Partiamo dal motto "I care" di don Milani

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ETICA NELLA SCUOLA
Partiamo dal motto "I care" di don Milani
"I care" era il motto di don Milani, indimenticato maestro della
scuola di Barbiana : "ho a cuore, ci tengo, mi interessa". Queste
due semplici parole possono riassumere il punto d'incontro tra
le esigenze dell'allievo, della sua famiglia ma anche della società
tutta e la figura del docente/educatore. E su questo semplice
motto si dovrebbe anche fondare l'etica della e nella scuola.
di Giancarlo Tonutti*
La scuola infatti ha la funzione di trasmettere saperi e rafforzare comportamenti utili al tempo stesso
alla persona per lo sviluppo della sua personalità,
in via di formazione, e per lo sviluppo armonioso
della convivenza che deve poter contare su professionalità adeguate e regole di fondo condivise. Chi
è chiamato a trasmettere, nella scuola, questo
insieme di saperi/comportamenti e fare in modo
che questi si fondino su una personale e solida
convinzione è il maestro, il docente, l'insegnante, il
professore. Tanti termini per definire la medesima
funzione anche se con accezioni diverse tanto che
nel corso della storia della scuola sono stati utilizzati per distinguere gradi dell'istruzione (maestro,
professore) oppure più genericamente per indicare un ruolo sociale riconosciuto (docente, insegnante). In tutte le denominazioni è comunque
presente il concetto di trasmissione del sapere che
esige che chi trasmette sappia di più e soprattutto
lo sappia trasmettere, quindi sia un'autorità credibile (auctor è colui che è in grado di "far crescere,
aumentare").
A tutti dovrebbe essere comune il sentirsi "educatori", avere cioè come stile quello di "far
uscire"(questo è il profondo significato di e-duce* Insegnante di discipline giuridiche nelle scuole superiori
italiane; è in pensione da un
anno. Da ottobre scorso è
occupato in Costa d'Avorio
quale volontario del CeVIUdine all'organizzazione di 10
centri di alfabetizzazione.
È stato presidente provinciale
delle ACLI udinesi fino al 1993
e poi sindaco di Codroipo,
consigliere della Provincia di
Udine e infine consigliere
regionale del Friuli Venezia
Giulia fino al 2008 occupandosi in particolare di cultura,
urbanistica ed Enti locali.
Nella foto: G.Tonutti al mercato di Daloa (Costa d’Avorio)
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il dialogo 1V/09
re: tirar fuori) e valorizzare le capacità che si ritiene siano dentro ad ogni persona. Capacità che
sono generalmente diverse e fanno di ogni persona un unico irripetibile miscuglio che chiamiamo
"personalità" che va riconosciuta, sviluppata e
possibilmente resa utile alla persona stessa ed alla
società intera. Questa sintetica premessa per presentare il quadro di fondo cui fare riferimento per
fondare un'etica nella scuola.
L'etica infatti pretende un atteggiamento partecipativo ("I care" già ricordato) da parte del docente
che deve far crescere i suoi allievi trovando le strategie educative più adatte a ciascuno di loro e lo
deve fare in una dimensione di gruppo che sta a
simboleggiare una situazione di convivenza che
nella società essi troveranno, quindi una situazione
di competizione ma anche di interdipendenza che
richiede il rispetto reciproco tra pari ed il riconoscimento di ruoli diversi, anche di natura gerarchica.
È evidente che ciò è ancora più delicato se si pensa
che i soggetti cui si rivolge la scuola sono giovani
alla cui formazione la famiglia intende giustamente contribuire in modo significativo. E qui si pone
il problema vero della nostra epoca: esiste un
comune patrimonio di valori cui fare riferimento
per sostenere il comune impegno necessario alla
costruzione delle personalità anche attraverso la
trasmissione del sapere? Francamente mi sembra
che questo quadro oggi non sia così chiaro mentre
è chiara la sua esigenza.
Inoltre è bene osservare che la scuola può assolvere alla sua funzione solo se riconosciuta come
essenziale: deve cioè godere di alta considerazione
sociale cosa che non sta accadendo perché molte
sono ormai le cosiddette "agenzie di senso" spesso sostenute da mezzi e consenso superiore a quello della scuola. È quindi necessario recuperare un
rapporto di fiducia e collaborazione tra scuola e
famiglia rivisitando e riconoscendo i ruoli specifici
per fondare un comune e responsabile piano di
intervento che sappia dare la giusta e consapevole
soluzione a tutti i problemi che sono della società
e si riflettono sulla scuola.
L'etica, costume condiviso e frutto di comune
convinzione, non è problema da addetti ai lavori,
ma di tutti, non sono possibili deleghe di funzione
ma un rinnovato patto sulle regole in cui si possa
impostare una corretta prassi didattica che non
può avere successo se si limita alla trasmissione di
contenuti ritenendoli, per un'errata concezione di
libertà, asettici rispetto a valori da testimoniare più
che da predicare.
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