Estratto distribuito da Biblet Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Comunic re A A Saggio 2 Prima edizione: gennaio 1997 Prima ristampa: ottobre 1999 1997 by Mario Barbi, Giuseppe Mariani, Manfredi Vinassa de Regny © Guaraldi/Gu.Fo edizioni srl Via Covignano 302, 47900 Rimini tel 0541/57484 - fax 0541/439189 ISBN 88-8049-126-1 Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Mario Barbi, Giuseppe Mariani, Manfredi Vinassa de Regny come fare uno spot Guida rapida alla creazione e produzione di uno spot pubblicitario Presenta Domenico Colella Guaraldi Comunic re A A Estratto della pubblicazione Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Indice Una prefazione che parla di bagni turchi e di come rubare il caviale… Ma che cosa c’entrano? di Domenico Colella . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .7 Cap 1 Che cos’è la pubblicità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .13 Cap 2 Come funzionano le agenzie di pubblicità e i mass-media . . . . . . . . . . . . . . . .22 Cap 3 La strategia per uno spot pubblicitario . . . . . . . .32 Cap 4 Dallo sviluppo dell’idea creativa alle tecniche di presentazione . . . . . . . . . . . . . . .47 Cap 5 Esempi di sceneggiature . . . . . . . . . . . . . . . . . . .53 Cap 6 La pre-produzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .65 Cap 7 Ciak si gira . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .77 Cap 8 La post-produzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .88 Le parole dello spot . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .97 Gli autori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .107 Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Estratto della pubblicazione Una prefazione che parla di bagni turchi e di come rubare il caviale… Ma che cosa c’entrano? come fare uno spot di Domenico Colella Diciamola (subito) tutta. Se c’è un libro che non ha bisogno di presentazioni è proprio questo. Perché mai? Ma perché semplicemente spiega tutto, ma proprio tutto quello che bisogna sapere per fare uno spot. Naturalmente tutto... nei limiti del possibile e dell’umano. È chiaro che soprattutto i fatti creativi, intuitivi e di sensibilità non si imparano da un libro ma forse da mille libri. Questo manuale però può essere utile, anzi prezioso su un set, per evitare qualche brutta figura. E non è poco. Oggi in presenza di budget striminziti occorre saper esattamente il massimo che si può ottenere spesso con il ... minimo... E quindi anche un utente dovrebbe leggere questo libro per non acquistare a scatola chiusa. Altro discorso è quello dei giovani che vogliono occuparsi - ai più diversi livelli - di questa professione. Ma è una professione il fare gli spot? Si potrebbe rispondere ancora come sopra: sono mille le professioni coinvolte nella creazione/realizzazione di uno spot. Suppongo che comunque la posizione più anelata (anche se sicuramente la più difficile) sia ancora quella del regista. Attorno a lui c’è un’aura magnifica, quasi un senso di divino. Orbene anche carriere così prestigiose si costruiscono dal basso, pezzo per pezzo, gradino per gradino. Secondo me un aspirante regista (ma attenzione: i suoi sogni si realizzano in un caso su mille) deve essere un gran curiosone con forti capacità di sintesi e assieme un grande amore per i dettagli. Questa è la premessa, ma il risultato del suo lavoro? Niente di meglio della risposta che diede Hitchcock a chi gli chiedeva quale fosse il fine del suo lavoro. Ecco la risposta: “Il mio scopo è quello di creare al pubblico degli shock morali... benefici. Mi sembra che il cinema sia il mezzo migliore per ottenere questo risultato”. Lo spot pubblicitario cugino e forse parente povero del cinema spettacolare deve muoversi anche lui in questa direzione. 7 come fare Altrimenti se nel caso del cinema la sala rimane vuota con il nouno spot stro spot il prodotto rimane invenduto. In entrambi i casi sono guai. Naturalmente questo libro non è solo per chi vuol diventare regista. E detto tra noi questa professione ha tante gratificazioni ma anche tante spine. Abbastanza spesso sono sul set a seguire una produzione e vedo che il regista è un parafulmine che si attira non poche saette. È strattonato dal creativo, dal cliente, deve evitare di sforare i tempi e non sempre, per esempio, gli attori sono degli stinchi di santo. Ci sono comunque tante altre figure meno “pubbliche” che gravitano nella produzione degli spot, meno pubbliche ma non meno importanti nell’economia del filmato. Un’altra cosa. Fino a qualche anno fa quando mi presentavo e dicevo che mi occupavo di pubblicità, l’interlocutore (se non era del settore) mi rispondeva: “ah, quello che fa gli spot”. Bene, la spotmania è un po’ diminuita, ma il ruolo della pubblicità cinetelevisiva è ancora molto ampio e sarà (credo) sempre così. Piuttosto l’attuale situazione di restrizione dei budget imporrà realizzazioni meno costose eliminando gli sprechi. Un modo in positivo di vivere questi limiti sarebbe di privilegiare le idee, l’intelligenza e la fantasia. In questo noi italiani abbiamo dimostrato di essere bravissimi: basti pensare - solo per rimanere nel campo del cinema - che le cose migliori sono nate in Italia negli anni ’50 e ’60 con il neorealismo e i film di Totò (tardivamente rivalutati anche a livello critico). Un consiglio: leggetevi il bel libro semi-autobiografico (è in realtà una lunga intervista) “Io Orson Welles” (edito da Baldini & Castoldi). Racconta tra l’altro come il grande regista si destreggiò tra mille difficoltà economiche riuscendo comunque a creare dei capolavori. Ad esempio: per un film (Macbeth, credo) non aveva più costumi per gli attori e allora decise di girare alcune scene in un bagno turco. Questa se volete è creatività. Io dico di sì, eccome. Ultima nota. Che deriva dalle considerazioni svolte sopra. Sono contrario al cinema pubblicitario a compartimenti stagni (appunto: meglio i bagni turchi). Rubare dal cinema spettacolare per il cugino cinema pubblicitario più che giusto mi sembra doveroso. Attenzione però rubiamo il caviale non pietanze avariate. E cioè guardiamo ad Orson Welles (lo prendo come simbolo, è chiaro) oppure al già citato Hitchcock piuttosto che al 8 Estratto distribuito da Biblet come fare basso cinema commerciale. Questo discorso naturalmente coinvolge anche un altro soggetto che nel cinema pubblicitario uno spot è molto importante: il cliente. Si continua a dire che va educato, che in Italia non c’è sufficiente cultura della comunicazione... Bene questo libro (insieme agli altri di ComunicArea) servirà anche a questo, a far nascere questa benedetta cultura. Vi lascio alla lettura (sperando che voi siate appunto un cliente). Del resto visto che mi piace scrivere libri brevi non vedo perchè dovrei scrivere prefazioni lunghe. Ciak si legge! Milano, ottobre ’96 9 Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet come fare uno spot Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Cap 1 Che cos’è la pubblicità come fare uno spot Lo spot, il telecomunicato commerciale, il tv commercial, altro non è se non l’espressione più palese di uno strumento di marketing per favorire le vendite che si chiama pubblicità. Per cui prima di vedere come si fa uno spot occorre anzitutto dare un’occhiata, anche se veloce, ai meccanismi fondamentali della pubblicità. Che cosa vuol dire “pubblicità” Il dizionario recita: “l’essere pubblico”, oppure “il complesso dei mezzi con cui si fa conoscere al pubblico ciò che si vuole noto o accolto favorevolmente”. Il significato di pubblicità viene descritto ancora meglio dal termine inglese “advertising” che a sua volta deriva dal latino “advertere” e cioè volgere, dirigere verso, far cambiare direzione. Questo è quello che fa la pubblicità: rende pubblico, fa conoscere e, quando è particolarmente efficace, riesce a far cambiare rotta alle nostre scelte. Ruolo della pubblicità nella società moderna La pubblicità è come un’ombra che ci segue costantemente in ogni passo della nostra vita. La troviamo subito al mattino, appena scesi dal letto, quando ascoltiamo la radio, mentre cerchiamo di svegliarci completamente, lavandoci la faccia. Ci imbattiamo inesorabilmente in lei, appena usciamo di casa per andare al lavoro oppure a scuola, quando i nostri occhi incontrano i manifesti lungo le strade o le locandine sui mezzi pubblici. La ritroviamo la sera, in casa nostra, nei telecomunicati che si inseriscono in tutti i programmi televisivi. Non ci si può liberare di lei. Qualunque azione facciamo o qualunque oggetto usiamo, a un certo punto compare la pubblicità: sugli spalti dello stadio dove andiamo a vedere la partita di caIcio, tra i banchi del 13 come fare supermercato dove stiamo facendo la spesa, sulle scatole dei uno spot fiammiferi, tra le pagine dei calendari, sull’agenda dove segnamo gli appuntamenti, sulle magliette dei campioni sportivi e perfino sui programmi delle manifestazioni culturali. Insomma, è protagonista in ogni occasione, sia questa economica, politica o culturale. Figlia della società industriale Questa onnipresenza della pubblicità è un fatto che si è sviluppato in tempi recenti. Perché la pubblicità, nelle forme che conosciamo oggi, è figlia della produzione industriale di massa, dei supermercati, dei mass media. Al tempo della civiltà agricola e della produzione artigianale, non era così invadente - non perché non volesse esserlo, ma essenzialmente per il fatto di essere limitata nei mezzi a disposizione. Utilizzava infatti solo i manifesti - affìche o cartelloni come si diceva allora - piccoli annunci sulle colonne dei quotidiani e le insegne dei negozi; in quei tempi, anzi, la pubblicità preferiva farsi chiamare réclame e si limitava a cercare di far conoscere i prodotti disponibili, pochi e poco innovativi, basati su metodi tradizionali di produzione e venduti quasi esclusivamente su discreto consiglio dei venditori. Quando però la civiltà industriale mise in cantiere così tanti nuovi prodotti che i consumatori dovevano andarsi a cercare da soli negli scaffali dei supermercati, pian piano la pubblicità diventò una necessità, perché solo con la pubblicità era possibile spiegare ai consumatori, e a costi ragionevoli, come poter soddisfare i loro bisogni e trovare il prodotto che faceva per loro. Ma la pubblicità svolge anche un ruolo importante nel controllo dei prezzi. È un fatto elementare: più gente conosce un prodotto e maggiori sono le probabilità che molte persone comprino quel prodotto. Maggiore è il volume di vendita di un prodotto e minori saranno i costi fissi e questo fatto permette di mantenere il prezzo al pubblico più basso. La pubblicità porta il messaggio a milioni di potenziali consumatori, aiuta ad aumentare il volume delle vendite e a far diminuire i costi. Come dicono gli esperti di vendite e di mercato, la pubblicità è uno degli elementi fondamentali del marketing mix assieme al 14 Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet prodotto, al prezzo e al punto di vendita, vale a dire uno dei quattro strumenti essenziali per tenere in vita un prodotto. come fare uno spot Una tecnica Vendere prodotti: questo è lo scopo per cui la pubblicità è maggiormente conosciuta. Ma come abbiamo visto nella sua definizione la pubblicità può prestarsi efficacemente a far conoscere e promuovere anche cause che non abbiano alcuno scopo di lucro. E in effetti, si vedono tantissime campagne a favore di attività sociali di ogni sorta: per la Lotta contro il Cancro, a favore del Telefono Azzurro, oppure di scuole, ospedali, istituti assistenziali, opere caritatevoli. Anche lo Stato è sceso in campo massicciamente, per svolgere tutta una serie di comunicazioni sociali: ad esempio, campagne di pubblica utilità che riguardano la sanità, la tutela dell’ambiente, la distribuzione dell’energia, il lavoro, i trasporti, le pensioni, i tributi; campagne di servizio che informano su orari, scadenze, servizi per anziani; comunicazioni sociali che spiegano gli scopi di nuovi progetti; comunicazioni istituzionali che danno notizie sui compiti di un ente; pubblicazioni di bilanci; comunicazioni legali. Ricordiamo poi che nel 1970 le varie organizzazioni pubblicitarie hanno fondato Pubblicità Progresso, un’associazione che mette gratuitamente la pubblicità al servizio della collettività con l’ideazione e l’attuazione di campagne di pubblica utilità. La prima campagna di questo genere fu realizzata a favore della donazione del sangue nel 1971. E da allora ne sono state realizzate almeno un paio ogni anno. Una disciplina empirica Col passare degli anni, la pubblicità ha via via perfezionato i suoi procedimenti, i suoi metodi di lavoro, ha affinato le sue tecniche. Utilizza ora i risultati e i progressi ottenuti da tutta una serie di discipline, come l’economia, la psicologia, la sociologia e le scienze statistiche per migliorare costantemente la propria efficacia. Tuttavia, non è mai riuscita a diventare una scienza esatta, come la matematica o la medicina. 15 Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet come fare Ma non è nemmeno una sorta di stregoneria. uno spot È una disciplina largamente empirica e mai del tutto scontata perché agisce nella sfera di influenza del comportamento umano, spesso poco prevedibile. Ha scopi principalmente commerciali, non artistici Chi guarda la pubblicità spesso la valuta da un punto di vista esclusivamente compositivo, come si guarda uno scritto, un quadro, un film artistico. Errore. Perché la pubblicità non è arte ma viene realizzata unicamente per ottenere l’assenso, per convincere, persuadere. Questa confusione di ruoli avviene perché la pubblicità per poter svolgere il proprio compito usa le stesse tecniche delle maggiori forme artistiche ed espressive e spesso lo fa in modo tale da essere persino formalmente più attraente. Spesso un testo pubblicitario è scritto meglio di un romanzo, una illustrazione pubblicitaria supera in capacità tecniche e a volte persino espressive quadri di grandi artisti, la musica pubblicitaria ha caratteristiche di grande inventiva e memorabilità, i filmati pubblicitari sono realizzati molto meglio di tanti lungometraggi ma la pubblicità non è per se stessa una forma d’arte. È solamente uno specchio che riflette i linguaggi e le tendenze artistiche già in atto, cercando di utilizzarle per i propri scopi. La pubblicità migliore cerca di precorrere i tempi e di individuare quali saranno queste tendenze nel prossimo futuro per cavalcare prima degli altri i fenomeni di maggior successo, ma per se stessa la pubblicità non genera mai fatti culturali come invece possono fare la moda, la musica o il giornalismo e soprattutto l’arte. Una definizione Se volessimo sintetizzare che cos’è la pubblicità, potremmo quindi dire che con la parola pubblicità è possibile intendere una serie di cose: 1) una comunicazione di tipo persuasorio 2) realizzata da una fonte ben identificata e diffusa dietro compenso dai mass media 3) allo scopo di provocare un atteggiamento/comportamento favorevole a un prodotto, un servizio, una causa sociale, un partito o un uomo politico. 16 Estratto distribuito da Biblet Come funziona la pubblicità come fare uno spot Come realizzare una pubblicità efficace La prima domanda da farsi è che caratteristiche debba avere la pubblicità di successo, quella che riesce cioè a farsi strada nella marea di messaggi, pubblicitari e non, che ogni giorno ci bombardano. È una domanda che da sempre si fanno gli esperti di marketing e di comunicazione. Anche se non sono riusciti a trovare una risposta esauriente, e forse non la troveranno mai, hanno però proposto tutta una serie di modelli per spiegare come funzioni e come possa influire sul processo di persuasione e di conseguenza come vada presentato un messaggio pubblicitario che abbia qualche probabilità di ottenere i risultati desiderati. Uno di questi modelli viene sintetizzato nella parola AlDA, una sigla che sta per: Attenzione, Interesse, Desiderio, Azione. E significa che per essere veramente persuasivo, un messaggio pubblicitario deve essere formulato in modo da provocare questa successione di effetti: fermare I’attenzione, cioè farsi notare in mezzo al frastuono generale che arriva al consumatore; in secondo luogo interessarlo, dicendo cose che lo tocchino da vicino, che siano capaci di coinvolgerlo intimamente; poi far in modo che desideri d’avere il prodotto di cui si parla e infine di spingerlo all’azione. Anche se il modello è largamente popolare, a molti sembra troppo semplicistico. E così università, agenzie di pubblicità e aziende si sono messe alla ricerca di nuove metodologie che le aiutino a impostare modelli di successo. Una famosa multinazionale, ad esempio, ha studiato a fondo il problema e alla fine ha preparato un documento in cui espone come deve essere fatta una pubblicità efficace. In sostanza, dice che qualsiasi campagna pubblicitaria dovrà sempre: I) formulare la promessa di un beneficio per il consumatore - ed uno solo - espresso dal suo punto di vista 2) portare una prova che renda credibile la promessa 3) assumere un tono di voce opportuno, uno stile adatto a farsi capire dal pubblico a cui si rivolge. 17 Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet come fare Questa metodologia ha trovato e ancora trova ampi consensi uno spot ed è seguita soprattutto dalle aziende che applicano rigorosamente le tecniche del marketing. Non c’è da stupirsi però nel constatare che anche le agenzie di pubblicità sono state molto attive nel proporre metodologie che in qualche modo fossero la base di campagne efficaci. Un tentativo di trovare un metodo flessibile che potesse costituire un banco di prova per tutte le loro campagne. Uno dei primi pubblicitari a proporre un modello che più di altri s’avvicinò a una teoria sul funzionamento della pubblicità fu Rosser Reeves. La sua proposta fu l’USP, una delle parole più fortunate in tutta la storia della pubblicità. USP è una sigla che sta per Unique Selling Proposition, proposta unica di vendita. In sostanza, Rosser Reeves spiega il suo pensiero in tre punti: 1) Ogni campagna pubblicitaria deve presentare un beneficio per il consumatore; deve dire, ad esempio: fa questo, acquista questa cosa e otterrai questo beneficio. 2) Deve essere un beneficio che la concorrenza non può offrire, o che in effetti non offre, anche se potrebbe offrirlo. In altre parole, deve essere esclusivo in un dato settore merceologico. 3) Il beneficio deve essere tanto forte da spingere masse di consumatori all’acquisto. Rosser Reeves dice di aver scoperto l’USP esaminando tutta una lunga serie di campagne di successo e che il procedimento ha fatto la fortuna della sua agenzia. Un altro famoso pubblicitario però, W. Bernbach, non ritenne di poter fare buona pubblicità in base alle argomentazioni di Rosser Reeves. E per un motivo molto semplice: un annuncio può essere costruito alla perfezione da cima a fondo; ma se nessuno si ferma a guardarlo, non ottiene nessun risultato. Quello che serve per fare una pubblicità di successo, per lui, è quindi riuscire a realizzare qualcosa di fresco e originale che riesca a fermare l’attenzione e a rendere memorabile il vantaggio del prodotto. Tuttavia, più che insistere sui concetti, Bernbach dimostrò la bontà delle sue idee con grandi campagne pubblicitarie, che sono rimaste tra le più memorabili nella storia della pubblicità. Rimase famoso, ad esempio, l’approccio negativo, con cui affrontava la comunicazione. 18 Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet come fare Ad esempio nella leggendaria campagna per la Volkswagen, il uno spot maggiolino che a prima vista è una bruttura, ma che poi, a guardar meglio, è un miracolo di efficienza oppure nella famosissima campagna per l’Avis in cui diceva “Siamo il n° 2 e quindi ci diamo da fare per servirvi meglio e così diventare il n°1”. Un altro personaggio che portò un bel mattone alla costruzione di teorie per la pubblicità è David Ogilvy. Si potrebbe dire che idealmente Ogilvy è un continuatore di Reeves, perché dice che scopo della pubblicità è di costruire una identità di marca ben precisa e distinta. Tuttavia, mentre Reeves fa leva sull’aspetto razionale, Ogilvy fa largo posto alle emozioni, che possono essere importanti quanto e più delle stesse caratteristiche fisiche per costruire una campagna efficace. Ultimamente non sono emerse nuove teorie per aiutare la pubblicità a diventare più esatta e in più tutti i teoremi costruiti attorno alle basi del marketing vengono costantemente messi in crisi dalla realtà in continua evoluzione e cambiamento. L’USP di Mr. Reeves è ormai solo un bel ricordo perché l’evoluzione tecnologica difficilmente consente di presentare un prodotto che abbia sufficienti differenze che possano essere rilevanti per il consumatore. Pensiamo alle auto per esempio, nella stessa categoria o cilindrata sono ormai tutte uguali e la battaglia comunicazionale avviene attorno al prezzo o ad un optional offerto. La personalità di marca, cavallo di battaglia delle teorie di Mr. Ogilvy, pur non potendosi considerare fuori moda perché ogni prodotto di massa e di marca ne possiede una, non è più considerato quell’elemento distintivo per aiutare la comunicazione; possiamo anzi dire che la sua diffusione generalizzata l’abbia in qualche modo resa banale e non più quel veicolo importante di comunicazione che era al suo primo apparire. Le teorie di Mr. Bernbach invece restano di attualità ma solo per il fatto di non aver proposto alcun modulo ma di aver sempre spinto per una creatività brillante che mettesse nel giusto risalto quelle promesse al consumatore che il prodotto poteva offrire. In realtà è proprio la creatività l’arma più potente della pubblicità, quel salto immaginativo, non logico - e quindi al di fuori di ogni regola e teoria - che consente di poter presentare un prodotto o un servizio in modo così nuovo e interessante da 19 Estratto della pubblicazione Finito di stampare nel mese di ottobre 1999 per conto della Guaraldi/Gu.Fo Edizioni Stampa in offset - “computer to plate” Centro Stampa Digitalprint – Rimini Estratto distribuito da Biblet Estratto della pubblicazione