Le parole-chiave della Pedagogia Interculturale Temi e problemi nella società multiculturale volume a cura di M. Catarci & E. Macinai Parte I Cultura, società multiculturale e pedagogia interculturale. Un’introduzione ai concetti preliminari • 10 parole chiave … – diritti umani, integrazione, postcoloniale, razzismo, etnocentrismo, dialogo, genere, infanzia, adolescenza, minori stranieri non accompagnati. – Tra idee & pregiudizi; – pratiche, azioni e relazioni – Trasversalità dell’approccio • … e una premessa: – Edward Burnett Tylor, «la cultura, o civiltà intesa nel suo ampio senso etnografico, è quell’insieme complesso che include la conoscenza, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo quale membro di una società» (E.B. Tylor, 1871). Punti di avvio… • Il multiculturalismo e il modello multiculturale (Anni ‘80) vs l’universalismo. • Alcuni principi epistemologici: – La realtà – costituita dagli attori sociali e dalle loro interpretazioni e descrizioni – La verità – dipende dall’accordo intersoggettivo all’interno di un gruppo – La conoscenza – è intersoggettiva e si apre il dibattito sulle scienze – Il linguaggio – contribuisce a costruire il mondo, in contatto con altri mondi (anche discordanti) Al centro del pensiero • Universalismo: visione etnocentrica del mondo – “la cultura a cui si appartiene è l’unica giusta e vera e andrebbe diffusa in tutti i luoghi” (Portera, 2013, 30) • Multiculturalismo: tracce di idealismo (il mondo sempre in discussione) e di relativismo culturale. Il modello interculturale… • Prende avvio nell’ambito della riflessione pedagogica (fine anni ‘70 – Porcher, AbdallahPretceille e Consiglio d’Europa) • Punto nevralgico: “l’apertura all’altro diviene un elemento essenziale di ogni pratica pedagogica” (Portera, 2012, 31) Il modello interculturale… • Pretceille definisce i tre assi fondamentali dell’ intercultura: • 1. asse soggettività-intersoggettività: cultura in movimento (confini porosi, portatori di culture). • 2. asse identità-alterità: dialettica io-altro, considerare l’importanza dell’altro non in opposizione ma nell’interferenza con l’io. L’identità assume dinamicità e pluralità, momento di incontro. • 3. asse differenza-universalità: identità definita nella dialettica io-altro e in relazione alla differenza (che può creare timore, conflitto…ma attenzione all’indifferenza-universalismo). Relazione e interazione tra le culture che esprimono lo stesso reale. Il discorso pedagogico1 interculturale • “…non s’inscrive dentro una visione culturalista o deterministica, ma prende atto della complessità; • supera l’incomunicabilità del relativismo culturale; • presuppone la dimensione culturale come parte integrante di ogni riflessione e modalità d’intervento; • integra l’etnocentrismo come variabile costante; • si riferisce sempre a un’azione, un intervento; • considera criticamente i termini di etnia, cultura nazione e identità”. (Portera, 2013, 37) 1Il discorso pedagogico • L’indagine sulla natura e sulle prerogative dell’uomo costituisce il capitolo della Pedagogia antropologia pedagogica. Le modalità teoretica attraverso le quali il soggetto va trattato, rispettando la sua natura e le sue prerogative, costituiscono il capitolo della metodologia educativa e l’individuazione dei fini coessenziali al perfetto dispiegarsi dei poteri umani costituisce quello della teleologia pedagogica. Aspetto pragmatico Alcune chiarificazioni… • Educazione metaculturale: metacultura – una cultura al di là della cultura o riflettere teoricamente sulla cultura. “Ma non è possibile educare senza tenere conto della realtà culturale…” (Portera, 2012, 40) • Transcultura: qualcosa che attraversa la cultura, comune a tutti gli uomini. Riflessione sull’educativo che trascende la particolarità e individuazione di elementi universali. Il rischio che si corre è di trascurare le sfumature… Alcune chiarificazioni… • Pedagogia multiculturale: rimanda alla pluricultura e alle compresenze, differenze tra le differenti culture e riconoscimento-rispetto dell’altro. Il rischio che si corre è di definire le culture in maniera rigida e statica (monolitica). – “La pedagogia non può limitarsi a proporre degli interventi a carattere prettamente descrittivo, promuovendo una convivenza, più o meno pacifica, le une accanto alle altre, tipo «condominio» di persone diverse che, pur vivendo in un medesimo ambiente, non hanno l’opportunità di dialogare, di interagire, di influire le une sulle altre” (Portera, 2013, 42) La pedagogia interculturale • È una visione rivoluzionaria perché: – Identità e cultura sono intesi in maniera dinamica; – L’alterità, l’emigrazione, la vita in società complessa e multiculturale diventano opportunità di arricchimento – Si avviano possibilità di dialogo, confronto e interazione – PREFISSO INTER – scambio. – Società multiculturali ma interventi educativi interculturali: al centro “la persona umana nella propria interezza, a prescindere da nazionalità, lingua, cultura o religione di appartenenza” (Portera, 2013, 43) Gli aspetti rivoluzionari… • INTER – scambio, interazione, messa in gioco tra le culture (riconoscimento dei valori e della diversità) • Dinamicità delle singole culture e delle identità, riconoscimento delle risorse e delle opportunità (crescita personale e sociale) • Una nuova forma mentis alla base delle dinamiche relazionali • Multicultura della società in movimento per arrivare a intercultura (dalla descrizione alla progettazione) • Educazione o pedagogia interculturale (perché legate all’azione. (Portera, 2013, 43-44) Prospettive autentiche di educazione interculturale • Esigono che: – “venga realizzata una efficace promozione del dialogo e del confronto tra le culture per l’intera popolazione scolastica e per tutti i livelli del processo di insegnamento-apprendimento: nell’insegnamento, nei curricoli, nella didattica, nelle discipline, nelle relazioni e nella vita della classe. In questo senso, l’approccio interculturale impone di non limitarsi a mere strategie di integrazione dei soggetti stranieri, ma di assumere la diversità come paradigma educativo, nonché come occasione per valorizzare tutte le differenze” (Catarci &Macinai, 2015, 9) 1. Diritti umani Fondamento e orizzonte dell’educazione interculturale Emiliano Macinai • «Nella società democratica multiculturale, l’educazione o è interculturale o non è affatto educazione» (13) • «L’interculturalità assume in questa prospettiva il senso di un progetto pedagogico che chiama in causa l’intera società, nelle sue agenzie e nelle sue istituzioni, a partire da quelle educative, poiché è nella dimensione della vita collettiva che tali opportunità possono essere realizzate e colte» (13) Fondamenta • La dignità umana si esprime attraverso condizioni di vita che garantiscano all’uomo di potersi dire e riconoscere come degno di essere vivo; • Idiritti fondamentali che esprimono i bisogni elementari dell’uomo sono i cosiddetti diritti di seconda generazione. • Storicamente, vengono individuati per secondi rispetto alle libertà civili; concretamente, sul piano esistenziale, li precedono e sono primari rispetto a quelle. – i diritti di prima generazione sono espressi nella forma di libertà positive (libertà di: dire, pensare, agire), – i diritti di seconda generazione sono espressi attraverso libertà negative (libertà da: dal bisogno, dalla sofferenza, dalla paura, dalla precarietà): diritto alla vita, all’alimentazione, alla salute, all’istruzione, al lavoro, alla protezione dallo sfruttamento e dalla violenza. (14) Fondamenta • «Quando la traduzione di bisogni individuali in diritti generali è capace di suscitare un moto collettivo, allora l’idea dei diritti incontra un consenso convinto perché alimentato non tanto dalla razionalità e dal rigore di un’argomentazione logica, bensì dal sentimento e dall’empatia» (16) Cfr. L. Hunt, La forza dell’empatia. Una storia dei diritti dell’uomo, Laterza, Roma-Bari 2010. Fondamenta Fondamenta • «La domanda che il secolo XX ha dovuto pertanto affrontare è : i diritti umani fondamentali come possono essere chiamati universali se sono storicamente relativi? • E ancora: è possibile trovare un fondamento saldo a un’idea che nella storia e nel presente ha visto costantemente mutare il proprio contenuto e il proprio significato?» (18) • LA QUESTIONE APERTA DELL’UNIVERSALITÀ E DELLA STORICITÀ Dal fondamento alla realizzazione • «L’orizzonte di diritti che il Novecento consegna al terzo millennio è quello di un’umanità planetaria, ricca in differenza culturale e tuttavia, o proprio in virtù di questo, capace di individuare ragioni valide per la costruzione del dialogo sopra una piattaforma condivisa da cui orientare il destino della convivenza nel mondo: i valori di giustizia e libertà, dignità e autonomia, sicurezza e solidarietà si caricano di significati ricchi e vari e diventano patrimonio umano condiviso perché storicamente rinegoziato, aprendo a prospettive future insperate per la realizzazione di un sentimento cosmopolita di appartenenza alla specie umana, che possa essere auspicabile per tutti, per ciascuno e ovunque» (21) L’evoluzione dei diritti umani nella cultura occidentale • TRE FASI FONDAMENTALI: • «a) 1600-1700: è la fase originaria, in cui l’idea dei diritti umani si esprime con continuità nella cultura illuministica, trovando espressione nelle dichiarazioni del secolo XVIII – la fase filosofica • dei diritti umani; • b) 1800-1945: è la fase della concretizzazione, in cui l’idea dei diritti umani passa dall’orizzonte filosofico delle idee a quello storico della politica e si esprime in forma positiva dando corpo alle legislazioni degli stati nazionali ottocenteschi in stretto dialogo con il processo di consolidamento e modernizzazione degli stati-nazione – la fase positiva dei diritti umani; • c) 1945-oggi: è la fase ancora in atto caratterizzata da un duplice processo di allargamento orizzontale e verticale dei diritti umani che si esprime attraverso l’inclusione nel discorso dei soggetti esclusi e la specificazione dei contenuti in relazione ai loro bisogni particolari – la fase transculturale dei diritti umani.» (21-22) L’evoluzione dei diritti umani nella cultura occidentale • n.b. 1948 – Dichiarazione universale sui diritti umani • http://www.ohchr.org/EN/UDHR/Documents/UDHR_Translations/it n.pdf (ITALIANO) • http://www.un.og/en/documents/udhr/ (INGLESE) • https://en.wikipedia.org/wiki/Enlargement_of_the_United_Nations • http://www.un.org/en/sections/history/history-unitednations/index.html • http://cdn2.genitoricrescono.com/wpcontent/uploads/documenti/dudu.pdf (UNA PROPOSTA…) L’evoluzione dei diritti umani nella cultura occidentale • n.b. 1959 – Dichiarazione universale dei diritti del fanciullo • http://images.savethechildren.it/f/download/CRC/Co/Conv enzione_1959.pdf L’evoluzione dei diritti umani nella cultura occidentale • Diritti CULTURALI e questioni di linguaggio… quale attualità e attualizzazione? • «ampliare la comunità di quanti siano titolati a partecipare al discorso, disporsi nella condizione dell’ascolto e assumere l’impegno di riconoscere il diritto di parola a chi è portatore di altre tradizioni culturali riguardanti tali principi» (26) • n.b. Lo sguardo occidentale … e il cammino interculturale 2. Integrazione Una nozione multidimensionale e interazionista Marco Catarci • PROGETTARE L’INTEGRAZIONE • «i “luoghi dell’integrazione” attivi nella società – i servizi di accoglienza e inclusione sociale, le istituzioni scolastiche, i servizi sociali, i luoghi di formazione informale e di socializzazione, gli spazi dell’iniziativa sociale ecc. – rappresentano oggi un presidio cruciale nella società, a difesa di una democrazia pluralista, solidale e inclusiva.» (31) Integrazione Una nozione multidimensionale e interazionista • PROGETTARE L’INTEGRAZIONE • «i “luoghi dell’integrazione” attivi nella società – i servizi di accoglienza e inclusione sociale, le istituzioni scolastiche, i servizi sociali, i luoghi di formazione informale e di socializzazione, gli spazi dell’iniziativa sociale ecc. – rappresentano oggi un presidio cruciale nella società, a difesa di una democrazia pluralista, solidale e inclusiva.» (31) DIMENSIONI DELL’INTEGRAZIONE • Tra condizioni materiali e riconoscimento di culture/identità delle persone • Pluralità & reti di servizi: – «La questione dell’integrazione dei migranti richiede di stabilire collegamenti e connessioni tra servizi differenti per due motivi essenziali: • il primo concerne il fatto che tale tema delinea una responsabilità condivisa tra molteplici agenzie nella società; • il secondo riguarda il fatto che un lavoro di rete tra i diversi servizi consente di offrire un approccio più globale ai diversi bisogni della persona». (34) STRATEGIE DI PROMOZIONE DELL’INTEGRAZIONE SOCIALE • «– la promozione, attraverso interventi di politiche sociali attive, miranti a emancipare i soggetti dal bisogno ma anche dall’assistenza, favorendo l’apprendimento della lingua, la formazione professionale, l’avvio al lavoro e l’autonomia abitativa; • – la partecipazione, chiamando gli utenti a svolgere un ruolo di protagonisti, anche attraverso attività di mediazione e animazione, raccordando le risposte degli utenti in direzione degli obiettivi del percorso di integrazione; • – i partenariati, mediante la costruzione di forme di rete per la concertazione degli interventi e la progettualità condivisa tra attori solidaristici, singoli cittadini, rappresentanze degli utenti e istituzioni locali». (35) • Cfr. M. Ambrosini, Introduzione. Dopo i diritti umani: rifugiati e migranti forzati in un mondo globale, in M. Ambrosini – C. Marchetti, Cittadini possibili. Un nuovo approccio all’accoglienza e all’integrazione dei rifugiati, Franco Angeli, Milano 2008, p. 23. Un’osservazione critica… … o forse due … • Numerose ricerche hanno messo in luce come a un’elevata qualità delle persone immigrate corrisponda in Italia un basso posizionamento nella gerarchia occupazionale. L’intrappolamento degli immigrati in vere e proprie nicchie lavorative, in un mercato del lavoro già fortemente segmentato, genera dispersione di capitale umano e impoverimento del tessuto socio-economico generale. Il volume affronta il problema della mobilità lavorativa degli immigrati attraverso l’analisi di circa 850 curricula di lavoratori provenienti da paesi stranieri, raccolti nell’area metropolitana romana. L’obiettivo è verificare se i processi di inserimento e di mobilità avvengano in base alle «dotazioni» individuali o se vi siano altri elementi in grado di influire sulle chances occupazionali. • I percorsi professionali, dal paese d’origine a quello d’arrivo, sono stati messi in relazione con le principali variabili socio-anagrafiche quali il sesso, l’età, l’area geografica di provenienza, l’istruzione, il possesso di un titolo di formazione professionale, la conoscenza della lingua italiana o di altre lingue straniere e il periodo di lavoro in Italia. Il quadro che ne emerge, tra integrazione e subalternità, si mostra ricco di sfumature. Fuori da una pura passività rispetto a forze sociali ed economiche che li sovrastano, gli immigrati appaiono spesso in grado di costruire percorsi alternativi a quelli rigidamente tracciati dalle ferree regole della domanda. Modelli di integrazione in EU 1 • MODELLO ASSIMILAZIONISTA (il caso francese) • le forme di integrazione degli immigrati nella società vengono regolate dal principio repubblicano di “eguaglianza” tra gli individui, che impone di subordinare richieste di riconoscimento di diritti collettivi e trattamenti differenziati nei confronti delle appartenenze culturali a criteri universali riferibili alla cittadinanza francese, superando così specificità legate a singole tradizioni, religioni, linguaggi. • In questa prospettiva, il percorso di integrazione sociale dei nuovi arrivati consiste essenzialmente nella progressiva acquisizione delle forme della cittadinanza francese, con la piena e totale accettazione ad agire nella sfera pubblica nel quadro di regole condivise. • Una tale prospettiva si basa sul principio di laicità, per il quale nello spazio pubblico vi è assenza di un’ideologia dominante a favore di un’equidistanza tra le diverse posizioni culturali e religiose: si determina, così, una forte separazione tra la dimensione pubblica, nella quale vige l’eguaglianza tra i cittadini, e quella privata, nella quale ciascun cittadino può conservare comportamenti e linguaggi culturalmente connotati. (40) • n.b. A. Sayad – il concetto di DOPPIA ASSENZA Modelli di integrazione in EU 2 • MODELLO PLURALISTA (il caso della Gran Bretagna) • prevede che lo Stato svolga unicamente il ruolo di mediatore tra gruppi culturali differenti, che stabiliscono accordi e contratti l’uno con l’altro in modo da assicurare una convivenza efficace. • In questa ottica, ai singoli gruppi culturali viene concessa una forte autonomia, che si esplica nella possibilità di conservare un certo grado di differenza, da manifestare anche nello spazio pubblico, nel rispetto delle regole democratiche. • La società britannica sia storicamente multiculturale e impiega specifiche strategie per conservare una precisa differenziazione sociale ed economica (41) • n.b. J. Gundara – sottolinea che nel modello britannico i gruppi culturali che non rispondono a specifici parametri di natura linguistica e culturale vengono RESI SISTEMATICAMENTE “ALTRI” Modelli di integrazione in EU 3 • MODELLO DI “ISTITUZIONALIZZAZIONE DELLA PRECARIETÀ”(il caso della Germania) • descrive una politica di immigrazione intesa esclusivamente come ricorso sistematico all’importazione di manodopera straniera, sottolineando il carattere temporaneo del fenomeno migratorio, con una particolare attenzione al controllo di tale presenza anche per assicurare la sua flessibilità. • Soprattutto a partire dagli anni Settanta del Novecento, si sviluppa una doppia strategia costituita da una politica di integrazione degli immigrati già presenti sul territorio da molti anni e che hanno maturato diritti di soggiorno, di lavoro e di ricongiungimento familiare, contemporaneamente a misure di agevolazione del ritorno degli ultimi arrivati e di forte limitazione degli ingressi. • Una vera e propria svolta su tale questione, con la legge sulla cittadinanza del 1999, che introduce importanti elementi dello ius soli in un contesto tradizionalmente regolamentato in base allo ius sanguinis. (42-43) • n.b. P. Kammerer – osserva che il non voler riconoscere il carattere permanente del fenomeno migratorio in Germania trova ragione proprio nell’interesse a garantirne il “controllo”, nonché un suo più conveniente utilizzo nel mercato del lavoro. E IL MODELLO ITALIANO? • La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri (2007) • http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/istruzione/intercultura-normativa • individua il «modello di integrazione interculturale della scuola italiana» in principi e linee di azione che fanno riferimento a «una modalità organizzativa/tipo della scuola accogliente, integrativa e interculturale» • una doppia ottica educativa, indirizzata non soltanto ai neo arrivati ma anche agli autoctoni, il documento sottolinea che l’inclusione va perseguita attraverso «la costruzione di forme di integrazione sociale rispettose», all’interno di un contesto di apprendimento comune per italiani e stranieri. • Ne deriva una visione “interazionista” dell’integrazione, che si traduce nell’acquisizione di competenze (ad esempio, quelle linguistiche), ma anche nella possibilità di fruire di opportunità derivanti dalle relazioni, dagli scambi con i pari e gli adulti, all’interno dell’istituzione scolastica e al di fuori di essa. (45-46) E IL MODELLO ITALIANO? • La nozione di integrazione assume così anche il connotato di “integrità” del Sé, che si esprime attraverso la possibilità di ricomporre la propria storia, lingua, appartenenza, in un processo dinamico di cambiamento e di confronto, che consenta a ciascuno di svilupparsi a partire da ciò che è, senza, da una parte, essere “ostaggio” delle proprie origini culturali e, dall’altra, dover negare riferimenti della propria identità o differenze per essere accettato e accolto. (46) E IL MODELLO ITALIANO? • SEI INDICATORI DI INTEGRAZIONE NEL CONTESTO SCOLASTICO: • – l’inserimento scolastico, in riferimento in modo particolare alla qualità dei risultati scolastici, che rappresenta un riferimento essenziale per la possibilità di proseguire gli studi con opportunità analoghe a quelle di qualsiasi altro compagno italiano; • – la competenza in italiano L2 (lingua seconda), funzionale a dare risposta ad un’ampia gamma di bisogni, dalla comunicazione interpersonale allo studio; • – le relazioni fra pari in classe, vale a dire la possibilità di partecipare ai momenti di interazione con i pari e alle attività collettive; • – le relazioni in tempo extrascolastico e le modalità di aggregazione nella città, con le occasioni di inserimento e di partecipazione in attività ludiche, di aggregazione e sportive, di “abitare” consapevolmente il proprio territorio; • – il rapporto con la lingua e i riferimenti culturali d’origine, in riferimento ai legami con la propria lingua (inclusa l’eventuale possibilità di un contesto di plurilinguismo), nonché con le proprie origini e la propria storia; • – la motivazione, l’autostima, la fiducia nelle proprie possibilità, anzitutto di progettare il proprio futuro. • Cfr. G. Bettinelli-G. Favaro-L. Luatti, Quaderno dell’integrazione degli allievi stranieri, 2011, pp. 2-4. 3. Etnocentrismo Come confezionarsi un fantastico “noi” Giuseppe Burgio • L’etnocentrismo è un atteggiamento caratterizzato da: – «a) una differenziazione qualitativa (non meramente quantitativa) tra la cultura di appartenenza e quella degli altri gruppi; – b) una rivendicazione più o meno accentuata, esplicita e convinta delle qualità autenticamente umane della propria cultura; – c) una classificazione-relegazione degli altri in un’unica categoria, o in un numero molto ristretto di categorie, a cui non si riconoscono gli attributi che caratterizzano la vera umanità» (49) • Cfr. F. Remotti, “Etnocentrismo”, s.v. in Enciclopedia delle Scienze Sociali, vol. II, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 1993, pp. 658-663, disponibile in http://www.treccani.it/enciclopedia/etnocentrismo_(Enciclopedia_delle_scienze_s ociali)/ Etnocentrismo Come confezionarsi un fantastico “noi” • «Il termine etnocentrismo, com’è noto, è composto da tre elementi, tutti derivanti dal greco antico: – éthnos (popolo, nazione), – kéntron (che attraverso il latino centrum è diventato il nostro centro) – e il suffisso -ismos, usato per costruire i termini astratti. Seguire queste tre anime etimologiche permetterà di comprendere meglio questo atteggiamento mentale.» (49) éthnos (popolo, nazione) • Etnia – identità/differenza – outgroup/ingroup • La questione aperta delle multi-appartenenze: – Come afferma Remotti, «i soggetti non coincidono necessariamente ed esclusivamente con gruppi etnici. Se questa è la situazione, si potrebbe pensare di riservare il termine etnocentrismo agli atteggiamenti di rivendicazione/separazione i cui attori siano gruppi etnici e di coniare altri termini in relazione a soggetti differenti. Ma, a parte la difficoltà d’inventare una serie di termini nuovi e plausibili (sessocentrismo? età-centrismo? religione-centrismo?), questa soluzione in realtà elude quello che probabilmente si può considerare il problema di fondo dell’etnocentrismo – ossia il soggetto etnocentrista –». – Soggetto e origine dell’etnocentrismo è insomma il fatto di pensare non in termini di noi ma di noi altri: l’etnocentrismo è, più precisamente, un “noicentrismo” (51-52) kéntron (che attraverso il latino centrum è diventato il nostro centro) • Contrapposizione centro/periferia, frontiere/confini, la narrazione della storia – «L’etnocentrismo ha però storicamente avuto due manifestazioni: la prima centrata sul concetto di razza, la seconda imperniata sul concetto di cultura. Se il razzismo nella sua forma classica inferiorizzava quelli con un colore della pelle diverso dal nostro, l’etnocentrismo esclude oggi l’Altro su una base culturalista. Insomma, il termine etnia sembra aver sostituito quello (ormai impresentabile) di razza e l’etnocentrismo basato sul concetto di cultura appare la faccia aggiornata del razzismo». (54) -ismos, usato per costruire i termini astratti. • Elemento di dottrina/comportamento, rigidità ideologica/estremizzazione • «L’etnocentrismo non sfugge a tale tendenza a guardare alle differenze per identificarle (cioè per definirle come identità a noi comprensibili) e quindi, in ultima istanza, per abolirle. L’etnocentrismo non lascia, infatti, sussistere le differenze così come sono, ma vuole comprenderle (cioè capirle e inglobarle) come differenze determinate a partire da ciò che è più familiare: cioè a partire dal “noi”. E in questo senso è apparentabile al razzismo, al sessismo, all’eterosessismo, all’integrismo fisico, al giovanilismo, allo specismo, e ad altri ismi.». (58) L’INTERCULTURA COME PROPOSTA • IL COSMOPOLITISMO CRITICO: – «caratterizzato dall’adozione consapevole del relativismo culturale, proclama necessaria una capacità di apertura intellettuale ed emotiva verso le esperienze culturali altre, un’abilità nell’orientarsi nelle diverse culture e di muoversi con destrezza in vari sistemi di significati. – Il relativismo culturale spinge infatti in direzione di una pratica educativa che funzioni come un allenamento a formae mentis molteplici, un apprendere a fare spazio – dal punto di vista cognitivo e valoriale – alle culture altre, anche a quelle che appaiono incommensurabilmente aliene. Di conseguenza, il cosmopolitismo critico va inteso come progetto – concettuale e pragmatico – aperto» (60) L’INTERCULTURA COME PROPOSTA • «Per concepire un’educazione non etnocentrica abbiamo invece bisogno di smettere di identificarci con la cittadinanza, con la lingua, con il patrimonio culturale nazionale, intesi come monoliti posti, come cippi fondiari, ai confini di un “noi” proprietario e inviolabile. Insomma, per ostacolare la contrapposizione noi/altri serve anche il concetto di ibridazione culturale (nella sua complessa accezione)». (63) La mente decentrata … • In un'epoca che vede contrapporsi da un lato emergenti e sempre crescenti fondamentalismi e dall'altro una società che si fa sempre più complessa e multiculturale, diventa quanto mai importante fare comprendere a un ampio pubblico il problema della differenza che caratterizza il genere umano. • Una differenza che ha profonde radici storiche e culturali e che è il frutto delle risposte che i diversi gruppi umani hanno saputo dare ai differenti habitat con cui si sono trovati a convivere. L'uomo è un animale incompleto per natura e ha saputo colmare questo suo vuoto con la cultura, anzi, con le culture. • E di questa differenza che il libro parla, rivolgendosi anche ai lettori più giovani, per spiegare loro, attraverso esempi e aneddoti motivi e ragioni che muovono gli individui a comportamenti diversi, apparentemente strani, ma quasi sempre coerenti. Il tutto mediante una serie di dialoghi e racconti tra un antropologo e le sue due nipotine. 4. Razzismo Prospettive pedagogiche per la decostruzione Alessandro Vaccarelli • Razzismo biologico classico e neorazzismo – «il razzismo biologico si è intrecciato con la storia delle esplorazioni geografiche e la conquista di mondi altri, producendo le sue varianti schiaviste, segregazioniste, coloniali. Ma si è espresso anche attraverso lo sterminio, il genocidio dell’altro (esemplare il caso della Shoah) o con il progetto eugenetico di perfezionamento razziale (razzismo eugenetico)». – «Sfuggente, ora visibile nettamente, ora nascosto, implicito nelle convinzioni o esplicitato nell’azione sociale, il razzismo continuerà con molta probabilità ad esprimersi, a cambiare volto, a seconda delle condizioni sociali, degli andamenti di un mondo globalizzato ormai in crisi, degli schemi di comportamento ufficiale promossi e incoraggiati.» (74) Il Razzismo • «Il razzismo, peraltro, richiede un’azione: sia essa semplicemente legata allo scherno o alla battuta apparentemente innocua, sia essa una pratica politica segregativa, sia essa, ancora, una pratica persecutoria e violenta, secondo un continuum che ci permette di graduare e distinguere le conseguenze, mai definitive, del razzismo» (74) 5 Il Razzismo – radici storiche • Il concetto di RAZZA per delimitare, dividere, distinguere, classificare… Il Razzismo – radici storiche • Le teorie razziste si moltiplicano, sia entro il dibattito culturale, che vede nell’Europa ottocentesca l’emergere di figure come A. de Goubineau, sia entro il dibattito scientifico. • Nel suo Saggio sulla ineguaglianza delle razze umane, propose una classificazione razziale in cui i gialli vengono descritti come materialisti, abili negli affari e nel commercio, i neri vengono paragonati a plebe sfrenata, con scarsa intelligenza e governati dall’istinto, predisposti ad essere sottomessi, i bianchi come razza per natura superiore alle altre due, poiché razionali, virtuosi, amanti della libertà, dell’onore, della spiritualità. • La più forte preoccupazione di Gobineau era la degenerazione della razza bianca attraverso il contatto con le altre: la razza e la civiltà ariane, superiori a tutte le altre, dovevano quindi impedire in ogni modo che ciò avvenisse, che si evitasse ogni sorta di mescolanza. (78-79) Il Razzismo – radici storiche • La questione della superiorità e la giustificazione infantile (79-80) Kipling Lombroso Testo di geografia per scuole medie, 1934 Il Razzismo – radici storiche • Attraverso la divulgazione… Il potere diventa sapere e il sapere diventa potere anche grazie all’alleanza e alla reciproca giustificazione tra le scienze e la cultura. Il Razzismo – la situazione attuale • Dalla razza biologica alla cultura che esclude/allontana/distingue – un fenomeno sfuggente e mimetico ImbaRAZZISMI e… Nuovi imbarazzismi • Premessa: l’autore del libro è nato in Togo e risiede in Italia dal 1974. Dopo essersi laureato in medicina e chirurgia, lavora presso un ospedale e ha sposato un’italiana, e ha raccolto in più libri alcune situazioni imbarazzanti alle quali ha assistito o di cui ha avuto testimonianza, tutte con un unico denominatore: il pregiudizio verso l’uomo nero. Quando si scopre che l’uomo nero non è il classico vu cumprà ma un medico o un ricercatore universitario…., nasce l’imbarazzismo. – Mi scusi signora, i ragazzi sono fratello e sorella? – chiese una signora anziana a mia moglie, che passeggiava con i nostri due figli – Sì – Oh! Ma come è stata brava signora ad adottarli insieme! La famiglia di un’amica di Marzia – una donna molto, molto religiosa – vedeva spesso a messa un giovane di colore in piedi in fondo alla chiesa. Era ormai dicembre e i genitori della sua amica pensarono che sarebbe stato un gesto di cristiana carità invitare a pranzo quel ragazzo qualche giorno prima di Natale. Vedendolo sempre solo, in disparte avevano capito che si trattava di uno di quei ragazzi africani venuti a frequentare la loro prestigiosa università e che quindi avrebbe sicuramente passato le feste di Natale pressoché solo. Quando furono tutti seduti attorno al tavolo, gli chiesero da dove veniva e cosa faceva in Italia. La risposta, semplice e senza ombra di rimprovero, fu: – Sono l’ambasciatore della Guinea Bissau in Italia L’amica di Marzia non riuscì a contare i minuti di imbarazzatissimo silenzio che seguirono quella sconvolgente rivelazione ImbaRAZZISMI e… Nuovi imbarazzismi • Le prime righe – "Bel negro, vuoi guadagnarti 500 lire?" • Un giorno uscivo dal supermercato con mia moglie, che è un'italiana. Avevamo fatto tanta spesa da riempire due carrelli. Dopo aver caricato il tutto nel portabagagli della macchina, mia moglie mi spinse i due carrelli da riportare per recuperare le due 500 lire. M'incamminavo con i miei due carrelli, quando sentii dietro le spalle un "ssst!" accompagnato da uno schioccare di dita. Mi girai e vidi un signore sulla cinquantina farmi segno con l'indice di avvicinarmi, ed abbozzare il gesto di spingere il suo carrello verso di me. Lo guardai con un'espressione che mia moglie descrisse poi come carica di lampi e fulmini. Comunque il mio sguardo doveva essere stato eloquente, perché lo vidi trattenersi il suo carrello e portarselo per conto suo. Senz'altro, visto il colore della mia pelle e il gesto d'affido dei carrelli da parte della mia signora, il "sciur" aveva fatto la somma deduttiva: negro + carrelli = povero extracomunitario che sbarca il lunario. Tornando alla macchina, vidi la mia dolce metà, che conoscendo la mia permalosità, si contorceva dalle risate. Mi misi poi a ridere anch'io. Ora ogni volta che andiamo a fare la spesa, lei mi spinge, ammiccando, il carrello con voce scherzosa: "Ehi bel negro, vuoi guadagnarti 500 lire?" ImbaRAZZISMI e… Nuovi imbarazzismi Ribka si reco’ all’ASL per compilare le schede di iscrizione al servizio sanitario. L’impiegata le chiese nome e cognome per trascriverli. Ma giunta alla voce professione scrisse spontaneamente da sè “domestica” – Perchè ha scritto domestica? – Perchè che lavoro fai? – Sono una scrittrice, attualmente ricercatrice presso la vostra università – ..che sbadata… Un’amica eritrea e un signore italiano erano ad aspettare entrambi l’autobus n. 25. – Questo autobus e’ sempre in ritardo! – E’ vero, meno male che oggi non piove E per venti minuti andarono avanti a parlare del tempo e della scomparsa della mezza stagione, poi lui s’informo: – Lei parla italiano? Lei rimase esterrefatta: – Mi scusi signore, ma in che lingua abbiamo parlato fino adesso? Quando portammo per la prima volta i nostri figli in africa a conoscere i nonni paterni, venivano rincorsi e additati dagli altri bambini festosamente con le grida: – Yovo (= bianchi)! Yovo! Yovo! I miei pazientarono per i primi giorni ma, siccome la scena si ripeteva di continuo, dovetti spiegare il significato del termine. Giunti a casa, esasperata, mia figlia mi chiese – Papà, perchè in Italia mi chiamano negra e qui in Togo mi dicono Yovo? Fonti: Imbarazzismi, di Kossi komla-Ebri – Edizioni dell’arco La paura dell’altro • «Tutti i sentimenti di ostilità e di paura che accompagnano atteggiamenti e orientamenti attigui ma distinti (etnocentrismo, xenofobia, razzismo, ma anche sessismo, omofobia, classismo) trovano come minimo comune denominatore il pregiudizio, che non va inteso solo e soltanto come opinione preconcetta, ma anche, nella direzione degli studi condotti soprattutto dalla psicologia sociale, come costrutto sociale e cognitivo». (88) Alcune strategie educative • DECENTRARE, DECOSTRUIRE E LIBERARE L’OPPRESSO (a lezione da P. FREIRE) Alcune strategie educative • DECENTRARE, DECOSTRUIRE E LIBERARE L’OPPRESSO (a lezione da P. FREIRE – la pedagogia degli oppressi)) Alcune strategie educative • La vittima del razzismo è un chiaramente un oppresso. Ma possiamo considerare oppresso anche l’oppressore: non ci riferiamo tanto all’“imprenditore della paura” che muove consapevolmente le argomentazioni e le azioni razziste, suonando le corde della paura sociale e manovrando gli strumenti del consenso e della propaganda. • Oppressa è anche la persona comune, che possiede strumenti deboli per l’analisi sociale e per una visione decentrata della realtà, vittima del condizionamento sociale e del pregiudizio; essa si fa spesso oppressore verso l’immigrato, il rifugiato, il rom, l’omosessuale. (90) Alcune strategie educative • È su questa prospettiva che si rafforza l’idea che l’educazione interculturale (nelle sue declinazioni antirazziste e, naturalmente e costitutivamente, non razziste) non possa prescindere dall’essere un’educazione per tutti, soprattutto per quei soggetti che si identificano con il gruppo sociale maggioritario: l’integrazione, in questo senso, non può essere promossa solo attraverso azioni mirate e circostanziate sull’appartenente ad una minoranza, ma soprattutto, in linea con la migliore tradizione di studi pedagogicointerculturali, esse vanno rivolte a chi si definisce autoctono, “pienamente” cittadino ed esclusivo portatore di quei diritti che vengono ancora oggi troppo spesso considerati e vissuti come forme privilegiate di cittadinanza nazionale. (90) Quali razzismi? Quarta di copertina “Il razzismo è come la violenza o la menzogna. Si può forse immaginare una società in cui non ci sia alcuna forma di violenza e nessuno menta? Sarebbe una società ideale. Non esiste. Sapendo questo, dobbiamo prepararci a smontare i meccanismi e le menzogne sui quali il razzismo si fonda.” Nella prima edizione di questo fortunato volume (1998), che ha venduto oltre 300.000 copie, un grande scrittore spiegava alla sua bambina di dieci anni che cos’è il razzismo, come nasce, perché è un fenomeno così tristemente diffuso, dando vita a un dialogo capace di trascendere i confini dell’occasione intima e famigliare e porsi come lezione di vita per tutti i lettori. Sono passati ormai più di dieci anni dal libro di allora, ma il problema del razzismo non ha fatto che aggravarsi. Da una parte l’inasprirsi del terrorismo islamico ha rafforzato un clima di sospetto sempre più forte, dall’altra l’aumento dell’immigrazione ha progressivamente cambiato il paesaggio europeo, rendendolo sempre più multiculturale. In questo nuovo contesto, il razzismo si è banalizzato: non fa più scandalo. Questo è il fattore più grave che Ben Jelloun vede nei razzismi degli ultimi anni – e l’Italia non ne è esente, anzi. Sono numerosissimi gli episodi di questo tipo che l’autore ricorda e commenta. Rivolgendosi con questa nuova edizione anche agli adulti che educano i nostri figli, Ben Jelloun li invita dunque a stare all’erta: la convivenza si impara, è un fatto di educazione, e se gli adulti dei prossimi anni non apprenderanno oggi, da bambini, questa lezione, la vita sarà molto difficile per tutti. Perché il multiculturalismo non è più una possibilità. È una realtà che nessuno potrà più cambiare.