Curculio Nella città greca di Epidauro un giovane, Fedromo, è innamorato di una ragazza di nome Planesia, e ne viene ricambiato. Proprietario della donna è il ruffiano Cappadoce, ipocondriaco, in costante ricerca di guarigione dai tanti mali dai quali si ritiene afflitto, e intenzionato a fare di Planesia una cortigiana. Fedromo vorrebbe riscattare la ragazza, ma Cappadoce gli ha chiesto l'esorbitante prezzo di trenta mine. La cifra è troppo alta per il giovane spasimante, che per questo motivo ha inviato in Caria, da un amico, il proprio parassita Curculio in cerca del denaro, e ne attende speranzoso il ritorno per quella giornata. Ed ecco giungere, puntuale, Curculio: l'astuto mangiatore a sbafo, dal carattere cialtronesco e millantatore, nonostante in Caria la ricerca del denaro non abbia avuto buon esito è però tornato con una buona notizia per Fedromo. In quella regione egli ha infatti casualmente incontrato un borioso soldato dal roboante nome di Terapontigono Platagidoro, innamorato della stessa ragazza e in procinto di partire anch'egli per Epidauro per portarla via con sé. Il ruffiano l'aveva infatti promessa a lui da tempo ed egli aveva già depositato le trenta mine necessarie al riscatto presso il banchiere Licone. Il soldato, avendo saputo che Curculio era di Epidauro, gli chiede se conosce il banchiere e il ruffiano, e alla risposta affermativa l'aveva invitato a cena e poi sfidato ai dadi; fra un bicchiere e un altro si era addormentato, ubriaco, e Curculio gli aveva sfilato l'anello personale. Con questo anello, ora, il parassita sigilla una lettera fingendo che sia stata scritta da Terapontigono, con la quale si ordina al banchiere di dare il denaro di riscatto della ragazza al ruffiano, e a costui di consegnare Planesia al latore della missiva. Travestitosi, poi, da liberto di Terapontigono il parassita recapita la lettera al banchiere. L'inganno va a buon fine: Licone legge la missiva, riconosce il sigillo e dà disposizione al ruffiano di consegnare la ragazza al finto liberto. Nell'uscire dalla casa del ruffiano con il suo amato Fedromo la ragazza vede l'anello che ancora Curculio porta al dito: era l'anello di suo padre, e mette in allarme il fidanzato. Curculio conferma a Fedromo di averlo sottratto al soldato il giorno prima, ma mentre discutono animatamente ecco giungere Terapontigono, inutilmente in affannosa cerca del banchiere e del ruffiano. Alla vista dell'anello il soldato reclama di esserne il legittimo proprietario, ma siccome la ragazza giura di essere bene informata anche lei su quell'anello in quanto appartenente a suo padre, da una breve indagine si scopre che Planesia è sorella del soldato, rapita quand'era bambina da uno sconosciuto nella confusione in seguito al crollo delle impalcature del teatro dove si trovava per assistere a uno spettacolo. Peraltro la ragazza porta con sé un anello che il soldato conosce bene per averglielo regalato in occasione di un suo compleanno. La ragazza è dunque di origine libera! Il soldato, a questo punto, aggredisce il ruffiano per farsi restituire il denaro minacciandogli, di fronte alle sue ovvie e buffe resistenze, la denuncia al pretore in quanto la legge romana puniva in modo estremamente severo un ruffiano che deteneva in stato di schiavitù una ragazza libera. Il lieto fine della commedia viene completato con il consenso del soldato a che la sorella sposi Fedromo. Le varie scene e i personaggi che le animano sono i punti di forza della Commedia plautina, tutti ben collaudati all'interno di questa e della quale costituiscono ingredienti abituali e anche attesi dal pubblico, antico e moderno, desideroso di vedere con quali raggiri, trucchi e menzogne il protagonista di turno riuscirà a portare a termine con successo l'impresa che gli è stata affidata. In questo caso artefici della felice conclusione della vicenda sono l'intelligenza e l'intraprendenza di una figura tradizionalmente anch'essa negativa sul piano sociale quale il parassita, un individuo che generalmente si guadagnava da vivere imbrogliando oppure "lavorando" alla mensa di un uomo facoltoso del quale solleticava la vanagloria e l'amor proprio adulandolo scopertamente e tessendone lodi esagerate in cambio di quotidiani inviti a cena. È quindi una comicità per così dire "popolare", nel tema, nei modi e nei protagonisti, quella che quest'anno è stata scelta dagli studenti del Laboratorio teatrale del Liceo "A. Einstein": una comicità in più punti tendente a scivolare nella farsa, così da rendere ancora più difficile la sfida con questo gigante del teatro quale il Sarsinate. Insieme alle docenti coordinatrici e alla regista essi hanno voluto misurarsi con tutti i caratteri del Curculio cercando di "entrare" nei vari personaggi, di acquisirne movenze e modalità espressive, di ricreare le specifiche caratteristiche dell'opera di Plauto grazie alle quali esso è ancora moderno e divertente nel suo gioco di fantasia. E come ludus tutto ciò viene ora proposto in cambio, semplicemente, di quello stesso applauso che concludeva tutte le commedie del grande Plauto con l'abituale formula «Spectatores, plaudite !» Mario Casertano Curculio - Note di regia Personaggio tipico della commedia plautina, Curculio, cioè il parassita, è al centro di quegli inganni, fraintendimenti e tranelli caratterizzanti, nel teatro antico, le trame su amori contrastati. Plauto, maestro della commedia di intrecci, di ritmi serrati, di linguaggio scenico colorito e intrigante, anche qui non smentisce i suoi famosissimi “codici”. Il teatro di Plauto è fantastico, fondato su situazioni convenzionali e spesso ripetitive, su personaggi caricaturali e inverosimili. Non sono le trame importanti per lui, né la loro coerenza interna, ma è la singola scena, invece, a possedere effetto immediato e comicità esilarante grazie a un’inesauribile invenzione linguistica e stilistica sul piano dell’interpretazione scenica. Il teatro è per Plauto ludus, gioco creativo che si nutre, scena dopo scena, dell’assurdo di vicende inverosimili e del gusto fecondo della satira. Affrontare il teatro plautino da interpreti significa misurarsi con la pratica scenica per eccellenza, per cui ritmi, caratterizzazioni, plasticità mimica devono essere dosati e miscelati con lucida razionalità, strumenti professionali non semplici da acquisire da parte di un gruppo di giovanissimi studenti, malgrado l’indiscutibile entusiasmo e la volontà di applicazione nel confrontarsi con il mestiere attoriale: da qui nasce quindi anche l’esigenza di intervenire sul testo, utilizzando ed enfatizzando quel processo di metateatro o teatro nel teatro tanto usato dallo stesso Plauto. Lo studio sul Curculio, dopo un primo periodo del corso basato sull’individuazione dei processi storici e culturali entro cui è nata e si è affermata la commedia plautina, si è indirizzato specialmente verso il modo di rendere e di vivere l’arte scenica del grande Autore romano, pietra miliare ed ente ispiratore nella storia del Teatro comico, da Shakespeare a Goldoni, fino ai giorni nostri. Il nostro Curculio ha voluto, appunto, mettere in evidenza tutte le possibilità di “colore” che i personaggi rappresentano, dando forza ai rapporti interpersonali e alla valenza espressiva di ogni singola scena, in funzione di un risultato finale più vicino alla farsa che alla commedia e alle peculiarità interpretative di ogni singolo, giovane “attore”. Rosamaria Spena Maggio 2015