Sintesi Rapporto - Starnet

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Osservatorio Economico della provincia
di Grosseto 2013
Recessione, catastrofi e squilibri strutturali: le misure urgenti contro la crisi
SINTESI
Giugno 2013
Lo scenario economico nazionale ed internazionale
Il 2012 è stato caratterizzato dal perdurare dell’incertezza degli andamenti economici globali. Le
condizioni sui mercati finanziari globali sono migliorate, ma l’economia mondiale non è ancora
tornata su un sentiero consolidato di crescita e le principali aree presentano scenari di sviluppo
molto diversi.
Lo scenario europeo, in particolare, è stato infatti destabilizzato da una divaricazione nelle
traiettorie di sviluppo tra i paesi mediterranei e quelli nordici dell’Area euro. Tale situazione ha
ovviamente rivelato ripercussioni negative sulla ripresa dell’economia europea: nel 2012 sono
diminuiti gli investimenti privati, così come i consumi, a causa del peggioramento progressivo delle
condizioni del mercato del lavoro (il tasso di disoccupazione ha toccato il 10,5% nell’Unione
europea e l’11,4% nella sola unione monetaria) e degli effetti recessivi delle procedure di
consolidamento fiscale; la caduta della domanda da parte dei paesi europei ha ovviamente
penalizzato anche le esportazioni.
In questo contesto, l’economia italiana ha mostrato marcati segnali di rallentamento, legati al
perdurare di criticità sul versante della domanda interna, solo in parte controbilanciati dalla
crescita sul fronte dell’export. Agli andamenti ciclici si sovrappongono poi pregresse debolezze
strutturali. Nel 2012, il Pil reale si è contratto del 2,4% nella media d’anno, particolarmente
penalizzato, dal lato della domanda, dall’andamento negativo delle spese in investimenti fissi
(-8%), che hanno risentito delle difficili condizioni di finanziamento, e dalla caduta dei consumi
nazionali (-3,9%). La caduta del valore aggiunto ha coinvolto tutti i principali settori produttivi, in
modo particolare le costruzioni e, in seconda battuta, l’agricoltura e i comparti industriali in senso
stretto; i servizi hanno invece registrato una maggiore tenuta, pur se complessivamente in calo.
La criticità dell’attuale fase economica, tuttavia, va oltre gli andamenti del prodotto interno
lordo; a farne le spese maggiori certamente sono il tessuto produttivo e il mercato del lavoro.
Nel 2012, il Registro delle imprese ha visto chiudere circa mille imprese al giorno (quasi 365 mila
imprese sono state cancellate nel corso dell’anno), a fronte del minimo storico registrato per le
nuove iscrizioni (poco meno di 384 mila, il valore più basso degli ultimi otto anni), con un tessuto
imprenditoriale che si restringe soprattutto nell’industria manifatturiera, spinta al ribasso anche
dall’artigianato, e nell’agricoltura. Con la crisi delle imprese si sono persi migliaia di posti di
lavoro, competenze, professionalità e tradizioni.
Per quanto riguarda in particolare il mercato del lavoro, ad un calo degli occupati relativamente
contenuto rispetto all’andamento dell’attività economica (-0,3%), è corrisposta una riduzione
più decisa delle ore di lavoro, come conseguenza dell’incremento della quota di occupati a
tempo parziale e di un consistente ricorso alla Cassa integrazione guadagni. Il tasso di
disoccupazione, all’8,4% nella media 2011, ha raggiunto il 10,7% nella media 2012 (toccando
addirittura il 12% ad aprile 2013), anche in ragione della consistente riduzione dell’inattività.
Nonostante il quadro recessivo, l’inflazione al consumo è rimasta sostenuta fino ai mesi estivi e
ha iniziato a ridursi nell’ultimo trimestre dell’anno. Nella media del 2012, i prezzi al consumo,
misurati in base all’indice per l’intera collettività, sono cresciuti del 3%, due decimi di punto in più
rispetto al 2011, e hanno sicuramente risentito delle misure adottate al fine del risanamento dei
conti pubblici (in particolare l’aumento di imposte indirette e accise), da un lato, e dei rincari
delle materie prime, energetiche e alimentari, dall’altro, amplificati per la nostra economia dal
moderato deprezzamento della valuta europea nei confronti del dollaro.
In un contesto di minore occupazione, intenso ricorso alla cassa integrazione, stagnazione dei
redditi nominali, inasprimento del prelievo fiscale e inflazione sostenuta è normale attendersi
una significativa riduzione dei livelli di reddito disponibile delle famiglie: nel 2012, infatti, il
potere d’acquisto delle famiglie è diminuito del 4,8%. La caduta del reddito disponibile si è
tradotta in una profonda contrazione della spesa per consumi (-1,6%, che corrisponde ad una
flessione del 4,3% delle quantità di beni e servizi acquistati, la peggiore dagli anni Novanta) e della
propensione al risparmio, che raggiunge il suo minimo storico (8,2%).
A far da contraltare alla flessione della domanda interna sono state le esportazioni: a partire dal
2011 la domanda estera ha infatti recuperato il ruolo di principale motore della crescita ed in
questo momento è l’unica componente della domanda aggregata che sta attenuando la
profondità della recessione. L’andamento delle esportazioni nei diversi mercati riflette
l’evoluzione del ciclo internazionale, caratterizzato da una fase recessiva nell’area dell’euro, da
una crescita più dinamica negli Stati Uniti, da un tasso di espansione in decelerazione ma
comunque sostenuto nelle economie emergenti: sono dunque le vendite verso i mercati extra-UE
a presentare la dinamica più vivace.
Nel 2012 la domanda estera netta ha fornito un impulso positivo all’espansione del Pil (+3,6%),
ridimensionando tuttavia in corso d’anno il proprio contributo alla crescita per effetto di un
generale rallentamento della domanda estera (da 0,9 punti percentuali nel primo trimestre 2012
a 0,4 punti nel quarto). La forte contrazione sperimentata dalle importazioni ha permesso di
conseguire un significativo avanzo commerciale.
La domanda proveniente dagli altri paesi sostiene anche il settore turistico, dove in conseguenza
della generale riorganizzazione dei comportamenti di spesa delle famiglie italiane si è verificata
una consistente flessione della domanda per ragioni di svago dei residenti, controbilanciata però
dalle presenze dei turisti stranieri, aumentate nell’ultimo anno.
Le tensioni sui mercati finanziari e la recessione in atto nel nostro Paese hanno determinato, a
partire dalla fine del 2011, un generale e persistente inasprimento delle condizioni di accesso al
credito bancario che, unito alle deboli prospettive di domanda, alla caduta dei livelli produttivi
(in presenza di ampi margini di capacità produttiva inutilizzata) e ad un’elevata pressione fiscale,
ha generato un basso livello di investimenti. Le imprese sembrano ricorrere del resto al credito
soprattutto per affrontare la gestione corrente. Non solo le imprese hanno affrontato il 2012
dovendo sopportare condizioni più stringenti e onerose per ottenere un finanziamento ma le
tensioni sui mercati creditizi hanno anche acuito i fenomeni di razionamento tout court del
credito. Anche i prestiti alle famiglie hanno subito una contrazione, e non possono più
sostenerne i consumi.
Le previsioni per il 2013 sono all’insegna di un nuovo anno recessivo (Governo italiano, marzo
2013: -1,3%; OCSE, 29 maggio 2013: -1,8%). In ogni caso, se il risultato annuo del Pil avrà il segno
meno, a partire dalla fine dell’anno e poi nel 2014 si dovrebbe intravedere qualche segnale di
crescita del PIL, trainati dalla domanda estera e dalla crescita delle esportazioni ma anche da una
dinamica più mite dei redditi delle famiglie e delle spese al consumo.
Aree e Paesi
Mondo
Economie avanzate
Area euro
Stati Uniti
Giappone
India
Cina
Brasile
Russia
Italia
Tab. 1 – Andamento del PIL delle principali economie
(2010- 2012; variazioni %)
2010
2011
5,2
4,0
3,0
1,6
2,0
1,4
2,4
1,8
4,7
-0,6
11,2
7,7
10,4
9,3
7,5
2,7
4,5
4,3
1,7
0,4
Fonte: FMI, World economic outlook aprile 2013
2012
3,2
1,2
-0,6
2,2
2,0
4,0
7,8
0,9
3,4
-2,4
II Le dinamiche dell’economia provinciale nel 2012
Il deterioramento del clima congiunturale internazionale ed italiano nel 2012, la flessione di tutti i
principali indicatori macroeconomici, aggravata dalla severità delle manovre correttive introdotte
dal Governo, hanno avuto ripercussioni eterogenee sui sistemi economici territoriali italiani,
differenziate in base al modello di sviluppo locale e alla relativa capacità di reazione di fronte alle
variabili esogene.
Nel caso di Grosseto, come già evidenziato nelle precedenti edizioni dell’Osservatorio, la crisi
economica è andata a incidere su un’economia incentrata su un modello di specializzazione
produttiva poco diversificato e basato su diffuso tessuto di micro e piccole imprese impegnate in
settori tradizionali, a bassa intensità di capitale (agricoltura ed edilizia in particolare), con un
contenuto livello di industrializzazione e da poco aperta agli scambi internazionali; tuttavia, a
partire dal 1995, l’economia grossetana stava sperimentando un rapido ciclo di crescita durato
quasi un quindicennio, che le ha permesso di colmare parte del gap che storicamente la separava
dalle altre province toscane.
La crisi economico-finanziaria ha coinciso con la fine del periodo di crescita e la ricaduta in uno
stato recessivo particolarmente severo, in linea con quanto osservato a livello nazionale. Ad una
dinamica strutturale che andava naturalmente “appiattendosi”, si sono insomma sovrapposti gli
effetti negativi di shock congiunturali esogeni prolungati nel tempo: il differenziale dell’economia
grossetana e i suoi fattori di fragilità strutturale sono tornati ad essere rilevanti, coinvolgendo
occupazione, crescita, ricchezza.
L’aderenza dell’economia grossetana alle dinamiche in corso a livello nazionale si evidenzia
innanzitutto nell’andamento della ricchezza prodotta: tra il 2008 e il 2011, in pieno periodo di
crisi, il valore aggiunto nominale della provincia cresce appena di uno 0,3%, valore del tutto
analogo alla media italiana; in termini reali il valore aggiunto tende quindi a diminuire.
A livello settoriale, è la manifattura a subire il contraccolpo maggiore (-29,8%), seguendo le
dinamiche in corso nel Paese; l’andamento è negativo anche per l’edilizia (-4,9%), che risente
della debolezza del mercato immobiliare, mentre cresce il valore aggiunto dell’agricoltura
(+3,1%), che evidentemente ha saputo meglio capitalizzare sulla propria tradizione, e quello del
terziario (+5,2%), strettamente legato al ruolo del turismo.
Il valore aggiunto pro capite, pur mantenendosi leggermente al di sopra della media nazionale
(N.I. pari a 101,2), continua a deteriorarsi lentamente, in linea con lo generale scivolamento verso
il basso del tenore di vita del Paese.
Lo shock peggiore per l’economia provinciale, tuttavia, arriva nel 2012: secondo le stime
preliminari, infatti, il valore aggiunto provinciale accuserebbe una flessione a prezzi correnti
significativa, pari al -2,2%, a fronte di un più modesto -0,8% nazionale.
E’ del tutto evidente che la penalizzazione del territorio grossetano nel 2012 non dipende soltanto
dal perdurare della crisi economica ma anche e soprattutto dagli eventi catastrofici locali accaduti
a inizio e fine anno: a gennaio, il naufragio della Costa Concordia, imponente nave da crociera,
all’Isola del Giglio, in cui hanno perso la vita 32 persone (il relitto non è ancora stato rimosso, con
le evidenti ripercussioni che ciò comporta sull’economia dell’Isola, che vive principalmente di
turismo)1; a metà novembre, l’alluvione di vasta portata causata dall’esondazione di alcuni canali e
1
L’impatto dell’evento è ancora da esaminare per valutare il segno e l’intensità delle reali ricadute
sull’economia grossetana. Il solo Comune del Giglio, costituendosi parte civile nel processo per accertare le
responsabilità del disastro, ha stimato in almeno 80 milioni di euro il danno subito dal naufragio della nave, in termini
di danno ambientale, paesaggistico, d’immagine e amministrativo. Per monitorare l’evoluzione e l’andamento del
tessuto produttivo di Monte Argentario e Isola del Giglio la Camera di Commercio di Grosseto e l’azienda speciale
COAP hanno lanciato, dalla fine del 2012, un’edizione speciale dell’Osservatorio economico dedicata alla dinamica
fiumi della bassa Maremma, tra cui l’Ombrone, il Fiora e l’Albegna, che ha causato la morte di sei
persone e devastato numerosi centri agricoli, allevamenti, produzioni ittiche, stabilimenti
artigianali e industriali, nonché centri abitati e reti di viabilità2.
Le ricadute negative di questi due eventi sull’economia provinciale non sono probabilmente
ancora visibili nell’analisi dei principali indicatori economici per il 2012, soprattutto quelle relative
all’alluvione, ma saranno più opportunamente monitorate nel medio periodo.
Ad ogni modo, numerosi elementi, analizzati in dettaglio nel Rapporto, indicano un peggioramento
complessivo dell’economia locale nel 2012, a cominciare da un preoccupante andamento
dell’occupazione, sebbene la provincia di Grosseto vanti tuttora un mercato del lavoro più in
salute di quello nazionale. Nel 2012 il tasso di occupazione recupera persino qualche decimo di
punto rispetto al 2011, attestandosi al 61,9%, contro il 56,8% nazionale; esso si è però contratto di
oltre quattro punti rispetto al 2008, scendendo al di sotto della media regionale e perdendo molte
posizioni guadagnate nel periodo di crescita pre-crisi. Continuano a crescere i disoccupati, che sul
territorio provinciale superano quota 7.800 (circa 3.300 persone in più dal 2008, di cui ben 1.400
solo nell’ultimo anno), per un tasso di disoccupazione che arriva al 7,6% (era pari al 6,5% nel
2011 e ad un modestissimo 4,4% nel 2008).
L’allargarsi della fascia di popolazione espulsa dal mercato del lavoro, oltre al crescente ricorso agli
ammortizzatori sociali, incide chiaramente sui redditi disponibili e sul livello dei consumi delle
famiglie, ovvero su quella “domanda interna” la cui flessione è causa di larga parte della recente
recessione.
In provincia di Grosseto, tra il 2008 e il 2011, il reddito disponibile delle famiglie si è contratto di
un punto e mezzo percentuale (+0,4% in Italia), quello pro-capite del -3,1%; la spesa pro-capite
delle famiglie grossetane nel periodo 2007-2011 ha fatto registrare una variazione nominale
media annua del +1,3% (Italia: +0,9%), che se deflazionata indica un tendenziale impoverimento
del paniere di consumo. Il mercato immobiliare residenziale della provincia subisce un duro
contraccolpo, con il numero di transazioni normalizzate che tra 2007 e 2012 arretra del 51% (27,9% solo nell’ultimo anno).
Stante la modesta apertura esterna dell’economia grossetana, il mercato locale dipende in larga
misura dai consumi interni dei residenti e risente in misura accentuata delle dinamiche
congiunturali della domanda. Tra l’altro, dal lato della domanda aggregata il modello di sviluppo
locale sconta altri fattori strutturali di debolezza: in termini di popolazione, l’esiguità numerica
(poco più di 220 mila residenti/consumatori in provincia di Grosseto nel 2011) e l’anzianità
(indice di vecchiaia: 215,8); in termini di ricchezza patrimoniale delle famiglie, nonostante il
processo di accumulazione degli ultimi anni, una dotazione inferiore alla media nazionale (numero
indice: 99,9) e concentrata in gran parte in beni immobili, poco in attività finanziarie; ugualmente
in termini di reddito disponibile pro-capite, un valore più basso della media del Paese (numero
indice 97,0).
Altri fattori hanno inciso, nel 2012, sui bassi livelli dei consumi delle famiglie tanto nella provincia
di Grosseto quanto sull’intero territorio nazionale: un’inflazione sostenuta, una pressione fiscale
più rigorosa e, non da ultimo, una dinamica del credito negativa. Gli impieghi bancari delle
famiglie grossetane nel 2012 si sono ridotti del -1,2%, seguendo la dinamica negativa nazionale:
congiunturale di queste zone.
2
Anche in questo caso, ad oggi è difficile valutare gli effetti complessivi dell’evento calamitoso sull’economia
grossetana. I danni all’agricoltura sono certamente i più ingenti, anche di tipo strutturale, e secondo gli esperti si
protrarranno per almeno un paio d’anni. Anche altri settori produttivi sono stati colpiti, cosi come alcune
infrastrutture e parte del patrimonio paesaggistico-culturale della zona, fattori di attrazione dal punto di vista
turistico. Al danno economico diretto di aggiungono pertanto “effetti collaterali” di rilievo per il territorio
maremmano, che ne rendono ancor più difficile la quantificazione.
la rapida crescita dell’esposizione debitoria delle famiglie negli anni precedenti, innestata su una
situazione di redditi stagnanti e aumento della disoccupazione, ha reso più fragili i bilanci di
molti nuclei familiari, accentuando il grado di rischiosità del credito bancario; il tasso di
interesse reale applicato al credito verso le famiglie è, difatti, molto elevato.
Se da un lato cresce il rischio povertà delle famiglie locali, anche lo stato di salute delle imprese
della provincia non è roseo: in termini di numerosità, nel 2012 il tessuto imprenditoriale registra
una dinamica negativa (-1,6% il numero delle imprese attive rispetto al 2011), peggiore di quella
registrata nel Paese (-0,7%), ed estesa a tutti i principali comparti produttivi, dall’agricoltura,
all’industria e costruzioni, al commercio. Ancora nei primi cinque mesi del 2013, il sistema
produttivo locale sperimenta una ulteriore erosione del numero di imprese (-0,7% rispetto a
dicembre 2012), in linea con la variazione regionale (-0,7%) e nazionale (-0,8%).
Dal lato del credito, persistono segnali di difficoltà nel rapporto fra banche e imprese: nel 2012 il
peso delle sofferenze sugli impieghi cresce (dal 6,7% del 2011 all’8%), come naturale effetto del
peggioramento degli assetti finanziari della clientela; l’andamento delle sofferenze tende
addirittura a divenire più rapido di quello nazionale (Grosseto: +22,3%; Italia: 16,1%),
segnalando quindi effetti evidenti sulla qualità del credito nella provincia. Ciò si trasmette in un
costo del denaro particolarmente oneroso anche per le imprese della provincia di Grosseto, che
sopportano un differenziale di 2,3 punti rispetto alla media nazionale (misurato sul tasso
effettivo sui finanziamenti per cassa nel breve termine).
Colpisce inoltre la quota sensibilmente più alta della media regionale e nazionale di sofferenze in
capo alle famiglie produttrici (20,6%): rientrano in questa categoria le società semplici e le
imprese individuali, tipologia d’impresa dominante nel tessuto produttivo grossetano e che
evidentemente sta scontando le maggiori conseguenze della fase recessiva (le ditte individuali
attive nel solo 2012 si sono contratte dell’1,3%).
Secondo la valutazione delle imprese grossetane, inoltre, persiste una sorta di “disaffezione” delle
imprese verso gli istituti bancari: nonostante il persistere di problemi legati alla liquidità, la
maggior parte delle imprese (quasi otto su dieci) preferisce non chiedere finanziamenti, mentre
quelle che lo fanno denunciano condizioni meno favorevoli.
In un tale difficile contesto è importante evidenziare alcuni segnali di reazione alla crisi che il
tessuto produttivo della provincia di Grosseto sta mettendo in atto da qualche anno a questa
parte e che occorre continuare a rafforzare e incentivare negli anni a venire, per il loro potenziale
di crescita.
Innanzitutto continua il processo di ristrutturazione e irrobustimento del tessuto imprenditoriale
locale, attraverso la crescita sostenuta delle società di capitale negli ultimi tre anni, ad un tasso
medio annuo più rapido di quello nazionale (+2,9%, contro il 2,3% nazionale), a scapito delle
imprese più piccole, semplici e sottocapitalizzate. Un tessuto imprenditoriale come quello
grossetano, polverizzato in molte piccole e piccolissime imprese e ditte individuali, con
conseguente difficoltà a creare importanti masse produttive, tende a risentire in modo più
marcato degli effetti recessivi, anche per la limitata propensione all’aggregazione che tali
imprese hanno dimostrato (al 29 dicembre 2012, ad esempio, risultano sottoscritti solo 12
contratti di rete che interessano la provincia di Grosseto). La crisi accelera quindi la naturale
selezione competitiva del mercato, incentivando la sopravvivenza e l’espansione delle realtà più
competitive.
In secondo luogo, si sono raggiunti eccellenti tassi di crescita dei volumi di vendite all’estero: nel
2012 le esportazioni provinciali crescono del 9% annuo (Italia: +3,6%), trainate dalla filiera
agroalimentare; migliora inoltre il posizionamento geografico della provincia, che riesce a bene
intercettare i segnali di ripresa emersi nelle Americhe, in cui viene piazzato il 37,7% dell’export
(+43% rispetto al 2011). Anche per quanto riguarda il commercio estero la dinamica positiva va
certamente contestualizzata, in quanto “mitigata” dal contenuto livello iniziale; essa rappresenta
comunque un significativo guadagno di competitività per il territorio grossetano. Tuttavia, nel
primo trimestre 2013, si registra, per la prima volta dopo tre anni di crescita, una battuta
d’arresto delle vendite sui mercati internazionali (Grosseto -10,3%; Toscana -0,6%; Italia -0,8%).
La progressiva apertura internazionale della provincia di Grosseto si evince anche dalla crescente
attrattività che essa esercita sul turismo internazionale: nel 2012, il numero di viaggiatori stranieri
che ha visitato la provincia è aumentato del 13% dal 2008 (Italia: +10,5%), con un incremento del
7,1% della spesa (Italia: +3,1%). L’indice di internazionalizzazione turistica di Grosseto rimane
molto basso (20,7%), più che dimezzato rispetto al valore italiano, ma la dinamica messa a segno
negli ultimi anni è senz’altro positiva, anche perché compensa, in parte, la contrazione degli arrivi
italiani, che pur rappresentano ben l’80% del totale.
Graf. 1 – Stima della variazione del valore aggiunto a prezzi correnti per il 2012 nelle province della Toscana ed in
Italia (In %)
0,3
0,5
0,0
-0,5
-0,4
-0,5
-1,0
-1,0
-1,5
-0,8
-0,9
-1,4
-1,4
-1,7
-2,0
-2,2
-2,5
-3,0
-3,5
-3,5
Fonte: Istituto G. Tagliacarne
Fig. A – Diagramma dei fattori recessivi in provincia di Grosseto
Recessione
nazionale
Eventi
catastrofici
Flessione attività
imprese
Calo investimenti
Difficoltà MdL
Riduzione dei redditi
Contrazione consumi
III Le azioni per riattivare il circuito economico
Il sovrapporsi delle dinamiche recessive a livello nazionale con i tradizionali squilibri
socioeconomici della provincia, nonché l’eccezionalità degli accadimenti catastrofici accaduti nel
2012, conferiscono carattere d’urgenza agli interventi necessari a far ripartire l’economia
grossetana. A fronte delle numerose linee di azione individuate delle diverse edizioni
dell’Osservatorio Economico, oggi i seguenti obiettivi di una politica di sviluppo assumono
carattere prioritario:
- accelerazione dei rimborsi alle imprese alluvionate;
- miglioramento della capacità di attrazione turistica, con particolare riferimento alle aree
alluvionate ed all’Isola del Giglio;
- miglioramento del circuito del credito, soprattutto per le PMI, e riduzione del costo del
denaro;
- riduzione delle diseconomie del territorio, con particolare riferimento alle infrastrutture
di trasporto ed alla diffusione della banda larga;
- interventi per favorire le aggregazioni di imprese (filiere produttive e Contratti di Rete);
- sviluppo di strategie di valorizzazione territoriale, finalizzate prioritariamente
all’attrazione demografica;
- riduzione delle barriere di ingresso al mercato del lavoro e interventi per facilitare
lì’imprenditorialità giovanile.
Chiaramente, in relazione agli effetti degli eventi catastrofici sul territorio e sull’economia locale,
occorre ragionare sinergicamente con l’Amministrazione Regionale e con i comuni di
competenza. In tale contesto, le funzioni Istituzionali della Camera di commercio sono finalizzate
prioritariamente al monitoraggio degli effetti delle catastrofi sull’economia, ma anche nella
promozione del territorio, con particolare riferimento al turismo, quale leva prioritaria per
immettere nel circuito economico interno risorse aggiuntive.
Tuttavia, anche nell’ambito del turismo, occorre ragionare nel quadro di attività sistemiche,
ancorché all’insegna della concentrazione delle risorse. Quanto realizzato fino ad ora (promozione,
identità, comunicazione internazionale) va nella giusta direzione, anche se attualmente occorre
riformulare l’offerta delle aree alluvionate e del Giglio, presso cui i flussi di turisti si sono
trasformati in flussi di visitatori quotidiani. Un carattere di necessità è assunto anche dall’annosa
questione delle seconde case e del sommerso generato da flussi di arrivi non ufficiali che,
sebbene costituiscono un importante cuscinetto dell’economia locale agli shock esogeni,
impediscono al sistema produttivo locale di intraprendere con decisione quei processi di
convergenza strutturale ormai necessari per inserire la Maremma nei circuiti turistici
internazionali. Ciò impedisce di sfruttare appieno le attrazioni del territorio e riduce la quota di
fattori potenziali che conferiscono ricchezza aggiuntiva all’intero sistema economico locale. In tale
contesto, sembra utile pensare al più ampio tema della valorizzazione territoriale, non tanto
nell’ottica di attrarre investimenti produttivi (esercizio attualmente molto complesso), quanto
piuttosto per riformulare l’identità percepita della Maremma, del relativo indotto turistico, ma
anche e soprattutto nell’ottica di riformulare un ambiente sociale favorevole all’attrazione di
flussi demografici, con particolare riferimento ai giovani ed alle relative attività imprenditoriali.
Al fine di immettere risorse economiche nel sistema produttivo locale occorrono ulteriori sforzi
per facilitare i rapporti banche – imprese, tema ormai cristallizzato non solo in provincia, nella
misura in cui quasi l’80% delle imprese locali non ha chiesto finanziamenti nel 2012. Occorre
sottolineare che tale aspetto ha carattere strutturale in provincia, in quanto numerose imprese
affermano di non aver bisogno di fidi bancari, spesso in relazione alla loro dimensione di ditta
individuale, agricola ed impegnata in un mercato di stretto vicinato, la cui conduzione è affidata ad
anziani. Tuttavia, una quota così elevata di imprese che operano con il solo patrimonio
(immobiliare e familiare) indica che una quota elevata di strutture produttive non riesce ad
ottenere una linea di credito, anche solo per la gestione ordinaria delle attività. A tal proposito, il
sistema dei Confidi può favorire l’accesso al credito di un più ampio ventaglio di imprese locali;
occorre, tuttavia, potenziare le risorse disponibili e, soprattutto, comunicare meglio i servizi messi
a disposizione alle imprese minori.
In tema di diseconomie esterne, alcuni fattori specifici dell’assetto produttivo della provincia
esercitano effetti negativi sulla competitività dal lato dell’offerta, ad iniziare da una dotazione
infrastrutturale non ancora pienamente sviluppata: a parte, infatti, la dotazione portuale, tutti gli
altri indici mostrano una situazione largamente deficitaria, a partire da quella delle vie di
comunicazione su gomma. In questa sede, si vuole catalizzare l’attenzione sulla dotazione di
banda larga, pari a circa un terzo di quella nazionale, e sui servizi per le imprese (R&S, servizi
reali) che risultano pari al 42,9%, alimentando una modesta capacità del territorio di fornire
elementi di competitività alle imprese.
Come noto, poi, il sistema produttivo della provincia risulta caratterizzato da una atavica assenza
di concentrazioni imprenditoriali, anche se negli ultimi anni si rivela una maggiore presenza di
unità produttive che operano con successo sui mercati internazionali. Al fine di rendere più efficaci
questi sforzi, occorre promuovere una maggiore qualificazione della produttività, le eccellenze
produttive del territorio e l’aggregazione di imprese. Peraltro, numerosi studi indicano che le
imprese che operano nell’ambito di agglomerazioni produttive e/o di scopo risentono in misura
minore degli effetti recessivi. I Contratti di Rete rappresentano gli strumenti privilegiati per
perseguire gli obiettivi della qualificazione delle filiere del Made in Italy. Le reti costituiscono la
leva principale per creare alleanze strategiche e su tale aspetto, la provincia di Grosseto si
presenta ancora poco attiva. Su questo tema, è possibile disegnare sinergie con il Sistema
Camerale che sta sviluppando prototipi su alcune filiere, a partire dal settore agroalimentare, della
moda e del legno, al fine di fornire modelli organizzativi e favorire una maggiore diffusione dei
Contratti di Rete sul territorio.
Infine, in provincia occorre orientare le politiche formative e di sostegno allo start up di nuove
iniziative imprenditoriali giovanili in settori mirati e che sono coerenti con le vocazioni
produttive espresse dal modello di sviluppo dell’economia di Grosseto. Per sostenere le politiche
per l’occupazione, favorire la nascita di nuove imprese, le attività del Sistema delle Camere di
commercio sul mercato del lavoro e la nuova imprenditorialità sono finalizzate a supportare e
potenziare l’offerta del network nell’ambito dei percorsi integrati in tema di qualificazione del
capitale umano, incontro domanda – offerta di formazione e lavoro, nascita di nuove iniziative.
Graf. 3 – Indici di dotazione infrastrutturale in provincia di Grosseto (Italia = 100; 2012)
Media nazionale = 100
34,4
Infrastrutture sociali
61,5
Infrastrutture Economiche
47,0
Totale al netto dei porti
53,4
Totale
34,9
Strutture sanitarie
23,9
Strutture per l'istruzione
44,4
Strutture culturali
42,9
Strutture per le imprese
35,3
Servizi a banda larga
54,9
Reti energetico-ambientali
62,0
Aeroporti
110,6
Porti
75,0
Ferrovie
49,9
Rete stradale
0,0
Fonte: Unioncamere
20,0
40,0
60,0
80,0
100,0
120,0
Scarica