Libro Qualità dell`energia Pagine 123-172

Qualità dell’energia: show it easy!
Sommario
Terza parte
18.Esperienze e esperimenti.................................................................................................... p 110
18.1 Una cattiva fornitura elettrica in media tensione, ma non solo!.................................... p 110
18.1.1 Analisi rete di mt................................................................................................. p
111
18.1.2Misure del fattore di potenza al pcc...................................................................... p
116
18.1.3 Analisi distribuzione di bt, qe-1............................................................................ p
117
18.1.4 Analisi distribuzione di bt, qe-2............................................................................ p
119
18.2Esempio di una condizione di risonanza parallela........................................................ p 120
18.3Effetto del funzionamento di un filtro armonico passivo del v ordine
in una distribuzione elettrica; esempio di verifica funzionale del filtro������������������������� p 123
18.4 Una distribuzione elettrica troppo rifasata: errore progettuale o di concetto?.............. p 127
18.5 Due casi nel merito del fattore di potenza ma, nulla si crea, nulla si distrugge!.......... p 129
18.6 Spike di corrente killer in un isp (internet service provider)!........................................ p 132
18.7Qualità dell’energia e efficienza energetica: ordine incontrovertibile........................... p 138
18.8Può l’uomo influire sulla qualità dell’energia?............................................................... p 140
18.9Rilevatore di corrente omopolare, protezione direzionale di terra
e scatti intempestivi������������������������������������������������������������������������������������������������������ p 143
18.10Guasti ripetuti a un variatore di velocità (vsd)............................................................. p 148
18.11Un filtro passivo naturale: sgradito però!...................................................................... p 152
18.12Fonti rinnovabili e ambiti emc....................................................................................... p 157
18.13Campo magnetico e correnti indotte............................................................................. p 163
Prospettive! ............................................................................................................................... p 167
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18.3 Effetto del funzionamento di un filtro armonico passivo
del V ordine in una distribuzione elettrica; esempio di verifica
funzionale del filtro
L’esempio successivo è utile per capire quale sia il beneficio di un filtro armonico passivo
del V ordine, inserito in una distribuzione elettrica adibita alla conversione della potenza
elettrica da alternata a continua.
Il filtro è alimentato da un quadro di distribuzione a media tensione (6kV), il cui disegno
unifilare è rappresentato in figura 18.3a; gli scomparti elettrici interessati alla campagna di
misure sono stati contraddistinti da colori. Da destra verso sinistra si individuano quindi le
seguenti linee elettriche:
––
––
––
––
––
––
‘Partenza linea filtro V ordine’;
‘Partenza linea Raddrizzatore AC/DC 6kV n°1’;
‘Partenza linea Raddrizzatore AC/DC 6kV n°2’;
‘Partenza linea filtro VII ordine’;
‘Partenza linea filtro XI ordine’;
‘Arrivo linea MT 6kV da trasformatore’.
Figura 18.3a: Schema unifilare distribuzione MT a 6kV
La presenza dei filtri passivi è, in questo caso, la miglior soluzione tecnica economica
pensata per ridurre le componenti armoniche del quinto, settimo e undicesimo ordine
generate dal funzionamento dei due raddrizzatori AC/DC, con tecnologia a 6 impulsi.
Il carico alimentato dal trasformatore è, infatti, costante e lo sviluppo della forma d’onda
della corrente elettrica assorbita dai raddrizzatori, secondo Fourier, restituisce armoniche
(Gn) in accordo con la formula 18.3.1 e rispetta la regola per cui l’ampiezza dell’armonica è
inversamente proporzionale all’ordine armonico (formula 18.3.2).
Formula 18.3.1
Formula 18.3.2
Si ricorda che i filtri passivi sfruttano, a proprio vantaggio, l’effetto della risonanza elettrica,
creando una via preferenziale alla corrente elettrica della frequenza armonica per cui sono
stati accordati. La loro presenza in un circuito inquinato da carichi non lineari, permette la
riduzione delle emissioni elettromagnetiche (EMC) e il rispetto delle norme per la Q.E. .
Si analizzi ora il funzionamento del filtro del V ordine, avendo preventivamente disinserito
i filtri del VII e XI ordine armonico dalla rete MT.
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Ai soli fini didattici, si riportano una serie di figure che rappresentano l’esercizio della
distribuzione elettrica, misurata sulla linea di arrivo dal trasformatore (IPC), con il filtro
armonico del V ordine in un primo tempo inserito e poi disinserito.
Si osservino attentamente le differenze!
Figura 18.3b: Corrente elettrica linea trasformatore con filtro
Figura 18.3c: Corrente elettrica linea trasformatore senza filtro
Figura 18.3d: Spettro armonico corrente ‘Linea Trasf.’ con filtro
Figura 18.3e: Spettro armonico corrente ‘Linea Trasf.’ senza filtro
Figura 18.3f: Trend THDi% corrente ‘Linea Trasf.’ con/senza filtro
Figura 18.3g: Trend THDv% tensione di sbarra con/senza filtro
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Figura 18.3h: Forma d’onda corrente ‘Linea filtro V ordine’
Figura 18.3i: Spettro corrente ‘Linea filtro V ordine’’
Il beneficio della presenza nel circuito del V ordine armonico è rilevante, permettendo sia
il contenimento della deformazione della corrente elettrica, sia la riduzione dei tassi di
distorsione armonica.
Si noti in figura 18.3h il tipico profilo di una forma d’onda sinusoidale a 50Hz , quando
miscelata con un’armonica del V ordine e, nella figura 18.3i, la percentuale di corrente
armonica assorbita dal filtro (35%). La figura 18.3e è invece la rappresentazione grafica della
decrescita percentuale del valore delle armoniche con l’aumentare del rango (formula 18.3.2).
Si analizzi ora il circuito elettrico con la figura 18.3l che riporta il trend della potenza attiva
(P), della potenza reattiva (Q) e del fattore di potenza (PF) nel momento del distacco dalla
distribuzione elettrica del filtro armonico del V ordine.
L’andamento di tali grandezze evidenzia che, a parità di potenza attiva assorbita dal carico,
la potenza reattiva induttiva aumenta di 2000KVAR con un peggioramento del fattore di
potenza sino al valore di 0,75.
Figura 18.3l: Trend della potenza attiva, reattiva e del PF del carico complessivo
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Questo passaggio è importante per capire se il filtro, il cui schema è rappresentato dalla
figura 18.3m, svolge la sua funzione correttamente:
Figura 18.3m: Schema unifilare del filtro armonico del V ordine
dove:
• C1÷C9: Condensatori;
• L1÷L3: Reattanze,
Il filtro presenta i seguenti dati di targa:
•
•
•
•
Potenza nominale: 4050kVAR
Tensione nominale: 8780V
Frequenza di accordo: 250Hz
Corrente nominale 210A
I singoli componenti induttanza/capacità, presentano i seguenti valori:
• Reattore: L=2,5mH; I=425A
• Capacità: C=167,4µF; I=266A; V=8.78kV; Q=4050kVAR
Il costruttore del filtro ha opportunamente trovato il compromesso tra i valori d’induttanza e
di capacità, considerando diverse criticità fra cui:
1.
2.
3.
4.
le esigenze impiantistiche (spazi, ingombri, installazione ecc…);
le possibilità costruttive dei reattori (tipicamente molto ingombranti);
la capacità rifasante del filtro;
lo studio dei parametri R-L-C della rete.
Il terzo punto è fondamentale per non eccedere nel rifasare eccessivamente il sistema ed è
un vincolo da rispettare!
Assumendo il valore d’induttanza di 2,5mH si calcola, con la formula 18.3.3 (ricavata dalla
formula per il calcolo delle oscillazioni libere: ), un valore di capacità di circa
162,3 microfarad. Il dato coincide con il valore di targa del banco di rifasamento (167,4 µF).
Formula 18.3.3
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Dalla figura 18.3l si nota che il filtro, quando inserito, rifasa il sistema per una potenza
reattiva capacitiva di circa 2000kVAR, migliorando il fattore di potenza del sistema sino al
valore di 0,84.
Sempre dai dati di targa, si nota che la batteria di condensatori ha una potenza reattiva
complessiva di 4050kVAR, alla tensione nominale di 8780V.
Essendo il parametro capacità dipendente dalla tensione elettrica e considerando che la
tensione d’impiego del quadro di distribuzione è di 6300V, si ricalcola opportunamente il
valore di capacità del banco di rifasamento con la formula 18.3.4 .
Formula 18.3.4
Il nuovo valore del banco (Q1) coincide con la variazione della potenza reattiva misurata in
figura 18.3l e dimostra che il filtro è perfettamente funzionante e accordato.
I filtri del VII e XI ordine, esclusi al momento delle prove, sono realizzati con lo stesso
principio costruttivo variando opportunamente i parametri L-C per i nuovi accordi a 350Hz e
550Hz , comunque in grado di erogare una potenza reattiva totale di 4000kVAR.
Se si considerano le misure di figura 18.3l nel momento di assenza dei filtri passivi, si può
individuare nel valore di 6000kVAR la potenza reattiva capacitiva necessaria per rifasare la
distribuzione elettrica a un valore di fattore di potenza pressoché unitario (1).
In conclusione, il costruttore dei filtri ha eseguito i calcoli con diligenza, ottenendo gli
obiettivi prefissati tra cui:
•
•
•
•
la riduzione delle componenti armoniche di corrente;
il rifasamento del sistema (2000kVAR+2000kVAR+2000kVAR);
il contenimento delle emissioni armoniche in impianto;
il miglioramento del tasso di distorsione armonica in tensione (THDv%)
18.4 Una distribuzione elettrica troppo rifasata:
errore progettuale o di concetto ?
A seguito del mal funzionamento del banco di rifasamento per la correzione del fattore di
potenza di un nuovo reparto per la preparazione e la mescola della gomma, si esegue una
campagna di misure presso la cabina di trasformazione MT/BT ove il banco è connesso
alla rete elettrica.
Lo schema di figura 18.4a rappresenta la distribuzione elettrica di BT, con indicati:
• il punto IPC ove si sono acquisiti i dati elettrici (M);
• il banco di rifasamento per la correzione del fattore di potenza (500kVAR);
• la batteria di condensatori fissa per la correzione del PF del trasformatore, quando
in funzione ‘a vuoto’ (50kVAR);
• i carichi elettrici M1-2 e M3-4, costituiti da una doppia coppia di motori da 320kW;
• due coppie di variatori di velocità da 400kW (VSD1-2/VSD3-4), accessoriati con filtri EMC
e filtri armonici.
Da un’analisi sommaria, sembrerebbe che tutto sia correttamente coordinato! Ciascun
motore è azionato dal proprio variatore di velocità e, per la riduzione delle emissioni
armoniche e il rispetto dell’inquinamento EMC in alta frequenza, si sono opportunamente
utilizzati un filtro passivo per le riduzioni delle componenti armoniche del V, VII e XI ordine e
un filtro EMC.
Dato che anche le verifiche del settaggio della centralina di regolazione del banco di
rifasamento hanno dato esito positivo, ci si potrebbe chiedere quale sia il problema!
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La risposta arriva dall’analisi dei dati acquisiti nel punto-M (IPC), che denotano un fattore
di potenza sempre capacitivo, compreso tra -0,2 e -0,7 . È quindi intuibile che il banco di
rifasamento da 500kVAR non inserisca alcun condensatore in rete: il sistema è già di per sé
rifasato!
Figura 18.4a: Distribuzione elettrica di BT
‘reparto mescola gomme’
La figura 18.4b, evidenzia la particolarità del funzionamento di una coppia di motori. Il PF
è, come detto, sempre capacitivo con un deciso miglioramento nel momento in cui i motori
sono chiamati a fornire la potenza meccanica massima richiesta dalla macchina industriale.
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Figura 18.4b: Trend della potenza elettrica (P)
Ci si potrebbe però chiedere perché si possa essere creata una situazione simile!
La risposta arriva sempre dall’interpretazione delle misure effettuate sul campo, che
indicano una percentuale di carico massima solamente del 35%. A differenza del caso
riportato nel capitolo §18.3, ove la progettazione è corretta, qui il progettista della macchina
per la lavorazione della gomma ha sovrastimato la potenza meccanica impegnata,
dimensionando i motori elettrici in modo eccessivo. La mancanza di carico elettrico e la
presenza dei filtri passivi associati ai quattro variatori di velocità (che alla frequenza di
rete sono dei generatori di potenza reattiva capacitiva), sono le ragioni per cui il sistema
di distribuzione sarà sempre di tipo R-C. La batteria di condensatori fissa contribuirà poi a
peggiorare la situazione creando un potenziale pericoloso per le considerazioni fatte nel
capitolo §13!
La soluzione a questo problema, come intuibile, non sarà di certo economica, ma
a prescindere dai costi, l’intenzione di associare il mal funzionamento del banco di
rifasamento alla presenza di grossi carichi non lineari, quali i variatori di velocità, oppure
alle emissioni EMC sempre da essi emanate, è stata decisamente sbagliata. La campagna
di misure ha quindi sciolto il dubbio della presenza di problemi di Qualità dell’Energia.
18.5 Due casi nel merito del fattore di potenza ma,
nulla si crea, nulla si distrugge!
Le verifiche del corretto funzionamento dei contatori fiscali, ha assunto nel tempo
sempre più importanza da parte degli uffici istituzionali europei direttamente interessati al
rilevamento delle misure per fini erariali (in Italia l’ente preposto è l’Agenzia delle Dogane).
L’adozione a livello europeo della direttiva MID (Measuring Instruments Directive), ha
conformato questo aspetto migliorando e armonizzando alcune delle diverse tipologie di
contatori di misura, fra cui quelli per la misura dell’energia elettrica. La direttiva MID utilizza
poi un proprio marchio per identificare le apparecchiature certificate e permette una più
attenta analisi statistica dei flussi di energia, in relazione alla quantità di materie prime
utilizzate per produrli.
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In Italia, l’attuazione della direttiva MID per i nuovi contatori d’energia attiva e il controllo
dei contatori già in servizio alla data del recepimento della direttiva da parte del parlamento
italiano, è ottemperata da un elenco di laboratori accreditati dall’Agenzia delle Dogane.
Dal punto di vista costruttivo, i contatori dell’energia elettrica attiva sono realizzati secondo
le prescrizioni della norma EN 50470, che ne determina la classe di precisione: A - B
- C, oppure secondo la norma EN 62053 con le proprie classi: 0,5 - 1 - 2 e 0,2s - 0,5s.
L’armonizzazione introdotta dalla direttiva MID non è riuscita a conformare le diverse classi
di precisione che restano distinte nelle due norme.
Si ricorda che la direttiva MID non esclude l’obbligo dell’Agenzia delle Dogane ad applicare
un sistema di sigilli al semplice contatore di energia attiva, oppure alla catena di misura
costituita da contatore e riduttori di misura, per evitare qualsiasi manomissione.
Per il primo caso studiato in questo capitolo, la tipologia di contatori di energia attiva
utilizzata, rientra nella categoria di strumenti di misura con un maggior pregio costruttivo
permettendo, infatti, una serie di misure aggiuntive fra cui la rappresentazione vettoriale
del sistema elettrico ove il contatore risulti connesso. La peculiarità è molto utile quando
si installa, come nel caso indicato, un contatore di energia in un quadro elettrico dove,
per diverse ragioni (obsolescenza, incuria ecc…), non si conosca lo schema elettrico di
collegamento dei trasformatori di misura.
Figura 18.5a: Rappresentazione vettoriale (errata per il caso considerato)
di un carico trifase (PF=0,98 RC )
L’installatore può semplicemente osservare i vettori elettrici sul display, controllarne la
sequenza oraria delle fasi e modificarla in caso d’incongruenza. Ed è quel che è accaduto
in questa circostanza, con la coincidenza di ottenere la rappresentazione vettoriale di figura
18.5a.
Ci si domanda allora, visto la semplicità dell’installazione, perché da tutto questo ne sia
scaturita una forte diatriba tra l’energy manager dell’azienda interessata al ‘revamping’ di
uno scomparto di MT in una cabina elettrica, con il costruttore del contatore.
La risposta giunge dalla figura 18.5b, che corrisponde alla vera rappresentazione vettoriale
del carico alimentato e che differisce per una potenza elettrica attiva misurata del -35% !
Il tecnico installatore, accortosi della presenza di una sequenza fasi inversa durante il
collaudo della catena di misura, ha opportunamente invertito due connessioni voltmetriche
per ottenere la rotazione oraria delle fasi, ma commettendo l’errore di non controllare la
corrispondenza dei circuiti amperometrici, che rimanevano discordi fra loro! La coincidente
presenza di un carico induttivo fortemente sfasato ha ingannato l’operatore, che si è fidato
della rappresentazione vettoriale di figura 18.5a.
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Figura 18.5b: Rappresentazione vettoriale (corretta) di un carico trifase R-L
fortemente sfasato (PF=0,65 RL)
Il caso riportato, risolto mediante l’ausilio di un analizzatore di rete, è l’esempio di come un
semplice errore d’inserzione di uno strumento di misura, possa trascinare con sé molteplici
problematiche, partendo dalla messa in discussione della qualità del prodotto sino al
raggiungimento di forti scontri commerciali.
A conferma di questo si riporta un secondo caso legato ad un’erronea valutazione delle
misure di assorbimento di una linea elettrica, apparentemente caratterizzata da un fattore
di potenza di 0,87 (figura 18.5c).
Il fattore di potenza, come descritto al capitolo §11, è un argomento legato alla Qualità
dell’Energia, ma in termini economici e quando il suo valore è troppo basso, può essere
anche un motivo di aggravio dei costi nel bilancio energetico di un’azienda. Tutto ciò
a causa dell’eccessivo trasporto di energia reattiva induttiva, che il distributore deve
preoccuparsi di bilanciare sulla rete.
Figura 18.5c: Piano di gauss (errato!) di una linea elettrica e stato del carico
(P=959kW; Q=543kVAR; PF= 0,87)
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Proprio per i motivi descritti e per ottimizzare il fattore di potenza della linea considerata in
questo secondo caso, si decide di approssimare, con un banco di rifasamento da 250kVAR,
il PF del sistema al nuovo valore di 0,95 . L’attività descritta rientrerebbe nella quotidiana
routine di un progettista, ma la figura 18.5d ci riporta alla vera condizione elettrica della
linea, il cui carico elettrico alimentato, per la presenza di diversi motori elettrici di grossa
taglia, azionati da drive in corrente continua di vecchia concezione, è fortemente sfasato
con un valore di fattore di potenza di 0,2!
Figura 18.5d: Piano di gauss (reale!) di una linea elettrica e stato
del carico (P=118kW; Q=1.040kVAR; PF= 0,2)
La potenza reattiva capacitiva necessaria per rifasare la reale condizione elettrica della
linea al fattore di potenza di 0,95 è nuovamente calcolata in 550kVAR, cioè a una potenza
doppia di quella stimata nella prima valutazione.
In questi due casi ‘nulla si crea, nulla si distrugge’ è una frase azzeccata!
Il carico elettrico determina sempre una condizione, un equilibrio di funzionamento del
sistema che può divergere da una qualsiasi interpretazione razionale. Commettere un
errore di inserzione dello strumento di misura è sempre possibile!
18.6 Spike di corrente killer in un ISP
(internet service provider)!
Prima di trattare il prossimo caso si dà la spiegazione dell’espressione: ‘parzializzare la
corrente elettrica’.
Consideriamo l’esempio di un piccolo alimentatore elettrico AC/DC (alternata/continua)
prima nella versione ‘lineare’ (figura 18.6a), poi nella versione ‘switching’ (figura 18.6b).
Figura 18.6a: Schema elettrico di un alimentatore lineare
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Figura 18.6b: Schema elettrico di un alimentatore switching
Figura 18.6c: Principio di funzionamento della tecnologia PWM
L’alimentatore lineare di figura 18.6a è semplicemente realizzabile con l’ausilio di:
––
––
––
––
un trasformatore elettrico (dimensionato per la potenza che si intende utilizzare);
un regolatore di tensione (un reostato variabile o un transistor);
un diodo (per la conversione della tensione elettrica da alternata a continua);
due condensatori (per livellare e stabilizzare la tensione continua).
L’alimentatore switching di figura 18.6b è invece costruito utilizzando:
––
––
––
––
un ponte di diodi;
un modulatore PWM;
un trasformatore elettrico in ferrite (adatto per il funzionamento ad alta frequenza);
un circuito d’uscita L-C
L’alimentatore lineare è migliore per via della stabilità elettrica e per il basso livello di
distorsione armonica, ma purtroppo è costoso, ingombrante e consuma molta energia
elettrica. L’alimentatore switching è invece il giusto compromesso per ottenere buone
prestazioni elettriche associate a basse perdite e ingombri contenuti però, a differenza di
quello lineare, necessita di maggiori accorgimenti costruttivi poiché integra un modulatore
ad alta frequenza (chopper) che, funzionando con tecnologia PWM (pulse with modulation),
permette di ridurre il valore di tensione continua secondaria.
La differenza dal punto di vista delle emissioni elettromagnetiche è più marcata per
l’alimentatore switching, specialmente nei modelli più economici e non dotati di filtri EMI
(Electromagnetic Interference) o del circuito PFC (Power Factor Control), ed è proprio
questa una delle ragioni per cui nei laboratori di misura si preferisce la tipologia ‘lineare’.
Per capire come funziona un alimentatore switching, si pensi al circuito di figura 18.6c e alla
capacità dell’interruttore elettronico a operare cicli di chiusura e apertura del circuito con
un’alta frequenza di lavoro. Se in un tempo definito (Tciclo), si operassero diverse chiusure
e aperture del circuito (Ton , Toff), si creerebbero dei ‘duty cycles’ (definiti dal rapporto:
Tciclo ÷ Ton), cioè degli impulsi energetici tali da permettere, grazie al livellamento e al
mantenimento del segnale operato dai dipoli L e C, la ricostruzione di una tensione elettrica
ridotta (Vout).
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Quel che si è appena sintetizzato è il principio di funzionamento della tecnologia PWM e la
figura 18.6d confronta fra loro tre differenti ‘duty cycles’, per il conseguimento di altrettante
tre tensioni Vout .
Figura 18.6d: Esempio di modulazione PWM (duty cycles)
Utilizzando questa tecnologia, è possibile realizzare alimentatori SMPS (switching
mode power supply) economici, dotati di trasformatori elettrici di dimensioni inferiori,
tipicamente in ferrite, adatti a lavorare con una tensione d’ingresso ad alta frequenza
e con perdite minime della potenza elettrica. A un circuito di raddrizzamento iniziale
segue la modulazione PWM che, variando il segnale d’ingresso in alta frequenza, pilota
il trasformatore elettrico. Il segnale alternato in uscita dal trasformatore è poi nuovamente
raddrizzato e livellato e tutto il processo è controllato da un segnale di retroazione, che si
integra nel circuito del modulatore.
La tecnologia PWM è utilizzata anche per la conversione della tensione elettrica da
continua a alternata (DC/AC) e trova applicazione negli inverter di potenza e nei gruppi
statici di continuità (UPS), tipicamente con frequenza di lavoro fissa, oppure nei variatori
di velocità (VSD - variable speed drive) che permettono il controllo della velocità e
della coppia meccanica, regolando contemporaneamente la frequenza e la tensione
di funzionamento dei motori elettrici utilizzati nei processi industriali. A tale proposito si
riportano due figure rappresentative del funzionamento di un variatore di velocità nella
ricostruzione di un segnale con frequenze elettriche di 30HZ e 15HZ (figure 18.6e, 18.6f).
Nei riquadri in rosso delle due figure è possibile notare la ricostruzione del segnale
alternato in uscita dal variatore di velocità, utilizzando la modulazione PWM. Il segnale è
poi opportunamente livellato dai filtri L-C in uscita, sino a ricostruire una perfetta sinusoide
(linea arancio) denominata Vout.
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Figura 18.6e: Modulazione PWM 240V, 30HZ
Figura 18.6f: Modulazione PWM 122V, 15HZ
Dopo avere illustrato il principio di funzionamento dell’alimentatore switching e
dell’importante impiego della tecnologia PWM, riprendiamo il filo conduttore della
pubblicazione, considerando l’alimentatore switching nella sua classificazione costruttiva,
che lo identifica nella tipologia dei carichi non lineari. In figura 18.6g è riportata la forma
d’onda assorbita dall’alimentatore di un computer durante il suo funzionamento.
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Figura 18.6g: Forma d’onda corrente/tensione di un alimentatore switching monofase
Accade che il condensatore d’ingresso CA (figura 18.6b), necessario per stabilizzare
la tensione d’ingresso al modulatore, sia caricato elettricamente solamente quando la
tensione di alimentazione raggiunge l’ampiezza massima della sua forma d’onda e il ciclo
si ripete per ogni semiperiodo. Si può quindi anche affermare che la corrente elettrica
assorbita è ‘parzializzata’ dalla modalità di funzionamento dell’alimentatore switching
(ed ecco la risposta al quesito iniziale!). Proseguendo la discussione, è consequenziale
chiedersi cosa potrebbe accadere alla rete elettrica di un edificio commerciale quando si
utilizzano centinaia di computer, tutti collegati al proprio alimentatore switching monofase.
La risposta è visibile in figura 18.6h dove la corrente elettrica è fortemente parzializzata,
ricca di componenti armoniche e capace di deformare, per i motivi discussi al capitolo
§12, la tensione elettrica. La scomposizione di Fourier si contraddistinguerà poi per la forte
presenza di una corrente armonica del III ordine, tipica dei carichi non lineari monofasi.
Figura 18.6h: Deformazione della tensione elettrica in un edificio commerciale
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Ritornando al caso dello ‘spike killer’, ecco riportato in figura 18.6i la registrazione di un
picco anomalo di corrente capace di causare l’intervento di alcuni interruttori automatici
modulari, in un quadro di distribuzione (IPC) al primo piano di un edificio tecnico, con
decine di computer collegati. Il fenomeno EMC localizzato in quel preciso punto della
palazzina composta di tre piani identici, tutti adibiti ad uso ufficio, è la ragione per cui si è
attuata una campagna di misure specifica.
Nella figura 18.6i la corrente IL3 , misurata sull’interruttore generale del quadro elettrico,
subisce improvvisamente un repentino innalzamento del suo valore sino al valore di 95Apicco
a fronte di un normale consumo di 38Apicco.
Lo spike misurato, seppur breve, possiede tutto il potenziale per provocare l’intervento
intempestivo e casuale delle protezione magnetiche degli interruttori modulari derivati a
valle dell’interruttore generale; ed è proprio quel che è accaduto!
Figura 18.6i: Cattura di uno spike di corrente (95Ap) in una dorsale elettrica
Questo caso, alquanto bizzarro, è stato risolto grazie ad una serie di misure incrociate sul
quadro interessato dal fenomeno EMC e grazie alla caparbietà dei tecnici Q.E. che, dopo
avere considerato tutte le possibili interferenze elettromagnetiche, verificato il sistema
di distribuzione, i collegamenti equipotenziali, le connessioni di terra, si sono accorti
della ciclicità dell’evento rielaborando i dati acquisiti dalla strumentazione di misura, con
riferimento al conduttore del neutro (figura 18.6l)
Figura 18.6l: Trend rms della corrente di neutro
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Cambiando la prospettiva della ricerca e coinvolgendo altri IPC della distribuzione elettrica,
si è risaliti alla causa del problema, attribuita ad un vecchio banco di rifasamento per la
correzione del fattore di potenza installato nella cabina elettrica MT/BT dell’azienda che, a
intervalli regolari, inseriva una batteria di rifasamento che interagiva elettromagneticamente
con le capacità dello stadio d’ingresso degli alimentatori switching dei computer connessi al
primo piano della palazzina!
Il fenomeno è noto poiché, inserendo un condensatore in un circuito ove sia presente un
altro condensatore già elettricamente carico, si provoca un passaggio transitorio di carica
elettrica. Il perché questo passaggio di carica elettrica sia avvenuto solamente con le
utenze elettriche del primo piano dello stabile, necessita la compilazione di un modello
matematico, ricavando i parametri R-L-C dei circuiti interessati.
Per lo specifico caso, è stato sufficiente sostituire il vecchio banco di rifasamento con un
nuovo modello provvisto di reattanze di de-tuning.
18.7 Qualità dell’Energia e efficienza energetica:
ordine incontrovertibile
L’efficienza energetica è la disciplina principe per ottenere il risparmio energetico!
Questo caso dimostra che è possibile migliorare il consumo di una macchina industriale
permettendo anche di osservarlo graficamente nelle diverse figure. Con riferimento ad una
pressa industriale da 350kW per la lavorazione della plastica, si riporta, in figura 18.7a,
il trend della potenza attiva assorbita principalmente dalla centralina oleodinamica che,
mantenendo in pressione il circuito idraulico, permette il rapido stampaggio dei prodotti.
In figura 18.7b è riportata invece la stessa condizione di funzionamento avendo però
implementato un variatore di velocità (VSD - variable speed drive) per il comando del
motore elettrico. Il risparmio della potenza assorbita dalla rete è notevole: circa 8,8kW.
Le figure 18.7c e 18.7d, relative al trend dell’energia attiva, traducono poi il risparmio di
potenza in un minore consumo energetico.
Figura 18.7a: Trend della potenza attiva in origine
Figura 18.7b: Trend della potenza attiva post modifica
Figura 18.7c: Energia assorbita in origine (1h)
Figura 18.7d: Energia assorbita post modifica (1h)
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In questo esempio il variatore di velocità, intervenendo sui tempi di inutilizzo del circuito
idraulico, permette una modulazione della potenza elettrica assorbita migliorandone
il consumo elettrico. Caso chiuso quindi? Niente affatto! Ricordiamoci di quanto detto
e qui sintetizzato, riguardo alla correlazione tra efficienza energetica (EE) e la Qualità
dell’Energia, al §1: ‘la prerogativa per ottenere l’efficienza energetica è l’esistenza di
un’adeguata Qualità dell’Energia’.
In questo ambito, l’astuzia nel proporre studi mirati al conseguimento dell’EE cela aspetti
che potrebbero portare a seri problemi impiantistici. Si osservino attentamente le seguenti
figure, rappresentative delle differenze di funzionamento della pressa in condizioni pre e
post intervento.
Figura 18.7e: Trend THDv% in origine
Figura 18.7f: Trend THDv% post modifica
Figura 18.7g: Spettro armonico della tensione in origine
Figura 18.7h: Spettro armonico della tensione post modifica
Figura 18.7i: Trend THDi% in origine
Figura 18.7l: Trend THDi% post modifica
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Figura 18.7m: Spettro armonico della corrente in origine
Figura 18.7n: Spettro armonico della corrente post modifica
Si saprebbe indicare quale sia l’unica figura che presagisce la potenziale nascita di un
problema di Compatibilità Elettromagnetica sulla rete?
Il funzionamento del variatore di velocità è caratterizzato dalla parzializzazione della forma
d’onda della corrente elettrica (concetto espresso al capitolo §18.6) e la tecnologia di
raddrizzamento è quella classica per la generazione di correnti armoniche in relazione alla
formula 18.3.1 . È quindi normale osservare, nelle misure post installazione del variatore di
velocità, un aumento del tasso di distorsione armonica in corrente (THDi%) (figura 18.7l)
e giustificare la presenza di determinati ordini armonici (figura 18.7n). Quello che lascia
perplessi è che in figura 18.7f, si osserva un elevato aumento del tasso di distorsione
armonica in tensione (THDv%), che interesserà tutte le apparecchiature connesse alla
distribuzione elettrica. La figura 18.7f è dunque la risposta alla domanda sopra posta.
Se si pensa che l’esempio riportato riguarda una sola pressa industriale e che la proposta
commerciale è di estendere l’efficienza energetica (EE) a tutte le altre presse dell’industria,
è logico aspettarsi che la rete elettrica probabilmente soffrirà di problemi di Compatibilità
Elettromagnetica, con tutte le incognite che potrebbero derivarne. Ecco perché l’EE
deve essere associata alla possibilità della rete di tollerare i disturbi di Compatibilità
Elettromagnetica (EMC) introdotti dall’utilizzo di apparecchiature e carichi non lineari.
18.8 Può l’uomo influire sulla Qualità dell’Energia?
Dopo diverse aperture intempestive del dispositivo di protezione generale di una rete di
distribuzione a media tensione in un ospedale, si autorizza una campagna di misure nella
cabina di consegna (PCC) dell’energia elettrica, per verificarne la Qualità dell’Energia. La
cabina elettrica con fornitura a 15kV è composta dalle seguenti apparecchiature:
–– una cella generale d’arrivo;
–– tre celle di alimentazione per i trasformatori di potenza;
–– una cella per l’alimentazione di una seconda cabina elettrica di trasformazione.
L’intervento tecnico dovrà dimostrare le cause dei continui disservizi, attribuiti dall’utente al
gestore della rete; le ipotesi iniziali propendono per le forti sovratensioni transitorie generate
da speciali ‘recloser’ di recente applicazione (interruttori elettrici di sezionamento con
tecnologia di estinzione dell’arco sottovuoto), utilizzati sulla rete a media tensione.
La campagna di misura è dunque programmata per la ricerca di tali fenomeni EMC e un
analizzatore di rete viene installato al punto di fornitura dell’energia elettrica, con il compito
di monitorare la Qualità dell’Energia della rete.
Grazie all’esperienza del tecnico Q.E. e al considerevole aiuto della protezione elettronica
dotata di un registratore digitale di eventi, si riesce però, ancor prima della fine della
campagna di misure, ad analizzare un’oscilloperturbografia (figura 18.8a), coincidente con
un’apertura intempestiva dell’interruttore generale.
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V32 , V0 , l1 , l2 , )
l3
Figura 18.8a: Oscilloperturbografia relè di protezione generale ( V
, 21
L’oscillogramma descrive un cortocircuito bifase isolato (vedi figura 15.3c), con la presenza
di elevate correnti di cortocircuito dai valori di picco superiori a 4kA e la diminuzione
delle tensioni concatenate interessate al guasto. Ne seguono il fuori servizio della rete di
distribuzione elettrica dell’utente e l’attivazione dei circuiti di alimentazione d’emergenza fra
cui i gruppi elettrogeni e i gruppi ridondanti (UPS).
L’interpretazione di questo oscillogramma, da parte del tecnico Q.E., certifica quindi
un problema sulla rete dell’utente che sarà obbligato a ritrattare la sua accusa iniziale,
sollevando il gestore della rete pubblica da qualsiasi responsabilità per gli eventi accaduti.
Visto che anche la campagna di misure al PCC risulterà poi conforme alla norma EN50160,
al tecnico Q.E. non resta che cercare l’origine del problema all’interno della rete utente.
A tal fine, è necessario premettere che la struttura ospedaliera sta per inaugurare una
nuova ala di degenza e, per necessità di consumi, è stata deliberata la costruzione di una
seconda cabina di trasformazione in box prefabbricato, posizionata all’esterno del nuovo
complesso edilizio. Una nuova linea di alimentazione a media tensione è quindi posata fra
la nuova cabina e la cabina già esistente.
Si badi bene a interpretare quel che è accaduto e a conformarsi sul fatto di come l’uomo
veramente abbia il potenziale intrinseco per facilitare l’instaurasi di pericolosi fenomeni EMC!
Il tecnico Q.E. , forte della convinzione delle sue analisi, si reca presso la cabina
prefabbricata tentandone invano l’accesso per la presenza di un acre odore di ozono
(legame molecolare triatomico dell’ossigeno), sintomo di un serio problema elettrico in
corso. Seguirà poi la devastante scoperta della presenza dell’acqua di condensa all’interno
di tutti gli scomparti di MT a 15kV che, riducendo l’isolamento elettrico tra le parti attive e
la massa, ha causato l’innesco di diverse scariche elettriche, con il risultato di danneggiare
irreparabilmente le apparecchiature.
La cattiva Qualità dell’Energia, chiudendo il caso, rientra senza ombra di dubbio nella
casistica delle cause esterne d’influenza alla Q.E.!
Le figure 18.8b, 18.8c, 18.8d e 18.8e rendono un’idea approssimativa di quanto accaduto!
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Figura 18.8b: Ripartitori di campo elettrico ossidati e presenza
di tracce bianche (tracking) sui passanti in resina epossidica
Figura 18.8c: Particolare attacco cavi con presenza di acqua
di condensa e vistose ossidazioni
Figura 18.8d: Particolare presenza d’acqua di condensa
sui metalli
Figura 18.8e: Particolare scarica elettrica parti attive/massa
Un’appendice a tale specifico caso si rende necessaria perché questa è la tipica
situazione che si presenta ogni qual volta l’ingegnerizzazione di un locale elettrico non è
particolarmente accurata. La scelta tecnica sbagliata del grado di protezione (IP), la scarsa
considerazione della condizione ambientale d’utilizzo delle apparecchiature elettriche,
regolata dalla famiglia di norme EN 60721-3-0 (classificazione dei gruppi di parametri
ambientali e loro severità), la presenza di acqua nei cunicoli e/o vani cavi, l’architettura
della cabina (isolamento termico, dissipazione termica, ventilazione, ecc…), la presenza
di salsedine, l’alto tasso d’umidità relativa, l’elevata escursione termica tra il giorno e la
notte sono solo alcuni importanti aspetti, spesso sottovalutati per la mancanza di una
minuziosa indagine preventiva, che potrebbero evitare il rapido degrado e guasti ai prodotti.
Le funzionalità delle innumerevoli apparecchiature elettroniche di comando, di controllo e
di potenza sono, infatti, molto suscettibili alle condizioni ambientali e costituire una cabina
elettrica in un edificio residenziale, oppure realizzarla in mezzo ad un’umida campagna,
come nel caso degli impianti fotovoltaici, non è assolutamente la medesima cosa. Quello
che manca è un coefficiente ambientale da assegnare alle diverse zone geografiche
che compongono il nostro paese, tale da poter essere confrontato con la classificazione
dei prodotti secondo, ad esempio, la norma EN 60721-3-0. Il perché si sia formata tutta
quell’acqua di condensa all’interno dei locali è poi presto spiegato; in condizioni ambientali
difficili l’umidità nell’aria può condensare:
• per apporto di ulteriore umidità (a temperatura costante);
• per la variazione della temperatura (a umidità costante).
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Per illustrare il secondo dei due motivi elencati, si osservi il diagramma psicrometrico
dell’aria di figura 18.8f, che rappresenta le variazioni dell’aria umida e dal quale si possono
individuare le diverse grandezze termoigrometriche dell’aria (temperatura bulbo secco e
umido, umidità specifica e relativa, temperatura di rugiada, entalpia e volume specifico).
In un locale a 21,5°C di temperatura ambiente, con un’umidità relativa dell’80%, il punto di
rugiada, cioè il momento in cui si verifica la formazione di goccioline d’acqua, è stimato al
valore di 17,5°C. Qualora nello stesso locale esistesse una superficie ad una temperatura
inferiore, su tale superficie si formerà acqua di condensa. Il fenomeno si identifica in quel
che accade sui vetri delle automobili nelle stagioni invernali (appannamento).
Figura 18.8f: Diagramma psicometrico dell’aria (fonte:Wikipedia)
La spiegazione deriva dal fatto che l’umidità relativa (U.R.) e la temperatura sono correlate.
A parità di quantità di grammi di vapore acqueo contenuti in un volume d’aria, più bassa
sarà la temperatura più alta sarà l’umidità relativa, poiché minore sarà la miscibilità del
vapore acqueo nell’aria.
18.9 Rilevatore di corrente omopolare, protezione direzionale
di terra e scatti intempestivi
I dispositivi di protezione elettronica (relè) proteggono i circuiti elettrici dai diversi fenomeni
elettromagnetici che potenzialmente possono perturbare, in qualsiasi istante, gli impianti
e le reti elettriche. Queste apparecchiature sono strutturalmente diverse fra loro; possono
essere, infatti, parte integrante dei dispositivi di manovra, come negli interruttori di
bassa tensione, oppure essere componenti separati che, per svolgere il loro compito
di protezione, si interfacciano a un dispositivo di manovra elettromeccanico. Il principio
di funzionamento di un relè di protezione consiste nel controllo dei parametri elettrici
fondamentali (tensione, corrente, potenza ecc…), che caratterizzano una determinata
linea o carico elettrico. Qualora si verifichi un’anomalia tale da superare la soglia fissata
dal progettista, il relè impartisce il comando di apertura al dispositivo di manovra, evitando
la propagazione del fenomeno EMC (esempio: sovraccarico, cortocircuito, sovratensione,
buco di tensione ecc..) sulla linea.
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I relè elettronici di protezione più evoluti non si limitano a proteggere il circuito per un
singolo disturbo EMC, ma offrono al progettista la possibilità di proteggere il sistema da più
fenomeni elettromagnetici contemporaneamente. Per ogni ‘azione’ d’intervento, la norma
ANSI/IEE C37.2 assegna un codice alfanumerico alla specifica protezione (esempi: 50
indica la protezione del relè per la massima corrente di cortocircuito; 46 indica la protezione
del relè per la massima corrente di sequenza inversa; 27 indica la protezione del relè per
minima tensione ecc…).
Per il caso che tratteremo in questo capitolo il codice della protezione generale d’impianto,
cui si riferiscono le diverse aperture intempestive del sistema di protezione generale di uno
stabilimento, è 67N (protezione per massima corrente direzionale di terra) e la figura 18.9a
ne riporta la schermata di regolazione (riquadro giallo). Nella figura sono visibili anche tutte
le possibilità d’intervento del relè, rappresentate dai diversi codici ANSI/IEE C37.2 (riquadro
rosso).
Figura 18.9a: Schermata di regolazione della protezione 67N di un relè elettronico
La protezione direzionale di terra correla, come già spiegato al capitolo §15.4, i valori di
tensione e corrente residua, misurati dai riduttori di tensione e corrente omopolare, e il
loro angolo di sfasamento per discriminare un guasto a monte o a valle dal suo punto
d’installazione. Le regolazioni delle soglie d’intervento possono essere determinate da
specifici studi di selettività della rete, oppure essere comunicate dal distributore, nel caso
in cui il relè sia anche la protezione generale d’impianto installata al PCC. Le continue
lamentele dell’utente nei confronti dell’impiantista riguardano quest’ultima circostanza,
poiché i problemi sulla rete dello stabilimento sono successivi proprio al lavoro di
adeguamento dell’impianto alle disposizioni normative.
Si ricorda che lo scopo di tale modifica è anche quello di confinare i problemi EMC
all’interno della rete utente, evitandone la propagazione sulla rete elettrica del distributore
nelle modalità discusse al capitolo §6.
Il tecnico Q.E., intervenuto per studiare il caso e raccogliendo le informazioni circostanziali
per cui gli eventi si manifestano, attesta inizialmente le seguenti condizioni d’esercizio:
1. la rete MT del distributore è di tipo IT, gestita a neutro isolato (§14);
2. le soglie d’intervento della protezione direzionale di terra sono comunicate
dal distributore;
3. la soglia (S1) della corrente omopolare è fissata a 2A (6A nel caso di neutro
compensato);
4. la soglia (S1) della tensione omopolare è fissata al 2% di Un (6% di Un nel caso
di neutro compensato);
5. l’angolo d’intervento (S1), tra tensione e corrente omopolare, è da 240° a 300°
(da 110° a 300° per la gestione della rete a neutro compensato);
6. il ritardo d’intervento della protezione (S1) è di 100ms (380ms nel caso di neutro
compensato).
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Da queste premesse il tecnico Q.E. deduce che:
• il gestore può cambiare lo stato di messa a terra del neutro (da isolato a compensato,
avendo specificato all’utente la regolazione delle soglie per entrambe le situazioni);
• durante gli scatti intempestivi del sistema di protezione generale d’impianto non sono
mai state segnalate anomalie funzionali sulla rete utente.
L’ipotesi preventiva rileva che qualcosa di inconsueto è accaduto nella fase di adeguamento
del sistema ai nuovi criteri di allacciamento alla rete pubblica! La complessità delle
modifiche eseguite, che non riguardano solamente il montaggio del nuovo relè di
protezione, ma anche la sostituzione dei trasduttori di misura (TA, TV) e la realizzazione
della necessaria circuiteria elettrica per il suo corretto funzionamento, potrebbero quindi
celare la reale causa degli scatti intempestivi.
Suddividendo il piano di Gauss secondo gli angoli imposti dal distributore, si rappresenta in
figura 18.9b la sintesi grafica della dinamica di funzionamento della protezione direzionale
di terra, per il caso descritto.
Figura 18.9b: Suddivisione del piano di Gauss, come da indicazioni del distributore (67N, soglia S1)
È noto che un guasto franco a terra di una fase in un sistema a neutro isolato, determina la
formazione di una tensione e una corrente omopolare, ortogonali fra loro. Riferendo a zero
gradi la tensione residua Vr, la corrente residua e capacitiva Ir è attesa nel settore verde (in
anticipo), ma potrebbe essere che, per simmetria d’installazione del rilevatore di corrente
omopolare, possa trovarsi nel settore in violetto di figura 18.9b.
La direzione dell’intervento è una scelta del progettista che decide quale sia il settore, linea
o sbarra, da utilizzare. La figura 18.9c, che rappresenta la distribuzione elettrica del caso
studiato, mostra che la direzione corretta per proteggere l’utenza è ‘Sbarra’ e tale scelta
coincide con le impostazioni indicate in figura 18.9a.
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Figura 18.9c: Schema unifilare della cabina utente e localizzazione della zona di confine Linea/Sbarra
Dopo le necessarie premesse, riprendiamo l’iter di analisi del tecnico Q.E. , il quale
giungerà alla soluzione del caso per mezzo delle potenzialità del nuovo relè elettronico che,
essendo dotato di un campionatore ad alta frequenza e di una memoria digitale, ha tradotto
l’ultimo evento passivo per la rete utente in due files tipo ‘comtrade’ (standard IEEE che
descrive il formato d’archiviazione delle forme d’onda di corrente e tensione), permettendo
lo studio delle dinamiche del fenomeno EMC.
Nella figura18.9d, relativa alla prima registrazione, il tecnico osserva che, prima del guasto,
l’esercizio della rete è stabile con un assorbimento di una corrente trifase di circa 31A e
con una tensione nominale concatenata approssimata al valore di 20,4kV.
Figura 18.9d: Esercizio della rete MT utente in condizioni pre-evento
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Nel secondo file comtrade (figura 18.9e), la presenza, per un tempo superiore a 100ms, di
una tensione residua di 33kV e quella di una corrente residua di 5A, nel settore indicato,
assoggettano l’immagine grafica alla perdita d’isolamento di una fase del sistema. Essendo
poi tutti i parametri misurati superiori alle soglie imposte dal distributore (figura 18.9a, soglia
S1), la protezione direzionale di terra impartisce il comando di apertura del circuito elettrico
all’interruttore generale dello stabilimento, creando un inevitabile disservizio.
Dalla figura 18.9e il tecnico Q.E, intravede però anche la soluzione del caso! Anche il
lettore potrebbe notare l’anomalia, osservando la disposizione dei vettori tensione/corrente
residua e il settore d’intervento.
Figura 18.9e: Analisi del guasto sul sistema di MT
Per le dovute spiegazioni, ridisegniamo il piano di Gauss in figura 18.9f e rappresentiamo in
esso la tensione e la corrente residua che hanno provocato l’ultimo intervento del relè.
Figura 18.9f: Settori d’intervento e posizione della tensione e corrente residua nell’ultimo evento acquisito dal relè
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Avendo premesso che la rete dell’impianto monitorato non è fonte di guasti, la presenza
di una corrente omopolare nel settore violetto non è corretta! Tale corrente doveva essere
compresa nel settore opposto.
Le necessarie verifiche impiantistiche denunceranno l’errata installazione del rilevatore di
corrente omopolare le cui polarità invertite hanno reso sensibile la protezione direzionale di
terra a tutti gli eventuali problemi della rete del distributore.
Anche questo caso è da imputare ad un’influenza esterna alla Qualità dell’Energia, che
questa pubblicazione ha spesso considerato quale concausa alla propagazione dei
fenomeni EMC.
Il caso in questione insegna anche che la professionalità, la formazione e la preparazione
dei tecnici installatori sono spesso vitali per il buon funzionamento dei prodotti elettronici
utili alla protezione delle reti elettriche.
18.10 Guasti ripetuti a un variatore di velocità (VSD)
Sicuramente vi sarà capitato di assistere alle variazioni di portata dell’acqua di un rubinetto
di casa quando contemporaneamente se ne apre un altro oppure di notare come la
pressione dell’acqua sia più elevata al mattino presto o di sera tardi. Avrete anche notato
come l’erogazione dell’acqua da un rubinetto sia diversa da casa a casa, tra il primo e
l’ultimo piano di un condominio, oppure in una casa di città e in quella di un piccolo paese
rurale, per esempio tra casa vostra e la residenza di una vacanza estiva o invernale.
Se avete notato almeno una volta uno di questi fenomeni, allora potrete comprendere
che tutto ciò accade perché esiste una rete idrica suscettibile ai tipici problemi di una
distribuzione estesa, proprio come succede per le reti elettriche; la differenza sta nel fatto
che l’energia elettrica non è così tangibile come l’acqua, ma le analogie fra le due reti
infrastrutturali non mancano affatto!
L’acqua di un acquedotto, tramite una rete costituita da tubature man mano di minor
sezione, giunge sino alle case di tutti noi, ma più saranno le utenze alimentate, più difficoltà
si avrà a garantire la pressione dell’acqua fornita alla presa (minimo 50kpa, riferito al
piano abitabile più elevato - massimo 700kpa, riferito al piano stradale). Gli enti preposti
interverranno per migliorare le situazioni critiche interconnettendo, ad esempio, altre reti
idriche oppure impiegando potenti pompe elettriche, per aumentare la pressione nei tubi, o
utilizzando serbatoi d’accumulo, veri UPS d’acqua potabile. Se si immaginasse di sostituire
virtualmente la sorgente idrica con una centrale elettrica, ogni singola utenza con un
carico elettrico, le tubature con i conduttori elettrici e si considerassero le interconnessioni
delle reti elettriche al pari di quelle idriche, ecco che l’analogia sopra citata prende forma.
Il paragone varrebbe anche per i temuti fenomeni EMC sulle reti elettriche; il buco di
tensione, ad esempio, può corrispondere a un calo della pressione d’acqua, la breve
interruzione a una chiusura di una valvola idraulica e, qualora si considerassero i possibili
danni materiali, un cortocircuito elettrico al devastante ‘colpo d’ariete’. Anche i gestori
delle due reti infrastrutturali condivideranno problematiche simili, con l’obbligo di rendere
soddisfacente la qualità della fornitura al pubblico.
Questi parallelismi ci permettono di introdurre e interpretare il caso successivo, che
riguarda una piccola realtà industriale impegnata sul fronte del riciclaggio dei materiali
di scarto. La richiesta di un’elevata potenza elettrica dalla rete pubblica, realizzata con
tubature di portata inadeguata, cioè da linee elettriche di inadatta sezione, provocheranno
un calo della pressione idrica, cioè elevate cadute di tensione nei conduttori elettrici, con
problemi di fornitura del servizio, cioè con malfunzionamenti elettrici!
Per esigenze di produzione, si realizza un macchinario per il trattamento della gomma, che
però manifesterà da subito diversi guasti di funzionamento al variatore di velocità (160kW,
400V) adibito all’azionamento del suo motore principale. Dopo l’ennesima rottura del VSD
(variable speed drive) si effettua una specifica campagna di misure elettriche per stabilire le
cause dei guasti.
Il tecnico Q.E. , nella sua indagine precognitiva, individua da subito le aree d’interesse,
indicate nello schema elettrico di figura 18.10a.
In esso si distinguono:
–– la rete del distributore, in rosa;
–– la rete della società monitorata, in azzurro;
–– la rete di un secondo utente, in viola.
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I punti M1 e M2 sono invece i luoghi scelti per l’installazione di due analizzatori di rete,
per l’acquisizione dei dati. Alla rete utente-1 è connesso anche un campo fotovoltaico di
100kWp ‘grid connected’.
Figura 18.10a: Schema unifilare della distribuzione elettrica di BT
Nelle figure 18.10b si riportano i trend della potenza media attiva e reattiva misurati in M2 ,
mentre in figura 18.10c è tracciato l’andamento della tensione elettrica. L’intervallo di misura
è la media quadratica dei valori efficaci delle grandezze elettriche di ciascun minuto.
Il tecnico Q.E. , osservando i grafici relativi a due cicli di funzionamento
dell’apparecchiatura, denota un marcato calo della tensione elettrica nell’istante del
maggior prelievo di potenza elettrica dalla rete. Il valore di tensione residua raggiunto,
seppur contenuto nei limiti della norma EN 61000-2-4 (-15% considerando il punto
di accoppiamento in impianto M2 di classe-3, per la presenza di carichi non lineari),
non è però da solo sufficiente per giustificare un guasto a un prodotto, che per le sue
caratteristiche può sopportare cadute di tensione (cdt) superiori.
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Figura 18.10b: Trend della potenza attiva e reattiva in M2
Figura 18.10c: Trend della tensione concatenata in M2
Si decide di aumentare la sezione dei cavi di alimentazione dell’apparecchiatura. Il
confronto dei dati acquisiti in M2 con le misure ottenute in M1, cioè al punto di fornitura
pubblica dell’impianto, non confermerà questa ipotesi; il tratto di conduttura elettrica tra il
PCC e il variatore di velocità è ben dimensionato e i trend della tensione elettrica nei due
punti di misura sono identici (figura 18.10d e figura 18.10c).
L’origine della caduta di tensione è, per questi motivi, da ricercarsi a monte del punto di
fornitura pubblico!
Figura 18.10d: Trend della tensione concatenata in M1
Figura 18.10e: Analisi statistica della Q.E. in M1 (EN 50160)
Dall’analisi statistica dei dati acquisiti in M1,
si scopre anche che il livello di Compatibilità
Elettromagnetica del Flicker (§15.11) eccede le
probabilità ammesse dalla norma EN 50160, vedi
figura18.10e, mentre la figura 18.10f mostra il trend
del fenomeno EMC.
Il disturbo del Flicker può liberamente propagarsi e
manifestarsi sulla rete del distributore, deteriorando
la Qualità dell’Energia complessiva del sistema
e ripercuotersi negativamente anche sulla rete
dell’utente-2, inizialmente non considerato
nell’analisi di questo caso.
Figura 18.10f: Trend del Flicker in M1
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Il tecnico Q.E. , proseguendo le analisi, decide di approfondire la correlazione tra il
fenomeno elettromagnetico della caduta di tensione e del Flicker, utilizzando la registrazioni
ad alta risoluzione delle grandezze elettriche acquisite nei due punti di misura.
In figura 18.10g e 18.10h si riportano i trend della potenza e della tensione elettrica, per
due cicli di funzionamento del variatore di velocità, misurati in M2. L’aggregazione dei valori
efficaci dei dati per ciascun periodo di 200 millisecondi sarà determinante per spiegare le
innumerevoli rotture del variatore di velocità e della presenza del Flicker!
Figura 18.10g: Trend della potenza elettrica in M2 (200ms)
Figura 18.10h: Trend della tensione concatenata in M2 (200ms)
Si scopre infatti che la rete elettrica a monte del punto di fornitura non è in grado di
sostenere le richieste istantanee di potenza elettrica dell’azionamento, a causa delle
elevate cadute di tensione!
Questo fatto comporta che:
–– il VSD, rendendosi suscettibile alla critica condizione di lavoro, periodicamente si guasta;
–– il trend asimmetrico delle tensioni elettriche, come descritto al capitolo §15.11, determina
una modulazione di bassa frequenza della forma d’onda fondamentale, generando il
fenomeno del Flicker (vedi figura 15.11a).
Le figure 18.10i e 18.10l riflettono la coerenza dei dati fra i due analizzatori di rete. Anche
le misure della potenza e della tensione elettrica in M1 confermano l’esistenza di una
limitazione di fornitura elettrica a monte del punto di consegna pubblico.
Figura 18.10i: Trend della potenza elettrica in M1 (200ms)
Figura 18.10l: Trend della tensione concatenata in M1 (200ms)
Resta da capire perché tutto questo accade!
È noto che qualsiasi rete elettrica è progettata per il trasporto continuativo di un determinato
valore di potenza elettrica, contenendone gli effetti termici, il decadimento dei materiali e le
cadute di tensione. Anche la rete utente e la rete del distributore rispettano questi principi, ma
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con l’eccezione che il distributore può legare queste garanzie alla potenza elettrica stabilita
nel contratto di fornitura tra le parti e che, nel nostro caso, è di 100kW.
Ricollegandosi all’analogia iniziale, la strozzatura delle condutture idrauliche al PCC, cioè
la minima sezione dei cavi per un trasporto continuativo di potenza di 100kW con cdt
contenute, non è quindi in grado di garantire la necessaria portata d’acqua, cioè di potenza
elettrica, al nuovo macchinario installato!
Per questo motivo un variatore di velocità dalla potenza nominale di 160kW non
avrebbe mai dovuto coesistere su una rete elettrica dimensionata per soli 100kW! Il
malfunzionamento è assicurato!
Inoltre si deve considerare che:
–– il gestore della rete pubblica esigerà il contenimento del Flicker nei limiti della norma;
–– le apparecchiature installate sulla rete utente-2 soffriranno di un rapido decadimento
delle prestazioni a causa dell’elevato Flicker. L’utente-2 potrà però, sempre per la
presenza del Flicker, contestare il contratto di fornitura al distributore, per via della cattiva
Qualità dell’Energia fornita;
–– il livello d’immunità delle apparecchiature installate sulla rete utente-1 soffriranno
anch’esse per la presenza di un elevato Flicker;
–– il rendimento della produzione elettrica del campo fotovoltaico sarà compromesso
per l’instabilità della tensione;
–– gli inverter per la conversione della potenza continua in alternata si potranno guastare,
poiché suscettibili ad un Flicker elevato.
Le soluzioni tecniche di questo caso non potranno che passare attraverso l’aumento della
potenza contrattuale fornita, ma il valore di 160kW segna normativamente il passaggio
della fornitura di energia elettrica ad un livello di tensione superiore (media tensione).
L’utente si trova cioè nella condizione di dover realizzare una cabina di trasformazione MT/
BT, abbandonando la fornitura in bassa tensione.
18.11 Un filtro passivo naturale: sgradito però!
Il caso seguente è la dimostrazione di come la progettazione elettrica spesso sottovaluti le
complicanze dovute a problemi di Compatibilità Elettromagnetica che, paradossalmente,
possono scaturire proprio all’interno della realtà elettrica progettata, a causa di un errato
coordinamento delle emissioni elettromagnetiche le quali, come già spiegato al capitolo §6,
interagiscono costantemente sulle reti, ai diversi livelli di tensione elettrica.
Questo caso insegna che i circuiti elettrici in regime alternato, seppur simili, necessitano
di una propria carta d’identità e nel campo dei segni particolari si dovrà indicare il valore di
frequenza elettrica critica di funzionamento.
Tutti i circuiti sono potenzialmente oscillanti e se, allargando il perimetro, si considerassero
la moltitudine di circuiti elettrici interconnessi fra loro sino a costituire una complessa maglia
elettrica composta di diversi elementari dipoli (resistenza, condensatore e induttanza),
probabilmente potrà capitare che anche una piccola centrale idroelettrica costituita da un
generatore asincrono, da un trasformatore MT/BT e da un banco di rifasamento, si comporti
da circuito oscillante nei confronti della rete a maggior potenziale elettrico, filtrando da esso
la componente armonica con valore di frequenza prossimo a quello riportato sulla carta
d’identità del sistema.
Nel caso considerato, gli indicatori che hanno richiesto un intervento tecnico qualificato e
avviato una meticolosa campagna di misure nella centrale idroelettrica sono stati i seguenti:
1. presenza di elevato tasso di distorsione armonica in tensione (THDv%);
2. presenza di un livello di rumorosità eccessivo nel generatore;
3. comportamento anomalo del trend del fattore di potenza del sistema.
Il tecnico Q.E., in virtù di quanto espresso nei tre punti precedenti, ipotizza un problema di
Compatibilità Elettromagnetica, ma per la conferma occorrerà aspettare i dati provenienti
dai tre analizzatori di rete, posizionati nei punti M1 , M2 e M3 per il periodo di una settimana.
Si ricorda che tale periodo è il valore temporale minimo, per un’analisi della rete al PCC
(Point of Common Coupling) in accordo con la norma per la Qualità dell’Energia EN 50160.
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La figura 18.11a schematizza la rete di distribuzione del gestore, partendo dalla
generazione elettrica. Lo schema è poi suddiviso in tre zone contigue contraddistinte da tre
diversi colori.
Figura 18.11a: Schema elettrico unifilare della centrale idroelettrica e percorso della V e VII armonica
Le aree d’interesse sono:
–– la rete a media tensione del distributore, in azzurro, dove sono connesse diverse utenze,
tra cui una con discrete immissioni di armoniche del quinto e settimo ordine, pianificate
con il distributore;
–– la rete utente, in grigio, alimentata in media tensione e che permette l’immissione in
rete dell’energia prodotta dal generatore elettrico di bassa tensione, per mezzo di
un trasformatore MT/BT. Sulla rete di bassa tensione è connesso anche un banco di
rifasamento per la correzione del fattore di potenza;
–– la rete di trasmissione in alta tensione, in rosa.
L’analisi dei dati acquisiti in M2 permette l’inizio delle considerazioni tecniche da parte
del tecnico Q.E. che osserva, in figura 18.11b, l’anomalo comportamento di tre giorni
consecutivi del tasso di distorsione armonica sulla rete utente; nelle ore notturne si supera
il valore limite dell’8%.
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Per la norma EN 61000-2-4 questo fatto sentenzia un eccessivo deterioramento della forma
d’onda della tensione elettrica, con la possibilità di malfunzionamento delle apparecchiature
che condivideranno quel determinato punto di accoppiamento in impianto (IPC)!
Figura 18.11b: Trend del tasso di distorsione armonica THDv%
Con l’ausilio della figura 18.11c, la quale correla il trend del fattore di potenza dell’impianto
misurato in M3, cioè complessivo della rete utente, con l’andamento del THDv% del sistema
di bassa tensione in M2, si formuleranno concrete risposte ad ognuno dei tre quesiti posti.
Confrontando il grado d’inquinamento armonico raggiunto con i livelli d’immunità delle
apparecchiature installate sulla distribuzione elettrica, il tecnico riscontrerà infatti che:
–– il trend del THDv% cresce nelle ore serali, persistendo nella notte fino al mattino;
–– il disturbo armonico supera il grado d’immunità del microprocessore di controllo del
banco di rifasamento, che entra in autoprotezione scollegando i condensatori dalla rete;
–– il tasso di distorsione armonica della tensione diminuisce, in assenza del banco di
rifasamento;
–– il tasso di distorsione armonica della tensione aumenta, in presenza del banco
di rifasamento.
Quest’ultimi due punti sono la conferma dell’esistenza di un possibile problema di risonanza
elettrica fra i componenti della distribuzione di bassa tensione, che provoca un circolo vizioso
di aumento/diminuzione del THDv%, riflesso nei momenti di attacco/stacco dei condensatori.
Figura 18.11c: Trend del fattore di potenza (PF) in M3 e del THDv% al PCC (M2). Nel riquadro le correlazioni tra le due grandezze (200ms rms)
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La difficoltà sta però nell’individuare quale siano gli elementi che entrano in risonanza fra
loro!
La rete utente è infatti composta prettamente da carichi lineari: una macchina rotante,
un banco di rifasamento e un insieme di apparecchiature di controllo, per un carico
complessivo di 30kW, necessario per il funzionamento della centrale. La presenza di alcuni
alimentatori switching e quella di un raddrizzatore di poca potenza sono da escludere da
qualsiasi problema d’interazione con la rete, pur essendo sempre dei carichi non lineari.
Ci si domanda allora ove risieda la causa di questa perturbazione elettromagnetica!
Utilizzando la formula semplificata per il calcolo della frequenza critica del sistema
(formula 18.2.9), si scopre che il circuito elettrico è potenzialmente risonante al quinto e
settimo ordine armonico, in relazione al numero di condensatori connessi sulla rete utente.
L’induttanza del trasformatore e la capacità elettrica del banco di rifasamento, costituiscono
quindi un potenziale filtro armonico in pieno accordo alle soluzioni delle formule 18.11.1 e
18.11.2.
Formula 18.11.1
Formula 18.11.2
Il tecnico Q.E. non tarderà quindi ad associare il deleterio fenomeno elettromagnetico ai
componenti elettrici della rete stessa che, comportandosi da filtro L-C (§18.3) nei confronti
della rete a maggior potenziale elettrico, attirano le correnti armoniche del V e VII ordine
generate dall’industria metallurgica connessa alla rete di MT del distributore (figura 18.11a)
e la cui lavorazione, per vantaggi economici, è prettamente notturna.
Questa situazione provoca l’innalzamento del tasso di distorsione armonico in corrente e in
tensione della rete utente nei modi già visti in figura 18.11b!
Come riscontro pratico all’ipotesi formulata, si esegue una prova funzionale che prevede
l’arresto del generatore elettrico e l’inserzione a step dei banchi di condensatori.
In figura 18.11d si osserva una corrente elettrica generata di circa 680A, linea blu, mentre
il banco di rifasamento per la correzione del fattore di potenza della generazione assorbe
circa 460A (linea rossa). Entrambi i valori sono misurati nei punti M1 e M2 di figura 18.11a.
La figura 18.11e ritrae il comportamento del tasso di distorsione armonica in tensione del
sistema nelle fasi del test.
Figura 18.11d: Trend della corrente di generazione, della tensione di BT
e della corrente del banco di rifasamento
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Figura 18.11e: Trend del tasso di distorsione armonica THDv% nel periodo di test
Nella area in rosa di figura 18.11d si arresta la generazione elettrica e si inseriscono
manualmente le batterie di condensatori, prima per la potenza reattiva capacitiva di
415kVAR poi, diminuendone il valore, per una potenza di 191kVAR. Il risultato del test
(figura 18.11e) è descritto come segue:
1. all’inizio il tasso percentuale di distorsione armonica (THDv%) è nell’ordine del 4,5%;
2. con la generazione ferma e il rifasamento escluso il tasso di distorsione si attesta su
bassi valori (1,5%);
3. l’inserzione delle batterie di condensatori eleva il THDv% a valori critici per il sistema
(@ 8%);
4. alla ripresa della generazione elettrica, con i banchi di rifasamento ancora inseriti,
la funzionalità del filtro si attenua e la distorsione in tensione diminuisce al 2,5%.
Con questo test si dimostra sia la teoria ipotizzata dal tecnico Q.E. sia la causa
dell’aumento delle vibrazioni meccaniche nel generatore. La forte distorsione della tensione
crea, infatti, una circolazione di corrente del quinto ordine negli avvolgimenti dello statore
del generatore, tale da originare un campo magnetico opposto al campo fondamentale
e con una frequenza di rotazione di 250Hz (vedi figura 15.7h). Il risultato finale sarà la
creazione di uno squilibrio nei flussi elettromagnetici, con la manifestazione di vibrazioni
meccaniche nella macchina.
L’accordo del filtro L-C della rete utente al quinto o settimo ordine armonico, dipende
invece dalla potenza reattiva capacitiva immessa in rete dai condensatori. Le amplificazioni
avvengono nei seguenti modi:
–– con 415kVAR si accentua la corrente armonica del V ordine (figura 18.11f);
–– con 191kVAR si accentua la corrente armonica del VII ordine(figura 18.11g).
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Figura 18.11f: Trend della corrente di quinta armonica
Figura 18.11g: Trend della corrente di settima armonica
Concludendo il caso studiato, si osservi come la tensione di rete aumenti (§13) nei momenti
in cui il sistema di rifasamento è connesso in rete con piena potenza (figura 18.11d, linea
azzurra).
18.12 Fonti rinnovabili e ambiti EMC
Anche le nuove tecnologie energetiche, quali le fonti rinnovabili, non sono immuni ai
fenomeni elettromagnetici! A differenza di tutte le fonti che utilizzano un generatore elettrico
per la produzione di energia (eolico, biomassa, cogenerazione, idroelettrico ecc..), il
fotovoltaico soffre di alcuni disturbi ‘pseudo EMC’ i cui effetti sono ancora poco considerati
dai tecnici Q.E. , poiché la loro interpretazione differisce dalle classiche valutazioni tecniche
in ambito EMC.
Si fa riferimento all’ombreggiamento, alla dispersione elettrica e all’effetto PID (Potential
Induced Degradation)!
Prima di introdurre i casi da analizzare, si descrive brevemente il funzionamento di un
modulo fotovoltaico sottoposto a irraggiamento solare. Nella rappresentazione di figura
18.12a, si distinguono:
–– il collegamento in serie di 60 celle fotovoltaiche, per una tensione totale di 36,72V
(60 x 0,612V);
–– la connessione elettrica di n°3 diodi di by-pass polarizzati inversamente, posti nella
cassetta di giunzione (junction box), installata sul lato posteriore dei moduli.
Sul lato destro della figura 18.12a, si riportano il modello costruttivo a strati e lo schema
elettrico di una cella fotovoltaica ricavata dalla lavorazione del silicio e successivamente
drogata sulle due superfici piane con boro e fosforo, sino a ottenere una giunzione P-N.
Ogni singola cella fotovoltaica costituisce in tal modo un potenziale elettrico +/- ai suoi capi,
quando sottoposta a irraggiamento solare (misurato in watt al metro quadro - W/m2).
Sul lato sinistro della figura 18.12a si equiparano invece le serie delle singole celle
fotovoltaiche alla connessione in serie di semplici batterie domestiche.
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Figura 18.12a: Struttura di un modulo fotovoltaico e relative connessioni elettriche (in verde si evidenzia il percorso
della corrente elettrica)
Il modulo di figura 18.12a è quindi un piccolo generatore capace di fornire una potenza
elettrica di 215Wp in condizioni di prova standard STC (1000W/m2, 25°C).
Per convertire opportunamente l’energia solare, si realizzano campi fotovoltaici composti
anche di migliaia di moduli, seguendo i progetti costruttivi e precise regole tecniche. Il
campo fotovoltaico sarà poi connesso agli inverter di potenza DC/AC, che si occuperanno
di rendere pubblica la potenza elettrica disponibile, rispettando le regole di connessione
alla rete elettrica nazionale.
Per quanto simili fra loro, ogni campo fotovoltaico si contraddistingue per:
–– la connessione in serie di più moduli (stringa) sino a ottenere la tensione desiderata (Vmax);
–– la connessione in parallelo delle singole stringhe, sino a ottenere la corrente elettrica
desiderata (Imax);
–– la combinazione (array) delle connessioni, sino ad ottenere la potenza nominale
del campo (Pmax);
–– l’utilizzo di diverse tecnologie di conversione statica della potenza elettrica.
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Il primo disturbo fonte di grandi cali di produzione, ma anche possibile causa di principi
d’incendio e della rottura dei moduli fotovoltaici, è l’ombreggiamento!
Figura 18.12b: Comportamento del modulo fotovoltaico sottoposto ad ombreggiamento (by-pass serie-1)
Una cella fotovoltaica si comporta, infatti, da diodo in conduzione quando sottoposta
a irraggiamento solare, ma da circuito ohmico quando in ombra. In quest’ultimo caso,
il passaggio di una corrente elettrica coincide con una pericolosa potenza elettrica da
dissipare, capace di creare un punto caldo sul modulo (hot spot).
Il problema, parzialmente risolto dai diodi di by-pass posti nella junction-box la cui
polarizzazione inversa permette di shuntare la serie delle celle afflitte da un’ombra
localizzata, è pericoloso quando esiste la possibilità che intere stringhe siano ombreggiate
per diversi motivi. In questa situazione, oltre a un calo della produzione elettrica, non è da
escludere il rischio di una circolazione di pericolose correnti inverse.
Nella figura 18.12b sono raffigurati un fenomeno d’ombreggiamento localizzato sul modulo
e il nuovo percorso della corrente elettrica indicato dalle frecce verdi.
La tabella 18.12a stima invece la perdita percentuale di potenza di una stringa composta da
venti moduli da 230Wp (VOC di 740V e ISC di 8,4A), connessi in serie e sottoposta a due tipi
di ombreggiamento parziale: quello orizzontale e quello verticale.
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Tabella 18.12a: Simulazione di un ombreggiamento orizzontale e verticale di una stringa
La differenza tra i valori riscontrati (-2,1%; -6,2%) sta nel fatto che l’ombreggiamento
parziale orizzontale determina la perdita di un terzo della produzione del modulo (l’effetto è
del tutto identico a quel che accadde in figura 18.12b), mentre l’ombreggiamento parziale
verticale equivale alla perdita totale della potenza prodotta da un modulo (si considerino
entrambi i diodi di by-pass di figura 18.12b in conduzione).
L’ombreggiamento è causa anche di una campagna di misura effettuata presso un campo
fotovoltaico da 500kWp, realizzato su una copertura di uno stabilimento industriale e
caratterizzato da un basso P.R.% (Performance Ratio), cioè da una bassa resa rispetto a
quella stimata.
Essendo la produzione di energia rinnovabile incentivata da regolamenti nazionali che
ne riconoscono, in base alle tipologie costruttive dell’impianto e all’energia prodotta,
adeguate tariffe, un basso P.R.% si traduce sistematicamente in una perdita economica per
l’investitore, che vedrà anche allungarsi il periodo di payback dell’impianto.
La poca esperienza nel settore e la mancanza di un’adeguata strumentazione per i
necessari rilievi in campo, porteranno l’installatore a individuare nella conversione DC/
AC l’origine del basso rendimento del campo fotovoltaico. Al costruttore dell’inverter non
resterà che affidarsi al tecnico Q.E. per le opportune considerazioni tecniche.
Osservando la disposizione del campo fotovoltaico, misurando le buone performance di
conversione della macchina statica (inverter) e individuando la presenza di molteplici ombre
sui moduli, nel modo indicato in figura 18.12c, il tecnico Q.E. smonterà da subito la tesi
formulata dall’installatore! I calcoli quantificheranno poi che la condizione sistemica delle
ombre proiettate sui moduli, inibirà la conversione di circa 30kW di potenza elettrica (-6%).
La soluzione al problema si otterrà con l’abbattimento dei muretti di protezione ai lucernari
del capannone.
Figura18.12c: Ombreggiamento di un modulo fotovoltaico per la presenza di un muretto di protezione
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Dall’analisi di questo caso si evince che l’ombreggiamento, determinato da fattori
naturali cioè dall’interposizione di un ostacolo tra la sorgente luminosa (sole) e il modulo,
è percepito dal campo fotovoltaico come un disturbo che limita la piena conversione
dell’energia solare in energia elettrica!
Il modulo fotovoltaico ha un ruolo fondamentale nell’introdurre il secondo disturbo ‘pseudo
EMC’ considerato nel seguente capitolo: la dispersione elettrica di un campo fotovoltaico
dipende dal fatto che a ogni modulo è associata una fisiologica capacità parassita verso
terra, spesso sottovalutata dai progettisti. L’insieme delle superfici dei moduli installati
in qualsiasi campo fotovoltaico costituisce quindi un naturale condensatore elettrico,
polarizzato quotidianamente anche dagli eventi che accadono nell’atmosfera, il cui valore di
capacità elettrica complessiva equivale alla somma della capacità di tutti i moduli.
La tecnologia della conversione DC/AC è invece importante nel determinare il valore
della corrente parassita, poiché essa assume un potenziale elettrico verso terra diverso
rispetto alla presenza o meno del trasformatore d’isolamento, utilizzato per la separazione
galvanica dei circuiti elettrici di potenza dell’inverter. Durante il funzionamento il
condensatore parassita può quindi trovarsi:
–– p
olarizzato con una tensione pari a una parte dell’ampiezza della tensione nominale
della rete AC, se in assenza del trasformatore d’isolamento (scelta più diffusa);
–– polarizzato con una tensione alternata di pochi Volt, se in presenza del trasformatore
d’isolamento.
La circolazione di una minima corrente di dispersione è una condizione fisiologica di ogni
campo fotovoltaico. Si consideri che anche l’inverter contribuisce alla circolazione di una
corrente dispersa, per la presenza dei filtri L-C (<10mA). La situazione cambia qualora
esistano elevate estensioni dei cavi oppure per la presenza di umidità o di acqua di condensa
sui moduli o ancora per l’inosservanza delle normative d’installazione (presenza d’infiltrazioni
d’acqua nei pozzetti o cunicoli, installazione del campo poco curata ecc…). In queste
circostanze l’elevata dispersione provoca inevitabilmente l’intervento del CPI per il basso
isolamento raggiunto dal campo, con il conseguente distacco dalla rete pubblica dell’inverter.
La tabella 18.12b si presta a interpretare quanto fin qui descritto; le caselle in rosso
indicano un serio problema di produzione d’energia di un inverter da 630kWp, proprio per il
basso isolamento elettrico di un campo fotovoltaico.
Tabella 18.12b: Log events di un inverter sottoposto a ripetuti arresti per il basso livello d’isolamento
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Se si pensa che i dati elaborati in tabella 18.12b si riferiscano solamente ad uno dei sei
inverter installati in un campo fotovoltaico da 3,5MWp, tutti afflitti da problemi analoghi, è
palese che la dispersione elettrica deve considerarsi a tutti gli effetti un disturbo ‘pseudoEMC’ necessariamente da limitare. Le caselle in rosso di tabella 18.12b attestano, infatti,
la mancata conversione di energia di un inverter per circa tre ore, contro un periodo utile di
circa tredici ore (-23%)!
Per il tecnico Q.E. chiamato a trovare un rimedio al serio problema del basso isolamento si
prospetterà (tra le continue lamentele del produttore) un difficile problema da risolvere!
Un aiuto giungerà dalla sofisticata componentistica elettronica di cui è costituita la
macchina statica. L’hardware di un inverter impiega sia interfacce di comunicazione HIG
(Human Interface Guidelines), per il dialogo con l’operatore, che schede di logging per la
connessione remota ai sistemi SCADA. Quest’architettura incontra l’interesse del produttore
che può disporre di tutti i dati della generazione elettrica (potenza attiva, fattore di potenza,
chilowattora prodotti ecc…), ma anche di tutti i file di ‘log event’ o di ‘log allarm’ associati a
malfunzionamenti. Le schede sono anche dotate d’ingressi digitali; a uno di essi si collega il
contatto di ‘trip’ (scatto) del controllore permanente d’isolamento (CPI).
Incrociando i file di log con la registrazione dei parametri elettrici dell’analizzatore di rete e
esaminando le registrazioni ambientali (temperatura, umidità) interni ed esterni alla cabina
di conversione per diversi periodi dell’anno, il tecnico Q.E. giungerà alla conclusione che
l’origine del basso livello d’isolamento, cioè dell’elevata corrente dispersa, dipenderà dalla
particolare zona geografica ove si è costituito il campo!
L’area di costruzione si trova in una zona depressa, cioè sotto il livello del mare, oltre
che a esserne vicino; la scelta di non prevedere un adeguato grado di protezione IP dei
componenti, l’uso di prodotti non tropicalizzati, la realizzazione di cabine di conversione
non sigillate, cioè senza l’utilizzo della climatizzazione e la forte presenza della salsedine di
mare, si sono tradotti in un vero incubo per il produttore.
Questo caso, ovviamente, si presterà a un’onerosa e alquanto difficile soluzione tecnica!
L’ultimo indesiderato disturbo ‘pseudo EMC’ che affligge la tecnologia fotovoltaica è l’effetto
PID (Potential Induced Degradation). Questo disturbo è poco noto fra gli addetti al settore,
ma è responsabile di cali di produzione anche nell’ordine del 20%. L’effetto è associato alle
alte tensioni elettriche DC cui sono continuamente sottoposti i moduli fotovoltaici nelle medie/
grandi installazioni e dimostra come in qualsiasi tecnologia esista sempre un limite fisico del
materiale impiegato, oltre il quale gli effetti positivi previsti possono subire una deriva.
È alquanto noto che, a parità di potenza prodotta, elevando la tensione elettrica, la
corrente diminuirà e con essa si attenueranno anche le perdite per effetto Joule dovute
alla resistenza elettrica dei circuiti, dei connettori, delle diverse giunzioni elettriche con
cui si realizza un impianto. La tensione continua dei più recenti campi fotovoltaici è, per
questi motivi, prossima al superamento della soglia di 1000Vcc , con il duplice vantaggio di
migliorare il rendimento della conversione e di ottenere la semplificazione dei progetti, oltre
che a ridurne sensibilmente i costi.
La norma CEI-64-8, classifica gli impianti di categoria I (bassa tensione) quelli con una
tensione continua compresa tra 120Vcc e 1500Vcc ; ma per superare la barriera dei 1000Vcc
si dovrà migliorare la tecnologia di costruzione dei moduli fotovoltaici.
L’effetto PID è essenzialmente dovuto al fatto che il potenziale elettrico verso terra di
un campo fotovoltaico non è nullo, ma assume valori che dipendono dal tipo d’inverter
installato. Tra la parte attiva e il telaio di sostegno ai moduli si possono riscontrare valori
di tensione pari circa alla metà della tensione nominale DC del campo (esempio: 350Vcc
in un campo con tensione nominale di 700Vcc), permettendo alla carica elettrica di fluire
dalla parte attiva del modulo verso terra. La polarizzazione che si crea è tale da modificare
la curva caratteristica tensione/corrente delle celle fotovoltaiche, riducendone la potenza
media fruibile.
L’effetto PID è molto complesso, ma quanto fin qui descritto ne rende intuibile il concetto.
I costruttori stanno cercando una soluzione al problema utilizzando, ad esempio, nuovi
materiali di assemblaggio dei moduli o attuando soluzioni impiantistiche quali la messa a
terra del polo positivo o negativo del generatore fotovoltaico (inverter permettendo!), oppure
applicando una tensione DC inversa al campo nelle ore notturne. L’effetto PID è infatti
reversibile.
Riassumendo quanto descritto, si è dimostrato che nel settore fotovoltaico esistono forme di
disturbo relativamente nuove che possono determinare un problema di Qualità dell’Energia.
Il pericoloso riflesso di questi fenomeni ‘pseudo EMC’ è che possono determinare sensibili
sbilanciamenti della produzione elettrica immessa nella rete pubblica!
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Un impianto fotovoltaico deve dare la garanzia della continuità dell’esercizio, permettendo
al gestore della rete nazionale di programmare anzitempo il dispacciamento dell’energia.
Purtroppo la forte incentivazione al settore ha permesso parecchi azzardi costruttivi che
si tradurranno in una deriva dalle performance previste. Un esempio è riportato in figura
18.12d !
Figura18.12d: Ombreggiamento esteso di un campo fotovoltaico
18.13 Campo magnetico e correnti indotte
Nella figura 18.13a si mostra l’istante transitorio della messa in servizio di un trasformatore
MT/BT da 1000kVA. Le tre correnti di fase, come visibile, sono molto squilibrate e
sovrapposte a tre componenti transitorie unidirezionali che rendono asimmetrico
l’andamento waveform delle correnti elettriche. La dinamica del fenomeno perdura finché
nelle bobine a media tensione del trasformatore non si crea una ‘contro forza elettromotrice’
(back FEM), capace di opporsi alla tensione applicata ai suoi morsetti. L’ equilibrio raggiunto
coinciderà con il funzionamento a vuoto del trasformatore.
L’inrush current (corrente di spunto) di un trasformatore deve essere sempre monitorato
da un relè di protezione, poiché questa delicata fase coincide con un vero cortocircuito
elettrico trifase. La protezione elettrica è predisposta per emettere un comando di trip
(scatto), qualora le soglie impostate nel relè siano superate. Anche l’insorgenza di un
eventuale componente omopolare I0 (formula 18.13.1) deve essere monitorata dal relè e
per adempiere lo scopo si utilizza il rilevatore di corrente omopolare (TA toroidale).
Formula 18.13.1
La corrente omopolare è nulla in condizioni di perfetto equilibrio delle correnti di fase; può
tuttavia capitare che una cattiva installazione del TA toroidale sui cavi a media tensione
di connessione al trasformatore, ne favorisca l’insorgenza. In quest’ultima situazione
si determina una corrente capacitiva di forma sinusoidale (escludendone il transitorio
iniziale) che circolerà liberamente sugli schermi dei cavi e che, non venendo annullata nel
trasformatore toroidale, sarà captata e interpretata dal relè di protezione come una corrente
di guasto. La figura 18.13a mostra la corrente di spunto trifase di un trasformatore da
1000kVA (linee blu) e la presenza della corrente omopolare (linea in rosso).
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Figura18.13a: Inrush current di un trasformatore da 1000kVA – 20/0,35kV+0,35kV
Quanto descritto rappresenta il primo caso esaminato dal tecnico Q.E. , il quale eviterà
nuove situazioni di figura 18.13a correggendo l’installazione del TA toroidale sui cavi di MT
(vedi riquadro figura18.13a). L’assenza di una corrente omopolare permetterà la messa in
servizio del trasformatore.
Il caso appena risolto non presenta articolate problematiche EMC, ma lo si potrebbe
ascrivere nell’elenco delle influenze indirette alla Qualità dell’Energia.
Lo studio dei prossimi due imprevisti, comporterà un maggior impegno del tecnico Q.E.
poiché dovrà risolvere difficili situazioni di accoppiamenti elettromagnetici fra circuiti!
L’obiettivo sarà quello di applicare correttamente gli studi per la Compatibilità
Elettromagnetica al fine di risolvere l’impossibilità della messa sotto tensione di un
trasformatore MT/BT da 2000kVA e di un motore elettrico trifase di MT da 2,7MW.
A tal fine è utile ribadire due fondamentali principi legati ai campi magnetici:
–– la circolazione di una corrente elettrica variabile nel tempo in un circuito elettrico genera
un campo magnetico;
–– in una spira elettrica chiusa e immersa in un campo magnetico variabile si determina la
circolazione di una corrente indotta capace, a sua volta, di creare un campo magnetico
opposto al campo induttore.
La prima persona che sentenziò queste frasi fu il fisico russo Lenz, mentre la sua
collaborazione con Faraday e Neumann produsse la formula 18.13.1, che permise il calcolo
della FEM (forza elettromotrice) indotta nei circuiti.
dove:
Formula 18.13.1
f:Flusso magnetico
(Weber);
Dalla formula 18.13.1 si ricavano poi le equazioni 18.13.2 e 18.13.3, che consentono
rispettivamente il calcolo dell’auto e della mutua induzione nei circuiti elettrici.
dove:
Formula 18.13.2
L: Induttanza circuito;
i:
Corrente elettrica.
dove:
Formula 18.13.3
M: Coefficiente di mutuo
accoppiamento tra
i circuiti;
i:Corrente elettrica
del campo induttore.
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Se per esempio, la circolazione di una corrente di 30A in una bobina di 25mH è interrotta in
2ms, la FEM autoindotta nella spira sarà calcolata come segue:
Formula 18.13.4
Nella muta induzione la FEM indotta dipende molto dal coefficiente di mutuo
accoppiamento (M); in caso di accoppiamento perfetto, cioè in assenza di flussi dispersi, il
suo valore sarà 1.
Dopo questi brevi cenni teorici sui campi elettromagnetici ELF (Estremely Low Frequency;
0÷3kHz), si prosegue con lo studio dei prossimi due casi.
La messa in servizio di un trasformatore o l’avviamento di un grosso motore di MT trifase,
sono attimi che possono determinare un accoppiamento magnetico fra circuiti, a causa
dell’instaurarsi di una forte circolazione di corrente elettrica. Durante questi istanti il campo
magnetico potrebbe interagire con i TA toroidali per il rilievo della corrente omopolare o con
i circuiti secondari di misura che, rappresentando una spira chiusa, determinerebbero la
circolazione di una corrente indotta.
Figura18.13b: Inrush current di un trasformatore da 2000kVA – 20/0,4kV
Figura18.13c: Avviamento controllato di un motore MT da 2,7MW, 6kV
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In virtù di questo ragionamento si mostrano, nelle figure 18.13b e 18.13c, le
oscilloperturbografie relative ai due casi in analisi. Appare subito evidente la presenza
di due correnti omopolari I0 con valori efficaci superiori ai valori di soglia impostati nei
corrispettivi relè di protezione. La conseguenza è l’intervento del dispositivo di protezione
generale con un comando di trip.
Si notino però le particolari conformazioni delle forme d’onda, specialmente se confrontate
con il caso di figura 18.13a. Il trend è fortemente asimmetrico e spesso caratterizzato dalla
confusa predominanza delle semionde positive o negative. Siamo di fronte a due casi di
accoppiamenti magnetici fra circuiti e la corrente rilevata ha una natura indotta! Spetterà
poi al tecnico Q.E. trovare l’opportuna soluzione per disaccoppiare i circuiti.
Per concludere, si noti in figura 18.13d l’effetto di un campo magnetico non periodico: la
chiave della portella e il chiodo restano sospesi nell’aria, orientati lungo le linee di forza del
campo magnetico generato da una barratura in alluminio posta nelle vicinanze e percorsa
da una corrente continua di 150kAcc .
Figura18.13d: Singolare effetto causato da un forte campo magnetico
di tipo continuo
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PROSPETTIVE!
Se nella seconda metà del secolo scorso era l’elettronica a primeggiare in qualsiasi
prodotto connesso a una tensione di alimentazione, delineando man mano l’abbandono
della tecnologia elettromeccanica, oggi è il software a proporsi come primo attore
interessato all’informatizzazione delle apparecchiature e dei sistemi. Le statistiche
attestano, infatti, che il ‘bit’ è l’unico protagonista a non essere stato penalizzato dall’attuale
crisi!
La meticolosità nello sviluppare software innovativi per il monitoraggio e il controllo dei
processi industriali (scada, dcs), oppure l’uso di interfacce intuitive (HIG - Human Interface
Guidelines) o di servizi Cloud Computing (nuvola informatica), la virtualizzazione dei
computer e dei programmi, gli upgrade software e firmware, sono alcuni dei modi di come
l’informatica si sta proponendo al mercato.
Il processo in atto è straordinario! L’orgoglio di superare questo duro periodo storico sta
costringendo i costruttori più qualificati all’innovazione e una nuova filosofia squisitamente
digitale, aperta e smart (intelligente) si sta sostituendo all’informatica del passato.
Ovunque questo sia accaduto, ne è seguito un successo! Si pensi, per esempio, alla
rapida innovazione dei prodotti televisivi: dal tubo catodico si è passati alla tecnologia del
‘plasma’ e del ‘led’, gustando poi il successo dell’alta definizione (HD) o della tecnologia
3D. Segue il diffondersi di televisori interattivi, multimediali e capaci di dialogare con diversi
dispositivi wireless (WI-FI, Bluethoot) o di connettersi a internet. Si pensi anche al settore
della telefonia, con milioni di apparecchi smartphone sempre più high-tech e full connected
venduti nel mondo, oppure al successo dei Netbook e dei Tablet PC.
Gli investimenti economici per il bit digitale attuati in questi ultimi anni sono ingenti e i
motivi sono anche da cercare nella domanda di riduzione del costo dell’energia e nei piani
d’incentivazione dell’efficienza energetica. Per queste ragioni, l’interesse delle aziende a
sviluppare sia semplici sistemi integrati di monitoring sia piattaforme aperte e complesse
basate su protocolli standardizzati per la gestione puntuale dei dati di diverse industrie
dislocate in svariati paesi, sta aumentando.
La rete e i data center permetteranno poi lo storage dei dati provenienti dai software di
gestione, permettendo al cliente rapide consultazioni on-line o la generazione variegata di
report. L’interesse dell’industria a ricorrere a validi indicatori di riferimento (KPI, benchmark)
per aumentare le performance di produzione o semplicemente per dotarsi di ricette
personalizzate per l’allocazione del costo delle lavorazioni, sta aumentando.
I sociologi studiano le trasformazioni dovute a tutte queste novità, accettando che il bit
presto trasformerà il mondo nel modo di lavorare e anche di vivere!
Anche nelle reti di trasporto, il bit ha fatto il suo ingresso! La gestione smart delle
distribuzioni elettriche permetterà di migliorare il dispacciamento (gestione dei flussi
dell’energia, per equilibrare domanda e offerta) sulle reti, utilizzare al meglio le fonti
rinnovabili, contenere le fluttuazioni della frequenza e della tensione elettrica.
La gestione delle nuove fonti d’energia, specialmente quella fotovoltaica e eolica, troverà
nel bit la delicata soluzione per coesistere con le fonti energetiche a combustibile fossile.
È noto, infatti, che l’energia prodotta dalle fonti rinnovabili è fortemente condizionata dalle
sorgenti che la determinano, cioè il vento e il sole. La velocità del vento non è costante
e i moduli fotovoltaici si possono ombreggiare. Queste due condizioni rendono non
programmabile la produzione elettrica e qualora questo accadesse, occorre che una fonte
di energia tradizionale ne colmi istantaneamente il gap, al fine di evitare un pericoloso
sbilanciamento tra generazione e consumi elettrici.
Questo fenomeno è comune in tutti i paesi dove esiste una buona percentuale di
produzione elettrica da fonte rinnovabile. In Germania, ma anche in Italia, ad esempio, le
rispettive Autorità per l’Energia Elettrica (Bundesnetzagentur - AEEG,) attuano politiche
simili di arresto delle turbine eoliche, quando la produzione è troppo elevata!
In Italia, l’adozione delle smart grid (reti intelligenti) e del bit digitale è sostenuta dall’autorità
per l’energia elettrica e il gas (AEEG) e dai principali attori del mercato elettrico (TERNAENEL) anche per contenere gli effetti della forte incentivazione economica del settore
fotovoltaico.
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All’inizio del 2012 la potenza installata di questa tecnologia era di circa 13GWatt,
anticipando di quasi otto anni, insieme alle altre fonti ad energia rinnovabile (FER), il
conseguimento del pacchetto clima 20-20-20 adottato nell’Unione Europea (20% di
riduzioni emissioni gas serra, 20% di aumento dell’efficienza energetica, 20% di utilizzo
delle fonti rinnovabili) e valido fino al 2020 (ad oggi l’energia di provenienza FER è stimata
al 25% del fabbisogno lordo nazionale d’energia).
Questa empasse nel gestire il chilowattora rinnovabile non si risolverà certamente in breve
tempo, elevando il rischio di un serio problema di Qualità dell’Energia sulle reti di trasporto!
Ma al sole non si può rinunciare: con sei ore d’irraggiamento si soddisfa un anno di
consumo energetico della specie umana! Bisognerà che siano il bit e la tecnologia ad
evitare, per esempio, il problema di Compatibilità Elettromagnetica accaduto nell’estate
del 2011 in Sicilia, dove la variazione della frequenza di rete provocò malfunzionamenti
generalizzati a diverse apparecchiature digitali. La concomitanza di una consistente
produzione di energia da fonte fotovoltaica e l’assenza per manutenzione della connessione
in alta tensione con la penisola, fu causa di un innalzamento della frequenza di rete e dei
problemi descritti.
Anche gli effetti della generazione distribuita (GD), cioè l’insieme degli impianti attivi di
potenza inferiore ai 10MVA connessi alla rete, sono un fenomeno da ‘bit monitoring’!
L’andamento crescente dell’impedenza di rete dalla generazione sino all’utenza e il senso
del flusso dell’energia di figura 12b oggi, per la presenza delle utenze attive, sono da
riconsiderarsi, ipotizzando persino l’inversione del flusso dell’energia. Le conseguenze
di quanto esposto sono oggetto di studio, con la prospettiva di redigere nuove regole
di connessione per gli utenti attivi cui spetterà anche l’obbligo di fornire una curva
prestazionale del proprio impianto (capability), cioè di essere in grado di poter immettere
potenza attiva e reattiva in rete secondo le prescrizioni indicate.
La Qualità dell’Energia, il tema principe di questa pubblicazione, saprà comunque
difendersi da tutte queste novità, anzi ritengo che la Q.E. dovrà essere il punto di
riferimento per contenere la deriva elettromagnetica di tutte le attuali e future soluzioni
tecnologiche.
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Quest’opera è stata redatta senza fini di lucro.
Qualsiasi riconoscimento economico sarà utilizzato per iniziative culturali.
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Ringraziamenti:
–– r ingrazio le persone che con la diffusione della parola e del pensiero contribuiscono
a migliorare la cultura nel mondo;
–– ringrazio la spett.le Schneider Electric Spa per il materiale utile alla stesura della
pubblicazione;
–– ringrazio la mia famiglia per avermi lasciato lo spazio per realizzare questo progetto;
–– ringrazio tutti i colleghi che credono nel lavoro che svolgo;
Riferimenti utili alla elaborazione dei testi:
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––
INTERNET: miniera inesauribile d’informazione e traino del progresso;
WIKIPEDIA: l’enciclopedia libera;
CENELEC: European Committee for Electrotechnical Standardization;
IEC: International Electrotechnical Commission;
IEA: International Energy Agency
CEI: Comitato Elettrotecnico Italiano;
AEEG: Autorità per l’energia elettrica e il gas;
ENEL: Ente Nazionale per l’Energia Elettrica;
TERNA: Rete Elettrica Nazionale;
ENEA: Ente per le Nuove Tecnologie, l’Energia e l’Ambiente;
GSE: Gestore Servizi Energetici;
GME: Gestore Mercati Energetici;
RSE: Ricerca Sistema Energetico.
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Biografia
Nasco a Aarau Svizzera il 26 giugno 1967.
Nel 1986 conseguo il diploma di perito industriale con indirizzo elettrotecnico presso
l’istituto A. Righi di Treviglio (BG).
Dopo il servizio militare entro nel mondo del lavoro. La prima occupazione è nel settore
della temporizzazione elettromeccanica e digitale; la successiva riguarda la realizzazione
di medie e grandi opere industriali nel campo elettromeccanico. All’età di venticinque anni
ricevo l’incarico e la responsabilità di portare a compimento gli appalti in piena autonomia.
Nel 1996 cambio impiego ed entro nella società italiana Nuova Magrini Galileo, ora
Schneider Electric Spa. La nuova mansione è svolta nel settore globale dell’assistenza post
vendita. Nel 1999 inizio un lungo periodo di esperienze nel laboratorio elettromeccanico
‘Luigi Magrini’, occupandomi di prove termiche e meccaniche.
La globalizzazione e la metamorfosi delle grandi aziende multinazionali nel nuovo millennio
sono l’occasione per iniziare ad occuparsi dei problemi della Qualità dell’Energia e della
Compatibilità Elettromagnetica sulle reti di distribuzione e negli impianti industriali.
Collaborando con personale tecnico di alto profilo nel team ‘Execution Centre - Advanced
Service’ di Schneider Electric Spa, maturo le necessarie competenze per riconoscere
i problemi dell’industria moderna e per affrontare le sfide delle energie rinnovabili e
dell’efficienza energetica.
Il desiderio di volere condividere gli argomenti e le esperienze vissute hanno trovato spazio
in questa pubblicazione.
Ivan Asperti
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L’organizzazione commerciale Schneider Electric
Aree
Sedi
Nord Ovest
Via Orbetello, 140
- Piemonte (escluse Novara
10148 TORINO
e Verbania)
Tel. 0112281211 - Fax 0112281311
- Valle d’Aosta - Liguria
- Sardegna
Uffici
Centro Val Lerone
Via Val Lerone, 21/68
16011 ARENZANO (GE)
Tel. 0109135469 - Fax 0109113288
Lombardia Ovest
Via Zambeletti, 25
- Milano, Varese, Como
20021 BARANZATE (MI)
- Lecco, Sondrio, Novara
Tel. 023820631 - Fax 0238206325
- Verbania, Pavia, Lodi
Lombardia Est
Via Circonvallazione Est, 1
- Bergamo, Brescia, Mantova 24040 STEZZANO (BG)
- Cremona, Piacenza
Tel. 0354152494 - Fax 0354152932
Nord Est
Centro Direzionale Padova 1
- Veneto
Via Savelli, 120
- Friuli Venezia Giulia
35100 PADOVA
- Trentino Alto Adige
Tel. 0498062811 - Fax 0498062850
Emilia Romagna - Marche Via G. di Vittorio, 21
Via Gagarin, 208
(esclusa Piacenza)
40013 CASTEL MAGGIORE (BO)
61100 PESARO
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