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Indice:
Introduzione……………………………………………2
Capitolo 1:
Comunicazione e potere dell’informazione televisiva
1.1 L’elettrodomestico più pericoloso……………………………5
1.2 La verità televisiva…………………………………………
1.3 Ir-realtà persuasiva…………………………………………13
1.4 La nuova merce televisiva………………………………….17
Capitolo 2:
Storia del controllo del sistema televisivo italiano………………21
2.1 La Rai durante l’ ancien regime………………………………..21
2.2 La nascita delle TV private…………………………………….28
2.3 L’Impero Fininvest…………………………………………….32
2.4Il duopolio Rai Fininvest: la nascita della neotelevisione……...35
2.5Telerepubblica……………………………………………………40
Capitolo 3
L’altra televisione: il network delle tv di quartiere………………….53
3.1 Eterea uno: le prime esperienze del nascente network…………..54
3.2 EtereaVS2: critica dell’informazione con ogni media
necessario…………………………………………………………....64
3.3 Post Eterea: oltre il network, il network…………………………75
3.4 La questione legale……………………………………………….
Capitolo 4
4.1 DAMS: Diffusione Autogestita dei Materiali e dei
Saperi……………………………………………………………..…84
4.2
Il
territorio
mediatattico
della
bolognina……………………………………88
4.3 Il linguaggio comunicativo di questa
televisione…………………………..96
Conclusioni……………………………………………………………
……….101
Bibliografia……………………………………………………………
……….102
1
Webgrafia……………………………………………………………
…………105
Introduzione
La televisione raggiunge milioni di persone in tutto il mondo e in
pochi decenni, nelle società in cui si è prepotentemente introdotta, ha
sconvolto le abitudini e soprattutto il metodi di comunicazione e il
livello di informazione. Tra tutti i mezzi di comunicazione di massa,
la trasmissione televisiva ha una diffusione capillare e continua: arriva
direttamente in casa delle persone, attraverso apparati di ricezione
sempre più sofisticati, in grado di poter offrire un raggio di canali
sempre maggiore. Oggi possedere un televisore, per la maggior parte
degli abitanti dei paesi industrializzati, è fondamentale. È un flusso
continuo di input che mettono in contatto un qualsiasi abitante del
pianeta con un villaggio globale, fatto di suoni e immagini, fruibili
solo in modo passivo. L’interattività per anni è stata rappresentata
solamente dal telecomando, dalla possibilità di scegliere il canale
televisivo e, nei nuovi sistemi di ricezione digitale, di creare palinsesti
personalizzati ma senza favorire in alcun modo una comunicazione tra
utenti. Il contemporaneo sviluppo della rete internet, un mezzo di
natura biunivoca ha allontanato una fetta di pubblico dalla televisione,
che ha trovato nel nuovo medium, possibilità comunicative maggiori,
trasformando gli utenti in soggetti potenzialmente attivi.
Le manifestazioni di Seattle come Genova hanno trovato nei canali di
informazione indipendenti della rete, come il progetto di Indymedia,
un canale di comunicazione globale, che ha aiutato lo sviluppo di un
2
movimento di lotta per un diritto di informazione universale, dove
ogni soggetto riceve e trasmette informazioni. La diffusione di
un’altra versione dei fatti sull’11 settembre è stata possibile grazie alla
rete, così come una grande parte del lavoro di controinformazione
sulle guerre condotte dagli Stati Uniti dell’amministrazione di G.W.
Bush, ha raggiunto, attraverso le vie di comunicazione di internet,
gran
parte del pianeta. Oggi l’offerta di canali televisivi sembra
maggiore, i sistemi satellitari ne offrono a centinaia, ma i padroni di
produzione
e
distribuzione
di
materiali
informativi
o
di
intrattenimento sono sempre meno e, quei pochi possessori, sono
strettamente legati al potere dei governi, in quanto potenze
economiche transnazionali. Il mezzo televisivo è diventato un
intrattenimento che ruba il tempo alle persone, offre un servizio di
informazione d’attualità pilotato e pieno di pubblicità ingannevoli: lo
spettatore non è assolutamente tutelato o informato circa le
conseguenze di un uso di questo tipo della televisione.
La situazione italiana, caratterizzata da una costante mancanza di una
legislazione appropriata, in grado di regolare l’interesse del mondo
della politica verso il medium televisivo, ha portato dopo 30 anni di
monopolio della tv di stato e 20 anni di duopolio tra la Rai e la
Fininvest, l’unico soggetto privato nel campo della televisione
commerciale, ad una situazione di videocrazia, in cui il presidente del
consiglio oltre a controllare la televisione di stato è anche padrone dei
3 maggiori network privati, tra cui un canale che trasmette a livello
nazionale pur non avendo la possibilità. Questa situazione di illegalità
televisiva, ha permesso la nascita di una serie di esperimenti di
trasmissione televisiva nell’etere, da parte di piccole televisioni
indipendenti, volte alla creazione di un canale di informazione e
diffusione di produzioni video da sempre nascoste da parte dei
3
mainstream nazionali, con l’intento di offrire le possibilità
comunicative del medium a chiunque voglia parteciparvi.
Ho deciso di affrontare questo tema in quanto mi trovo direttamente
coinvolto in Teleimmagini?, un esperimento di televisione di strada di
Bologna e poiché in 2 anni di lavoro del network telestreet, ho potuto
verificare in prima persona la differenza tra l‘informazione
mainstream su un determinato fenomeno e la realtà effettiva delle
cose, avuta dall’esperienza vissuta in prima persona.
Teleimmagini? vuole essere un media tattico il cui prodotto della sua
esperienza si diriga verso un re-inventare un uso del mezzo, che lo
liberi dal de-naturalizzato fine di rendimento economico in mano di un
padrone, che ne sfrutta le potenzialità comunicative e persuasive per
una passivizzazione del pubblico. Una “televisione” intesa come
territorio
mediatico
aperto
ed
accessibile,
autogestito
dalla
partecipazione collettiva, per un uso attivo e critico del mezzo, verso
la realizzazione di un servizio comunicativo partecipato, non fine a se
stesso.
Vuole trovare nel suo spazio territoriale terrestre un ruolo di strumento
di comunicazione aperto a qualsiasi esperimento ludico-comunicativo
e fine allo sviluppo di un uso informativo condiviso, gestito in modo
orizzontale. La natura mutante della società si rispecchia nelle
esigenze comunicative e nella struttura dei mezzi delle tecnologie
informatiche a disposizione.
4
1.0 Comunicazione e potere dell’informazione televisiva
1.1 L’elettrodomestico più pericoloso
Considerata tecnicamente, la televisione è un mass media che
trasmette
immagini
visive
emesse
sotto
forma
di
onde
elettromagnetiche e riconverte tali onde ricevute in immagini visive.
E’ nel 1884 che l’inventore russo-tedesco Paul Nipkow fece brevettare
5
un dispositivo di trasmissione di immagini: il disco analizzatore1. Si
trattava di un disco perforato, che ruotava rapidamente, mediante il
quale una scena illuminata era scomposta in punti luminosi e scuri. La
serie di punti di luce così ottenuta era convertita in segnali elettrici e
telegrafata a un ricevitore. Gli impulsi che arrivavano al ricevitore
erano riconvertiti in punti luminosi e scuri, a partire dai quali
l’immagine originale era allora ricostruita, più o meno esattamente,
grazie a un disco identico, sincronizzato sul primo. Il dispositivo di
Nipkow era primitivo, ma il metodo di base della televisione non è
cambiato: le immagini sono sempre scomposte in punti luminosi e
scuri. Si dovette attendere il 1923 per ottenere delle immagini di alta
qualità, e ciò grazie a un americano nato in Russia. Vladimir
Zworykin, che depositò una domanda di brevetto per il suo
«iconoscopio», prototipo del tubo catodico del televisore moderno 2. Il
disco analizzatore era stato sostituito da un cannone elettronico. Negli
Stati Uniti, la prima trasmissione televisiva regolare ebbe luogo nel
pomeriggio del 30 aprile 1939, in occasione dell’inaugurazione
dell’Esposizione Mondiale di New York. Il cui tema era «Il mondo di
domani». La National Broadcasting Company (NBC), sotto gli auspici
della Radio Corporation of America, diffuse le cerimonie a titolo
dimostrativo. In pochi giorni la gente cominciò ad accalcarsi a
migliaia per vedere le dimostrazioni del nuovo miracoloso
apparecchio.
Durante la seconda guerra mondiale, l’industria dell’elettronica si
concentrò sulla produzione militare. Ma in seguito una vera esplosione
televisiva si propagò nel mondo del dopoguerra. Il numero delle
emittenti televisive passò da 6 nel 1945 a 523 nel 1958. Oggi vi sono
1
2
Menduni E., La televisione, Bologna, I mulini (1998). Pag.18
Ibidem op. cit. pag.20
6
circa 1000 stazioni televisive. Il numero dei televisori privati passò da
qualche unità nel 1945 a un milione nel 1949, 10 milioni nel 1951, 46
milioni nel 1958, a 121 milioni nel 1977. E questi dati si riferiscono
unicamente agli Stati Uniti d’America.
Lo sviluppo della televisione negli altri paesi seguì un ritmo analogo.
La televisione divenne ben presto un affare mondiale. La nascente era
della televisione, iniziata all’Esposizione Mondiale del 1939,
sembrava partita: nulla e nessuno avrebbero potuto arrestarla.
L’umanità, dopo milioni di anni di civilizzazione in lenta evoluzione,
con l’avvento della televisione modificò, in pochi decenni,
completamente i suoi costumi dando il via a una nuova era: «l’era
della televisione».
Improvvisamente la vita si trasformò in un «passatempo» di massa. Le
persone divennero più propense a restarsene a casa a sorbire i «pasti
televisivi» davanti allo schermo. Non è stato necessario attendere a
lungo perché spietate campagne pubblicitarie cominciassero a
strombazzare la dottrina del «consumismo». Peggio, numerose nazioni
sono oggi condizionate attraverso una programmazione e una censura
televisiva controllate dal governo, mezzo efficacissimo per instillare
senza posa nelle masse ideologie assoggettanti.
La televisione è strumento del potere, potere sui sentimenti, sui
pensieri, sui desideri, sulla volontà e sulla mente di tutti. C’è una
televisore in quasi tutte le abitazioni; numerose famiglie (60% in
USA) ne possiedono almeno due. Ma la televisione non si limita alle
abitazioni private. Essa infierisce nelle scuole, negli ospedali, nelle
fabbriche, nei laboratori spaziali. Grazie alla televisione, i medici
controllano i loro pazienti e le guardie sorvegliano i loro prigionieri.
7
1.2 La verità televisiva
I mass media possono proporre solo una minima parte delle
informazioni disponibili, e quindi devono necessariamente operare
una selezione. Ad esempio, un’agenzia di stampa può raccogliere
circa il 5 per cento delle notizie che appaiono sui giornali di un Paese
come gli Stati Uniti. E queste notizie, a loro volta, devono competere
con le notizie in arrivo da numerosi altri Paesi. Per conseguenza, ciò
che per esempio comparirà nei giornali italiani, sarà una parte molto
più
piccola
del
materiale
inizialmente
disponibile
in
Usa.
Analogamente, quando la televisione fa la cronaca di un avvenimento
importante, i telecronisti devono decidere che cosa merita di essere
mostrato al proprio pubblico e che cosa necessita di spiegazioni o
commenti. Queste decisioni sono estremamente importanti, in quanto
oltre a garantire un’adeguata audience, potranno influenzare le
opinioni del pubblico.
La televisione può presentare rapidamente le notizie, mostrandole con
grande realismo in modo da concentrare l’attenzione del pubblico su
determinati problemi, temi ed avvenimenti. Il telegiornale, il
documentario e il film d’attualità registrano una buona parte della
realtà3 e proprio per questo si differenziano profondamente dal film di
finzione, dove tutto è artificioso e ricostruito. Così, quando in un film
di guerra vediamo i soldati che cadono sotto i colpi del nemico,
sappiamo che sono comparse che fingono di morire; ma quando
vediamo la stessa scena in un videogiornale girato da un operatore di
guerra, sappiamo che, purtroppo, i caduti sono veri e che non si
alzeranno più.
Cioè quella che rientra nell’inquadratura della macchina da presa; sicché l’operatore può
mostrarci ciò che ritiene opportuno o gli fa comodo, e trascurare o nascondere il resto, secondo le
esigenze di tempo, di spettacolarità, di mondanità...
3
8
La selezione delle notizie è una necessità, ma la scelta delle notizie da
diffondere diventa uno strumento di potere: quel che è grave, è la
possibilità che alcune notizie siano costruite. Politici, fabbricanti di
opinioni, propagandisti, venditori e gli stessi giornalisti, sono ben
consapevoli di questo potere e, a volte, lo impiegano ai propri fini
"costruendo notizie" che poi i media diffonderanno. Il primo che cercò
di far capire alla società i pericoli e le potenzialità di un mezzo di
comunicazione di massa di trasmettere il falso fu Orson Welles, che
nel 1938, annunciò dalla radio l’arrivo dei marziani. Ma quello era un
tentativo di rendere consapevoli tutte le persone vittime dello scherzo,
delle capacità di distorsione della realtà da parte di un mezzo di
comunicazione di massa.
Anche alcune immagini della guerra in Afghanistan presentate ai
telespettatori a metà degli anni ‘80, sarebbero false. L’accusa, lanciata
con grande rilievo dal New York Post, riguardava una serie di
reportage condotti da Dan Rather (per la rete Cbs ) sulla guerra civile
afghana. Le riprese di Rather, il cui programma ricevette un premio
giornalistico, mostravano combattimenti, bombardamenti ed attacchi
aerei che sarebbero stati ricostruiti da un cameraman della Cbs4. Tra
gli episodi più clamorosi, figuravano due puntate sul bombardamento
dei piloni che portano l’elettricità a Kabul. Le riprese, presentate come
"la più grande operazione di sabotaggio di tutta la guerra", sarebbero
state in realtà una simulazione realizzata dodici giorni dopo il vero
sabotaggio.
Anche la più grande sconfitta subita in un giorno solo dalle forze
sovietiche dalla seconda guerra mondiale, trasmessa dalla Cbs in un
telegiornale nel 1987, non sarebbe stato altro che un piccolo, riuscito
attacco contro alcune truppe governative. Molte delle scene di
4
Cimenti A., Informazione e televisione : la libertà vigilata, Roma, Laterza, (2000) pag. 38
9
esplosioni di mine e inseguimenti di soldati governativi, sarebbero
state girate in un campo di addestramento militare pakistano e non sul
campo di battaglia.
Nell’agosto del 1989, durante un telegiornale, la Abc mostrò il
passaggio di una borsa di documenti tra una spia del Kgb e un
diplomatico americano. Si trattava della ricostruzione in studio di un
episodio presumibilmente avvenuto poco tempo prima a Parigi in cui
il diplomatico Felix Bloch avrebbe passato a un agente del Kgb alcuni
incartamenti riservati. Però, il conduttore del programma della Abc,
Peter Jennings, "dimenticò" di avvertire i telespettatori che si trattava
di una ricostruzione interpretata da attori professionisti. Quando alcuni
giorni dopo si scoprì la verità, ne derivarono aspre critiche e proteste:
la Abc si scusò assicurando che "l’esperimento" non si sarebbe
ripetuto5.
In Francia avvenne qualcosa di simile quando la Tv trasmise le
immagini frammentarie della fucilazione di Nicolae Ceausescu e della
moglie Elena, avvenuta all’alba del 25 dicembre 1989. Le riprese,
filmate in videocassetta, sarebbero stata effettuate per fini
propagandistici da un ufficiale dell’esercito rumeno, alcune ore dopo
l’esecuzione: l’assenza di macchie di sangue sui vestiti bucati dai
colpi di arma da fuoco, fece sospettare che i corpi già inanimati
fossero stati nuovamente giustiziati6.
Dan Rather, nel telegiornale della Cbs da lui condotto il 24 maggio
1989, durante una diretta con piazza Tien An Men a Pechino, creò
abilmente momenti di tensione facendo in modo di superare il tempo
disponibile per il collegamento via satellite: quando, alla fine del
collegamento, le immagini si interruppero bruscamente, lasciò credere
5
6
Ibidem op. cit. pag. 43
Articolo del Manifesto: Propaganda Televisiva, R. Barenghi, Marzo 1994
10
che si fosse ripetuto l’intervento della censura cinese effettuato in
analoghe circostanze qualche settimana prima. Che si fosse trattato di
un semplice trucco, i telespettatori ignari non sarebbero mai venuti a
saperlo, ma si sarebbero trattenuti davanti al televisore sperando di
vedere ancora qualcosa sfuggito alle maglie della censura7.
Nel 1991, durante la Guerra del Golfo (in cui venne impegnata una
coalizione multinazionale di enormi proporzioni per liberare il Kuwait
proditoriamente invaso dall'Iraq di Saddam Hussein), a differenza
della Seconda Guerra Mondiale e del Vietnam, ai giornalisti venne
interdetto
l’accesso
al
fronte.
I
mass
media parlarono
di
disinformazione, non-informazione o informazione pilotata. E questo
tipo di propaganda, instaurata all’inizio degli anni ottanta (con la
presidenza Reagan), è una conseguenza diretta della "sindrome del
Vietnam". Gli Usa persero la guerra anche perché i Vietcong ed i
Sovietici, grazie ad un’abile campagna propagandistica, riuscirono a
far venir meno il consenso del popolo americano. Non è una novità: la
televisione comunica entusiasmo o paura: può incoraggiare o
scoraggiare ampie fasce sociali; crea l’umore di un intero Paese; può
diffondere ottimismo e pessimismo. Come conseguenza la necessità di
una informazione controllata, pilotata e sceneggiata, all’insegna della
promessa «Non sarà un altro Vietnam», fatta da George Bush.
La scritta "cleared by U.S. military" compariva su ogni filmato
proveniente dal confine tra Arabia e Kuwait, ma anche su ogni
videonastro registrato nelle retrovie. E poiché l’opinione pubblica
doveva accettare la guerra.
Da un’indagine svolta il 22 novembre 19918, quando l’idea di un
intervento militare nel Kuwait suscitava una certa avversità
7
8
Cimenti A., Informazione e televisione : la libertà vigilata, Roma, Laterza, (2000) pag. 48
Fatta per conto del Washington Post del dicembre 1992, tradotto da Internazionale.
11
nell’opinione pubblica americana, era risultato che gli americani
sarebbero stati invece favorevoli se si fosse trattato di impedire
all’Iraq di usare le armi nucleari. Pochissimo tempo dopo, Bush
dichiarava che Saddam Hussein si sarebbe potuto procurare la bomba
in pochi mesi. Infine, giacché qualcosa di deve pur mostrare, si
aggiunge l’informazione sceneggiata: le televisioni trasmisero un
filmato amatoriale che riprendeva gli elicotteri iracheni nel cielo del
Kuwait, i carri armati che laceravano l’asfalto, il crepitare
dell’artiglieria, i patrioti che scrivevano slogan inneggianti alla libertà
sui muri di Kuwait City: un prodotto di propaganda appositamente
confezionato.
Tutto questo, secondo Mike Deaver, un esperto in tecniche di
controllo dell’informazione, era necessario: «una cosa è vedere i
soldati che bivaccano bevendo acqua Evian e che ringraziano la
mamma che ha spedito i biscotti fatti in casa, tenendo nel contempo i
muscoli ben in evidenza; un’altra cosa è vedere i cadaveri devastati
dalle bombe o i corpi dei soldati caduti in battaglia. Il pubblico non
l’avrebbe sopportato per più di una settimana»9. Le telecamere
avrebbero certamente ripreso tutto questo, anche se, in effetti, quella
combattuta nel Golfo era una guerra tecnologica, non di fronti: c’era
poco da vedere, si combatteva a lunghe distanze, a velocità
concitatissime. Tuttavia, quando le notizie sono solo quelle ufficiali,
c’è il legittimo sospetto che nascondano ciò che non si vuol far sapere.
E se la società non ha elementi di informazione per comprendere quel
che succede, viene a mancare l’opinione del popolo, il giudice della
democrazia. Ciò nonostante, dal punto di vista dell’opinione pubblica,
la non informazione fu positiva: dopo l’operazione Desert Storm,
grazie alla quale venne liberato il Kuwait, secondo un sondaggio del
9
Cimenti A., Informazione e televisione : la libertà vigilata, Roma, Laterza, (2000) pag. 85
12
Washington Post, l’88 per cento degli americani, riponeva maggior
fiducia nelle Forze armate.
In passato, gli avvenimenti in America venivano trasmessi dai tre
network: Abc, Cbs, Nbc. E non tutto poteva essere trasmesso. Poi
venne il "villaggio elettronico", il termine con cui Mc Luhan
profetizza il mondo in cui viviamo: un mondo che a causa della
diffusione su scala planetaria delle telecomunicazioni, e della
conseguente unificazione elettronica del globo, si è contratto fino ad
assumere, appunto, l’aspetto di un villaggio.
Dal 1985, la Cnn, attraverso satelliti e cavi, trasmette sempre tutto, in
diretta, 24 ore su 24, a qualunque ora e per il tempo necessario (gli
altri tre network trasmettono complessivamente sei ore di news al
giorno). La Cnn ha strutturato i suoi programmi in modo tale da
poterli interrompere in qualsiasi momento per dare una notizia
importante. E agli esperti incaricati di commentare un fatto vengono
concessi anche 10 minuti, contro il minuto e mezzo accordato dagli
altri network. Furono gli inviati della Cnn che filmarono la protesta
degli studenti cinesi a piazza Tien An Men, nel maggio ‘89, fino a
quando i censori di Pechino strapparono loro le telecamere dalle mani
e interruppero il collegamento via satellite. Poi, nel 1991, la Cnn con
le immagini "cleared" della guerra del golfo è stata catapultata oltre i
confini Usa, facendola diventare un fenomeno internazionale.
Dal 1990, oltre 60 milioni di americani guardano la Cnn10. E la
guardano anche milioni di persone in 85 Paesi. All’estero sono ancora
pochi
i
cittadini
che
posseggono
un’antenna
satellite,
ma
aumenteranno rapidamente con la riduzione dei costi e lo sviluppo di
nuove tecnologie. Può darsi che la mondovisione sia un sogno:
occorre che l’inglese si affermi sempre più come lingua mondiale, ma
10
Rossanda R. “Chi informa la CNN” articolo de il Manifesto, 18 novembre 2001, pag.8
13
non è impossibile. Il distacco e l’imparzialità di Cnn che si
autodefinisce "testimone degli eventi", è tale che Gorbaciov la
riceveva al Cremlino dal 1987, e George Bush senior affermò:
«Vengo a sapere più cose dalla Cnn che dalla Cia»11.
Questa rete che ha proibito ai suoi giornalisti l’uso dell’aggettivo
"straniero" sostituendolo con "internazionale", sembrava nata per
contribuire ad abbattere quegli steccati nazionalistici residui della
"guerra fredda". Ma anche la "testimone degli eventi" è incespicata in
un falso12.
Nel 1998, la Cnn è stata costretta a sconfessare il clamoroso scoop
secondo cui il Pentagono avrebbe sparato gas nervino nel Laos contro
i disertori americani della guerra del Vietnam. Le smentite e le
proteste iniziarono subito dopo la trasmissione dell'inchiesta. Un
consulente militare della Cnn si dimise in segno di protesta e centinaia
di ex marines inviarono lettere sdegnate. Unitamente al network, il
finto scoop coinvolse il settimanale Time che in esclusiva aveva
stampato la storia firmata da Peter Arnett, grande "firma" della Cnn
dai tempi della guerra del Golfo. «I fatti non confermano le accuse
fatte nel servizio», ammise anche Time, e la Cnn si addossò tutta la
colpa licenziando il giornalista.
Arnett, tornato a Baghdad durante la guerra in Iraq del 2003, per conto
della Msnbc - canale di news no stop della Nbc - è riuscito ad
annunciare per primo in diretta l'inizio dei bombardamenti americani
nella capitale: « Mi dà un piacere perverso aver dato il buco alla Cnn »
aveva dichiarato nei giorni scorsi, mentre i corrispondenti della Cnn
venivano espulsi dalla capitale. L'euforia di questo ingrato ha avuto
breve durata: infatti ha concesso un'intervista alla Tv irakena nella
11
12
Ibidem.
Ibidem.
14
quale ha dichiarava il fallimento del piano americano, aggiungendo
che la resistenza irakena è stata sottovalutata e che in Usa « cresce
l'opposizione a Bush » (cosa dimostratasi falsa dai sondaggi diffusi da
tutte le emittenti). Per rincarare la dose, Arnett aveva dichiarato di
apprezzare il modo con cui il regime aveva trattato i giornalisti
stranieri. Risultato: è stato licenziato in tronco dalla Nbc, Msnbc e
dalla National Geographic13.
La nuova guerra in Iraq (2003) per eliminare tra le altre ragioni il
regime di Saddam Hussein e combattere il terrorismo internazionale, è
mostrata in diretta da tutte le principali emittenti televisive; ciò
nonostante, il taglio che si dà alle riprese ed il montaggio hanno
mostrato un insieme spesso contraddittorio e confuso.
Dunque anche il "villaggio elettronico" presenta aspetti positivi e
negativi. L’aspetto positivo è ovvio: possiamo partecipare a tutta la
vita del pianeta, senza sentirci isolati dalle novità del mondo.
L’aspetto negativo è, invece, che il bombardamento di notizie e
immagini vere, false o costruite, ci fa dimenticare subito quelle del
giorno prima, senza possibilità di riflettervi con spirito critico, senza
sviluppare una diversità di punti di vista. Così, nelle società
democratiche, fondate sulla libertà di opinioni, l’industria culturale,
per esigenze
economiche, esercita una persuasione indiretta
dell’opinione, orientando il pubblico ad una visione del mondo quanto
più possibile pianificata in modo da suggerirgli ciò che deve volere o
credere di volere. Dunque, la realtà è ciò che vede, crede di vedere o
vuol vedere la maggioranza delle persone.
1.3 Ir-realtà persuasiva
13
Rossanda R. “Quale guerra in tv” , articolo de il Manifesto, 16 gennaio 2004.
15
Etimologicamente informare significa dare forma alla realtà,
rappresentata per permettere a noi stessi ed agli altri di conoscere il
mondo in cui viviamo. Oggi, tuttavia, la parola informazione richiama
piuttosto i potenti network che dominano praticamente tutti settori
dell’economia mondiale, a partire dai mass media, passando per i
colossi dell’informatica, fino a controllare altri settori a questi
collegati. Tra questo tipo di informazione e la realtà del pianeta in cui
viviamo la distanza è abissale, tanto da far apparire le immagini che
osserviamo sugli schermi televisivi quasi una realtà virtuale. La realtà
diventa sempre più “eterea” ed il potere dell’informazione e di chi la
gestisce cresce a dismisura. La nostra vita è sempre più piegata agli
esigenti standard del mercato globale. Questa realtà non ci piace
perché annulla le diversità, che sono fonte di arricchimento; aumenta
la forbice tra le masse di diseredati che soffrono la fame, ed un’èlite di
benestanti che detiene la maggior parte della ricchezza del pianeta.
Come se non bastasse, questa situazione si ripercuote sul mondo
dell’informazione, creando monopoli in una perniciosa commistione
di interessi politici ed economici. Nell’ambito di questo strapotere è
impossibile ipotizzare altre strade percorribili se non quella di un
recupero del senso critico collettivo che i media hanno ormai
appiattito. Tra gli studiosi contemporanei che più si sono interessati al
sistema mediatico connesso ai problemi di carattere sociale e politico
emerge lo scrittore americano Noam Chomsky. Lo scrittore afferma
che “il ruolo dei mezzi di comunicazione nella politica contemporanea
ci costringe a chiederci in che tipo di mondo vogliamo vivere e in
particolare cosa intendiamo per società democratica”
14
. Secondo
Chomsky ci sono due diverse concezioni di democrazia. Una definisce
14
Noam Chomsky, Atti di aggressione e di controllo, in archivio web Noam Chomsky
16
democratica la società in cui il popolo ha i mezzi per partecipare in
modo significativo alla gestione dei propri interessi e in cui i media
sono accessibili e liberi. Una definizione di questo tipo, dice lo
scrittore, si trova anche nel dizionario. La concezione alternativa è
quella che prevede una società in cui al popolo è proibito gestire i
propri interessi e i mezzi di comunicazione sono strettamente e
rigidamente controllati. Questa è la concezione prevalente. E lo è da
lungo tempo, sostiene Chomsky, sia nella prassi che nella teoria. Una
lunga storia risalente alle prime rivoluzioni democratiche moderne
dell’Inghilterra del XVII secolo, riflette questa ideologia.Per
dimostrare la sua tesi lo scrittore americano fa un breve resoconto di
quello che è stato il ruolo dei media nella storia, partendo dal
considerare l’utilizzo della propaganda durante le due guerre
mondiali. In entrambi i casi, la propaganda fu frutto dei centri di
potere ed ebbe come obiettivo “indirizzare il pensiero della
maggioranza del mondo”. Chomsky sostiene che la propaganda abbia
la stessa funzione oggi: “creare uno slogan su cui nessuno dissenta per
avere il consenso di tutti. Nessuno può capire che cosa significa,
perché non significa nulla; il suo valore essenziale consiste nel
distogliere l’attenzione da questioni che, al contrario, sono di
fondamentale importanza. Per la popolazione, l’unica realtà consentita
è quella mostrata dai media; desiderare o credere che esista qualcosa
di diverso è una follia. E poiché non è permessa alcuna forma di
organizzazione non c’è modo di confrontare le proprie idee con quelle
altri” 15. Lo scrittore definisce la nostra società, ed in particolare quella
americana, una società governata dal mondo degli affari, a cui anche il
sistema informativo è subordinato. I media sono infatti monopolio
15
Ibidem pag. 64.
17
dell’industria e sostengono tutti la stessa ideologia. Non è un caso che
essi vengano utilizzati, oggi, per “falsare radicalmente la storia, far
apparire le cose in modo tale che, per fare un esempio, quando gli
Stati Uniti attaccano e distruggono un paese, sia chiaro che lo stanno
proteggendo da mostruosi aggressori, così come è accaduto in
Vietnam, anche se in questo caso, in realtà, la propaganda non ha
funzionato, o nel caso della guerra del Golfo”16.
"Negli anni Sessanta la crisi consisteva nel fatto che ampi settori della
popolazione si stavano organizzando e cercavano di partecipare
concretamente all'attività politica. Si erano formati movimenti
popolari importanti: quello ambientalista, quello femminista, quello
contro il nucleare e altri ancora. Negli anni Ottanta c'è stata
un'ulteriore espansione con i movimenti di solidarietà, un fenomeno
nuovo e importante nella storia del dissenso, almeno in quella degli
Stati Uniti. Queste organizzazioni non limitavano la loro attività alla
protesta, ma miravano a un vero e proprio coinvolgimento, spesso
intimo, della popolazione nella sofferenza di persone lontane”17.
Allora un piano di totale controllo dei Mass media non era ancora in
uno stato avanzato. Inoltre l’efficacia della televisione nei confronti di
una popolazione che aveva vissuto parte della propria esistenza senza
l’uso di tale strumento, richiedeva tempo per instaurare un ruolo di
controllo sulla società. “Il popolo che doveva restare diviso, segregato,
isolato, in breve tempo avrebbe potuto organizzarsi e diventare
qualcosa di diverso da un semplice spettatore. Se molte persone dotate
di risorse limitate riescono a unirsi e a entrare nell'arena politica, il
popolo può assumere un ruolo attivo nella società, e questa è una
minaccia terribile. Altrimenti potrebbe cominciare a pensare, e
16
Ibidem.
Noam Chomsky, Il controllo dei media,
www.tmcrew.org/archiviochomsky/il_controllo_dei_media.html
17
18
pensare non è di sua competenza. […] Ma finché viene costretto al
ruolo di semplice spettatore, non ha modo di organizzarsi o di
esprimere ciò che pensa, né di venire in contatto con altri che
condividano la sua stessa opinione”18. Sulla base di questi principi
sociologici, le grandi Corporations della comunicazione multimediale
hanno da sempre cercato di conquistare tutti i mercati dei mezzi di
comunicazione, trasformando possibili servizi di comunicazione in
potenti armi di propaganda sociale, in grado di poter condizionare il
pensiero della massa di spettatori: proponendo un modello, un
pensiero, uno slogan attraverso il mezzo di comunicazione, ottiene
consenso, perché crea una società virtuale nell’immaginario umano
collettivo che crede nel messaggio, ed elimina una società reale che
manca sempre più di un confronto diretto. “La persona che nei
sondaggi afferma di preferire la spesa sociale alla spesa militare (come
ha fatto una larghissima maggioranza) si convince di avere
convinzioni folli, perché non ha mai sentito affermare niente di simile
e crede che nessuno la pensi così. Chi dà questo tipo di risposte nei
sondaggi si pone in qualche modo al margine, e poiché non ha
occasione di incontrare altre persone che condividano o rafforzino il
suo punto di vista e lo aiutino ad articolarlo, si sente diverso, escluso."
La situazione della società americana rispecchia chiaramente quella
dell’intera società occidentale: un pugno di corporations ha in mano
l’intera informazione americana, tutto ciò che gli USA vedono,
sentono e leggono. Che si tratti di televisione, radio, quotidiani, libri o
internet, poche gigantesche conglomerate determinano ciò che
vediamo, sentiamo e leggiamo19. La televisione è il mezzo attraverso
18
Ibidem.
Un pugno di corporations ha in mano l’intera informazione americana, in
www.disinformazione.it
19
19
il quale la maggior parte degli americani apprende le “notizie”, ma,
senza eccezione, tutti i principali network sono nelle mani di grandi
aziende e dei loro enormi conflitti d’interesse. Fox News Channel è
posseduto da R. Murdoch, un australiano di destra che già possiede
una significativa porzione dei media mondiali, tra cui la piattaforma di
distribuzione dei canali digitali in Italia; la NBC è di proprietà della
General Electric, una delle più grandi corporation del mondo, che
detiene il brevetto sulla televisione, i diritti sul campo di ricerca sulle
conseguenze di una esposizione al fascio di luce dell’elettrodomestico
e vanta una delle più radicate tradizioni di attività antisindacale; la
ABC è di proprietà della Disney Corporation, che produce giocattoli e
altri oggetti fabbricandoli in paesi in via di sviluppo e pagando dei
salari bassissimi ai propri lavoratori; il proprietario della CBS è
Viacom, un altro gigante dei media che possiede fra l’altro MTV,
Showtime, Nickelodeon, Vh1, TNN, CMT, 39 stazioni televisive, 184
stazioni radio, la Paramount Pictures e la Blockbustar Inc.20 Il
problema della televisione non è solo il fatto che è totalmente
controllata, ma che gli argomenti più importanti per la middle-class e i
lavoratori statunitensi sono discussi raramente; l’americano medio non
vede la propria realtà riflessa sullo schermo televisivo. il pluralismo
dell’informazione è più apparente che sostanziale. Il cosiddetto
“quarto potere” è in gran parte ormai così strettamente intrecciato al
potere politico, e dipendente da forti interessi privati, detentori e
controllori dei media, da aver rinunciato quasi del tutto a funzioni di
controllo e di critica. La soverchiante maggioranza dei flussi di
comunicazione è ormai prodotta da un pugno di colossi mondiali, tra
cui spiccano conglomerati impressionanti per dimensione e potenza
come American on line, Time Warner, Vivendi International, Sky
20
Ibidem.
20
News, Bertellsman ecc… “La società globale, la cosiddetta “società
della conoscenza”, è letteralmente nelle mani dei produttori di una
gigantesca “fabbrica dei sogni”, che lavora all’istupidimento collettivo
e serve gli interessi della globalizzazione americana. Se c’è un luogo
dove questa globalizzazione ha già espresso tutta la sua forza e
virulenza, questo è il campo della comunicazione. E’ proprio in questo
campo che si istituzionalizzano e si riproducono false conoscenze,
pregiudizi, luoghi comuni e si rafforza la costruzione sociale della
realtà dominante”21.
1.4 La nuova merce televisiva
Oggi le fondamenta della vita moderna cominciano a sgretolarsi. Tutto
sta cambiando, compresi i legami e i vincoli che nel prossimo secolo
definiranno i rapporti tra gli uomini. “Nella nuova era, i mercati
stanno cedendo il passo alle reti, e la proprietà è progressivamente
sostituita dall’accesso”22. La proprietà privata, caratteristica dell’epoca
capitalista, continua ad essere un pilastro portante anche della nuova
era dell’accesso, tuttavia è molto improbabile che continui ad essere
scambiata su un mercato. Infatti nella cosiddetta new economy, “il
fornitore mantiene la proprietà di un bene, che noleggia o affitta o è
disposto a cedere in uso temporaneo a fronte del pagamento di una
tariffa, di un abbonamento, di una tassa di iscrizione”23.
Viviamo un’era in cui si è passati dallo scambio delle merci allo
scambio delle conoscenze e della proprietà intellettuale. Il capitalismo
culturale si sostituisce al capitalismo industriale: la cultura si vende
sotto forma di attività a pagamento. Mentre l’era industriale è stata
Giulietto Chiesa nell’articolo: ”Che mille gocce diventino un fiume”, tratto da Megachip.
J. Rifkin, L’era dell’accesso., Milano, Mondadori, (2000), pag. 5
23
J. Rifkin, op. cit. pp. 6-7
21
22
21
caratterizzata dalla mercificazione del lavoro, l’era dell’accesso si
contraddistingue per la mercificazione delle risorse culturali, quali
arti, feste, impegno civile, movimenti sociali, ecc. Le multinazionali
dei media stanno progressivamente sfruttando le risorse culturali di
ogni parte della terra, alterandole e presentandole come “merce” di
intrattenimento. Per accedere ad esperienze culturali la parte più ricca
della popolazione mondiale paga fior di quattrini.
Nella nostra società la proprietà culturale diviene la più importante
risorsa economica. Da sempre la cultura ha avuto la priorità sul
mercato; da essa provengono le norme di comportamento, attraverso
le quali gli uomini creano lo scambio e la fiducia reciproca. Quando
poi la sfera economica inizia a divorare quella culturale, le
fondamenta sociali rischiano di essere distrutte.
Oggi lo scambio di proprietà fra compratori e venditori viene
sostituito da un accesso temporaneo, negoziato fra client e server
operanti in una relazione di rete. Uno degli aspetti più interessanti
dell’economia delle reti è il capitale intellettuale come forza
dominante, le idee, i concetti, le immagini come i componenti
fondamentali del valore; un capitale intellettuale che rimane
prevalentemente in possesso del fornitore, il quale lo noleggia o ne
autorizza un uso limitato da parte di terzi. La nuova organizzazione
del
potere
economico
comporta,
ovviamente,
una
nuova
concentrazione dello stesso. Così come nell’era dei mercati, chi
possedeva il capitale fisico esercitava il controllo sullo scambio dei
beni, allo stesso modo, nella nuova era dell’accesso, coloro i quali
accumulano il capitale intellettuale gestiscono il potere sull’accesso a
conoscenze, idee ed esperienze fondamentali.
Nel mondo industriale si sta verificando un cambiamento nell’ambito
della produzione: la produzione materiale cede il passo a quella
22
culturale e i grandi conglomerati dell’industria vengono sostituiti dai
nuovi colossi del capitalismo culturale: Viacom, Time-Warner,
Disney, Sony, Seagram, Microsoft, News Corporation, General
Electric, Bertelsmann, PolyGram. Tutte queste multinazionali dei
media stanno utilizzando la rivoluzione digitale nelle comunicazioni
con l’obiettivo di connettere il mondo e di mercificare la cultura che
diventa uno spettacolo commerciale di massa e puro intrattenimento.
La mercificazione della cultura comporta un cambiamento epocale
anche nel modo di lavorare: macchine intelligenti si sostituiscono ai
lavoratori in tutti gli ambiti dell’attività umana. “Nel ventunesimo
secolo, una quota sempre più consistente del lavoro umano, fisico e
intellettuale, sarà svolta da macchine pensanti”24. Si genera nel
frattempo una nuova forma di monopolio commerciale: i grandi
consorzi dei media e i loro fornitori di contenuti diventano
“gatekeepers”, i “guardiani” che stabiliscono le modalità e i limiti con
cui ciascuno potrà avere accesso nella prossima era. Il sistema della
new economy produce una nuova generazione di giovani, la cosiddetta
dot-com-generation, la quale, in parte, viene attratta e sedotta nel
mondo della produzione culturale dalle forze economiche, il resto
invece sta utilizzando il senso di connessione di cui è dotato per
sfidare l’etica sfrenata e cinica dell’economia, e creare nuove
comunità fondate su interessi condivisi.
La new economy non ha risolto di certo il divario tra i paesi cosiddetti
“sviluppati” (dove per sviluppo si intende il progresso economico e
tecnologico di un paese) e quelli “in via di sviluppo”; anzi il problema
si è amplificato, è cresciuto il divario economico e sociale fra i paesi
del Nord del mondo e quelli del Sud e si è creata una distanza
ulteriore, che prende il nome di “digital divide”, ovvero divario
24
J. Rifkin, op. cit. p.12
23
digitale. “Mentre un quinto della popolazione mondiale sta migrando
verso il ciberspazio e le relazioni di accesso, il resto dell’umanità è
ancora intrappolato in un mondo in cui scarseggiano i beni materiali.
Per i poveri la vita rimane una lotta quotidiana per la sopravvivenza, e
disporre di proprietà costituisce una preoccupazione immediata (per
alcuni destinata a rimanere un obiettivo distante)”25. Viviamo in
un’era caratterizzata da un’enorme contraddizione: aumenta la
tecnologia, ma più della metà della popolazione mondiale non ha mai
usato il telefono. Il divario tra chi non ha e chi ha è ampio, ma sarà
ancora più grande quello tra chi è connesso e chi non lo è, fra coloro
che vivono all’interno dei cancelli del ciberspazio e coloro i quali ne
stanno fuori. Questa frattura determinerà, secondo molti, buona parte
della lotta politica negli anni futuri. La parola d’ordine della nuova era
è “accesso”; essa è diventata il titolo necessario per accedere al
progresso e alla soddisfazione personale. “E’ un vocabolo denso di
suggestioni, e carico di significati politici. Parlare di accesso,
dopotutto, significa parlare di distinzioni e divisioni, di chi sarà
incluso e di chi sarà escluso. L’accesso sta diventando un potente
strumento concettuale per riformulare una visione del mondo e
dell’economia, ed è destinato a diventare la metafora più efficace della
nuova era”26.
25
26
Ibidem.
Ibidem.
24
2.0 Storia del controllo del sistema televisivo italiano
In tutto il mondo, dal suo avvento, la televisione si è imposta come
mezzo di informazione e intrattenimento centrale per ogni società
occidentale. Per molte categorie sociali di cittadini, questo strumento è
il principale referente e contatto con il resto della società. Oggi i vari
processi di decisione, di delega e di consenso politico sono fortemente
influenzati dalle sue capacità comunicative.
L’Italia è il paese europeo la cui centralità della televisione nella vita
sociale e politica, si è affermata nel modo più impetuoso, facendo
nascere una situazione anomala dei media italiani, rispetto a tutte le
altre società europee, caratterizzata soprattutto dall’ altrettanto
anomalo rapporto tra media e potere nel paese.
In una società i rapporto dei media con il potere può seguire due vie.
Quando i mezzi di comunicazione sono controllati da chi governa un
paese si parla di contiguità, se invece svolgono il ruolo di “quarto
potere”, rappresentando un servizio per i cittadini, si crea un rapporto
di contrapposizione. Storicamente i media italiani si sono da sempre
dimostrati come contigui al potere piuttosto che antagonisti. Questa
tradizionale dipendenza dei media italiani dal potere è dovuta alla
particolarità del sistema politico italiano, caratterizzato, sin dalla
caduta del fascismo, dalla partitocrazia27, destituendo le istituzioni
dello Stato da ogni decisione di importanza pubblica. Da un punto di
27
Il sistema politico-istituzionale fondato sulla occupazione dello Stato da parte delle burocrazie
politiche dei partiti, ponendo le proprie segreterie al centro di ogni decisione.
25
vista politico e istituzionale, la storia della televisione italiana è anche
caratterizzata da un vuoto legislativo: una caratteristica costante di una
mancata regolamentazione delle politiche della comunicazione, che ha
giocato a favore delle forme di comunicazione politica all’interno del
media televisivo, permettendo di sfruttarne le potenzialità per trarne
un appoggio popolare.
Si può dividere la storia della televisione italiana in tre periodi. Il
primo è il periodo dell’ancien regime28 televisivo, che va dal 1954 al
1975, periodo dell’ indiscusso monopolio statale sull’etere, attraverso
la Rai, l’azienda radiotelevisiva pubblica. Il secondo che va dal 1975
anno della rottura del monopolio, in seguito alle liberalizzazioni
attuate nel campo della comunicazioni con dell’avvento della
televisione commerciale nella totale deregolamentazione, comprende
la confusa formazione dei primi network nazionali privati finanziati
dal traffico pubblicitario, determinando l’emergere del gruppo
Fininvest di Berlusconi, fino alla costituzione del consolidamento del
“duopolio” con la Rai, portato avanti fino ai primi anni novanta. Il
terzo periodo è una fase di cambiamenti disorganica, cominciata
all’inizio degli anni ’90, dovuta a fatti sia politici, come l’inchiesta
“Mani pulite” portata avanti dai giudici della procura di Milano 29 (un
primo tentativo legislativo di regolamentazione dell’emittenza
televisiva), che hanno forzato il padrone della televisione privata
italiana a “scendere in campo”30 facendo politica in prima persona e
cercando di regolare il sistema televisivo a proprio piacere, sia
tecnologici, con l’entrata in campo (questa volta dei media) di un
28
Nome attribuitogli da Ortoleva P. in Linguaggi culturali via etere in: Fare gli italiani. Scuola e
cultura nell'Italia contemporanea, a cura di S. Soldani e G. Turi, Bologna, Il Mulino, (1993)
29
A cui seguì una inevitabile recessione economica prodotta dalla scoperta dei finanziamenti
illeciti dei partiti.
30
L’espressione usata da Berlusconi, per comunicare attraverso il megafono delle sue reti
televisive l’inizio della sua vita politica.
26
primo tentativo di pay tv su frequenze analogiche, poi satellitari, la
diffusione di internet alle masse popolari, la banda larga e ultima, la
televisione digitale terrestre, che stanno segnando la fine dell’era del
mezzo televisivo analogico.
2.1 La Rai durante l’ ancien regime:
Il lungo periodo della nascita e diffusione del mezzo radiotelevisivo in
Italia fu caratterizzato dall’ idea che l’ etere fosse un bene pubblico
gestito
dallo
Stato
che
assegna
ad
una
società
pubblica
l’autorizzazione a trasmettere programmi radiotelevisivi su tutto il
territorio nazionale. Questa concezione di televisione pubblica si
rifaceva al modello noto e imitato dalla maggior parte delle nazioni
europee della BBC, basato sulla concezione di radiotelevisione come
servizio pubblico.
Eppure il modello di servizio pubblico televisivo della Rai ha una
fondamentale differenza con quello degli altri paesi del vecchio
continente: la distinzione tra la funzione di gestione da quella di
controllo della azienda televisiva. In questi paesi la dirigenza della
azienda televisiva pubblica si occupava esclusivamente della gestione
ed era responsabile dell'andamento economico e della produttività
dell'azienda, secondo i principi dell'economia di mercato e non
diversamente da una qualsiasi azienda privata. Mentre la funzione di
controllare che venisse rispettata la pluralità di accesso al media
televisivo venne attribuita, grazie all'esistenza di una articolata
legislazione regolatoria, a uno o più organi rigidamente distinti dal
governo e nominati dal Parlamento. Al momento dell'esaurirsi di
questo modello di servizio pubblico del regime di monopolio seguì
nella maggioranza degli altri paesi europei una fase di liberalizzazione
27
anch'essa regolata da una precisa normativa legislativa e antitrust.
Assai diverso fu il caso italiano. Si scelse fin dal periodo fascista, (per
la radio) il modello del controllo pubblico attraverso le partecipazioni
statali che attribuiva e tuttora attribuisce alla Rai la forma di società
privata, nonostante la proprietà sia interamente dello Stato (attraverso
la holding finanziaria Iri) che ne ha il controllo effettivo, ma senza i
vincoli di una vera legislazione regolatoria31. Fino al 1975 insomma la
direzione dell'unica azienda televisiva pubblica era nominata in teoria
dall'azionista privato di riferimento, cioè l'Iri, ma in pratica dal
governo che controllava l'Iri; il tutto in assenza di una legislazione
regolatoria e di organi di controllo indipendenti. La caratterizzazione
del monopolio televisivo italiano era la tendenza di un controllo
politico senza vincoli legislativi, fortemente condizionata dal sistema
politico, con il quale la Rai si è trovata ad essere costantemente in un
rapporto di contiguità. Durante il regime di monopolio il mezzo
televisivo fu utilizzato in maniera estremamente prudente. La
televisione venne concepita come separata dal mercato, finanziata
soprattutto dal canone (che fino agli anni Settanta rappresentava il
75% delle entrate Rai) e con un utilizzo della risorsa pubblicitaria
fortemente minoritario e limitato32. L'aumento del consumo televisivo
venne portato avanti in maniera molto cauta e la pubblicità venne
utilizzata in maniera assai inferiore alle potenzialità offerte del mezzo
televisivo. Agli interessi economici e commerciali la Rai antepose da
un lato interessi educativi (la programmazione tv) e dall'altro interessi
politici (per non togliere risorse pubblicitarie alla stampa e quindi
disturbare gli editori di quotidiani e periodici che avevano rapporti
31
Monteleone F, Storia della radio e della televisione in Italia, Venezia, Marsilio (1992), pag. 168
Il Carosello era lo spazio apposito per gli annunci pubblicitari, con una precisa collocazione
all’interno del palinsesto. Erano delle brevi storie della durata di qualche minuto, con
l’imposizione che solo un terzo del messaggio fosse di carattere commerciale.
32
28
amichevoli con il governo, che a sua volta controllava la Rai)33, con il
risultato che nel periodo 1957-76 la media degli investimenti
pubblicitari in tv non superò mai la quota del 12% dell'intero mercato
pubblicitario, mentre la stampa si aggiudicava quote sempre superiori
al 60%34.
La prudente politica della Rai nello sviluppo del mezzo televisivo
derivava dalla consapevolezza da parte dei quadri dirigenti
dell'azienda dell'enorme forza comunicativa della televisione che
poteva avere gravi conseguenze sulla stabilità sociale di un paese
ancora in gran parte arretrato. Il risultato fu una politica culturale
fortemente paternalistica e dirigistica. Non c'è dubbio che la Rai
continuò ad essere paternalistica anche dopo che erano venute meno le
condizioni sociali e culturali che potevano giustificare tale
paternalismo. Bisogna tuttavia riconoscere che la Rai, almeno fino
agli anni Settanta, ebbe un ruolo importante nella modernizzazione del
paese. La programmazione televisiva fu concepita come strumento di
promozione culturale di masse ancora scarsamente alfabetizzate,
dialettofone più che italianofone, scarsamente acculturate e poco
propenso alla lettura. Molti programmi (riduzioni teatrali, sceneggiati,
rubriche, ecc.) nascevano da questi scopi genuinamente pedagogici e
divulgativi35.
I risultati di questa programmazione, paternalistica e dirigistica sì, ma
nelle grandi linee corrispondenti alle condizioni sociali e culturali del
paese, sono stati notevoli. Il ruolo del mezzo televisivo è stato
centrale, non solo in una maggiore unificazione linguistica dell'Italia,
33
La scelta di non sfruttare le risorse della pubblicità in tv acquistava così il carattere di
finanziamento occulto da parte del potere politico alla stampa.
34
Pilati A. La pubblicità dei mezzi di comunicazione in: La stampa italiana. (1994) pag. 246
35
Ortoleva P. Linguaggi culturali via etere in: Fare gli italiani. Scuola e cultura nell'Italia
contemporanea, a cura di S. Soldani e G. Turi, Bologna, Il Mulino (1993) pag. 473
29
ma anche nell'impressionante uniformazione antropologica, notata per
primo da Pier Paolo Pasolini, che il paese ha attraversato nel
dopoguerra e che ha portato ad una forte attenuazione delle differenze
regionali e locali nei comportamenti sociali degli italiani36.
Omologazione antropologica che la televisione commerciale in
seguito ha ulteriormente e rapidamente accentuato.
Non c'è dubbio che la tradizione culturale del cattolicesimo si istaurò
solidamente all'interno della Rai e improntò la politica culturale
dell'azienda per tutti gli anni Cinquanta e Sessanta ad un'ideologia
moderata di stampo cattolico (addirittura clericale almeno fino alla
metà degli anni Sessanta). Non furono pochi gli episodi di tipo
"oscurantista" e censorio per dimostrare come il controllo della DC e
della Chiesa sulla Rai fosse totale37. Non si può negare che vi siano
stati episodi di questo tipo, soprattutto nel settore dell'informazione e
per quanto riguarda la morale sessuale, ma non si può ridurre tutta
la politica culturale della Rai al puro integralismo cattolico. Anche
per quanto riguarda l'aspetto culturale, i rapporti tra Rai e potere non
furono così schematici come spesso vengono dipinti. Forse è più
equilibrato affermare che la Rai degli anni Cinquanta e Sessanta
rappresenta nel bene e nel male il più importante progetto culturale
elaborato dal pensiero cattolico nell'Italia moderna; un progetto che
affonda le sue radici nella tradizione "comunicativa" del cattolicesimo.
36
Citato da De Mauro T. Storia linguistica dell'Italia unita, Bari, Laterza. (1963). pag. 63
Il primo caso di censura "storica" riguarda la coppia di comici Raimondo Vianello e Ugo
Tognazzi: in una popolare trasmissione dal titolo Un, due, tre, i due prendono in giro il Presidente
della Repubblica Giovanni Gronchi che, durante una serata di gala con il Presidente francese
Charles de Gaulle, si era seduto male su una sedia ed era caduto per terra. Nel 1960 viene
allontanato dalla televisione il presentatore Enzo Tortora: in una sua trasmissione l'imitatore
Alighiero Noschese aveva scherzato su Amintore Fanfani, potente uomo della Democrazia
Cristiana. Un clamoroso caso di censura riguarda Dario Fo: insieme a Franca Rame, nel 1962, è
conduttore e autore dei testi del varietà Canzonissima, probabilmente la più famosa trasmissione
della televisione italiana di tutti gli Anni Sessanta. Le sue scenette sulla mafia e sulle fabbriche (in
particolare quella che parla di incidenti sul lavoro) non piacciono ai vertici della RAI. I due sono
costretti ad abbandonare la trasmissione.
37
30
Mentre dall’altra parte, gli intellettuali di sinistra rifiutavano il mezzo
televisivo nel nome di una cultura aristocratica, lo confermano le
parole di Alberto Moravia quando affermò una volta che "l'Italia
televisiva era una sottoitalia, un Italia di serie B"38 ), la Chiesa per
prima intuì le enormi potenzialità educative del nuovo mezzo e cercò
di sfruttarle secondi i principi necessariamente paternalistici e
dirigistici di un'istituzione per sua natura autoritaria e poco propensa
alla pluralità delle opinioni.
Dopo il 1960 il nuovo amministratore delegato fu Ettore Bernabei,
legato alla corrente fanfaniana della Dc, che rimase fino alla riforma
del 1975. Nel novembre 1961 iniziarono la trasmissioni del secondo
canale,
che
non
aveva
autonomia
produttiva
ma
serviva
all’ampliamento di un’unica offerta. Nel 1964, con i primi governi di
centro-sinistra, giunsero amministratori, dirigenti, giornalisti socialisti
e si cominciò a delineare quella sarà chiamata da Alberto Ronchey in
una lettera del 1968 a Ugo La Malfa, nella quale rifiutava con
lungimiranza una candidatura nel Cda della Rai, la "lottizzazione"39: la
spartizione non trasparente di cariche e responsabilità tra i partiti e
l’attribuzione di esse per meriti di partito, in cui si sostanzia il
rapporto tra la Rai e la politica.
Nel 1974 Bernabei lasciò la Rai; due sentenze della Corte
costituzionale (225 e 226, entrambe del 1974) permisero la ripetizione
dei segnali esteri e la tv via cavo in ambito locale. Nel 1975 il
Parlamento approvò la riforma della Rai con la legge n 103, nel
tentativo di stabilire norme precise nel settore. oltre a riaffermarsi il
monopolio di stato sulle trasmissioni, veniva trasferito il controllo
nominale della Rai dal governo ad una commissione parlamentare
38
39
Grasso A. Storia della televisione italiana, Milano, Garzanti (1992). Pag. 43
Enrico Menduni, Televisione e società italiana, Milano, Bompiani (2002). Pag. 127
31
composta da 40 membri di tutti i partiti in rapporto alla loro
rappresentanza in parlamento. Si sarebbe fatta una terza rete televisiva
e il decentramento; reti e testate giornalistiche diventavano autonome;
la Rai garantiva l’accesso ad associazioni e partiti; la televisione via
cavo (un pericolo per il monopolio) fu di fatto impedita. La Rai
restava monopolio, ma il controllo su di essa passò dal Governo al
Parlamento; erano i partiti, di fatto, a nominare i vertici dell’azienda.
La legge decretò così una forma di controllo politico fondata sulla
"spartizione di partito" che portò ad un ulteriore arroccamento della
pratica della lottizzazione40. La lottizzazione fu una specie di accordo
reciproco grazie al quale ad ogni partito si consentì di inserire un certo
numero dei suoi membri nei posti chiave. I posti sono determinati in
base agli interessi di partito, con lo scopo di esercitare un'influenza
politica diretta sia sulle trasmissioni delle notizie che sulle decisioni
riguardanti la programmazione, l'acquisto ed il contenuto dei
programmi.
E' opinione diffusa nella pubblicistica, soprattutto di sinistra, che fino
all’entrata in vigore della riforma del 1975 si sia trattato di una pura e
semplice "occupazione" della Rai da parte del potere politico, in
particolare da parte dell'area maggioritaria di centro raccolta intorno
alla Democrazia Cristiana (DC) che, come si sa, ha controllato il paese
ininterrottamente per quarant'anni. E' comune l'immagine della Rai
come di uno strumento propagandistico nelle mani del regime DC. Se
da una parte non si può negare che ci sia stata un'influenza
governativa sulla televisione, dall'altra bisogna dire che ad accentuare
troppo questo aspetto si corre il rischio di dare un'immagine
40
Per cui Rai Uno la rete ammiraglia, soprattutto a partire dalla riforma del 1975, era controllata
dalla DC e Rai Due dall'alleato di governo, il Partito Socialista (PSI). A partire dal 1979 con la
creazione di Rai Tre anche all'opposizione comunista (PCI) fu riconosciuto il controllo di una rete
che però aveva una minor copertura del territorio nazionale dovuta al minor numero di ripetitori.
32
deformante dei rapporti tra i due sistemi. I rapporti tra potere politico
e televisione sono stati molto più articolati e complessi di quanto si
pensi in genere. Infatti la contiguità tra televisione e sistema dei partiti
non è servita solo a quest'ultimi, ma spesso anche alla Rai stessa. Il
rapporto privilegiato con il potere ha permesso alla Rai di ottenere, da
una parte finanziamenti pubblici incontrollati e, dall'altra, di usare il
referente politico come arbitro e negoziatore dei conflitti interni
all'azienda e come fonte di legittimità all'esterno al momento
dell'avvento della televisione commerciale.
La stessa famosa e famigerata "lottizzazione" non deriva solo dalla
volontà dei principali partiti di occupare le posizioni più forti nel
sistema televisivo, ma è stato anche un sistema funzionale alle
esigenze dei burocrati e dirigenti Rai per regolare rapidamente i
conflitti di gerarchia all'interno di una grande azienda pubblica come
la Rai, un rinnovo del patto che la legava ai partiti, alle istituzioni
politiche che l’avevano generata, per giustificare e rafforzare la sua
legittimità di azienda pubblica.
La Rai cresceva in numero di abbonati e di dipendenti, ma si era
diffusa la convinzione che non riusciva a seguire l’evolversi della
società italiana. Il dilemma se diventare "più azienda" o "più aperta
alla società" venne sciolto dalla politica: nel 1972 la scadenza della
convenzione Stato-Rai è accompagnata da grandi discussioni sulla
riforma, mentre in Italia cominciano ad essere ricevute televisioni
straniere (Capodistria, Montecarlo, Svizzera Italiana) e nascono
televisioni private semiclandestine (Telebiella).
2.2 La nascita delle TV private
33
La fine del regime di monopolio e l'avvento della televisione privata
avviene in Italia in un periodo di grandi cambiamenti economici,
sociali e culturali41. In seguito al boom economico del decennio
precedente che scatenò un processo di rapida modernizzazione, il
paese si trovò ad essere la settima potenza economica mondiale. A
questo grado di benessere elevato conseguì un cambiamento dei
consumi degli italiani. I beni primari comprendevano solo una parte
delle entrate complessive delle famiglie, per questo motivo il costo di
un prodotto non era più la principale ragione di acquisto di un
determinato bene. Ottennero sempre più valore motivazioni di tipo
emotivo, culturale e qualitativo, più influenzabili dalla pubblicità.
La società si era laicizzata (divorzio, aborto, consumismo) e si
affermò una maggiore consapevolezza dei diritti dell'individuo.
Cambiò la mentalità dell’ italiano medio, che cominciò a sentire sulla
propria pelle la presenza opprimente di un monopolio televisivo con
un
controllo
governativo
dell’informazione.
L’identità
della
televisione pubblica venne sentita sempre più illiberale, associata da
sempre alla chiesa e ad un paese, quello del dopoguerra, la cui identità
non corrispondeva più alle nuove esigenze degli italiani.
Le innovazioni nel campo dell'elettronica che cominciarono ad essere
sperimentate in quegli anni in Europa (colore, tv via cavo, satellite,
videoregistrazione) erano nuovi orizzonti nel mercato dei media e
delle telecomunicazioni. Strade che ogni Paese avrebbe dovuto
affrontare per non rimanere indietro in un settore determinante per lo
sviluppo economico e sociale. Tutti questi elementi portarono alla fine
C’è chi fa risalire quella svolta storica alla seconda metà degli anni Settanta, quando il sistema
mondiale era nel pieno di una crisi da sovrapproduzione aggravata dagli effetti del dopo guerra del
Kippur. A questo eccesso di produzione non corrispondeva un’adeguata domanda. Fu allora che la
International Advertising Association, una specie di Confindustria mondiale delle agenzie di
pubblicità, si impegnò a far crescere a dismisura spazi e formati radio televisivi, lo strumento
indispensabile a realizzare quella impennata dei consumi nella parte più sviluppata del mondo, in
41
34
del monopolio di Stato sull'etere. Nacque un nuovo modo di fare
televisione, un modo che gli italiani avrebbero fatto subito loro: la tv
commerciale.
Qui la vicenda, abbastanza omogenea e compatta, delle televisioni
europee si divise: alcuni paesi riuscirono a utilizzare le nuove
tecnologie che si rendevano disponibili, in particolare il cavo e presto
il satellite, per diversificare i compiti del servizio pubblico e quelli dei
privati, altri non ci provarono nemmeno. I vent’anni che seguirono
movimentarono notevolmente il paesaggio televisivo europeo,
introducendo elementi di discontinuità rilevanti proprio quando le
istituzioni della Comunità cominciavano a premere per una
unificazione politica. La strada che fu intrapresa, sia pure con
insufficienze ed errori, da parte di Germania e Inghilterra e, in modo
meno consapevole ed efficace, dalla Francia, fu quella di differenziare
per quanto possibile il servizio pubblico radiotelevisivo dall’emittenza
privata. Si trattò di indirizzare i privati verso le tecnologie del cavo e
del satellite e la tv a pagamento, tenendoli al massimo lontani dalla
tradizionale tecnologia via etere, riservata ad una televisione
"generalista" e tendenzialmente gratuita, che poteva successivamente
essere privatizzata - come avvenne in Francia - a particolari condizioni
e garanzie.
In Italia invece non si riuscì nel tentativo di aggiungere alla
televisione via etere altre modalità di trasmissione. La nuova sentenza
della Corte Costituzionale che capovolgeva quella del 75, riconosceva
le ragioni delle lobbies private e decretava che il monopolio Rai era
costituzionalmente valido solo a livello nazionale. Era consentito
quindi l'istallazione delle reti private e la trasmissione locale, in
particolare in Europa. Erano gli anni dell’attacco al sistema radiotelevisivo pubblico in Francia, in
Germania, in Spagna e in Italia
35
assenza di una legge che disciplinasse le stazioni private, che
nacquero un po’ ovunque senza che nessuno potesse dire con certezza
in che cosa consistesse l'"ambito locale", cosicché le tv locali
tendettero a ingrandirsi (visto anche che nessuno la controllava) e ad
allearsi fra loro; solo i soggetti più forti cominciarono ad affermarsi.
Infatti, se la storia delle prime radio libere fu assolutamente positiva,
nel caso della tv, gli altissimi costi di acquisto e di gestione, uniti al
fatto che le stazioni private erano in concorrenza con la Rai, vollero
che gli operatori con pochi capitali furono tagliati fuori dall'inizio e
che quindi la tendenza alla concentrazione economica divenne
pressochè inevitabile.
E' un processo che avviene più o meno contemporaneamente in tutta
Europa, ma la situazione italiana è caratterizzata anche dal persistere
della sua anomalia: l'incapacità storica, anche in questa situazione, di
legiferare in materia per poter garantire una libertà e indipendenza
dell’informazione, nel passaggio da un sistema di monopolio dei
media elettronici a un sistema misto pubblico-privato.
Il persistere di questa situazione, priva di una legislazione
appropriata42, è dovuto al complesso e violento sviluppo dello scontro
di interessi nel mondo della politica e dell’industria dei media, tra tutti
i soggetti che si fronteggiano all’interno dei due settori. L’equilibrio
tra industria, media e partiti viene rivoluzionato.
Con l’aumentare del numero delle possibilità dei media comincia a
diminuire il valore dei partiti sul mercato dei media, mentre aumenta
in maniera proporzionale il potere dell’ imprenditore che controlla il
media, attraverso la decisione di come e a chi metterlo a disposizione.
Il vuoto legislativo rimarrà fino al 1991, con l’entrata in vigore della legge 223/1990, la legge
Mammì, dal ministro firmatario.
42
36
In questo modo, la televisione commerciale estende la possibilità dell’
informazione e dell’accesso dei politici italiani sullo schermo; accesso
prima limitato alla sola televisione pubblica per molti anni controllata
esclusivamente dei partiti di governo e poi "lottizzata" tra le maggiori
forze
politiche.
comprendendo
Venuti
di
non
a
questo
potere
più
punto
il
controllare
potere
il
politico,
monopolio
dell'informazione, si accorse che non sarebbe stato sufficiente una
legislazione nel settore attraverso una serie di regole valide per tutti
per mantenere un controllo stabile dell’ opinione pubblica del paese
attraverso il mezzo televisivo. La forzata decisione ad abbandonare il
monopolio viene accettata, ma solo se sostituita con qualcosa di nuovo
che permetta di rinnovare il comando della classe politica sulla società
civile, attraverso un nuovo intreccio di interessi.
Invece che legiferare nel settore cercando una serie di regole valide
per tutti, decide sì di abbandonare il monopolio, ma di sostituirlo con
qualcosa di nuovo che possa, attraverso un rinnovato intreccio di
interessi, ricostruire il predominio della classe politica sulla società
civile e di uno schieramento politico sull'altro.
Una politica di non intervento legislativo garantiva la possibilità di
potersi assicurare per i propri fini i vari imprenditori che lottavano per
ottenere il predominio sul mercato televisivo commerciale.
Il processo di “liberalizzazione” dell’etere Italiano è quindi di natura
selvaggia: la prima fase che dura fino al 1980, consiste nella veloce
proliferazione di una moltitudine di televisioni private a carattere
locale (circa 700 nel 1979), rese possibili dalla sentenza della Corte
Costituzionale che dapprima (1974) afferma la legittimità delle radio e
televisioni locali via cavo e poi (1976) anche di quelle via etere
37
(sempre locali)43. La televisione privata comincia ad attirare pubblicità
e a sconvolgere il precario equilibrio che si era stabilito tra i bilanci
pubblicitari degli altri media.
Tra gli imprenditori che cercarono di conquistare l’etere televisivo ci
furono anche i più grandi gruppi editoriali italiani che tentarono di
espandersi anche nel settore dei media elettronici per diventare così
grandi gruppi multimediali.
Ma fu Berlusconi, un’allora sconosciuto impresario edile milanese,
che per primo capì che andava abbandonata quell'atmosfera locale e
libertaria tipica dei primi anni della radio e televisione privata e
andava invece costruito un modello di rete tv nazionale coerentemente
commerciale, fondato non sulla produzione di programmi ( troppo
costosi e sui quali la concorrenza con la Rai era ancora inaffrontabile),
ma sulla produzione di pubblico ottenuta attraverso un intelligente
sfruttamento della pubblicità: la pubblicità era infatti l'anima e il
motore della televisione privata. Era vitale avere il controllo di tutte le
attività connesse ad una televisione commerciale (macchinario
tecnico, magazzino programmi, raccolta pubblicità) in modo da non
dovere dipendere da altri. Soprattutto la vendita degli spazi
pubblicitari non poteva essere delegata ad altri che avrebbero così
finito per controllare l'impresa.
2.3 L’Impero Fininvest
43
Menduni E. La più amata dagli italiani. La televisione tra politica e telecomunicazioni, Bologna,
Il Mulino (1996). Pag. 133.
38
Dal 1980 cominciò una nuova fase dello sviluppo delle televisioni
private in Italia, quella della formazione dei primi networks nazionali
privati.
Non era facile dal punto di vista economico sopravvivere come
televisione. Si poteva trasmettere solo in ambito locale, i costi delle
frequenze erano notevoli e gli investitori pubblicitari non si
lanciavano in un settore nuovo, ancora troppo costoso. Anche per i
grandi gruppi editoriali che si erano lanciati nel nuovo mercato della
comunicazione televisiva, i costi sembrano essere inaffrontabili.
Nel 1974 Berlusconi comparve sulla scena televisiva. Iniziò quasi per
gioco, con una TV via cavo che trasmetteva ricette di cucina per le
giovani mogli dei manager rampanti di Milano 2, un quartiere
costruito dalla sua azienda immobiliare, la Edilnord44.
Dal 26 Gennaio del 1978 Berlusconi risultò iscritto alla loggia P2, con
la tessera numero 1816. Nell'ancora segreto programma piduista
messo a punto tra il 75 ed il 76, noto come "Piano di rinascita
democratica" era infatti prevista l'immediata costituzione della TV via
cavo" che avrebbe poi dovuto essere impiantata a catena in modo da
controllare la pubblica opinione media nel vivo del Paese"45.
Nello stesso anno, Berlusconi lasciò la tv via cavo ed entrò nell'etere
milanese acquistando i diritti per la frequenza del canale 58, fondando
telemilano 58, attraverso l'azienda Fininvest, una holding nata grazie a
due fiduciarie della Bnl, la Servizio Italia e la Saf46.
Attraverso l'acquisto di più frequenze locali sul territorio nazionale,
cominciarono a svilupparsi i primi network privati. Tra il 1979 e l’80,
si costituirono: Rizzoli (Pin, Prima rete indipendente, con un Tg
affidato a Maurizio Costanzo, "Contatto"), Rusconi (Italia 1),
Travaglio M. Veltri E. L’Odore dei soldi,Roma, Editori Riuniti (2001). Pag. 21
Cecchi A. Storia della P2, Roma, Editori Riuniti (1985). Pag. 32
46
Travaglio M. Veltri E. L’Odore dei soldi,Roma, Editori Riuniti (2001). Pag. 38
44
45
39
Mondadori (Retequattro), Peruzzo (Rete A), mentre Berlusconi
(Fininvest) acquistò frequenze in tutta Italia per ripetere il segnale
della sua emittente Canale 5, già Telemilano. Tra il giugno ed il luglio
del 79 Berlusconi comprò dalla Titanus 300 film mai trasmessi in
televisione per due miliardi e mezzo, stipulò ulteriori contratti con
altre case produttrici italiane ed estere, acquistando cortometraggi,
telefilm e serials47. Tutto il materiale acquistato venne poi utilizzato
per quella che in tutta evidenza sembrava essere la puntuale attuazione
del progetto piduista: contattate numerose emittenti televisive di altre
località Berlusconi offrì loro la cessione di film, documentari e serials,
a condizione che entrassero a far parte di un circuito di televisioni
controllato dallo stesso Berlusconi; il piano della P2 infatti prevedeva
l'istituzione di una agenzia per il coordinamento della catena delle TV
locali. Alle emittenti che entravano nel suo circuito, Berlusconi offriva
film a prezzi ridottissimi. In cambio esse si impegnavano a trasmettere
pubblicità fornita dalla neonata Publitalia, la concessionaria di
pubblicità del gruppo Fininvest, fondata con Marcello Dell'Utri nel
1980, che segnò la prima svolta decisiva per Berlusconi. Ben presto
infatti il mercato dimostrò di non aver dimensioni abbastanza ampie
per alimentare tante reti nazionali in competizione. L'efficienza della
raccolta pubblicitaria diventa perciò il fattore determinante per la
sopravvivenza e il successo. E Publitalia si rivelò un efficientissima
macchina pubblicitaria. Nel giro di tre anni triplicò il fatturato e
sorpassò la Sipra, la concessionaria di pubblicità della Rai, ottenendo
il 43% dell'intero mercato pubblicitario48.
Ma nessuna fra tutte le reti commerciali potè trasmettere su scala
nazionale perché una serie di sentenze della Corte Costituzionale
47
48
Ibidem. Pag. 46
Monteleone F. Storia della radio e della televisione in Italia, Venezia, Marsilio (1992).
40
preclusero alle imprese private la possibilità di gestire in qualsiasi
modo attività televisive aventi carattere nazionale.
Ma l’ articolo 30 prevedendo già la possibilità di aggiramento del
carattere
locale
dele
“interconnessione” tra reti,
trasmissioni,
vietò
la
cosiddetta
per la trasmissione di programmi in
contemporanea49.
Nell'estate 81 in attesa di un'ennesima sentenza della corte
costituzionale nel settore, Berlusconi dichiarò che non si poteva fare
televisione se non si fosse collegati con tutto il paese e con l'estero; la
corte si pronunciò ribadendo il limite per le televisioni locali a
trasmettere solo in ambito locale. Per aggirare questa sentenza,
Berlusconi fece registrare i programmi su videocassetta e li
trasmetteva contemporaneamente dalle varie frequenze delle stazioni
locali che formavano il suo network, canale 5.
Nel giro di 4 anni il gruppo Fininvest riuscì a prevalere sui grandi
gruppi editoriali come Rusconi e Mondatori che, in omaggio
all’immagine di antiche e prestigiose imprese culturali erano rimasti il
più possibile nell’ambito della legalità, auspicando sinceramente un
intervento legislativo nel settore, mentre il loro principale concorrente
faceva di tutto per mantenere inalterata la situazione di vuoto
legislativo. L’operazione di Berlusconi (che si fonda su un’autonoma
raccolta pubblicitaria, su un largo magazzino di programmi d’acquisto
e sulla qualità tecnica del segnale) si rivela più efficiente; Rizzoli
viene travolto dallo scandalo della loggia massonica P2, e cessò di
trasmettere, Rusconi e Mondadori vendettero le loro reti a Berlusconi,
rispettivamente nel 1982 e 1984, prima che la voragine dei loro debiti
Sarà appunto il trucco dell’interconnessione a permettere a Silvio Berlusconi, in palese
violazione della legge, di creare il suo impero televisivo.
49
41
inghiottisse le aziende editoriali che le avevano costituite sperando di
realizzare nuovi profitti50.
Ma il raggiungimento di questa posizione fu dovuto soprattutto alla
spregiudicatezza con cui il gruppo Fininvest utilizzò l'arma della
raccomandazione politica; dapprima per raggiungere una posizione di
predominio sul mercato e poi per mantenere quella posizione e tener
fuori dal settore altri forti gruppi concorrenti. L'appoggio col potere
accordato in quegli anni dall'allora segretario del PSI Bettino Craxi fu
infatti decisivo. L'episodio più spettacolare avviene nel 1984: pretori
di Torino, Roma e Pescara, facendo valere la legge 103 del 1975,
sequestrarono gli impianti che consentivano le trasmissioni illegali. Ai
programmi ed alla pubblicità si sostituì uno schermo rosso che
annunciava il sequestro. Bettino Craxi, allora presidente del consiglio,
nel volgere di sole 24 dal sequestro dei pretori, il 18 ottobre 1984, fece
emettere dal Consiglio dei ministri un decreto legge51 che disponeva la
riapertura immediata delle tv di Silvio Berlusconi. Il successivo 28
novembre, tuttavia, il decreto venne respinto dalla camera perché
incostituzionale. Esso infatti era in violazione dell'art. 43 della
Costituzione. Craxi, con insolita insistenza, il 6 dicembre ripresentò
esattamente lo stesso decreto che, dopo la minaccia di crisi di
la Mondatori dovette cedere Retequattro in seguito a perdite di 200 miliardi di lire in 2 anni .
1. Disposizioni generali. 1. La diffusione sonora e televisiva sull’intero territorio nazionale, via
etere o via cavo o per mezzo di satelliti o con qualsiasi altro mezzo, ha carattere di preminente
interesse generale ed e` riservata allo Stato.
3. Norme transitorie.1. Sino all’approvazione della legge generale sul sistema radiotelevisivo e
comunque non oltre sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, e` consentita la
prosecuzione dell’attivita` delle singole emittenti radiotelevisive private con gli impianti di
radiodiffusione gia` in funzione alla data del 1o ottobre 1984, fermo restando il divieto di
determinare situazioni di incompatibilita` con i pubblici servizi (Tale termine è stato ulteriormente
prorogato al 31 dicembre 1985 con Decreto Legge 1° giugno 1985, n. 223, convertito in legge con
L. 2 agosto 1985, n. 397 recante “proroga dei termini in materia di trasmissioni radiotelevisive”).
2. Ai fini di quanto previsto dal precedente comma 1 sono provvisoriamente consentiti, per ogni
singola emittente, ponti radio tra i propri studi di emissione, i rispettivi trasmettitori e tra gli stessi
ed i ripetitori con le caratteristiche tecniche in atto.3. È consentita la trasmissione ad opera di
piu` emittenti dello stesso programma pre-registrato, indipendentemente dagli orari prescelti
50
51
42
governo, venne approvato. Ben tre ministri si dimisero in segno di
protesta.
3.4 Il duopolio Rai Fininvest: la nascita della neotelevisione52
L'avvento della televisione privata e il rapido affermarsi in questo
settore di unico soggetto egemone, la Fininvest, con tre reti a sua
disposizione, gettarono la Rai nella prima metà degli anni Ottanta in
una profonda crisi di identità. Costretta per la prima volta a
fronteggiare una concorrenza, la Rai si trovò a vivere una grande
contraddizione come quella di essere un servizio pubblico costretto a
misurarsi per la prima volta con una concorrenza, ma in assenza di
qualsiasi normativa generale del sistema radiotelevisivo. Se all'interno
l'azienda poteva ancora obbedire alla logica del servizio pubblico,
verso l'esterno non poteva non accettare, pena la sua scomparsa, la
concorrenza della televisione commerciale. Nel 1983 Canale 5 aveva
superato per la prima volta in una serata l'ascolto cumulativo Rai e,
anche se il dato fu sottoposto a contestazione, resta il fatto che in sei
anni i telespettatori delle televisioni private erano quadruplicati,
mentre quelli della Rai erano diminuiti di un terzo53.
Scoppiò così la "guerra dell'ascolto" tra Fininvest e Rai, combattuta a
suon di miliardi di lire per accaparrarsi i migliori indici di ascolto e le
star più famose. La Rai si pose sullo stesso terreno della tv
commerciale
espandendo
la
programmazione
dei
generi
d'intrattenimento più graditi al pubblico medio (fiction, varietà,
52
Termine coniato da Umberto Eco in Eco U. Sette anni di desiderio, Milano, Bompiani (1983).
Monteleone F. Storia della radio e della televisione in Italia, Venezia, Marsilio (1992).p. 445. La
rilevazione dell'ascolto, con la conseguente determinazione del valore degli spazi pubblicitari, è
stato nei primi anni di vita del duopolio un punto di continua rissa tra i vari soggetti presenti sul
mercato dei media. Solo nel 1984 viene costituita da Rai, Fininvest, Upa (utenti pubblicità) Assap
(Associazione agenzie pubblicitarie), Frt (Federazione radio tv) e Fieg (Federazione editori
giornali) la società Auditel con il compito di rilevare gli indici d'ascolto.
53
43
talkshow, ecc). Diminuì drasticamente la quantità di trasmissioni
autoprodotte utilizzando quote sempre maggiori delle sue risorse
finanziarie nell'acquisto di prodotti stranieri (in gran parte americani)
e di diritti di trasmissione di eventi (sportivi, musicali, ecc.). Il tutto
mentre la programmazione culturale venne confinata per ragioni di
concorrenza in orari notturni, nonostante le ripetute assicurazioni da
parte della dirigenza che l'azienda prendeva molto sul serio i suoi
doveri di servizio pubblico. Si trattò di una politica ambigua che
contribuì a trasformare la Rai in una specie di tv commerciale e a
rendere sempre più simile tra di loro la programmazione Rai e quella
Fininvest, ma che avrebbe pagato in termini di ascolto. La caduta
degli indici d'ascolto Rai all'apparire del concorrente Fininvest, dalla
fine degli anni Ottanta venne bloccata, la Rai recuperò in gran parte la
sua posizione, impedendo così ad altri concorrenti (oltre la Fininvest)
di consolidarsi nel settore televisivo. Il duopolio si era ormai
completamente affermato: le due società si spartivano più del 90%
delle risorse televisive e il 90% dell'ascolto, non c’era spazio per altri
network.
Tuttavia l'assetto a due si manifestò essere una strategia capace di
mantenersi stabile anche con una indipendenza crescente da protezioni
politiche, in parte per una relativa abbondanza di risorse, ma
soprattutto per la capacità di risultare essere un servizio gradito alle
famiglie italiane visto il netto aumento del consumo televisivo che si
verificò negli anni ‘8054.Gli italiani videro in tale assetto
un'espansione dell’intrattenimento rispetto al vecchio monopolio, un
modo attraente che poteva soddisfare le esigenze sentite di
54
Il consumo televisivo cresce del 37,7% se si considera la fascia oraria tra le 12 e le 23 e del 36,1
nel "prime time", fascia pregiata tra le 20,30 e le 23. La platea media in questa fascia passa dagli
oltre 16 milioni di spettatori ai 22,6 milioni del 1990. C. Spada, La televisione, in: Rapporto
sull'economia della cultura in Italia, 1980-1990, a cura di C. Bodo, Roma, Presidenza del consiglio
dei Ministri, 1994, p. 596.
44
identificazione sociale e di appartenenza nell'Italia industriale e urbana
uscita dalle fatiche e dalle migrazioni, caratterizzata da un vivo e
agitato benessere di cui molti godevano e in cui quasi tutti si
riconoscevano. Il sistema della comunicazione ha saputo stimolare
processi di affezione degli spettatori alle loro opportunità televisive di
intrattenimento
quotidiano,
in
cui
hanno
visto
un
naturale
prolungamento della propria esperienza familiare e affettiva55. Questo
ha consentito alle due televisioni di
stabilire gradualmente un
rapporto diretto con il pubblico attraverso i personaggi che apparivano
sullo schermo, supportati da una complessa macchina scenica;
facendo progressivamente a meno di padrinaggi o mediazioni di tipo
politico, e costituendo attorno al fenomeno televisivo un campo di
attrazione popolare che cominciava a prendere il posto della
democrazia si espanse fino a coincidere in più punti con la democrazia
formale.
Al di là delle dichiarazioni di facciata, che la stampa di allora
riportava come una concorrenza sfrenata tra le due società, in realtà
sulle questioni strategiche Rai e Fininvest ebbero fin dall'inizio un
comportamento convergente più che antagonistico. Per esempio nel
campo vitale della copertura del segnale (ripetitori e satelliti necessari
per la distribuzione dei segnali Fininvest e quindi settore vitale per la
sua esistenza), nella gestione degli eventi sportivi e dei diritti relativi e
nella astensione da parte della RAI di intraprendere le vie legali per
difendersi da una certa “concorrenza sleale”, si registrò quasi da
subito una discreta cooperazione. Ultimo dato che ha testimoniato
questa complicità tra le due aziende è stata la dichiarazione di Enrico
Manca, parlamentare del PSI, che nell’aula del tribunale di Milano,
55
R. Porro, M. Livolsi, Le agenzie di socializzazione: i mass media, in: La sociologia. Problemi e
metodi, a cura di M. Livolsi, Milano, Teti, (1981) pag. 189.
45
ammise che nel periodo dal 1986 al 1992, quando era presidente della
RAI, si era fatto costituire e gestire un conto dall’avvocato principale
della Fininvest, Cesare Previti56.
A differenza di una parte consistente del mondo politico e della vita
culturale, la Rai infatti sembrò capire molto rapidamente che tornare
indietro al regime di monopolio non solo non era più possibile, ma
nemmeno auspicabile per l'azienda pubblica. Alla dirigenza Rai infatti
non sfuggiva che tutto il sistema televisivo italiano (Rai compresa)
godeva delle ricadute economiche rappresentate dall'aumento delle
risorse pubblicitarie nel mercato televisivo, risorse sottoutilizzate
durante il regime di monopolio. Non solo, ma l'enorme aumento di
inserzionisti pubblicitari in televisione era soprattutto merito della
strategia aggressiva che un forte gruppo nazionale come la Fininvest
aveva creato grazie alla sua concessionaria Publitalia, cosa altrimenti
difficile da realizzare per la Sipra, visti i suoi doveri e i suoi vincoli
politici di concessionaria della tv di stato. Infine la presenza di un
forte competitore sul mercato, consentiva alla Rai di giocare al rialzo
con i suoi interlocutori istituzionali e con il potere politico per ottenere
condizioni più favorevoli. Anche per la Fininvest era comodo avere n
concorrente forte come la Rai che costituisse un prezioso punto di
riferimento e di emulazione e da cui si potessero ingaggiare
personaggi già popolari che dessero legittimità all'azienda, come Mike
Buongiorno, leggendario presentatore di quiz televisivi fin dagli anni
Cinquanta, il primo a passare alla Fininvest, valorizzando la
legittimità della tv privata.
Fu un confronto tra due tipi di televisione con rispettivi toni, linguaggi
forme e contenuti, che gli italiani furono ben capaci di distinguere, di
coglierne le differenze ed esprimere le sue preferenze: il pubblico
56
Dagli atti del processo toghe sporche-Sme: procedura penale 1600/00 in data 20/05/2002.
46
italiano si era orientato in prevalenza verso l'offerta Rai per soddisfare
esigenze di attualità e di approfondimento culturale e informativo e
verso la Fininvest per ricavarne storie raccontate e svago. La grande
trasformazione degli anni Ottanta rivoluzionò il modo di fare
televisione in Italia e l’allontanò anni luce dal modello televisivo del
periodo monopolistico: con la Fininvest, dunque, si aprì una fase di
americanizzazione della televisione italiana, in cui fare televisione
commerciale
significava
sostanzialmente
vendere
spazi
agli
inserzionisti, realizzando una tv generalista: che cercava cioè,
alternando i programmi e i temi più vari e rivolgendosi a tutte le età e
a tutte le categorie sociali, di raccogliere in ogni momento la più alta
percentuale di pubblico, per poterla vendere più efficacemente ai
pubblicitari.
Innanzi tutto l'offerta televisiva era esplosa. In dieci anni (1980-90) le
ore di trasmissione giornaliere erano passate da 6.000 a 34.000 e gli
orari di trasmissione si erano andati velocemente dilatando fino a
raggiungere le 24 ore su 24. A un massiccio aumento di offerta
televisiva seguì un altrettanto massiccio aumento di consumo tv: nel
1993 ogni italiano guardava la televisione per 3 ore al giorno (con
punte di 4 tra i giovani e le casalinghe) contro le 2 e mezza del 1977 57.
Ma soprattutto aumentò in maniera esplosiva la presenza della
pubblicità in televisione.
Mentre
la
televisione
monopolistica
finanziava
la
sua
programmazione attraverso il canone, che è una tassa sul possesso
dell'apparecchio tv indipendente dal consumo effettivo di programmi,
la tv commerciale sembrava in apparenza produrre programmi che il
consumatore può fruire gratuitamente. In realtà questi venivano diffusi
gratuitamente in cambio dell'attenzione del telespettatore (che era
57
Annuario Rai 1991-2
47
anche un consumatore); cioè in cambio del tempo che esso passava
davanti al televisore. Questo tempo -definito "ascolto" (audience)venne venduto dalla rete tv sul mercato come spazio pubblicitario.
Naturalmente era in ultima istanza il telespettatore/consumatore che,
acquistando poi i prodotti pubblicizzati in televisione, pagata anche il
costo dell'inserto pubblicitario e quindi del programma in cui tale spot
è inserito, ma era un pagamento che non si vede, occultato e
dilazionato nel tempo, che lasciava al telespettatore l'impressione di
poter ogni sera scegliere di vedere qualcosa gratis. In questo modo si
spiegò l'aumento di consumo televisivo negli anni Ottanta.
Le nuove condizioni del consumo televisivo hanno cambiato
totalmente il modo di fare televisione. Non più un consumo di
programmi solo in certi momenti della giornata, ma un consumo
costante di brevi segmenti narrativi, organizzati in un flusso senza
inizio nè fine: la televisione consumata come "tv" più che come
programma. A una televisione concepita per promuove la qualità del
consumo e per produrre programmi si sostituì così un vorticoso
aumento di immagini apparentemente causali, ma in realtà regolate da
un preciso ordine marketing oriented.
Per legittimare la sua presenza (e quindi poter vendere spot
pubblicitari agli inserzionisti) la neotelevisione ricerca sempre "il
massimo ascolto". In una situazione di accesa concorrenza dove è lo
spettatore che decide con il suo telecomando il successo o il
fallimento di un programma, l'indice d'ascolto è indice di successo e
quindi di legittimazione non solo per i singoli programmi e personaggi
ma anche per i vari canali televisivi. Questo vale anche per la Rai, che
nonostante sia finanziata in gran parte dal canone, ha bisogno di creare
programmi di successo e quindi "ascolto" per legittimare davanti al
pubblico la pretesa di farsi pagare per un servizio che altri, almeno
48
apparentemente, offrono gratis. Il risultato è una accessa concorrenza
tra reti tv, tra programmi e tra i vari divi televisivi. Raggiungere il
pubblico, mantenere viva la sua attenzione, non fargli cambiare canale
vuol dire, per tutti questi soggetti, lottare per la sopravvivivenza. Lo
spettatore ha un grande potere: quello di poter decidere con il suo
telecomando il destino di un programma. L'influenza della
neotelevisione sul pubblico è quindi diverso da quella della televisione
pedagogica monopolistica: è un influsso più indiretto, potenzialmente
più democratico, dove il telespettatore non è più solo un fruitore
passivo di programmi, ma è diventato una specie di giudice e il
telecomando il mezzo con cui emanare il suo verdetto.
Tuttavia se da una parte è aumentata la libertà di scelta del
telespettatore, questa libertà si può esercitare solo su programmi che
si assomigliano sempre di più. L'estrema concorrenzialità e la ricerca
del massimo ascolto ha infatti avuto come conseguenza lo sviluppo di
una programmazione televisiva sempre più uniforme.
La tv ha portato ad una rivincita dell'oralità rispetto alla scrittura e,
come sa chiunque si occupi di cultura giovanile, le forme di
comunicazione e di espressione dei giovani sono sempre più basate
sull'immagine. Sta sempre più diffondendosi quella che Omar
Calabrese ha chiamato "estetica della ripetizione"58 e le cui
caratteristiche sono la velocità e la ripetizione, il flusso ininterotto di
immagini, la fruizione del frammento (lo zapping del telecomando),
della parte staccata di un opera che non si ha né la voglia né il tempo
di consumare interamente.
Telerepubblica
58
Calabrese O. (1989) L'età neobarocca, Bari, Laterza.
49
Berlusconi nel 1988 riuscì a conquistarsi l'alleanza della famiglia
Mondadori e diventarne nuovo azionista di maggioranza della casa
editrice che allora deteneva il anche il controllo di L'Espresso e
Panorama, i due newsmagazines più venduti, e La Repubblica uno dei
maggiori quotidiani. assieme al gruppo Cir di proprietà del finanziere
Carlo De Benedetti. Si aprì una lunga battaglia per il controllo della
Mondadori che si risolse solo nel 1991 con una spartizione: a De
Benedetti andò l'editoriale L'Espresso-La Repubblica e a Berlusconi la
Mondadori. Fu oggettivamente una vittoria per Berlusconi che diventò
di fatto il primo gruppo multimediale italiano, potendo mettere in atto
vantaggiose sinergie tra i periodici e i settimanali Mondadori e le sue
televisioni.
Questa risolzione avvenne in seguito all’approvazione della legge
Mammì, varata Il 6 Agosto 1990, durante il governo Andreotti, in
materia di disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato. La
legge si basava sulla cosidetta "opzione zero": chi possedeva giornali
non poteva possedere reti televisive, chiaramente anticostituzionale (e
infatti la Corte Costituzionale interverrà giudicando alcune parti della
legge incostituzionali), ma fatta con l’obbiettivo di tener fuori dal
settore televisivo gruppi potenti e potenziali concorrenti come la Fiat e
la Cir, già così fortemente presenti nel settore dei quotidiani. Ormai
divenuta famosa, la legge Mammì compì il 'miracolo' legislativo di
fotografare così com'era l'impero mediatico di Silvio Berlusconi
rendendolo assolutamente legale. Nell’ambito dell’inchiesta Mani
Pulite, i magistrati hanno evidenziato i rapporti strettissimi che
intercorrevano tra dirigenti di primissimo piano della Fininvest e
Davide Giacalone, allora consigliere del ministro delle Poste Oscar
Mammì, ed estensore materiale del “Piano delle Frequenze” della
medesima legge. In seguito a quanto è emerso dalle indagini e dalle
50
ammissioni dello stesso Giacalone, è chiaro che questa legge venne
concepita su misura per la Fininvest e in modo che venisse ratificata la
sua posizione dominante nell’ambito delle emittenti private. La legge
diceva:
Art. 15, comma 1"Al fine di evitare posizioni dominanti nell'ambito
dei mezzi di comunicazione di massa è fatto divieto di essere titolare:
a) di una concessione per radiodiffusione televisiva in ambito
nazionale, qualora si abbia il controllo di imprese editrici di
quotidiani la cui tiratura annua abbia superato nell'anno solare
precedente il 16 per cento della tiratura complessiva dei giornali
quotidiani in Italia; b) di più di una concessione per radiodiffusione
televisiva in ambito nazionale, qualora si abbia il controllo di imprese
editrici di quotidiani la cui tiratura superi l'8 per cento della tiratura
complessiva dei giornali in Italia; c) di più di due concessioni per
radiodiffusione televisiva in ambito nazionale, qualora si abbia il
controllo di imprese editrici di quotidiani la cui tiratura complessiva
sia inferiore a quella prevista dalla lettera b)."
Ciò costrinse Berlusconi a dover vendere il suo quotidiano “Il
Giornale” al fratello Paolo. Inoltre: Art. 15, comma 4 "Le concessioni
in ambito nazionale riguardanti sia la radiodiffusione televisiva che
sonora, rilasciate complessivamente ad un medesimo soggetto, a
soggetti controllati da o collegati a soggetti i quali a loro volta
controllino altri titolari di concessioni, non possono superare il 25
per cento del numero di reti nazionali previste dal piano di
assegnazione e comunque il numero di tre ".
Soltanto in seguito alla prima occupazione abusiva dell’etere delle tre
reti Telepiù59 avvenuta il 10 agosto 1990, venne stabilito in 12 il
59
Telepiù nasce nella seconda metà del 1990, dopo la Legge Mammì, da un gruppo di soci fra cui
la Fininvest con il 10% (il massimo consentito dalla legge). Fininvest esprime anche buona parte
del know how, dei dirigenti, della library. La trasmissione è via etere, né potrebbe essere
51
numero delle concessioni nazionali e quindi in 3 il 25% del totale del
massimo di reti nazionali per ciascun soggetto.
La legge venne approvata in Parlamento da una maggioranza
composta da PSI, partiti laici e dalla maggioranza della DC; mentre tre
ministri della minoranza DC, contrari all'approvazione della legge, si
dimettono per protesta dal governo.
La migliore riprova che la legge Mammì fu del tutto inadeguata a
governare gli sviluppi del sistema lo dimostrarono gli avvenimenti
degli anni Novanta. In seguito alla crisi scatenata dalle inchieste dei
giudici milanesi, che rivelarono estesi livelli di corruzione, i partiti che
avevano avuto quasi ininterrottamente responsabilità di governo, come
la DC e il PSI, furono colpiti duramente, così duramente da essere
costretti a sciogliersi. Anche Bettino Craxi, il referente politico
principale del vecchio sistema di potere, nonché dell’amico personale
Silvio Berlusconi, venne travolto dalle inchieste giudiziarie, lasciando
il proprietario della Fininvest solo, in una posizione instabile,
prossimo ad un pericoloso coinvolgimento nelle inchieste. Inoltre
dopo molti anni di espansione, la Fininvest cominciò a risentire degli
effetti della recessione che colpirono in questi anni l'economia italiana
e che portarono le aziende a diminuire gli investimenti pubblicitari in
televisione, proprio in un momento in cui la Fininvest era fortemente
indebitata con le banche (dai 2600 miliardi ai 4200 miliardi di lire a
secondo delle stime di analisti più o meno vicini all'azienda). Nel caos
politico del momento non si riuscì neppure a compiere gli
diversamente, criptata, ricevibile a pagamento tramite un decoder analogico. Telepiù 1 (cinema)
comincia la trasmissione criptata nel luglio del 1991; nel marzo 1992 anche Telepiù 2 (sport)
comincia le trasmissioni codificate; Telepiù 3 (cultura) trasmetterà a trasmettere in chiaro e solo
nell'autunno 1996 sarà in parte criptata. La progressione degli abbonamenti è lenta e questo
comporta una costante passività e un continuo ricorso alle ricapitalizzazioni, che ha visto emergere
fino al 1995 il protagonismo del gruppo tedesco Kirch, giunto al 33%, poi il gruppo olandesesudafricano Nethold-Rupert, giunto nel 1996 al 45%. Nel settembre 1996 Nethold si fonde con il
gruppo francese di televisione a pagamento Canal Plus, che successivamente acquista anche la
52
adempimenti
previsti
dalla
legge
Mammì.
A
causa
dell'insoddisfazione e dell'opposizione dei concorrenti del duopolio
Rai-Finivest alla normativa introdotta dalla legge Mammì, fu
impossibile emanare le concessioni ad utilizzare le frequenze a
disposizione sia per le radio che per le reti televisive che la legge
richiedeva fossero emanate entro un anno. Il governo si limitò perciò
semplicemente in un primo tempo a concedere l'autorizzazione
provvisoria a trasmettere a tutte le radio e televisioni presenti sul
mercato. Il risultato di tutto questo fu una mancata pubblicazione delle
concessioni definitive e di un piano complessivo delle frequenze, volta
alla limitazione a prolungare periodicamente le autorizzazioni
provvisorie. Già a pochi mesi dalla emanazione, la legge Mammì
mostra di non essere uno strumento in grado di regolamentare il
mercato televisivo e metterlo in condizione di aprirsi anche ad altri
soggetti. Apparve sempre più chiaro come fosse necessario emanare
una nuova legge e norme antitrust più severe nei confronti del
duopolio.
Visto l'imminente pericolo, nel giro di pochi mesi a cavallo tra il 1993
e 1994, Berlusconi capovolse la situazione. Consapevole dell'esistenza
di un vasto settore di elettorato moderato rimasto senza referente
politico dopo la caduta della DC e del PSI, il 26 gennaio 1994
Berlusconi -che come è noto è anche padrone della squadra di calcio
Milan- annunciò in diretta tv sulle sue reti la scelta di "scendere in
campo"60, cioè di entrare in politica. Per evitare un conflitto d'interessi
tra il suo ruolo di grande imprenditore multimediale e quello di
quota di Kirch, controllando la società al 90% (Fininvest- Mediaset rimane al 10%). Questa era la
situazione alla vigilia dell'avvento del digitale.
60
Novelli (1995), p. 256 e 265 fa notare come la metafora calcistica dello "scendere in campo"
fosse stata già utilizzata in un contesto politico durante la campagna elettore 1987 dal giornalista
sportivo Paolo Valenti, candidato DC. In quella stessa campagna la DC presentò anche lo slogan
"Forza Italia" inventato dal pubblicitario Marco Mignani.
53
politico, Berlusconi annunciò anche di dimettersi immediatamente da
ogni carica direttiva della Fininvest, il che non gli impedì però di
mantenere saldamente in sua mano la proprietà dell'azienda. La
Fininvest infatti non era quotata in borsa e la totalità delle sue azioni
appartevano interamente, attraverso una complicata serie di società
finanziarie a scatole cinesi, alla famiglia Berlusconi61. Nel giro di soli
tre mesi Berlusconi creò un nuovo movimento politico Forza Italia
(FI), praticamente un partito-azienda dato che la maggior parte dei
dirigenti e dei candidati alle elezioni provenivano dai quadri dirigenti
delle aziende Fininvest (in particolare da Publitalia) o ne erano
inserzionisti. Alle elezioni del marzo 1994, tenute con il nuovo
sistema maggioritario, la coalizione guidata da Forza Italia, che
comprendeva anche altri piccoli partiti di centro-destra, la nuova forza
xenofoba della Lega Nord e il vecchio partito neofascista MSI,
tramutatosi
in
Alleanza
Nazionale
(AN),
vinse
le
elezioni
sconfiggendo una coalizione di centro-sinistra guidata dall'ex PCI
diventato Partito Democratico della Sinistra (PDS) e Berlusconi
diviene Primo Ministro.
L'atteggiamento delle tre reti Fininvest durante la campagna elettorale
suscitò naturalmente molte discussioni. La maggioranza degli
osservatori è concorde nell'affermare che essi appoggiarono
massicciamente la coalizione di centro-destra e Forza Italia in
particolare anche se in maniera differenziata. I tre telegiornali delle
reti Fininvest si divisero i compiti: quello di Retequattro e quello di
Italia1 si schierarono per Berlusconi con una tale faziosità da
preoccupare addirittura alcuni esponenti stessi di FI; mentre il
Le 22 holding che formavano la cassaforte dell’ impero Fininvest, vennero riconosciute in
seguito anche da Berlusconi, che dichiarò che la loro esistenza è necessaria per risparmi fiscali. In
seguito vennero scoperte altre 16 holding dal giornalista Giovanni Ruggeri nel libro "Berlusconi,
gli affari del presidente", Milano, Kaos edizioni,1994
61
54
telegiornale di Canale 5 mostrò una certa imparzialità assai opportuna
come "foglia di fico" per coprire la parzialità degli altri due. Ma fu
soprattutto durante i popolarissimi programmi di varietà e talkshow
che la propaganda, fatta da dichiarazioni di voto, palesi o nascoste,
dalle varie star, diventò martellante62.
Certo esistono regole severe che proibiscono la propaganda elettorale
e regolamentano l'accesso dei politici al mezzo televisivo, ma le
elezioni politiche del 1994 dimostrarono chiaramente come l'influenza
esercitata dal flusso ininterrotto di immagini e parole della
"neotelevisione" fu difficile da sottoporre a regolazione. Il forte potere
di influenza e di condizionamento dei personaggi dello spettacolo
sfuggì a regole antiquate secondo le quali ciò che era vietato era la
propaganda politica diretta in televisione e non l'espressione del
pensiero di un libero cittadino non candidato. Il problema allora era se
la dichiarazione di voto di un divo televisivo nel contesto del suo
programma e su una rete tv di proprietà di un candidato potesse essere
considerata semplice libertà di espressione. Per quanto riguarda infine
gli spot elettorali si assistette all'incredibile condizione per cui i
candidati degli altri partiti politici se volevano apparire in televisione
erano costretti a comprare spot elettorali da Berlusconi, il quale
cambiava il cappello di politico con quello di imprenditore, vendendo
spot agli avversari e finanziando di fatto la sua campagna elettorale
con i loro stessi soldi: oltre il danno la beffa.
Alcune indagini sull'impatto che la televisione ha avuto sui risultati
elettorali mostrano che soprattutto le reti Fininvest avrebbero spostato
una fetta determinante di voti in elezioni in cui centro-destra ha vinto
con il 42,9% contro il 34,4% del centro-sinistra. Secondo gli studi del
62
Novelli E. (1995) Dalla tv di partito al partito della tv. Televisione e politica in Italia 19601995, Firenze, La Nuova Italia.
55
dipartimento di Sociologia dell'Università di Torino e dall'istituto di
analisi Nielsen-Cra almeno il 13% degli elettori ha subito l'influenza
della propaganda dei programmi tv. La Fininvest avrebbe spostato
almeno 4 milioni di voti (mentre la RAI solo 1,5) portanto via il 5,5%
al centro-sinistra e facendo guadagnare l'8,5% a FI63.
I risultati di queste indagini sono stati sottoposti a critica. Metodi di
questo tipo sembrano troppo meccanici per spiegare in maniera
soddisfacente
l'influenza
televisiva
sulle
scelte
politiche.
Occorrerebbero indagini sviluppate nel tempo, lungo su una serie di
elezioni politiche, che comunque sarebbero sempre un problema visto
che nel 1994 in Italia cambiò il sistema elettorale e lo scenario
politico.
Resta il fatto che, dimessosi il governo Berlusconi dopo pochi mesi,
uno dei primi atti del seguente governo "tecnico" Dini fu quello di
rivedere le regole di accesso ai media durante la campagna elettorale
(la cosidetta par conditio). Secondo il decreto-legge del Ministro
Gambino nei quarantacinque giorni prima delle elezioni è consentita
la propaganda elettorale in televisione, gratuita sia sulla Rai che sulle
tv private; mentre fino al trentunesimo giorno sulle tv private (ma non
sulla Rai) è permessa la pubblicità elettorale a pagamento. Nei
programmi di propaganda elettorale gratuita deve essere garantita ai
partecipanti parità di trattamento. I programmi di varietà non possono
ospitare in campagna elettorale nessun soggetto politico, mentre ai
talkshows d'attualità e ai programmi d'informazione vengono poste
severe limitazioni nell'indicazione anche indiretta di voto da parte dei
conduttori e degli ospiti partecipanti.
63
Luca Ricolfi dell'Universita` di Torino (Luca Ricolfi. Elezioni e mass media. Quanti voti ha
spostato la Tv, il Mulino, 6/94
56
Il 7 Dicembre 1994, sul ricorso proposto da Beta television64, T.V.
Internazionale s.p.a. e SIT - Teleservice 1975 s.r.l. contro il Ministero
delle Poste e Telecomunicazioni ed altri, la Corte costituzionale
dichiarò l'incostituzionalità dell'Art 15 comma 4 della Legge Mammì,
che legittimava a tre il numera di reti per il gruppo Fininvest: in
questo modo non garantiva la pluralità di informazione, quando invece
c’era una forte necessità di limitare concentrazioni mediatiche, alla
base di un enorme conflitto di interessi. La Corte, inoltre, riponendo il
problema al parlamento, stabilì nell'agosto 1996 il termine ultimo per
una soluzione definitiva.
Nel frattempo l'esito del referendum del 15 giugno 1995 (voluto da un
vasto settore di avversari politici e imprenditoriali della Fininvest) per
l'abolizione di alcuni articoli della legge Mammì rafforzò la Fininvest.
I referendum miravano a togliere due reti a Berlusconi limitando il
possesso a una rete per soggetto in campo privato (ma lasciando alla
Rai tutte le tre reti), limitare la raccolta pubblicitaria a due reti
nazionali per società concessionaria e limitare a una sola le
interruzioni pubblicitarie all'interno dei film trasmessi in televisione.
Circa due terzi degli elettori aveva rigettato tutte e tre queste ipotesi,
dimostrando così chiaramente che i principi della televisione
commerciale avevano fatto presa sulla maggioranza della popolazione.
Soprattutto il referendum sulla limitazione della pubblicità nei film
dimostrò che gli italiani erano disposti a sopportare molti spot
pubblicitari pur di non rinunciare all'amata fiction (come aveva
minacciato la Fininvest "meno spot, meno film"). Non c’era spazio per
altre televisioni private: nel 1995 il gruppo Cecchi Gori, vicino al
Partito Popolare, cerca di formare il famoso “terzo polo” televisivo ed
64
Che allora avevano la concessione di trasmettere rispettivamente per i canali: VideoMusic, Tele
Monte Carlo e Tele Market
57
acquisitò
prima
Telemontecarlo
Videomusic
(da
(dalla
famiglia
Ferfin-Montedison).
Marcucci)
Videomusic
poi
adottò
progressivamente il marchio TMC 2. Il gruppo entrò nelle rilevazioni
Auditel nel 1996: l'ascolto non raggiunse mai complessivamente il
5%, ritenuto la soglia minima per un gruppo televisivo nazionale
significativo.
A giugno del 1996 la Fininvest si trovò a un passo dal baratro. Il
gruppo televisivo di Berlusconi aveva una posizione finanziaria netta
negativa di 2.396 miliardi. La locomotiva del gruppo, Publitalia, la
concessionaria che raccoglie la pubblicità per le reti di Berlusconi, fu
colpita dalle difficoltà del mercato pubblicitario. Per salvare la
Fininvest Silvio Berlusconi ebbe solo una strada: staccare dal gruppo
una parte e venderla in Borsa. Il 10 giugno 1996 la Consob, l’organo
di vigilanza, depositò il prospetto di collocamento di Mediaset, la
nuova subholding delle tre tv (Canale 5, Rete 4, Italia 1) presieduta da
Fedele Confalonieri, ma controllata dalla Fininvest al 72%.
Il 31 Luglio 1997, come replica (tardiva) alla sentenza della Consulta,
venne varata la legge Maccanico n. 249 (Istituzione dell'Autorità per
le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle
telecomunicazioni e radiotelevisivo). Nella parte dove sanzionava il
divieto di posizioni dominanti, essa stabiliva che nessuno poteva
essere titolare di un numero di concessioni pubbliche che consentano
di irradiare piu' del 20% delle reti televisive stabilite dal piano delle
frequenze. Tale piano prevedeva 11 frequenze nazionali e dunque a
nessuno era consentito possedere piu' di 2 reti nazionali. Ben sapendo
la posizione del gruppo Mediaset televisive di cui Confalonieri era
presidente, ma comunque di proprietà dell’ex presidente del consiglio,
Berlusconi, titolare di 3 reti e quindi in violazione del limite, la legge
Maccanico
gli
concedette
una
58
proroga
acconsentendo
alla
prosecuzione delle trasmissioni dei canali Fininvest a patto, pero', che
iniziasse un trasferimento sul satellite dei canali in eccedenza: Art3,
comma 7 "L'Autorità, in relazione all'effettivo e congruo sviluppo
dell'utenza dei programmi radiotelevisivi via satellite e via cavo,
indica il termine entro il quale i programmi irradiati dalle emittenti di
cui al comma 6 devono essere trasmessi esclusivamente via satellite o
via cavo. Ancora una volta rimasero vaghi i termini di scadenza,
poiché uno sviluppo del sistema satellitare e della sua utenza non
stabilivano di certo una data. Nel Luglio 1999 il Ministro delle
Comunicazioni del governo D'Alema, Salvatore Cardinale, indice la
gara per l'assegnazione delle concessioni televisive. Occorre ricordare
che la Corte Costituzionale già nel 1994 (sentenza n.420) aveva
sentenziato l'incostituzionalità delle tre reti concesse a Berlusconi che,
tuttavia, continuarono a trasmettere. Oltre alle 3 reti Rai risultarono
vincitori delle concessioni altre 8 reti private (Canale 5, Italia 1,
Tele+Bianco, Tmc, Tmc2, Europa 7, Telemarket Elefante) per un
totale di 11. Rete 4, dunque, perde tte la gara che venne vinta da
Europa 7 di Francesco di Stefano. A questo punto Rete 4 avrebbe
dovuto cedere le frequenze ad Europa7 e passare sul satellite.
A tutt'oggi questo non è ancora avvenuto.
Vistasi negata del diritto acquisito a trasmettere Europa 7 ha
presentato a partire dal Luglio 1999, numerosi esposti e ricorsi al Tar,
al Consiglio di Stato, alla Comunità Europea.
In particolare, il direttore Generale del Mercato interno della
Commissione Europea, Alexander Schaub, in risposta al ricorso di
Europa 7 ha minacciato l'attivazione della procedura di messa in mora
dell'Italia da parte dell'Unione, per infrazione delle regole sulla
concorrenza. Il ministro Gasparri, per giustificare una situazione
ingiustificabile, ha fornito la seguente risposta:
59
"La prosecuzione dell'esercizio (di Rete 4) avviene sulla base di una
norma legislativa di natura provvisoria e graduale che affida
all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni la fissazione della
tempistica
deconcentrativa
dell'assetto
esistente,
attraverso
l'individuazione di una medesima data per trasferire l'emittente
Retequattro su satellite e per istituire la rete di servizio pubblico
senza pubblicità".
Vistasi negata del diritto acquisito a trasmettere Europa 7 ha
presentato a partire dal Luglio 1999, numerosi esposti e ricorsi al Tar,
al Consiglio di Stato, alla Comunità Europea.
In particolare, il direttore Generale DG Mercato interno della
Commissione Europea, Alexander Schaub, in risposta al ricorso di
Europa 7 ha minacciato l'attivazione della procedura di messa in mora
dell'Italia da parte dell'Unione, per infrazione delle regole sulla
concorrenza. Il ministro Gasparri, per giustificare una situazione
ingiustificabile, fornirà la seguente risposta:
"La prosecuzione dell'esercizio (di Rete 4) avviene sulla base di una
norma legislativa di natura provvisoria e graduale che affida
all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni la fissazione della
tempistica
deconcentrativa
dell'assetto
esistente,
attraverso
l'individuazione di una medesima data per trasferire l'emittente
Retequattro su satellite e per istituire la rete di servizio pubblico
senza pubblicità".
L'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, istituita dalla legge
Maccanico, il 7 Agosto del 2001 indica la data del 31 Gennaio 2003
come termine ultimo per il passaggio di Rete 4 sul satellite e notifica
tale delibera alla società Mediaset s.p.a.
Il 20 Novembre del 2002 La Corte Costituzionale, sul ricorso proposto
da Adusbef-Associazione utenti e consumatori, da Europa 7 ed altri
60
contro
la
Presidenza
del
Consiglio
dei
ministri,
dichiara
l'incostituzionalita' dell'articolo 3, comma 7, della legge 31 luglio
1997, n. 249. Ecco le conclusioni della sentenza:
"La Corte Costituzionale dichiara la illegittimità costituzionale
dell'art. 3, comma 7, della legge 31 luglio 1997, n. 249 (Istituzione
dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi
delle telecomunicazioni e radiotelevisivo), nella parte in cui non
prevede la fissazione di un termine finale certo, e non prorogabile,
che comunque non oltrepassi il 31 dicembre 2003, entro il quale i
programmi, irradiati dalle emittenti eccedenti i limiti di cui al comma
6 dello stesso art. 3, devono essere trasmessi esclusivamente via
satellite o via cavo"
La Corte Costituzionale, dunque, rimediando alla vaghezza della legge
Maccanico, richiamando la delibera dell'Autorità per le Garanzie nelle
Comunicazioni, fissa finalmente al 31 Dicembre 2003 il termine
improrogabile entro il quale Rete 4, in abuso di posizione dominante,
deve essere trasferita sul satellite
Aggiungiamo che, da quando si è insediato il governo Berlusconi, non
solo non si è posto rimedio al conflitto d'interessi, all'abuso di
posizione dominante nei media, alla situazione di illegalità di Rete 4,
come era intuibile, ma in aggiunta si è assistito ad un crescente ed
odioso fenomeno di censura ai danni di validi giornalisti come Enzo
Biagi e Michele Santoro e di artisti come Daniele Luttazzi e Sabina
Guzzanti.
Vinte le elezioni (molti dicono grazie appunto alle sue televisioni)
Silvio Berlusconi si trova esso stesso nella posizione paradossale e
macchiata da un mostruoso conflitto d'interessi di poter far votare, da
capo del governo, una legge definitiva sulle televisioni. Non più
pressioni esterne a politici (o peggio) o 'inciuci' con la sinistra di
61
governo, ma stesura diretta di una legge ad hoc disegnata come meglio
aggrada al Presidente del Consiglio - padrone di televisioni.
Ne nasce una legge, la Gasparri, che tutti in Italia e all'estero, fatta
eccezione per i fedelissimi del premier, considerano una ignominia.
[Per un'ampia illustrazione della legge e dei suoi retroscena: "Inferno
TV - Berlusconi e la legge Gasparri" Carlo Rognoni, Marco Tropea
Editore]
Ricordiamo brevemente gli articoli della legge Gasparri che
porteranno Ciampi a non firmarla rinviandola alle camere:
Art.
15.
(Limiti al cumulo dei programmi televisivi e radiofonici e alla
raccolta di risorse nel sistema integrato delle comunicazioni.
Disposizioni
in
materia
pubblicitaria)
2. Fermo restando il divieto di costituzione di posizioni dominanti nei
singoli mercati che compongono il sistema integrato delle
comunicazioni, i soggetti tenuti all.iscrizione nel registro degli
operatori di comunicazione costituito ai sensi dell.articolo 1, comma
6, lettera a), numero 5), della legge 31 luglio 1997, n. 249, non
possono né direttamente, né attraverso soggetti controllati o collegati
ai sensi dell.articolo 2, commi 17 e 18, della citata legge n. 249 del
1997, conseguire ricavi superiori al 20 per cento delle risorse
complessive del settore integrato delle comunicazioni.
L'art. 15 chiama in causa il Sistema integrato delle comunicazioni o
Sic. Tutte le leggi antitrust si basano sul concetto di 'mercato rilevante'
per determinare la presenza di una posizione dominante. Il mercato
rilevante della bibita Coca-Cola è il mercato delle bibite analcoliche,
non il mercato dei liquidi in generale. Il Sic invece si guarda bene dal
definire un mercato rilevante della televisione, come sarebbe giusto e
nel quale Berlusconi sarebbe senza dubbio in abuso di posizione
62
dominante, ma introduce il mercato di tutti i mezzi di comunicazione,
televisione, stampa e cinema, e ci aggiunge anche le affissioni, le
insegne e locandine, le promozioni, le sponsorizzazioni le relazioni
pubbliche e così via. Risultato: la posizione di Berlusconi viene diluita
all'infinito
evitando
il
rischio
antitrust.
Di chi è l'idea del Sic? Molti vedono l'ombra della Fininvest dietro la
legge Gasparri. Nel libro di Carlo Rognoni (Inferno TV p.39)
troviamo una citazione sconvolgente tratta da un promemoria di
Publitalia '80 del 1988, presentato alla Corte Costituzionale in uno dei
tanti processi nati da ricorsi di reti concorrenti. Dice il promemoria:
"Per misurare il vero grado di concentrazione del gruppo Fininvest
non ci si può limitare a considerare il mercato della pubblicità
televisiva; occorre assumere a parametro l'intero mercato della
comunicazione
commerciale"
Autori del promemoria i rappresentanti di Berlusconi, Aldo Bonomo e
Cesare Previti.
Art.
25.
(Accelerazione e agevolazione della conversione alla trasmissione in
tecnica
digitale)
1. Ai fini dello sviluppo del pluralismo saranno rese attive, entro il 31
dicembre 2003, reti televisive digitali terrestri, con un.offerta di
programmi in chiaro accessibili mediante decoder o ricevitori
digitali.3. L.Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, entro i
dodici mesi successivi al 31 dicembre 2003, svolge un esame della
complessiva offerta dei programmi televisivi digitali terrestri allo
scopo di accertare: a) la quota di popolazione raggiunta dalle nuove
reti digitali terrestri; b) la presenza sul mercato di decoder a prezzi
accessibili;
c) la effettiva offerta al pubblico su tali reti anche di programmi
63
diversi da quelli diffusi dalle reti analogiche. Entro trenta giorni dal
completamento di tale accertamento, l’Autorità invia una relazione al
Governo e alle competenti Commissioni parlamentari della Camera
dei deputati e del Senato della Repubblica nella quale verifica se sia
intervenuto un effettivo ampliamento delle offerte disponibili e del
pluralismo nel settore televisivo ed eventualmente formula proposte di
interventi diretti a favorire l.ulteriore incremento dell.offerta di
programmi televisivi digitali terrestri e dell.accesso ai medesimi.
L'art. 25 mette le sorti del pluralismo in mano al digitale terrestre.
Vedremo in seguito come, nelle stesse parole di Ciampi, questa
tecnica avrà il solo risultato di consentire a Rete 4 di continuare a
trasmettere.
3.0 L’altra televisione: il network delle tv di quartiere
La nascita del network telestreet coincide con la nascita di Orfeo tv,
nel giugno 2002. Già negli anni precedenti erano stati fatti esperimenti
di televisioni indipendenti o di strada, che magari non occupavano
necessariamente l’etere, si trattava per lo più di esperienze isolate, che
non hanno mai confluito in un network. L'onda comunicativa ed
elettromagnetica partita da Orfeo con la prima telestreet, è rimbalzata
64
per tutto il "popolo delle videocamere" che ha trasformato la
contestazione al G8 genovese nell'evento più filmato della storia, di
cui una parte si è lanciata alla conquista dell'etere, quartiere dopo
quartiere. A questo primo network si sono aggiunti molti soggetti che
da tempo desideravano comunicare in un territorio di perenne dominio
monopolistico, tutti con l’obiettivo finale di salvare dalla lobotomia
televisiva giovani, casalinghe e pensionati, risvegliandoli dal torpore
con le videoproduzioni indipendenti che fino ad allora erano rimaste
"confinate" all'interno dei siti web, senza la possibilità di raggiungere
le “casalinghe di Voghera” ancora lontane dall'informatica e da molti
di quei materiali, ricchi di informazioni, censurati al popolo. Per
riempire un palinsesto di una telestreet ci vogliono molti soldi o in
alternativa molte risorse umane: è per questo che la produzione di
queste piccole emittenti attinge a piene mani dalla strada,
trasformando il flusso televisivo, prima unidirezionale, in un circuito
aperto ai contributi e ai materiali video di chi vive, abita e lavora nel
quartiere coperto dal segnale televisivo "a corto raggio". Da casalinga
di Voghera ad “anchorwoman di Voghera” il passo è più breve di
quanto sembri.
La convergenza dei sistemi di trasmissione video e lo sviluppo dei
mezzi di comunicazione degli ultimi anni, stanno permettendo grandi
possibilità per i nuovi canali di informazione indipendente,
caratterizzati dalla imprevedibilità delle risorse e dei mezzi, con
redazioni aperte, partecipative. Questo stravolgimento di ruolo, da
fruitore a produttore di informazioni, nasce dalle condizione di
biunivocità propria della rete internet, da cui le nuove redazioni
indipendenti assumono l’orizzontalità della struttura, per sfociare in
ogni territorio mediatico conquistabile. In Italia la figura di
Berlusconi, ha favorito una forte partecipazione al desiderio di
65
occupare l’etere per restituirlo ai cittadini. Oltre alla strategia di
illegalità-silenziosa di Orfeo tv, che tende ad occupare fettine di etere
inutilizzabile dall grandi stazioni televisive, gli obiettivi del neonato
network si espandono verso la frequenza del canale uhf 71, destinata
alle basi militari e dismessa con l’installazione di circuiti chiusi via
cavo. Questa nuove emittenti si orientano verso sperimentazioni le
tecnologie di video trasmissioni sempre più attuali, come il videostreaming, ma anche verso la denuncia e comunicazione dell’attuale
situazione del controllo televisivo in tutti i territori mediatici:
dall’illegalità di una rete del primo ministro per mancanza di
concessione a un futuro monopolio globale della televisione via
satellite65, attraverso azioni come la diffusione nell’etere in chiaro del
segnale televisivo satellitare durante le partite del campionato italiano.
In un contesto politico rischioso e al tempo stesso agitato, tra tentativi
di formare una associazione nazionale per rivendicare una frequenza
nazionale o un canale comunitario, con il futuro passaggio del sistema
di trasmissione televisiva hertziana da analogica a digitale, la strategia
più
efficace,
è
invadere
più
territori
mediatici
possibili
nell’immediato, portando una informazione critica, ragionata.
Una nuova concezione del mezzo televisivo: uno strumento
contaminabile, di cui impadronirsi e servirsi, senza alcun rischio di
prese di controllo da parte di nessuno.
3.1 Eterea uno: le prime esperienze del nascente network
La storia delle televisioni pirata in Italia, potrebbe cominciare nel
1975, quando alcune tra le prime emittenti private cominciarono a
L’impero Sky di Murdoch, il magnate australiano che, anno dopo anno, si estende su nuove
nazioni.
65
66
trasmettere anche senza una concessione locale. La legislazione in
merito di antenne e trasmettitori abusivi, non è mai stata severa, ha
sempre lasciato che si potesse trasmettere in ambito locale, anche
senza un permesso. A Napoli ad esempio, sono sopravvissute a lungo
televisioni metropolitane commerciali, che per usucapione si sono in
alcuni casi aggiudicati il diritto di trasmettere.
E in un paese dove uno dei maggiori network privati, di proprietà del
Presidente del Consiglio dei ministri, trasmette senza avere una
concessione, è facile che network più piccoli possano sopravvivere
allo stesso modo.
Ci furono fino alla fine degli anni 90 esperienze di televisioni
indipendenti non a carattere commerciale, come Minimal TV, con un
fare tv come critica costruttiva al mezzo: “La Minimal TV è la
televisione più piccola del mondo: trasmette i suoi programmi via
cavo su alcuni televisori messi “in strada”. Minimal Tv è fare
televisione ripartendo dal minimo indispensabile, quasi da zero, anche
perché la televisione non esiste: sono solo figurine”66. Anche a
Bologna, nei primi anni novanta, fu effettuato un esperimento di
televisione via cavo nell’area del Pratello, con televisori della zona
collegati via cavo e anche posti in strada.
Nel 2001 in seguito alla seconda elezione di Berlusconi a capo del
governo, rinasce e si alimenta la necessità di rompere il monopolio
televisivo. Inoltre molti gruppi video nati negli anni ’90, sentono la
necessità di trovare un territorio comunicativo dove poter divulgare
informazioni in modo indipendente, dopo che un regime mediatico in
atto, tende a voler coprire ogni piccola voce fuori dal coro. Il
movimento rinato con gli scontri a Seattle, rimbalza in tutto il pianeta,
fa viva una necessità di informazione indipendente. E’ nato e sta
66
http://www.leonet.it/art/giallomare/minimal.html
67
nascendo grazie ad internet, un nuovo modo di fare informazione:
Indymedia, un network ad accesso pubblico, uno strumento
partecipativo, che riunisce anche molte realtà video vicine ai centri
sociali, che si rivelano indispensabili soprattutto nelle manifestazioni
nazionali di movimento come il Global Forum di Napoli dell’aprile
2001 e la manifestazione contro il G8 di Genova del luglio dello
stesso anno. Saranno infatti le immagini del network nascente di
mediattivisti a finire su tutti i telegiornali e denunciare le violenze
della polizia avvenute la sera, a manifestazione conclusa, presso il
mediacenter autogestito nel palazzo di fronte.
La nascita di Teleorfeo e quella del progetto del network Telestreet, è
scaturita dal gruppo di Radio Alice, la piccola emittente radiofonica
bolognese divenuta famosa negli anni '70 per la sua capacità di essere
voce del movimento giovanile di quegli anni e per la carica innovativa
delle sue trasmissioni. Radio Alice, insieme con altre piccole radio
"democratiche e di movimento" che stavano nascendo in quegli anni,
riuscì a battere il monopolio della RAI, contribuendo alla diffusione
delle radio libere. Ora il progetto rimane lo stesso, ma si trasferisce
sull’etere: ricostruire dal basso la democrazia della comunicazione
televisiva. Le prime parole della neonata micro emittente televisiva
rivendicano il diritto di cui all’articolo 21 della costituzione Italiana
sulla libertà di espressione, sottolineando la similitudine con la
situazione radiofonica degli anni ’70, quando allora vinsero la
battaglia contro il monopolio statale. Dichiara a proposito Valerio
Minnella, uno dei fondatori di OrfeoTV, ai microfoni di Radio Alice
quando la polizia fece irruzione in diretta sospendendone le
trasmissioni: "Siamo tutti inferociti per la situazione italiana. Tieni
presente che allora Radio Alice fu la radio che permise di battere il
monopolio radiofonico, attraverso il processo che subimmo e la
68
successiva sentenza di assoluzione, che decretò l'incostituzionalità del
monopolio e la nascita delle radio libere. Vedere rinascere un
monopolio di fatto oggi, a livello televisivo, ci preoccupa molto.
Allora era un monopolio di stato, oggi è un discorso di concentrazione
e di controllo nelle mani di un unico soggetto del 92% del mercato
televisivo italiano".
Orfeo tv trasmette su un cono d’ombra di Mtv: il trasmettitore del
network musicale, si trova sui colli bolognesi, vicino a San Luca e una
impedenza generata da alcuni edifici, genera una zona d’ombra in via
Orfeo. Nella minuscola area, sulla frequenza Uhf 51 non si riceve il
segnale del network, quindi le trasmissioni irradiate dal trasmettitore
dalla potenza di 0,7 watt, posto in via Rialto, sul tetto della sede di
Orfeo tv, occupano una zona dell’etere libera dove prima nessun
segnale riusciva ad arrivarci. "Sappiamo di non rischiare grosso racconta Valerio Minnella - la Mammì prevede una condanna fino a
tre anni per tv nazionali, e un anno e mezzo per tv locali. Essendo noi
tutti incensurati, significa l'applicazione della condizionale, al
massimo una multa. Ma noi siamo convinti che non potranno
spingersi troppo avanti. La legge sull'emittenza è altamente
disapplicata: Retequattro, ad esempio, è senza concessione proprio
come noi, dovrebbe trasmettere solo su satellite. Se un magistrato
dovesse perseguire noi e non loro, sarebbe una situazione difficile da
spiegare".
Il progetto del gruppo di radio Alice è anche un altro: costituire un
network di televisioni di strada italiane, con un unico scopo: abbattere
il monopolio televisivo. Si propone quindi come modello virale
capace di contagiare tutti i videoamatori sparsi per la penisola, che
vogliono cogliere la sfida della conquista di uno spazio libero di
69
comunicazione finora negato a chi non ha i miliardi: l’ operazione ha
infatti un costo che si aggira sui 1000 euro.
I realizzatori di Orfeo TV mettono in rete un piccolo sito internet, nel
quale si spiega come trovare un cono d’ombra nella propria città, quali
attrezzature procurarsi e come e dove montare l’antenna.
All’appello risponde subito TMO, tele Monte Orlando di Gaeta, che
già aveva sperimentato a trasmettere abusivamente da un imprecisato
scantinato di Gaeta, la sera della vigilia di Natale 2001, ma che
dall’estate 2002 inizia a trasmettere quotidianamente. Nasce
dall’esperienza tecnica di Livio Batosi, che cerca di coinvolgere
Antonio Ciano, eclettico cinquantenne tardocomunista con la fissa del
meridionalismo e nessuna esperienza di telecamera, in un’avventura
libertaria e democratica ma sul filo dell’illegalità. Il suo nome si
riferisce all’impedenza naturale che genera un ampio cono d’ombra
che il gruppo nutrito di videoamatori occupa, diffondendo contenuti
video con grande consenso popolare.
Durante il forum sociale europeo, svoltosi a Firenze nel novembre
dello stesso anno, prendono vita 2 esperimenti televisivi per riprendere
l’evento: il primo è Global tv, del gruppo politico della rete dei
disobbedienti, che trasmette sulla frequenza satellitare 11200 del
satellite HotBirth, sul canale 863 dei decoder degli abbonati al
servizio satellitare della Vivendi, che affitta regolarmente per
effettuare dirette di eventi speciali per il movimento e in chiaro
attraverso la frequenza di Europa 7; l’altro è HubTV, una televisione
aperta che disturba l'etere di Firenze sul canale UHF60 dal
“laboratorio di sperimentazione di saperi e libero godimento dei
sapori” che si è auto installato nel parterre in Piazza della Libertà: è
una televisione open-broadcasting, a trasmissione aperta, che sta
iniziando a confezionare il suo palinsesto insieme a tutte le realtà
70
presenti nel laboratorio. La redazione è appesa al muro: la
programmazione infatti è aperta a tutti quelli che hanno storie da
raccontare, una faccia da mostrare o una videocassetta da infilare nel
videoregistratore.
HubTV
si
ispira
a
quei
laboratori
di
sperimentazione sul linguaggio televisivo maturate negli ultimi anni
come Pratello Tv, BoyCoop Tv67 e Orfeo Tv .
Al progetto
partecipano i gruppi video vicini alla rete di comunicazione di
Indymedia. Tra i qual i Candida.
Candida nasce dall'incontro di una decina tra giovani autrici, registi,
tecniche, appassionati e appassionate ricercatrici della potenzialità
ancora inespresse dei linguaggio audiovisivo. L'occasione si presenta
nel 1999, quando l'emittente romana Teleambiente mette a
disposizione uno spazio di un'ora a settimana: Candida tv era una
trasmissione che per nove settimane ha cercato di ricongiungere la
spaccatura tra pubblico e televisione. “Insomma una televisione low
fi, per una comunicazione di qualità”68.
Le altre esperienze del gruppo hanno ancora di più abbattuto questo
muro facendo della strada il set della televisione, come l’episodio del
Napoli Striit Festival del 1998, in cui installarono una console video
interattiva, con una regia volante che permetteva la gestione di un
palinsesto continuamente ridefinito dalla partecipazione del pubblico.
O come Torre Maura TV Un laboratorio di videomaking di base
dedicato ai giovani di quartiere, in collaborazione con il Laboratorio
di Cultura Urbana Godzilla, in cui si faceva fare televisione anche a
livello tecnico.
L’esperienza di Candida tv, non ha ancora assunto la forma di una tv
di quartiere. Dopo l’ esperienza di Hub tv, ha partecipato al canale
La televisione via cavo a circuito chiuso, vissuta durante il primo Hackmeeting, l’ incontro
nazionale degli hacker italiani.
68
http://candida.thing.net/pages/chisiamo.html
67
71
satellitare Nowar tv, a diversi workshop sulla distribuzione video
indipendente, come Dash: sample image, tenutosi a Roma nell’ottobre
2003, al Forte Predestino, il centro sociale di riferimento di Candida
tv, il Wsis, il Summit Mondiale sulla Società dell'Informazione,
tenutosi a Ginevra il 12/13 dicembre dello stesso anno e, attraverso il
network di Indymedia, alle molte manifestazioni, parate ed eventi,
autorganizzate.
Nei primi giorni di dicembre dello stesso anno, nasce a Termini
Imerese, Telefabbrica l'emittente locale gestita dagli operai dello
stabilimento Fiat in quei giorni in lotta contro la chiusura degli
stabilimenti. Il giorno della manifestazione degli operai a palazzo
Chigi, un nucleo di Carabinieri, su mandato del Ministero delle
comunicazioni, chiude la piccola emittente. La telestreet siciliana,
realizzata in una settimana, con una redazione di 6-8 persone,
rappresentava uno dei mezzi più efficaci che gli operai Fiat avevano a
disposizione per difendere il proprio posto di lavoro: trasmetteva da
tre giorni, in un raggio di 150 metri, per 2 ore al giorno, servizi sulle
manifestazioni e interviste agli operai.
Appellandosi unicamente all'articolo 21 della Costituzione, ma non
avendo la concessione governativa che autorizza a trasmettere,
Telefabbrica si trovava in violazione della legge Mammì. La legge
223 del 6 agosto del 90, che porta il nome dell'allora ministro delle
poste, pone come prerogative alla trasmissione, oltre che la
concessione da parte del governo, trecento milioni (di vecchie lire) di
capitale sociale interamente versato, e il pagamento allo Stato di 50
milioni. In più inasprisce le sanzioni precedentemente stabilite dall'art.
195 del codice postale, sanzionando addirittura il solo possesso di
apparecchiature per la radiodiffusione. All'articolo 30, stabilisce:
"chiunque installa od esercita un impianto di telecomunicazione senza
72
aver ottenuto la relativa concessione o autorizzazione è punito, se il
fatto non costituisce reato, con la sanzione amministrativa pecuniaria
da lire 500.000 a lire 20.000.000. Se il fatto riguarda impianti di
radiodiffusione sonora o televisiva, si applica la pena della reclusione
da uno a tre anni. La pena è ridotta alla metà se trattasi di impianti per
la radiodiffusione sonora o televisiva in ambito locale." A essere
precisi, l’art. 195 della Mammì è in contraddizione con alcune
sentenze, la più importante è quella della Corte Costituzionale n. 202
del 1976. Questo decreto stabilisce in sostanza, che la possibilità
tecnica di avere più canali radiotelevisivi permetteva una loro
proliferazione senza dover più limitare l’applicazione dell’art. 21 della
Costituzione. L'incostituzionalità del monopolio dell'etere, allora nelle
mani dello Stato italiano, fu sancita già dalla sentenza del 4 dicembre
del 1974, sempre da parte della Corte Costituzionale. Fu la sentenza
che permise alle cosiddette radio pirata o radio libere, di passare alla
legalità e portò alla loro proliferazione su tutto il territorio nazionale.
Fu anche il principio di un altro processo, di segno sociale e culturale
del tutto diverso: la creazione di alcune televisioni commerciali e
l'espansione del mercato pubblicitario sul piccolo schermo. Anche
grazie a tale sentenza poté nascere l'impero mediatico di Silvio
Berlusconi. Di fatto, poi, si consolidò solo la sua di imprese televisive
private nazionali, a costo di prevaricare qualunque altra valida
iniziativa privata da parte di altri imprenditori.
Il 10 dicembre, per dieci ore (dalle 15 all’una di notte dell’11) si
accende "No War Television", una maratona televisiva no-stop
trasmessa su satellite e in chiaro, legata alla campagna "Fuori l’Italia
dalla Guerra", promossa da Emergency, Rete Lilliput, Libera, Tavola
della Pace, Megachip e Social Forum. Dallo studio si collegano via
streaming, audio e video con le piazze delle principali città italiane: un
73
flusso continuo di informazioni e scambi di opinione, un
funzionamento di tipo assolutamente innovativo del mezzo televisivo.
Una esperienza che vede coinvolti diversi soggetti assieme, tra cui il
progetto di NGVision.
Quattro giorni dopo, si svolge al TPO di Bologna “ETEREA” un
incontro organizzato da Orfeo tv, in cui vengono presentate le
esperienze della stessa Orfeo, di Candida tv, Telefabbrica e di altre
esperienze di televisioni o progetti televisivi nati o nascenti come
Spegnila tv, un progetto di telestreet romana. Tra i partecipanti al
progetto di Nowar tv, c’è chi sottolinea il fatto che il modello
telestreet si può integrare perfettamente in diverse esperienze
televisive, anche di tipo diverso da quello proliferante, mentre i reduci
dall’avventura di Hub tv evidenziano nelle esperienze degli ultimi
mesi il manifestarsi di una tendenza verso la polimedialità, che
significa la sovrapposizione e l'intreccio di media diversi che
concorrono alla creazione dell'evento stesso che registrano. Qualcosa
di diverso dal multimediale, qualcosa che viene registrato come un
multimedia con interazione proiettiva. Durante il meeting vengono
date le informazioni tecniche sulle onde, frequenze, potenze, zone
d’ombra: Valerio Minnella di Orfeo tv richiama l’attenzione sulle
innumerevoli zone d’ombra determinate dalla caratteristiche locali,
che
ci
possono
essere
sul
territorio
nazionale,
indicando
microtrasmettitori dalla potenza di 0,07 Watt. La questione legale
viene affrontata da Mario Albanese del Conna69. Si accenna anche alla
figura di un network, che dovrebbe costituirsi in associazione, con una
determinata linea politica, con un tavolo tenuto da Michele Santoro
(ex giornalista RAI), Stefano Benni, giornalista e scrittore.
69
Coordinamento nazionale Nuove Antenne, è la più antica associazione radiotelevisiva di
categoria indipendente "non profit" rimasta nel nostro Paese a difesa dei piccoli e medi editori
televisivi e radiofonici per tutelare il loro diritto costituzionale di comunicare.
74
Agli altri tavoli partecipano poi anche tutti gli esponenti storici di
radio Alice e Orfeo tv: Giancarlo “Ambrogio” Vitali, Franco “bifo”
Berardi, Stefano Bonaga, Valerio Mannella tutti impegnati nella
nuova avventura di Orfeo tv e Maurizio Torrealta, oggi direttore di
Rainews 24. L’incontro ha un’alta partecipazione, c’è un vivo
interesse che porterà alla nascita di altri soggetti nell’etere.
Si fondano le basi per un network e viene aperta una mailing-list per
la comunicazione. Viene trattato anche il tema delle tv comunitarie,
facendo un raffronto con gli offener kanal tedeschi e nord europei e
viene presentato un progetto, Urban tv, di una futura rete civica a
banda larga su cui diffondere le tv comunitarie a Bologna. Il progetto
potrebbe essere interessante per tutto il network, ma le incertezze che
riserva il futuro italiano sulle nuove reti di comunicazione allontanano
le attenzioni di chi da subito può occupare l’ etere e liberare spazi di
comunicazione finora inaccessibili. Un altro progetto presentato e
decisamente utile ad un nascente network di televisioni di quartiere è
NGVision, New Global Vsion, un archivio on line di materiali video
espressi dal movimento, dalle coscienze critiche, da produttori di
informazione libera e indipendente. Quindi recupera la memoria
storica del movimento attraverso la digitalizzazione di video che non
avevano avuto alcuna distribuzione in passato, propone nuove visioni
dando spazio e visibilità alle produzioni autoprodotte di videomaker,
raccoglie e diffonde documentari non protetti da copyright. “Si
sviluppa basandosi sulla collaborazione di persone che lavorano in
rete e dalla rete partono per l'organizzazione del lavoro, la
condivisione di conoscenze e risorse, la diffusione dei saperi necessari
alla prosecuzione del progetto e alla veicolazione delle informazioni.
Riteniamo che l'informazione sia altro: per combattere questo e'
necessario implementare l'efficacia degli strumenti che siamo in grado
75
di gestire direttamente e/o creare rapidamente. Sulla base delle nostre
conoscenze ed esperienze, intendiamo realizzare nuovi efficienti
media così come e' già stato fatto in questi anni in differenti realtà
collettive”70.
Sabato 22 febbraio 2003, in un solo giorno, una ventina di Tv di
Strada si accendono con una azione collettiva che sarà al tempo stesso
un messaggio contro la guerra in Iraq e contro il monopolio dell'etere:
SpegnilaTV, Zero Audience, Candida Tv e Teleaut di Roma, NoMade
tv, Isola tv, Taz tv, a Milano, le bolognesi Orfeo tv, Teleimmagini,
Albornoz tv e TVTB, Telefabbrica, TMO, Anelli mancanti tv di
Firenze, Ragnatele di Padova, Teleponziana di Trieste, Discovolante
di Senigallia, Telefermento di Savona, Ottolina tv di Pisa,
TeleRobbinud di Catanzaro. Sono una rete di piccole emittenti fatta di
mediattivisti, di ragazzi con la telecamera, di giornalisti indipendenti,
di registi, programmatori, montatori, sceneggiatori senza padrone,
seguendo percorsi che il sistema televisivo monopolizzato non può né
controllare né cancellare; si insediano nell’ etere con un modello
orizzontale come la rete. La trasmissione prodotta collettivamente è
una raccolta di contributi, uno per ciascuna televisione, sulla guerra in
Iraq. Le televisioni che partecipano sono già nate o stanno nascendo,
di fatto l’unica telestreet che comincerà a trasmettere proprio in quella
data per la prima volta è NoMade tv guidata dal regista televisivo
Osvaldo Verri, un "reduce" del G8 genovese che ha progettato questo
canale di comunicazione per dare respiro all'anima "sociale" della
videocomunicazione, che nei circuiti televisivi commerciali e'
irrimediabilmente repressa, sacrificata sull'altare dell'audience e della
raccolta
pubblicitaria.
Grazie
a
Nomade
Tv
Verri
e
altri
videoproduttori indipendenti avranno uno spazio a disposizione per
70
http://www.ngvision.org/index.it.html
76
"riciclare" filmati, materiali e documenti che non hanno trovato spazio
nei circuiti della televisione commerciale, pur meritando un destino
più glorioso di una soffitta impolverata.
Attraverso il sito NGVision, che si rivela fondamentale per il recupero
di risorse video da parte di tutte le telestreet che cominciano a
trasmettere, tutti i filmati digitalizzati acquisiscono automaticamente
la licenza Creative Commons, un passo avanti rispetto alla dicitura nocopyright.
Il progetto Creative Commons e' stato fondato nel 2001 con un
notevole sostegno da parte del Centro per il Pubblico Dominio. Il
primo progetto realizzato da Creative Commons e' stato, a dicembre
del 2002, con il rilascio di un set di licenze che garantiscono il libero
riutilizzo pubblico di un'opera. Prendendo in parte ispirazione dalla
licenza GNU/GPL della Free Software Foundation, Creative
Commons ha
sviluppato un'applicazione web che permette alle
persone di destinare al pubblico dominio le loro creazioni - o di
mantenere il copyright su di esse e contemporaneamente garantirne il
libero
utilizzo
per
determinati
scopi e a determinate condizioni. A differenza della GNU/GPL, le
licenze
Creative Commons non nascono per il software, bensi' per altre
tipologie
di opere: siti web, musica, fotografia, letteratura, etc. Creative
Commons intende basarsi sul lavoro già svolto da altri che hanno
rilasciato altre licenze pubbliche per usi creativi, e completare questo
lavoro. L’ obiettivo non e' solo incrementare il materiale disponibile in
rete, ma rendere più semplice e meno costoso l'accesso a tale
77
materiale. Per questo, sono stati sviluppati dei metadata71 che possono
venire utilzzati per associare lavori creativi al pubblico dominio, o a
condizioni
regolate da licenze interpretabili dai calcolatori: ciò
metterà le persone in grado di utilizzare il sistema di ricerca e altre
applicazioni analoghe ondine, per trovare ad esempio fotografie
liberamente utilizzabili a patto di citare l'autore, oppure canzoni che
possono venire copiate, distribuite e campionate senza limitazioni di
sorta. Queste licenze leggibili automaticamente dai computer possano
rendere questo processo molto più semplice e di conseguenza
abbattere ciò che ostacola la creatività.
Esistono alcune caratteristiche comuni a tutte le licenze Creative
Commons: con ciascuna delle licenze CC, infatti, si mantiene il
copyright sull'opera di cui si è autore, e attraverso le licenze non
vengono intaccati i diritti di "fair use", "first sale" e "free
expression"72 di cui gode il pubblico. Ogni licenza impone al
pubblico: di chiederti il permesso per tutti quei comportamenti che hai
deciso di limitare, come le rielaborazioni dell'opera o il suo utilizzo
commerciale, di mantenere intatte le indicazioni sul copyright su ogni
copia della tua opera e di non usare tecniche che limitino l'uso
legittimo della tua opera da parte del pubblico. Ogni licenza permette
al pubblico, ammesso che si rispettino i termini della licenza stessa, di
copiare l'opera, distribuirla, mostrarla o eseguirla in pubblico,
eseguirla in pubblico in forma digitale (webcasting) e convertire
l'opera in altro formato preservandone l'integrità (copia conforme, non
rielaborata).
71
informazioni strutturate per organizzare, identificare e recuperare ogni oggetto o documento
digitale. Sono usati per generare motori di ricerca di banche dati.
72
queste licenze sono state elaborate negli Stati Uniti. rispetto al contesto italiano ed europeo, vi
sono diversità nelle leggi e nella concezione stessa del diritto d'autore. Le versioni europee sono in
78
3.2 EtereaVS2: critica al’informazione con ogni mezzo necessario
A Peccioli vicino Pisa, nasce Peccioli tv, una tv comunitaria voluta da
Renzo Macelloni, il sindaco diessino della cittadina toscana: trasmette
le sedute del consiglio comunale, la messa domenicale e uno spazio
aperto dedicato alle attività delle associazioni locali. Il comune, unico
in Italia ha finanzato il progetto: grazie all’impulso del circuito
Telestreet e al supporto tecnico di Hoeksteen Italia73 è stato installato
un trasmettitore sul campanile del centro storico in grado di
raggiungere buona parte del territorio comunale, utilizzando il canale
UHF 49 che su Peccioli è completamente in ombra. Il 26 settembre
attivisti di tutto il network telestreet si riuniscono a Piccioli per
opporsi ai due funzionari del ministero della Comunicazione inviati
per porre i sigilli agli impianti. ''Di fatto - ha spiegato Macelloni l'ordinanza di disattivazione della nostra tv non era eseguibile perché
gli impianti ancora non li abbiamo. Ne hanno preso atto e se ne sono
andati ''. Così si risolse allora la cosa, ma una volta che l’impianto
della televisione divenne concretamente presente e operativo, il
ministero non mandò più nessuno. Anzi, pochi mesi dopo lo stesso
sindaco ha annunciato che in breve tempo Peccioli avrà le concessioni
per trasmettere legalmente e anche in altri comuni dell’alta Valdera.
“Peccioli tv” quindi diventerà “Parco tv” grazie all’interessamento dei
comuni di Palaia, Lari, Capannoli e Laiatico e ad un finanziamento di
diecimila euro per avere delle strutture tecniche da “vera” tv.
Pochi giorni prima però, il 19 settembre 2003, i sigilli ministeriali
sono stati messi al trasmettitore di un’altra emittente: Discovolante di
via di sviluppo, attraverso una discussione collettiva di una mailing-list, anche in Italia:
http://lists.ibiblio.org/mailman/listinfo/cc-it
73
Hoeksteen Italia è un’associazione affiliata alla redazione di un programma che va in onda sulla
rete civica di accesso pubblico di Amsterdam
79
Senigallia. Discovolante è una televisione di strada creata con l’aiuto
delle istituzioni pubbliche locali ed è animata da diversi disabili della
zona. Franco è un portatore di handicap che ad esempio gira per il
paese evidenziando le ingiustizie sociali create dalle barriere
architettoniche presenti in città, ma conduce anche trasmissioni in
studio con altri portatori di handicap, introducendo temi di qualsiasi
genere. Questa è una faccia di Discovolante, un servizio televisivo
nuovo, un’anima del circuito telestreet. In seguito alla decisione del
governo, molti attivisti di tutte le telestreet italiane sono accorsi al
meeting che i soci della associazione che si occupa di disagio sociale
hanno organizzato con l’aiuto del sindaco. Durante l’incontro i
partecipanti da tutta Italia hanno sentito il bisogno di organizzare un
incontro nazionale per poter creare un network di supporto alla
creazione di altre telestreet su tutto il territorio.
Prima ancora a Roma, le telestreet Teleaut, Ant TV74 e Spegnila Tv, la
domenica dopo quello che era accaduto a Senigallia, hanno dato vita
ad una trasmissione pirata della partita Roma – Juventus trasmessa in
diretta da SKY, chiamandosi per la serata Discovolante e trasmettendo
durante gli intervalli pubblicitari video informativi su quanto era
accaduto all’ emittente marchigiana, ottenendo un enorme successo di
pubblico. Nel frattempo Discovolante che non ha più riacceso il
proprio trasmettitore, ha continuato a produrre video e a diffondere i
propri materiali via internet attraverso il sito portale “vivere
senigallia”. Una delle sue recenti produzioni è stata insignita del
prestigioso Premio Ilaria Alpi per le tv locali.
"Con l'approvazione della discussa legge Confalonieri/Gasparri con il
Sistema Integrato delle Comunicazioni (SIC) attivo, l'Authority che
74
Ant Tv è la televisione gestita dal gruppo di Candida Tv; trasmette solo in certe occasioni dal
Forte Prenestino, ma l’ impianto sarebbe destinato al progetto di televisione itinerante.
80
non muove un dito e il monopolio RAI/Fininvest fatto santo, si bussa
alla porta di Disco Volante per chiuderlo dietro le sbarre"75. Secondo i
responsabili di Disco Volante la situazione mette in gioco la libertà di
stampa prevista dalla Costituzione e con la telestreet si è schierato il
senatore dei DS Guido Calvi che ne ha assunto la difesa.
L’improvvisa chiusura di Discovolante e gli interessi di alcuni comuni
sul fenomeno telestreet hanno spinto verso un secondo incontro
nazionale delle televisioni di strada esistenti, mirato al conoscersi, allo
scambiarsi le informazioni, le tecniche di trasmissione e le esperienze
sul campo, e soprattutto per poter trarre una sorta di manifesto e una
ricerca degli intenti comuni per portare avanti il network. Al primo
incontro a Senigallia di settembre, emergono subito non pochi dubbi
riguardo alla creazione di una associazione come soggetto unico
rappresentativo del network. I soggetti coinvolti nel progetto sono
differenti nelle pratiche, nei modi e nei contenuti: è quasi unanime la
decisione di non poter costituire una associazione che riesca negli
intenti desiderati. Comincia l’ organizzazione di Eterea 2 e viene
scelta Senigallia come città ospitante.
Nei 2 meeting pre-organizzativi tenutisi a Bologna presso la sede di
Teleimmagini, si prende atto del fatto che le effettive telestreet che
trasmettono sono 6, altre telestreet esistenti non sono interessate al
network: Pitbull tv una telestreet romana vicina all’area politica della
destra sociale, si oppone al monopolio televisivo quanto alle azioni di
pirataggio eseguite dalle altre televisioni di quartiere, che avevano
ritrasmesso il segnale di SKY, ma anche Tele Ponziana, Global street
e Xtv, le televisioni operative gestite da persone del movimento dei
disobbedienti, si distaccano dagli intenti comuni che il network
Da un comunicato di Discovolante del 2 agosto, in seguito all’assegnazione del suddetto
premio.
75
81
vorrebbe creare. Tra le nuove realtà che si avvicinano e partecipano al
lavoro di coordinamento, nonostante si comprenda e si voglia
sostenere un lavoro collettivo per la gestione di un network attivo, è
sempre scarso l’interesse della creazione di una associazione: per
quanto possa essere utile, non si riesce a vederla come un qualcosa di
rappresentativo per l’intero network. Anzi l’idea di un soggetto
rappresentativo addirittura spaventa alcune televisioni. Si cominciano
a delineare 2 diverse strade della rete delle telestreet: Orfeo tv,
battezzatasi mamma delle telestreet, dopo aver proposto la formazione
della associazione, vorrebbe creare un unico forte soggetto in grado di
poter proporsi per una futura possibilità “lavorativa” di televisioni
comunitarie imminenti sul territorio nazionale grazie alla prossima
diffusione delle trasmissioni digitali terrestri. Non è l’unica telestreet
interessata a seguire questo percorso, ma i perplessi e contrari a questa
tappa fanno notare come sia veramente difficile poter costituire un
soggetto che possa accogliere e soddisfare i motivi e le pratiche di
tutte le realtà italiane che si vogliono lanciare in queste pratiche,
sarebbe una sorta di chiusura che se da un alto faciliterebbe la
formazione di altre televisioni, dall’altro richiederebbe un enorme
mole di lavoro di coordinamento, ingestibile se si tiene conto anche
dell’impegno quotidiano di gestire una televisione76. Inoltre,
considerare di poter portare avanti un progetto a lungo termine che
punta ad ottenere territori mediatici non ancora esistenti (le frequenze
del digitale terrestre) non convince i media-attivisti che attraverso la
telestreet punta a campagne che rivendichino ad esempio il salario del
telespettatore77: l’etere televisivo analogico si può avere adesso ed è il
campo su cui poter cercare di trasmettere un’altra televisione, perché
76
77
E questo viene ribadito soprattutto dalle televisioni che effettivamente trasmettono ogni giorno.
Spegnila Tv
82
non è solo Berlusconi il problema contro cui si sono mobilitate tutte le
persone del network, ma l’uso che si fa con la televisione e i danni
collaterali che crea nella nostra società78. Altro argomento di
discussione è un sito internet come strumento di coordinamento e
archivio delle informazioni come dei video.
Nella lista di telestreet che partecipano attivamente all' organizzazione
dell'evento si aggiungono i nomi di Insutv di Napoli, Telecerini di
Pisa, Mediattori di Perugia, Telecitofono di Reggio Emilia.
Il meeting viene organizzato per fine marzo. Vengono dati gli spazi
della mediateca del comune ed alloggio in una colonia estiva sulla
costa e la banda per poter mandare in streaming il segnale televisivo. I
partecipanti creano una sorta di laboratorio aperto polimediatico: per
tre giorni discovolante torna a trasmettere nell'etere sulla frequenza
del canale uhf 71, grazie ad un trasmettitore fornito dal gruppo di
Spegnila Tv ed in rete via streaming grazie alla collaborazione del
gruppo olandese Montevideo.nl che offrono la banda larga per poter
permettere a un grosso numero di utenti sparsi per la rete da tutto il
mondo, di poter ricevere il segnale. I contenuti delle trasmissioni sono
gli stessi delle telestreet e dei tavoli di lavoro e gruppi di discussione
mirati alla formazione di un network di supporto. La struttura è
orizzontale: ogni partecipante porta i propri materiali, le proprie
strumentazioni e comincia a trovare spazio per dare forma alla propria
idea di televisione. Viene creato una sorta di studio dove poter
presentare il proprio progetto; i tavoli di discussione sono seguiti dalle
telecamere e trasmessi sotto forma di servizi montati o da una regia
live per i dibattiti, ci sono postazioni per fare vj set e la postazione
regia con diverse fonti da cui poter attingere, per fare una sorta di blob
con i materiali delle telestreet.
78
Dai resoconti dei meeting organizzativi di Eterea2, scritti sulla lista di discussione di Telestreet.
83
Ciò che più colpisce è il mescolarsi confuso e produttivo delle
competenze e delle tecnologie: chi assembla cavi e apparecchiature,
chi monta video, chi scrive, chi fa l’operatore, chi fotografa. Come
scritto nel report di Simone di OrfeoTv: «un'atmosfera di confronto
orizzontale, di collaborazione, in cui nessuno si pone sopra nessuno.
Un tavolo rotondo (anche se manca il tavolo) in cui faccia a faccia ci
scambiamo idee, opinioni, materiale, ci poniamo questioni e ce le
risolviamo (non sempre...)». I presenti a Senigallia sono un centinaio
di mediattivisti di ogni specie e luogo e tutti attivissimi ognuno a
modo suo, tesisti universitari in gran quantità, passanti, però pochi.
I tavoli di lavoro divisi per argomentazioni precise, hanno delineato e
informato tutti i partecipanti al network, la reale situazione:
- Antenne al popolo79: mirato alla creazione di una nuova campagna di
rilancio della moltiplicazione delle antenne. Nonostante in un primo
momento sia stato di grande impatto sull'immaginario proporre a tutti
la possibilità di fabbricare il proprio trasmettitore, l'ottimizzazione dei
sistemi di trasmissione era ancora una necessità: le soluzioni fino ad
ora proposte in rete hanno spesso portato a sottovalutare ostacoli
insormontabili, hanno fornito soluzioni costose (e alcune volte anche
queste inefficaci), in un'ottica comunque più vicina ad un rapporto tra
professionisti e clienti che ad uno scambio di tecnologia e saperi
considerata una dinamica fondamentale per la realizzazione di un
network di televisioni indipendenti. Una televisione indipendente si
differenzia anche per la totale autogestione. Chi vuole fare una
telestreet dovrebbe sapere che le onde ad alta frequenza si ricevono a
portata ottica: antenne in trasmissione e ricezione si devono vedere tra
loro. Questo è anche all'origine dell'esistenza dei coni d'ombra. La
posizione ottimale per situare la propria antenna trasmittente è nella
79
Testo tratto dal report di Claudio di Spegnila Tv
84
linea tracciata tra il più vicino impianto di ripetizione (avendolo alle
spalle) e le antenne di ricezione, che saranno orientate a favore, dato
che le antenne logaritmiche hanno un raggio di ricezione limitato a
circa 60° e frontale (con una limitata capacità sul retro). Chi si trova a
trasmettere in centri metropolitani ha alcuni di problemi aggiuntivi
nelle antenne centralizzate. Le centraline degli impianti condominiali
sono dotate spesso di attenuazione di segnale, data la potenza degli
impianti di emissione delle commerciali a copertura nazionale che è
molto alta.
Un secondo problema viene dalle centraline a moduli selettivi che
potenziano la qualità di ricezione ma solo su alcune frequenze
prestabilite tagliando fuori inevitabilmente le nostre emissioni. A
questo problema l'approccio hacker di Taz TV ha proposto un rimedio
interessante: il VOLANTENNAGGIO, cioè la costruzione e la
distribuzione di antenne dipolo a costo quasi zero e tagliate sulla
lunghezza d'onda della frequenza su cui trasmette la tv di strada. Il
volantennaggio è anche un sistema per interessare direttamente i
riceventi con l'azione consapevole di staccare il proprio televisore dai
ripetitori mainstream ed entrare in un diverso esperimento
comunicativo attaccando la nuova antenna che riceve esclusivamente
la tv di strada80.
La scelta della frequenza, altrimenti, va cercata tra i canali privi di
segnali, identificabili dalla condizione di "muting video" ossia l’
effetto neve. I sistemi di rilevamento empirici - come scorrere la
sintonia di uno o più televisori - non sono esenti da sorprese81. C’è poi
un sito internet che si aggiorna da un osservatorio sulle emissioni
80
Intervento di Giorgio di TazTv
81
La soluzione ottimale per la scelta della frequenza è l’ acquisto di un misuratore di campo.
l'apparecchio che permette di monitorare la situazione dell'etere nel territorio che ci interessa e
85
regione per regione: www.otgtv.supereva.it82. In alternativa e in caso
di assenza di coni d'ombra nei canali della quarta e quinta banda - da
21 a 69 - i canali 70 e 71 sono una buona alternativa perchè sono quasi
dovunque inutilizzati e quindi di facile occupazione ma difficilmente
possono diventare una soluzione definitiva per tutti. Una parte molto
significativa dei televisori in commercio non permettono di ricevere
oltre il canale 69 e questo è eccessivamente limitante considerato un
raggio d'azione già limitato di per sè. Dunque è sembrato più
produttivo, per una rivendicazione comune alla rete delle Tv di strada,
prescindere da una specifica frequenza e concentrarsi su un canale,
diverso per frequenza in ogni territorio, naturalmente su base non
interferenziale.
Per quanto riguarda il digitale terrestre, il completo abbandono delle
trasmissioni analogiche, se dovessero realizzarsi le previsioni più
ottimistiche, non avverrebbe prima di sei anni. Anche dal punto di
vista della rivendicazione di uno spazio pubblico nella comunicazione
televisiva che tenga in considerazione i possibili mutamenti nelle
tecnologie di largo consumo, rimane comunque necessario partire
dall'hertziano analogico. Per quanto riguarda gli apparati le
indicazioni devono cambiare. Le apparecchiature che permettono di
emettere sopra 1 watt di potenza (che è il minimo utile utilizzato da
chi sta attualmente in onda) non sono considerate efficaci83. La
direzione di ricerca va verso apparecchiature "broadcasting" di bassa
potenza - assemblate comunque da persone in possesso di competenze
specifiche. L'esperienza di InsuTV a Napoli, di Spegnila TV a Roma,
trovare lo spazio libero tra le frequenze occupate - e soprattutto di escludere con certezza che il
canale trovato libero non sia utilizzato già dalla sperimentazione del digitale terrestre.
82
Per alcuni mesi su questo sito, tra le televisioni ufficiali, è comparso pure il nome di
Teleimmagini? sulla frequenza uhf 71 di Bologna.
83
L’impianto venduto dall’antennista di Albornoz tv (segnalato dal primo sito curato da Orfeo tv)
a Tilt tv una telestreet nascente di Livorno, non riusciva a trasmettere oltre i primi palazzi intorno
allo spazio Gozilla da cui partivano le trasmissioni.
86
Onda Anomala di Porto Sant'Elpidio e IsolaTV-Taz a Milano ci ha
insegnato che per questa via si possono avere apparati della potenza
adeguata (fino a 6 watt) a prezzi che non superano i 600 euro. Si
deduce che quello che occorre dunque è una mappatura complessiva
della disponibilità di materiali broadcasting con queste caratteristiche
e delle competenze per rendere più generalmente disponibili queste
soluzioni.
- tavolo legale
La questione legale verrà approfondita in seguito. A Eterea 2 è stato
solo un dibattito tra la consapevolezza dell’illegalità e il problema
stringente della sopravvivenza. Dice Valerio Minnella: “Dobbiamo
uscire da questa situazione di impasse in cui le telestreet crescono,
proliferano ma tutto rimane uguale”. In campo opinioni discordanti:
strumenti da attuare e forme societarie per rendere economicamente
sostenibili le tv di strada oppure passare dai proclami ai fatti con
un’autodenuncia di fronte alla magistratura penale per vedersi
riconosciuto il diritto a trasmettere. Secondo Minnella “quando la
Gasparri sarà approvata le telestreet verranno chiuse con un semplice
atto amministrativo e si presenta una fase di strozzamento di molte
piccole tv locali”. La via politica è una tra tante, la fiducia nei politici
è piuttosto scarsa. Ma molte prospettiva future (dalla questione dei
canali ad accesso pubblico alle battaglie sulle frequenze e agli scenari
della legge Gasparri) rimangono sospese a mezz’aria. La rivoluzione
dal basso delle tv italiana ha ancora molti passi da compiere per
acquisire consapevolezza e forza. Ambrogio Vitali, decano delle
telestreet e ora promotore della campagna per le tv comunitarie ad
accesso pubblico in collaborazione coi Comuni, riassume così la
situazione: “A Eterea1 si respirava un’aria pionieristica e noi stessi e
ci interrogavamo su quello che stava succedendo e su cosa dovevamo
87
fare. Qui a Eterea2 sono emersi dei veri e propri saperi. Ma d’altra
parte c’è stato un deficit di politica, non siamo riusciti a interrogarci
su cosa stiamo facendo, sui problemi organizzativi e creativi”.
Dunque? “Il lavoro che noi facciamo deve trovare alleanze, denari,
organizzazioni. Tutte domande che non ci siamo posti. E non
dobbiamo dimenticarci di vivere in un regime che si fa ogni giorno più
aggressivo”. La ricetta di Vitali prevede l’apertura degli spazi pubblici
di comunicazione con amministrazioni comunali sensibili al tema,
un’associazione nazionale per la rappresentanza delle telestreet nelle
sedi politiche e istituzionali e la battaglia per richiedere canali e
frequenze. “Il rischio che corriamo oggi è quello dell’isolamento, di
una sindrome identitaria”. D’Arienzo però sostiene che “non possiamo
chiedere un riconoscimento ufficiale già da ora a chi non ha affatto
capito o ha frainteso la nostra funzione, come nel caso dei Comuni”. E
sulla discussione pende il monito di David Garcia, dall’esperienza
olandese di Next 5 Minutes: “La cosa migliore sarebbe non proporsi il
problema della legalità o illegalità bensì il problema di creare dei
media tattici”84.
-tavolo subvertizing.
Il concetto di subvertizing è utilizzare i margini non per restare ai
margini ma per rovesciare l’intera scena mediatica. Insomma “non si
può fare i bravi ragazzi che parlano con il proprio quartiere mentre
fuori c’è la dittatura mediatica”85. Viene auspicato che le telestreet non
agiscano nei margini di spazi concessi dai poteri dominanti ma che si
oppongano con strategie di liberazione dell'etere affinché la
moltiplicazione dei dispositivi di emittenza coincida con la
dissoluzione del concetto stesso di sistema mediatico. Deve essere
84
85
Tratto dal video sul tavolo legale, realizzato durante il meeting, dagli organizzatori stessi.
Franco Berardi”Bifo”.
88
valorizzato il lavoro quotidiano dei molti media-attivisti che
contribuiscono a fornire un punto di vista altro dal mainstream con
approfondimenti, dossier, notizie sul e per il territorio. L'esperienza
della controinformazione ai margini (concordati) del mainstream non
basta. Il mainstream è la manifestazione di un sistema di valori
consumistico prima che un canale di diffusione televisivo. Questo è
importante da capire per non stilizzare eccessivamente la direzione da
intraprendere nella sola conquista dell'etere: non esiste una televisione
buona ma il mediascape non è solo televisione. I corpi emittenti, i nodi
vitali attraverso cui il mainstream occupa l'infosfera sono molteplici
ed ha ovviamente una sua gerarchia di importanza. Per cui, tornando
al subvertizing, alla necessità di far deflagrare la struttura portante
dell'architettura mediatica, occorre ridefinire una mappa dei nodi
principali di emittenza del mediascape: televisione sia nazionale che
locale, pubblicistica urbana, centri commerciali, il network dell'Home
Video.
Le attività delle telestreet sono di fondamentale importanza perché
sintomo di radicamento sul territorio, di partecipazione attiva al fare
televisione, perché luogo di demistificazione mediatica, ma affinché il
loro lavoro non venga meno, devono essere accompagnate da una
strategia di piccole azioni quotidiane, azioni di disobbedienza ricettiva
civile, che abbia per obbiettivo l'intero mediascape. E’ dunque
necessario fornire strumenti e knowHow perché tutti siano in grado
nel loro piccolo di attuare piccole azioni significative.
Vivo interesse da parte di tutti, l’ha avuto il progetto di Ngvision e le
licenze Creative Commons. Il sito archivio di filmati video è il miglior
modo di far circolare i video per qualsiasi autore, nonché fonte
indispensabile da cui trovare materiale da trasmettere per ogni
televisione indipendente. Anche il sito di telestreet dovrebbe avere
89
questa funzione, ma il progetto già avanzato di Ngvision, conquista i
mediattivisti delle televisioni che non hanno spazio web per
pubblicare le proprie produzioni: dopo 3 anni di vita, il progetto ha
sviluppato una veloce e pratica interfaccia web, in html dinamico, che
permette il facile reperimento di un filmato all’interno dell’archivio,
con un motore di ricerca per nome, autore o categoria. Nonostante sia
cresciuto grazie allo sviluppo della rete commerciale a banda larga di
Fastweb, Ngvision fornisce la possibilità di scaricare utilizzando tutte
le tecnologie di trasmissioni dati disponibili: server appositi per la rete
a banda larga, server per la rete adsl italiana, postazioni di archivi
digitali in macchine situate in altri stati, server connessi nelle reti peer
to peer e la tecnologia bit-torrent, grazie alla quale un giorno si
potrebbe streammare un segnale video anche con basse connessioni.
Anche le Creative Commons, le licenze che vengono attribuite
automaticamente a tutti i filmati presenti sul sito, sono la soluzione più
appropriata per una diffusione rizomatica delle informazioni video,
necessaria per la formazione del network.
(dei progetti ngvision e creative commons ne parlerei nel capitolo di
teleimmagini visto la nostra attiva partecipazione ai progetti).
Al dibattito finale con Maurizio Torrealta direttore di Rainews24,
Glauco Benigni dirigente Rai e autore del libro "Apocalypse
Murdoch" e David Garcia di Next 5 Minutes, si insiste sul
superamento della barriera tra teoria e pratica e che le tv di strada sono
l´esempio di un percorso in cui la pratica rompe gli scenari consolidati
dai media creando spazio a nuove teorie sulla comunicazione.
3.3 Post Eterea
90
Dopo l’esperienza di Senigallia, il network forse non esiste ancora: il
soggetto legalmente riconosciuto che si voleva creare non è riuscito a
nascere: è difficile riuscire a formare una associazione culturale in
grado di rappresentare tutte le identità presenti come telestreet, inoltre
il lavoro di supporto che si vorrebbe creare è un impegno che
porterebbe via un sacco di tempo ed energie preziose, dal momento
che chi farebbe questo “lavoro” è già impegnato in altri progetti
collegati alle telestreet. L’esperienza di un anno di tentativi di
outreach86 hanno dimostrato quanto i coinvolgimenti diretti siano i più
efficaci: la rete e la mailing-list, sono utili per una comunicazione
nazionale o per un lavoro di coordinamento dell’organizzazione dei
progetti. Ultimamente anche le comunicazioni nella lista di
discussione del progetto sono diventate difficili: un gran numero di
iniziative
vengono
postate
con
la
richiesta
di
una
video
documentazione dell’evento proposto, scambiando il progetto
telestrewet come un servizio di produzione e distribuzione di
materiale comunicativo. Quello che invece è il lavoro di supporto del
network, consiste nell’aiutare ad installare nuove antenne, di creare
nuove piccole televisioni capaci di restituire il mezzo televisivo al
popolo. Fare il cameraman, il regista, il montaggista per altri eventi è
un lavoro che non interessi i mediattivisti coinvolti nel progetto:
partecipare ad un evento o ad una manifestazione, non significa
solamente farci un video.
In occasione dell’Euromayday, la manifestazione contro il precariato
del primo maggio 2004, una parte del network operante e trasmittente
delle telestreet si ritrova a Milano: Insu tv di Napoli, Spegnila tv,
Candida tv e Teleaut di Roma, Teleimmagini? di Bologna, Isola Tv di
86
Viene usato questo termine inglese per indicare il coinvolgimento al progetto di persone fino ad
ora esterne.
91
Milano partecipano alle azioni e alla manifestazione, nonché
coordinano il lavoro di comunicazione, con una produzione di video e
un segnale streaming via internet: ma le produzioni realizzate non
sono semplici filmati di documentazione dell’evento. Al mattino
vengono riprese le azioni di blocco delle catene commerciali come
Zara, una multinazionale dell’abbigliamento, la libreria Mondadori, il
negozio della Disney, un Mac Donalds, ecc., partecipandovi: il
mediattivista riprende l’entrata delle biciclette87 che invadono Zara
direttamente da una bicicletta, è un attivista delle telestreet che con la
telecamera in mano spiega davanti alla porta della Mondadori, perché
ne sta bloccando l’entrata. Anche altre azioni dirette fatte nei confronti
della Mac Donalds o della Disney, sono documentate dall’interno e
dall’esterno ancora prima che comincino e nelle riprese il
mediattivista con una mano riprende e con l’altra attacca adesivi o
distribuisce materiale informativo88. Le riprese poi sono portate al
mediacenter, uno spazio allestito indipendentemente da mediattivisti,
dove le immagini vengono montate e messi in rete e dove viene curato
tutto il lavoro di trasmissione dati via streaming per rimandare il
segnale video delle immagini della manifestazione in tutto il mondo.
Questi laboratori aperti, centri di informazione indipendente allestiti
grazie alla collaborazione di attivisti del network di Indymedia, sono i
territori mediatici più fertili per lo scambio di conoscenze pratiche e
non, tra tutti e funzionali nei confronti dei processi di apertura del
network verso altri progetti o singoli, che con le loro riprese
collaborano al servizio di copertura mediatica di tutto l’evento. E’ qui
87
Il movimento di Critical Mass, le coincidenze organizzate di biciclette per bloccare il traffico,
ma non solo.
88
Il primo maggio storicamente era una giornata di lotte contro i padroni, che diventò festività dal
lavoro grazie a queste. Oggi le multinazionali, obbligando i propri dipendenti a lavorare anche
durante questo giorno, stanno cercando di far dimenticare la festività alle classi sociali più basse, le
stesse che a suo tempo riuscirono a conquistarsi questa data.
92
che la natura rizomatica e aperta del network prende forma concreta:
da qui può procedere il lavoro di ampliamento del network. In seguito
infatti a questa collaborazione, il progetto di Tilt tv riesce a risolvere
alcune problematiche tecniche e prepararsi per la definitiva apertura
delle proprie trasmissioni. Inoltre nascono realizzazioni di video
istantanei, attraverso la partecipazione collettiva di tutti i video
attivisti aperti alle collaborazioni.
Dopo la denuncia alla Telestreet Disco Volante di Senigallia è
quantomai importante riflettere e diffondere argomenti come la
democrazia mediatica, la comunicazione libera e indipendente, il
mediattivismo.
Il Media democracy day, l'evento di Monaco svolto dal 14 al 16 luglio
2004 presso la Muffathalle di Monaco di Baviera, nato con l'intento di
portare queste tematiche anche all'estero, riflettendo sul caso italiano e
sul futuro della nostra democrazia, nonchè sul fenomeno telestreet e
sulle forme di attivismo mediatico italiano, sembra aver dato i suoi
frutti.
Il meeting è stato ampiamente diffuso a livello internazionale e ciò
dimostrando che c'è grosso interesse per quello che viene fatto in Italia
e soprattutto per quanto riguarda la nostra situazione mediatica e
politica.
L'istituzione che ha promosso l'evento, la Bundeszentrale für
politische Bildung/bpb, che in Germania si occupa dell'aspetto
educativo e culturale della politica nazionale, si e' dimostrata attenta
alla questione e ha coinvolto direttamente i collettivi Candida TV,
Minimal TV, New Global Vision, la telestreet Disco Volante TV di
Senigallia, il
progetto
P2P FightSharing89, Rekombinant90 e
89
Pensata per coincidere con gli incontri esterni al WSIS di Ginevra, mette insieme documentari di
pratiche attuate con le tecniche più diverse (dall'uso creativo di antenne e microtrasmettitori ad
interviste e sarcastici contro-spot), in una panoramica internazionale che attraversa situazioni
93
infoAccessibile91 e indirettamente la scena delle Telestreet e del
mediattivismo italiano.
Durante i tre giorni, l’auto organizzazione ha fatto vedere i video-dvd
dei progetti coinvolti e una densa raccolta di video del circuito che il
collettivo NGV ci ha preziosamente fornito.
In particolare, la postazione di Candida tv (e anche la raccolta su
grande schermo) presentava il video Supervideo G8, con tutto ciò che
e' successo a Genova nel 2001. Con tanto di sottotitoli in inglese, ha
reso molto chiaro che situazione si è vissuta in quei giorni ed è
sembrato decisamente importante al network,
riproporre quel
contributo in una città europea come Monaco.
Durante il dibattito finale, Fabrizio Manizza di Disco Volante TV ha
parlato diffusamente del concetto di Telestreet e del caso Senigallia
anche mostrando diversi video sulle Telestreet e il video "Barriere" di
Franco Civelli che ha vinto il premio giornalistico Ilaria Alpi: ha
permesso anche di confrontarsi su certe questioni, dalla legale
all'ecnomico-finanziaria, coinvolgendo anche il pubblico.
Per la sua apertura Tilt tv organizza verso fine agosto un festival di 2
giorni, in cui sono chiamati ad intervenire i partecipanti al network. I
progetti come Spegnila tv, Teleimmagini?, TAZ tv, Insu tv, NGVision
e altre realtà internazionali come la Tv piquetera Argentina e attivisti
presenti in Italia, Russia, Israele, Francia, Spagna, ecc. ecc. Il detournamento del desiderio, della
proprietà, sia intellettuale che e materiale, e del broadcast come potere di trasmissione univoca,
costituisce la base su cui molte di queste operazioni basano il loro successo, fondandosi su una
generazione sempre più scaltra dei meccanismi e sempre più a suo agio con software, cavi e
saldatore. La strada, l'etere e i cavi della rete sono diventati i luoghi in cui si esprime questa
comunicazione alternativa che si beffa clamorosamente della propaganda e del controllo trovando
nei suoi loro interstizi le crepe entro cui far veicolare anticorpi mediatici necessari, pronti a
scardinare abitudini e ad infettare le coscienze addormentate dall'indigestione di messaggi, in
modo che si immunizzino gradualmente all'ipnosi quotidiana dell'enorme macchina industriale
dello spettacolo.
90
“Rekombinant e' un ambiente web di informazione e discussione costruito dai suoi lettori dai
frequentatori delle periferie e dei sotterranei dell'impero come dagli infiltrati nei suoi palazzi.
91
portale elettronico dei servizi professionali offerti dalla ditta individuale Tra-De di Enrico
Bisenzi in tema di ricerca e visibilita' dell'informazione in Internet.
94
olandesi e tedeschi del Newsreel europeo92 accolgono l’invito e
organizzano una 3 giorni di assemblee e video trasmissioni in
collaborazione con gli abitanti del quartiere livornese da cui trasmette
Tilt tv. Da questo incontro è partito un lavoro di coordinamento
regionale tra le telestreet toscane, mirato alla realizzazione di prodotti
video collettivi e d una struttura di supporto interno alle televisioni
partecipanti e aperto alla formazione di altre realtà.
Il lavoro del network ha abbandonato la pratica online: sebbene si
fosse cercato di riproporre una struttura organizzativa come
Indymedia Italia, non è mai riuscito a decollare. La mailing list è
sempre popolata di soggetti che reclamizzano altri eventi e chiedono
un servizio di video comunicazione, o altre identità singole che
trovano sfogo nella lista per le proprie opinioni riguardanti gli eventi
d’attualità nel mondo. Accanto alla lista di gestione del progetto
NGVision, ne è nata una appositamente per i produttori di video che
diffondono il loro materiale attraverso il sito archivio, dalla quale si è
coordinato anche il lavoro di organizzazione della parte video di
Incontrotempo 2.0, il festival del precariato svoltosi a Roma i primi di
ottobre di quest’anno. Eventi come questi generano l’interesse da
parte di esterni e la voglia di collaborare ai progetti già esistenti o di
crearne altri nuovi. L’espandersi continuo di queste realtà, porterà alla
creazione naturale di un network di nuovi accessi alla comunicazione
audio-video.
Il progetto iniziale, basato sulle previsioni di Teleorfeo, che
considerava più di 100 le microemittenti presenti nel paese, potrà
prendere forma soltanto in seguito ad un vero lavoro di rete.
Attualmente nei giornali e negli altri media mainstream si parla meno
92
Un progetto nato dai videoattivisti del network europeo di Indymedia, che raccoglie
videoproduzioni indipendenti e li diffonde su supporti cd o vhs per tutta europa, cercando di
raccolgliere fondi per finanziare i progetti video come V2V.
95
di telestreet: il “fenomeno” del 2003 sembra essere finito, immobile.
Le 5 reali microemittenti dell’era del “fenomeno” oggi sono diventate
più di 20, ma soprattutto il network ora è aperto a tutte le altre realtà: i
canali di diffusione sono anche le proiezioni in strada, nei circoli, la
distribuzione di videocassette contenitore delle ultime produzioni
video e soprattutto internet. I produttori di video anche senza una
antenna hanno possibilità di trovare un contatto con una rete di
produttori video indipendenti. Inoltre si sta portando avanti un
progetto di libera condivisione e utilizzazione di girato video dei
diversi videomakers, per le realizzazioni collettive future.
3.4 Le telestreet e la questione legale
La legislazione italiana in tema di emittenza televisiva e di libertà di
comunicazione è estremamente confusa e carente. È necessario
individuare “strumenti per ampliare il nostro spazio di azione, per
trovare incrinature, fessure in cui inserire i cunei che ci permettano di
scardinare il regime di dittatura mediatica che si è instaurato nel
nostro paese” come ha scritto Valerio Minnella (OrfeoTv),
coordinatore dell’area legale al raduno di Eterea2 e sul forum del sito
telestreet. Tuttora le posizioni e visioni all’interno del movimento
telestreet sono molteplici e differenti.
Le Telestreet rappresentano una pratica illegale ma costituzionale.
L’articolo 21 della Costituzione infatti recita: "Tutti hanno diritto di
manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e
ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad
autorizzazioni o censure". Di fatto la legislazione in materia
radiotelevisiva (Mammì 1990 con le sue “concessioni-truffa” e il
piano di assegnazione mai realizzato, Maccanico 1997 che tentò
maldestramente di metterci una pezza) e le varie sentenze della Corte
96
Costituzionale rendono la situazione molto più complicata e, a nostro
avviso, anche incostituzionale.
Lo scorso anno una proposta di legge a tutela delle tv di strada
esistenti fu presentata dall’on. Grignaffini (Ds) più 98 deputati del
centrosinistra. Venne bocciata e subito trasformata in Ordine del
Giorno poi approvato a maggioranza dalla Camera il 2 ottobre scorso.
Un Odg naturalmente non è una legge ma un’indicazione, una sorta di
“impegno morale” del governo.
La Mammì (modificando l'art. 195 del codice postale) prevedeva
multe e/o arresto anche per il solo possesso di un apparecchio
trasmettitore, ma di fatto (fino a poco tempo fa) sono sempre state
applicate solo le multe e il sequestro delle attrezzature e solo in casi di
disturbi ad altre emissioni. In molti pensano che gli Odg della Camera
rappresentino un’implicita garanzia per le tv esistenti, ma ultimamente
l'atteggiamento sta cambiando e si comincia a notare un irrigidimento
formale del ministero.
Al momento non si può richiedere una concessione, il termine ultimo
era il 2000, bisogna attendere l'arrivo del digitale che in teoria
dovrebbe rendere disponibili un numero di frequenze. Però c’è una
scorciatoia.
E’
emersa
la
possibilità
legale
da
parte
di
un'amministrazione comunale di installare un trasmettitore per ripetere
il segnale di un'emittente che non si riceva bene sullo stesso territorio
comunale e, questa è la cosa interessante, di riservarsi il diritto di
trasmettere per un numero di ore al giorno una programmazione
gestita dai cittadini residenti nel comune.
Questa possibilità è
garantita dalla legge Maccanico (249/97), anche se nessuno se ne è
interessato concretamente fino a poco tempo fa. Utilizzando questo
metodo la telestreet di Peccioli (fondata dal sindaco e minacciata di
chiusura nel settembre 2003) ha ottenuto l’autorizzazione ministeriale
97
a marzo 2004. Alcune telestreet e alcuni sindaci (tra cui anche Tele
Monte Orlando a Gaeta) stanno studiando gli aspetti legali e tecnici
della faccenda (per esempio, nella provincia di Latina ci sono 3
frequenze assegnate dalla legge ad “uso comunitario” e mai
utilizzate).
All’interno del network telestreet serpeggia anche l’idea di reclamare
l’utilizzazione del canale 71. Il canale 71 e' un canale di proprietà del
Ministero della difesa, è un canale in totale disuso come il 72/73/74 e
anche il 70 nonostante alcune deroghe ne permettano l'utilizzazione da
parte di privati in alcune province.
La scorciatoia delle tv comunitarie rilanci un tema di cui si discute fin
dalle origini del movimento telestreet e cioè le “tv ad accesso
pubblico” che in molti Paesi sono una realtà da decenni. Ambrogio
Vitali è tra gli autori di “un nuovo progetto di apertura legalizzata di
spazi pubblici per la comunicazione con il coinvolgimento delle
Pubbliche Amministrazioni”, attraverso le T.CAP, televisioni
comunitarie ad accesso pubblico. «Le tv civiche nascono in nord
America e Canada per estendersi al nord Europa. In Italia appaiono
ora i primi esperimenti che nascono a partire dall'esperienza
Telestreet, in particolare dalla collaborazione di un paio di tv di strada
(Orfeotv e Ottolina tv). Si configurano come Televisioni ad accesso
pubblico, godono di risorse pubbliche (comunali e regionali) e di una
legislazione assai problematica ma plausibile che abbiamo individuato
noi nei mesi scorsi e che nessuno aveva mai pensato di utilizzare. I
soggetti che possono usufruire di tale legislazione sono unicamente le
Amministrazioni locali». Su come le modalità di pratica mediattivista
della tv di strada possano essere collegabili a questi nuovi modelli da
qualcuno ribattezzati “tv dei sindaci” il confronto è tutto aperto.
98
Una delibera del Parlamento Europeo del ’95 invita ad adottare
«misure per supportare gli “Open Channel” e quei cittadini che
intendano effettuare trasmissioni, in modo da permettere ai cittadini
l’accesso diretto e la partecipazione ai media audiovisivi». Così,
mentre in Italia si attende la discussione del nuovo progetto di legge
che dia dignità di esistere alle tv di strada, altrove la situazione è già
ben avviata da alcuni anni. Dando un’occhiata al resto d’Europa, si
scopre che in molti paesi gli “Open Channel” operano da oltre
vent’anni. L’Olanda è la capostipite delle tv comunitarie, emittenti
libere a partecipazione aperta. Ma c’è di più, a Rotterdam da tempo
opera con discreto successo “PizzaTv”: lo spettatore che ha voglia di
partecipare attivamente alle trasmissioni telefona alla redazione,
chiede un “pizza-cameraman” e in mezz’ora si trova a domicilio un
operatore pronto a registrare la performance dello spettatore che così
diventa un vero attore. Il gioco è fatto: in meno di due ore tutto viene
trasmesso sui canali della locale tv. Tutto questo, però, è possibile
grazie alla capillarità del servizio di trasmissione via cavo, che non è
considerato un lusso, ma un servizio pubblico e sociale, quindi è
diffuso presso il novanta per cento della popolazione a costo zero. In
Germania sono 88 le città che hanno un’emittente urbana e sono tutte
finanziate dal governo con l’1 per cento degli introiti provenienti dalla
tassa di concessione per le normali tv commerciali. A Stoccolma,
invece, esiste un “Open Channel” visibile ventiquattro ore al giorno in
tutte le 340 mila case della città: riceve sussidi dal municipio cittadino
e una volta a settimana ospita le trasmissioni di TvLatina, l’emittente
della comunità ispanica del paese.
L’intervento di David Garcia, organizzatore di Next 5 Minutes,
festival dei media tattici di Amsterdam, nel corso di Eterea2 (il
secondo meeting generale di tv di strada e comunicazione
99
indipendente, fine marzo 2004 a Senigallia) ha sottolineato che «il
trionfo della libera trasmissione finanziata con fondi statali, insieme
ad una televisione di contenuti ricchi di diversità però ha ricreato nel
tempo le condizioni precedenti nel rapporto tra produttori e fruitori.
Questa integrazione istituzionale ha progressivamente determinato una
qualità sempre più scadente, togliendo energia alla necessità di
comunicare e di inventare altri mondi possibili». Insomma, “in Olanda
la tv legalizzata è diventata noiosissima”.
Il disegno di legge Gasparri più che altro cambia la logica con cui
dovrebbero venire assegnate le concessioni, anche in vista del
passaggio alla "truffa" digitale, chiudendo ulteriormente gli spazi per
ottenere concessioni per piccole realtà, dando quindi maggiori armi al
ministero per chiudere chi non ha concessione, pur non modificando
sostanzialmente il codice postale. L’avvento del digitale terrestre
(aldilà delle interessate propagande berlusconiane) rischia di soffocare
numerose tv piccole o locali o autonome, favorendo nuove
concentrazioni di mercato (già molto contestata la legge 66/2001 che
stabilisce regole e cavilli improbi). Secondo Vitali «bisogna aprire
pubblicamente le danze sul terreno legislativo-regolamentare»,
apportando i contenuti di un emendamento già redatto per la Gasparri:
riservare il 10% della capacità trasmissiva digitale (terrestre, banda
larga e satellite) alle amministrazioni locali (comuni, province,
regioni) per la realizzazione di televisioni comunitarie ad accesso
pubblico.
100
4.1 DAMS: Diffusione Autogestita dei Materiali e dei Saperi
Le trasmissioni di Teleimmagini? cominciano il pomeriggio del 18
marzo 2003 alle 3:51. Il progetto nasce da un gruppo video che si
forma all’interno di una occupazione del Dams di 2 anni prima. Il 26
aprile del 2001 in seguito ad una assemblea degli studenti nella sede di
via Barberia dell’università di Bologna, dove viene esplicitamente
richiesta la concreta realizzazione di laboratori pratici per gli studenti,
vista la grande partecipazione e un nutrito entusiasmo, comincia
l’occupazione dell’aula 7/3 B, che presto divenne il Laboratorio delle
Attrazioni. Un gruppo affiatato di studenti e non, dà vita ad un
laboratorio strutturato orizzontalmente, le cui risorse sono quelle degli
stessi studenti e i cui corsi di formazione hanno una natura rizomatica
e partecipativa: le esperienze e conoscenze di chiunque vengono
condivise con gli altri e si portavano avanti pratiche comuni, per la
101
realizzazione di video ma anche altre attività collaterali. Un televisore,
un videoregistratore e un divano trovato in strada, hanno formato il
più piccolo e attivo cineforum della città, con una programmazione
aperta, grazie anche alla possibilità di usufruire dell’archivio video
dell’università, messo a disposizione da un giovane obiettore che
lavora presso il Dams, bendisposto ad aiutare il progetto nascente.
Presto vengono raccolte le video produzioni indipendenti dei tanti
studenti che iniziano a passare per l’aula occupata. Inoltre, un anno
prima comincia proprio a Bologna a nascere il nodo italiano del
network di Indymedia, in occasione del vertice dell’Ocse93 e delle
relative manifestazioni di protesta; il Laboratorio delle Attrazioni
entra subito in modo attivo partecipando alla produzione di materiale
informativo indipendente e tutti i componenti vengono positivamente
contaminati dalle pratiche e i metodi di Indymedia, cominciando a
fare un lavoro di preparazione e diffusione delle informazioni, per le
ormai storiche giornate di fine Luglio dello stesso anno a Genova.
Al rientro dalla pausa estiva, oltre ai duri colpi inflitti al movimento di
Genova e dello shock mediatico mondiale dell’11 settembre, si viene a
scoprire dello sgombero dell’aula occupata avvenuto in agosto, il cui
materiale all’interno è stato posto sotto sequestro e andarlo a ritirare
presso l’università significa autodenunciarsi e farsi carico dei milioni
di danni stimati dall’ateneo. Nello stesso mese anche lo spazio di via
Ranzani è stato sgomberato e entrambe le realtà, dopo una lunga
odissea di sei mesi di assemblee e incontri con altri gruppi che hanno
necessità di uno spazio, riescono ad ottenere lo spazio dell’ex mercato
ortofrutticolo di via Fioravanti, grazie ad una concessione (mai)
firmata da un assessore comunale. Il Laboratorio delle attrazioni torna
a vivere e a riprendere le sue attività, in modo diverso, in un'altra
93
La rete di Organizzazione e cooperazione dello sviluppo economico.
102
dinamica di gestione di uno spazio, assieme ad altre realtà. Nei locali
sotterranei che gli sono stati affidati, nasce subito un piccolo cinema,
un laboratorio di produzione video e uno spazio aperto a tutte le
persone interessate a fare video e comunicazione indipendente. A
maggio, durante l’evento Soqquadro94, il gruppo realizza la sua prima
produzione video collettiva, inaugura il cinema “la Talpa” proiettando
film per tutte le notti della settimana e offre il supporto tecnico per un
seminario pratico di un corso del Dams, tenuto da Alberto Grifi95.
Quando nel 2002 nasce Teleorfeo l’interesse per il progetto da parte
del Laboratorio delle attrazioni è alto, ma gli impegni dello spazio
dell’ex mercato e del nodo locale di Indymedia Bologna, tengono
lontana l’idea di una collaborazione con la neonata televisione, l’idea
di creare una telestreet dall’ex mercato viene vista ancora come una
utopia: le conoscenze in campo sono poche e economicamente è una
spesa ancora inaffrontabile.
Dopo i primi contatti con il gruppo di Teleorfeo, la prima
collaborazione concreta con la televisione da parte del Laboratorio
delle Attrazioni è la giornata del 10 dicembre 2002, quando per 12 ore
viene messa in onda la prima prova di trasmissione di NoWarTv, la tv
satellitare che accompagna l'iniziativa contro la guerra, organizzata da
Emergency in 120 città italiane. Da questa collaborazione segue un
invito a partecipare attivamente alle trasmissioni della televisione del
gruppo di radio Alice: l'idea interessa la quasi totalità del gruppo
video di via Fioravanti, ma la possibilità di poterne creare una propria
all'interno dello spazio dell'ex mercato è più allettante. Ad Eterea1, il
primo meeting delle televisioni di strada, organizzato da Teleorfeo a
94
Una settimana di installazioni artistiche, concerti, video e performance teatrali
95
La collaborazione con Alberto Grifi nasce dalla realizzazione del mediometraggio Komak di
Danilo Monte e Cristiano Zuccotti, fatta in collaborazione con altri elementi del Laboratorio delle
Attraazioni.
103
Bologna nello spazio del Teatro Polivalente Occupato il tavolo sulle
antenne, sugli impianti e sui costi, è tenuto da Maurizio Anselmo96 che
presenta un kit completo per la telestreet. Al gruppo sembra il contatto
giusto per procurarsi l'impianto per cominciare a trasmettere: si
presenta come una persona che ha da sempre lottato per la liberazione
delle frequenze televisive, anche sugli impianti di trasmissione via
cavo. Presi un po' dalla voglia di lanciarsi in questa avventura e
convinti che le credenziali dei fondatori di radio Alice facessero di
Anselmo un ottimo contatto per realizzare la televisione di strada, il
Laboratorio delle Attrazioni acquista un kit di trasmissione
personalizzato: un trasmettitore, un amplificatore di segnale da un
watt di potenza, distribuito su due antenne da mezzo watt ciascuna,
che sarebbero andate a coprire tutto il quartiere della bolognina.
L'acquisto costa ben 2000 euro al gruppo video, soldi che aveva messo
da parte con svariate iniziative di finanziamento. Non sembrano molti
soldi per la costituzione di una televisione: la scarsa competenza in
merito di attrezzature di trasmissione, in termini di qualità e prezzo dei
componenti da parte degli attrattori97, e il vedersi realizzato il sogno
di poter gestire una piccola emittente portano ad una affrettata
realizzazione del progetto: ad una prima visita della zona, Anselmo
trova un solo cono d'ombra sul quale poter trasmettere, la frequenza
uhf 68. Al momento dell'installazione dell'impianto, il cono d'ombra
trovato sembra coprire un'area piccola del quartiere per cui l'impianto
sarebbe stato inappropriato, ma comunque, in mancanza d'altro
Teleimmagini? comincia a trasmettere su quella frequenza. Dopo circa
un mese di trasmissioni, a Teleimmagini? arriva una chiamata da
96
Direttore di Challenger uno sudio progettazione e realizzazione sistemi avanzati
telecomunicazioni impianti di ricezione trasmissione via satellite, trasmettitori radio e tv broadcast
ponti radio e periferiche, sistemi di antenna a pannello e altro.
97
Così sono chiamati i componenti del Laboratorio delle attrazioni, una volta arrivati all' ex
mercato.
104
Teleorfeo: la frequenza di Telecity del circuito di Italia 7 nell'area
della bolognina risulta disturbata: chiedono l'immediata interruzione
dell'emittenza di Teleimmagini?, ritenuta la responsabile di tale
disturbo. In effetti la frequenza uhf 68 appartiene nell'area di Bologna
al network di Italia 7 e il cono d'ombra è generato da una impedenza
di un palazzo generando un’area inferiore ai 100 metri quadrati. La
stessa Teleorfeo che sfrutta un cono d’ombra del canale uhf 51 in
effetti, trasmette solo in una piccola porzione di via Rialto. La
soluzione incontrata non soddisfa il gruppo di Teleimmagini che si
trova davanti alla scelta di restituire l'impianto o trasmettere sulla
frequenza uhf 71. Le frequenze 70 e 71 appartengono allo stato e sono
state sempre riservate alle sovrastrutture militari: non tutti gli
apparecchi televisivi di uso domestico la raggiungono, anzi sono pochi
quelli dotati di un sintonizzatore in grado di ricevere fino a quella
frequenza. L'antenna è situata in una posizione favorevolissima, la
torre dell'ex mercato ortofrutticolo, una costruzione fascista, alta circa
35 metri. Il segnale sulle frequenze alte (70 e 71) sembra addirittura
riuscire a trasmettersi oltre le capacità standard di altre frequenze,
perché sono prive di altre interferenze. L'antenna risiede nello spazio
assegnato all'ex mercato: il rischio è di essere denunciati dalla polizia
postale per l'occupazione di una frequenza statale e non più un cono
d'ombra, ma Teleimmagini? vuole esistere e riprende le sue
trasmissioni dal canale 71.
Per colpa di questo incidente, Teleimmagini? non riesce a partire per il
22 febbraio, il D-Day delle telestreet, ma vi partecipa con un
contributo video contro la guerra, tema già deciso dal network ad
Eterea1 per il lancio. La struttura tecnica per la trasmissione di
contenuti dell’emittente della bolognina, consiste in un computer
collegato al trasmettitore. Se infatti molte telestreet nate fino a quel
105
momento, trasmettono dei nastri di 2,3 ore al giorno, Teleimmagini? si
presenta da subito come modello di net-telestreet: un connettore tra
l’etere e la rete: infatti grazie all’ampio archivio di materiale presente
in rete grazie a Ngvision e altri progetti di archivio di materiale video
digitalizzato, si può da subito garantire un palinsesto continuato di 24
ore, tramite un software libero come vlc98: un lettore di qualsiasi tipo
di video, capace di programmare delle playlist in grado di riprodurre
contenuti video per diverse ore, all’infinito, con un ordinamento
casuale. Con il tempo, l’archivio video di Teleimmagini si è ampliato:
grazie ad un lavoro di digitalizzazione dei materiali video autoprodotti
su supporti analogici, la continua ricerca in rete di altre fonti, le
crescenti produzioni di video del gruppo e del network intero e la
decisione di mandare filmati coperti dal copyright, ma che non
trovano una distribuzione nel territorio nazionale, a causa dello scarso
interesse economico a riguardo, come i film appartenenti al cinema
Africano e Asiatico, i documentari indipendenti o non considerati
dalla distribuzione nazionale.
4.2 Il territorio mediatattico della bolognina
Le relazioni in uno spazio sociale in cui coabitano altri laboratori,
sono fondamentali, se non obbligate, soprattutto per un progetto che si
occupa di comunicazione.
Per quanto riguarda la politica del quartiere e della città, le relazioni
con la Libera Università Contropiani, un laboratorio sociale presente
all’interno dello spazio, offrono grandi collaborazioni per produrre
98
Videolan client, www.videolan.org . un progetto di software opensource per la lettura di video,
portato avanti dalla comunità di programmatori di software libero. Durante l’ hackmeeting di
genova del 2004, alcuni hackers del’hacklab di Bologna, partecipanti al progetto Teleimmagini?,
hanno discusso con i programmatori circa le possibilità tecniche dello streaming video.
106
informazione in modo indipendente, con l’aiuto di personalità che si
occupano direttamente delle questioni territoriali. Lo spazio sociale
dell’ex mercato ad esempio, si trova in un area di grande interesse per
l’amministrazione comunale, sia di centro destra che di centro sinistra.
L’enorme area adiacente allo spazio sociale e l‘ex mercato stesso, è al
centro di un gioco di interessi tra le ferrovie italiane, il comune e
l’azienda di trasporto municipale di Bologna. I progetti in merito sono
grandi costruzioni e nuove vie e snodi di comunicazione ferroviarie,
ma l’informazione a riguardo nel quartiere è decisamente scarsa. Gli
abitanti adiacenti a quell’area si lamentano del rumore di alcuni
concerti serali, non sapendo che l’alternativa sarà un susseguirsi di
treni ad alta velocità, metropolitani, una nuova via di comunicazione e
grandi edifici di cemento. Il "lavoro" della televisione è stato quello di
cominciare a fare un lavoro di indagine condotta dalla Libera
Università Contropiani, sondando nel territorio le opinioni della gente
e portando avanti un progetto di documentazione, attraverso interviste
agli abitanti e seguendo il lavoro di ricerca del gruppo dei Celestini. Si
sta portando avanti un lungo lavoro di documentazione per la
creazione di un prodotto video da far girare presso tutti gli spazi
pubblici della zona. L’informazione diretta con il quartiere purtroppo
non è facile: la difficoltà per la maggior parte degli apparecchi di
raggiungere il canale uhf 71, limita molto il potenziale delle
trasmissioni. Alcuni tentativi di distribuzione di informazione cartacea
su come sintonizzarsi sul canale di Teleimmagini? non hanno ottenuto
il feedback desiderato: la maggior parte del pubblico che segua da
casa le trasmissioni, hanno avuto un contatto diretto con il centro
dell’ex-mercato, anche se si propone poi il problema della
sintonizzazione televisiva. E anche le proiezioni pubbliche fatte all’ex
mercato, coinvolgono solo una parte di pubblico non residente, per la
107
maggior parte studenti, lavoratori precari, immigrati, che difficilmente
si interessano dei progetti futuri riguardanti l’area, ma che trova
interessante la televisione, come nodo locale di una rete di
distribuzione di materiali video indipendenti e non, provenienti da
tutto il mondo.
E’ infatti grazie alla collaborazione con l’hacklab sottostante il
soppalco/sede di Teleimmagini? che si è portato avanti il progetto di
indivia.net99, un server indipendente, installato in casa di alcune
frequentatrici dello spazio dell’ex-mercato, che hanno messo a
disposizione il loro collegamento internet registrato con la rete
Acantho100, che offre la disponibilità tecnica di installare un server
statico visibile da tutta la rete. Appoggiandosi su questo server, sono
stati inserite tutte le produzioni video della televisione e un sito
informativo, diventando una vetrina permanente di distribuzione dei
materiali video in tutto il mondo. E’ infatti così che addirittura da 2
parti dell’Argentina, sono stati scaricati e ridistribuiti i video di
Teleimmagini? dalle tv piquetere di Buenos Aires e Rosario.
Tecnicamente la collaborazione con indivia va avanti. Attraverso una
console tecnica gestita da computer con sistemi operativi Gnu/open
source, sviluppando un codice di programmazione che lo permetta, ci
sarebbe la possibilità tecnica di sviluppare un sistema di gestione del
palinsesto remoto, offrendo la possibilità di organizzare un palinsesto
attraverso un qualsiasi computer collegato in rete. Al momento le
99
iNDivia e' uno spazio virtuale di progetti legati alla condivisione dei saperi e delle
esperienze.”Un nodo di un server piu' vicino al concetto di rete, con una struttura capace di
annetterne altre in una in cui si offrano servizi (ftp, http, smtp, pop, stream ecc), fisicamente
dislocati in diverse macchine, gestiti da diverse persone, con una infrastruttura di tunneling capace
di aggirare i problemi legati all'ip pubblico, al NATing, al filtraggio ,basati sulla capacita' di
autoorganizzazione di chi partecipa”. (dal manifesto di Indivia)
100
Achanto è un provider Internet la cui rete in fibra ottica era stata costruita e successivamente
venduta dal comune. Offre la possibilità di avere un ip statico per impiantare server come Indivia,
e di essere visto da tutta la rete mondiale. Il servizio non viene più fornito ad abitazioni private in
seguito a degli accordi avuti con la società Fastweb.
108
possibilità di offrire un segnale di streaming video non ci sono: la
banda è troppo bassa per permettere una ricezione multipla di uno
stream-data e, concretamente sarebbe possibile solo attraverso il
pagamento del servizio del provider, ancora decisamente alto e
affrettato per una situazione nazionale in cui la banda larga non è
ancora ampiamente diffusa. Attualmente la disponibilità di banda per
streammare un segnale video da parte del network è offerta dal server
olandese di Montevideo.nl, che si è sempre rivelato disponibile nel
soddisfare i bisogni comunicativi di vari eventi del movimento
internazionale101.
Teleimmagini? un po’ penalizzata dalla difficile reperibilità della
frequenza, un po’ attratta dalle possibilità della banda larga, è da
sempre orientata verso una comunicazione video capillare possibile
grazie alla rete.
Teleimmagini? ha da subito iniziato a trasmettere per 24 ore grazie
soprattutto allìampio archivio di filmati digitalizzati presente in rete
come Ngvision.
NGV e' un progetto che si propone di creare una rete di canali video
online indipendenti e a costo minimo. Si sviluppa basandosi sulla
collaborazione di persone che lavorano in rete e dalla rete partono per
l'organizzazione del lavoro, la condivisione di conoscenze e risorse, la
diffusione dei saperi necessari alla prosecuzione del progetto e alla
veicolazione delle informazioni. Video in qualità vhs da fruire
localmente attraverso il pc o da riversare su nastro o su cd. I contenuti
devono poter essere espressi dal movimento, dalle coscienze critiche,
da chi produce cultura e informazione in maniera libera.
101
Tra cui lo streaming video dal controvertice di Evian in svizzera, in contrapposizione al vertice
del WTO, dal WSIS di Ginevra, il meeting mondiale sulla libera circolazione delle informazioni, il
meeting di Eterea 2, e ancora il canale informativo in occasione dell’Euromayday, la
manifestazione europea del primo Maggio.
109
“Gli strumenti che attualmente utilizziamo, quelli che abbiamo
costruito nel tempo e quelli che abbiamo trovato disponibili non sono
ne' sufficienti ne' adeguati: la consapevolezza comune e' che ci
troviamo quotidianamente sotto la pressione di un sistema informativo
potente e pervasivo che mira esclusivamente al condizionamento del
consenso e al sostegno politico.
Riteniamo che l'informazione sia altro: per combattere questo e'
necessario implementare l'efficacia degli strumenti che siamo in grado
di gestire direttamente e/o creare rapidamente. Sulla base delle nostre
conoscenze ed esperienze, intendiamo realizzare nuovi efficienti
media cosi' come e' già stato fatto in questi anni in differenti realtà
collettive”102.
NGV si basa sull'uso di tecnologie e software di pubblico dominio che
permettono di scaricare o pubblicare video.
Nel primo caso si presuppone l'uso di programmi di file sharing e si
richiede di mantenere i video in linea di modo che abbiano massima
visibiltà nei diversi circuiti share. Nell'archivio sono indicati circuiti e
server che vanno puntati. La presenza sulla rete di tutti i titoli
dell'archivio e' garantita dai server ftp riservati.
La collaborazione col progetto di Ngvision da parte di Teleimmagini?
non è soltanto di produzione di alcuni contenuti, ma anche di
archiviazione e compressione dei materiali raccolti attraverso il diretto
contatto con soggetti che si presentano direttamente nella sede
portando le loro produzioni, la presenza di un hard disk con dei
materiali dei video scaricabili all’interno del server ftpc di Indivia e la
promozione dello strumento, rivolta a tutte le telestreet che si
affacciano nel network.
Nella rete, sono presenti anche altri progetti simili:
102
Materiale tratto dal documento collettivo di presentazione del progetto di NGVision.
110
Archive.org non è solo archivio e distribuzione video ma anche di
testi,
siti
offline
e
immagini.
E’
un
progetto
pioniere
nell’archiviazione e distribuzione e fra le altre cose raccoglie tutti i
video
dell’archivio
prelinger
(spot
educativi
e
pubblicitari
dell’America degli anni 50) che vengono distribuiti in quanto
“dominio pubblico”.
Archive.org usa un sistema che si chiama Freecache per la
distribuzione, piuttosto che il bitTorrent o altri sistemi p2p
semplicemente perché Freecache garantisce la permanenza del file.
Ma progetti come V2V103 focalizzano la loro funzione sulla
distribuzione e non sull'archiviazione per questo si affidano quasi
esclusivamente a sistemi p2p. Tali sistemi favoriscono una
distribuzione decentrata utilizzando la banda di ogni utente connesso,
bitTorrent in particolare sfrutta la banda in upload inutilizzata di ogni
client per farlo diventare immediatamente risorsa per altri clients.
V2V e NGV si basano su un’architettura di servers: il video viene
uploadato via ftp su un server di raccolta, contemporaneamente
l’utente compila i metadata (le informazioni che descrivono il video)
tramite una webform: gli altri servers si aggiornano automaticamente
con i nuovi video e i relativi metadata inserendoli in reti p2p. Una
volta che il processo di aggiornamento è completo vengono
ricompilati anche i file RSS/RDF (generati dal web server): file XML
che chiunque può inserire nel proprio sito web, decentralizzando così
l’accesso alle risorse d’archivio.
L’obiettivo dei network di distribuzione non è solo quello di
distribuire materiale utili per la messa in onda o per le proiezioni, ma
anche materiale di base per nuovi montaggi collettivi come nel caso
delle manifestazioni contro la guerra del 15 febbraio 2003.
103
Server tedesco, sviluppato dal network contiguo al progetto di Indymedia Germaina.
111
Archive.org distribuisce alcuni dei propri video in qualità mpeg per
ulteriori montaggi mentre V2V nasce proprio con l’intenzione di
distribuire immagini in movimento fra i videomakers del mondo. Per
raggiungere questo obiettivo gli sviluppatori di V2V ritengono che sia
anche necessario l'utilizzo di un algoritmo di compressione audiovideo (codec) all'interno di un formato (.mov, .avi, etc.) che sia
utilizzabile su qualunque piattaforma (linux, windows, mac, ..) e che
sia software libero e non proprietario. Gli sviluppatori del V2V stanno
aspettando l'avvento del codec di compressione OGG THEORA e per
ora il codec utilizzato è il vp3.
Teleimmagini? un po’ penalizzata dalla difficile reperibilità della
frequenza, un po’ attratta dalle possibilità della banda larga, è da
sempre orientata verso una comunicazione video capillare possibile
grazie alla rete: la maggiore accessibilità alle tecnologie, insieme ad
una maggiore consapevolezza delle possibilità espressive, favorisce la
mutazione del consumatore in produttore. Il consumatore, seguendo il
suo naturale istinto al consumo, impara a sviluppare competenze che,
se da una parte possono consentirgli di recuperare tutte le puntate dei
suoi telefilm preferiti, o le ultime produzioni hollywoodiane
disponibili su internet e comodamente scaricabili da casa propria,
d'altra parte lo introducono a networks dove non circolano solo
materiali piratati ma anche produzioni indipendenti appartenenti a
circuiti alternativi a quelli commerciali.
Il gruppo di Teleimmagini? si trova nella doppia condizione di
produttore/autore di materiali video e distributore, attraverso l’etere, la
rete e le proiezioni dirette organizzate nello spazio sociale. Da sempre
cerca di promuovere le nuove licenze Creative commons, che
consistono in una concreta e efficace alternativa alla privatizzazione
dei saperi del copyright e dei brevetti informatici.
112
Lo slogan “contro il copyright” fece le sue prime apparizioni nelle
fanzine autoprodotte della fine degli anni ’80. L’industria della musica
era nel pieno di una campagna antipirateria al grido di “chi duplica
cassette uccide la musica”, quello che dicono oggi in sostanza, contro
chi duplica altri supporti o condivide materiale in rete. Già qualche
anno prima i programmatori liberi104 passavano dal rifiuto alla
sovversione delle leggi sul copyright, e sperimentavano la General
Public License elaborata dal progetto GNU. Una licenza che restituiva
agli utenti le libertà negate dal copyright e imponeva a chi lavorava su
quel codice di rendere a sua volta disponibile il codice sorgente. E’
questa la proprietà che dona qualità “virali” alla licenza copyleft. Le
licenze proteggono l’utente da eventuali azioni legali, purché rispetti i
termini e le condizioni della licenza stessa, senza dover contattare
“l’autore”. Chiunque è libero di riutilizzare il codice, se rende
disponibile a tutti qualunque sua modifica e miglioramento. Dopo la
messa a punto finale del sistema operativo GNU/Linux nel 1992, la
fama della GPL si è rapidamente diffusa dando vita a diverse
imitazioni al di là del software. Artisti, scrittori, musicisti e filmmakers hanno creato una babele di licenze che garantivano agli utenti
quei diritti che gli erano stati espropriati dalle leggi sul copyright in
continua espansione. Queste licenze erano in contraddizione tra loro e
nessuna riusciva a raccogliere intorno a sé una comunità abbastanza
grande da dare vita a un movimento come quello sul free software.
Questo non sorprendeva, perché i testi, la musica e i video hanno
caratteristiche proprie e non possono essere trattati come il software.
Ma la GPL aveva insegnato qualcosa: mettendo in comune le cose si
poteva cambiare il modo di produrre software, costruire l’unica vera
opposizione al monopolio della Microsoft e porre fine al continuo
104
Gli hackers, poi etichettati dalle grandi aziende produttrici di software come pirati informatici.
113
furto di sapere a danno dei programmatori, tramite contratti di
assunzione che davano alle aziende l’esclusiva sul prodotto finale.
Le Creative Commons sono disegnate intorno a quest’idea di libertà di
cultura. Non sono le prime pensate a questo scopo, ma grazie alla
sponsorizzazione di Larry Lessig e di altri indignati dalla continua
espansione del copyright, hanno presto affermato il loro successo. Il
cuore del progetto è un software che elabora licenze personalizzate
sulla base delle risposte a tre domande: Il produttore vuole comunque
associare il proprio nome all’opera (“attribuzione”)? L’opera è messa
a disposizione per qualunque tipo di riutilizzo o solo per attività noncommerciali? Si possono creare opere derivate, e se sì a quali
condizioni? Mai? Sempre? Solo se l’opera derivata sarà a sua volta
condivisa?
Nell’applicazione delle licenze CC sono emerse due concezioni
divergenti e in contrasto tra loro. La prima fa delle licenze uno
strumento per garantire l’accesso. Le “commons” a cui aspira questo
modello sono basate esclusivamente sul consumo: si concede una
ricezione universale, ma tutti gli altri diritti (di controllo sul contesto e
di riutilizzo) restano esclusivi. E’ permesso solo l’uso noncommerciale e non è permessa alcuna opera derivata, perché si vuole
proteggere l’integrità del testo o del video (per prevenirne una
rappresentazione distorta).
La seconda concezione si basa sulla possibilità di immagazzinare una
grande quantità di materiali per il cui utilizzo non servano permessi. I
timori di appropriazione commerciale vengono messi da parte nella
speranza di insinuarsi nel mainstream e contaminarlo, ed è quindi
permessa anche l’integrazione in opere commerciali. Ma tutti i
derivati devono essere a loro volta messi a disposizione per altri
114
utilizzi: è la GPL per la cultura e si basa sulla clausola sharealike: il
materiale derivato da video condivisi, ne mantiene la conivisibilità.
“Emerge così il potenziale di una base di materiali grezzi che possono
essere continuamente rielaborati, migliorati e sfruttati per tanti motivi,
compreso quello di guadagnarsi da vivere. A chi dà i contributi viene
assicurato che nessuno si approprierà “unilateralmente” di quell’opera.
Le opere successive, ereditarie della clausola sharealike, diventano un
patrimonio collettivo e una forma di reddito indiretto, come i trasporti
gratuiti, la casa e l’accesso alla formazione. In una fase di
precarizzazione generalizzata e di vincoli alla libertà di espressione, si
tratta di un raro strumento di garanzia”105.
Il successo della GPL non si è fondato solo sulla forza legale. I suoi
scopi erano semplici e la licenza forniva alla gente un modo chiaro per
condividere con altri il proprio lavoro, senza il timore di essere
derubati. In questo senso la licenza è un mezzo di per sé, e permette di
creare una comunità intorno alla quale possono riunirsi altri che
condividono un’idea dissidente di produzione. Le due diverse
concezioni delle CC rendono tutto questo più difficile. Questa
tensione mina alla base il loro potere di mobilitazione: non può
esistere una comunità di Creative Commons dove il 75% dei suoi
membri detta condizioni che non aiutano la creatività e non danno
accesso a quelle risorse di auto-sussistenza economica a cui il termine
“commons” fa orgoglioso riferimento. La condizione di noncommercialità relega a una dimensione privata il confronto sul
problema del reddito.
Il video è una sistema i cui costi sono stati storicamente alti a causa
delle spese di viaggio e di riprese. Sistemi di condivisione video come
105
Dal documento collettivo riguardo la comunicazione indiperndente del Festival del Precariato
di Incontrotempo, di fine settembre a Roma.
115
V2V e New Global Vision offrono un diverso modello di produzione
per l’audiovisivo, ma non sfrutteranno mai a pieno il loro potenziale
(condividere il girato su scala globale, fare interviste gli uni per gli
altri, rimescolare le narrazioni) finché non emergeranno chiare e
condivise regole su come gestire la cooperazione. Costruire vere
commons significa costruire e mettere al sicuro un archivio condiviso
di materiali. E’ questa la chiave che permette alle telestreet di lavorare
come un soggetto di broadcasting. Trasformerà la produzione
audiovisiva nello stesso modo in cui la GPL ha trasformato il
software? Lo vedremo col tempo, ma per lanciarsi nell’avventura
bisogna correre il rischio di abbandonare ogni velleità di controllo. Per
il reddito garantito e le nuove licenze.
4.3 Il linguaggio di Teleimmagini?
Consapevoli delle innumerevoli potenzialità del medium video, i
Teleimmaginoidi106 giocano con la sua natura metamorfica, facendo
del palinsesto un grande “blob” e distruggendo le barriere che
delineano i generi linguistici del video, attraverso le loro produzioni.
Oggi il video ha inglobato la quasi totalità degli altri linguaggi, è un
modo di comunicare, con svariate specificità tecniche che lo
caratterizzano che gli permettono di sfondare le barriere di qualsiasi
genere precedentemente etichettato; il campo di comunicazione è
infinito, paragonabile alle conoscenze. Un video scientifico può essere
pedagogico come sperimentale, inteso come sperimentazione fisica
dell’ottica meccanica o del campo visivo celebrale umano. Il video
artistico è l’espressione personale delle sensazioni dell’autore tradotte
106
Questo è il termine usato tra i collettivi bolognesi per indicare un componente del gruppo della
televisione dentro l’ex-mercato
116
secondo il codice del mezzo, oppure una trasfigurazione sullo schermo
video dell’operato di un artista. Il video può essere individuale o
collettivo, avere un valore di documento, o esplorazione creativa della
realtà in tutte le sue possibili variabili; ingloba nella sua forma le
modalità cognitive dell’essere contemporaneo.
Il video digitale è plasmabile quasi quanto l’immaginazione umana,
con la differenza di ore e ore di attesa di renderizzazione e un suo
limite è identificabile con il numero dei pixel: l’immagine digitale si
può scomporre fino alla sua natura primaria di codice binario, di
infinita serie di 0 e 1, privandosi quindi della sua ontologicità: diventa
riproducibile all’infinito e solo grazie a questa sua classificazione
punto-punto, può essere trasformata secondo l’istinto immaginativo
dell’autore, senza troppe limitazioni, se non di tempo o di conoscenze
del software e dell’hardware utilizzato107. Il computer ha creato un
tipo nuovo scambio tra il mondo esterno e l’interno del nostro io. Le
strutture tecniche odierne dell’alto grado di disinformazione del paese,
mostrando immagini della realtà censurata dal mainstream o di un
certo grado di surrealtà che lascino spazio all’immaginario dello
spettatore, fuori da un certo canone di restrizione contenutistico o non
conducibili a fini consumistici. Sfruttando i mezzi a disposizione,
l’espressione creativa si orienta verso la costruzione di nuovi
immaginari, nuovi linguaggi e nuove vie di comunicazione: il
linguaggio video mainstream è labile. Il flusso magico di immagini e
suoni del villaggio globale può essere interrotto continuamente con
richiami alla realtà che reclamano uno spettatore attivo, non più rapito
da un mondo ricreato, ma conscio del significato di una informazione
117
video, delle capacità deformanti la realtà e dei codici di veridicità
alterati.
Il fare video è una pratica ludica, volta alla sperimentazione delle
molteplici possibilità del linguaggio, libera da fini commerciali o altri:
è
espressione
di
sensazioni
provate
ricreate
attraverso
le
strumentazioni tecnologiche, esternazione di un pensiero logico
tradotto in segnali audio video, rappresentazione di una realtà vissuta
e riproposta secondo le specifiche di riproducibilità fedele al reale.
Solo in seguito ad un lavoro critico del videocomunicare, si possono
fondare delle basi strutturali di un linguaggio conscio del proprio
mezzo, situato al confine delle proprietà, volto all’abbattimento di
queste barriere verso un ribaltamento del medium.
Lo scopo di Teleimmagini? non è di fare una televisione “bella” ma di
distruggerne l’idea. La pratica audiovisiva non viene intaccata dalla
logica della trasmissione ma da quella dell’interazione, a partire dalle
dinamiche che si sviluppano fra il gruppo e la realtà ripresa, fino al
percorso spaziale semantico. Lo scopo non è solo quello di produrre
contenuti in quanto motori di emozioni, identità, ma soprattutto quello
di divenire promotori di un processo sempre aperto di comunicazione
e aggregazione.
Il palinsesto è una forma di linguaggio video adottata da
Teleimmagini? come riconquista di una sua dimensione pubblica,
quella che ha scandito i nuovi ritmi della giornata delle persone. Un
rinnovamento della televisione dal punto di vista del palinsesto viene
attuato da un quasi continuo, ma casuale, ripetersi di filmati video, per
far si che lo spettatore possa costruirsi la giornata e pensare al mezzo
televisivo come un qualcosa che possa accompagnare le azioni di tutti
i giorni, senza dover scandirne i ritmi: attraverso una negazione del
mezzo come finora l’abbiamo conosciuto, non si attua un processo per
118
rinnovarla, ma per farla rinascere, ridisegnandole un nuovo ruolo
adattato ad una visione contemporanea della società. La diretta,
elemento di fondamentale importanza nello sviluppo del mezzo
televisivo, che illude lo spettatore a partecipare ad un evento,
rimanendo nella istanza di fruitore passivo infossato in una poltrona o
un divano, è utilizzata in maniera da rivoluzionarne il concetto. Agisce
come un disturbo, quando si deve ridisegnare una playlist
contenutistica, intervenendo nel palinsesto come momento di pausa
silenziosa, riproponendo la vista di una telecamera fissa verso un
punto o agitata da un movimento scordinato ed irregolare, ricreando
un momento di noia reale, attuando un gap linguistico elevato, che
riporta la fruizione televisiva dello spettatore verso un linguaggio
televisivo primitivo perché privo di qualsiasi artificio del mezzo,
mirato ad una consapevolezza da parte del fruitore di cosa è la
televisione e l’universo immaginario ricreato all’interno dello
schermo. Ma può avere anche un valore informativo dell’immediato
presente, attraverso un gioco di linguaggio multimediale: la fruizione
dello spettatore della diretta dal controvertice di Evian in occasione
del WTO, è avvenuta grazie ad un linguaggio multimediale, dove la
diretta video era presente come uno schermo nello schermo, per
estrapolarla dalla realtà televisiva dello schermo intero, inserita in un
contenuto visivo formato da parole scritte, prese dalle pagine in
aggiornamento costante del sito di Indymedia Italia e da un
contruibuto audio diretto dallo studio, generato dalla contemporanea
fruizione video del segnale trasemesso. “Un palinsesto performativo,
dunque perché incarna la concezione artistica di performance, di
opera-evento che si significa nel suo svolgersi, nella sua
processualità”108.
108
Dall’intervento di Tai,, per il materiale cartaceo di presentazione ad Eterea2
119
Le produzioni del gruppo video, escono dai generi e creano nuove
istanze del linguaggio di trasmissione dei contenuti, proprio del
medium. Nascono da esperienze dirette, situazioni ed eventi vissuti o
volontà di espressione comunicativa con un’impronta documentativa
propria della presa sul reale permettono di sviluppare un prodotto
secondo una creatività individuale, capace di produrre opere
autoreferenziali, ma allo stesso tempo le strutture comunicative hanno
facilitato le dinamiche strutturali di produzioni collettive.
Un segnale audio video, prodotto individuale può trovare spazio e
integrazione con altri prodotti simili, agendo come segmento partecipe
di un progetto analogo ma più complesso: collettivo. Grazie alla rete
ognuno può produrre e diffondere la propria clip, collaborando a
quell’insieme in continua trasformazione di movimento di immagini,
di cui tutti possono essere contemporaneamente emittenti e riceventi.
Su queste potenzialità offerte dal digitale si basano i lavori e la
“poetica” di Teleimmagini?: il linguaggio è individuale, attribuibile ad
un autore singolo, un singolo componente del gruppo, che si cela
dietro il nome collettivo della televisione, collettivo, quando più
segmenti vengono assemblati assieme anche in maniera non lineare o
quando la lavorazione del prodotto è frutto di un gioco di squadra.
L’assemblaggio di oggetti audio video attingendo da elementi
preesistenti come pratica, esisteva già con i media analogici, ma la
tecnologia del digitale, attraverso un processo di semplificazione di
realizzazione l’ha ulteriormente standardizzato. L’uso di materiale
coperto da diritti autoriali, ha anche la valenza politica di una volontà
di liberazione dei materiali, verso una “condivisione dei saperi per non
fondare poteri”109. Tutte le potenzialità offerte dai nuovi mezzi di
produzione video possono generare un senso di smarrimento
109
Frase “motto” di copydown.org un sito che porta avanti le tematiche e le pratiche a riguardo.
120
all’interno della incommensurabile offerta di combinazioni stilistiche,
interpretative di un pensare video innato, per le generazioni che hanno
avuto luce dopo l’avvento del mezzo televisivo. Il confine dello
schermo può essere superato in profondità attraverso immagini
dinamiche composte da più livelli video, finestre che ricreano nuovi
schermi all’interno di porzioni del territorio plasmabile originario, il
montaggio esce dal ritmo umano-analogico, diventando scomponibile
fino a grandezze temporali di un frame.
“Genesi, la premessa: da una parte invasione e monopolio glaciale,
invadente e soffocante. Una forzata staticità del pensiero e un silenzio
bugiardo per sopire la mente. Dall’altra la necessità, il sogno, il
desiderio, il divertimento”110.
Il linguaggio videoattivista di Teleimmagini? prende forma da una
pratica
autogestita
del
media,
contro
l’omologazione
e
la
falsificazione della cultura, rivendicando un passato di passiva
fruizione televisiva.
110
Dall’intervento di Arlan, per il materiale cartaceo di presentazione ad Eterea2
121
Conclusioni
Teleimmagini è una struttura aperta a chiunque voglia fare televisione
per passione. Il fine è ludico nelle sperimentazioni comunicative, è di
informazione diretta e dal basso, di servizio attraverso la funzionalità
del mezzo, intesa come possibilità comunicative a disposizione. La
struttura orizzontale comporta anche ad un possibile continuo mutare
della temporanea redazione: una televisione a cui non ci si affeziona
ma che si può vivere attraverso una pratica attiva, per una
consapevolezza che miri ad un rifiuto sempre maggiore di una
fruizione passiva.
122
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