo» di massa. Le persone divennero più propense a restarsene a casa a sorbire i «pasti televisivi» davanti allo schermo. Non è stato necessario attendere a lungo perché spietate campagne pubblicitarie cominciassero a strombazzare la dottrina del «consumismo». Peggio, numerose nazioni sono oggi condizionate attraverso una programmazione e una censura televisiva controllate dal governo, mezzo efficacissimo per instillare senza posa nelle masse ideologie assoggettanti. La televisione è strumento del potere, potere sui sentimenti, sui pensieri, sui desideri, sulla volontà e sulla mente di tutti. C’è una televisore in quasi tutte le abitazioni; numerose famiglie (60% in USA) ne possiedono almeno due. Ma la televisione non si limita alle abitazioni private. Essa infierisce nelle scuole, negli ospedali, nelle fabbriche, nei laboratori spaziali. Grazie alla televisione, i medici controllano i loro pazienti e le guardie sorvegliano i loro prigionieri. 7 1.2 La verità televisiva I mass media possono proporre solo una minima parte delle informazioni disponibili, e quindi devono necessariamente operare una selezione. Ad esempio, un’agenzia di stampa può raccogliere circa il 5 per cento delle notizie che appaiono sui giornali di un Paese come gli Stati Uniti. E queste notizie, a loro volta, devono competere con le notizie in arrivo da numerosi altri Paesi. Per conseguenza, ciò che per esempio comparirà nei giornali italiani, sarà una parte molto più piccola del materiale inizialmente disponibile in Usa. Analogamente, quando la televisione fa la cronaca di un avvenimento importante, i telecronisti devono decidere che cosa merita di essere mostrato al proprio pubblico e che cosa necessita di spiegazioni o commenti. Queste decisioni sono estremamente importanti, in quanto oltre a garantire un’adeguata audience, potranno influenzare le opinioni del pubblico. La televisione può presentare rapidamente le notizie, mostrandole con grande realismo in modo da concentrare l’attenzione del pubblico su determinati problemi, temi ed avvenimenti. Il telegiornale, il documentario e il film d’attualità registrano una buona parte della realtà3 e proprio per questo si differenziano profondamente dal film di finzione, dove tutto è artificioso e ricostruito. Così, quando in un film di guerra vediamo i soldati che cadono sotto i colpi del nemico, sappiamo che sono comparse che fingono di morire; ma quando vediamo la stessa scena in un videogiornale girato da un operatore di guerra, sappiamo che, purtroppo, i caduti sono veri e che non si alzeranno più. Cioè quella che rientra nell’inquadratura della macchina da presa; sicché l’operatore può mostrarci ciò che ritiene opportuno o gli fa comodo, e trascurare o nascondere il resto, secondo le esigenze di tempo, di spettacolarità, di mondanità... 3 8 La selezione delle notizie è una necessità, ma la scelta delle notizie da diffondere diventa uno strumento di potere: quel che è grave, è la possibilità che alcune notizie siano costruite. Politici, fabbricanti di opinioni, propagandisti, venditori e gli stessi giornalisti, sono ben consapevoli di questo potere e, a volte, lo impiegano ai propri fini "costruendo notizie" che poi i media diffonderanno. Il primo che cercò di far capire alla società i pericoli e le potenzialità di un mezzo di comunicazione di massa di trasmettere il falso fu Orson Welles, che nel 1938, annunciò dalla radio l’arrivo dei marziani. Ma quello era un tentativo di rendere consapevoli tutte le persone vittime dello scherzo, delle capacità di distorsione della realtà da parte di un mezzo di comunicazione di massa. Anche alcune immagini della guerra in Afghanistan presentate ai telespettatori a metà degli anni ‘80, sarebbero false. L’accusa, lanciata con grande rilievo dal New York Post, riguardava una serie di reportage condotti da Dan Rather (per la rete Cbs ) sulla guerra civile afghana. Le riprese di Rather, il cui programma ricevette un premio giornalistico, mostravano combattimenti, bombardamenti ed attacchi aerei che sarebbero stati ricostruiti da un cameraman della Cbs4. Tra gli episodi più clamorosi, figuravano due puntate sul bombardamento dei piloni che portano l’elettricità a Kabul. Le riprese, presentate come "la più grande operazione di sabotaggio di tutta la guerra", sarebbero state in realtà una simulazione realizzata dodici giorni dopo il vero sabotaggio. Anche la più grande sconfitta subita in un giorno solo dalle forze sovietiche dalla seconda guerra mondiale, trasmessa dalla Cbs in un telegiornale nel 1987, non sarebbe stato altro che un piccolo, riuscito attacco contro alcune truppe governative. Molte delle scene di 4 Cimenti A., Informazione e televisione : la libertà vigilata, Roma, Laterza, (2000) pag. 38 9 esplosioni di mine e inseguimenti di soldati governativi, sarebbero state girate in un campo di addestramento militare pakistano e non sul campo di battaglia. Nell’agosto del 1989, durante un telegiornale, la Abc mostrò il passaggio di una borsa di documenti tra una spia del Kgb e un diplomatico americano. Si trattava della ricostruzione in studio di un episodio presumibilmente avvenuto poco tempo prima a Parigi in cui il diplomatico Felix Bloch avrebbe passato a un agente del Kgb alcuni incartamenti riservati. Però, il conduttore del programma della Abc, Peter Jennings, "dimenticò" di avvertire i telespettatori che si trattava di una ricostruzione interpretata da attori professionisti. Quando alcuni giorni dopo si scoprì la verità, ne derivarono aspre critiche e proteste: la Abc si scusò assicurando che "l’esperimento" non si sarebbe ripetuto5. In Francia avvenne qualcosa di simile quando la Tv trasmise le immagini frammentarie della fucilazione di Nicolae Ceausescu e della moglie Elena, avvenuta all’alba del 25 dicembre 1989. Le riprese, filmate in videocassetta, sarebbero stata effettuate per fini propagandistici da un ufficiale dell’esercito rumeno, alcune ore dopo l’esecuzione: l’assenza di macchie di sangue sui vestiti bucati dai colpi di arma da fuoco, fece sospettare che i corpi già inanimati fossero stati nuovamente giustiziati6. Dan Rather, nel telegiornale della Cbs da lui condotto il 24 maggio 1989, durante una diretta con piazza Tien An Men a Pechino, creò abilmente momenti di tensione facendo in modo di superare il tempo disponibile per il collegamento via satellite: quando, alla fine del collegamento, le immagini si interruppero bruscamente, lasciò credere 5 6 Ibidem op. cit. pag. 43 Articolo del Manifesto: Propaganda Televisiva, R. Barenghi, Marzo 1994 10 che si fosse ripetuto l’intervento della censura cinese effettuato in analoghe circostanze qualche settimana prima. Che si fosse trattato di un semplice trucco, i telespettatori ignari non sarebbero mai venuti a saperlo, ma si sarebbero trattenuti davanti al televisore sperando di vedere ancora qualcosa sfuggito alle maglie della censura7. Nel 1991, durante la Guerra del Golfo (in cui venne impegnata una coalizione multinazionale di enormi proporzioni per liberare il Kuwait proditoriamente invaso dall'Iraq di Saddam Hussein), a differenza della Seconda Guerra Mondiale e del Vietnam, ai giornalisti venne interdetto l’accesso al fronte. I mass media parlarono di disinformazione, non-informazione o informazione pilotata. E questo tipo di propaganda, instaurata all’inizio degli anni ottanta (con la presidenza Reagan), è una conseguenza diretta della "sindrome del Vietnam". Gli Usa persero la guerra anche perché i Vietcong ed i Sovietici, grazie ad un’abile campagna propagandistica, riuscirono a far venir meno il consenso del popolo americano. Non è una novità: la televisione comunica entusiasmo o paura: può incoraggiare o scoraggiare ampie fasce sociali; crea l’umore di un intero Paese; può diffondere ottimismo e pessimismo. Come conseguenza la necessità di una informazione controllata, pilotata e sceneggiata, all’insegna della promessa «Non sarà un altro Vietnam», fatta da George Bush. La scritta "cleared by U.S. military" compariva su ogni filmato proveniente dal confine tra Arabia e Kuwait, ma anche su ogni videonastro registrato nelle retrovie. E poiché l’opinione pubblica doveva accettare la guerra. Da un’indagine svolta il 22 novembre 19918, quando l’idea di un intervento militare nel Kuwait suscitava una certa avversità 7 8 Cimenti A., Informazione e televisione : la libertà vigilata, Roma, Laterza, (2000) pag. 48 Fatta per conto del Washington Post del dicembre 1992, tradotto da Internazionale. 11 nell’opinione pubblica americana, era risultato che gli americani sarebbero stati invece favorevoli se si fosse trattato di impedire all’Iraq di usare le armi nucleari. Pochissimo tempo dopo, Bush dichiarava che Saddam Hussein si sarebbe potuto procurare la bomba in pochi mesi. Infine, giacché qualcosa di deve pur mostrare, si aggiunge l’informazione sceneggiata: le televisioni trasmisero un filmato amatoriale che riprendeva gli elicotteri iracheni nel cielo del Kuwait, i carri armati che laceravano l’asfalto, il crepitare dell’artiglieria, i patrioti che scrivevano slogan inneggianti alla libertà sui muri di Kuwait City: un prodotto di propaganda appositamente confezionato. Tutto questo, secondo Mike Deaver, un esperto in tecniche di controllo dell’informazione, era necessario: «una cosa è vedere i soldati che bivaccano bevendo acqua Evian e che ringraziano la mamma che ha spedito i biscotti fatti in casa, tenendo nel contempo i muscoli ben in evidenza; un’altra cosa è vedere i cadaveri devastati dalle bombe o i corpi dei soldati caduti in battaglia. Il pubblico non l’avrebbe sopportato per più di una settimana»9. Le telecamere avrebbero certamente ripreso tutto questo, anche se, in effetti, quella combattuta nel Golfo era una guerra tecnologica, non di fronti: c’era poco da vedere, si combatteva a lunghe distanze, a velocità concitatissime. Tuttavia, quando le notizie sono solo quelle ufficiali, c’è il legittimo sospetto che nascondano ciò che non si vuol far sapere. E se la società non ha elementi di informazione per comprendere quel che succede, viene a mancare l’opinione del popolo, il giudice della democrazia. Ciò nonostante, dal punto di vista dell’opinione pubblica, la non informazione fu positiva: dopo l’operazione Desert Storm, grazie alla quale venne liberato il Kuwait, secondo un sondaggio del 9 Cimenti A., Informazione e televisione : la libertà vigilata, Roma, Laterza, (2000) pag. 85 12 Washington Post, l’88 per cento degli americani, riponeva maggior fiducia nelle Forze armate. In passato, gli avvenimenti in America venivano trasmessi dai tre network: Abc, Cbs, Nbc. E non tutto poteva essere trasmesso. Poi venne il "villaggio elettronico", il termine con cui Mc Luhan profetizza il mondo in cui viviamo: un mondo che a causa della diffusione su scala planetaria delle telecomunicazioni, e della conseguente unificazione elettronica del globo, si è contratto fino ad assumere, appunto, l’aspetto di un villaggio. Dal 1985, la Cnn, attraverso satelliti e cavi, trasmette sempre tutto, in diretta, 24 ore su 24, a qualunque ora e per il tempo necessario (gli altri tre network trasmettono complessivamente sei ore di news al giorno). La Cnn ha strutturato i suoi programmi in modo tale da poterli interrompere in qualsiasi momento per dare una notizia importante. E agli esperti incaricati di commentare un fatto vengono concessi anche 10 minuti, contro il minuto e mezzo accordato dagli altri network. Furono gli inviati della Cnn che filmarono la protesta degli studenti cinesi a piazza Tien An Men, nel maggio ‘89, fino a quando i censori di Pechino strapparono loro le telecamere dalle mani e interruppero il collegamento via satellite. Poi, nel 1991, la Cnn con le immagini "cleared" della guerra del golfo è stata catapultata oltre i confini Usa, facendola diventare un fenomeno internazionale. Dal 1990, oltre 60 milioni di americani guardano la Cnn10. E la guardano anche milioni di persone in 85 Paesi. All’estero sono ancora pochi i cittadini che posseggono un’antenna satellite, ma aumenteranno rapidamente con la riduzione dei costi e lo sviluppo di nuove tecnologie. Può darsi che la mondovisione sia un sogno: occorre che l’inglese si affermi sempre più come lingua mondiale, ma 10 Rossanda R. “Chi informa la CNN” articolo de il Manifesto, 18 novembre 2001, pag.8 13 non è impossibile. Il distacco e l’imparzialità di Cnn che si autodefinisce "testimone degli eventi", è tale che Gorbaciov la riceveva al Cremlino dal 1987, e George Bush senior affermò: «Vengo a sapere più cose dalla Cnn che dalla Cia»11. Questa rete che ha proibito ai suoi giornalisti l’uso dell’aggettivo "straniero" sostituendolo con "internazionale", sembrava nata per contribuire ad abbattere quegli steccati nazionalistici residui della "guerra fredda". Ma anche la "testimone degli eventi" è incespicata in un falso12. Nel 1998, la Cnn è stata costretta a sconfessare il clamoroso scoop secondo cui il Pentagono avrebbe sparato gas nervino nel Laos contro i disertori americani della guerra del Vietnam. Le smentite e le proteste iniziarono subito dopo la trasmissione dell'inchiesta. Un consulente militare della Cnn si dimise in segno di protesta e centinaia di ex marines inviarono lettere sdegnate. Unitamente al network, il finto scoop coinvolse il settimanale Time che in esclusiva aveva stampato la storia firmata da Peter Arnett, grande "firma" della Cnn dai tempi della guerra del Golfo. «I fatti non confermano le accuse fatte nel servizio», ammise anche Time, e la Cnn si addossò tutta la colpa licenziando il giornalista. Arnett, tornato a Baghdad durante la guerra in Iraq del 2003, per conto della Msnbc - canale di news no stop della Nbc - è riuscito ad annunciare per primo in diretta l'inizio dei bombardamenti americani nella capitale: « Mi dà un piacere perverso aver dato il buco alla Cnn » aveva dichiarato nei giorni scorsi, mentre i corrispondenti della Cnn venivano espulsi dalla capitale. L'euforia di questo ingrato ha avuto breve durata: infatti ha concesso un'intervista alla Tv irakena nella 11 12 Ibidem. Ibidem. 14 quale ha dichiarava il fallimento del piano americano, aggiungendo che la resistenza irakena è stata sottovalutata e che in Usa « cresce l'opposizione a Bush » (cosa dimostratasi falsa dai sondaggi diffusi da tutte le emittenti). Per rincarare la dose, Arnett aveva dichiarato di apprezzare il modo con cui il regime aveva trattato i giornalisti stranieri. Risultato: è stato licenziato in tronco dalla Nbc, Msnbc e dalla National Geographic13. La nuova guerra in Iraq (2003) per eliminare tra le altre ragioni il regime di Saddam Hussein e combattere il terrorismo internazionale, è mostrata in diretta da tutte le principali emittenti televisive; ciò nonostante, il taglio che si dà alle riprese ed il montaggio hanno mostrato un insieme spesso contraddittorio e confuso. Dunque anche il "villaggio elettronico" presenta aspetti positivi e negativi. L’aspetto positivo è ovvio: possiamo partecipare a tutta la vita del pianeta, senza sentirci isolati dalle novità del mondo. L’aspetto negativo è, invece, che il bombardamento di notizie e immagini vere, false o costruite, ci fa dimenticare subito quelle del giorno prima, senza possibilità di riflettervi con spirito critico, senza sviluppare una diversità di punti di vista. Così, nelle società democratiche, fondate sulla libertà di opinioni, l’industria culturale, per esigenze economiche, esercita una persuasione indiretta dell’opinione, orientando il pubblico ad una visione del mondo quanto più possibile pianificata in modo da suggerirgli ciò che deve volere o credere di volere. Dunque, la realtà è ciò che vede, crede di vedere o vuol vedere la maggioranza delle persone. 1.3 Ir-realtà persuasiva 13 Rossanda R. “Quale guerra in tv” , articolo de il Manifesto, 16 gennaio 2004. 15 Etimologicamente informare significa dare forma alla realtà, rappresentata per permettere a noi stessi ed agli altri di conoscere il mondo in cui viviamo. Oggi, tuttavia, la parola informazione richiama piuttosto i potenti network che dominano praticamente tutti settori dell’economia mondiale, a partire dai mass media, passando per i colossi dell’informatica, fino a controllare altri settori a questi collegati. Tra questo tipo di informazione e la realtà del pianeta in cui viviamo la distanza è abissale, tanto da far apparire le immagini che osserviamo sugli schermi televisivi quasi una realtà virtuale. La realtà diventa sempre più “eterea” ed il potere dell’informazione e di chi la gestisce cresce a dismisura. La nostra vita è sempre più piegata agli esigenti standard del mercato globale. Questa realtà non ci piace perché annulla le diversità, che sono fonte di arricchimento; aumenta la forbice tra le masse di diseredati che soffrono la fame, ed un’èlite di benestanti che detiene la maggior parte della ricchezza del pianeta. Come se non bastasse, questa situazione si ripercuote sul mondo dell’informazione, creando monopoli in una perniciosa commistione di interessi politici ed economici. Nell’ambito di questo strapotere è impossibile ipotizzare altre strade percorribili se non quella di un recupero del senso critico collettivo che i media hanno ormai appiattito. Tra gli studiosi contemporanei che più si sono interessati al sistema mediatico connesso ai problemi di carattere sociale e politico emerge lo scrittore americano Noam Chomsky. Lo scrittore afferma che “il ruolo dei mezzi di comunicazione nella politica contemporanea ci costringe a chiederci in che tipo di mondo vogliamo vivere e in particolare cosa intendiamo per società democratica” 14 . Secondo Chomsky ci sono due diverse concezioni di democrazia. Una definisce 14 Noam Chomsky, Atti di aggressione e di controllo, in archivio web Noam Chomsky 16 democratica la società in cui il popolo ha i mezzi per partecipare in modo significativo alla gestione dei propri interessi e in cui i media sono accessibili e liberi. Una definizione di questo tipo, dice lo scrittore, si trova anche nel dizionario. La concezione alternativa è quella che prevede una società in cui al popolo è proibito gestire i propri interessi e i mezzi di comunicazione sono strettamente e rigidamente controllati. Questa è la concezione prevalente. E lo è da lungo tempo, sostiene Chomsky, sia nella prassi che nella teoria. Una lunga storia risalente alle prime rivoluzioni democratiche moderne dell’Inghilterra del XVII secolo, riflette questa ideologia.Per dimostrare la sua tesi lo scrittore americano fa un breve resoconto di quello che è stato il ruolo dei media nella storia, partendo dal considerare l’utilizzo della propaganda durante le due guerre mondiali. In entrambi i casi, la propaganda fu frutto dei centri di potere ed ebbe come obiettivo “indirizzare il pensiero della maggioranza del mondo”. Chomsky sostiene che la propaganda abbia la stessa funzione oggi: “creare uno slogan su cui nessuno dissenta per avere il consenso di tutti. Nessuno può capire che cosa significa, perché non significa nulla; il suo valore essenziale consiste nel distogliere l’attenzione da questioni che, al contrario, sono di fondamentale importanza. Per la popolazione, l’unica realtà consentita è quella mostrata dai media; desiderare o credere che esista qualcosa di diverso è una follia. E poiché non è permessa alcuna forma di organizzazione non c’è modo di confrontare le proprie idee con quelle altri” 15. Lo scrittore definisce la nostra società, ed in particolare quella americana, una società governata dal mondo degli affari, a cui anche il sistema informativo è subordinato. I media sono infatti monopolio 15 Ibidem pag. 64. 17 dell’industria e sostengono tutti la stessa ideologia. Non è un caso che essi vengano utilizzati, oggi, per “falsare radicalmente la storia, far apparire le cose in modo tale che, per fare un esempio, quando gli Stati Uniti attaccano e distruggono un paese, sia chiaro che lo stanno proteggendo da mostruosi aggressori, così come è accaduto in Vietnam, anche se in questo caso, in realtà, la propaganda non ha funzionato, o nel caso della guerra del Golfo”16. "Negli anni Sessanta la crisi consisteva nel fatto che ampi settori della popolazione si stavano organizzando e cercavano di partecipare concretamente all'attività politica. Si erano formati movimenti popolari importanti: quello ambientalista, quello femminista, quello contro il nucleare e altri ancora. Negli anni Ottanta c'è stata un'ulteriore espansione con i movimenti di solidarietà, un fenomeno nuovo e importante nella storia del dissenso, almeno in quella degli Stati Uniti. Queste organizzazioni non limitavano la loro attività alla protesta, ma miravano a un vero e proprio coinvolgimento, spesso intimo, della popolazione nella sofferenza di persone lontane”17. Allora un piano di totale controllo dei Mass media non era ancora in uno stato avanzato. Inoltre l’efficacia della televisione nei confronti di una popolazione che aveva vissuto parte della propria esistenza senza l’uso di tale strumento, richiedeva tempo per instaurare un ruolo di controllo sulla società. “Il popolo che doveva restare diviso, segregato, isolato, in breve tempo avrebbe potuto organizzarsi e diventare qualcosa di diverso da un semplice spettatore. Se molte persone dotate di risorse limitate riescono a unirsi e a entrare nell'arena politica, il popolo può assumere un ruolo attivo nella società, e questa è una minaccia terribile. Altrimenti potrebbe cominciare a pensare, e 16 Ibidem. Noam Chomsky, Il controllo dei media, www.tmcrew.org/archiviochomsky/il_controllo_dei_media.html 17 18 pensare non è di sua competenza. […] Ma finché viene costretto al ruolo di semplice spettatore, non ha modo di organizzarsi o di esprimere ciò che pensa, né di venire in contatto con altri che condividano la sua stessa opinione”18. Sulla base di questi principi sociologici, le grandi Corporations della comunicazione multimediale hanno da sempre cercato di conquistare tutti i mercati dei mezzi di comunicazione, trasformando possibili servizi di comunicazione in potenti armi di propaganda sociale, in grado di poter condizionare il pensiero della massa di spettatori: proponendo un modello, un pensiero, uno slogan attraverso il mezzo di comunicazione, ottiene consenso, perché crea una società virtuale nell’immaginario umano collettivo che crede nel messaggio, ed elimina una società reale che manca sempre più di un confronto diretto. “La persona che nei sondaggi afferma di preferire la spesa sociale alla spesa militare (come ha fatto una larghissima maggioranza) si convince di avere convinzioni folli, perché non ha mai sentito affermare niente di simile e crede che nessuno la pensi così. Chi dà questo tipo di risposte nei sondaggi si pone in qualche modo al margine, e poiché non ha occasione di incontrare altre persone che condividano o rafforzino il suo punto di vista e lo aiutino ad articolarlo, si sente diverso, escluso." La situazione della società americana rispecchia chiaramente quella dell’intera società occidentale: un pugno di corporations ha in mano l’intera informazione americana, tutto ciò che gli USA vedono, sentono e leggono. Che si tratti di televisione, radio, quotidiani, libri o internet, poche gigantesche conglomerate determinano ciò che vediamo, sentiamo e leggiamo19. La televisione è il mezzo attraverso 18 Ibidem. Un pugno di corporations ha in mano l’intera informazione americana, in www.disinformazione.it 19 19 il quale la maggior parte degli americani apprende le “notizie”, ma, senza eccezione, tutti i principali network sono nelle mani di grandi aziende e dei loro enormi conflitti d’interesse. Fox News Channel è posseduto da R. Murdoch, un australiano di destra che già possiede una significativa porzione dei media mondiali, tra cui la piattaforma di distribuzione dei canali digitali in Italia; la NBC è di proprietà della General Electric, una delle più grandi corporation del mondo, che detiene il brevetto sulla televisione, i diritti sul campo di ricerca sulle conseguenze di una esposizione al fascio di luce dell’elettrodomestico e vanta una delle più radicate tradizioni di attività antisindacale; la ABC è di proprietà della Disney Corporation, che produce giocattoli e altri oggetti fabbricandoli in paesi in via di sviluppo e pagando dei salari bassissimi ai propri lavoratori; il proprietario della CBS è Viacom, un altro gigante dei media che possiede fra l’altro MTV, Showtime, Nickelodeon, Vh1, TNN, CMT, 39 stazioni televisive, 184 stazioni radio, la Paramount Pictures e la Blockbustar Inc.20 Il problema della televisione non è solo il fatto che è totalmente controllata, ma che gli argomenti più importanti per la middle-class e i lavoratori statunitensi sono discussi raramente; l’americano medio non vede la propria realtà riflessa sullo schermo televisivo. il pluralismo dell’informazione è più apparente che sostanziale. Il cosiddetto “quarto potere” è in gran parte ormai così strettamente intrecciato al potere politico, e dipendente da forti interessi privati, detentori e controllori dei media, da aver rinunciato quasi del tutto a funzioni di controllo e di critica. La soverchiante maggioranza dei flussi di comunicazione è ormai prodotta da un pugno di colossi mondiali, tra cui spiccano conglomerati impressionanti per dimensione e potenza come American on line, Time Warner, Vivendi International, Sky 20 Ibidem. 20 News, Bertellsman ecc… “La società globale, la cosiddetta “società della conoscenza”, è letteralmente nelle mani dei produttori di una gigantesca “fabbrica dei sogni”, che lavora all’istupidimento collettivo e serve gli interessi della globalizzazione americana. Se c’è un luogo dove questa globalizzazione ha già espresso tutta la sua forza e virulenza, questo è il campo della comunicazione. E’ proprio in questo campo che si istituzionalizzano e si riproducono false conoscenze, pregiudizi, luoghi comuni e si rafforza la costruzione sociale della realtà dominante”21. 1.4 La nuova merce televisiva Oggi le fondamenta della vita moderna cominciano a sgretolarsi. Tutto sta cambiando, compresi i legami e i vincoli che nel prossimo secolo definiranno i rapporti tra gli uomini. “Nella nuova era, i mercati stanno cedendo il passo alle reti, e la proprietà è progressivamente sostituita dall’accesso”22. La proprietà privata, caratteristica dell’epoca capitalista, continua ad essere un pilastro portante anche della nuova era dell’accesso, tuttavia è molto improbabile che continui ad essere scambiata su un mercato. Infatti nella cosiddetta new economy, “il fornitore mantiene la proprietà di un bene, che noleggia o affitta o è disposto a cedere in uso temporaneo a fronte del pagamento di una tariffa, di un abbonamento, di una tassa di iscrizione”23. Viviamo un’era in cui si è passati dallo scambio delle merci allo scambio delle conoscenze e della proprietà intellettuale. Il capitalismo culturale si sostituisce al capitalismo industriale: la cultura si vende sotto forma di attività a pagamento. Mentre l’era industriale è stata Giulietto Chiesa nell’articolo: ”Che mille gocce diventino un fiume”, tratto da Megachip. J. Rifkin, L’era dell’accesso., Milano, Mondadori, (2000), pag. 5 23 J. Rifkin, op. cit. pp. 6-7 21 22 21 caratterizzata dalla mercificazione del lavoro, l’era dell’accesso si contraddistingue per la mercificazione delle risorse culturali, quali arti, feste, impegno civile, movimenti sociali, ecc. Le multinazionali dei media stanno progressivamente sfruttando le risorse culturali di ogni parte della terra, alterandole e presentandole come “merce” di intrattenimento. Per accedere ad esperienze culturali la parte più ricca della popolazione mondiale paga fior di quattrini. Nella nostra società la proprietà culturale diviene la più importante risorsa economica. Da sempre la cultura ha avuto la priorità sul mercato; da essa provengono le norme di comportamento, attraverso le quali gli uomini creano lo scambio e la fiducia reciproca. Quando poi la sfera economica inizia a divorare quella culturale, le fondamenta sociali rischiano di essere distrutte. Oggi lo scambio di proprietà fra compratori e venditori viene sostituito da un accesso temporaneo, negoziato fra client e server operanti in una relazione di rete. Uno degli aspetti più interessanti dell’economia delle reti è il capitale intellettuale come forza dominante, le idee, i concetti, le immagini come i componenti fondamentali del valore; un capitale intellettuale che rimane prevalentemente in possesso del fornitore, il quale lo noleggia o ne autorizza un uso limitato da parte di terzi. La nuova organizzazione del potere economico comporta, ovviamente, una nuova concentrazione dello stesso. Così come nell’era dei mercati, chi possedeva il capitale fisico esercitava il controllo sullo scambio dei beni, allo stesso modo, nella nuova era dell’accesso, coloro i quali accumulano il capitale intellettuale gestiscono il potere sull’accesso a conoscenze, idee ed esperienze fondamentali. Nel mondo industriale si sta verificando un cambiamento nell’ambito della produzione: la produzione materiale cede il passo a quella 22 culturale e i grandi conglomerati dell’industria vengono sostituiti dai nuovi colossi del capitalismo culturale: Viacom, Time-Warner, Disney, Sony, Seagram, Microsoft, News Corporation, General Electric, Bertelsmann, PolyGram. Tutte queste multinazionali dei media stanno utilizzando la rivoluzione digitale nelle comunicazioni con l’obiettivo di connettere il mondo e di mercificare la cultura che diventa uno spettacolo commerciale di massa e puro intrattenimento. La mercificazione della cultura comporta un cambiamento epocale anche nel modo di lavorare: macchine intelligenti si sostituiscono ai lavoratori in tutti gli ambiti dell’attività umana. “Nel ventunesimo secolo, una quota sempre più consistente del lavoro umano, fisico e intellettuale, sarà svolta da macchine pensanti”24. Si genera nel frattempo una nuova forma di monopolio commerciale: i grandi consorzi dei media e i loro fornitori di contenuti diventano “gatekeepers”, i “guardiani” che stabiliscono le modalità e i limiti con cui ciascuno potrà avere accesso nella prossima era. Il sistema della new economy produce una nuova generazione di giovani, la cosiddetta dot-com-generation, la quale, in parte, viene attratta e sedotta nel mondo della produzione culturale dalle forze economiche, il resto invece sta utilizzando il senso di connessione di cui è dotato per sfidare l’etica sfrenata e cinica dell’economia, e creare nuove comunità fondate su interessi condivisi. La new economy non ha risolto di certo il divario tra i paesi cosiddetti “sviluppati” (dove per sviluppo si intende il progresso economico e tecnologico di un paese) e quelli “in via di sviluppo”; anzi il problema si è amplificato, è cresciuto il divario economico e sociale fra i paesi del Nord del mondo e quelli del Sud e si è creata una distanza ulteriore, che prende il nome di “digital divide”, ovvero divario 24 J. Rifkin, op. cit. p.12 23 digitale. “Mentre un quinto della popolazione mondiale sta migrando verso il ciberspazio e le relazioni di accesso, il resto dell’umanità è ancora intrappolato in un mondo in cui scarseggiano i beni materiali. Per i poveri la vita rimane una lotta quotidiana per la sopravvivenza, e disporre di proprietà costituisce una preoccupazione immediata (per alcuni destinata a rimanere un obiettivo distante)”25. Viviamo in un’era caratterizzata da un’enorme contraddizione: aumenta la tecnologia, ma più della metà della popolazione mondiale non ha mai usato il telefono. Il divario tra chi non ha e chi ha è ampio, ma sarà ancora più grande quello tra chi è connesso e chi non lo è, fra coloro che vivono all’interno dei cancelli del ciberspazio e coloro i quali ne stanno fuori. Questa frattura determinerà, secondo molti, buona parte della lotta politica negli anni futuri. La parola d’ordine della nuova era è “accesso”; essa è diventata il titolo necessario per accedere al progresso e alla soddisfazione personale. “E’ un vocabolo denso di suggestioni, e carico di significati politici. Parlare di accesso, dopotutto, significa parlare di distinzioni e divisioni, di chi sarà incluso e di chi sarà escluso. L’accesso sta diventando un potente strumento concettuale per riformulare una visione del mondo e dell’economia, ed è destinato a diventare la metafora più efficace della nuova era”26. 25 26 Ibidem. Ibidem. 24 2.0 Storia del controllo del sistema televisivo italiano In tutto il mondo, dal suo avvento, la televisione si è imposta come mezzo di informazione e intrattenimento centrale per ogni società occidentale. Per molte categorie sociali di cittadini, questo strumento è il principale referente e contatto con il resto della società. Oggi i vari processi di decisione, di delega e di consenso politico sono fortemente influenzati dalle sue capacità comunicative. L’Italia è il paese europeo la cui centralità della televisione nella vita sociale e politica, si è affermata nel modo più impetuoso, facendo nascere una situazione anomala dei media italiani, rispetto a tutte le altre società europee, caratterizzata soprattutto dall’ altrettanto anomalo rapporto tra media e potere nel paese. In una società i rapporto dei media con il potere può seguire due vie. Quando i mezzi di comunicazione sono controllati da chi governa un paese si parla di contiguità, se invece svolgono il ruolo di “quarto potere”, rappresentando un servizio per i cittadini, si crea un rapporto di contrapposizione. Storicamente i media italiani si sono da sempre dimostrati come contigui al potere piuttosto che antagonisti. Questa tradizionale dipendenza dei media italiani dal potere è dovuta alla particolarità del sistema politico italiano, caratterizzato, sin dalla caduta del fascismo, dalla partitocrazia27, destituendo le istituzioni dello Stato da ogni decisione di importanza pubblica. Da un punto di 27 Il sistema politico-istituzionale fondato sulla occupazione dello Stato da parte delle burocrazie politiche dei partiti, ponendo le proprie segreterie al centro di ogni decisione. 25 vista politico e istituzionale, la storia della televisione italiana è anche caratterizzata da un vuoto legislativo: una caratteristica costante di una mancata regolamentazione delle politiche della comunicazione, che ha giocato a favore delle forme di comunicazione politica all’interno del media televisivo, permettendo di sfruttarne le potenzialità per trarne un appoggio popolare. Si può dividere la storia della televisione italiana in tre periodi. Il primo è il periodo dell’ancien regime28 televisivo, che va dal 1954 al 1975, periodo dell’ indiscusso monopolio statale sull’etere, attraverso la Rai, l’azienda radiotelevisiva pubblica. Il secondo che va dal 1975 anno della rottura del monopolio, in seguito alle liberalizzazioni attuate nel campo della comunicazioni con dell’avvento della televisione commerciale nella totale deregolamentazione, comprende la confusa formazione dei primi network nazionali privati finanziati dal traffico pubblicitario, determinando l’emergere del gruppo Fininvest di Berlusconi, fino alla costituzione del consolidamento del “duopolio” con la Rai, portato avanti fino ai primi anni novanta. Il terzo periodo è una fase di cambiamenti disorganica, cominciata all’inizio degli anni ’90, dovuta a fatti sia politici, come l’inchiesta “Mani pulite” portata avanti dai giudici della procura di Milano 29 (un primo tentativo legislativo di regolamentazione dell’emittenza televisiva), che hanno forzato il padrone della televisione privata italiana a “scendere in campo”30 facendo politica in prima persona e cercando di regolare il sistema televisivo a proprio piacere, sia tecnologici, con l’entrata in campo (questa volta dei media) di un 28 Nome attribuitogli da Ortoleva P. in Linguaggi culturali via etere in: Fare gli italiani. Scuola e cultura nell'Italia contemporanea, a cura di S. Soldani e G. Turi, Bologna, Il Mulino, (1993) 29 A cui seguì una inevitabile recessione economica prodotta dalla scoperta dei finanziamenti illeciti dei partiti. 30 L’espressione usata da Berlusconi, per comunicare attraverso il megafono delle sue reti televisive l’inizio della sua vita politica. 26 primo tentativo di pay tv su frequenze analogiche, poi satellitari, la diffusione di internet alle masse popolari, la banda larga e ultima, la televisione digitale terrestre, che stanno segnando la fine dell’era del mezzo televisivo analogico. 2.1 La Rai durante l’ ancien regime: Il lungo periodo della nascita e diffusione del mezzo radiotelevisivo in Italia fu caratterizzato dall’ idea che l’ etere fosse un bene pubblico gestito dallo Stato che assegna ad una società pubblica l’autorizzazione a trasmettere programmi radiotelevisivi su tutto il territorio nazionale. Questa concezione di televisione pubblica si rifaceva al modello noto e imitato dalla maggior parte delle nazioni europee della BBC, basato sulla concezione di radiotelevisione come servizio pubblico. Eppure il modello di servizio pubblico televisivo della Rai ha una fondamentale differenza con quello degli altri paesi del vecchio continente: la distinzione tra la funzione di gestione da quella di controllo della azienda televisiva. In questi paesi la dirigenza della azienda televisiva pubblica si occupava esclusivamente della gestione ed era responsabile dell'andamento economico e della produttività dell'azienda, secondo i principi dell'economia di mercato e non diversamente da una qualsiasi azienda privata. Mentre la funzione di controllare che venisse rispettata la pluralità di accesso al media televisivo venne attribuita, grazie all'esistenza di una articolata legislazione regolatoria, a uno o più organi rigidamente distinti dal governo e nominati dal Parlamento. Al momento dell'esaurirsi di questo modello di servizio pubblico del regime di monopolio seguì nella maggioranza degli altri paesi europei una fase di liberalizzazione 27 anch'essa regolata da una precisa normativa legislativa e antitrust. Assai diverso fu il caso italiano. Si scelse fin dal periodo fascista, (per la radio) il modello del controllo pubblico attraverso le partecipazioni statali che attribuiva e tuttora attribuisce alla Rai la forma di società privata, nonostante la proprietà sia interamente dello Stato (attraverso la holding finanziaria Iri) che ne ha il controllo effettivo, ma senza i vincoli di una vera legislazione regolatoria31. Fino al 1975 insomma la direzione dell'unica azienda televisiva pubblica era nominata in teoria dall'azionista privato di riferimento, cioè l'Iri, ma in pratica dal governo che controllava l'Iri; il tutto in assenza di una legislazione regolatoria e di organi di controllo indipendenti. La caratterizzazione del monopolio televisivo italiano era la tendenza di un controllo politico senza vincoli legislativi, fortemente condizionata dal sistema politico, con il quale la Rai si è trovata ad essere costantemente in un rapporto di contiguità. Durante il regime di monopolio il mezzo televisivo fu utilizzato in maniera estremamente prudente. La televisione venne concepita come separata dal mercato, finanziata soprattutto dal canone (che fino agli anni Settanta rappresentava il 75% delle entrate Rai) e con un utilizzo della risorsa pubblicitaria fortemente minoritario e limitato32. L'aumento del consumo televisivo venne portato avanti in maniera molto cauta e la pubblicità venne utilizzata in maniera assai inferiore alle potenzialità offerte del mezzo televisivo. Agli interessi economici e commerciali la Rai antepose da un lato interessi educativi (la programmazione tv) e dall'altro interessi politici (per non togliere risorse pubblicitarie alla stampa e quindi disturbare gli editori di quotidiani e periodici che avevano rapporti 31 Monteleone F, Storia della radio e della televisione in Italia, Venezia, Marsilio (1992), pag. 168 Il Carosello era lo spazio apposito per gli annunci pubblicitari, con una precisa collocazione all’interno del palinsesto. Erano delle brevi storie della durata di qualche minuto, con l’imposizione che solo un terzo del messaggio fosse di carattere commerciale. 32 28 amichevoli con il governo, che a sua volta controllava la Rai)33, con il risultato che nel periodo 1957-76 la media degli investimenti pubblicitari in tv non superò mai la quota del 12% dell'intero mercato pubblicitario, mentre la stampa si aggiudicava quote sempre superiori al 60%34. La prudente politica della Rai nello sviluppo del mezzo televisivo derivava dalla consapevolezza da parte dei quadri dirigenti dell'azienda dell'enorme forza comunicativa della televisione che poteva avere gravi conseguenze sulla stabilità sociale di un paese ancora in gran parte arretrato. Il risultato fu una politica culturale fortemente paternalistica e dirigistica. Non c'è dubbio che la Rai continuò ad essere paternalistica anche dopo che erano venute meno le condizioni sociali e culturali che potevano giustificare tale paternalismo. Bisogna tuttavia riconoscere che la Rai, almeno fino agli anni Settanta, ebbe un ruolo importante nella modernizzazione del paese. La programmazione televisiva fu concepita come strumento di promozione culturale di masse ancora scarsamente alfabetizzate, dialettofone più che italianofone, scarsamente acculturate e poco propenso alla lettura. Molti programmi (riduzioni teatrali, sceneggiati, rubriche, ecc.) nascevano da questi scopi genuinamente pedagogici e divulgativi35. I risultati di questa programmazione, paternalistica e dirigistica sì, ma nelle grandi linee corrispondenti alle condizioni sociali e culturali del paese, sono stati notevoli. Il ruolo del mezzo televisivo è stato centrale, non solo in una maggiore unificazione linguistica dell'Italia, 33 La scelta di non sfruttare le risorse della pubblicità in tv acquistava così il carattere di finanziamento occulto da parte del potere politico alla stampa. 34 Pilati A. La pubblicità dei mezzi di comunicazione in: La stampa italiana. (1994) pag. 246 35 Ortoleva P. Linguaggi culturali via etere in: Fare gli italiani. Scuola e cultura nell'Italia contemporanea, a cura di S. Soldani e G. Turi, Bologna, Il Mulino (1993) pag. 473 29 ma anche nell'impressionante uniformazione antropologica, notata per primo da Pier Paolo Pasolini, che il paese ha attraversato nel dopoguerra e che ha portato ad una forte attenuazione delle differenze regionali e locali nei comportamenti sociali degli italiani36. Omologazione antropologica che la televisione commerciale in seguito ha ulteriormente e rapidamente accentuato. Non c'è dubbio che la tradizione culturale del cattolicesimo si istaurò solidamente all'interno della Rai e improntò la politica culturale dell'azienda per tutti gli anni Cinquanta e Sessanta ad un'ideologia moderata di stampo cattolico (addirittura clericale almeno fino alla metà degli anni Sessanta). Non furono pochi gli episodi di tipo "oscurantista" e censorio per dimostrare come il controllo della DC e della Chiesa sulla Rai fosse totale37. Non si può negare che vi siano stati episodi di questo tipo, soprattutto nel settore dell'informazione e per quanto riguarda la morale sessuale, ma non si può ridurre tutta la politica culturale della Rai al puro integralismo cattolico. Anche per quanto riguarda l'aspetto culturale, i rapporti tra Rai e potere non furono così schematici come spesso vengono dipinti. Forse è più equilibrato affermare che la Rai degli anni Cinquanta e Sessanta rappresenta nel bene e nel male il più importante progetto culturale elaborato dal pensiero cattolico nell'Italia moderna; un progetto che affonda le sue radici nella tradizione "comunicativa" del cattolicesimo. 36 Citato da De Mauro T. Storia linguistica dell'Italia unita, Bari, Laterza. (1963). pag. 63 Il primo caso di censura "storica" riguarda la coppia di comici Raimondo Vianello e Ugo Tognazzi: in una popolare trasmissione dal titolo Un, due, tre, i due prendono in giro il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi che, durante una serata di gala con il Presidente francese Charles de Gaulle, si era seduto male su una sedia ed era caduto per terra. Nel 1960 viene allontanato dalla televisione il presentatore Enzo Tortora: in una sua trasmissione l'imitatore Alighiero Noschese aveva scherzato su Amintore Fanfani, potente uomo della Democrazia Cristiana. Un clamoroso caso di censura riguarda Dario Fo: insieme a Franca Rame, nel 1962, è conduttore e autore dei testi del varietà Canzonissima, probabilmente la più famosa trasmissione della televisione italiana di tutti gli Anni Sessanta. Le sue scenette sulla mafia e sulle fabbriche (in particolare quella che parla di incidenti sul lavoro) non piacciono ai vertici della RAI. I due sono costretti ad abbandonare la trasmissione. 37 30 Mentre dall’altra parte, gli intellettuali di sinistra rifiutavano il mezzo televisivo nel nome di una cultura aristocratica, lo confermano le parole di Alberto Moravia quando affermò una volta che "l'Italia televisiva era una sottoitalia, un Italia di serie B"38 ), la Chiesa per prima intuì le enormi potenzialità educative del nuovo mezzo e cercò di sfruttarle secondi i principi necessariamente paternalistici e dirigistici di un'istituzione per sua natura autoritaria e poco propensa alla pluralità delle opinioni. Dopo il 1960 il nuovo amministratore delegato fu Ettore Bernabei, legato alla corrente fanfaniana della Dc, che rimase fino alla riforma del 1975. Nel novembre 1961 iniziarono la trasmissioni del secondo canale, che non aveva autonomia produttiva ma serviva all’ampliamento di un’unica offerta. Nel 1964, con i primi governi di centro-sinistra, giunsero amministratori, dirigenti, giornalisti socialisti e si cominciò a delineare quella sarà chiamata da Alberto Ronchey in una lettera del 1968 a Ugo La Malfa, nella quale rifiutava con lungimiranza una candidatura nel Cda della Rai, la "lottizzazione"39: la spartizione non trasparente di cariche e responsabilità tra i partiti e l’attribuzione di esse per meriti di partito, in cui si sostanzia il rapporto tra la Rai e la politica. Nel 1974 Bernabei lasciò la Rai; due sentenze della Corte costituzionale (225 e 226, entrambe del 1974) permisero la ripetizione dei segnali esteri e la tv via cavo in ambito locale. Nel 1975 il Parlamento approvò la riforma della Rai con la legge n 103, nel tentativo di stabilire norme precise nel settore. oltre a riaffermarsi il monopolio di stato sulle trasmissioni, veniva trasferito il controllo nominale della Rai dal governo ad una commissione parlamentare 38 39 Grasso A. Storia della televisione italiana, Milano, Garzanti (1992). Pag. 43 Enrico Menduni, Televisione e società italiana, Milano, Bompiani (2002). Pag. 127 31 composta da 40 membri di tutti i partiti in rapporto alla loro rappresentanza in parlamento. Si sarebbe fatta una terza rete televisiva e il decentramento; reti e testate giornalistiche diventavano autonome; la Rai garantiva l’accesso ad associazioni e partiti; la televisione via cavo (un pericolo per il monopolio) fu di fatto impedita. La Rai restava monopolio, ma il controllo su di essa passò dal Governo al Parlamento; erano i partiti, di fatto, a nominare i vertici dell’azienda. La legge decretò così una forma di controllo politico fondata sulla "spartizione di partito" che portò ad un ulteriore arroccamento della pratica della lottizzazione40. La lottizzazione fu una specie di accordo reciproco grazie al quale ad ogni partito si consentì di inserire un certo numero dei suoi membri nei posti chiave. I posti sono determinati in base agli interessi di partito, con lo scopo di esercitare un'influenza politica diretta sia sulle trasmissioni delle notizie che sulle decisioni riguardanti la programmazione, l'acquisto ed il contenuto dei programmi. E' opinione diffusa nella pubblicistica, soprattutto di sinistra, che fino all’entrata in vigore della riforma del 1975 si sia trattato di una pura e semplice "occupazione" della Rai da parte del potere politico, in particolare da parte dell'area maggioritaria di centro raccolta intorno alla Democrazia Cristiana (DC) che, come si sa, ha controllato il paese ininterrottamente per quarant'anni. E' comune l'immagine della Rai come di uno strumento propagandistico nelle mani del regime DC. Se da una parte non si può negare che ci sia stata un'influenza governativa sulla televisione, dall'altra bisogna dire che ad accentuare troppo questo aspetto si corre il rischio di dare un'immagine 40 Per cui Rai Uno la rete ammiraglia, soprattutto a partire dalla riforma del 1975, era controllata dalla DC e Rai Due dall'alleato di governo, il Partito Socialista (PSI). A partire dal 1979 con la creazione di Rai Tre anche all'opposizione comunista (PCI) fu riconosciuto il controllo di una rete che però aveva una minor copertura del territorio nazionale dovuta al minor numero di ripetitori. 32 deformante dei rapporti tra i due sistemi. I rapporti tra potere politico e televisione sono stati molto più articolati e complessi di quanto si pensi in genere. Infatti la contiguità tra televisione e sistema dei partiti non è servita solo a quest'ultimi, ma spesso anche alla Rai stessa. Il rapporto privilegiato con il potere ha permesso alla Rai di ottenere, da una parte finanziamenti pubblici incontrollati e, dall'altra, di usare il referente politico come arbitro e negoziatore dei conflitti interni all'azienda e come fonte di legittimità all'esterno al momento dell'avvento della televisione commerciale. La stessa famosa e famigerata "lottizzazione" non deriva solo dalla volontà dei principali partiti di occupare le posizioni più forti nel sistema televisivo, ma è stato anche un sistema funzionale alle esigenze dei burocrati e dirigenti Rai per regolare rapidamente i conflitti di gerarchia all'interno di una grande azienda pubblica come la Rai, un rinnovo del patto che la legava ai partiti, alle istituzioni politiche che l’avevano generata, per giustificare e rafforzare la sua legittimità di azienda pubblica. La Rai cresceva in numero di abbonati e di dipendenti, ma si era diffusa la convinzione che non riusciva a seguire l’evolversi della società italiana. Il dilemma se diventare "più azienda" o "più aperta alla società" venne sciolto dalla politica: nel 1972 la scadenza della convenzione Stato-Rai è accompagnata da grandi discussioni sulla riforma, mentre in Italia cominciano ad essere ricevute televisioni straniere (Capodistria, Montecarlo, Svizzera Italiana) e nascono televisioni private semiclandestine (Telebiella). 2.2 La nascita delle TV private 33 La fine del regime di monopolio e l'avvento della televisione privata avviene in Italia in un periodo di grandi cambiamenti economici, sociali e culturali41. In seguito al boom economico del decennio precedente che scatenò un processo di rapida modernizzazione, il paese si trovò ad essere la settima potenza economica mondiale. A questo grado di benessere elevato conseguì un cambiamento dei consumi degli italiani. I beni primari comprendevano solo una parte delle entrate complessive delle famiglie, per questo motivo il costo di un prodotto non era più la principale ragione di acquisto di un determinato bene. Ottennero sempre più valore motivazioni di tipo emotivo, culturale e qualitativo, più influenzabili dalla pubblicità. La società si era laicizzata (divorzio, aborto, consumismo) e si affermò una maggiore consapevolezza dei diritti dell'individuo. Cambiò la mentalità dell’ italiano medio, che cominciò a sentire sulla propria pelle la presenza opprimente di un monopolio televisivo con un controllo governativo dell’informazione. L’identità della televisione pubblica venne sentita sempre più illiberale, associata da sempre alla chiesa e ad un paese, quello del dopoguerra, la cui identità non corrispondeva più alle nuove esigenze degli italiani. Le innovazioni nel campo dell'elettronica che cominciarono ad essere sperimentate in quegli anni in Europa (colore, tv via cavo, satellite, videoregistrazione) erano nuovi orizzonti nel mercato dei media e delle telecomunicazioni. Strade che ogni Paese avrebbe dovuto affrontare per non rimanere indietro in un settore determinante per lo sviluppo economico e sociale. Tutti questi elementi portarono alla fine C’è chi fa risalire quella svolta storica alla seconda metà degli anni Settanta, quando il sistema mondiale era nel pieno di una crisi da sovrapproduzione aggravata dagli effetti del dopo guerra del Kippur. A questo eccesso di produzione non corrispondeva un’adeguata domanda. Fu allora che la International Advertising Association, una specie di Confindustria mondiale delle agenzie di pubblicità, si impegnò a far crescere a dismisura spazi e formati radio televisivi, lo strumento indispensabile a realizzare quella impennata dei consumi nella parte più sviluppata del mondo, in 41 34 del monopolio di Stato sull'etere. Nacque un nuovo modo di fare televisione, un modo che gli italiani avrebbero fatto subito loro: la tv commerciale. Qui la vicenda, abbastanza omogenea e compatta, delle televisioni europee si divise: alcuni paesi riuscirono a utilizzare le nuove tecnologie che si rendevano disponibili, in particolare il cavo e presto il satellite, per diversificare i compiti del servizio pubblico e quelli dei privati, altri non ci provarono nemmeno. I vent’anni che seguirono movimentarono notevolmente il paesaggio televisivo europeo, introducendo elementi di discontinuità rilevanti proprio quando le istituzioni della Comunità cominciavano a premere per una unificazione politica. La strada che fu intrapresa, sia pure con insufficienze ed errori, da parte di Germania e Inghilterra e, in modo meno consapevole ed efficace, dalla Francia, fu quella di differenziare per quanto possibile il servizio pubblico radiotelevisivo dall’emittenza privata. Si trattò di indirizzare i privati verso le tecnologie del cavo e del satellite e la tv a pagamento, tenendoli al massimo lontani dalla tradizionale tecnologia via etere, riservata ad una televisione "generalista" e tendenzialmente gratuita, che poteva successivamente essere privatizzata - come avvenne in Francia - a particolari condizioni e garanzie. In Italia invece non si riuscì nel tentativo di aggiungere alla televisione via etere altre modalità di trasmissione. La nuova sentenza della Corte Costituzionale che capovolgeva quella del 75, riconosceva le ragioni delle lobbies private e decretava che il monopolio Rai era costituzionalmente valido solo a livello nazionale. Era consentito quindi l'istallazione delle reti private e la trasmissione locale, in particolare in Europa. Erano gli anni dell’attacco al sistema radiotelevisivo pubblico in Francia, in Germania, in Spagna e in Italia 35 assenza di una legge che disciplinasse le stazioni private, che nacquero un po’ ovunque senza che nessuno potesse dire con certezza in che cosa consistesse l'"ambito locale", cosicché le tv locali tendettero a ingrandirsi (visto anche che nessuno la controllava) e ad allearsi fra loro; solo i soggetti più forti cominciarono ad affermarsi. Infatti, se la storia delle prime radio libere fu assolutamente positiva, nel caso della tv, gli altissimi costi di acquisto e di gestione, uniti al fatto che le stazioni private erano in concorrenza con la Rai, vollero che gli operatori con pochi capitali furono tagliati fuori dall'inizio e che quindi la tendenza alla concentrazione economica divenne pressochè inevitabile. E' un processo che avviene più o meno contemporaneamente in tutta Europa, ma la situazione italiana è caratterizzata anche dal persistere della sua anomalia: l'incapacità storica, anche in questa situazione, di legiferare in materia per poter garantire una libertà e indipendenza dell’informazione, nel passaggio da un sistema di monopolio dei media elettronici a un sistema misto pubblico-privato. Il persistere di questa situazione, priva di una legislazione appropriata42, è dovuto al complesso e violento sviluppo dello scontro di interessi nel mondo della politica e dell’industria dei media, tra tutti i soggetti che si fronteggiano all’interno dei due settori. L’equilibrio tra industria, media e partiti viene rivoluzionato. Con l’aumentare del numero delle possibilità dei media comincia a diminuire il valore dei partiti sul mercato dei media, mentre aumenta in maniera proporzionale il potere dell’ imprenditore che controlla il media, attraverso la decisione di come e a chi metterlo a disposizione. Il vuoto legislativo rimarrà fino al 1991, con l’entrata in vigore della legge 223/1990, la legge Mammì, dal ministro firmatario. 42 36 In questo modo, la televisione commerciale estende la possibilità dell’ informazione e dell’accesso dei politici italiani sullo schermo; accesso prima limitato alla sola televisione pubblica per molti anni controllata esclusivamente dei partiti di governo e poi "lottizzata" tra le maggiori forze politiche. comprendendo Venuti di non a questo potere più punto il controllare potere il politico, monopolio dell'informazione, si accorse che non sarebbe stato sufficiente una legislazione nel settore attraverso una serie di regole valide per tutti per mantenere un controllo stabile dell’ opinione pubblica del paese attraverso il mezzo televisivo. La forzata decisione ad abbandonare il monopolio viene accettata, ma solo se sostituita con qualcosa di nuovo che permetta di rinnovare il comando della classe politica sulla società civile, attraverso un nuovo intreccio di interessi. Invece che legiferare nel settore cercando una serie di regole valide per tutti, decide sì di abbandonare il monopolio, ma di sostituirlo con qualcosa di nuovo che possa, attraverso un rinnovato intreccio di interessi, ricostruire il predominio della classe politica sulla società civile e di uno schieramento politico sull'altro. Una politica di non intervento legislativo garantiva la possibilità di potersi assicurare per i propri fini i vari imprenditori che lottavano per ottenere il predominio sul mercato televisivo commerciale. Il processo di “liberalizzazione” dell’etere Italiano è quindi di natura selvaggia: la prima fase che dura fino al 1980, consiste nella veloce proliferazione di una moltitudine di televisioni private a carattere locale (circa 700 nel 1979), rese possibili dalla sentenza della Corte Costituzionale che dapprima (1974) afferma la legittimità delle radio e televisioni locali via cavo e poi (1976) anche di quelle via etere 37 (sempre locali)43. La televisione privata comincia ad attirare pubblicità e a sconvolgere il precario equilibrio che si era stabilito tra i bilanci pubblicitari degli altri media. Tra gli imprenditori che cercarono di conquistare l’etere televisivo ci furono anche i più grandi gruppi editoriali italiani che tentarono di espandersi anche nel settore dei media elettronici per diventare così grandi gruppi multimediali. Ma fu Berlusconi, un’allora sconosciuto impresario edile milanese, che per primo capì che andava abbandonata quell'atmosfera locale e libertaria tipica dei primi anni della radio e televisione privata e andava invece costruito un modello di rete tv nazionale coerentemente commerciale, fondato non sulla produzione di programmi ( troppo costosi e sui quali la concorrenza con la Rai era ancora inaffrontabile), ma sulla produzione di pubblico ottenuta attraverso un intelligente sfruttamento della pubblicità: la pubblicità era infatti l'anima e il motore della televisione privata. Era vitale avere il controllo di tutte le attività connesse ad una televisione commerciale (macchinario tecnico, magazzino programmi, raccolta pubblicità) in modo da non dovere dipendere da altri. Soprattutto la vendita degli spazi pubblicitari non poteva essere delegata ad altri che avrebbero così finito per controllare l'impresa. 2.3 L’Impero Fininvest 43 Menduni E. La più amata dagli italiani. La televisione tra politica e telecomunicazioni, Bologna, Il Mulino (1996). Pag. 133. 38 Dal 1980 cominciò una nuova fase dello sviluppo delle televisioni private in Italia, quella della formazione dei primi networks nazionali privati. Non era facile dal punto di vista economico sopravvivere come televisione. Si poteva trasmettere solo in ambito locale, i costi delle frequenze erano notevoli e gli investitori pubblicitari non si lanciavano in un settore nuovo, ancora troppo costoso. Anche per i grandi gruppi editoriali che si erano lanciati nel nuovo mercato della comunicazione televisiva, i costi sembrano essere inaffrontabili. Nel 1974 Berlusconi comparve sulla scena televisiva. Iniziò quasi per gioco, con una TV via cavo che trasmetteva ricette di cucina per le giovani mogli dei manager rampanti di Milano 2, un quartiere costruito dalla sua azienda immobiliare, la Edilnord44. Dal 26 Gennaio del 1978 Berlusconi risultò iscritto alla loggia P2, con la tessera numero 1816. Nell'ancora segreto programma piduista messo a punto tra il 75 ed il 76, noto come "Piano di rinascita democratica" era infatti prevista l'immediata costituzione della TV via cavo" che avrebbe poi dovuto essere impiantata a catena in modo da controllare la pubblica opinione media nel vivo del Paese"45. Nello stesso anno, Berlusconi lasciò la tv via cavo ed entrò nell'etere milanese acquistando i diritti per la frequenza del canale 58, fondando telemilano 58, attraverso l'azienda Fininvest, una holding nata grazie a due fiduciarie della Bnl, la Servizio Italia e la Saf46. Attraverso l'acquisto di più frequenze locali sul territorio nazionale, cominciarono a svilupparsi i primi network privati. Tra il 1979 e l’80, si costituirono: Rizzoli (Pin, Prima rete indipendente, con un Tg affidato a Maurizio Costanzo, "Contatto"), Rusconi (Italia 1), Travaglio M. Veltri E. L’Odore dei soldi,Roma, Editori Riuniti (2001). Pag. 21 Cecchi A. Storia della P2, Roma, Editori Riuniti (1985). Pag. 32 46 Travaglio M. Veltri E. L’Odore dei soldi,Roma, Editori Riuniti (2001). Pag. 38 44 45 39 Mondadori (Retequattro), Peruzzo (Rete A), mentre Berlusconi (Fininvest) acquistò frequenze in tutta Italia per ripetere il segnale della sua emittente Canale 5, già Telemilano. Tra il giugno ed il luglio del 79 Berlusconi comprò dalla Titanus 300 film mai trasmessi in televisione per due miliardi e mezzo, stipulò ulteriori contratti con altre case produttrici italiane ed estere, acquistando cortometraggi, telefilm e serials47. Tutto il materiale acquistato venne poi utilizzato per quella che in tutta evidenza sembrava essere la puntuale attuazione del progetto piduista: contattate numerose emittenti televisive di altre località Berlusconi offrì loro la cessione di film, documentari e serials, a condizione che entrassero a far parte di un circuito di televisioni controllato dallo stesso Berlusconi; il piano della P2 infatti prevedeva l'istituzione di una agenzia per il coordinamento della catena delle TV locali. Alle emittenti che entravano nel suo circuito, Berlusconi offriva film a prezzi ridottissimi. In cambio esse si impegnavano a trasmettere pubblicità fornita dalla neonata Publitalia, la concessionaria di pubblicità del gruppo Fininvest, fondata con Marcello Dell'Utri nel 1980, che segnò la prima svolta decisiva per Berlusconi. Ben presto infatti il mercato dimostrò di non aver dimensioni abbastanza ampie per alimentare tante reti nazionali in competizione. L'efficienza della raccolta pubblicitaria diventa perciò il fattore determinante per la sopravvivenza e il successo. E Publitalia si rivelò un efficientissima macchina pubblicitaria. Nel giro di tre anni triplicò il fatturato e sorpassò la Sipra, la concessionaria di pubblicità della Rai, ottenendo il 43% dell'intero mercato pubblicitario48. Ma nessuna fra tutte le reti commerciali potè trasmettere su scala nazionale perché una serie di sentenze della Corte Costituzionale 47 48 Ibidem. Pag. 46 Monteleone F. Storia della radio e della televisione in Italia, Venezia, Marsilio (1992). 40 preclusero alle imprese private la possibilità di gestire in qualsiasi modo attività televisive aventi carattere nazionale. Ma l’ articolo 30 prevedendo già la possibilità di aggiramento del carattere locale dele “interconnessione” tra reti, trasmissioni, vietò la cosiddetta per la trasmissione di programmi in contemporanea49. Nell'estate 81 in attesa di un'ennesima sentenza della corte costituzionale nel settore, Berlusconi dichiarò che non si poteva fare televisione se non si fosse collegati con tutto il paese e con l'estero; la corte si pronunciò ribadendo il limite per le televisioni locali a trasmettere solo in ambito locale. Per aggirare questa sentenza, Berlusconi fece registrare i programmi su videocassetta e li trasmetteva contemporaneamente dalle varie frequenze delle stazioni locali che formavano il suo network, canale 5. Nel giro di 4 anni il gruppo Fininvest riuscì a prevalere sui grandi gruppi editoriali come Rusconi e Mondatori che, in omaggio all’immagine di antiche e prestigiose imprese culturali erano rimasti il più possibile nell’ambito della legalità, auspicando sinceramente un intervento legislativo nel settore, mentre il loro principale concorrente faceva di tutto per mantenere inalterata la situazione di vuoto legislativo. L’operazione di Berlusconi (che si fonda su un’autonoma raccolta pubblicitaria, su un largo magazzino di programmi d’acquisto e sulla qualità tecnica del segnale) si rivela più efficiente; Rizzoli viene travolto dallo scandalo della loggia massonica P2, e cessò di trasmettere, Rusconi e Mondadori vendettero le loro reti a Berlusconi, rispettivamente nel 1982 e 1984, prima che la voragine dei loro debiti Sarà appunto il trucco dell’interconnessione a permettere a Silvio Berlusconi, in palese violazione della legge, di creare il suo impero televisivo. 49 41 inghiottisse le aziende editoriali che le avevano costituite sperando di realizzare nuovi profitti50. Ma il raggiungimento di questa posizione fu dovuto soprattutto alla spregiudicatezza con cui il gruppo Fininvest utilizzò l'arma della raccomandazione politica; dapprima per raggiungere una posizione di predominio sul mercato e poi per mantenere quella posizione e tener fuori dal settore altri forti gruppi concorrenti. L'appoggio col potere accordato in quegli anni dall'allora segretario del PSI Bettino Craxi fu infatti decisivo. L'episodio più spettacolare avviene nel 1984: pretori di Torino, Roma e Pescara, facendo valere la legge 103 del 1975, sequestrarono gli impianti che consentivano le trasmissioni illegali. Ai programmi ed alla pubblicità si sostituì uno schermo rosso che annunciava il sequestro. Bettino Craxi, allora presidente del consiglio, nel volgere di sole 24 dal sequestro dei pretori, il 18 ottobre 1984, fece emettere dal Consiglio dei ministri un decreto legge51 che disponeva la riapertura immediata delle tv di Silvio Berlusconi. Il successivo 28 novembre, tuttavia, il decreto venne respinto dalla camera perché incostituzionale. Esso infatti era in violazione dell'art. 43 della Costituzione. Craxi, con insolita insistenza, il 6 dicembre ripresentò esattamente lo stesso decreto che, dopo la minaccia di crisi di la Mondatori dovette cedere Retequattro in seguito a perdite di 200 miliardi di lire in 2 anni . 1. Disposizioni generali. 1. La diffusione sonora e televisiva sull’intero territorio nazionale, via etere o via cavo o per mezzo di satelliti o con qualsiasi altro mezzo, ha carattere di preminente interesse generale ed e` riservata allo Stato. 3. Norme transitorie.1. Sino all’approvazione della legge generale sul sistema radiotelevisivo e comunque non oltre sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, e` consentita la prosecuzione dell’attivita` delle singole emittenti radiotelevisive private con gli impianti di radiodiffusione gia` in funzione alla data del 1o ottobre 1984, fermo restando il divieto di determinare situazioni di incompatibilita` con i pubblici servizi (Tale termine è stato ulteriormente prorogato al 31 dicembre 1985 con Decreto Legge 1° giugno 1985, n. 223, convertito in legge con L. 2 agosto 1985, n. 397 recante “proroga dei termini in materia di trasmissioni radiotelevisive”). 2. Ai fini di quanto previsto dal precedente comma 1 sono provvisoriamente consentiti, per ogni singola emittente, ponti radio tra i propri studi di emissione, i rispettivi trasmettitori e tra gli stessi ed i ripetitori con le caratteristiche tecniche in atto.3. È consentita la trasmissione ad opera di piu` emittenti dello stesso programma pre-registrato, indipendentemente dagli orari prescelti 50 51 42 governo, venne approvato. Ben tre ministri si dimisero in segno di protesta. 3.4 Il duopolio Rai Fininvest: la nascita della neotelevisione52 L'avvento della televisione privata e il rapido affermarsi in questo settore di unico soggetto egemone, la Fininvest, con tre reti a sua disposizione, gettarono la Rai nella prima metà degli anni Ottanta in una profonda crisi di identità. Costretta per la prima volta a fronteggiare una concorrenza, la Rai si trovò a vivere una grande contraddizione come quella di essere un servizio pubblico costretto a misurarsi per la prima volta con una concorrenza, ma in assenza di qualsiasi normativa generale del sistema radiotelevisivo. Se all'interno l'azienda poteva ancora obbedire alla logica del servizio pubblico, verso l'esterno non poteva non accettare, pena la sua scomparsa, la concorrenza della televisione commerciale. Nel 1983 Canale 5 aveva superato per la prima volta in una serata l'ascolto cumulativo Rai e, anche se il dato fu sottoposto a contestazione, resta il fatto che in sei anni i telespettatori delle televisioni private erano quadruplicati, mentre quelli della Rai erano diminuiti di un terzo53. Scoppiò così la "guerra dell'ascolto" tra Fininvest e Rai, combattuta a suon di miliardi di lire per accaparrarsi i migliori indici di ascolto e le star più famose. La Rai si pose sullo stesso terreno della tv commerciale espandendo la programmazione dei generi d'intrattenimento più graditi al pubblico medio (fiction, varietà, 52 Termine coniato da Umberto Eco in Eco U. Sette anni di desiderio, Milano, Bompiani (1983). Monteleone F. Storia della radio e della televisione in Italia, Venezia, Marsilio (1992).p. 445. La rilevazione dell'ascolto, con la conseguente determinazione del valore degli spazi pubblicitari, è stato nei primi anni di vita del duopolio un punto di continua rissa tra i vari soggetti presenti sul mercato dei media. Solo nel 1984 viene costituita da Rai, Fininvest, Upa (utenti pubblicità) Assap (Associazione agenzie pubblicitarie), Frt (Federazione radio tv) e Fieg (Federazione editori giornali) la società Auditel con il compito di rilevare gli indici d'ascolto. 53 43 talkshow, ecc). Diminuì drasticamente la quantità di trasmissioni autoprodotte utilizzando quote sempre maggiori delle sue risorse finanziarie nell'acquisto di prodotti stranieri (in gran parte americani) e di diritti di trasmissione di eventi (sportivi, musicali, ecc.). Il tutto mentre la programmazione culturale venne confinata per ragioni di concorrenza in orari notturni, nonostante le ripetute assicurazioni da parte della dirigenza che l'azienda prendeva molto sul serio i suoi doveri di servizio pubblico. Si trattò di una politica ambigua che contribuì a trasformare la Rai in una specie di tv commerciale e a rendere sempre più simile tra di loro la programmazione Rai e quella Fininvest, ma che avrebbe pagato in termini di ascolto. La caduta degli indici d'ascolto Rai all'apparire del concorrente Fininvest, dalla fine degli anni Ottanta venne bloccata, la Rai recuperò in gran parte la sua posizione, impedendo così ad altri concorrenti (oltre la Fininvest) di consolidarsi nel settore televisivo. Il duopolio si era ormai completamente affermato: le due società si spartivano più del 90% delle risorse televisive e il 90% dell'ascolto, non c’era spazio per altri network. Tuttavia l'assetto a due si manifestò essere una strategia capace di mantenersi stabile anche con una indipendenza crescente da protezioni politiche, in parte per una relativa abbondanza di risorse, ma soprattutto per la capacità di risultare essere un servizio gradito alle famiglie italiane visto il netto aumento del consumo televisivo che si verificò negli anni ‘8054.Gli italiani videro in tale assetto un'espansione dell’intrattenimento rispetto al vecchio monopolio, un modo attraente che poteva soddisfare le esigenze sentite di 54 Il consumo televisivo cresce del 37,7% se si considera la fascia oraria tra le 12 e le 23 e del 36,1 nel "prime time", fascia pregiata tra le 20,30 e le 23. La platea media in questa fascia passa dagli oltre 16 milioni di spettatori ai 22,6 milioni del 1990. C. Spada, La televisione, in: Rapporto sull'economia della cultura in Italia, 1980-1990, a cura di C. Bodo, Roma, Presidenza del consiglio dei Ministri, 1994, p. 596. 44 identificazione sociale e di appartenenza nell'Italia industriale e urbana uscita dalle fatiche e dalle migrazioni, caratterizzata da un vivo e agitato benessere di cui molti godevano e in cui quasi tutti si riconoscevano. Il sistema della comunicazione ha saputo stimolare processi di affezione degli spettatori alle loro opportunità televisive di intrattenimento quotidiano, in cui hanno visto un naturale prolungamento della propria esperienza familiare e affettiva55. Questo ha consentito alle due televisioni di stabilire gradualmente un rapporto diretto con il pubblico attraverso i personaggi che apparivano sullo schermo, supportati da una complessa macchina scenica; facendo progressivamente a meno di padrinaggi o mediazioni di tipo politico, e costituendo attorno al fenomeno televisivo un campo di attrazione popolare che cominciava a prendere il posto della democrazia si espanse fino a coincidere in più punti con la democrazia formale. Al di là delle dichiarazioni di facciata, che la stampa di allora riportava come una concorrenza sfrenata tra le due società, in realtà sulle questioni strategiche Rai e Fininvest ebbero fin dall'inizio un comportamento convergente più che antagonistico. Per esempio nel campo vitale della copertura del segnale (ripetitori e satelliti necessari per la distribuzione dei segnali Fininvest e quindi settore vitale per la sua esistenza), nella gestione degli eventi sportivi e dei diritti relativi e nella astensione da parte della RAI di intraprendere le vie legali per difendersi da una certa “concorrenza sleale”, si registrò quasi da subito una discreta cooperazione. Ultimo dato che ha testimoniato questa complicità tra le due aziende è stata la dichiarazione di Enrico Manca, parlamentare del PSI, che nell’aula del tribunale di Milano, 55 R. Porro, M. Livolsi, Le agenzie di socializzazione: i mass media, in: La sociologia. Problemi e metodi, a cura di M. Livolsi, Milano, Teti, (1981) pag. 189. 45 ammise che nel periodo dal 1986 al 1992, quando era presidente della RAI, si era fatto costituire e gestire un conto dall’avvocato principale della Fininvest, Cesare Previti56. A differenza di una parte consistente del mondo politico e della vita culturale, la Rai infatti sembrò capire molto rapidamente che tornare indietro al regime di monopolio non solo non era più possibile, ma nemmeno auspicabile per l'azienda pubblica. Alla dirigenza Rai infatti non sfuggiva che tutto il sistema televisivo italiano (Rai compresa) godeva delle ricadute economiche rappresentate dall'aumento delle risorse pubblicitarie nel mercato televisivo, risorse sottoutilizzate durante il regime di monopolio. Non solo, ma l'enorme aumento di inserzionisti pubblicitari in televisione era soprattutto merito della strategia aggressiva che un forte gruppo nazionale come la Fininvest aveva creato grazie alla sua concessionaria Publitalia, cosa altrimenti difficile da realizzare per la Sipra, visti i suoi doveri e i suoi vincoli politici di concessionaria della tv di stato. Infine la presenza di un forte competitore sul mercato, consentiva alla Rai di giocare al rialzo con i suoi interlocutori istituzionali e con il potere politico per ottenere condizioni più favorevoli. Anche per la Fininvest era comodo avere n concorrente forte come la Rai che costituisse un prezioso punto di riferimento e di emulazione e da cui si potessero ingaggiare personaggi già popolari che dessero legittimità all'azienda, come Mike Buongiorno, leggendario presentatore di quiz televisivi fin dagli anni Cinquanta, il primo a passare alla Fininvest, valorizzando la legittimità della tv privata. Fu un confronto tra due tipi di televisione con rispettivi toni, linguaggi forme e contenuti, che gli italiani furono ben capaci di distinguere, di coglierne le differenze ed esprimere le sue preferenze: il pubblico 56 Dagli atti del processo toghe sporche-Sme: procedura penale 1600/00 in data 20/05/2002. 46 italiano si era orientato in prevalenza verso l'offerta Rai per soddisfare esigenze di attualità e di approfondimento culturale e informativo e verso la Fininvest per ricavarne storie raccontate e svago. La grande trasformazione degli anni Ottanta rivoluzionò il modo di fare televisione in Italia e l’allontanò anni luce dal modello televisivo del periodo monopolistico: con la Fininvest, dunque, si aprì una fase di americanizzazione della televisione italiana, in cui fare televisione commerciale significava sostanzialmente vendere spazi agli inserzionisti, realizzando una tv generalista: che cercava cioè, alternando i programmi e i temi più vari e rivolgendosi a tutte le età e a tutte le categorie sociali, di raccogliere in ogni momento la più alta percentuale di pubblico, per poterla vendere più efficacemente ai pubblicitari. Innanzi tutto l'offerta televisiva era esplosa. In dieci anni (1980-90) le ore di trasmissione giornaliere erano passate da 6.000 a 34.000 e gli orari di trasmissione si erano andati velocemente dilatando fino a raggiungere le 24 ore su 24. A un massiccio aumento di offerta televisiva seguì un altrettanto massiccio aumento di consumo tv: nel 1993 ogni italiano guardava la televisione per 3 ore al giorno (con punte di 4 tra i giovani e le casalinghe) contro le 2 e mezza del 1977 57. Ma soprattutto aumentò in maniera esplosiva la presenza della pubblicità in televisione. Mentre la televisione monopolistica finanziava la sua programmazione attraverso il canone, che è una tassa sul possesso dell'apparecchio tv indipendente dal consumo effettivo di programmi, la tv commerciale sembrava in apparenza produrre programmi che il consumatore può fruire gratuitamente. In realtà questi venivano diffusi gratuitamente in cambio dell'attenzione del telespettatore (che era 57 Annuario Rai 1991-2 47 anche un consumatore); cioè in cambio del tempo che esso passava davanti al televisore. Questo tempo -definito "ascolto" (audience)venne venduto dalla rete tv sul mercato come spazio pubblicitario. Naturalmente era in ultima istanza il telespettatore/consumatore che, acquistando poi i prodotti pubblicizzati in televisione, pagata anche il costo dell'inserto pubblicitario e quindi del programma in cui tale spot è inserito, ma era un pagamento che non si vede, occultato e dilazionato nel tempo, che lasciava al telespettatore l'impressione di poter ogni sera scegliere di vedere qualcosa gratis. In questo modo si spiegò l'aumento di consumo televisivo negli anni Ottanta. Le nuove condizioni del consumo televisivo hanno cambiato totalmente il modo di fare televisione. Non più un consumo di programmi solo in certi momenti della giornata, ma un consumo costante di brevi segmenti narrativi, organizzati in un flusso senza inizio nè fine: la televisione consumata come "tv" più che come programma. A una televisione concepita per promuove la qualità del consumo e per produrre programmi si sostituì così un vorticoso aumento di immagini apparentemente causali, ma in realtà regolate da un preciso ordine marketing oriented. Per legittimare la sua presenza (e quindi poter vendere spot pubblicitari agli inserzionisti) la neotelevisione ricerca sempre "il massimo ascolto". In una situazione di accesa concorrenza dove è lo spettatore che decide con il suo telecomando il successo o il fallimento di un programma, l'indice d'ascolto è indice di successo e quindi di legittimazione non solo per i singoli programmi e personaggi ma anche per i vari canali televisivi. Questo vale anche per la Rai, che nonostante sia finanziata in gran parte dal canone, ha bisogno di creare programmi di successo e quindi "ascolto" per legittimare davanti al pubblico la pretesa di farsi pagare per un servizio che altri, almeno 48 apparentemente, offrono gratis. Il risultato è una accessa concorrenza tra reti tv, tra programmi e tra i vari divi televisivi. Raggiungere il pubblico, mantenere viva la sua attenzione, non fargli cambiare canale vuol dire, per tutti questi soggetti, lottare per la sopravvivivenza. Lo spettatore ha un grande potere: quello di poter decidere con il suo telecomando il destino di un programma. L'influenza della neotelevisione sul pubblico è quindi diverso da quella della televisione pedagogica monopolistica: è un influsso più indiretto, potenzialmente più democratico, dove il telespettatore non è più solo un fruitore passivo di programmi, ma è diventato una specie di giudice e il telecomando il mezzo con cui emanare il suo verdetto. Tuttavia se da una parte è aumentata la libertà di scelta del telespettatore, questa libertà si può esercitare solo su programmi che si assomigliano sempre di più. L'estrema concorrenzialità e la ricerca del massimo ascolto ha infatti avuto come conseguenza lo sviluppo di una programmazione televisiva sempre più uniforme. La tv ha portato ad una rivincita dell'oralità rispetto alla scrittura e, come sa chiunque si occupi di cultura giovanile, le forme di comunicazione e di espressione dei giovani sono sempre più basate sull'immagine. Sta sempre più diffondendosi quella che Omar Calabrese ha chiamato "estetica della ripetizione"58 e le cui caratteristiche sono la velocità e la ripetizione, il flusso ininterotto di immagini, la fruizione del frammento (lo zapping del telecomando), della parte staccata di un opera che non si ha né la voglia né il tempo di consumare interamente. Telerepubblica 58 Calabrese O. (1989) L'età neobarocca, Bari, Laterza. 49 Berlusconi nel 1988 riuscì a conquistarsi l'alleanza della famiglia Mondadori e diventarne nuovo azionista di maggioranza della casa editrice che allora deteneva il anche il controllo di L'Espresso e Panorama, i due newsmagazines più venduti, e La Repubblica uno dei maggiori quotidiani. assieme al gruppo Cir di proprietà del finanziere Carlo De Benedetti. Si aprì una lunga battaglia per il controllo della Mondadori che si risolse solo nel 1991 con una spartizione: a De Benedetti andò l'editoriale L'Espresso-La Repubblica e a Berlusconi la Mondadori. Fu oggettivamente una vittoria per Berlusconi che diventò di fatto il primo gruppo multimediale italiano, potendo mettere in atto vantaggiose sinergie tra i periodici e i settimanali Mondadori e le sue televisioni. Questa risolzione avvenne in seguito all’approvazione della legge Mammì, varata Il 6 Agosto 1990, durante il governo Andreotti, in materia di disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato. La legge si basava sulla cosidetta "opzione zero": chi possedeva giornali non poteva possedere reti televisive, chiaramente anticostituzionale (e infatti la Corte Costituzionale interverrà giudicando alcune parti della legge incostituzionali), ma fatta con l’obbiettivo di tener fuori dal settore televisivo gruppi potenti e potenziali concorrenti come la Fiat e la Cir, già così fortemente presenti nel settore dei quotidiani. Ormai divenuta famosa, la legge Mammì compì il 'miracolo' legislativo di fotografare così com'era l'impero mediatico di Silvio Berlusconi rendendolo assolutamente legale. Nell’ambito dell’inchiesta Mani Pulite, i magistrati hanno evidenziato i rapporti strettissimi che intercorrevano tra dirigenti di primissimo piano della Fininvest e Davide Giacalone, allora consigliere del ministro delle Poste Oscar Mammì, ed estensore materiale del “Piano delle Frequenze” della medesima legge. In seguito a quanto è emerso dalle indagini e dalle 50 ammissioni dello stesso Giacalone, è chiaro che questa legge venne concepita su misura per la Fininvest e in modo che venisse ratificata la sua posizione dominante nell’ambito delle emittenti private. La legge diceva: Art. 15, comma 1"Al fine di evitare posizioni dominanti nell'ambito dei mezzi di comunicazione di massa è fatto divieto di essere titolare: a) di una concessione per radiodiffusione televisiva in ambito nazionale, qualora si abbia il controllo di imprese editrici di quotidiani la cui tiratura annua abbia superato nell'anno solare precedente il 16 per cento della tiratura complessiva dei giornali quotidiani in Italia; b) di più di una concessione per radiodiffusione televisiva in ambito nazionale, qualora si abbia il controllo di imprese editrici di quotidiani la cui tiratura superi l'8 per cento della tiratura complessiva dei giornali in Italia; c) di più di due concessioni per radiodiffusione televisiva in ambito nazionale, qualora si abbia il controllo di imprese editrici di quotidiani la cui tiratura complessiva sia inferiore a quella prevista dalla lettera b)." Ciò costrinse Berlusconi a dover vendere il suo quotidiano “Il Giornale” al fratello Paolo. Inoltre: Art. 15, comma 4 "Le concessioni in ambito nazionale riguardanti sia la radiodiffusione televisiva che sonora, rilasciate complessivamente ad un medesimo soggetto, a soggetti controllati da o collegati a soggetti i quali a loro volta controllino altri titolari di concessioni, non possono superare il 25 per cento del numero di reti nazionali previste dal piano di assegnazione e comunque il numero di tre ". Soltanto in seguito alla prima occupazione abusiva dell’etere delle tre reti Telepiù59 avvenuta il 10 agosto 1990, venne stabilito in 12 il 59 Telepiù nasce nella seconda metà del 1990, dopo la Legge Mammì, da un gruppo di soci fra cui la Fininvest con il 10% (il massimo consentito dalla legge). Fininvest esprime anche buona parte del know how, dei dirigenti, della library. La trasmissione è via etere, né potrebbe essere 51 numero delle concessioni nazionali e quindi in 3 il 25% del totale del massimo di reti nazionali per ciascun soggetto. La legge venne approvata in Parlamento da una maggioranza composta da PSI, partiti laici e dalla maggioranza della DC; mentre tre ministri della minoranza DC, contrari all'approvazione della legge, si dimettono per protesta dal governo. La migliore riprova che la legge Mammì fu del tutto inadeguata a governare gli sviluppi del sistema lo dimostrarono gli avvenimenti degli anni Novanta. In seguito alla crisi scatenata dalle inchieste dei giudici milanesi, che rivelarono estesi livelli di corruzione, i partiti che avevano avuto quasi ininterrottamente responsabilità di governo, come la DC e il PSI, furono colpiti duramente, così duramente da essere costretti a sciogliersi. Anche Bettino Craxi, il referente politico principale del vecchio sistema di potere, nonché dell’amico personale Silvio Berlusconi, venne travolto dalle inchieste giudiziarie, lasciando il proprietario della Fininvest solo, in una posizione instabile, prossimo ad un pericoloso coinvolgimento nelle inchieste. Inoltre dopo molti anni di espansione, la Fininvest cominciò a risentire degli effetti della recessione che colpirono in questi anni l'economia italiana e che portarono le aziende a diminuire gli investimenti pubblicitari in televisione, proprio in un momento in cui la Fininvest era fortemente indebitata con le banche (dai 2600 miliardi ai 4200 miliardi di lire a secondo delle stime di analisti più o meno vicini all'azienda). Nel caos politico del momento non si riuscì neppure a compiere gli diversamente, criptata, ricevibile a pagamento tramite un decoder analogico. Telepiù 1 (cinema) comincia la trasmissione criptata nel luglio del 1991; nel marzo 1992 anche Telepiù 2 (sport) comincia le trasmissioni codificate; Telepiù 3 (cultura) trasmetterà a trasmettere in chiaro e solo nell'autunno 1996 sarà in parte criptata. La progressione degli abbonamenti è lenta e questo comporta una costante passività e un continuo ricorso alle ricapitalizzazioni, che ha visto emergere fino al 1995 il protagonismo del gruppo tedesco Kirch, giunto al 33%, poi il gruppo olandesesudafricano Nethold-Rupert, giunto nel 1996 al 45%. Nel settembre 1996 Nethold si fonde con il gruppo francese di televisione a pagamento Canal Plus, che successivamente acquista anche la 52 adempimenti previsti dalla legge Mammì. A causa dell'insoddisfazione e dell'opposizione dei concorrenti del duopolio Rai-Finivest alla normativa introdotta dalla legge Mammì, fu impossibile emanare le concessioni ad utilizzare le frequenze a disposizione sia per le radio che per le reti televisive che la legge richiedeva fossero emanate entro un anno. Il governo si limitò perciò semplicemente in un primo tempo a concedere l'autorizzazione provvisoria a trasmettere a tutte le radio e televisioni presenti sul mercato. Il risultato di tutto questo fu una mancata pubblicazione delle concessioni definitive e di un piano complessivo delle frequenze, volta alla limitazione a prolungare periodicamente le autorizzazioni provvisorie. Già a pochi mesi dalla emanazione, la legge Mammì mostra di non essere uno strumento in grado di regolamentare il mercato televisivo e metterlo in condizione di aprirsi anche ad altri soggetti. Apparve sempre più chiaro come fosse necessario emanare una nuova legge e norme antitrust più severe nei confronti del duopolio. Visto l'imminente pericolo, nel giro di pochi mesi a cavallo tra il 1993 e 1994, Berlusconi capovolse la situazione. Consapevole dell'esistenza di un vasto settore di elettorato moderato rimasto senza referente politico dopo la caduta della DC e del PSI, il 26 gennaio 1994 Berlusconi -che come è noto è anche padrone della squadra di calcio Milan- annunciò in diretta tv sulle sue reti la scelta di "scendere in campo"60, cioè di entrare in politica. Per evitare un conflitto d'interessi tra il suo ruolo di grande imprenditore multimediale e quello di quota di Kirch, controllando la società al 90% (Fininvest- Mediaset rimane al 10%). Questa era la situazione alla vigilia dell'avvento del digitale. 60 Novelli (1995), p. 256 e 265 fa notare come la metafora calcistica dello "scendere in campo" fosse stata già utilizzata in un contesto politico durante la campagna elettore 1987 dal giornalista sportivo Paolo Valenti, candidato DC. In quella stessa campagna la DC presentò anche lo slogan "Forza Italia" inventato dal pubblicitario Marco Mignani. 53 politico, Berlusconi annunciò anche di dimettersi immediatamente da ogni carica direttiva della Fininvest, il che non gli impedì però di mantenere saldamente in sua mano la proprietà dell'azienda. La Fininvest infatti non era quotata in borsa e la totalità delle sue azioni appartevano interamente, attraverso una complicata serie di società finanziarie a scatole cinesi, alla famiglia Berlusconi61. Nel giro di soli tre mesi Berlusconi creò un nuovo movimento politico Forza Italia (FI), praticamente un partito-azienda dato che la maggior parte dei dirigenti e dei candidati alle elezioni provenivano dai quadri dirigenti delle aziende Fininvest (in particolare da Publitalia) o ne erano inserzionisti. Alle elezioni del marzo 1994, tenute con il nuovo sistema maggioritario, la coalizione guidata da Forza Italia, che comprendeva anche altri piccoli partiti di centro-destra, la nuova forza xenofoba della Lega Nord e il vecchio partito neofascista MSI, tramutatosi in Alleanza Nazionale (AN), vinse le elezioni sconfiggendo una coalizione di centro-sinistra guidata dall'ex PCI diventato Partito Democratico della Sinistra (PDS) e Berlusconi diviene Primo Ministro. L'atteggiamento delle tre reti Fininvest durante la campagna elettorale suscitò naturalmente molte discussioni. La maggioranza degli osservatori è concorde nell'affermare che essi appoggiarono massicciamente la coalizione di centro-destra e Forza Italia in particolare anche se in maniera differenziata. I tre telegiornali delle reti Fininvest si divisero i compiti: quello di Retequattro e quello di Italia1 si schierarono per Berlusconi con una tale faziosità da preoccupare addirittura alcuni esponenti stessi di FI; mentre il Le 22 holding che formavano la cassaforte dell’ impero Fininvest, vennero riconosciute in seguito anche da Berlusconi, che dichiarò che la loro esistenza è necessaria per risparmi fiscali. In seguito vennero scoperte altre 16 holding dal giornalista Giovanni Ruggeri nel libro "Berlusconi, gli affari del presidente", Milano, Kaos edizioni,1994 61 54 telegiornale di Canale 5 mostrò una certa imparzialità assai opportuna come "foglia di fico" per coprire la parzialità degli altri due. Ma fu soprattutto durante i popolarissimi programmi di varietà e talkshow che la propaganda, fatta da dichiarazioni di voto, palesi o nascoste, dalle varie star, diventò martellante62. Certo esistono regole severe che proibiscono la propaganda elettorale e regolamentano l'accesso dei politici al mezzo televisivo, ma le elezioni politiche del 1994 dimostrarono chiaramente come l'influenza esercitata dal flusso ininterrotto di immagini e parole della "neotelevisione" fu difficile da sottoporre a regolazione. Il forte potere di influenza e di condizionamento dei personaggi dello spettacolo sfuggì a regole antiquate secondo le quali ciò che era vietato era la propaganda politica diretta in televisione e non l'espressione del pensiero di un libero cittadino non candidato. Il problema allora era se la dichiarazione di voto di un divo televisivo nel contesto del suo programma e su una rete tv di proprietà di un candidato potesse essere considerata semplice libertà di espressione. Per quanto riguarda infine gli spot elettorali si assistette all'incredibile condizione per cui i candidati degli altri partiti politici se volevano apparire in televisione erano costretti a comprare spot elettorali da Berlusconi, il quale cambiava il cappello di politico con quello di imprenditore, vendendo spot agli avversari e finanziando di fatto la sua campagna elettorale con i loro stessi soldi: oltre il danno la beffa. Alcune indagini sull'impatto che la televisione ha avuto sui risultati elettorali mostrano che soprattutto le reti Fininvest avrebbero spostato una fetta determinante di voti in elezioni in cui centro-destra ha vinto con il 42,9% contro il 34,4% del centro-sinistra. Secondo gli studi del 62 Novelli E. (1995) Dalla tv di partito al partito della tv. Televisione e politica in Italia 19601995, Firenze, La Nuova Italia. 55 dipartimento di Sociologia dell'Università di Torino e dall'istituto di analisi Nielsen-Cra almeno il 13% degli elettori ha subito l'influenza della propaganda dei programmi tv. La Fininvest avrebbe spostato almeno 4 milioni di voti (mentre la RAI solo 1,5) portanto via il 5,5% al centro-sinistra e facendo guadagnare l'8,5% a FI63. I risultati di queste indagini sono stati sottoposti a critica. Metodi di questo tipo sembrano troppo meccanici per spiegare in maniera soddisfacente l'influenza televisiva sulle scelte politiche. Occorrerebbero indagini sviluppate nel tempo, lungo su una serie di elezioni politiche, che comunque sarebbero sempre un problema visto che nel 1994 in Italia cambiò il sistema elettorale e lo scenario politico. Resta il fatto che, dimessosi il governo Berlusconi dopo pochi mesi, uno dei primi atti del seguente governo "tecnico" Dini fu quello di rivedere le regole di accesso ai media durante la campagna elettorale (la cosidetta par conditio). Secondo il decreto-legge del Ministro Gambino nei quarantacinque giorni prima delle elezioni è consentita la propaganda elettorale in televisione, gratuita sia sulla Rai che sulle tv private; mentre fino al trentunesimo giorno sulle tv private (ma non sulla Rai) è permessa la pubblicità elettorale a pagamento. Nei programmi di propaganda elettorale gratuita deve essere garantita ai partecipanti parità di trattamento. I programmi di varietà non possono ospitare in campagna elettorale nessun soggetto politico, mentre ai talkshows d'attualità e ai programmi d'informazione vengono poste severe limitazioni nell'indicazione anche indiretta di voto da parte dei conduttori e degli ospiti partecipanti. 63 Luca Ricolfi dell'Universita` di Torino (Luca Ricolfi. Elezioni e mass media. Quanti voti ha spostato la Tv, il Mulino, 6/94 56 Il 7 Dicembre 1994, sul ricorso proposto da Beta television64, T.V. Internazionale s.p.a. e SIT - Teleservice 1975 s.r.l. contro il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni ed altri, la Corte costituzionale dichiarò l'incostituzionalità dell'Art 15 comma 4 della Legge Mammì, che legittimava a tre il numera di reti per il gruppo Fininvest: in questo modo non garantiva la pluralità di informazione, quando invece c’era una forte necessità di limitare concentrazioni mediatiche, alla base di un enorme conflitto di interessi. La Corte, inoltre, riponendo il problema al parlamento, stabilì nell'agosto 1996 il termine ultimo per una soluzione definitiva. Nel frattempo l'esito del referendum del 15 giugno 1995 (voluto da un vasto settore di avversari politici e imprenditoriali della Fininvest) per l'abolizione di alcuni articoli della legge Mammì rafforzò la Fininvest. I referendum miravano a togliere due reti a Berlusconi limitando il possesso a una rete per soggetto in campo privato (ma lasciando alla Rai tutte le tre reti), limitare la raccolta pubblicitaria a due reti nazionali per società concessionaria e limitare a una sola le interruzioni pubblicitarie all'interno dei film trasmessi in televisione. Circa due terzi degli elettori aveva rigettato tutte e tre queste ipotesi, dimostrando così chiaramente che i principi della televisione commerciale avevano fatto presa sulla maggioranza della popolazione. Soprattutto il referendum sulla limitazione della pubblicità nei film dimostrò che gli italiani erano disposti a sopportare molti spot pubblicitari pur di non rinunciare all'amata fiction (come aveva minacciato la Fininvest "meno spot, meno film"). Non c’era spazio per altre televisioni private: nel 1995 il gruppo Cecchi Gori, vicino al Partito Popolare, cerca di formare il famoso “terzo polo” televisivo ed 64 Che allora avevano la concessione di trasmettere rispettivamente per i canali: VideoMusic, Tele Monte Carlo e Tele Market 57 acquisitò prima Telemontecarlo Videomusic (da (dalla famiglia Ferfin-Montedison). Marcucci) Videomusic poi adottò progressivamente il marchio TMC 2. Il gruppo entrò nelle rilevazioni Auditel nel 1996: l'ascolto non raggiunse mai complessivamente il 5%, ritenuto la soglia minima per un gruppo televisivo nazionale significativo. A giugno del 1996 la Fininvest si trovò a un passo dal baratro. Il gruppo televisivo di Berlusconi aveva una posizione finanziaria netta negativa di 2.396 miliardi. La locomotiva del gruppo, Publitalia, la concessionaria che raccoglie la pubblicità per le reti di Berlusconi, fu colpita dalle difficoltà del mercato pubblicitario. Per salvare la Fininvest Silvio Berlusconi ebbe solo una strada: staccare dal gruppo una parte e venderla in Borsa. Il 10 giugno 1996 la Consob, l’organo di vigilanza, depositò il prospetto di collocamento di Mediaset, la nuova subholding delle tre tv (Canale 5, Rete 4, Italia 1) presieduta da Fedele Confalonieri, ma controllata dalla Fininvest al 72%. Il 31 Luglio 1997, come replica (tardiva) alla sentenza della Consulta, venne varata la legge Maccanico n. 249 (Istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo). Nella parte dove sanzionava il divieto di posizioni dominanti, essa stabiliva che nessuno poteva essere titolare di un numero di concessioni pubbliche che consentano di irradiare piu' del 20% delle reti televisive stabilite dal piano delle frequenze. Tale piano prevedeva 11 frequenze nazionali e dunque a nessuno era consentito possedere piu' di 2 reti nazionali. Ben sapendo la posizione del gruppo Mediaset televisive di cui Confalonieri era presidente, ma comunque di proprietà dell’ex presidente del consiglio, Berlusconi, titolare di 3 reti e quindi in violazione del limite, la legge Maccanico gli concedette una 58 proroga acconsentendo alla prosecuzione delle trasmissioni dei canali Fininvest a patto, pero', che iniziasse un trasferimento sul satellite dei canali in eccedenza: Art3, comma 7 "L'Autorità, in relazione all'effettivo e congruo sviluppo dell'utenza dei programmi radiotelevisivi via satellite e via cavo, indica il termine entro il quale i programmi irradiati dalle emittenti di cui al comma 6 devono essere trasmessi esclusivamente via satellite o via cavo. Ancora una volta rimasero vaghi i termini di scadenza, poiché uno sviluppo del sistema satellitare e della sua utenza non stabilivano di certo una data. Nel Luglio 1999 il Ministro delle Comunicazioni del governo D'Alema, Salvatore Cardinale, indice la gara per l'assegnazione delle concessioni televisive. Occorre ricordare che la Corte Costituzionale già nel 1994 (sentenza n.420) aveva sentenziato l'incostituzionalità delle tre reti concesse a Berlusconi che, tuttavia, continuarono a trasmettere. Oltre alle 3 reti Rai risultarono vincitori delle concessioni altre 8 reti private (Canale 5, Italia 1, Tele+Bianco, Tmc, Tmc2, Europa 7, Telemarket Elefante) per un totale di 11. Rete 4, dunque, perde tte la gara che venne vinta da Europa 7 di Francesco di Stefano. A questo punto Rete 4 avrebbe dovuto cedere le frequenze ad Europa7 e passare sul satellite. A tutt'oggi questo non è ancora avvenuto. Vistasi negata del diritto acquisito a trasmettere Europa 7 ha presentato a partire dal Luglio 1999, numerosi esposti e ricorsi al Tar, al Consiglio di Stato, alla Comunità Europea. In particolare, il direttore Generale del Mercato interno della Commissione Europea, Alexander Schaub, in risposta al ricorso di Europa 7 ha minacciato l'attivazione della procedura di messa in mora dell'Italia da parte dell'Unione, per infrazione delle regole sulla concorrenza. Il ministro Gasparri, per giustificare una situazione ingiustificabile, ha fornito la seguente risposta: 59 "La prosecuzione dell'esercizio (di Rete 4) avviene sulla base di una norma legislativa di natura provvisoria e graduale che affida all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni la fissazione della tempistica deconcentrativa dell'assetto esistente, attraverso l'individuazione di una medesima data per trasferire l'emittente Retequattro su satellite e per istituire la rete di servizio pubblico senza pubblicità". Vistasi negata del diritto acquisito a trasmettere Europa 7 ha presentato a partire dal Luglio 1999, numerosi esposti e ricorsi al Tar, al Consiglio di Stato, alla Comunità Europea. In particolare, il direttore Generale DG Mercato interno della Commissione Europea, Alexander Schaub, in risposta al ricorso di Europa 7 ha minacciato l'attivazione della procedura di messa in mora dell'Italia da parte dell'Unione, per infrazione delle regole sulla concorrenza. Il ministro Gasparri, per giustificare una situazione ingiustificabile, fornirà la seguente risposta: "La prosecuzione dell'esercizio (di Rete 4) avviene sulla base di una norma legislativa di natura provvisoria e graduale che affida all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni la fissazione della tempistica deconcentrativa dell'assetto esistente, attraverso l'individuazione di una medesima data per trasferire l'emittente Retequattro su satellite e per istituire la rete di servizio pubblico senza pubblicità". L'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, istituita dalla legge Maccanico, il 7 Agosto del 2001 indica la data del 31 Gennaio 2003 come termine ultimo per il passaggio di Rete 4 sul satellite e notifica tale delibera alla società Mediaset s.p.a. Il 20 Novembre del 2002 La Corte Costituzionale, sul ricorso proposto da Adusbef-Associazione utenti e consumatori, da Europa 7 ed altri 60 contro la Presidenza del Consiglio dei ministri, dichiara l'incostituzionalita' dell'articolo 3, comma 7, della legge 31 luglio 1997, n. 249. Ecco le conclusioni della sentenza: "La Corte Costituzionale dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 3, comma 7, della legge 31 luglio 1997, n. 249 (Istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo), nella parte in cui non prevede la fissazione di un termine finale certo, e non prorogabile, che comunque non oltrepassi il 31 dicembre 2003, entro il quale i programmi, irradiati dalle emittenti eccedenti i limiti di cui al comma 6 dello stesso art. 3, devono essere trasmessi esclusivamente via satellite o via cavo" La Corte Costituzionale, dunque, rimediando alla vaghezza della legge Maccanico, richiamando la delibera dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, fissa finalmente al 31 Dicembre 2003 il termine improrogabile entro il quale Rete 4, in abuso di posizione dominante, deve essere trasferita sul satellite Aggiungiamo che, da quando si è insediato il governo Berlusconi, non solo non si è posto rimedio al conflitto d'interessi, all'abuso di posizione dominante nei media, alla situazione di illegalità di Rete 4, come era intuibile, ma in aggiunta si è assistito ad un crescente ed odioso fenomeno di censura ai danni di validi giornalisti come Enzo Biagi e Michele Santoro e di artisti come Daniele Luttazzi e Sabina Guzzanti. Vinte le elezioni (molti dicono grazie appunto alle sue televisioni) Silvio Berlusconi si trova esso stesso nella posizione paradossale e macchiata da un mostruoso conflitto d'interessi di poter far votare, da capo del governo, una legge definitiva sulle televisioni. Non più pressioni esterne a politici (o peggio) o 'inciuci' con la sinistra di 61 governo, ma stesura diretta di una legge ad hoc disegnata come meglio aggrada al Presidente del Consiglio - padrone di televisioni. Ne nasce una legge, la Gasparri, che tutti in Italia e all'estero, fatta eccezione per i fedelissimi del premier, considerano una ignominia. [Per un'ampia illustrazione della legge e dei suoi retroscena: "Inferno TV - Berlusconi e la legge Gasparri" Carlo Rognoni, Marco Tropea Editore] Ricordiamo brevemente gli articoli della legge Gasparri che porteranno Ciampi a non firmarla rinviandola alle camere: Art. 15. (Limiti al cumulo dei programmi televisivi e radiofonici e alla raccolta di risorse nel sistema integrato delle comunicazioni. Disposizioni in materia pubblicitaria) 2. Fermo restando il divieto di costituzione di posizioni dominanti nei singoli mercati che compongono il sistema integrato delle comunicazioni, i soggetti tenuti all.iscrizione nel registro degli operatori di comunicazione costituito ai sensi dell.articolo 1, comma 6, lettera a), numero 5), della legge 31 luglio 1997, n. 249, non possono né direttamente, né attraverso soggetti controllati o collegati ai sensi dell.articolo 2, commi 17 e 18, della citata legge n. 249 del 1997, conseguire ricavi superiori al 20 per cento delle risorse complessive del settore integrato delle comunicazioni. L'art. 15 chiama in causa il Sistema integrato delle comunicazioni o Sic. Tutte le leggi antitrust si basano sul concetto di 'mercato rilevante' per determinare la presenza di una posizione dominante. Il mercato rilevante della bibita Coca-Cola è il mercato delle bibite analcoliche, non il mercato dei liquidi in generale. Il Sic invece si guarda bene dal definire un mercato rilevante della televisione, come sarebbe giusto e nel quale Berlusconi sarebbe senza dubbio in abuso di posizione 62 dominante, ma introduce il mercato di tutti i mezzi di comunicazione, televisione, stampa e cinema, e ci aggiunge anche le affissioni, le insegne e locandine, le promozioni, le sponsorizzazioni le relazioni pubbliche e così via. Risultato: la posizione di Berlusconi viene diluita all'infinito evitando il rischio antitrust. Di chi è l'idea del Sic? Molti vedono l'ombra della Fininvest dietro la legge Gasparri. Nel libro di Carlo Rognoni (Inferno TV p.39) troviamo una citazione sconvolgente tratta da un promemoria di Publitalia '80 del 1988, presentato alla Corte Costituzionale in uno dei tanti processi nati da ricorsi di reti concorrenti. Dice il promemoria: "Per misurare il vero grado di concentrazione del gruppo Fininvest non ci si può limitare a considerare il mercato della pubblicità televisiva; occorre assumere a parametro l'intero mercato della comunicazione commerciale" Autori del promemoria i rappresentanti di Berlusconi, Aldo Bonomo e Cesare Previti. Art. 25. (Accelerazione e agevolazione della conversione alla trasmissione in tecnica digitale) 1. Ai fini dello sviluppo del pluralismo saranno rese attive, entro il 31 dicembre 2003, reti televisive digitali terrestri, con un.offerta di programmi in chiaro accessibili mediante decoder o ricevitori digitali.3. L.Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, entro i dodici mesi successivi al 31 dicembre 2003, svolge un esame della complessiva offerta dei programmi televisivi digitali terrestri allo scopo di accertare: a) la quota di popolazione raggiunta dalle nuove reti digitali terrestri; b) la presenza sul mercato di decoder a prezzi accessibili; c) la effettiva offerta al pubblico su tali reti anche di programmi 63 diversi da quelli diffusi dalle reti analogiche. Entro trenta giorni dal completamento di tale accertamento, l’Autorità invia una relazione al Governo e alle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica nella quale verifica se sia intervenuto un effettivo ampliamento delle offerte disponibili e del pluralismo nel settore televisivo ed eventualmente formula proposte di interventi diretti a favorire l.ulteriore incremento dell.offerta di programmi televisivi digitali terrestri e dell.accesso ai medesimi. L'art. 25 mette le sorti del pluralismo in mano al digitale terrestre. Vedremo in seguito come, nelle stesse parole di Ciampi, questa tecnica avrà il solo risultato di consentire a Rete 4 di continuare a trasmettere. 3.0 L’altra televisione: il network delle tv di quartiere La nascita del network telestreet coincide con la nascita di Orfeo tv, nel giugno 2002. Già negli anni precedenti erano stati fatti esperimenti di televisioni indipendenti o di strada, che magari non occupavano necessariamente l’etere, si trattava per lo più di esperienze isolate, che non hanno mai confluito in un network. L'onda comunicativa ed elettromagnetica partita da Orfeo con la prima telestreet, è rimbalzata 64 per tutto il "popolo delle videocamere" che ha trasformato la contestazione al G8 genovese nell'evento più filmato della storia, di cui una parte si è lanciata alla conquista dell'etere, quartiere dopo quartiere. A questo primo network si sono aggiunti molti soggetti che da tempo desideravano comunicare in un territorio di perenne dominio monopolistico, tutti con l’obiettivo finale di salvare dalla lobotomia televisiva giovani, casalinghe e pensionati, risvegliandoli dal torpore con le videoproduzioni indipendenti che fino ad allora erano rimaste "confinate" all'interno dei siti web, senza la possibilità di raggiungere le “casalinghe di Voghera” ancora lontane dall'informatica e da molti di quei materiali, ricchi di informazioni, censurati al popolo. Per riempire un palinsesto di una telestreet ci vogliono molti soldi o in alternativa molte risorse umane: è per questo che la produzione di queste piccole emittenti attinge a piene mani dalla strada, trasformando il flusso televisivo, prima unidirezionale, in un circuito aperto ai contributi e ai materiali video di chi vive, abita e lavora nel quartiere coperto dal segnale televisivo "a corto raggio". Da casalinga di Voghera ad “anchorwoman di Voghera” il passo è più breve di quanto sembri. La convergenza dei sistemi di trasmissione video e lo sviluppo dei mezzi di comunicazione degli ultimi anni, stanno permettendo grandi possibilità per i nuovi canali di informazione indipendente, caratterizzati dalla imprevedibilità delle risorse e dei mezzi, con redazioni aperte, partecipative. Questo stravolgimento di ruolo, da fruitore a produttore di informazioni, nasce dalle condizione di biunivocità propria della rete internet, da cui le nuove redazioni indipendenti assumono l’orizzontalità della struttura, per sfociare in ogni territorio mediatico conquistabile. In Italia la figura di Berlusconi, ha favorito una forte partecipazione al desiderio di 65 occupare l’etere per restituirlo ai cittadini. Oltre alla strategia di illegalità-silenziosa di Orfeo tv, che tende ad occupare fettine di etere inutilizzabile dall grandi stazioni televisive, gli obiettivi del neonato network si espandono verso la frequenza del canale uhf 71, destinata alle basi militari e dismessa con l’installazione di circuiti chiusi via cavo. Questa nuove emittenti si orientano verso sperimentazioni le tecnologie di video trasmissioni sempre più attuali, come il videostreaming, ma anche verso la denuncia e comunicazione dell’attuale situazione del controllo televisivo in tutti i territori mediatici: dall’illegalità di una rete del primo ministro per mancanza di concessione a un futuro monopolio globale della televisione via satellite65, attraverso azioni come la diffusione nell’etere in chiaro del segnale televisivo satellitare durante le partite del campionato italiano. In un contesto politico rischioso e al tempo stesso agitato, tra tentativi di formare una associazione nazionale per rivendicare una frequenza nazionale o un canale comunitario, con il futuro passaggio del sistema di trasmissione televisiva hertziana da analogica a digitale, la strategia più efficace, è invadere più territori mediatici possibili nell’immediato, portando una informazione critica, ragionata. Una nuova concezione del mezzo televisivo: uno strumento contaminabile, di cui impadronirsi e servirsi, senza alcun rischio di prese di controllo da parte di nessuno. 3.1 Eterea uno: le prime esperienze del nascente network La storia delle televisioni pirata in Italia, potrebbe cominciare nel 1975, quando alcune tra le prime emittenti private cominciarono a L’impero Sky di Murdoch, il magnate australiano che, anno dopo anno, si estende su nuove nazioni. 65 66 trasmettere anche senza una concessione locale. La legislazione in merito di antenne e trasmettitori abusivi, non è mai stata severa, ha sempre lasciato che si potesse trasmettere in ambito locale, anche senza un permesso. A Napoli ad esempio, sono sopravvissute a lungo televisioni metropolitane commerciali, che per usucapione si sono in alcuni casi aggiudicati il diritto di trasmettere. E in un paese dove uno dei maggiori network privati, di proprietà del Presidente del Consiglio dei ministri, trasmette senza avere una concessione, è facile che network più piccoli possano sopravvivere allo stesso modo. Ci furono fino alla fine degli anni 90 esperienze di televisioni indipendenti non a carattere commerciale, come Minimal TV, con un fare tv come critica costruttiva al mezzo: “La Minimal TV è la televisione più piccola del mondo: trasmette i suoi programmi via cavo su alcuni televisori messi “in strada”. Minimal Tv è fare televisione ripartendo dal minimo indispensabile, quasi da zero, anche perché la televisione non esiste: sono solo figurine”66. Anche a Bologna, nei primi anni novanta, fu effettuato un esperimento di televisione via cavo nell’area del Pratello, con televisori della zona collegati via cavo e anche posti in strada. Nel 2001 in seguito alla seconda elezione di Berlusconi a capo del governo, rinasce e si alimenta la necessità di rompere il monopolio televisivo. Inoltre molti gruppi video nati negli anni ’90, sentono la necessità di trovare un territorio comunicativo dove poter divulgare informazioni in modo indipendente, dopo che un regime mediatico in atto, tende a voler coprire ogni piccola voce fuori dal coro. Il movimento rinato con gli scontri a Seattle, rimbalza in tutto il pianeta, fa viva una necessità di informazione indipendente. E’ nato e sta 66 http://www.leonet.it/art/giallomare/minimal.html 67 nascendo grazie ad internet, un nuovo modo di fare informazione: Indymedia, un network ad accesso pubblico, uno strumento partecipativo, che riunisce anche molte realtà video vicine ai centri sociali, che si rivelano indispensabili soprattutto nelle manifestazioni nazionali di movimento come il Global Forum di Napoli dell’aprile 2001 e la manifestazione contro il G8 di Genova del luglio dello stesso anno. Saranno infatti le immagini del network nascente di mediattivisti a finire su tutti i telegiornali e denunciare le violenze della polizia avvenute la sera, a manifestazione conclusa, presso il mediacenter autogestito nel palazzo di fronte. La nascita di Teleorfeo e quella del progetto del network Telestreet, è scaturita dal gruppo di Radio Alice, la piccola emittente radiofonica bolognese divenuta famosa negli anni '70 per la sua capacità di essere voce del movimento giovanile di quegli anni e per la carica innovativa delle sue trasmissioni. Radio Alice, insieme con altre piccole radio "democratiche e di movimento" che stavano nascendo in quegli anni, riuscì a battere il monopolio della RAI, contribuendo alla diffusione delle radio libere. Ora il progetto rimane lo stesso, ma si trasferisce sull’etere: ricostruire dal basso la democrazia della comunicazione televisiva. Le prime parole della neonata micro emittente televisiva rivendicano il diritto di cui all’articolo 21 della costituzione Italiana sulla libertà di espressione, sottolineando la similitudine con la situazione radiofonica degli anni ’70, quando allora vinsero la battaglia contro il monopolio statale. Dichiara a proposito Valerio Minnella, uno dei fondatori di OrfeoTV, ai microfoni di Radio Alice quando la polizia fece irruzione in diretta sospendendone le trasmissioni: "Siamo tutti inferociti per la situazione italiana. Tieni presente che allora Radio Alice fu la radio che permise di battere il monopolio radiofonico, attraverso il processo che subimmo e la 68 successiva sentenza di assoluzione, che decretò l'incostituzionalità del monopolio e la nascita delle radio libere. Vedere rinascere un monopolio di fatto oggi, a livello televisivo, ci preoccupa molto. Allora era un monopolio di stato, oggi è un discorso di concentrazione e di controllo nelle mani di un unico soggetto del 92% del mercato televisivo italiano". Orfeo tv trasmette su un cono d’ombra di Mtv: il trasmettitore del network musicale, si trova sui colli bolognesi, vicino a San Luca e una impedenza generata da alcuni edifici, genera una zona d’ombra in via Orfeo. Nella minuscola area, sulla frequenza Uhf 51 non si riceve il segnale del network, quindi le trasmissioni irradiate dal trasmettitore dalla potenza di 0,7 watt, posto in via Rialto, sul tetto della sede di Orfeo tv, occupano una zona dell’etere libera dove prima nessun segnale riusciva ad arrivarci. "Sappiamo di non rischiare grosso racconta Valerio Minnella - la Mammì prevede una condanna fino a tre anni per tv nazionali, e un anno e mezzo per tv locali. Essendo noi tutti incensurati, significa l'applicazione della condizionale, al massimo una multa. Ma noi siamo convinti che non potranno spingersi troppo avanti. La legge sull'emittenza è altamente disapplicata: Retequattro, ad esempio, è senza concessione proprio come noi, dovrebbe trasmettere solo su satellite. Se un magistrato dovesse perseguire noi e non loro, sarebbe una situazione difficile da spiegare". Il progetto del gruppo di radio Alice è anche un altro: costituire un network di televisioni di strada italiane, con un unico scopo: abbattere il monopolio televisivo. Si propone quindi come modello virale capace di contagiare tutti i videoamatori sparsi per la penisola, che vogliono cogliere la sfida della conquista di uno spazio libero di 69 comunicazione finora negato a chi non ha i miliardi: l’ operazione ha infatti un costo che si aggira sui 1000 euro. I realizzatori di Orfeo TV mettono in rete un piccolo sito internet, nel quale si spiega come trovare un cono d’ombra nella propria città, quali attrezzature procurarsi e come e dove montare l’antenna. All’appello risponde subito TMO, tele Monte Orlando di Gaeta, che già aveva sperimentato a trasmettere abusivamente da un imprecisato scantinato di Gaeta, la sera della vigilia di Natale 2001, ma che dall’estate 2002 inizia a trasmettere quotidianamente. Nasce dall’esperienza tecnica di Livio Batosi, che cerca di coinvolgere Antonio Ciano, eclettico cinquantenne tardocomunista con la fissa del meridionalismo e nessuna esperienza di telecamera, in un’avventura libertaria e democratica ma sul filo dell’illegalità. Il suo nome si riferisce all’impedenza naturale che genera un ampio cono d’ombra che il gruppo nutrito di videoamatori occupa, diffondendo contenuti video con grande consenso popolare. Durante il forum sociale europeo, svoltosi a Firenze nel novembre dello stesso anno, prendono vita 2 esperimenti televisivi per riprendere l’evento: il primo è Global tv, del gruppo politico della rete dei disobbedienti, che trasmette sulla frequenza satellitare 11200 del satellite HotBirth, sul canale 863 dei decoder degli abbonati al servizio satellitare della Vivendi, che affitta regolarmente per effettuare dirette di eventi speciali per il movimento e in chiaro attraverso la frequenza di Europa 7; l’altro è HubTV, una televisione aperta che disturba l'etere di Firenze sul canale UHF60 dal “laboratorio di sperimentazione di saperi e libero godimento dei sapori” che si è auto installato nel parterre in Piazza della Libertà: è una televisione open-broadcasting, a trasmissione aperta, che sta iniziando a confezionare il suo palinsesto insieme a tutte le realtà 70 presenti nel laboratorio. La redazione è appesa al muro: la programmazione infatti è aperta a tutti quelli che hanno storie da raccontare, una faccia da mostrare o una videocassetta da infilare nel videoregistratore. HubTV si ispira a quei laboratori di sperimentazione sul linguaggio televisivo maturate negli ultimi anni come Pratello Tv, BoyCoop Tv67 e Orfeo Tv . Al progetto partecipano i gruppi video vicini alla rete di comunicazione di Indymedia. Tra i qual i Candida. Candida nasce dall'incontro di una decina tra giovani autrici, registi, tecniche, appassionati e appassionate ricercatrici della potenzialità ancora inespresse dei linguaggio audiovisivo. L'occasione si presenta nel 1999, quando l'emittente romana Teleambiente mette a disposizione uno spazio di un'ora a settimana: Candida tv era una trasmissione che per nove settimane ha cercato di ricongiungere la spaccatura tra pubblico e televisione. “Insomma una televisione low fi, per una comunicazione di qualità”68. Le altre esperienze del gruppo hanno ancora di più abbattuto questo muro facendo della strada il set della televisione, come l’episodio del Napoli Striit Festival del 1998, in cui installarono una console video interattiva, con una regia volante che permetteva la gestione di un palinsesto continuamente ridefinito dalla partecipazione del pubblico. O come Torre Maura TV Un laboratorio di videomaking di base dedicato ai giovani di quartiere, in collaborazione con il Laboratorio di Cultura Urbana Godzilla, in cui si faceva fare televisione anche a livello tecnico. L’esperienza di Candida tv, non ha ancora assunto la forma di una tv di quartiere. Dopo l’ esperienza di Hub tv, ha partecipato al canale La televisione via cavo a circuito chiuso, vissuta durante il primo Hackmeeting, l’ incontro nazionale degli hacker italiani. 68 http://candida.thing.net/pages/chisiamo.html 67 71 satellitare Nowar tv, a diversi workshop sulla distribuzione video indipendente, come Dash: sample image, tenutosi a Roma nell’ottobre 2003, al Forte Predestino, il centro sociale di riferimento di Candida tv, il Wsis, il Summit Mondiale sulla Società dell'Informazione, tenutosi a Ginevra il 12/13 dicembre dello stesso anno e, attraverso il network di Indymedia, alle molte manifestazioni, parate ed eventi, autorganizzate. Nei primi giorni di dicembre dello stesso anno, nasce a Termini Imerese, Telefabbrica l'emittente locale gestita dagli operai dello stabilimento Fiat in quei giorni in lotta contro la chiusura degli stabilimenti. Il giorno della manifestazione degli operai a palazzo Chigi, un nucleo di Carabinieri, su mandato del Ministero delle comunicazioni, chiude la piccola emittente. La telestreet siciliana, realizzata in una settimana, con una redazione di 6-8 persone, rappresentava uno dei mezzi più efficaci che gli operai Fiat avevano a disposizione per difendere il proprio posto di lavoro: trasmetteva da tre giorni, in un raggio di 150 metri, per 2 ore al giorno, servizi sulle manifestazioni e interviste agli operai. Appellandosi unicamente all'articolo 21 della Costituzione, ma non avendo la concessione governativa che autorizza a trasmettere, Telefabbrica si trovava in violazione della legge Mammì. La legge 223 del 6 agosto del 90, che porta il nome dell'allora ministro delle poste, pone come prerogative alla trasmissione, oltre che la concessione da parte del governo, trecento milioni (di vecchie lire) di capitale sociale interamente versato, e il pagamento allo Stato di 50 milioni. In più inasprisce le sanzioni precedentemente stabilite dall'art. 195 del codice postale, sanzionando addirittura il solo possesso di apparecchiature per la radiodiffusione. All'articolo 30, stabilisce: "chiunque installa od esercita un impianto di telecomunicazione senza 72 aver ottenuto la relativa concessione o autorizzazione è punito, se il fatto non costituisce reato, con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 500.000 a lire 20.000.000. Se il fatto riguarda impianti di radiodiffusione sonora o televisiva, si applica la pena della reclusione da uno a tre anni. La pena è ridotta alla metà se trattasi di impianti per la radiodiffusione sonora o televisiva in ambito locale." A essere precisi, l’art. 195 della Mammì è in contraddizione con alcune sentenze, la più importante è quella della Corte Costituzionale n. 202 del 1976. Questo decreto stabilisce in sostanza, che la possibilità tecnica di avere più canali radiotelevisivi permetteva una loro proliferazione senza dover più limitare l’applicazione dell’art. 21 della Costituzione. L'incostituzionalità del monopolio dell'etere, allora nelle mani dello Stato italiano, fu sancita già dalla sentenza del 4 dicembre del 1974, sempre da parte della Corte Costituzionale. Fu la sentenza che permise alle cosiddette radio pirata o radio libere, di passare alla legalità e portò alla loro proliferazione su tutto il territorio nazionale. Fu anche il principio di un altro processo, di segno sociale e culturale del tutto diverso: la creazione di alcune televisioni commerciali e l'espansione del mercato pubblicitario sul piccolo schermo. Anche grazie a tale sentenza poté nascere l'impero mediatico di Silvio Berlusconi. Di fatto, poi, si consolidò solo la sua di imprese televisive private nazionali, a costo di prevaricare qualunque altra valida iniziativa privata da parte di altri imprenditori. Il 10 dicembre, per dieci ore (dalle 15 all’una di notte dell’11) si accende "No War Television", una maratona televisiva no-stop trasmessa su satellite e in chiaro, legata alla campagna "Fuori l’Italia dalla Guerra", promossa da Emergency, Rete Lilliput, Libera, Tavola della Pace, Megachip e Social Forum. Dallo studio si collegano via streaming, audio e video con le piazze delle principali città italiane: un 73 flusso continuo di informazioni e scambi di opinione, un funzionamento di tipo assolutamente innovativo del mezzo televisivo. Una esperienza che vede coinvolti diversi soggetti assieme, tra cui il progetto di NGVision. Quattro giorni dopo, si svolge al TPO di Bologna “ETEREA” un incontro organizzato da Orfeo tv, in cui vengono presentate le esperienze della stessa Orfeo, di Candida tv, Telefabbrica e di altre esperienze di televisioni o progetti televisivi nati o nascenti come Spegnila tv, un progetto di telestreet romana. Tra i partecipanti al progetto di Nowar tv, c’è chi sottolinea il fatto che il modello telestreet si può integrare perfettamente in diverse esperienze televisive, anche di tipo diverso da quello proliferante, mentre i reduci dall’avventura di Hub tv evidenziano nelle esperienze degli ultimi mesi il manifestarsi di una tendenza verso la polimedialità, che significa la sovrapposizione e l'intreccio di media diversi che concorrono alla creazione dell'evento stesso che registrano. Qualcosa di diverso dal multimediale, qualcosa che viene registrato come un multimedia con interazione proiettiva. Durante il meeting vengono date le informazioni tecniche sulle onde, frequenze, potenze, zone d’ombra: Valerio Minnella di Orfeo tv richiama l’attenzione sulle innumerevoli zone d’ombra determinate dalla caratteristiche locali, che ci possono essere sul territorio nazionale, indicando microtrasmettitori dalla potenza di 0,07 Watt. La questione legale viene affrontata da Mario Albanese del Conna69. Si accenna anche alla figura di un network, che dovrebbe costituirsi in associazione, con una determinata linea politica, con un tavolo tenuto da Michele Santoro (ex giornalista RAI), Stefano Benni, giornalista e scrittore. 69 Coordinamento nazionale Nuove Antenne, è la più antica associazione radiotelevisiva di categoria indipendente "non profit" rimasta nel nostro Paese a difesa dei piccoli e medi editori televisivi e radiofonici per tutelare il loro diritto costituzionale di comunicare. 74 Agli altri tavoli partecipano poi anche tutti gli esponenti storici di radio Alice e Orfeo tv: Giancarlo “Ambrogio” Vitali, Franco “bifo” Berardi, Stefano Bonaga, Valerio Mannella tutti impegnati nella nuova avventura di Orfeo tv e Maurizio Torrealta, oggi direttore di Rainews 24. L’incontro ha un’alta partecipazione, c’è un vivo interesse che porterà alla nascita di altri soggetti nell’etere. Si fondano le basi per un network e viene aperta una mailing-list per la comunicazione. Viene trattato anche il tema delle tv comunitarie, facendo un raffronto con gli offener kanal tedeschi e nord europei e viene presentato un progetto, Urban tv, di una futura rete civica a banda larga su cui diffondere le tv comunitarie a Bologna. Il progetto potrebbe essere interessante per tutto il network, ma le incertezze che riserva il futuro italiano sulle nuove reti di comunicazione allontanano le attenzioni di chi da subito può occupare l’ etere e liberare spazi di comunicazione finora inaccessibili. Un altro progetto presentato e decisamente utile ad un nascente network di televisioni di quartiere è NGVision, New Global Vsion, un archivio on line di materiali video espressi dal movimento, dalle coscienze critiche, da produttori di informazione libera e indipendente. Quindi recupera la memoria storica del movimento attraverso la digitalizzazione di video che non avevano avuto alcuna distribuzione in passato, propone nuove visioni dando spazio e visibilità alle produzioni autoprodotte di videomaker, raccoglie e diffonde documentari non protetti da copyright. “Si sviluppa basandosi sulla collaborazione di persone che lavorano in rete e dalla rete partono per l'organizzazione del lavoro, la condivisione di conoscenze e risorse, la diffusione dei saperi necessari alla prosecuzione del progetto e alla veicolazione delle informazioni. Riteniamo che l'informazione sia altro: per combattere questo e' necessario implementare l'efficacia degli strumenti che siamo in grado 75 di gestire direttamente e/o creare rapidamente. Sulla base delle nostre conoscenze ed esperienze, intendiamo realizzare nuovi efficienti media così come e' già stato fatto in questi anni in differenti realtà collettive”70. Sabato 22 febbraio 2003, in un solo giorno, una ventina di Tv di Strada si accendono con una azione collettiva che sarà al tempo stesso un messaggio contro la guerra in Iraq e contro il monopolio dell'etere: SpegnilaTV, Zero Audience, Candida Tv e Teleaut di Roma, NoMade tv, Isola tv, Taz tv, a Milano, le bolognesi Orfeo tv, Teleimmagini, Albornoz tv e TVTB, Telefabbrica, TMO, Anelli mancanti tv di Firenze, Ragnatele di Padova, Teleponziana di Trieste, Discovolante di Senigallia, Telefermento di Savona, Ottolina tv di Pisa, TeleRobbinud di Catanzaro. Sono una rete di piccole emittenti fatta di mediattivisti, di ragazzi con la telecamera, di giornalisti indipendenti, di registi, programmatori, montatori, sceneggiatori senza padrone, seguendo percorsi che il sistema televisivo monopolizzato non può né controllare né cancellare; si insediano nell’ etere con un modello orizzontale come la rete. La trasmissione prodotta collettivamente è una raccolta di contributi, uno per ciascuna televisione, sulla guerra in Iraq. Le televisioni che partecipano sono già nate o stanno nascendo, di fatto l’unica telestreet che comincerà a trasmettere proprio in quella data per la prima volta è NoMade tv guidata dal regista televisivo Osvaldo Verri, un "reduce" del G8 genovese che ha progettato questo canale di comunicazione per dare respiro all'anima "sociale" della videocomunicazione, che nei circuiti televisivi commerciali e' irrimediabilmente repressa, sacrificata sull'altare dell'audience e della raccolta pubblicitaria. Grazie a Nomade Tv Verri e altri videoproduttori indipendenti avranno uno spazio a disposizione per 70 http://www.ngvision.org/index.it.html 76 "riciclare" filmati, materiali e documenti che non hanno trovato spazio nei circuiti della televisione commerciale, pur meritando un destino più glorioso di una soffitta impolverata. Attraverso il sito NGVision, che si rivela fondamentale per il recupero di risorse video da parte di tutte le telestreet che cominciano a trasmettere, tutti i filmati digitalizzati acquisiscono automaticamente la licenza Creative Commons, un passo avanti rispetto alla dicitura nocopyright. Il progetto Creative Commons e' stato fondato nel 2001 con un notevole sostegno da parte del Centro per il Pubblico Dominio. Il primo progetto realizzato da Creative Commons e' stato, a dicembre del 2002, con il rilascio di un set di licenze che garantiscono il libero riutilizzo pubblico di un'opera. Prendendo in parte ispirazione dalla licenza GNU/GPL della Free Software Foundation, Creative Commons ha sviluppato un'applicazione web che permette alle persone di destinare al pubblico dominio le loro creazioni - o di mantenere il copyright su di esse e contemporaneamente garantirne il libero utilizzo per determinati scopi e a determinate condizioni. A differenza della GNU/GPL, le licenze Creative Commons non nascono per il software, bensi' per altre tipologie di opere: siti web, musica, fotografia, letteratura, etc. Creative Commons intende basarsi sul lavoro già svolto da altri che hanno rilasciato altre licenze pubbliche per usi creativi, e completare questo lavoro. L’ obiettivo non e' solo incrementare il materiale disponibile in rete, ma rendere più semplice e meno costoso l'accesso a tale 77 materiale. Per questo, sono stati sviluppati dei metadata71 che possono venire utilzzati per associare lavori creativi al pubblico dominio, o a condizioni regolate da licenze interpretabili dai calcolatori: ciò metterà le persone in grado di utilizzare il sistema di ricerca e altre applicazioni analoghe ondine, per trovare ad esempio fotografie liberamente utilizzabili a patto di citare l'autore, oppure canzoni che possono venire copiate, distribuite e campionate senza limitazioni di sorta. Queste licenze leggibili automaticamente dai computer possano rendere questo processo molto più semplice e di conseguenza abbattere ciò che ostacola la creatività. Esistono alcune caratteristiche comuni a tutte le licenze Creative Commons: con ciascuna delle licenze CC, infatti, si mantiene il copyright sull'opera di cui si è autore, e attraverso le licenze non vengono intaccati i diritti di "fair use", "first sale" e "free expression"72 di cui gode il pubblico. Ogni licenza impone al pubblico: di chiederti il permesso per tutti quei comportamenti che hai deciso di limitare, come le rielaborazioni dell'opera o il suo utilizzo commerciale, di mantenere intatte le indicazioni sul copyright su ogni copia della tua opera e di non usare tecniche che limitino l'uso legittimo della tua opera da parte del pubblico. Ogni licenza permette al pubblico, ammesso che si rispettino i termini della licenza stessa, di copiare l'opera, distribuirla, mostrarla o eseguirla in pubblico, eseguirla in pubblico in forma digitale (webcasting) e convertire l'opera in altro formato preservandone l'integrità (copia conforme, non rielaborata). 71 informazioni strutturate per organizzare, identificare e recuperare ogni oggetto o documento digitale. Sono usati per generare motori di ricerca di banche dati. 72 queste licenze sono state elaborate negli Stati Uniti. rispetto al contesto italiano ed europeo, vi sono diversità nelle leggi e nella concezione stessa del diritto d'autore. Le versioni europee sono in 78 3.2 EtereaVS2: critica al’informazione con ogni mezzo necessario A Peccioli vicino Pisa, nasce Peccioli tv, una tv comunitaria voluta da Renzo Macelloni, il sindaco diessino della cittadina toscana: trasmette le sedute del consiglio comunale, la messa domenicale e uno spazio aperto dedicato alle attività delle associazioni locali. Il comune, unico in Italia ha finanzato il progetto: grazie all’impulso del circuito Telestreet e al supporto tecnico di Hoeksteen Italia73 è stato installato un trasmettitore sul campanile del centro storico in grado di raggiungere buona parte del territorio comunale, utilizzando il canale UHF 49 che su Peccioli è completamente in ombra. Il 26 settembre attivisti di tutto il network telestreet si riuniscono a Piccioli per opporsi ai due funzionari del ministero della Comunicazione inviati per porre i sigilli agli impianti. ''Di fatto - ha spiegato Macelloni l'ordinanza di disattivazione della nostra tv non era eseguibile perché gli impianti ancora non li abbiamo. Ne hanno preso atto e se ne sono andati ''. Così si risolse allora la cosa, ma una volta che l’impianto della televisione divenne concretamente presente e operativo, il ministero non mandò più nessuno. Anzi, pochi mesi dopo lo stesso sindaco ha annunciato che in breve tempo Peccioli avrà le concessioni per trasmettere legalmente e anche in altri comuni dell’alta Valdera. “Peccioli tv” quindi diventerà “Parco tv” grazie all’interessamento dei comuni di Palaia, Lari, Capannoli e Laiatico e ad un finanziamento di diecimila euro per avere delle strutture tecniche da “vera” tv. Pochi giorni prima però, il 19 settembre 2003, i sigilli ministeriali sono stati messi al trasmettitore di un’altra emittente: Discovolante di via di sviluppo, attraverso una discussione collettiva di una mailing-list, anche in Italia: http://lists.ibiblio.org/mailman/listinfo/cc-it 73 Hoeksteen Italia è un’associazione affiliata alla redazione di un programma che va in onda sulla rete civica di accesso pubblico di Amsterdam 79 Senigallia. Discovolante è una televisione di strada creata con l’aiuto delle istituzioni pubbliche locali ed è animata da diversi disabili della zona. Franco è un portatore di handicap che ad esempio gira per il paese evidenziando le ingiustizie sociali create dalle barriere architettoniche presenti in città, ma conduce anche trasmissioni in studio con altri portatori di handicap, introducendo temi di qualsiasi genere. Questa è una faccia di Discovolante, un servizio televisivo nuovo, un’anima del circuito telestreet. In seguito alla decisione del governo, molti attivisti di tutte le telestreet italiane sono accorsi al meeting che i soci della associazione che si occupa di disagio sociale hanno organizzato con l’aiuto del sindaco. Durante l’incontro i partecipanti da tutta Italia hanno sentito il bisogno di organizzare un incontro nazionale per poter creare un network di supporto alla creazione di altre telestreet su tutto il territorio. Prima ancora a Roma, le telestreet Teleaut, Ant TV74 e Spegnila Tv, la domenica dopo quello che era accaduto a Senigallia, hanno dato vita ad una trasmissione pirata della partita Roma – Juventus trasmessa in diretta da SKY, chiamandosi per la serata Discovolante e trasmettendo durante gli intervalli pubblicitari video informativi su quanto era accaduto all’ emittente marchigiana, ottenendo un enorme successo di pubblico. Nel frattempo Discovolante che non ha più riacceso il proprio trasmettitore, ha continuato a produrre video e a diffondere i propri materiali via internet attraverso il sito portale “vivere senigallia”. Una delle sue recenti produzioni è stata insignita del prestigioso Premio Ilaria Alpi per le tv locali. "Con l'approvazione della discussa legge Confalonieri/Gasparri con il Sistema Integrato delle Comunicazioni (SIC) attivo, l'Authority che 74 Ant Tv è la televisione gestita dal gruppo di Candida Tv; trasmette solo in certe occasioni dal Forte Prenestino, ma l’ impianto sarebbe destinato al progetto di televisione itinerante. 80 non muove un dito e il monopolio RAI/Fininvest fatto santo, si bussa alla porta di Disco Volante per chiuderlo dietro le sbarre"75. Secondo i responsabili di Disco Volante la situazione mette in gioco la libertà di stampa prevista dalla Costituzione e con la telestreet si è schierato il senatore dei DS Guido Calvi che ne ha assunto la difesa. L’improvvisa chiusura di Discovolante e gli interessi di alcuni comuni sul fenomeno telestreet hanno spinto verso un secondo incontro nazionale delle televisioni di strada esistenti, mirato al conoscersi, allo scambiarsi le informazioni, le tecniche di trasmissione e le esperienze sul campo, e soprattutto per poter trarre una sorta di manifesto e una ricerca degli intenti comuni per portare avanti il network. Al primo incontro a Senigallia di settembre, emergono subito non pochi dubbi riguardo alla creazione di una associazione come soggetto unico rappresentativo del network. I soggetti coinvolti nel progetto sono differenti nelle pratiche, nei modi e nei contenuti: è quasi unanime la decisione di non poter costituire una associazione che riesca negli intenti desiderati. Comincia l’ organizzazione di Eterea 2 e viene scelta Senigallia come città ospitante. Nei 2 meeting pre-organizzativi tenutisi a Bologna presso la sede di Teleimmagini, si prende atto del fatto che le effettive telestreet che trasmettono sono 6, altre telestreet esistenti non sono interessate al network: Pitbull tv una telestreet romana vicina all’area politica della destra sociale, si oppone al monopolio televisivo quanto alle azioni di pirataggio eseguite dalle altre televisioni di quartiere, che avevano ritrasmesso il segnale di SKY, ma anche Tele Ponziana, Global street e Xtv, le televisioni operative gestite da persone del movimento dei disobbedienti, si distaccano dagli intenti comuni che il network Da un comunicato di Discovolante del 2 agosto, in seguito all’assegnazione del suddetto premio. 75 81 vorrebbe creare. Tra le nuove realtà che si avvicinano e partecipano al lavoro di coordinamento, nonostante si comprenda e si voglia sostenere un lavoro collettivo per la gestione di un network attivo, è sempre scarso l’interesse della creazione di una associazione: per quanto possa essere utile, non si riesce a vederla come un qualcosa di rappresentativo per l’intero network. Anzi l’idea di un soggetto rappresentativo addirittura spaventa alcune televisioni. Si cominciano a delineare 2 diverse strade della rete delle telestreet: Orfeo tv, battezzatasi mamma delle telestreet, dopo aver proposto la formazione della associazione, vorrebbe creare un unico forte soggetto in grado di poter proporsi per una futura possibilità “lavorativa” di televisioni comunitarie imminenti sul territorio nazionale grazie alla prossima diffusione delle trasmissioni digitali terrestri. Non è l’unica telestreet interessata a seguire questo percorso, ma i perplessi e contrari a questa tappa fanno notare come sia veramente difficile poter costituire un soggetto che possa accogliere e soddisfare i motivi e le pratiche di tutte le realtà italiane che si vogliono lanciare in queste pratiche, sarebbe una sorta di chiusura che se da un alto faciliterebbe la formazione di altre televisioni, dall’altro richiederebbe un enorme mole di lavoro di coordinamento, ingestibile se si tiene conto anche dell’impegno quotidiano di gestire una televisione76. Inoltre, considerare di poter portare avanti un progetto a lungo termine che punta ad ottenere territori mediatici non ancora esistenti (le frequenze del digitale terrestre) non convince i media-attivisti che attraverso la telestreet punta a campagne che rivendichino ad esempio il salario del telespettatore77: l’etere televisivo analogico si può avere adesso ed è il campo su cui poter cercare di trasmettere un’altra televisione, perché 76 77 E questo viene ribadito soprattutto dalle televisioni che effettivamente trasmettono ogni giorno. Spegnila Tv 82 non è solo Berlusconi il problema contro cui si sono mobilitate tutte le persone del network, ma l’uso che si fa con la televisione e i danni collaterali che crea nella nostra società78. Altro argomento di discussione è un sito internet come strumento di coordinamento e archivio delle informazioni come dei video. Nella lista di telestreet che partecipano attivamente all' organizzazione dell'evento si aggiungono i nomi di Insutv di Napoli, Telecerini di Pisa, Mediattori di Perugia, Telecitofono di Reggio Emilia. Il meeting viene organizzato per fine marzo. Vengono dati gli spazi della mediateca del comune ed alloggio in una colonia estiva sulla costa e la banda per poter mandare in streaming il segnale televisivo. I partecipanti creano una sorta di laboratorio aperto polimediatico: per tre giorni discovolante torna a trasmettere nell'etere sulla frequenza del canale uhf 71, grazie ad un trasmettitore fornito dal gruppo di Spegnila Tv ed in rete via streaming grazie alla collaborazione del gruppo olandese Montevideo.nl che offrono la banda larga per poter permettere a un grosso numero di utenti sparsi per la rete da tutto il mondo, di poter ricevere il segnale. I contenuti delle trasmissioni sono gli stessi delle telestreet e dei tavoli di lavoro e gruppi di discussione mirati alla formazione di un network di supporto. La struttura è orizzontale: ogni partecipante porta i propri materiali, le proprie strumentazioni e comincia a trovare spazio per dare forma alla propria idea di televisione. Viene creato una sorta di studio dove poter presentare il proprio progetto; i tavoli di discussione sono seguiti dalle telecamere e trasmessi sotto forma di servizi montati o da una regia live per i dibattiti, ci sono postazioni per fare vj set e la postazione regia con diverse fonti da cui poter attingere, per fare una sorta di blob con i materiali delle telestreet. 78 Dai resoconti dei meeting organizzativi di Eterea2, scritti sulla lista di discussione di Telestreet. 83 Ciò che più colpisce è il mescolarsi confuso e produttivo delle competenze e delle tecnologie: chi assembla cavi e apparecchiature, chi monta video, chi scrive, chi fa l’operatore, chi fotografa. Come scritto nel report di Simone di OrfeoTv: «un'atmosfera di confronto orizzontale, di collaborazione, in cui nessuno si pone sopra nessuno. Un tavolo rotondo (anche se manca il tavolo) in cui faccia a faccia ci scambiamo idee, opinioni, materiale, ci poniamo questioni e ce le risolviamo (non sempre...)». I presenti a Senigallia sono un centinaio di mediattivisti di ogni specie e luogo e tutti attivissimi ognuno a modo suo, tesisti universitari in gran quantità, passanti, però pochi. I tavoli di lavoro divisi per argomentazioni precise, hanno delineato e informato tutti i partecipanti al network, la reale situazione: - Antenne al popolo79: mirato alla creazione di una nuova campagna di rilancio della moltiplicazione delle antenne. Nonostante in un primo momento sia stato di grande impatto sull'immaginario proporre a tutti la possibilità di fabbricare il proprio trasmettitore, l'ottimizzazione dei sistemi di trasmissione era ancora una necessità: le soluzioni fino ad ora proposte in rete hanno spesso portato a sottovalutare ostacoli insormontabili, hanno fornito soluzioni costose (e alcune volte anche queste inefficaci), in un'ottica comunque più vicina ad un rapporto tra professionisti e clienti che ad uno scambio di tecnologia e saperi considerata una dinamica fondamentale per la realizzazione di un network di televisioni indipendenti. Una televisione indipendente si differenzia anche per la totale autogestione. Chi vuole fare una telestreet dovrebbe sapere che le onde ad alta frequenza si ricevono a portata ottica: antenne in trasmissione e ricezione si devono vedere tra loro. Questo è anche all'origine dell'esistenza dei coni d'ombra. La posizione ottimale per situare la propria antenna trasmittente è nella 79 Testo tratto dal report di Claudio di Spegnila Tv 84 linea tracciata tra il più vicino impianto di ripetizione (avendolo alle spalle) e le antenne di ricezione, che saranno orientate a favore, dato che le antenne logaritmiche hanno un raggio di ricezione limitato a circa 60° e frontale (con una limitata capacità sul retro). Chi si trova a trasmettere in centri metropolitani ha alcuni di problemi aggiuntivi nelle antenne centralizzate. Le centraline degli impianti condominiali sono dotate spesso di attenuazione di segnale, data la potenza degli impianti di emissione delle commerciali a copertura nazionale che è molto alta. Un secondo problema viene dalle centraline a moduli selettivi che potenziano la qualità di ricezione ma solo su alcune frequenze prestabilite tagliando fuori inevitabilmente le nostre emissioni. A questo problema l'approccio hacker di Taz TV ha proposto un rimedio interessante: il VOLANTENNAGGIO, cioè la costruzione e la distribuzione di antenne dipolo a costo quasi zero e tagliate sulla lunghezza d'onda della frequenza su cui trasmette la tv di strada. Il volantennaggio è anche un sistema per interessare direttamente i riceventi con l'azione consapevole di staccare il proprio televisore dai ripetitori mainstream ed entrare in un diverso esperimento comunicativo attaccando la nuova antenna che riceve esclusivamente la tv di strada80. La scelta della frequenza, altrimenti, va cercata tra i canali privi di segnali, identificabili dalla condizione di "muting video" ossia l’ effetto neve. I sistemi di rilevamento empirici - come scorrere la sintonia di uno o più televisori - non sono esenti da sorprese81. C’è poi un sito internet che si aggiorna da un osservatorio sulle emissioni 80 Intervento di Giorgio di TazTv 81 La soluzione ottimale per la scelta della frequenza è l’ acquisto di un misuratore di campo. l'apparecchio che permette di monitorare la situazione dell'etere nel territorio che ci interessa e 85 regione per regione: www.otgtv.supereva.it82. In alternativa e in caso di assenza di coni d'ombra nei canali della quarta e quinta banda - da 21 a 69 - i canali 70 e 71 sono una buona alternativa perchè sono quasi dovunque inutilizzati e quindi di facile occupazione ma difficilmente possono diventare una soluzione definitiva per tutti. Una parte molto significativa dei televisori in commercio non permettono di ricevere oltre il canale 69 e questo è eccessivamente limitante considerato un raggio d'azione già limitato di per sè. Dunque è sembrato più produttivo, per una rivendicazione comune alla rete delle Tv di strada, prescindere da una specifica frequenza e concentrarsi su un canale, diverso per frequenza in ogni territorio, naturalmente su base non interferenziale. Per quanto riguarda il digitale terrestre, il completo abbandono delle trasmissioni analogiche, se dovessero realizzarsi le previsioni più ottimistiche, non avverrebbe prima di sei anni. Anche dal punto di vista della rivendicazione di uno spazio pubblico nella comunicazione televisiva che tenga in considerazione i possibili mutamenti nelle tecnologie di largo consumo, rimane comunque necessario partire dall'hertziano analogico. Per quanto riguarda gli apparati le indicazioni devono cambiare. Le apparecchiature che permettono di emettere sopra 1 watt di potenza (che è il minimo utile utilizzato da chi sta attualmente in onda) non sono considerate efficaci83. La direzione di ricerca va verso apparecchiature "broadcasting" di bassa potenza - assemblate comunque da persone in possesso di competenze specifiche. L'esperienza di InsuTV a Napoli, di Spegnila TV a Roma, trovare lo spazio libero tra le frequenze occupate - e soprattutto di escludere con certezza che il canale trovato libero non sia utilizzato già dalla sperimentazione del digitale terrestre. 82 Per alcuni mesi su questo sito, tra le televisioni ufficiali, è comparso pure il nome di Teleimmagini? sulla frequenza uhf 71 di Bologna. 83 L’impianto venduto dall’antennista di Albornoz tv (segnalato dal primo sito curato da Orfeo tv) a Tilt tv una telestreet nascente di Livorno, non riusciva a trasmettere oltre i primi palazzi intorno allo spazio Gozilla da cui partivano le trasmissioni. 86 Onda Anomala di Porto Sant'Elpidio e IsolaTV-Taz a Milano ci ha insegnato che per questa via si possono avere apparati della potenza adeguata (fino a 6 watt) a prezzi che non superano i 600 euro. Si deduce che quello che occorre dunque è una mappatura complessiva della disponibilità di materiali broadcasting con queste caratteristiche e delle competenze per rendere più generalmente disponibili queste soluzioni. - tavolo legale La questione legale verrà approfondita in seguito. A Eterea 2 è stato solo un dibattito tra la consapevolezza dell’illegalità e il problema stringente della sopravvivenza. Dice Valerio Minnella: “Dobbiamo uscire da questa situazione di impasse in cui le telestreet crescono, proliferano ma tutto rimane uguale”. In campo opinioni discordanti: strumenti da attuare e forme societarie per rendere economicamente sostenibili le tv di strada oppure passare dai proclami ai fatti con un’autodenuncia di fronte alla magistratura penale per vedersi riconosciuto il diritto a trasmettere. Secondo Minnella “quando la Gasparri sarà approvata le telestreet verranno chiuse con un semplice atto amministrativo e si presenta una fase di strozzamento di molte piccole tv locali”. La via politica è una tra tante, la fiducia nei politici è piuttosto scarsa. Ma molte prospettiva future (dalla questione dei canali ad accesso pubblico alle battaglie sulle frequenze e agli scenari della legge Gasparri) rimangono sospese a mezz’aria. La rivoluzione dal basso delle tv italiana ha ancora molti passi da compiere per acquisire consapevolezza e forza. Ambrogio Vitali, decano delle telestreet e ora promotore della campagna per le tv comunitarie ad accesso pubblico in collaborazione coi Comuni, riassume così la situazione: “A Eterea1 si respirava un’aria pionieristica e noi stessi e ci interrogavamo su quello che stava succedendo e su cosa dovevamo 87 fare. Qui a Eterea2 sono emersi dei veri e propri saperi. Ma d’altra parte c’è stato un deficit di politica, non siamo riusciti a interrogarci su cosa stiamo facendo, sui problemi organizzativi e creativi”. Dunque? “Il lavoro che noi facciamo deve trovare alleanze, denari, organizzazioni. Tutte domande che non ci siamo posti. E non dobbiamo dimenticarci di vivere in un regime che si fa ogni giorno più aggressivo”. La ricetta di Vitali prevede l’apertura degli spazi pubblici di comunicazione con amministrazioni comunali sensibili al tema, un’associazione nazionale per la rappresentanza delle telestreet nelle sedi politiche e istituzionali e la battaglia per richiedere canali e frequenze. “Il rischio che corriamo oggi è quello dell’isolamento, di una sindrome identitaria”. D’Arienzo però sostiene che “non possiamo chiedere un riconoscimento ufficiale già da ora a chi non ha affatto capito o ha frainteso la nostra funzione, come nel caso dei Comuni”. E sulla discussione pende il monito di David Garcia, dall’esperienza olandese di Next 5 Minutes: “La cosa migliore sarebbe non proporsi il problema della legalità o illegalità bensì il problema di creare dei media tattici”84. -tavolo subvertizing. Il concetto di subvertizing è utilizzare i margini non per restare ai margini ma per rovesciare l’intera scena mediatica. Insomma “non si può fare i bravi ragazzi che parlano con il proprio quartiere mentre fuori c’è la dittatura mediatica”85. Viene auspicato che le telestreet non agiscano nei margini di spazi concessi dai poteri dominanti ma che si oppongano con strategie di liberazione dell'etere affinché la moltiplicazione dei dispositivi di emittenza coincida con la dissoluzione del concetto stesso di sistema mediatico. Deve essere 84 85 Tratto dal video sul tavolo legale, realizzato durante il meeting, dagli organizzatori stessi. Franco Berardi”Bifo”. 88 valorizzato il lavoro quotidiano dei molti media-attivisti che contribuiscono a fornire un punto di vista altro dal mainstream con approfondimenti, dossier, notizie sul e per il territorio. L'esperienza della controinformazione ai margini (concordati) del mainstream non basta. Il mainstream è la manifestazione di un sistema di valori consumistico prima che un canale di diffusione televisivo. Questo è importante da capire per non stilizzare eccessivamente la direzione da intraprendere nella sola conquista dell'etere: non esiste una televisione buona ma il mediascape non è solo televisione. I corpi emittenti, i nodi vitali attraverso cui il mainstream occupa l'infosfera sono molteplici ed ha ovviamente una sua gerarchia di importanza. Per cui, tornando al subvertizing, alla necessità di far deflagrare la struttura portante dell'architettura mediatica, occorre ridefinire una mappa dei nodi principali di emittenza del mediascape: televisione sia nazionale che locale, pubblicistica urbana, centri commerciali, il network dell'Home Video. Le attività delle telestreet sono di fondamentale importanza perché sintomo di radicamento sul territorio, di partecipazione attiva al fare televisione, perché luogo di demistificazione mediatica, ma affinché il loro lavoro non venga meno, devono essere accompagnate da una strategia di piccole azioni quotidiane, azioni di disobbedienza ricettiva civile, che abbia per obbiettivo l'intero mediascape. E’ dunque necessario fornire strumenti e knowHow perché tutti siano in grado nel loro piccolo di attuare piccole azioni significative. Vivo interesse da parte di tutti, l’ha avuto il progetto di Ngvision e le licenze Creative Commons. Il sito archivio di filmati video è il miglior modo di far circolare i video per qualsiasi autore, nonché fonte indispensabile da cui trovare materiale da trasmettere per ogni televisione indipendente. Anche il sito di telestreet dovrebbe avere 89 questa funzione, ma il progetto già avanzato di Ngvision, conquista i mediattivisti delle televisioni che non hanno spazio web per pubblicare le proprie produzioni: dopo 3 anni di vita, il progetto ha sviluppato una veloce e pratica interfaccia web, in html dinamico, che permette il facile reperimento di un filmato all’interno dell’archivio, con un motore di ricerca per nome, autore o categoria. Nonostante sia cresciuto grazie allo sviluppo della rete commerciale a banda larga di Fastweb, Ngvision fornisce la possibilità di scaricare utilizzando tutte le tecnologie di trasmissioni dati disponibili: server appositi per la rete a banda larga, server per la rete adsl italiana, postazioni di archivi digitali in macchine situate in altri stati, server connessi nelle reti peer to peer e la tecnologia bit-torrent, grazie alla quale un giorno si potrebbe streammare un segnale video anche con basse connessioni. Anche le Creative Commons, le licenze che vengono attribuite automaticamente a tutti i filmati presenti sul sito, sono la soluzione più appropriata per una diffusione rizomatica delle informazioni video, necessaria per la formazione del network. (dei progetti ngvision e creative commons ne parlerei nel capitolo di teleimmagini visto la nostra attiva partecipazione ai progetti). Al dibattito finale con Maurizio Torrealta direttore di Rainews24, Glauco Benigni dirigente Rai e autore del libro "Apocalypse Murdoch" e David Garcia di Next 5 Minutes, si insiste sul superamento della barriera tra teoria e pratica e che le tv di strada sono l´esempio di un percorso in cui la pratica rompe gli scenari consolidati dai media creando spazio a nuove teorie sulla comunicazione. 3.3 Post Eterea 90 Dopo l’esperienza di Senigallia, il network forse non esiste ancora: il soggetto legalmente riconosciuto che si voleva creare non è riuscito a nascere: è difficile riuscire a formare una associazione culturale in grado di rappresentare tutte le identità presenti come telestreet, inoltre il lavoro di supporto che si vorrebbe creare è un impegno che porterebbe via un sacco di tempo ed energie preziose, dal momento che chi farebbe questo “lavoro” è già impegnato in altri progetti collegati alle telestreet. L’esperienza di un anno di tentativi di outreach86 hanno dimostrato quanto i coinvolgimenti diretti siano i più efficaci: la rete e la mailing-list, sono utili per una comunicazione nazionale o per un lavoro di coordinamento dell’organizzazione dei progetti. Ultimamente anche le comunicazioni nella lista di discussione del progetto sono diventate difficili: un gran numero di iniziative vengono postate con la richiesta di una video documentazione dell’evento proposto, scambiando il progetto telestrewet come un servizio di produzione e distribuzione di materiale comunicativo. Quello che invece è il lavoro di supporto del network, consiste nell’aiutare ad installare nuove antenne, di creare nuove piccole televisioni capaci di restituire il mezzo televisivo al popolo. Fare il cameraman, il regista, il montaggista per altri eventi è un lavoro che non interessi i mediattivisti coinvolti nel progetto: partecipare ad un evento o ad una manifestazione, non significa solamente farci un video. In occasione dell’Euromayday, la manifestazione contro il precariato del primo maggio 2004, una parte del network operante e trasmittente delle telestreet si ritrova a Milano: Insu tv di Napoli, Spegnila tv, Candida tv e Teleaut di Roma, Teleimmagini? di Bologna, Isola Tv di 86 Viene usato questo termine inglese per indicare il coinvolgimento al progetto di persone fino ad ora esterne. 91 Milano partecipano alle azioni e alla manifestazione, nonché coordinano il lavoro di comunicazione, con una produzione di video e un segnale streaming via internet: ma le produzioni realizzate non sono semplici filmati di documentazione dell’evento. Al mattino vengono riprese le azioni di blocco delle catene commerciali come Zara, una multinazionale dell’abbigliamento, la libreria Mondadori, il negozio della Disney, un Mac Donalds, ecc., partecipandovi: il mediattivista riprende l’entrata delle biciclette87 che invadono Zara direttamente da una bicicletta, è un attivista delle telestreet che con la telecamera in mano spiega davanti alla porta della Mondadori, perché ne sta bloccando l’entrata. Anche altre azioni dirette fatte nei confronti della Mac Donalds o della Disney, sono documentate dall’interno e dall’esterno ancora prima che comincino e nelle riprese il mediattivista con una mano riprende e con l’altra attacca adesivi o distribuisce materiale informativo88. Le riprese poi sono portate al mediacenter, uno spazio allestito indipendentemente da mediattivisti, dove le immagini vengono montate e messi in rete e dove viene curato tutto il lavoro di trasmissione dati via streaming per rimandare il segnale video delle immagini della manifestazione in tutto il mondo. Questi laboratori aperti, centri di informazione indipendente allestiti grazie alla collaborazione di attivisti del network di Indymedia, sono i territori mediatici più fertili per lo scambio di conoscenze pratiche e non, tra tutti e funzionali nei confronti dei processi di apertura del network verso altri progetti o singoli, che con le loro riprese collaborano al servizio di copertura mediatica di tutto l’evento. E’ qui 87 Il movimento di Critical Mass, le coincidenze organizzate di biciclette per bloccare il traffico, ma non solo. 88 Il primo maggio storicamente era una giornata di lotte contro i padroni, che diventò festività dal lavoro grazie a queste. Oggi le multinazionali, obbligando i propri dipendenti a lavorare anche durante questo giorno, stanno cercando di far dimenticare la festività alle classi sociali più basse, le stesse che a suo tempo riuscirono a conquistarsi questa data. 92 che la natura rizomatica e aperta del network prende forma concreta: da qui può procedere il lavoro di ampliamento del network. In seguito infatti a questa collaborazione, il progetto di Tilt tv riesce a risolvere alcune problematiche tecniche e prepararsi per la definitiva apertura delle proprie trasmissioni. Inoltre nascono realizzazioni di video istantanei, attraverso la partecipazione collettiva di tutti i video attivisti aperti alle collaborazioni. Dopo la denuncia alla Telestreet Disco Volante di Senigallia è quantomai importante riflettere e diffondere argomenti come la democrazia mediatica, la comunicazione libera e indipendente, il mediattivismo. Il Media democracy day, l'evento di Monaco svolto dal 14 al 16 luglio 2004 presso la Muffathalle di Monaco di Baviera, nato con l'intento di portare queste tematiche anche all'estero, riflettendo sul caso italiano e sul futuro della nostra democrazia, nonchè sul fenomeno telestreet e sulle forme di attivismo mediatico italiano, sembra aver dato i suoi frutti. Il meeting è stato ampiamente diffuso a livello internazionale e ciò dimostrando che c'è grosso interesse per quello che viene fatto in Italia e soprattutto per quanto riguarda la nostra situazione mediatica e politica. L'istituzione che ha promosso l'evento, la Bundeszentrale für politische Bildung/bpb, che in Germania si occupa dell'aspetto educativo e culturale della politica nazionale, si e' dimostrata attenta alla questione e ha coinvolto direttamente i collettivi Candida TV, Minimal TV, New Global Vision, la telestreet Disco Volante TV di Senigallia, il progetto P2P FightSharing89, Rekombinant90 e 89 Pensata per coincidere con gli incontri esterni al WSIS di Ginevra, mette insieme documentari di pratiche attuate con le tecniche più diverse (dall'uso creativo di antenne e microtrasmettitori ad interviste e sarcastici contro-spot), in una panoramica internazionale che attraversa situazioni 93 infoAccessibile91 e indirettamente la scena delle Telestreet e del mediattivismo italiano. Durante i tre giorni, l’auto organizzazione ha fatto vedere i video-dvd dei progetti coinvolti e una densa raccolta di video del circuito che il collettivo NGV ci ha preziosamente fornito. In particolare, la postazione di Candida tv (e anche la raccolta su grande schermo) presentava il video Supervideo G8, con tutto ciò che e' successo a Genova nel 2001. Con tanto di sottotitoli in inglese, ha reso molto chiaro che situazione si è vissuta in quei giorni ed è sembrato decisamente importante al network, riproporre quel contributo in una città europea come Monaco. Durante il dibattito finale, Fabrizio Manizza di Disco Volante TV ha parlato diffusamente del concetto di Telestreet e del caso Senigallia anche mostrando diversi video sulle Telestreet e il video "Barriere" di Franco Civelli che ha vinto il premio giornalistico Ilaria Alpi: ha permesso anche di confrontarsi su certe questioni, dalla legale all'ecnomico-finanziaria, coinvolgendo anche il pubblico. Per la sua apertura Tilt tv organizza verso fine agosto un festival di 2 giorni, in cui sono chiamati ad intervenire i partecipanti al network. I progetti come Spegnila tv, Teleimmagini?, TAZ tv, Insu tv, NGVision e altre realtà internazionali come la Tv piquetera Argentina e attivisti presenti in Italia, Russia, Israele, Francia, Spagna, ecc. ecc. Il detournamento del desiderio, della proprietà, sia intellettuale che e materiale, e del broadcast come potere di trasmissione univoca, costituisce la base su cui molte di queste operazioni basano il loro successo, fondandosi su una generazione sempre più scaltra dei meccanismi e sempre più a suo agio con software, cavi e saldatore. La strada, l'etere e i cavi della rete sono diventati i luoghi in cui si esprime questa comunicazione alternativa che si beffa clamorosamente della propaganda e del controllo trovando nei suoi loro interstizi le crepe entro cui far veicolare anticorpi mediatici necessari, pronti a scardinare abitudini e ad infettare le coscienze addormentate dall'indigestione di messaggi, in modo che si immunizzino gradualmente all'ipnosi quotidiana dell'enorme macchina industriale dello spettacolo. 90 “Rekombinant e' un ambiente web di informazione e discussione costruito dai suoi lettori dai frequentatori delle periferie e dei sotterranei dell'impero come dagli infiltrati nei suoi palazzi. 91 portale elettronico dei servizi professionali offerti dalla ditta individuale Tra-De di Enrico Bisenzi in tema di ricerca e visibilita' dell'informazione in Internet. 94 olandesi e tedeschi del Newsreel europeo92 accolgono l’invito e organizzano una 3 giorni di assemblee e video trasmissioni in collaborazione con gli abitanti del quartiere livornese da cui trasmette Tilt tv. Da questo incontro è partito un lavoro di coordinamento regionale tra le telestreet toscane, mirato alla realizzazione di prodotti video collettivi e d una struttura di supporto interno alle televisioni partecipanti e aperto alla formazione di altre realtà. Il lavoro del network ha abbandonato la pratica online: sebbene si fosse cercato di riproporre una struttura organizzativa come Indymedia Italia, non è mai riuscito a decollare. La mailing list è sempre popolata di soggetti che reclamizzano altri eventi e chiedono un servizio di video comunicazione, o altre identità singole che trovano sfogo nella lista per le proprie opinioni riguardanti gli eventi d’attualità nel mondo. Accanto alla lista di gestione del progetto NGVision, ne è nata una appositamente per i produttori di video che diffondono il loro materiale attraverso il sito archivio, dalla quale si è coordinato anche il lavoro di organizzazione della parte video di Incontrotempo 2.0, il festival del precariato svoltosi a Roma i primi di ottobre di quest’anno. Eventi come questi generano l’interesse da parte di esterni e la voglia di collaborare ai progetti già esistenti o di crearne altri nuovi. L’espandersi continuo di queste realtà, porterà alla creazione naturale di un network di nuovi accessi alla comunicazione audio-video. Il progetto iniziale, basato sulle previsioni di Teleorfeo, che considerava più di 100 le microemittenti presenti nel paese, potrà prendere forma soltanto in seguito ad un vero lavoro di rete. Attualmente nei giornali e negli altri media mainstream si parla meno 92 Un progetto nato dai videoattivisti del network europeo di Indymedia, che raccoglie videoproduzioni indipendenti e li diffonde su supporti cd o vhs per tutta europa, cercando di raccolgliere fondi per finanziare i progetti video come V2V. 95 di telestreet: il “fenomeno” del 2003 sembra essere finito, immobile. Le 5 reali microemittenti dell’era del “fenomeno” oggi sono diventate più di 20, ma soprattutto il network ora è aperto a tutte le altre realtà: i canali di diffusione sono anche le proiezioni in strada, nei circoli, la distribuzione di videocassette contenitore delle ultime produzioni video e soprattutto internet. I produttori di video anche senza una antenna hanno possibilità di trovare un contatto con una rete di produttori video indipendenti. Inoltre si sta portando avanti un progetto di libera condivisione e utilizzazione di girato video dei diversi videomakers, per le realizzazioni collettive future. 3.4 Le telestreet e la questione legale La legislazione italiana in tema di emittenza televisiva e di libertà di comunicazione è estremamente confusa e carente. È necessario individuare “strumenti per ampliare il nostro spazio di azione, per trovare incrinature, fessure in cui inserire i cunei che ci permettano di scardinare il regime di dittatura mediatica che si è instaurato nel nostro paese” come ha scritto Valerio Minnella (OrfeoTv), coordinatore dell’area legale al raduno di Eterea2 e sul forum del sito telestreet. Tuttora le posizioni e visioni all’interno del movimento telestreet sono molteplici e differenti. Le Telestreet rappresentano una pratica illegale ma costituzionale. L’articolo 21 della Costituzione infatti recita: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure". Di fatto la legislazione in materia radiotelevisiva (Mammì 1990 con le sue “concessioni-truffa” e il piano di assegnazione mai realizzato, Maccanico 1997 che tentò maldestramente di metterci una pezza) e le varie sentenze della Corte 96 Costituzionale rendono la situazione molto più complicata e, a nostro avviso, anche incostituzionale. Lo scorso anno una proposta di legge a tutela delle tv di strada esistenti fu presentata dall’on. Grignaffini (Ds) più 98 deputati del centrosinistra. Venne bocciata e subito trasformata in Ordine del Giorno poi approvato a maggioranza dalla Camera il 2 ottobre scorso. Un Odg naturalmente non è una legge ma un’indicazione, una sorta di “impegno morale” del governo. La Mammì (modificando l'art. 195 del codice postale) prevedeva multe e/o arresto anche per il solo possesso di un apparecchio trasmettitore, ma di fatto (fino a poco tempo fa) sono sempre state applicate solo le multe e il sequestro delle attrezzature e solo in casi di disturbi ad altre emissioni. In molti pensano che gli Odg della Camera rappresentino un’implicita garanzia per le tv esistenti, ma ultimamente l'atteggiamento sta cambiando e si comincia a notare un irrigidimento formale del ministero. Al momento non si può richiedere una concessione, il termine ultimo era il 2000, bisogna attendere l'arrivo del digitale che in teoria dovrebbe rendere disponibili un numero di frequenze. Però c’è una scorciatoia. E’ emersa la possibilità legale da parte di un'amministrazione comunale di installare un trasmettitore per ripetere il segnale di un'emittente che non si riceva bene sullo stesso territorio comunale e, questa è la cosa interessante, di riservarsi il diritto di trasmettere per un numero di ore al giorno una programmazione gestita dai cittadini residenti nel comune. Questa possibilità è garantita dalla legge Maccanico (249/97), anche se nessuno se ne è interessato concretamente fino a poco tempo fa. Utilizzando questo metodo la telestreet di Peccioli (fondata dal sindaco e minacciata di chiusura nel settembre 2003) ha ottenuto l’autorizzazione ministeriale 97 a marzo 2004. Alcune telestreet e alcuni sindaci (tra cui anche Tele Monte Orlando a Gaeta) stanno studiando gli aspetti legali e tecnici della faccenda (per esempio, nella provincia di Latina ci sono 3 frequenze assegnate dalla legge ad “uso comunitario” e mai utilizzate). All’interno del network telestreet serpeggia anche l’idea di reclamare l’utilizzazione del canale 71. Il canale 71 e' un canale di proprietà del Ministero della difesa, è un canale in totale disuso come il 72/73/74 e anche il 70 nonostante alcune deroghe ne permettano l'utilizzazione da parte di privati in alcune province. La scorciatoia delle tv comunitarie rilanci un tema di cui si discute fin dalle origini del movimento telestreet e cioè le “tv ad accesso pubblico” che in molti Paesi sono una realtà da decenni. Ambrogio Vitali è tra gli autori di “un nuovo progetto di apertura legalizzata di spazi pubblici per la comunicazione con il coinvolgimento delle Pubbliche Amministrazioni”, attraverso le T.CAP, televisioni comunitarie ad accesso pubblico. «Le tv civiche nascono in nord America e Canada per estendersi al nord Europa. In Italia appaiono ora i primi esperimenti che nascono a partire dall'esperienza Telestreet, in particolare dalla collaborazione di un paio di tv di strada (Orfeotv e Ottolina tv). Si configurano come Televisioni ad accesso pubblico, godono di risorse pubbliche (comunali e regionali) e di una legislazione assai problematica ma plausibile che abbiamo individuato noi nei mesi scorsi e che nessuno aveva mai pensato di utilizzare. I soggetti che possono usufruire di tale legislazione sono unicamente le Amministrazioni locali». Su come le modalità di pratica mediattivista della tv di strada possano essere collegabili a questi nuovi modelli da qualcuno ribattezzati “tv dei sindaci” il confronto è tutto aperto. 98 Una delibera del Parlamento Europeo del ’95 invita ad adottare «misure per supportare gli “Open Channel” e quei cittadini che intendano effettuare trasmissioni, in modo da permettere ai cittadini l’accesso diretto e la partecipazione ai media audiovisivi». Così, mentre in Italia si attende la discussione del nuovo progetto di legge che dia dignità di esistere alle tv di strada, altrove la situazione è già ben avviata da alcuni anni. Dando un’occhiata al resto d’Europa, si scopre che in molti paesi gli “Open Channel” operano da oltre vent’anni. L’Olanda è la capostipite delle tv comunitarie, emittenti libere a partecipazione aperta. Ma c’è di più, a Rotterdam da tempo opera con discreto successo “PizzaTv”: lo spettatore che ha voglia di partecipare attivamente alle trasmissioni telefona alla redazione, chiede un “pizza-cameraman” e in mezz’ora si trova a domicilio un operatore pronto a registrare la performance dello spettatore che così diventa un vero attore. Il gioco è fatto: in meno di due ore tutto viene trasmesso sui canali della locale tv. Tutto questo, però, è possibile grazie alla capillarità del servizio di trasmissione via cavo, che non è considerato un lusso, ma un servizio pubblico e sociale, quindi è diffuso presso il novanta per cento della popolazione a costo zero. In Germania sono 88 le città che hanno un’emittente urbana e sono tutte finanziate dal governo con l’1 per cento degli introiti provenienti dalla tassa di concessione per le normali tv commerciali. A Stoccolma, invece, esiste un “Open Channel” visibile ventiquattro ore al giorno in tutte le 340 mila case della città: riceve sussidi dal municipio cittadino e una volta a settimana ospita le trasmissioni di TvLatina, l’emittente della comunità ispanica del paese. L’intervento di David Garcia, organizzatore di Next 5 Minutes, festival dei media tattici di Amsterdam, nel corso di Eterea2 (il secondo meeting generale di tv di strada e comunicazione 99 indipendente, fine marzo 2004 a Senigallia) ha sottolineato che «il trionfo della libera trasmissione finanziata con fondi statali, insieme ad una televisione di contenuti ricchi di diversità però ha ricreato nel tempo le condizioni precedenti nel rapporto tra produttori e fruitori. Questa integrazione istituzionale ha progressivamente determinato una qualità sempre più scadente, togliendo energia alla necessità di comunicare e di inventare altri mondi possibili». Insomma, “in Olanda la tv legalizzata è diventata noiosissima”. Il disegno di legge Gasparri più che altro cambia la logica con cui dovrebbero venire assegnate le concessioni, anche in vista del passaggio alla "truffa" digitale, chiudendo ulteriormente gli spazi per ottenere concessioni per piccole realtà, dando quindi maggiori armi al ministero per chiudere chi non ha concessione, pur non modificando sostanzialmente il codice postale. L’avvento del digitale terrestre (aldilà delle interessate propagande berlusconiane) rischia di soffocare numerose tv piccole o locali o autonome, favorendo nuove concentrazioni di mercato (già molto contestata la legge 66/2001 che stabilisce regole e cavilli improbi). Secondo Vitali «bisogna aprire pubblicamente le danze sul terreno legislativo-regolamentare», apportando i contenuti di un emendamento già redatto per la Gasparri: riservare il 10% della capacità trasmissiva digitale (terrestre, banda larga e satellite) alle amministrazioni locali (comuni, province, regioni) per la realizzazione di televisioni comunitarie ad accesso pubblico. 100 4.1 DAMS: Diffusione Autogestita dei Materiali e dei Saperi Le trasmissioni di Teleimmagini? cominciano il pomeriggio del 18 marzo 2003 alle 3:51. Il progetto nasce da un gruppo video che si forma all’interno di una occupazione del Dams di 2 anni prima. Il 26 aprile del 2001 in seguito ad una assemblea degli studenti nella sede di via Barberia dell’università di Bologna, dove viene esplicitamente richiesta la concreta realizzazione di laboratori pratici per gli studenti, vista la grande partecipazione e un nutrito entusiasmo, comincia l’occupazione dell’aula 7/3 B, che presto divenne il Laboratorio delle Attrazioni. Un gruppo affiatato di studenti e non, dà vita ad un laboratorio strutturato orizzontalmente, le cui risorse sono quelle degli stessi studenti e i cui corsi di formazione hanno una natura rizomatica e partecipativa: le esperienze e conoscenze di chiunque vengono condivise con gli altri e si portavano avanti pratiche comuni, per la 101 realizzazione di video ma anche altre attività collaterali. Un televisore, un videoregistratore e un divano trovato in strada, hanno formato il più piccolo e attivo cineforum della città, con una programmazione aperta, grazie anche alla possibilità di usufruire dell’archivio video dell’università, messo a disposizione da un giovane obiettore che lavora presso il Dams, bendisposto ad aiutare il progetto nascente. Presto vengono raccolte le video produzioni indipendenti dei tanti studenti che iniziano a passare per l’aula occupata. Inoltre, un anno prima comincia proprio a Bologna a nascere il nodo italiano del network di Indymedia, in occasione del vertice dell’Ocse93 e delle relative manifestazioni di protesta; il Laboratorio delle Attrazioni entra subito in modo attivo partecipando alla produzione di materiale informativo indipendente e tutti i componenti vengono positivamente contaminati dalle pratiche e i metodi di Indymedia, cominciando a fare un lavoro di preparazione e diffusione delle informazioni, per le ormai storiche giornate di fine Luglio dello stesso anno a Genova. Al rientro dalla pausa estiva, oltre ai duri colpi inflitti al movimento di Genova e dello shock mediatico mondiale dell’11 settembre, si viene a scoprire dello sgombero dell’aula occupata avvenuto in agosto, il cui materiale all’interno è stato posto sotto sequestro e andarlo a ritirare presso l’università significa autodenunciarsi e farsi carico dei milioni di danni stimati dall’ateneo. Nello stesso mese anche lo spazio di via Ranzani è stato sgomberato e entrambe le realtà, dopo una lunga odissea di sei mesi di assemblee e incontri con altri gruppi che hanno necessità di uno spazio, riescono ad ottenere lo spazio dell’ex mercato ortofrutticolo di via Fioravanti, grazie ad una concessione (mai) firmata da un assessore comunale. Il Laboratorio delle attrazioni torna a vivere e a riprendere le sue attività, in modo diverso, in un'altra 93 La rete di Organizzazione e cooperazione dello sviluppo economico. 102 dinamica di gestione di uno spazio, assieme ad altre realtà. Nei locali sotterranei che gli sono stati affidati, nasce subito un piccolo cinema, un laboratorio di produzione video e uno spazio aperto a tutte le persone interessate a fare video e comunicazione indipendente. A maggio, durante l’evento Soqquadro94, il gruppo realizza la sua prima produzione video collettiva, inaugura il cinema “la Talpa” proiettando film per tutte le notti della settimana e offre il supporto tecnico per un seminario pratico di un corso del Dams, tenuto da Alberto Grifi95. Quando nel 2002 nasce Teleorfeo l’interesse per il progetto da parte del Laboratorio delle attrazioni è alto, ma gli impegni dello spazio dell’ex mercato e del nodo locale di Indymedia Bologna, tengono lontana l’idea di una collaborazione con la neonata televisione, l’idea di creare una telestreet dall’ex mercato viene vista ancora come una utopia: le conoscenze in campo sono poche e economicamente è una spesa ancora inaffrontabile. Dopo i primi contatti con il gruppo di Teleorfeo, la prima collaborazione concreta con la televisione da parte del Laboratorio delle Attrazioni è la giornata del 10 dicembre 2002, quando per 12 ore viene messa in onda la prima prova di trasmissione di NoWarTv, la tv satellitare che accompagna l'iniziativa contro la guerra, organizzata da Emergency in 120 città italiane. Da questa collaborazione segue un invito a partecipare attivamente alle trasmissioni della televisione del gruppo di radio Alice: l'idea interessa la quasi totalità del gruppo video di via Fioravanti, ma la possibilità di poterne creare una propria all'interno dello spazio dell'ex mercato è più allettante. Ad Eterea1, il primo meeting delle televisioni di strada, organizzato da Teleorfeo a 94 Una settimana di installazioni artistiche, concerti, video e performance teatrali 95 La collaborazione con Alberto Grifi nasce dalla realizzazione del mediometraggio Komak di Danilo Monte e Cristiano Zuccotti, fatta in collaborazione con altri elementi del Laboratorio delle Attraazioni. 103 Bologna nello spazio del Teatro Polivalente Occupato il tavolo sulle antenne, sugli impianti e sui costi, è tenuto da Maurizio Anselmo96 che presenta un kit completo per la telestreet. Al gruppo sembra il contatto giusto per procurarsi l'impianto per cominciare a trasmettere: si presenta come una persona che ha da sempre lottato per la liberazione delle frequenze televisive, anche sugli impianti di trasmissione via cavo. Presi un po' dalla voglia di lanciarsi in questa avventura e convinti che le credenziali dei fondatori di radio Alice facessero di Anselmo un ottimo contatto per realizzare la televisione di strada, il Laboratorio delle Attrazioni acquista un kit di trasmissione personalizzato: un trasmettitore, un amplificatore di segnale da un watt di potenza, distribuito su due antenne da mezzo watt ciascuna, che sarebbero andate a coprire tutto il quartiere della bolognina. L'acquisto costa ben 2000 euro al gruppo video, soldi che aveva messo da parte con svariate iniziative di finanziamento. Non sembrano molti soldi per la costituzione di una televisione: la scarsa competenza in merito di attrezzature di trasmissione, in termini di qualità e prezzo dei componenti da parte degli attrattori97, e il vedersi realizzato il sogno di poter gestire una piccola emittente portano ad una affrettata realizzazione del progetto: ad una prima visita della zona, Anselmo trova un solo cono d'ombra sul quale poter trasmettere, la frequenza uhf 68. Al momento dell'installazione dell'impianto, il cono d'ombra trovato sembra coprire un'area piccola del quartiere per cui l'impianto sarebbe stato inappropriato, ma comunque, in mancanza d'altro Teleimmagini? comincia a trasmettere su quella frequenza. Dopo circa un mese di trasmissioni, a Teleimmagini? arriva una chiamata da 96 Direttore di Challenger uno sudio progettazione e realizzazione sistemi avanzati telecomunicazioni impianti di ricezione trasmissione via satellite, trasmettitori radio e tv broadcast ponti radio e periferiche, sistemi di antenna a pannello e altro. 97 Così sono chiamati i componenti del Laboratorio delle attrazioni, una volta arrivati all' ex mercato. 104 Teleorfeo: la frequenza di Telecity del circuito di Italia 7 nell'area della bolognina risulta disturbata: chiedono l'immediata interruzione dell'emittenza di Teleimmagini?, ritenuta la responsabile di tale disturbo. In effetti la frequenza uhf 68 appartiene nell'area di Bologna al network di Italia 7 e il cono d'ombra è generato da una impedenza di un palazzo generando un’area inferiore ai 100 metri quadrati. La stessa Teleorfeo che sfrutta un cono d’ombra del canale uhf 51 in effetti, trasmette solo in una piccola porzione di via Rialto. La soluzione incontrata non soddisfa il gruppo di Teleimmagini che si trova davanti alla scelta di restituire l'impianto o trasmettere sulla frequenza uhf 71. Le frequenze 70 e 71 appartengono allo stato e sono state sempre riservate alle sovrastrutture militari: non tutti gli apparecchi televisivi di uso domestico la raggiungono, anzi sono pochi quelli dotati di un sintonizzatore in grado di ricevere fino a quella frequenza. L'antenna è situata in una posizione favorevolissima, la torre dell'ex mercato ortofrutticolo, una costruzione fascista, alta circa 35 metri. Il segnale sulle frequenze alte (70 e 71) sembra addirittura riuscire a trasmettersi oltre le capacità standard di altre frequenze, perché sono prive di altre interferenze. L'antenna risiede nello spazio assegnato all'ex mercato: il rischio è di essere denunciati dalla polizia postale per l'occupazione di una frequenza statale e non più un cono d'ombra, ma Teleimmagini? vuole esistere e riprende le sue trasmissioni dal canale 71. Per colpa di questo incidente, Teleimmagini? non riesce a partire per il 22 febbraio, il D-Day delle telestreet, ma vi partecipa con un contributo video contro la guerra, tema già deciso dal network ad Eterea1 per il lancio. La struttura tecnica per la trasmissione di contenuti dell’emittente della bolognina, consiste in un computer collegato al trasmettitore. Se infatti molte telestreet nate fino a quel 105 momento, trasmettono dei nastri di 2,3 ore al giorno, Teleimmagini? si presenta da subito come modello di net-telestreet: un connettore tra l’etere e la rete: infatti grazie all’ampio archivio di materiale presente in rete grazie a Ngvision e altri progetti di archivio di materiale video digitalizzato, si può da subito garantire un palinsesto continuato di 24 ore, tramite un software libero come vlc98: un lettore di qualsiasi tipo di video, capace di programmare delle playlist in grado di riprodurre contenuti video per diverse ore, all’infinito, con un ordinamento casuale. Con il tempo, l’archivio video di Teleimmagini si è ampliato: grazie ad un lavoro di digitalizzazione dei materiali video autoprodotti su supporti analogici, la continua ricerca in rete di altre fonti, le crescenti produzioni di video del gruppo e del network intero e la decisione di mandare filmati coperti dal copyright, ma che non trovano una distribuzione nel territorio nazionale, a causa dello scarso interesse economico a riguardo, come i film appartenenti al cinema Africano e Asiatico, i documentari indipendenti o non considerati dalla distribuzione nazionale. 4.2 Il territorio mediatattico della bolognina Le relazioni in uno spazio sociale in cui coabitano altri laboratori, sono fondamentali, se non obbligate, soprattutto per un progetto che si occupa di comunicazione. Per quanto riguarda la politica del quartiere e della città, le relazioni con la Libera Università Contropiani, un laboratorio sociale presente all’interno dello spazio, offrono grandi collaborazioni per produrre 98 Videolan client, www.videolan.org . un progetto di software opensource per la lettura di video, portato avanti dalla comunità di programmatori di software libero. Durante l’ hackmeeting di genova del 2004, alcuni hackers del’hacklab di Bologna, partecipanti al progetto Teleimmagini?, hanno discusso con i programmatori circa le possibilità tecniche dello streaming video. 106 informazione in modo indipendente, con l’aiuto di personalità che si occupano direttamente delle questioni territoriali. Lo spazio sociale dell’ex mercato ad esempio, si trova in un area di grande interesse per l’amministrazione comunale, sia di centro destra che di centro sinistra. L’enorme area adiacente allo spazio sociale e l‘ex mercato stesso, è al centro di un gioco di interessi tra le ferrovie italiane, il comune e l’azienda di trasporto municipale di Bologna. I progetti in merito sono grandi costruzioni e nuove vie e snodi di comunicazione ferroviarie, ma l’informazione a riguardo nel quartiere è decisamente scarsa. Gli abitanti adiacenti a quell’area si lamentano del rumore di alcuni concerti serali, non sapendo che l’alternativa sarà un susseguirsi di treni ad alta velocità, metropolitani, una nuova via di comunicazione e grandi edifici di cemento. Il "lavoro" della televisione è stato quello di cominciare a fare un lavoro di indagine condotta dalla Libera Università Contropiani, sondando nel territorio le opinioni della gente e portando avanti un progetto di documentazione, attraverso interviste agli abitanti e seguendo il lavoro di ricerca del gruppo dei Celestini. Si sta portando avanti un lungo lavoro di documentazione per la creazione di un prodotto video da far girare presso tutti gli spazi pubblici della zona. L’informazione diretta con il quartiere purtroppo non è facile: la difficoltà per la maggior parte degli apparecchi di raggiungere il canale uhf 71, limita molto il potenziale delle trasmissioni. Alcuni tentativi di distribuzione di informazione cartacea su come sintonizzarsi sul canale di Teleimmagini? non hanno ottenuto il feedback desiderato: la maggior parte del pubblico che segua da casa le trasmissioni, hanno avuto un contatto diretto con il centro dell’ex-mercato, anche se si propone poi il problema della sintonizzazione televisiva. E anche le proiezioni pubbliche fatte all’ex mercato, coinvolgono solo una parte di pubblico non residente, per la 107 maggior parte studenti, lavoratori precari, immigrati, che difficilmente si interessano dei progetti futuri riguardanti l’area, ma che trova interessante la televisione, come nodo locale di una rete di distribuzione di materiali video indipendenti e non, provenienti da tutto il mondo. E’ infatti grazie alla collaborazione con l’hacklab sottostante il soppalco/sede di Teleimmagini? che si è portato avanti il progetto di indivia.net99, un server indipendente, installato in casa di alcune frequentatrici dello spazio dell’ex-mercato, che hanno messo a disposizione il loro collegamento internet registrato con la rete Acantho100, che offre la disponibilità tecnica di installare un server statico visibile da tutta la rete. Appoggiandosi su questo server, sono stati inserite tutte le produzioni video della televisione e un sito informativo, diventando una vetrina permanente di distribuzione dei materiali video in tutto il mondo. E’ infatti così che addirittura da 2 parti dell’Argentina, sono stati scaricati e ridistribuiti i video di Teleimmagini? dalle tv piquetere di Buenos Aires e Rosario. Tecnicamente la collaborazione con indivia va avanti. Attraverso una console tecnica gestita da computer con sistemi operativi Gnu/open source, sviluppando un codice di programmazione che lo permetta, ci sarebbe la possibilità tecnica di sviluppare un sistema di gestione del palinsesto remoto, offrendo la possibilità di organizzare un palinsesto attraverso un qualsiasi computer collegato in rete. Al momento le 99 iNDivia e' uno spazio virtuale di progetti legati alla condivisione dei saperi e delle esperienze.”Un nodo di un server piu' vicino al concetto di rete, con una struttura capace di annetterne altre in una in cui si offrano servizi (ftp, http, smtp, pop, stream ecc), fisicamente dislocati in diverse macchine, gestiti da diverse persone, con una infrastruttura di tunneling capace di aggirare i problemi legati all'ip pubblico, al NATing, al filtraggio ,basati sulla capacita' di autoorganizzazione di chi partecipa”. (dal manifesto di Indivia) 100 Achanto è un provider Internet la cui rete in fibra ottica era stata costruita e successivamente venduta dal comune. Offre la possibilità di avere un ip statico per impiantare server come Indivia, e di essere visto da tutta la rete mondiale. Il servizio non viene più fornito ad abitazioni private in seguito a degli accordi avuti con la società Fastweb. 108 possibilità di offrire un segnale di streaming video non ci sono: la banda è troppo bassa per permettere una ricezione multipla di uno stream-data e, concretamente sarebbe possibile solo attraverso il pagamento del servizio del provider, ancora decisamente alto e affrettato per una situazione nazionale in cui la banda larga non è ancora ampiamente diffusa. Attualmente la disponibilità di banda per streammare un segnale video da parte del network è offerta dal server olandese di Montevideo.nl, che si è sempre rivelato disponibile nel soddisfare i bisogni comunicativi di vari eventi del movimento internazionale101. Teleimmagini? un po’ penalizzata dalla difficile reperibilità della frequenza, un po’ attratta dalle possibilità della banda larga, è da sempre orientata verso una comunicazione video capillare possibile grazie alla rete. Teleimmagini? ha da subito iniziato a trasmettere per 24 ore grazie soprattutto allìampio archivio di filmati digitalizzati presente in rete come Ngvision. NGV e' un progetto che si propone di creare una rete di canali video online indipendenti e a costo minimo. Si sviluppa basandosi sulla collaborazione di persone che lavorano in rete e dalla rete partono per l'organizzazione del lavoro, la condivisione di conoscenze e risorse, la diffusione dei saperi necessari alla prosecuzione del progetto e alla veicolazione delle informazioni. Video in qualità vhs da fruire localmente attraverso il pc o da riversare su nastro o su cd. I contenuti devono poter essere espressi dal movimento, dalle coscienze critiche, da chi produce cultura e informazione in maniera libera. 101 Tra cui lo streaming video dal controvertice di Evian in svizzera, in contrapposizione al vertice del WTO, dal WSIS di Ginevra, il meeting mondiale sulla libera circolazione delle informazioni, il meeting di Eterea 2, e ancora il canale informativo in occasione dell’Euromayday, la manifestazione europea del primo Maggio. 109 “Gli strumenti che attualmente utilizziamo, quelli che abbiamo costruito nel tempo e quelli che abbiamo trovato disponibili non sono ne' sufficienti ne' adeguati: la consapevolezza comune e' che ci troviamo quotidianamente sotto la pressione di un sistema informativo potente e pervasivo che mira esclusivamente al condizionamento del consenso e al sostegno politico. Riteniamo che l'informazione sia altro: per combattere questo e' necessario implementare l'efficacia degli strumenti che siamo in grado di gestire direttamente e/o creare rapidamente. Sulla base delle nostre conoscenze ed esperienze, intendiamo realizzare nuovi efficienti media cosi' come e' già stato fatto in questi anni in differenti realtà collettive”102. NGV si basa sull'uso di tecnologie e software di pubblico dominio che permettono di scaricare o pubblicare video. Nel primo caso si presuppone l'uso di programmi di file sharing e si richiede di mantenere i video in linea di modo che abbiano massima visibiltà nei diversi circuiti share. Nell'archivio sono indicati circuiti e server che vanno puntati. La presenza sulla rete di tutti i titoli dell'archivio e' garantita dai server ftp riservati. La collaborazione col progetto di Ngvision da parte di Teleimmagini? non è soltanto di produzione di alcuni contenuti, ma anche di archiviazione e compressione dei materiali raccolti attraverso il diretto contatto con soggetti che si presentano direttamente nella sede portando le loro produzioni, la presenza di un hard disk con dei materiali dei video scaricabili all’interno del server ftpc di Indivia e la promozione dello strumento, rivolta a tutte le telestreet che si affacciano nel network. Nella rete, sono presenti anche altri progetti simili: 102 Materiale tratto dal documento collettivo di presentazione del progetto di NGVision. 110 Archive.org non è solo archivio e distribuzione video ma anche di testi, siti offline e immagini. E’ un progetto pioniere nell’archiviazione e distribuzione e fra le altre cose raccoglie tutti i video dell’archivio prelinger (spot educativi e pubblicitari dell’America degli anni 50) che vengono distribuiti in quanto “dominio pubblico”. Archive.org usa un sistema che si chiama Freecache per la distribuzione, piuttosto che il bitTorrent o altri sistemi p2p semplicemente perché Freecache garantisce la permanenza del file. Ma progetti come V2V103 focalizzano la loro funzione sulla distribuzione e non sull'archiviazione per questo si affidano quasi esclusivamente a sistemi p2p. Tali sistemi favoriscono una distribuzione decentrata utilizzando la banda di ogni utente connesso, bitTorrent in particolare sfrutta la banda in upload inutilizzata di ogni client per farlo diventare immediatamente risorsa per altri clients. V2V e NGV si basano su un’architettura di servers: il video viene uploadato via ftp su un server di raccolta, contemporaneamente l’utente compila i metadata (le informazioni che descrivono il video) tramite una webform: gli altri servers si aggiornano automaticamente con i nuovi video e i relativi metadata inserendoli in reti p2p. Una volta che il processo di aggiornamento è completo vengono ricompilati anche i file RSS/RDF (generati dal web server): file XML che chiunque può inserire nel proprio sito web, decentralizzando così l’accesso alle risorse d’archivio. L’obiettivo dei network di distribuzione non è solo quello di distribuire materiale utili per la messa in onda o per le proiezioni, ma anche materiale di base per nuovi montaggi collettivi come nel caso delle manifestazioni contro la guerra del 15 febbraio 2003. 103 Server tedesco, sviluppato dal network contiguo al progetto di Indymedia Germaina. 111 Archive.org distribuisce alcuni dei propri video in qualità mpeg per ulteriori montaggi mentre V2V nasce proprio con l’intenzione di distribuire immagini in movimento fra i videomakers del mondo. Per raggiungere questo obiettivo gli sviluppatori di V2V ritengono che sia anche necessario l'utilizzo di un algoritmo di compressione audiovideo (codec) all'interno di un formato (.mov, .avi, etc.) che sia utilizzabile su qualunque piattaforma (linux, windows, mac, ..) e che sia software libero e non proprietario. Gli sviluppatori del V2V stanno aspettando l'avvento del codec di compressione OGG THEORA e per ora il codec utilizzato è il vp3. Teleimmagini? un po’ penalizzata dalla difficile reperibilità della frequenza, un po’ attratta dalle possibilità della banda larga, è da sempre orientata verso una comunicazione video capillare possibile grazie alla rete: la maggiore accessibilità alle tecnologie, insieme ad una maggiore consapevolezza delle possibilità espressive, favorisce la mutazione del consumatore in produttore. Il consumatore, seguendo il suo naturale istinto al consumo, impara a sviluppare competenze che, se da una parte possono consentirgli di recuperare tutte le puntate dei suoi telefilm preferiti, o le ultime produzioni hollywoodiane disponibili su internet e comodamente scaricabili da casa propria, d'altra parte lo introducono a networks dove non circolano solo materiali piratati ma anche produzioni indipendenti appartenenti a circuiti alternativi a quelli commerciali. Il gruppo di Teleimmagini? si trova nella doppia condizione di produttore/autore di materiali video e distributore, attraverso l’etere, la rete e le proiezioni dirette organizzate nello spazio sociale. Da sempre cerca di promuovere le nuove licenze Creative commons, che consistono in una concreta e efficace alternativa alla privatizzazione dei saperi del copyright e dei brevetti informatici. 112 Lo slogan “contro il copyright” fece le sue prime apparizioni nelle fanzine autoprodotte della fine degli anni ’80. L’industria della musica era nel pieno di una campagna antipirateria al grido di “chi duplica cassette uccide la musica”, quello che dicono oggi in sostanza, contro chi duplica altri supporti o condivide materiale in rete. Già qualche anno prima i programmatori liberi104 passavano dal rifiuto alla sovversione delle leggi sul copyright, e sperimentavano la General Public License elaborata dal progetto GNU. Una licenza che restituiva agli utenti le libertà negate dal copyright e imponeva a chi lavorava su quel codice di rendere a sua volta disponibile il codice sorgente. E’ questa la proprietà che dona qualità “virali” alla licenza copyleft. Le licenze proteggono l’utente da eventuali azioni legali, purché rispetti i termini e le condizioni della licenza stessa, senza dover contattare “l’autore”. Chiunque è libero di riutilizzare il codice, se rende disponibile a tutti qualunque sua modifica e miglioramento. Dopo la messa a punto finale del sistema operativo GNU/Linux nel 1992, la fama della GPL si è rapidamente diffusa dando vita a diverse imitazioni al di là del software. Artisti, scrittori, musicisti e filmmakers hanno creato una babele di licenze che garantivano agli utenti quei diritti che gli erano stati espropriati dalle leggi sul copyright in continua espansione. Queste licenze erano in contraddizione tra loro e nessuna riusciva a raccogliere intorno a sé una comunità abbastanza grande da dare vita a un movimento come quello sul free software. Questo non sorprendeva, perché i testi, la musica e i video hanno caratteristiche proprie e non possono essere trattati come il software. Ma la GPL aveva insegnato qualcosa: mettendo in comune le cose si poteva cambiare il modo di produrre software, costruire l’unica vera opposizione al monopolio della Microsoft e porre fine al continuo 104 Gli hackers, poi etichettati dalle grandi aziende produttrici di software come pirati informatici. 113 furto di sapere a danno dei programmatori, tramite contratti di assunzione che davano alle aziende l’esclusiva sul prodotto finale. Le Creative Commons sono disegnate intorno a quest’idea di libertà di cultura. Non sono le prime pensate a questo scopo, ma grazie alla sponsorizzazione di Larry Lessig e di altri indignati dalla continua espansione del copyright, hanno presto affermato il loro successo. Il cuore del progetto è un software che elabora licenze personalizzate sulla base delle risposte a tre domande: Il produttore vuole comunque associare il proprio nome all’opera (“attribuzione”)? L’opera è messa a disposizione per qualunque tipo di riutilizzo o solo per attività noncommerciali? Si possono creare opere derivate, e se sì a quali condizioni? Mai? Sempre? Solo se l’opera derivata sarà a sua volta condivisa? Nell’applicazione delle licenze CC sono emerse due concezioni divergenti e in contrasto tra loro. La prima fa delle licenze uno strumento per garantire l’accesso. Le “commons” a cui aspira questo modello sono basate esclusivamente sul consumo: si concede una ricezione universale, ma tutti gli altri diritti (di controllo sul contesto e di riutilizzo) restano esclusivi. E’ permesso solo l’uso noncommerciale e non è permessa alcuna opera derivata, perché si vuole proteggere l’integrità del testo o del video (per prevenirne una rappresentazione distorta). La seconda concezione si basa sulla possibilità di immagazzinare una grande quantità di materiali per il cui utilizzo non servano permessi. I timori di appropriazione commerciale vengono messi da parte nella speranza di insinuarsi nel mainstream e contaminarlo, ed è quindi permessa anche l’integrazione in opere commerciali. Ma tutti i derivati devono essere a loro volta messi a disposizione per altri 114 utilizzi: è la GPL per la cultura e si basa sulla clausola sharealike: il materiale derivato da video condivisi, ne mantiene la conivisibilità. “Emerge così il potenziale di una base di materiali grezzi che possono essere continuamente rielaborati, migliorati e sfruttati per tanti motivi, compreso quello di guadagnarsi da vivere. A chi dà i contributi viene assicurato che nessuno si approprierà “unilateralmente” di quell’opera. Le opere successive, ereditarie della clausola sharealike, diventano un patrimonio collettivo e una forma di reddito indiretto, come i trasporti gratuiti, la casa e l’accesso alla formazione. In una fase di precarizzazione generalizzata e di vincoli alla libertà di espressione, si tratta di un raro strumento di garanzia”105. Il successo della GPL non si è fondato solo sulla forza legale. I suoi scopi erano semplici e la licenza forniva alla gente un modo chiaro per condividere con altri il proprio lavoro, senza il timore di essere derubati. In questo senso la licenza è un mezzo di per sé, e permette di creare una comunità intorno alla quale possono riunirsi altri che condividono un’idea dissidente di produzione. Le due diverse concezioni delle CC rendono tutto questo più difficile. Questa tensione mina alla base il loro potere di mobilitazione: non può esistere una comunità di Creative Commons dove il 75% dei suoi membri detta condizioni che non aiutano la creatività e non danno accesso a quelle risorse di auto-sussistenza economica a cui il termine “commons” fa orgoglioso riferimento. La condizione di noncommercialità relega a una dimensione privata il confronto sul problema del reddito. Il video è una sistema i cui costi sono stati storicamente alti a causa delle spese di viaggio e di riprese. Sistemi di condivisione video come 105 Dal documento collettivo riguardo la comunicazione indiperndente del Festival del Precariato di Incontrotempo, di fine settembre a Roma. 115 V2V e New Global Vision offrono un diverso modello di produzione per l’audiovisivo, ma non sfrutteranno mai a pieno il loro potenziale (condividere il girato su scala globale, fare interviste gli uni per gli altri, rimescolare le narrazioni) finché non emergeranno chiare e condivise regole su come gestire la cooperazione. Costruire vere commons significa costruire e mettere al sicuro un archivio condiviso di materiali. E’ questa la chiave che permette alle telestreet di lavorare come un soggetto di broadcasting. Trasformerà la produzione audiovisiva nello stesso modo in cui la GPL ha trasformato il software? Lo vedremo col tempo, ma per lanciarsi nell’avventura bisogna correre il rischio di abbandonare ogni velleità di controllo. Per il reddito garantito e le nuove licenze. 4.3 Il linguaggio di Teleimmagini? Consapevoli delle innumerevoli potenzialità del medium video, i Teleimmaginoidi106 giocano con la sua natura metamorfica, facendo del palinsesto un grande “blob” e distruggendo le barriere che delineano i generi linguistici del video, attraverso le loro produzioni. Oggi il video ha inglobato la quasi totalità degli altri linguaggi, è un modo di comunicare, con svariate specificità tecniche che lo caratterizzano che gli permettono di sfondare le barriere di qualsiasi genere precedentemente etichettato; il campo di comunicazione è infinito, paragonabile alle conoscenze. Un video scientifico può essere pedagogico come sperimentale, inteso come sperimentazione fisica dell’ottica meccanica o del campo visivo celebrale umano. Il video artistico è l’espressione personale delle sensazioni dell’autore tradotte 106 Questo è il termine usato tra i collettivi bolognesi per indicare un componente del gruppo della televisione dentro l’ex-mercato 116 secondo il codice del mezzo, oppure una trasfigurazione sullo schermo video dell’operato di un artista. Il video può essere individuale o collettivo, avere un valore di documento, o esplorazione creativa della realtà in tutte le sue possibili variabili; ingloba nella sua forma le modalità cognitive dell’essere contemporaneo. Il video digitale è plasmabile quasi quanto l’immaginazione umana, con la differenza di ore e ore di attesa di renderizzazione e un suo limite è identificabile con il numero dei pixel: l’immagine digitale si può scomporre fino alla sua natura primaria di codice binario, di infinita serie di 0 e 1, privandosi quindi della sua ontologicità: diventa riproducibile all’infinito e solo grazie a questa sua classificazione punto-punto, può essere trasformata secondo l’istinto immaginativo dell’autore, senza troppe limitazioni, se non di tempo o di conoscenze del software e dell’hardware utilizzato107. Il computer ha creato un tipo nuovo scambio tra il mondo esterno e l’interno del nostro io. Le strutture tecniche odierne dell’alto grado di disinformazione del paese, mostrando immagini della realtà censurata dal mainstream o di un certo grado di surrealtà che lascino spazio all’immaginario dello spettatore, fuori da un certo canone di restrizione contenutistico o non conducibili a fini consumistici. Sfruttando i mezzi a disposizione, l’espressione creativa si orienta verso la costruzione di nuovi immaginari, nuovi linguaggi e nuove vie di comunicazione: il linguaggio video mainstream è labile. Il flusso magico di immagini e suoni del villaggio globale può essere interrotto continuamente con richiami alla realtà che reclamano uno spettatore attivo, non più rapito da un mondo ricreato, ma conscio del significato di una informazione 117 video, delle capacità deformanti la realtà e dei codici di veridicità alterati. Il fare video è una pratica ludica, volta alla sperimentazione delle molteplici possibilità del linguaggio, libera da fini commerciali o altri: è espressione di sensazioni provate ricreate attraverso le strumentazioni tecnologiche, esternazione di un pensiero logico tradotto in segnali audio video, rappresentazione di una realtà vissuta e riproposta secondo le specifiche di riproducibilità fedele al reale. Solo in seguito ad un lavoro critico del videocomunicare, si possono fondare delle basi strutturali di un linguaggio conscio del proprio mezzo, situato al confine delle proprietà, volto all’abbattimento di queste barriere verso un ribaltamento del medium. Lo scopo di Teleimmagini? non è di fare una televisione “bella” ma di distruggerne l’idea. La pratica audiovisiva non viene intaccata dalla logica della trasmissione ma da quella dell’interazione, a partire dalle dinamiche che si sviluppano fra il gruppo e la realtà ripresa, fino al percorso spaziale semantico. Lo scopo non è solo quello di produrre contenuti in quanto motori di emozioni, identità, ma soprattutto quello di divenire promotori di un processo sempre aperto di comunicazione e aggregazione. Il palinsesto è una forma di linguaggio video adottata da Teleimmagini? come riconquista di una sua dimensione pubblica, quella che ha scandito i nuovi ritmi della giornata delle persone. Un rinnovamento della televisione dal punto di vista del palinsesto viene attuato da un quasi continuo, ma casuale, ripetersi di filmati video, per far si che lo spettatore possa costruirsi la giornata e pensare al mezzo televisivo come un qualcosa che possa accompagnare le azioni di tutti i giorni, senza dover scandirne i ritmi: attraverso una negazione del mezzo come finora l’abbiamo conosciuto, non si attua un processo per 118 rinnovarla, ma per farla rinascere, ridisegnandole un nuovo ruolo adattato ad una visione contemporanea della società. La diretta, elemento di fondamentale importanza nello sviluppo del mezzo televisivo, che illude lo spettatore a partecipare ad un evento, rimanendo nella istanza di fruitore passivo infossato in una poltrona o un divano, è utilizzata in maniera da rivoluzionarne il concetto. Agisce come un disturbo, quando si deve ridisegnare una playlist contenutistica, intervenendo nel palinsesto come momento di pausa silenziosa, riproponendo la vista di una telecamera fissa verso un punto o agitata da un movimento scordinato ed irregolare, ricreando un momento di noia reale, attuando un gap linguistico elevato, che riporta la fruizione televisiva dello spettatore verso un linguaggio televisivo primitivo perché privo di qualsiasi artificio del mezzo, mirato ad una consapevolezza da parte del fruitore di cosa è la televisione e l’universo immaginario ricreato all’interno dello schermo. Ma può avere anche un valore informativo dell’immediato presente, attraverso un gioco di linguaggio multimediale: la fruizione dello spettatore della diretta dal controvertice di Evian in occasione del WTO, è avvenuta grazie ad un linguaggio multimediale, dove la diretta video era presente come uno schermo nello schermo, per estrapolarla dalla realtà televisiva dello schermo intero, inserita in un contenuto visivo formato da parole scritte, prese dalle pagine in aggiornamento costante del sito di Indymedia Italia e da un contruibuto audio diretto dallo studio, generato dalla contemporanea fruizione video del segnale trasemesso. “Un palinsesto performativo, dunque perché incarna la concezione artistica di performance, di opera-evento che si significa nel suo svolgersi, nella sua processualità”108. 108 Dall’intervento di Tai,, per il materiale cartaceo di presentazione ad Eterea2 119 Le produzioni del gruppo video, escono dai generi e creano nuove istanze del linguaggio di trasmissione dei contenuti, proprio del medium. Nascono da esperienze dirette, situazioni ed eventi vissuti o volontà di espressione comunicativa con un’impronta documentativa propria della presa sul reale permettono di sviluppare un prodotto secondo una creatività individuale, capace di produrre opere autoreferenziali, ma allo stesso tempo le strutture comunicative hanno facilitato le dinamiche strutturali di produzioni collettive. Un segnale audio video, prodotto individuale può trovare spazio e integrazione con altri prodotti simili, agendo come segmento partecipe di un progetto analogo ma più complesso: collettivo. Grazie alla rete ognuno può produrre e diffondere la propria clip, collaborando a quell’insieme in continua trasformazione di movimento di immagini, di cui tutti possono essere contemporaneamente emittenti e riceventi. Su queste potenzialità offerte dal digitale si basano i lavori e la “poetica” di Teleimmagini?: il linguaggio è individuale, attribuibile ad un autore singolo, un singolo componente del gruppo, che si cela dietro il nome collettivo della televisione, collettivo, quando più segmenti vengono assemblati assieme anche in maniera non lineare o quando la lavorazione del prodotto è frutto di un gioco di squadra. L’assemblaggio di oggetti audio video attingendo da elementi preesistenti come pratica, esisteva già con i media analogici, ma la tecnologia del digitale, attraverso un processo di semplificazione di realizzazione l’ha ulteriormente standardizzato. L’uso di materiale coperto da diritti autoriali, ha anche la valenza politica di una volontà di liberazione dei materiali, verso una “condivisione dei saperi per non fondare poteri”109. Tutte le potenzialità offerte dai nuovi mezzi di produzione video possono generare un senso di smarrimento 109 Frase “motto” di copydown.org un sito che porta avanti le tematiche e le pratiche a riguardo. 120 all’interno della incommensurabile offerta di combinazioni stilistiche, interpretative di un pensare video innato, per le generazioni che hanno avuto luce dopo l’avvento del mezzo televisivo. Il confine dello schermo può essere superato in profondità attraverso immagini dinamiche composte da più livelli video, finestre che ricreano nuovi schermi all’interno di porzioni del territorio plasmabile originario, il montaggio esce dal ritmo umano-analogico, diventando scomponibile fino a grandezze temporali di un frame. “Genesi, la premessa: da una parte invasione e monopolio glaciale, invadente e soffocante. Una forzata staticità del pensiero e un silenzio bugiardo per sopire la mente. Dall’altra la necessità, il sogno, il desiderio, il divertimento”110. Il linguaggio videoattivista di Teleimmagini? prende forma da una pratica autogestita del media, contro l’omologazione e la falsificazione della cultura, rivendicando un passato di passiva fruizione televisiva. 110 Dall’intervento di Arlan, per il materiale cartaceo di presentazione ad Eterea2 121 Conclusioni Teleimmagini è una struttura aperta a chiunque voglia fare televisione per passione. Il fine è ludico nelle sperimentazioni comunicative, è di informazione diretta e dal basso, di servizio attraverso la funzionalità del mezzo, intesa come possibilità comunicative a disposizione. La struttura orizzontale comporta anche ad un possibile continuo mutare della temporanea redazione: una televisione a cui non ci si affeziona ma che si può vivere attraverso una pratica attiva, per una consapevolezza che miri ad un rifiuto sempre maggiore di una fruizione passiva. 122 Bibliografia: Calabrese O. (1989) L'età neobarocca, Bari, Laterza. 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