psicologico-psichiatrico - Obiettivo Sicurezza

LA SALUTE
Pierluigi Fortezza
Il supporto
psicologico-psichiatrico
nell’attività di soccorso
Promuovere la cultura della salute e della sicurezza
socio-lavorativa rappresenta un fattore essenziale per
la prevenzione delle malattie fisiche e psichiche anche
nei lavoratori del soccorso.
N
ell’attuale tumultuoso mondo socio-lavorativo
il problema della “fatica mentale” e dei
conseguenti disagi psicologici sta divenendo
ogni giorno più rilevante: emergenti bisogni
sociali, personali e relazionali si manifestano sulla
soggettività umana lavorativa prevalentemente con
disturbi psicosomatici e tale rischio psicopatologico
è destinato parallelamente ad ingigantirsi. Laddove
l’emergenza, poi, rappresenta la quotidianità e
non l’eccezionalità, come per i vigili del fuoco
e gli operatori del soccorso, si assiste ancor più
all’esasperarsi del problema, poiché i lavoratori del
settore sono a contatto continuo e diretto con la
sofferenza e la vulnerabilità umana.
Le norme legislative, delineando le direttive per
la salute fisica e psichica, nonché per la sicurezza
lavorativa, indicano regole e figure professionali
diversificate, al fine di attuare modalità propositive,
organizzative e tecnico-procedurali, volte alla
salvaguardia della salute psichica e fisica dei
lavoratori. È interessante notare che, benché le
problematiche psicologiche siano state almeno
inizialmente marginali nella “rivoluzione culturale”
dettata dal d.lgs 626/94, pian
piano si sta arrivando ad una
riconsiderazione
dei
disagi
psico-lavorativi. In tal senso, la
direttiva del dipartimento della
funzione pubblica del 23.4.2004
ha indicato le misure finalizzate
al miglioramento del benessere
organizzativo per i lavoratori del
pubblico servizio. Per quanto
riguarda i lavoratori del soccorso,
inoltre, si richiama l’attenzione
sulla
recente
direttiva
della
Presidenza consiglio dei ministri del 13.6.2006,
concernente i “Criteri di massima sugli interventi
psico-sociali da attuare nelle catastrofi” e pubblicata
nella gazzetta ufficiale n. 200 del 29.8.2006.
Tale direttiva, rappresentando “la particolare
importanza di prestare la massima attenzione ai
problemi di ordine psichiatrico-psicologico che
possono manifestarsi nelle popolazioni colpite
da eventi calamitosi sia tra le vittime che tra i
soccorritori”, indica e regolamenta con modalità
innovative indirizzi operativi di organizzazione,
prevenzione, formazione e tutela della salute
psichica. Si parte dall’emergenza! Ma speriamo
di giungere anche ad una valida prevenzione
nella realtà quotidiana e in altri contesti sociali.
L’evoluzione di una legge, la 180, che nei suoi
principi era una ventata straordinaria di umanità,
nella realtà ci ha portato ad una frammentazione
diffusa del disagio psichico. Partiamo pure
dall’emergenza, ma come si può pensare di trattare
nell’emergenza i disturbi psicopatologici che
nascono nella “normalità” e sottendono in modo
strisciante e pericoloso la nostra vita quotidiana?
Si può essere “psichicamente
adeguati” nell’emergenza se non
si è “psichicamente adeguati”
nella normalità? È un invito a
riflettere sulla complessa tipologia
lavorativa dei soccorritori, che ha
trovato, finalmente, sostegno non
solo nella “cultura” diffusa del
senso comune e dei mass media,
ma anche adeguato riscontro nella
normativa legislativa, almeno per
quanto riguarda la prevenzione
dei
disagi
psichici
connessi
Per alcuni
lavoratori
l’emergenza
rappresenta
la quotidianità
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obiettivo sicurezza
LA SALUTE
Il supporto psicologico
psichiatrico nel soccorso
alle emergenze ed al soccorso, e che dovrebbe
estendersi anche nella vita quotidiana. Il riferimento
ad una cultura del “senso comune” e dei mass
media, che rileva problemi solo e quando sussiste
un’emotività collettiva come a ridosso di una
disgrazia o catastrofe, non solo è un inadeguato
approccio al mondo del soccorso, ma comporta
anche degli ulteriori rischi, come l’accentuare ed il
cronicizzare esperienze potenzialmente disagevoli.
Ricorderò in merito una citazione di Bertrand
Russel:
“L’isterismo delle masse non è un fenomeno
che si manifesta soltanto negli esseri umani,
ma può essere osservato in qualsiasi specie
gregaria. Un branco di elefanti, alla vista di un
aeroplano fu preso da un folle terrore collettivo.
Ogni singolo elefante era terrorizzato e il suo
terrore si comunicava agli altri, creando una vasta
comunicazione del panico. Tuttavia, dal momento
che tra loro non si trovavano giornalisti, il panico
si spense quando l’aereo sparì allontanandosi nel
cielo”.
Il problema della salute psichica per i lavoratori
del soccorso è, quindi, di estrema importanza
e deve essere affrontato con un approccio
metodologico sistematico, completo ed integrato,
con diversi livelli di intervento. La metodologia
proposta è:
prevenzione primaria, come attività di
organizzazione salutare del contesto lavorativo
(ad es. non conflittuale) e di formazione,
svolta in tempi di non-emergenza, tesa a
sensibilizzare e a far conoscere non solo i
rischi psicologici del soccorso, come lo stress,
ma anche le risorse umane naturali e difensive
di ogni soccorritore, gli aspetti relazionali,
motivazionali..;
prevenzione secondaria, come supporto
psicologico di base nell’immediato di eventi critici
e ad elevato impatto emotivo, con incontri di
sostegno di gruppo ed individuali;
prevenzione terziaria, come attività di
assistenza psichiatrica e psicoterapeutica
finalizzata alla comprensione del disagio/
disturbo presentato ed alla sua risoluzione.
L’analisi del “disagio psicologico”
soccorso, infatti, evidenzia che:
nel
- all’esperienza di un evento critico, di una
emergenza o di una catastrofe, non necessariamente
o quantomeno non in modo automatico
consegue un vissuto traumatico d’intensità tale da
destabilizzare un preesistente equilibrio psichico;
si hanno evidenze di reazioni diverse che vanno
dalla sofferenza umana, fino alla disperazione, ma
anche all’indifferenza, al cinismo e all’orrore di
comportamenti di interesse criminologico;
- la sofferenza, come esperienza di disagio umanopsicologico, è un fattore inscindibile dal lavoro del
soccorritore: “ubi dolor ibi vigiles”.
- il soccorritore deve possedere, oltre a capacità
tecnico-professionali, anche elevate capacità umane
e psicologiche di conoscenza e contenimento
emotivo, sia per le persone da soccorrere, quanto
per i colleghi che per se stesso;
- è necessario, da parte dei professionisti della
salute mentale, avere strumenti e risorse da
adoperare per monitorizzare le oscillazioni
psichiche e soggettive di ogni soccorritore, per
comprendere preventivamente che la soglia di
sopportazione dell’altrui e propria sofferenza non
venga superata;
- la terminologia scientifica (dal disturbo post
traumatico da stress al burn-out, da un disturbo
dell’adattamento alla depressione,…) è insufficiente
per la comprensione della problematica. Per
assurdo, rispetto alla critica di qualche anno fa
rivolta al vecchio modello del soccorritore che
lo voleva come un superuomo, siamo trasvolati
rapidamente su un’immagine di debolezza umana,
esorcizzata da un’ansia collettiva, riproponendosi
poi un nuovo modello di forza, comprensivo di uno
strano e freddo fattore “psi”.
Non necessariamente il vissuto di una catastrofe
o di un evento critico comporta l’esperienza
soggettiva di disagio psico-emotivo; ed ancora,
oltre la qualità dell’esperienza, è necessaria la
valutazione del quantum, dell’entità, del grado,
dei contesti per comprendere se, in seguito
all’elaborazione soggettiva del fatto accaduto, si
è all’interno o fuori del range di sopportazione
fisiologica dell’evento.
Nelle indagini sul personale dei vigili del fuoco,
ho più volte riscontrato come una condizione di
non-predisposizione (come equilibrio personale
pre-evento catastrofico), così come il nonriconoscimento delle vittime (non rievocazione
personale di ricordi, immagini non attribuzione di
significati soggettivi), non comporti disagio psicoemotivo per il soccorritore. Il problema potrebbe
essere quello di suggerirglielo!
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obiettivo sicurezza
LA SALUTE
Permettere
l’umano
scorrimento delle esperienze
critiche,
accompagnandolo
con una prudente e riservata
disponibilità, può essere più
vantaggioso
di
una
loro
forzata rielaborazione. Quello
che conta è il rispetto per
la soggettività della persona,
ovvero adoperarsi affinchè
il lavoratore del soccorso
possa conservare personali
condizioni
di
equilibrio
psichico; questo non significa
che egli debba forzatamente
corrispondere ad un modello
o ad un comportamento
ideale né che possa essere
esente da stati d’animo
ed
emozioni
correlate
all’esperienza critica,
in
quanto la tristezza ed il dolore
non sono automaticamente
depressione e disturbo post
traumatico da stress, ma
esperienze che necessitano
di contenimento emotivo e di
solidarietà umana.
Risulta, quindi, importante,
per prevenire gli effetti sulla
salute psichica e fisica, proporre una
elaborazione cognitiva dei disagi esperibili
nell’attività di soccorso, utilizzando lo
strumento preferenziale della formazionedialogativa, intesa come modalità non
medicale, interattiva, riflessiva ed esente
da automatismi ideologici, di esperienze
e contesti potenzialmente, ma non
necessariamente, turbativi per lo psichismo
del soccorritore.
La mia esperienza nel fare supporto
psicologico e psichiatrico è basata su una
prudente e discrezionale disponibilità
ad attuare quanto di più valido offerto
dalla scienza medica e psicologica,
intercalandolo in una realtà lavorativa così
particolare e difficile quale quella del vigile
del fuoco. La riprovata efficacia di alcune
tecniche di rielaborazione degli eventi
traumatici non corrisponde a forzare la
mano per somministrare sempre la stessa
medicina come buona per tutti; c’è una
certa resistenza a comprendere che dopo
un evento critico ne consegue sempre
automaticamente un disagio psichico:
esistono variabili importanti, come i vari
contesti socioculturali e la soggettività
esperienzale unica per ogni
essere umano.
Eppure la nostra società
spinge ogni giorno al rispetto
del “diverso”! Probabilmente
ancora c’è molto da fare nei
confronti di una logica che
chiunque abbia un’alterazione
del comportamento debba
essere
sistematicamente
considerato
un
paziente
psichiatrico
o,
comunque,
d’interesse psicopatologico.
L’autocritica e l’autoriflessione
si
basano
sul
mettersi
effettivamente in discussione;
ricorderò che in un convegno
di
psichiatria
tenutosi
a
Roma nel 2005, uno studio
statistico-epidemiologico
evidenziò come 1 persona
su 3 soffra di disagi psichici;
qualcuno, sorprendendo se
stesso e gli altri, affermò, che
... se i suoi due migliori amici
stavano bene… allora… era
proprio lui!
Non
è
fondamentale,
quindi, la tecnica, quanto la
diversità soggettiva umana
e la teoria esplicativa (psicofisiologia e
solo successivamente, se necessario,
psicopatologia) del disagio e dei disturbi
emergenti: la tecnica (come prevenzione
e cura) consegue all’osservazione di un
disturbo psichico ed alla sua comprensione
razionale ed emotiva, e questi aspetti,
“ovviamente”, hanno qualità specifiche, oltre
a quelle umane e scientifiche, di dinamicità
e variabilità storico-culturale.
Occorre
il rispetto
della soggettività
della persona
e adoperarsi
affinchè il lavoratore
del soccorso
possa conservare
condizioni
di equilibrio psichico
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obiettivo sicurezza
Bibliografia
1. “I gabbiani”. Una metafora poetica per
i vigili del fuoco. Pierluigi Fortezza. Obiettivo
Sicurezza. Rivista ufficiale dei Vigili del
Fuoco. Num. 5, pag. 65-66, maggio 2004.
2. Dolore e psiche. Pierluigi Fortezza.
Relazione Convegno Croce Rossa Italiana,
20.5.2006, Roma.