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INTRODUZIONE a PLATONE
1 - Il contesto storico-culturale
Durante gli anni della sua formazione, Platone ha vissuto intensamente la
vita politica ateniese e in particolare le vicende della Guerra del Peloponneso,
culminata con la vittoria di Sparta e la conseguente instaurazione del regime
oligarchico dei Trenta tiranni (404 A.C.).
Egli assistette come protagonista, oltre che da lucido spettatore, alla
rifondazione della Democrazia ormai viziata da meccanismi di Ingiustizia e
Corruzione.
Questi meccanismi, in questo contesto storico, sancirono la clamorosa
condanna a morte di Socrate. E’ il 399 A.C., data di svolta per tutto la cultura
filosofica occidentale, che segnerà cospicuamente il solco della stessa filosofia
di Platone.
Questa, infatti, proclamando la Verità di principii ideali perfetti, ha le proprie
radici non in una leggendaria astrattezza, ma nell’àgone di vita vissuta!
Si deve anzi affermare che il Platonismo tout - court ha come background la
questione politica ateniese e tale è la chiave di lettura della sua filosofia e dei
suoi derivati concettuali (Bellezza; Bene Sommo; Virtù; Verità).
la Corruzione politica rispecchia, sin dai primi dialoghi - innanzitutto dall’
Apologia - la natura imperfetta dell’uomo, cosicchè le considerazioni teoriche
sulla Verità e sulla Democrazia sono consegnate alla dimensione ideale o
utopica di Perfezione.
I primi dialoghi, compreso il I Libro della Repubblica, sono orientati a svelare
questo scarto, attraverso il confronto con le pseudo verità dei Sofisti.
E’ proprio il “Confronto” ad assurgere a metodo operativo della Dialettica
platonica, attraverso la ripresa dello spirito “maieutico” di Socrate che, in
Platone, diventa più un modello ideale e/o esemplare che l’uomo
storicamente riconsiderato.
Infatti non è esatto attribuire ai dialoghi platonici valenza storiografica: sarà
Aristotele il primo storico della filosofia dell’Occidente.
piuttosto Platone nella Storia della Filosofia, è il primo ad inaugurare il
genere dell’ Autobiografia intellettuale, attraverso uno dei suoi più
significativi scritti. la Lettera VII, una sorta di ragionato Curriculum Vitae
filosofico - politico!
Emerge da questa Biografia il carattere di fondo pessimistico del pensiero
platonico, come derivato di speranze disilluse dai suoi tre viaggi a Siracusa,
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oltre cha dal peso decisivo di quell’evento epocale costituito dalla morte di
Socrate.
I Sofisti, in generale, hanno avuto il merito di dislocare la questione della
Verità e della Giustizia dal piano della Physis e della dimensione mitico religiosa a quello antropologico.
Ma a questo livello, agli occhi tanto di Socrate quanto dello stesso Platone, la
Verità rimane imbrigliata in meccanismi verbalistici ed estrinseci del Nomos e
della Convenzione, aprendo così la via a concezioni estremistiche e
moralmente pericolose come quella della Giustizia coincidente con il Diritto
della Forza.
la “Rivoluzione socratica” è consistita proprio nella dissipazione di un tale
pregiudizio, illuminando la centralità della coscienza morale cpace di
accordarsi con una Verità e Giustizia oggettive ed universali!
2 - Il senso politico della filosofia e teoria dell’anima
E’ su questo accordo, tipico del cosiddetto “Intellettualismo Etico” socratico
che Platone riprende sin dai suoi esordi la polemica con i sofisti, per una
ridefinizione teorica della Giustizia.
La questione della coscienza morale e della Virtù non implica una visione
individualista dell’uomo, in quanto questo è veramente tale solo in e in
rapporto al Tutto, costituito dalla Collettività della Pòlis.
Così la Giustizia si configura idealmente come Equilibrio Armonico delle parti;
delle aretài individuali.
Giustizia e Felicità individuali sono conseguenti al raggiungimento del Bene
comune; il Bene dello Stato.
Il Bene e l’Armonia nella città ideale sono ottenibili nell’equilibrio delle
funzioni vitali allo stato e alla collettività, cui l’individuo appartiene:
a)
b)
c)
LAVORO
DIFESA
GOVERNO
Naturalmente è il Governo, oltre a quella militare, la funzione prioritaria
preposta al bene collettivo, ed è perciò prerogativa della classe dei filosofi, i
“detentori” della sapienza.
La POLIS insomma poggia sulla ARISTOCRAZIA DELLO SPIRITO;
sull’eccellenza dell’anima che in quanto tale è virtuosa.
Alla luce di ciò Morale e Politica in Platone coincidono e sono coessenziali.
Per questo motivo Platone dedica la massima cura teorica alla Natura e alle
funzioni dell’Anima dell’uomo, il Microcosmo individuale che deve
rispecchiare la propria organicità nel Macrocosmo sociale costituito dallo
Stato ideale.
La teoria platonica dell’Anima si fonda sul parallelismo con la teoria della
Giustizia e dell’Armonia dello Stato – città.
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Infatti la Giustizia collettiva è possibile se ogni singolo individuo è GIUSTO,
nel senso che la sua persona è orientata dall’equilibrio delle tre funzioni
dell’anima:

CONCUPISCIBILE: verso il mondo esterno e gli interessi materiali e
contingenti;

IRASCIBILE: volitiva tanto nella direzione materiale che in quella
spirituale, per questo dev’essere “guidata” dalla rettitudine intelligente;

RAZIONALE: verso il mondo spirituale delle idee e dell’Essere
perfetto.
Il concetto della guida intelligente della facoltà razionale sulle passioni e
volizioni, mette in chiaro la portata “Psicacogica” della Ricarca filosofica e
della dottrina dell’anima nella produzione platonica.
E’ l’anima razionale, infatti, a determinare il “giusto” equilibrio delle parti e a
garantire Unità dell’integrità morale dell’Uomo – cittadino.
Parallelamente è chi governa, ovvero il filosofo, a dover sorvegliare
l’armonia e la coordinazione fra le classi sociali: i LAVORATORI tendenti al
commercio e agli interessi privati; i MILITARI depositari del coraggio e della
forza fisica.
La razionalità politica del filosofo deve cioè contenere ed indirizzare,
rispettivamente,
ECCESSI
e
DEVIAZIONI,
nell’orizzonte
della
TEMPERANZA.
La questione del rapporto fra individuo e collettività è, per platone, un
problema sempre aperto; cosa che spiega la consapevolezza dei limiti della
natura umana e quindi il cosidetto pessimismo antropologico attribuito –
semplicisticamente? – a Platone.
La questione dell’Ordine delle parti, del contenimento di eccessi e deviazioni,
mette ulteriormente in luce una caratteristica fondamentale della visione
platonica dell’Antropologia e della stessa Politica.
Si tratta del Dualismo fra MONDO MATERIALE e MONDO
INTELLIGIBILE; ovvero la dicotomia fra Anima e Corpo.
Platone si muove, nella sua teoria della Giustizia, nella conciliazione delle
diversità, ma nei termini ben precisi del controllo – subordinazione della
materialità alla sfera intelligibile – teoretica.
Nella storia della filosofia antica, tale dualismo lo ritroviamo in
PARMENIDE ma, com’è noto, esso è privo di prospettive conciliatrici e
“relazionali”.
La conciliazione, ovvero la Perfezione, è irrealizzabile in quanto è solo
perfettibile: si può solo tendere alla Sapienza e alla Perfezione, perché l’uomo
è costantemente ricondotto all’inferiorità degli impulsi sensibili e materiali.
Da qui la concezione del Filosofo come colui che, per vocazione e Virtù,
tende alla Bellezza e alla sapienza, ma che per natura non può possederle, in
quanto queste sono prerogative di una Divinità.
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La concezione del filosofo è esemplificata da Platone con lo strumento
metodologico del MITO; precisamente il Mito di Eros, contenuto nel Dialogo
della maturità: il “Simposio” (che significa “convivio”, “banchetto”) dove il
personaggio di Socrate, in mezzo agli altri commensali e in contrapposizione
alle loro teorie parziali sulla filosofia e il tema della bellezza, fa emergere la
natura “erotica” della filosofia come ricerca ed elevazione spirituale verso la
Bellezza/Bene universali.
Il semi – Dio1 Eros è discendente di Pòros (Dio dell’Espediente) e Penìa (Dea
della Povertà), concepito durante un banchetto in onore di Afrodite, dea
della Bellezza.
Per questo egli non è bello, ma tende per sua natura alla Bellezza, mosso dal
desiderio e dalla radicale privazione.
Il dialogo platonico, inoltre, mostra piuttosto che la Sapienza non è detenuta
da Eros, bensì dalla sacerdotessa Diotima, che riflette l’Inaccessibilità ed
ineffabilità della Verità, che rimane così consegnata alla sua dimensione di
SACRALE MISTERO; il Mistero delle dottrine “Non – scritte” di platone,
come risulta dalla Lettera VII.
Il Desiderio non nasce in una condizione di totale ignoranza, ma in una condizione
intermedia fra ignoranza e Sapienza: è questo uno dei punti cardinali
dell’insegnamento e dell’epistemologia socratiche (la cosiddetta arte
“maieutica” è ripresa e illustrata nel dialogo Menone).
Il ruolo del mito in Platone non è quello arcaico della trasmissione degli
antichi valori educativi della religione e cosmogonia olimpiche , ma esso è
funzionale alla Razionalizzazione filosofica sottesa al pensiero platonico.
Ritornando al MITO DI EROS, Socrate nel dialogo platonico percorre un
cammino di elevazione e/o purificazione spirituale dal meramente sensibile
all’intelligibilità della Bellezza.
Il culmine del processo è la Visione – Contemplazione dell’Idea di Bellezza In
– sé.
“Vedere” e “Contemplare” sono fusi nell’etimo di “Orao”(donde il termine
“Theoria”).
La stessa parola “Idea” deriva da “Eidos” che significa “Ente in quanto visibile
all’occhio dell’Intelletto”.(In Aristotele “Eidos” significherà “Essenza”; “Forma
pura”; “Atto”).
L’Idea è la Specie Universale, “sciolta” ( = Ab-soluta, assoluta ) dalle
particolarità contingenti e periture del mondo sensibile. Per questo le idee
sono oggetti intuibili solo dall’occhio dell’Intelletto e non dall’organo
percettivo di senso.
Per “Specie” Platone intende che l’Idea è il MODELLO esemplare delle cose
sensibili che sono intese come COPIE e/o SIMULACRI del modello.
1
Eros, infatti, non è un Dio ma – nel linguaggio mitologico – è un demone, secondo le gerarchie
olimpiche.
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Alla base di questa concezione c’è la ben nota avversione di Platone per
l’ARTE.
Tornando alla centralissima concezione dell’anima – che fungerà da perno
per il fine ultimo della filosofia platonica: la Politica – si è detto che in
funzione dell’anima la filosofia è e dev’essere una forma di “psicagogia”.
A questo proposito offro da subito due riferimenti bibliografici che
ritorneranno più avanti e che fanno parte dell’insegnamento della maturità:
1° SUGGERIMENTO BIBLIOGRAFICO: Fedro / Il Mito della “Biga Alata”/
Tema: concezione della scissione Anima-Corpo
In questo Dialogo della “Maturità” Platone parla di un immaginario viaggio
dell’Anima verso la Perfezione su un ideale carro alato (la biga) guidata da
due cavalli (uno bianco e uno nero); questi due cavalli hanno natura e
tendenze opposte in quanto uno spinge verso l’alto (verso il Sole e purezza
della luce che coincide con il Bene; l’altro spinge verso il basso, condizionato
dagli impulsi terreni e corporei, ovvero dal male e dall’oscurità, dimensioni
che non devono appartenere alla filosofia).
2° SUGGERIMENTO BIBLIOGRAFICO: Fedone / La “teoria dei Contrari” /
Tema: Conoscenza come Reminiscenza
In questo dialogo si esprime la teoria platonica del dualismo Anima/Corpo e, più
precisamente, la concezione orfica secondo cui il corpo è il carcere dell’Anima e
l’Anima, invece, è un elemento puro e spirituale, la cui caratteristica essenziale è
l’immortalità (condizione contraria al corpo).
Con il Ragionamento dei Contrari, Platone dimostra che ogni fenomeno della
natura e della vita si genera dal suo contrario oppure si converte nel suo
contrario. Per es.: il caldo deriva dal freddo; il vecchio deriva dal giovane e il
giovane necessariamente diventa vecchio…sulla stessa scia arriva a dire
allora che la vita deriva dalla morte, ovvero l’anima (che è soffio vitale)
deriva dalla morte, nel senso che le sopravvive. Questa teoria è
particolarmente importante perché introduce alla comprensione della
originalissima teoria della conoscenza platonica: ovvero la Conoscenza come
“Reminiscenza” (ricordo) dell’Anima.
Nel processo di conoscenza l’Anima non “parte da zero” ma ha in sé i ricordi
di una vita passata, e questi ricordi non sono altro che le impronte delle idee
nell’anima; è per questo che conoscere è fondamentalmente un ricordare.
3 – Intermezzo: L’ORFISMO PALTONICO
A dire il vero, questa concezione in Platone si carica anche delle suggestive
influenze della religione Orfico-orientale (che in Grecia fu importata dai
Pitagorici); questa sostiene la separazione fra Anima e Corpo e, in più,
considera il corpo come “carcere dell’anima”. Questa concezione riflette il
pessimismo per cui l’anima è un elemento “puro” che è caduto nell’impurità
del corpo: la salvezza consiste nell’abbandonare il “carcere” e seguire una vita
puramente spirituale. Al di là delle immani i religiose, Platone utilizza la
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visione orfica per mettere in evidenza il ruolo dell’uomo: l’emancipazione dai
propri limiti attraverso una vita all’insegna della ragione e del “filosofare”.
La filosofia come “elevazione spirituale”! Filosofia come “Psicagogia” ( =
Guida dell’ Anima/Psyché), ma anche come allontanamento dai sensi o da
tutto ciò che è legato alla terra, alle passioni, alle apparenze!