foto Francesco Bruni stagione 2008-09, numero 4, 25 novembre 2008 in questo numero Robin Hood Alexandria Così è (se vi pare) FotoE.S.Ummarino UN CAFFÈ ESPRESSO COME NON L’AVETE MAI VISTO. NÉ GUSTATO. NÉ IMMAGINATO. IL METODO Un espresso eccellente è fatto di 6,7 grammi di ottima miscela, e di temperatura, pressione, tempi esatti: l’arte del barista. illy hatradottotuttoquestoinunmetodofondato suunacapsulaprotettadacinquebrevetti. I risultati sono sorprendenti. La consistenzaèincredibilmentevellutata,l’aroma straordinariamenteintenso.Lacrema,sempre densaepersistente,siformadentro,enonsopra il caffe: merito della capsula, che lavora per infusioneedemulsione.IlmetodoIperespresso èsempliceancheperchinonhamaifattoun caffe in vita sua. Lo trovate nei migliori bar illy e negozi di design, da Media World e su www.iperespresso.it Politeama Rossetti robin hood il musical di Beppe Dati regia di Christian Ginepro con Manuel Frattini,Valeria Monetti Platea A-B 3★★★ Platea C-I Galleria 2★★ II Galleria 1★ Biglietti Platea A-B interi € 39 ridotti € 33 Platea C interi € 35 ridotti € 29 I Galleria interi € 29 ridotti € 24 II Galleria interi € 24 ridotti € 19 Loggione interi € 7,50 SOCIETÀ DEI CONCERTI COSÌ È (SE VI PARE) di Luigi Pirandello regia di Massimo Castri Platea A-B 2★★ Platea C - Gallerie 1★ Biglietti Platea A-B interi € 28 ridotti € 23 Platea C interi € 20 ridotti € 16 Gallerie interi € 15 ridotti € 12 ASPETTIAMO IL NATALE CON GLI ALPINI LA PAROLA AI GIURATI di Reginald Rose regia di Alessandro Gassman con Alessandro Gassman Platea A-B 2★★ Platea C - Gallerie 1★ Biglietti Platea A-B interi € 28 ridotti € 23 Platea C interi € 20 ridotti € 16 Gallerie interi € 15 ridotti € 12 SOCIETÀ DEI CONCERTI marlene di Giuseppe Manfridi regia di Maurizio Panici Platea A-B 2★★ Platea C - Gallerie 1★ sunshine di William Mastrosimone regia di Giorgio Albertazzi Platea A-B 2★★ Platea C - Gallerie 1★ cenerentola Sala Bartoli mar 20.30 M ★ 25 novembre 20.30 26 novembre 20.30 FAM 27 novembre mer gio ven 28 20.30 O novembre sab 20.30 N 20.30 20.30 AP 20.30 20.30 DAN 21.00 4 Varietà con I Piccoli di Podrecca 19.00 dicembre ven 5 dicembre 21.00 6 21.00 7 17.00 dicembre lun 8 20.30 20.30 AP 3 dicembre gio dicembre dom 16.00 D 20.30 21.00 sab 20.30 C 16.00 D 2 dicembre mer 20.30 B 20.30 C 17.00 1 16.00 E 20.30 A 20.30 B 30 dicembre mar 20.30 PRI 20.30 A 21.00 novembre lun 20.30 16.00 E 21.00 29 novembre dom 16.00 P 20.30 PRI Il Gabbiano, Best of Parsons, Mummenschanz, L’Istruttoria, Rondò Veneziano, Sala d’Attesa Il Gabbiano, Best of Parsons, Mummenschanz, L’Istruttoria, Rondò Veneziano, Sala d’Attesa ★ dicembre mar 9 dicembre mer MAMMA MIA! 19.00 11 21.00 12 21.00 13 21.00 14 17.00 dicembre ven dicembre sab dicembre dom dicembre lun di Renata Ciaravino regia di Franco Però con Elisabetta Pozzi Posto unico 1★ Biglietti Posto unico interi € 15 ridotti € 12,50 21.00 10 dicembre gio ALEXANDRIA 15 dicembre mar 16 dicembre MAMMA MIA! mer 17 21.00 18 21.00 19 21.00 20 17.00 21.00 dicembre gio dicembre ven dicembre sab dicembre le notti bianche di Fedor Dostoevskij regia di Rossella Falk con Fabio Poggiali, Simona Mastroianni Posto unico 1★ “musical” Dopo il successo in Pinocchio e Peter Pan Manuel Frattini è Robin Hood Robin Hood, il principe dei ladri Una delle storie più amate di sempre diventa un musical tutto italiano Sul palcoscenico del Politeama Rossetti, a novembre, i musical hanno fatto quasi una “staffetta”: da Il giorno della tartaruga che ha aperto il cartellone musical nel segno della tradizione più amata della commedia musicale di Garinei & Giovannini, il testimone è passato a un successo di Broadway come Hairspray, ed ora a una novità italiana, l’atteso Robin Hood, musical inedito di Beppe Dati, diretto da Christian Ginepro, che vede nei panni del protagonista un beniamino del pubblico quale Manuel Frattini (tutti lo ricorderanno con entusiasmo, nella scorsa stagione, interprete del Peter Pan con le musiche di Bennato).Si tratta di tre nomi di rilievo nel mondo dello spettacolo italiano: di Frattini, ormai sono notori il talento eccezionale, la versatilità, la sorprendente capacità di esprimersi appieno attraverso la recitazione, il ballo e il canto. Forte di una carriera di tutto rispetto e di una preparazione invidiabile nell’ambito del musical, è anche Christian Ginepro, da poco applaudito quale protagonista de Il giorno della tartaruga: in Robin Hood esordisce come regista e ci lascia pregustare una messinscena piena di fantasia e poesia. E di profonda esperienza è anche l’autore dello spettacolo, Beppe Dati: il suo nome è garanzia di musiche piene di ritmo e pathos, se pensiamo che nella sua lunga carriera ha firmato successi come 4 Gli uomini non cambiano scritta per Mia Martini e Cosa resterà degli anni 80 per Raf. Gli “ingredienti” dunque sono quelli giusti per uno spettacolo piacevole e, ovviamente, trattandosi della storia di Robin Hood, anche un po’ fiabesco. Le avventure del nobile che “ruba ai ricchi per dare ai poveri” hanno solleticato la fantasia di molti creativi e il personaggio ha sempre avuto fortuna a teatro, in televisione, al cinema, dove ha iniziato a riempire le pellicole ai tempi del muto per arrivare ai più recenti e tutti memorabili Robin e Marian con Sean Connery e Audrey Hepburn, Robin Hood il principe dei ladri con Kevin Costner e ovviamente al capolavoro disneyano che ha avuto l’ardire di trasformare Robin e Marian in due indimenticabili volpi furbe e dolcissime. Lo spettacolo di Beppe Dati è frutto dello spirito innovativo di un gruppo artistico e produttivo fresco e ricco di entusiasmo, che guarda a questa celeberrima e amata vicenda con molto rispetto, ma non per questo senza costruire un contesto creativo nuovo, fondato sull’idea di offrire diversi livelli di lettura, adatti a un pubblico eterogeneo. Sul palcoscenico ammireremo una grande scena che incanta e, attraverso i suoi meccanismi stupisce, armonizzandosi con il sortilegio delle musiche dello spettacolo. In questo quadro vedremo muoversi le maschere del burbero Fra’ Tuck, del buon Little John, della maldestra Tata, dell’improbabile Re Giovanni, capriccioso ed egocentrico. E ci saranno poi il crudele Sceriffo e soprattutto i nostri eroi positivi Marianna e Robin, figure che appartengono ormai al nostro immaginario. Mentre una novità nata proprio per questa messinscena è il personaggio di Nuvola che ha la funzione di collegare il passato di Robin (che altrimenti non conosceremmo) e l’eroe che invece ci affascina sul palcoscenico. Avventori, banditi, popolani, dame, ancelle, servitori, completano come in un grande affresco d’epoca lo sfondo di questa bella avventura, che ora – anche attraverso i linguaggi della musica e della danza e tramite l’energia di oltre venti bravissimi interpreti – ci parla di sentimenti, di rispetto e del perchè un uomo può diventare un eroe. Robin Hood infatti, prima di essere “Il principe dei ladri” è anche un uomo alla ricerca di sé stesso e che troverà il senso della propria vita solo quando saprà riconoscere e comprendere le proprie e le altrui fragilità, quando aprirà il proprio cuore all’amore e dopo aver vinto malvagi, stretto indissolubili amicizie e creato nella foresta incantata di Sherwood un leggendario regno ove la legge è quella dell’onore, dell’amore e del coraggio. di Ilaria Lucari “Robin Hood” il musical di Beppe Dati regia di Christian Ginepro con Manuel Frattini e con Valeria Monetti foto Federico Riva Politeama Rossetti dal 25 al 30 novembre 2008 durata 2h e 40’ con intervallo 5 “musical” i numeri musicali ATTO 1 Come è bella questa festa Coro Questione d’ore Robin Hood Lei è mia Guyo Dei diritti e dei doveri Tata e Fra’Tuck Con lui Nuvola Non sopporto mio fratello Re Giovanni Principe del nulla Robin Hood Ci vorrebbero eroi Coro Due bambini Robin Hood e Marianna Una speranza c’è Fra’Tuck Invisibili Robin Hood e Fra’Tuck ATTO II Di foglia in foglia Robin Hood e Coro Il volo Robin Hood e Marianna Io ruberò Robin Hood e Marianna è colpa tua Guyo e Marianna Luna Marianna Ecco che cos’è Robin Hood e Marianna Canzone di Riccardo Riccardo 6 Beppe Dati Beppe Dati è fra gli autori e compositori più noti nel panorama musicale italiano. Dopo le sue prime esperienze di musicista nei gruppi giovanili, imbocca una sua singolare strada cantautorale che culmina nella registrazione di un disco con la RCA italiana. La vera rivelazione e i grandi riconoscimenti gli giungono però soprattutto per il suo lavoro d’autore: nel 1989 ad esempio s’impone all’attenzione del pubblico e della critica scrivendo la canzone presentata da Raf al Festival di Sanremo Cosa resterà degli anni 80. Da qui inizia una lunga collaborazione con Raf, con il quale lavora anche ai due album successivi, il primo intitolato Cosa resterà degli anni 80 come il singolo sanremese e poi Sogni è tutto quello che c’è. Il Festival continua a regalargli soddisfazioni nel 1990, quando firma Disperato con cui Marco Masini vince nella sezione “novità” e l’anno successivo quando nuovamente per Raf scrive il brano Oggi un Dio non ho, di grande successo. Ancora una vittoria poi viene registrata con Le persone inutili interpretato da Paolo Vallesi. Nel 1992 addirittura è al secondo posto della sezione “campioni” con Gli uomini non cambiano interpretata da un’emozionante Mia Martini e anche al terzo con La forza della vita concepita ancora per Vallesi. In quell’anno fortunato al Festival di Sanremo, fra le “novità” figura anche Alessandro Canino con Brutta: anche questo brano è un lavoro di Dati e diviene il successo dell’estate. Tutti gli anni Novanta sono per Dati ricchi di successo e molto produttivi. Escono alcuni dei più significativi album di Marco Masini e di Paolo Vallesi, con cui lavora intensamente e nel 1999 nasce un’importante e duratura collaborazione con Laura Pausini per il CD Tra te e il mare: Dati scrive i testi di tutte le canzoni di quest’album. Scrive anche per Francesco Guccini: fra i brani da menzionare, Don Chisciotte e Cirano e poi Colombo. Alla fine del decennio riprende un suo vecchio progetto, quello di creare canzoni per bambini su testi di Gianni Rodari. Con la casa editrice Giunti ha pubblicato tre libri musicali: Filastrocche per cantare, Il treno e I tre porcellini, quest’ultimo scritto e musicato interamente da Beppe Dati e Goffredo Orlandi. Fra i successi più recenti va ancora ricordato L’uomo volante con cui Marco Masini si aggiudica il Festival di Sanremo 2004 e che a Dati vale anche il premio per il miglior testo: l’anno successivo, sempre con Masini, arriva in finale con la canzone Nel mondo dei sogni. E se volessimo discostarci solo di poco dalle canzoni che hanno ottenuto premi o riconoscimenti di prestigio, per guardare invece al repertorio più amato dal pubblico, scopriremmo che portano la firma di Dati molti successi popolarissimi, fra cui citiamo almeno Cenerentola innamorata, T’innamorerai, La forza della vita, Tu tu tu tu. “Robin Hood” Compagnia della Manuel della Rancia. La consacrazione la locandina però nei panni Frattini avviene di Cosmo Brown (ruolo foto Federico Riva Probabilmente Manuel Frattini si era fatto notare – e non solo dagli “addetti ai lavori” – fin dalle sue prime apparizioni nel mondo dello spettacolo, quindi già in trasmissioni come Fantastico o Pronto… è la Rai?, La sai l’ultima? o Festivalbar, dove era impegnato come primo ballerino e coreografo. Ma è in realtà il teatro ad avergli dato la più vasta popolarità e il successo, offrendogli l’opportunità di mettere in luce a tutto tondo il suo raro talento. Un talento ben illustrato dal critico Francesca Pedroni, quando scrive di lui «Gambe scattanti, che sanno accattivarsi il pubblico con un guizzo solare di energia, complice una predilezione per vorticose sequenze di tip tap sprizzanti humour e euforia... Questo è Manuel Frattini, occhi vivaci su cui troneggia un ciuffo sbarazzino di capelli». Ottimo danzatore, cantante, attore Manuel Frattini ha trovato nel genere del musical il canale d’espressione più congeniale: lo dimostra subito, appena nel 1991 Saverio Marconi lo sceglie per il ruolo di Mike Costa in A Chorus Line che fu del grande Donald O’Connor) in Cantando sotto la pioggia nel 1996. E due anni più tardi, quando – con la stessa produzione – è Gedeone in Sette spose per sette fratelli, per le platee è una star acclamata e anche la critica concorda nel tributargli un personale rilievo. Dal 1999 è in Tributo a George Gershwin - Un Americano a Parigi, con la regia e le coreografie di Franco Miseria: divide la scena con nomi come Christian De Sica, Lorenza Mario, Monica Scattini e Paolo Conticini, ma non fatica a calamitare su di sé l’entusiasmo del pubblico, esibendosi in un acrobatico tip tap, davvero memorabile. Nello stesso periodo diviene realtà un sogno condiviso con Fabrizio Angelini e Giovanni Maria Lori: la creazione di un musical inedito Musical, Maestro! di cui è protagonista assoluto. Nel 2001 torna con la Rancia e Marconi ne La Piccola Bottega degli Orrori. Nel 2003 Frattini è parte di un progetto che nella storia di questo genere in Italia, rappresenterà una pietra miliare: Pinocchio, primo musical-kolossal prodotto a livello nazionale, con le musiche dei Pooh e lui nel ruolo del titolo.Felice l’esito anche di Frattini come autore di musical: il suo Toc Toc a Time for Musical resta in cartellone per oltre due settimane a Milano, un vero record per un musical inedito. Quella dell’artista che vola spericolato sopra le platee dei maggiori teatri italiani, protagonista di Peter Pan, è storia recente: lo spettacolo è stato premiato col Biglietto d’Oro per il musical più visto del 2007. Numerosissimi anche i riconoscimenti personali che Frattini ha ottenuto nel corso della carriera: primo fra tutti il Premio Massimini ricevuto proprio a Trieste e, per citarne ancora solo alcuni, il Bob Fosse, il Danza & Danza e il Premio IMTA. Robin Hood Manuel Frattini Marianna Valeria Monetti Guyo Simone Sibillano Tata Mimma Lovoi Fra’ Tuck Lello Abate Re Giovanni Marco Manca Little John Diego Casalis Nuvola Chiara Scipione Ensemble Azzurra Adinolfi Luca Barbagallo Marta Belloni Silvia Contenti Angelo Di Figlia Luciano Guerra Elisa Marangon Giuseppe Marino Chiara Materassi Valentina Piccione Gianluca Roncari Andrea Rossi Ivan Testini 7 “altri percorsi” “Alexandria” riprende la storia dell’emigrazione femminile verso l’Egitto Quando si emigrava verso il Sud Franco Però dirige Elisabetta Pozzi, alla Sala Bartoli fino al 14 dicembre Un progetto produttivo di rilievo, che abbraccia tutte le linee lungo le quali lo Stabile regionale articola la propria attività e che interseca l’approfondimento scientifico alla poesia scenica, la ricerca all’espressione artistica: è questo Alexandria, costruito attorno al tema centrale dell’emigrazione femminile verso l’Egitto, che fra l’Ottocento e l’ultimo Dopoguerra ebbe nella nostra regione dimensioni molto significative. E proprio nella ricerca, appassionata e approfondita che il regista Franco Però ha dedicato a questo fenomeno, ha trovato la sua genesi l’intera concezione, estrinsecatasi poi nella messinscena presentata ora alla Sala Bartoli e in un convegno internazionale, intitolato Le rotte di Alexandria e in programma a Trieste l’1 e 2 dicembre prossimi (il programma è a pag. 11). Lo spettacolo Alexandria nasce dunque da un’idea di Però – che cura anche la regia – a cui Renata Ciaravino ha dato forma drammaturgica. Vanta una protagonista di straordinaria raffinatezza, Elisabetta Pozzi, una delle più quotate e ammirate interpreti della scena nazionale. Dopo aver esordito giovanissima con Squarzina ne Il fu Mattia Pascal con Giorgio Albertazzi, quest’ultimo la vuole accanto a sé in molti altri spettacoli, fra cui Memorie dal sottosuolo da Dostoevskij e Peer Gynt di Ibsen. Si è poi confrontata 8 con un vastissimo repertorio di autori classici e contemporanei, diretta dai maggiori registi, plasmando un proprio stile di recitazione, connotato da una vitale e morbida duttilità che la rende credibile e intensa in ogni ruolo. Lo sarà anche nel far vibrare emozioni, suggestioni, contraddizioni di queste coraggiose donne emigranti, a capo di un cast tutto al femminile, composto da Laura Bussani, Michela Mocchiutti, Marzia Postogna. Le incontriamo su una banchina del porto di Alexandria, luogo di arrivi e di addii, a scambiarsi ricordi, aspettative ed emozioni della loro esperienza. Trieste e Alexandria. Due città sulle rive opposte del Mediterraneo. La città egiziana, dopo l’apertura del canale di Suez, vide un costante incremento dei traffici provenienti dalle regioni della monarchia asburgica, in massima parte attraverso la porta di Trieste. La linea di navigazione che collegava i due porti del bacino mediterraneo fu denominata Linea celere del Levante per l’intensità di questi scambi, che si protrassero a lungo. Nell’egiziana e levantina Alexandria questa Linea trasportava non solo merci ma ricchezza umana erano costruttori ed artigiani che rendevano ancora più bella la città ma anche umili emigranti che trovavano nella cosmopolita Alexandria lavoro ben remunerato. Tra questi vi fu una quota grandissima di donne: cameriere, cuoche, governanti, sarte e balie provenienti - come ci racconta un documento del ricovero alessandrino “Francesco Giuseppe”, sorto per dare asilo e protezione a molte di queste giovani «(…) per lo più dalle province di Gorizia, Trieste e Lubiana». Talmente vasto fu questo fenomeno da far sì che fosse coniato un termine preciso per definire tali donne, che lasciavano la casa e talvolta i figli, il marito, tutto ciò che era loro noto, per lavorare in terre lontane e sconosciute, sperando di procurarsi una dote, oppure di salvare la situazione finanziaria della famiglia, o dare un futuro migliore alla prole: erano le “Aleksandrinke”, dalla città dove sbarcavano e, molto spesso, trovavano impiego. Sono storie di coraggio e di nostalgie, di aspirazioni ed emancipazione, storie che però – a uno sguardo meno superficiale – non riguardano un tempo lontano ma, anzi, molto vicino a noi, quando le rotte del lavoro e della cultura non erano sempre nella direzione che osserviamo troppo spesso oggi, da Sud verso Nord, ma anche nella direzione opposta: e cominciare a rileggere queste storie con sguardo libero potrebbe, magari, fornirci qualche strumento nuovo per guardare a un “oggi” in cui ritrovare legami è sempre più necessario. di Ilaria Lucari “Alexandria” diretto da Antonio Calenda di Renata Ciaravino da un progetto di Franco Però regia di Franco Però con Elisabetta Pozzi foto Francesco Bruni Sala Bartoli dal 28 novembre al 14 dicembre 2008 durata 1h e 10’ senza intervallo 9 “altri percorsi” la locandina Ale andria di Renata Ciaravino da un progetto di Franco Però con Elisabetta Pozzi e con Laura Bussani, Michela Mocchiutti, Marzia Postogna scene e costumi Andrea Stanisci musiche Daniele D’Angelo luci Nino Napoletano regia di Franco Però www.ilrossetti.it vendite telefoniche vendite internet dal 28 novembre al 14 dicembre 2008 SALA BARTOLI - TRIESTE Milena ELISABETTA POZZI Alexandria LAURA BUSSANI Olga MICHELA MOCCHIUTTI Irene MARZIA POSTOGNA in video ISAURA ARGESE SARA CECCHET WOODCOCK CHIARA PASQUALINI VESNA HROVATIN ELENA HUSU JULIAN SGHERLA RAFFAELE SINKOVIC IVAN ZERBINATI 10 Il racconto di un viaggio Al-Iskandariyya/Alexandria, estate 2004. Mi ci trovo per un lavoro. Nei momenti liberi, con la testa piena di parole della Cialente, di Ungaretti, Pea, Kavafis, giro per questo universo mediterraneo; mi fermo ad ascoltare alcuni fabbri mentre chiacchierano in un momento di pausa; mi avvicino e domando loro se vi abitano degli italiani, lì intorno. Il più anziano - rivolgendosi in francese - mi dice di sì e indica una casa di fronte. È una costruzione fine Ottocento, entro e vedo, sul mezzanino, una signora intenta a suonare il campanello di un appartamento. «Scusi, è lei la signora...?», in un italiano perfetto mi sento rispondere: «No, la famiglia… abita al terzo piano, io non abito in questo quartiere, vivo a Cleopatra». La porta si apre, la signora mi saluta ed entra. Ritorno in Italia; un giorno, a Trieste, sono in Biblioteca Civica; cerco, nei vecchi cataloghi, alla voce “Alexandria”, basta poco e salta fuori un “Resoconto del primo anno di attività dell’Asilo Francesco Giuseppe, in Alessandria. 1899”, scritto in italiano e stampato in una tipografia greca della città egiziana. Racconto a mia madre di questa scoperta, e lei: «ma no te sa che gavemo parenti a Prevacina? E la vecia zia la iera stada un mucio de ani a lavorar zò, a Alessandria». E così inizia il viaggio: leggendo e rileggendo pagine scritte in quel crocevia del Sud, trovando alessandrini e alessandrine, o figli e figlie di queste, seconde generazioni nate in Egitto; scopro contatti on-line nati tra queste persone, spesso due volte esuli. Per anni, come un sorta di rimozione ha fatto si che poco si parlasse di queste storie e altrettanto limitati fossero i rapporti tra alessandrini, ma poi, in anni recenti – l’età? Il veder nascere intorno mondi che si vogliono chiusi? L’esplodere della paura dell’Altro? – e come se fosse nato il desiderio di parlarsi, di rivivere, di raccontare quella loro vita, straordinaria, nel suo precario equilibrio. di Franco Però “Alexandria” Pensieri a margine... Le partenze per un altro mondo si assomigliano tutte, cambia il vaso che contiene e trasforma, ma di mezzo ci sono sempre le persone, agganciate per il bavero di una giacca rotta, e portate a oriente ed occidente per cavare dignità da quella che sembrava essere destinata a essere solo una vita a debito. Sono cresciuta in mezzo alle separazioni, alle emigrazioni. Quello strappo non si distrugge, non si esaurisce coi decenni, con le generazioni che passano. Salta di vita in vita, dai genitori ai figli, definisce un paesaggio al quale qualcuno è stato strappato o da cui si è scappati. Io morirò con la visione di mio padre che a sei anni si tuffava innocente e minuto nel porto di Brindisi insieme ad altre anime bambine, centrifugate in seguito in giro per l’Italia e per il mondo. Avrò sempre negli occhi i suoi occhi che mi raccontano che guardavano quel mare, e che poi quel mare è svanito, per sempre, salvo riapparire come per un richiamo di rondini in autunno, a tarda età. Forse le cose degli uomini devono andare così, migranti. Ma forse è anche vero che deve andare così la nostalgia, mentore del viaggiatore, dell’uomo, per sempre. Una convivenza che non si può eludere, un terreno cavo da riempire con la resistenza, l’adattamento, certe volte la gioia persino. Come le donne di Alexandria, investite da una libertà inimmaginabile, investite da profumi sconosciuti, a fronte di partenze piante e futuro incerto. Nessuno potrà mai sapere cosa fosse veramente Alessandria in quegli anni, saperlo da dentro, dalle sue profondità non storiche ma umane. Quello che però traspira attraverso le maglie larghe dei racconti e delle testimonianze è una Città Possibile. Una città dove le differenze culturali si oppongono in una tensione che non divora ma dialoga; dove le differenze non si sciolgono in una triste mescolanza senza identità ma abitano distinte e insieme. Chi lo sa, il mondo è pieno di queste Città Possibili distrutte… di Renata Ciaravino il convegno Lunedì 1° dicembre 15.30 Saluti delle autorità Marta Petricioli L’emigrazione italiana in Egitto nella prima metà del Novecento Giovanni Panjek I rapporti economici tra Trieste e Alessandria nell’Ottocento Rabie Salama Aspetti di cultura popolare alessandrina in Mafarka di Marinetti moderatore Pierluigi Sabatti Moheb Saad Scrittori italiani d’Alessandria d’Egitto Ezio Godoli Gli architetti italiani in Egitto e la questione dell’identità nazionale dell’architettura egiziana moderatore Patrizia Vascotto Martedì 2 dicembre 15.30 Marta Verginella Le Alessandrine tra mito e realtà Aleksej Kalc Le Alessandrine: caso eclatante in uno scenario migratorio complesso Katja Škrlj Le Alessandrine tra memoria e oblio Nadia Boz L’emigrazione femminile in Egitto da un comune del Friuli (Fontanafredda) nel Novecento Daša Koprivec Le ricerche etnografiche sulla vita dei discendenti delle Alessandrine realizzate dal Museo Etnografico dal 2005 al 2008 moderatore Marta Verginella sede del convegno Sala Tessitori Consiglio Regionale Piazza Oberdan, 5 - Trieste 11 “altri percorsi” (…) Data la forte specializzazione nel settore dei servizi domestici, l’emigrazione femminile per lavoro risulta più legata alla città, specie se grande come Trieste, che non a emergenti centri di sviluppo industriale, e per gli stessi motivi i flussi femminili sembrano essere meno sensibili alle alterne vicende dell’economia rispetto a quelli maschili, i quali risentono più direttamente delle oscillazioni del mercato occupazionale. Tuttavia, alle donne dell’area giuliana si aprirono nel corso dell’Ottocento anche altri mercati, tra i quali particolare attenzione merita quello dell’Egitto. Si tratta dell’effetto indotto dalla costruzione e dal traffico marittimo attraverso il Canale di Suez che favoriva la concentrazione di élites economiche nelle città di Alessandria e del Cairo con la conseguente richiesta di personale di servizio di alto livello e di usi occidentali. L’Egitto diventò la nuova frontiera dell’emigrazione femminile legata al servizio domestico. Essa trovò un riscontro di eccellenza nel Goriziano, soprattutto nel Collio, nella Valle del Vipacco ed in parte del Carso. Si assistette qui dagli anni sessanta dell’Ottocento e oltre la seconda guerra mondiale ad un flusso continuo di domestiche, cuoche, cameriere, governanti, bambinaie, insegnanti, balie da latte ed istitutrici che si recavano a rendere i propri servigi alla ricca borghesia di Alessandria e del Cairo. Innescatosi sulla scia dei trasferimenti dell’imprenditoria europea in terra di Egitto e sulla spinta iniziale della crisi agraria degli anni settanta, il flusso emigratorio trovò presto ampi spazi di innesto nella sempre più numerosa comunità occidentale e levantina impegnata negli affari commerciali e finanziari, soprattutto nei nuovi quartieri della cosmopolitissima e sempre più europea Alessandria, dove l’insediamento era favorito pure dalle migliori condizioni climatiche. Fattore 12 Le migran Caratteri delle migrazioni femminili della V non trascurabile a supporto della meta egiziana erano gli agevoli e collaudati collegamenti marittimi tra Trieste e gli scali nordafricani con le linee del Lloyd Austriaco. Con il tempo l’emigrazione poteva contare inoltre su istituzioni e strutture preposte all’assistenza dei lavoratori emigrati come ad esempio l’ospedale austriaco di Alessandria, dal 1891 la missione slava dei frati francescani, l’Associazione cattolica delle donne slovene (Kršcanska zveza Slovenk), istituita nel 1902, l’asilo di San Francesco con annessa scuola slovena, fondato qualche anno più tardi e gestito dall’ordine delle Suore scolastiche di Maribor, nonché da una piccola ma molto attiva colonia di imprenditori sloveni. Queste realtà e soprattutto il ricovero di San Francesco facevano da punti di riferimento per le donne e le ragazze che decidevano di rivolgersi a queste piazze, offrivano accoglienza alle nuove arrivate come a quelle che si ritrovavano senza impiego, svolgevano servizio di collocamento, sorvegliavano sulle condizioni di lavoro, istruivano ed affinavano le qualità delle lavoratrici, vegliavano sulla loro integrità morale prendendosi cura anche delle loro anime. Erano diverse migliaia le “alessandrine” dell’area giuliana ad aver condiviso nell’arco di un secolo l’esperienza egiziana. Con l’andare del tempo esse non provenivano più soltanto dalla provincia, ma anche da ambiti urbanizzati, il che caratterizza anche qualitativamente la portata del fenomeno. All’inizio del Novecento le fonti parlano di non meno di 3.000 presenze che andavano aumentando di anno in anno fino a raggiungere, alla vigilia della prima guerra mondiale, le 7.000 unità, di cui 4.500 dislocate ad Alessandria, 1.500 al Cairo e il resto sparso in altri centri del paese. Conosciute sul mercato del lavoro di servizio come les Goritiènnes o les Slovènes, erano molto richieste ed apprezzate grazie ad attitudini e caratteristiche professionali derivanti dall’elevato grado di scolarizzazione, alla quale si associava un’altrettanto diffusa educazione nei lavori pratici e nei comportamenti che la società dell’epoca impartiva attraverso la scuola dell’obbligo come pure entro gli ambiti domestici e tramite associazioni culturali a quelle che dovevano diventare buone mogli e madri di famiglia. A differenza dell’emigrazione che continuava a rivolgersi verso le città regionali, l’emigrazione in l’Egitto aveva un marcato carattere circolare, nel senso che presupponeva il ritorno e l’investimento delle risorse nella comunità di origine. Le protagoniste erano ragazze nubili desiderose di accumulare mezzi in funzione di un progetto familiare. La bala, vale a dire la dote, costituita dal corredo e in senso più lato dalle basi materiali indispensabili per poter aspirare al matrimonio, possibilmente anche decoroso, era infatti l’obiettivo principale per cui moltissime ragazze imboccavano la via dell’Egitto. Consistente era però anche il numero di mogli e madri che usufruendo di un mercato del lavoro che offriva migliori opportunità di guadagno agivano come fattori non solo integrativi ma essenziali e spesso portanti dell’economia familiare. La ristrutturazione della casa, l’ammodernamento e l’ampliamento dell’azienda agricola, l’indebitamento o difficoltà “Alexandria” nti di ieri. Venezia Giulia tra continuità e mutamento finanziarie derivanti da inopportune gestioni dell’economia domestica, da tragedie familiari ed altri malaugurati eventi, ma pure mire edificanti come ad esempio l’ambizione di assicurare ai figli un più alto grado di istruzione ed avviarli alla promozione sociale e altre motivazioni riguardanti una generale tendenza di adattamento agli stili di vita e ai costumi proposti dalla modernità, sono le motivazioni tipo che le ricerche hanno fatto emergere dal ragguardevole corpus di testimonianze orali e scritte. (…) Le domestiche – segnalano i rapporti di fine Ottocento e inizio Novecento – percepivano compensi mensili di quattro volte superiori che a Trieste o Gorizia, mentre per le balie da latte la retribuzione poteva essere tre volte quella di una domestica. (…) I tempi delle esperienze lavorative in Egitto potevano essere di qualche anno, potevano ripetersi ciclicamente, come potevano protrarsi per decenni. In questi casi comportavano spesso il celibato oppure una separazione “strutturale” della moglie e della madre dai figli e dalla famiglia, a meno che la lavoratrice non chiamasse a se il compagno e – molto più frequentemente – i figli o solamente alcuni di questi. Non mancavano neppure casi in cui le ragazze convogliavano a nozze con immigrati sloveni, in molti casi con italiani o anche con partiti di altre nazionalità. A prescindere se la scelta emigratoria trovasse origine in situazioni di necessità ed emergenza oppure rispondesse a progetti di vita, si può dire che il fenomeno delle “alessandrine”, diffondendosi capillarmente nelle aree che abbiamo menzionato, rappresentò per molte donne e per molte famiglie la strategia socio-economica di un’epoca. (…) Il “servizio” rappresentava non solo l’occasione di guadagno economico, ma per coloro che operavano in ambiti sociali di alto rango significava anche un ritorno in termini di arricchimento culturale e di partecipazione a stili di vita cosmopoliti. Bastino gli esempi delle governanti che erano chiamate a gestire case spesso piene di ospiti e di servitù, o meglio ancora le istitutrici, che non potevano pensare di ottenere l’impiego senza disporre di appropriate conoscenze linguistiche, culturali e anche pedagogico-didattiche. In questo campo risalta il nome di Milena Faganel di Merna presso Gorizia che, dopo gli studi liceali, dal 1927 al 1963 accudì e si occupò al Cairo dei rampolli di dinastie imprenditoriali e aristocratiche, tra i quali il futuro segretario generale delle Nazioni Unite Buthros Gali ed i figli della famiglia reale albanese. Nel corso del suo divenire il fenomeno delle “alessandrine” fu oggetto di una continua attenzione pubblica, di tanto in tanto di accese polemiche. La piaga della prostituzione, i casi di ragazze cadute ingenuamente in trappole matrimoniali che le privarono della libertà portandole addirittura negli harem ed altre forme di decadenza morale dovute alle svariate insidie che l’esperienza emigratoria si portava appresso non potevano non fare clamore ed indurre alla riflessione suscitando giudizi più o meno preoccupati. (…) La questione più delicata stava però al di là dei pur numerosi problemi pratici e organizzativi ed aveva a che fare con il fatto che il fenomeno comportava alti costi in termini di stravolgimento sociale ed emotivo. L’allontanamento delle mogli e soprattutto delle madri, la separazione dai figli piccoli, la privazione dei neonati del latte materno che doveva servire da merce di scambio economico, l’affievolirsi dei rapporti tra i coniugi e tra madri e figli, la presenza nelle dinamiche familiari di figure femminili sostitutive alla madre, erano – assieme al non sempre facile reinserimento e riadattamento delle emigrate al contesto di origine – gli aspetti cruciali del fenomeno. Sicuramente meno dolorosi dal lato emotivo erano i risvolti dell’esperienza emigratoria prematrimoniale, i loro effetti in merito al posizionamento della donna nell’economia, nella società e nel pensare comune erano però altrettanto significativi. A partire dagli anni settanta del secolo scorso, a fenomeno terminato, e con maggiore enfasi dagli anni novanta le “alessandrine” hanno ricevuto il meritato riconoscimento pubblico. (…) Questa memoria tende comunque a dare voce soprattutto agli aspetti più struggenti delle loro storie ed a dipingere la figura dell’”alessandrina” a tinte compassionevoli entro un sofferente quadro di storia nazionale. (…) Il fenomeno delle “alessandrine” è stato senz’altro promosso dal bisogno economico, ma il loro ruolo di emigrate non può essere ridotto in termini di mera obbedienza e rassegnazione. Il fenomeno si è evoluto ed ha preso piede alimentandosi anche di desiderio di emancipazione, di volontà di attingere a fonti nuove che si offrivano col progredire della società e che hanno portato, attraverso esperienze plasmanti, molte donne e ragazze ad assumere connotati socioculturali diversi da quelli tradizionali e spesso inconciliabili con le categorie mentali e gli stili di vita nei loro luoghi di origine. tratto da un saggio di Aleksej Kalc 13 “prosa” L’interpretazione è affidata a un gruppo di giovani professionisti I pettegolezzi di Così è (se vi pare) Massimo Castri riporta nuovamente in scena il capolavoro di Pirandello Per la terza volta nella sua carriera, Massimo Castri ritorna ad occuparsi di Così è (se vi pare): chiaramente egli lo ritiene una pietra miliare nella poetica pirandelliana, che da sempre ha indagato con spirito innovativo e grande lucidità. Un testo che offre sempre nuove illuminazioni, o esponenziali voragini da scandagliare per percepirne il mistero, «(…) una delle metafore più elementari e insieme crudeli del modo di guardare alla vita da parte di Pirandello – scrive giustamente il critico de Il Manifesto, Gianfranco Capitta – ma soprattutto del suo teatro». La trama inventata dallo scrittore siciliano è celeberrima: una gretta comunità di provincia trascorre il proprio tempo a spettegolare su tre nuovi arrivati. Si tratta del signor Ponza, impiegato comunale appena trasferitosi nella cittadina con la moglie e la suocera, la signora Frola. Ad attrarre la curiosità della gente è il loro insolito comportamento: la moglie del signor Ponza vive da reclusa e anche se la signora Frola smania per vederla, può comunicare con lei soltanto attraverso qualche bigliettino. A vivere assieme alla suocera è invece, stranamente, il marito… Interrogati, Ponza e la Frola offrono spiegazioni contrastanti: la donna sostiene che il genero geloso le impedisce di vedere la figlia. Ponza spiega invece di aver 14 avuto una prima moglie, e la madre di lei – la signora Frola – non ne ha mai superato la morte e la confonde ora con la sua seconda sposa: ella vive segregata per non angosciare di più l’anziana donna. Quale sarà la verità? La comunità intera freme per conoscerla, ma non otterrà soddisfazione. Il mistero si chiude infatti sulla sibillina e anch’essa famosissima battuta della moglie velata: «Io sono colei che mi si crede». Un mistero che attrae Castri fin dal 1979, quando mise in scena Così è (se vi pare) per la prima volta, forte di un’importante intuizione in merito a una sorta di “doppia natura” del testo, che trova nella vicenda dei tre “diversi” il suo nucleo più profondo, attorno al quale, solo in un momento successivo, l’autore avrebbe sviluppato – soprattutto attraverso la figura del raisonneur Laudisi – il sillogismo sull’impossibilità della verità. Né nella successiva versione televisiva che Castri diede dell’opera, né in questo nuovo allestimento tale suo assunto viene tradito, ma ad esso vengono via via aggiunti approfondimenti sempre più preziosi. In quest’ultima messinscena – che il regista affida interamente al lavoro puntuale, fresco, corale di un gruppo di attori professionisti, provenienti da un corso di formazione e specializzazione di Emilia Romagna Teatro – al tema dell’incesto già adom- brato, all’ideologia del pirandellismio di cui ci si è già liberati, si aggiunge una nuova attenzione al testo drammaturgico, alle sue strutture, al meccanismo drammaturgico “diabolico” nella sua perfezione. Ne nasce un suggestivo gioco di rifrazioni fra diverse forme di teatro, rappresentate dai due gruppi che si fronteggiano: i borghesi incarnano la commedia, indagata in tutta la sua gamma espressiva (dallo slapstick al grottesco), e ciò è facilitato dall’ambientazione scelta dal regista, che vuole che tutto avvenga nel corso di una festa carnevalesca. I tre “diversi” invece possiedono la teatralità dei monologhi, delle scene madri, dei conflitti, l’aspetto spettrale e nero dei viaggiatori smarriti. Il tutto diviene ancor più incisivo nella bella scena di Claudia Calvaresi che dal realismo trascolora verso direzioni diverse e sfumate, e grazie alla compressione dello svilupparsi degli avvenimenti. Il regista sceglie infatti di rinunciare alla divisione in atti, come pure ad alcune scene, per far accadere tutto “in tempo reale” sotto gli occhi degli spettatori, come se anch’essi fossero invitati a quella festa di carnevale. Anch’essi coinvolti nel gioco misterioso di torturatori e torturati, nell’equilibrio mutevole delle dipendenze fra le vittime e i carnefici che non possono smettere di affascinarci. “Così è (se vi pare)” di Luigi Pirandello regia Massimo Castri foto di Marco Caselli Nirmal Politeama Rossetti dal 3 al 7 dicembre 2008 durata 1h e 50’ senza intervallo 15 “prosa” Massimo Castri Quarant’anni di regie in Italia e in Europa Nato a Cortona il 25 maggio 1943, Massimo Castri è fra le più colte, alte e singolari personalità del teatro italiano contemporaneo: artista raffinatissimo e sottilmente analitico, ci ha abituati a letture sempre innovative, sottili, intelligenti sia quando affronta il repertorio più vicino a noi sia, e forse soprattutto, quando si avvicina con spirito sempre fresco, acuto eppure rispettoso ai classici più amati. La sua parabola artistica inizia da attore, quando nel 1967 è in Unterdenlinden di Roversi al Piccolo Teatro di Milano (regia di Majello) e subito dopo in Majakovskij & C. alla Rivoluzione d’Ottobre, messo in scena da Quartucci. Nella stagione 1967-1968 è allo Stabile di Genova e alla Pergola di Firenze. Nei due anni successivi recita diretto da Cobelli e Guicciardini e appartengono allo stesso periodo le partecipazioni ai film I cannibali della Cavani e Sotto il segno dello scorpione dei fratelli Taviani. Passa poi nell’autunno 1970 al Teatro Stabile dell’Aquila recitando La cortigiana dell’Aretino con regia di Antonio Calenda, mentre nella primavera successiva si laurea in lettere all’Università di Genova con una tesi sul teatro politico che servirà da base al volume pubblicato da Einaudi nel 1973. La stagione 1971-1972 lo vede alla Loggetta di Brescia tra gli interpreti di Scontri generali scritto e diretto da Giuliano 16 Scabia e con una compagnia del Teatro Comunale di Firenze attore e coautore con Liberovici (anche regista) e Jona di Per uso di memoria. Degli stessi autori mette poi in scena a Pistoia L’ingiustizia assoluta. Firma la sua prima regia per la Loggetta (I costruttori d’imperi di Vian,Teatro Santa Chiara, 1972) e collabora con Cobelli alle messinscene de La Figlia di Iorio di D’Annunzio e del goldoniano L’Impresario delle Smirne. La stagione successiva lo vede regista di due novità, Fate tacere quell’uomo: Arnaldo da Brescia ed È arrivato Pietro Gori, delle quali è coautore. Dalla stagione 1974-1975 è regista stabile della Compagnia della Loggetta, che dal 1975-1976 assume la denominazione di Centro Teatrale Bresciano. Vi allestisce tra l’altro La Tempesta di Shakespeare, Un uomo è un uomo di Brecht, Fantastica Visione di Scabia. Ma la ricerca del regista si concentra particolarmente sulla crisi del dramma borghese e sfocia in una serie d’importanti messinscene pirandelliane iniziata con Vestire gli ignudi (1976), La vita che ti diedi (1978), Così è se vi pare (1979) e proseguita con La ragione degli altri al Teatro dei Filodrammatici di Milano (1983) e Il Piacere dell’onestà con la Compagnia Teatro e Società (1984). Con pari interesse si rivolge al mondo di Ibsen di cui mette in scena Rosmersholm (Firenze, 1980), Hedda Gabler (Ferrara, 1980) e Il piccolo Eyolf (Pavia, 1985). Da ricordare inoltre l’Edipo di Seneca (1978) e Caterina di Heilbronn di Kleist (1981), impeccabile e personale introduzione al teatro del romanticismo tedesco. Per Emilia Romagna Teatro, Castri dirige anche Trachinie di Sofocle, presentato al Festival di Spoleto nel 1983. Affronta poi Goethe (Urfaust, presentato alla Biennale di Venezia nel 1985) e Cechov (Il Gabbiano) sempre con grandissimo successo di pubblico e critica. Nelle ultime stagioni ha lavorato con Emilia Romagna Teatro (il pirandelliano Il Berretto a sonagli, Amoretto di Schnitzler, Le serve di Genet, La vita è sogno di Calderon), con il CTB (La famiglia Schroffenstein di Kleist), e con Veneto Teatro, realizzando una memorabile edizione de I rusteghi di Carlo Goldoni. Intensa in questi anni è anche “Così è (se vi pare)” l’attività didattica con la Civica Scuola d’Arte Drammatica di Milano e con L’Atelier Costa Ovest. Nel 1993 inizia la collaborazione con lo Stabile dell’Umbria che sfocia in una eccezionale messinscena di Elettra di Euripide e di Ifigenia in Tauride. Nel 1994 diventa direttore del Teatro Metastasio di Prato (poi Teatro Stabile della Toscana), per cui realizza fino al 1998 il monumento goldoniano La trilogia della villeggiatura (in collaborazione con il Teatro Stabile dell’Umbria), Oreste di Euripide, Orgia di Pasolini e Fede speranza carità di von Horvart nello spazio storico del Fabbricone. Per lo stesso spazio concepisce anche gli allestimenti di Ifigenia in Tauride e Gli innamorati di Goldoni. Nel 1997 conclude la sua esperienza pirandelliana con il Teatro Stabile dell’Umbria con La ragione degli altri. Numerosi i riconoscimenti che ha meritato: dal Premio del Consiglio d’Europa ai Premi UBU per Così è se vi pare, Rosmersholm, Trachinie, Il gabbiano, La famiglia Schroffenstein, I rusteghi, Elettra, La ragione degli altri. Nel 1999 dirige a Bruxelles una delle sessioni di lavoro del progetto Ecole de Maitres. Dal 2000 al 2002 è regista per il Teatro Stabile di Torino e mette in scena spettacoli rigorosi e affascinanti, guardati con ammirazione a livello nazionale: menzioniamo almeno Ifigenia di Euripide, Madame De Sade di Yukio Mishima e John Gabriel Borkmann di Henrik Ibsen. Nelle stagioni 2003 e 2004 aggiunge altri allestimenti alla propria incessante ricerca su Pirandello, firmando per lo Stabile di Palermo Questa sera si recita a soggetto e per il Teatro di Roma un raro Quando si è qualcuno con protagonista Giorgio Albertazzi. Nel 2004 è direttore del 36° Festival Internazionale del Teatro organizzato dalla Biennale di Venezia. Nelle ultime stagioni ha alternato collaborazioni con Emilia Romagna Teatro Fondazione (Il padre di Strindberg, con Umberto Orsini), lo Stabile di Palermo (Spettri di Ibsen) e il Teatro di Roma (Alcesti di Euripide). Nel maggio 2006, ha messo in scena Ecuba di Euripide al Teatro Greco di Siracusa per il XLII Ciclo di Rappresentazioni Classiche organizzate dall’Istituto Nazionale del Dramma Antico. Oltre a questo Così è (se vi pare) fra i suoi ultimi lavori di regia figura Tre Sorelle di Checov. la locandina Lamberto Laudisi Michele Di Giacomo la Signora Frola Diana Hobel il Signor Ponza, suo genero Pietro Faiella la Signora Ponza Chiara Condrò il Consigliere Agazzi Alessandro Federico la Signora Amalia, sua moglie e sorella di Lamberto Laudisi Federica Fabiani Dina, loro figlia Marta Iagatti la Signora Sirelli Giorgia Coco il Signor Sirelli Marco Brinzi il Signor Prefetto Angelo Di Genio la Signora Cini Francesca Debri la Signora Nenni Manuela De Meo un cameriere di casa Agazzi Andrea Corsi 17 Inauguriamo con questo numero uno spazio dedicato agli spettatori più giovani del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, che sempre più numerosi frequentano gli spettacoli in scena al Politeama Rossetti. Abbiamo osservato che molto spesso la visione di uno spettacolo stimola nei più giovani il desiderio di raccontare attraverso uno scritto o un disegno le emozioni provate a teatro. In questo primo appuntamento pubblichiamo i lavori che gli alunni della Scuola Media “Divisione Julia” - nell’ambito del progetto “Spettatori consapevoli” - hanno dedicato a “To be or not to be”, spettacolo inaugurale della stagione 2008-09. Visto il successo ottenuto, “To be or not to be” ritornerà in scena a Trieste per due recite straordinarie sabato 28 e domenica 29 marzo 2009. 18 Cosa possiamo sapere noi delle sofferenze della guerra? Fino a che punto riusciamo davvero a comprendere l’angoscia che la violazione dei diritti e delle libertà procura? Non ne abbiamo che una vaga idea, ma anche grazie alla commedia To be or not to be, che ha aperto la stagione 2008/2009 del Teatro Rossetti, ci siamo fermate a riflettere e ci siamo poste un interrogativo fondamentale: Essere o non essere? Stare a guardare o impegnarci, sostenendo i principi che riteniamo giusti? To be or not to be gioca con il continuo riflettersi della realtà della vita nella finzione del teatro e propone, in termini leggeri e a tratti surreali, una dura satira sul nazismo. A Varsavia, nel 1939, un gruppo di attori sta allestendo uno spettacolo molto diverso da ilRossett Pensieri, riflessioni e emozio tutti gli altri: Gestapo è un’opera che denuncia le violenze del nazismo. Le idee, le emozioni e il desiderio della compagnia di poter esprimere, seppur in modo filtrato, il proprio giudizio sugli avvenimenti in Europa, in un nuovo tipo di spettacolo, purtroppo si spengono quando, durante una prova, uno scarno comunicato blocca la rappresentazione. Il regista di Gestapo, Kracov, sa però risvegliare la coscienza del gruppo. Fin dalla prima scena, fa un appello agli artisti, che riteniamo emblematico: “In Germania non esiste più liber- tijunior oni degli spettatori under 14 tà, né diritto, né civiltà! Solo la volontà di un folle! Che farnetica di ariani e di spazio vitale…e chi si oppone viene deportato o ucciso (…) Dovreste vergognarvi, voi tradite la missione del teatro! Possibile che non sentiate il dovere di denunciare ciò che sta accadendo in Germania?!”. Queste parole esprimono rabbia, dolore, amarezza, ma anche vocazione e impegno. Kracov indica agli attori, ma soprattutto a noi spettatori consapevoli, la missione più nobile dell’arte: il diritto/dovere di interpretare la realtà e di coglierne le dolorose contraddizioni. E ognuno di noi può ritrovare i propri dubbi e debolezze nei comportamenti del primo attore, Ian Tura. Giuseppe Pambieri si infila la maschera di questo buffo artista, cucendosela addosso come il migliore dei sarti. Nelle prime scene Ian non è altro che un commediante che interpreta un ruolo, a caccia di applausi e consensi. È come se per lui, al di fuori delle mura del teatro, fuori dal palcoscenico, oltre al sipario, non esistesse nient’altro. Ma la reale situazione della Polonia diventa tristemente nota, così Ian Tura si rende conto che il mondo, non solo il suo mondo, si sta sfasciando. Come un bruco si chiude in un bozzolo prima di diventare farfalla, così Ian si nasconde nella recita e nella finzione prima di scegliere la difficile via dell’impegno. Recitando per la vita, gli attori decidono dunque di offrire il proprio sostegno alla resistenza polacca, regalandoci una favola piena di speranza. E il messaggio che cogliamo è l’invito ad abbandonare indifferenza e qualunquismo, cercando di essere informati, di formarci un’opinione, di partecipare per difendere i nostri valori. Essere impegnati per noi studenti di terza media vuol dire studiare, andare a teatro, leggere un giornale o ascoltare un TG con vero interesse, per essere consapevoli di ciò che succede anche al di fuori della nostra realtà familiare e scolastica. di Laila Mazzurco Silvia Brezigar Silvia Cacciaguerra Giorgia Stefi Scuola Media “Divisione Julia” - Trieste 19 ci sono infiniti modi di essere presenti sulla scena. il nostro, storicamente, sta nel fare che ciò accada. molto, molto prima che il sipario si alzi generali è lì. Generali. dove c’è arte. news Antonio Calenda Annunciato il diretto primodaappuntamento musicale della stagione 2008-2009 Franco Battiato arriva al Rossetti Due imperdibili concerti del cantautore siciliano il 13 e 14 febbraio 2009 «I profumi d’amore inebrieranno i nostri corpi/la bonaccia d’agosto non calmerà i nostri sensi/Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto/ Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono (…) perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te...» I versi incantevoli che Franco Battiato ha scritto per La cura, uno dei suoi più amati successi, non lasciano dubbi sul fatto che San Valentino al Politeama Rossetti sarà un appuntamento fra i più romantici… È un’occasione imperdibile il doppio concerto del celeberrimo cantautore siciliano, in programma il 13 e il 14 febbraio come “fuori abbonamento” nella stagione dello Stabile regionale. Un’occasione che permetterà ai suoi fan di abbandonarsi alla delicata poesia dei suoi testi o lasciarsi travolgere dall’energia di certe sue soluzioni ritmiche… Franco Battiato è un cantautore raffinatissimo e ricercato, eppure molto carismatico e seguito con grande calore dal pubblico, cui lo lega un feeling che si rinnova album dopo album. Ogni suo concerto rappresenta un’esperienza ricca di sortilegi preziosi e profonde emozioni ed è con entusiasmo che i fan della regione stanno rispondendo – fin dai primi giorni di prevendita – alle due date per cui, presso tutti i punti vendita dello Stabile, è già possibile acquistare i biglietti. Ritorna il Festival della canzone triestina Il 26 dicembre al Rossetti, ospite Lelio Luttazzi Ritorna venerdì 26 dicembre alle ore 20.30 il tradizionale appuntamento con il Festival della Canzone Triestina, giunto quest’anno alla trentesima edizione. Ospite d’eccezione sarà Lelio Luttazzi, che ritornerà sul palcoscenico del Rossetti dopo una lunga assenza. La prevendita dei biglietti per il Festival è già aperta presso la Biglietteria del Rossetti: i prezzi vanno dagli 11 euro della Platea, ai 6 euro della I Galleria, ai 3 euro della II Galleria. 21 Ospiti d’eccezione il coro di Cividale e la Fanfara della Brigata Alpina Julia Gli Alpini festeggiano il Natale Lunedì 8 dicembre alle 20.30 al Rossetti il tradizionale concerto dei cori ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI Sezione M.d’O. Guido Corsi - TRIESTE Circolo Culturale Alpini Sono in vendita i biglietti per il concerto Aspettiamo il Natale con gli Alpini, una delle iniziative natalizie più amate e attese a Trieste, che dal 2004 viene ospitata dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia nei primi giorni di dicembre. L’appuntamento si rinnoverà anche quest’anno, l’8 dicembre al Politeama Rossetti, con una serata piacevole, di cui saranno protagonisti il Coro A.N.A. di Trieste diretto dal Maestro Paolo Rossi, il Coro A.N.A. Monte Nero di Cividale diretto dal Maestro Mauro Verona, e la celebre Fanfara della Brigata Alpina Julia diretta dal Capo musica Primo Mar. Biagio Cancelosi. I biglietti per questo primo evento natalizio sono disponibili al prezzo di soli 2 euro presso la Biglietteria del Politeama Rossetti, quella del Ticket Point in Corso Italia e presso il punto vendita del Centro Commerciale Torri d’Europa. Inoltre, com’è tradizione, gli alpini dedicheranno questa loro serata musicale a un’opera di beneficenza: raccoglieranno all’interno del teatro delle offerte che saranno interamente devolute all’Opera Missionaria dei sacerdoti triestini nella Parrocchia di Iriamurai in Kenia. Il concerto Aspettiamo il Natale con gli Alpini è organizzato dall’Associazione Nazionale Alpini Sezione M.d’O. Guido Corsi, Trieste con il Circolo Culturale Alpini e grazie alla collaborazione del Comune di Trieste e della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Sponsorizzano l’evento Trieste Trasporti, Autamarocchi, Principe e AMT. Da oltre un secolo il giornale della tua città cronaca, notizie, sport, approfondimenti 22 Lunedì 8 dicembre 2008 ore 20.30 Politeama Rossetti A SPETTIAMO IL NATALE CON GLI ALPINI Serata di auguri alla cittadinanza e di beneficenza a favore dell’ “Opera missionaria dei sacerdoti triestini nella parrocchia di Iriamurai, Kenia” Coro A.N.A. di Trieste Direttore Paolo Rossi Coro A.N.A. Monte Nero di Cividale Direttore Mauro Verona Fanfara della Brigata Alpina Julia Direttore Capo Musica Primo Mar. Biagio Cancelosi POSTO UNICO 2 EURO In collaborazione con Punti vendita: Biglietteria del Rossetti, Viale XX Settembre Ticket Point di Corso Italia Centro commerciale Torri d’Europa, infopoint III livello Con il contributo di comunedi di trieste trieste comune assessorato sport assessorato allaallo cultura assessorato area cultura al coordinamento eventi www.ilpiccolo.it un assaggio della prossima stagione A cena con 25 euro al Cafè Rossetti news flash Partita la prevendita per Rondò Veneziano Prezzo speciale per chi prenota in anticipo Il CaféRossetti e il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia propongono al pubblico una “ghiotta” offerta congiunta. Tutti coloro che si recheranno alla Biglietteria del Politeama Rossetti a comprare (o nel caso di abbonati a prenotare) un biglietto per un qualsiasi spettacolo inserito nella stagione 20082009 dello Stabile regionale avranno diritto ad acquistare contestualmente una cena completa al ristorante CaféRossetti al prezzo davvero speciale di 25 euro. La cena – curata come tutte le propo- ste culinarie del CaféRossetti dallo chef Roberto Gruden – comprenderà tre portate, vino in abbinamento, acqua e caffè. L’iniziativa può sicuramente essere curiosa per il pubblico che desidera concludere in bellezza una serata di teatro, oltre che venire incontro alle esigenze di quegli spettatori – sempre più numerosi al Politeama Rossetti – che raggiungono il teatro da fuori città o fuori regione. La cena a 25 euro può per ora essere acquistata soltanto alla Biglietteria del Politeama Rossetti o attraverso internet, www.ilrossetti.it. Il 10 e l’11 gennaio il Politeama Rossetti farà da cornice a due deliziose serate musicali, protagonista un gruppo che ha fatto storia non solo in Italia ma che è amato a livello internazionale: il Rondò Veneziano. Sul sito www.ilrossetti.it e in tutti i punti vendita dello stabile regionale si possono già acquistare i biglietti per i due concerti che diverranno anche materia del nuovo DVD del gruppo diretto da Gian Piero Reverberi. Lei dunque capirà in scena a Cagliari Periodico del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia redazione Viale XX Settembre, 45 34126 Trieste tel. 040-3593511 fax 040-3593555 www.ilrossetti.it [email protected] Anno XVI - numero 161 25 novembre 2008 Aut. Tribunale di Trieste n° 846 del 30.7.1992 stampa Stella Arti Grafiche,Trieste direttore responsabile Stefano Curti redazione Ilaria Lucari, Ivis Lasagna Il tour prosegue a Napoli, Cesena e Messina È ripresa la scorsa settimana a Cagliari la tournée di “Lei dunque capirà”, il monologo di Claudio Magris interpretato da Daniela Giovanetti e diretto da Antonio Calenda, già applaudito a più riprese dal pubblico della Sala Bartoli. Dopo le repliche in Sardegna lo spettacolo andrà in scena al Nuovo Teatro Nuovo di Napoli, al Teatro Bonci di Cesena e al Teatro Vittorio Emanuele di Messina. 23 Adolfo Levier (Trieste, 1873-1953) - Caffè all’aperto, 1910 - olio su tela, cm 65x92 il colore del benessere sociale Non può esserci stabile ricchezza economica senza ricchezza spirituale. In qualsiasi ambito siano rivolti – dalla sanità allo sviluppo economico, dalla scienza alla cultura, all’arte, al tempo libero – gli interventi della Fondazione sono sempre caratterizzati da concreto impegno verso la collettività. In una società evoluta sono modulazioni che arricchiscono di felici tonalità il colore del benessere sociale.