in questo numero Robin Hood Alexandria Così è (se vi pare)

foto Francesco Bruni
stagione 2008-09, numero 4, 25 novembre 2008
in questo numero
Robin Hood
Alexandria
Così è (se vi pare)
FotoE.S.Ummarino
UN CAFFÈ ESPRESSO COME NON
L’AVETE MAI VISTO. NÉ GUSTATO.
NÉ IMMAGINATO.
IL METODO
Un espresso eccellente è fatto di 6,7
grammi di ottima miscela, e di temperatura,
pressione, tempi esatti: l’arte del barista. illy
hatradottotuttoquestoinunmetodofondato
suunacapsulaprotettadacinquebrevetti.
I risultati sono sorprendenti. La
consistenzaèincredibilmentevellutata,l’aroma
straordinariamenteintenso.Lacrema,sempre
densaepersistente,siformadentro,enonsopra
il caffe: merito della capsula, che lavora per
infusioneedemulsione.IlmetodoIperespresso
èsempliceancheperchinonhamaifattoun
caffe in vita sua. Lo trovate nei migliori bar
illy e negozi di design, da Media World e su
www.iperespresso.it
Politeama Rossetti
robin hood
il musical di Beppe Dati
regia di Christian Ginepro
con Manuel Frattini,Valeria Monetti
Platea A-B 3★★★
Platea C-I Galleria 2★★ II Galleria 1★
Biglietti
Platea A-B interi € 39 ridotti € 33
Platea C interi € 35 ridotti € 29
I Galleria interi € 29 ridotti € 24
II Galleria interi € 24 ridotti € 19
Loggione interi € 7,50
SOCIETÀ DEI CONCERTI
COSÌ È
(SE VI PARE)
di Luigi Pirandello
regia di Massimo Castri
Platea A-B 2★★ Platea C - Gallerie 1★
Biglietti
Platea A-B interi € 28 ridotti € 23
Platea C interi € 20 ridotti € 16
Gallerie interi € 15 ridotti € 12
ASPETTIAMO IL NATALE
CON GLI ALPINI
LA PAROLA
AI GIURATI
di Reginald Rose
regia di Alessandro Gassman
con Alessandro Gassman
Platea A-B 2★★ Platea C - Gallerie 1★
Biglietti
Platea A-B interi € 28 ridotti € 23
Platea C interi € 20 ridotti € 16
Gallerie interi € 15 ridotti € 12
SOCIETÀ DEI CONCERTI
marlene
di Giuseppe Manfridi
regia di Maurizio Panici
Platea A-B 2★★ Platea C - Gallerie 1★
sunshine
di William Mastrosimone
regia di Giorgio Albertazzi
Platea A-B 2★★ Platea C - Gallerie 1★
cenerentola
Sala Bartoli
mar
20.30
M
★ 25
novembre
20.30
26
novembre
20.30
FAM
 27
novembre
mer
gio
ven
28
20.30
O
novembre
sab
20.30
N
20.30
20.30
AP
20.30
20.30
DAN
21.00
4
Varietà con
I Piccoli di Podrecca 19.00
dicembre
ven
5
dicembre
21.00
6
21.00
7
17.00
dicembre
lun
8
20.30
20.30
AP
3
dicembre
gio
dicembre
dom
16.00
D
20.30
21.00
sab
20.30
C
16.00
D
2
dicembre
mer
20.30
B
20.30
C
17.00
1
16.00 E 
20.30 A
20.30
B
30
dicembre
mar
20.30
PRI
20.30
A
21.00
novembre
lun
20.30
16.00
E
21.00
29
novembre
dom
16.00
P
20.30
PRI
Il Gabbiano,
Best of Parsons,
Mummenschanz,
L’Istruttoria,
Rondò Veneziano,
Sala d’Attesa
Il Gabbiano,
Best of Parsons,
Mummenschanz,
L’Istruttoria,
Rondò Veneziano,
Sala d’Attesa
★
dicembre
mar
9
dicembre
mer
MAMMA MIA!
19.00
11
21.00
12
21.00
13
21.00
14
17.00
dicembre
ven
dicembre
sab
dicembre
dom
dicembre
lun
di Renata Ciaravino
regia di Franco Però
con Elisabetta Pozzi
Posto unico 1★
Biglietti
Posto unico
interi € 15
ridotti € 12,50
21.00
10
dicembre
gio
ALEXANDRIA
15
dicembre
mar
 16
dicembre
MAMMA MIA!
mer
17
21.00
18
21.00
19
21.00
20
17.00
21.00
dicembre
gio
dicembre
ven
dicembre
sab
dicembre
le notti
bianche
di Fedor Dostoevskij
regia di Rossella Falk
con Fabio Poggiali,
Simona Mastroianni
Posto unico 1★
“musical”
Dopo il successo in Pinocchio e Peter Pan Manuel Frattini è Robin Hood
Robin Hood, il principe dei ladri
Una delle storie più amate di sempre diventa un musical tutto italiano
Sul palcoscenico del Politeama
Rossetti, a novembre, i musical
hanno fatto quasi una “staffetta”:
da Il giorno della tartaruga che
ha aperto il cartellone musical
nel segno della tradizione più
amata della commedia musicale
di Garinei & Giovannini, il testimone è passato a un successo
di Broadway come Hairspray, ed
ora a una novità italiana, l’atteso
Robin Hood, musical inedito di
Beppe Dati, diretto da Christian
Ginepro, che vede nei panni del
protagonista un beniamino del
pubblico quale Manuel Frattini
(tutti lo ricorderanno con entusiasmo, nella scorsa stagione,
interprete del Peter Pan con
le musiche di Bennato).Si tratta di tre nomi di rilievo nel
mondo dello spettacolo italiano:
di Frattini, ormai sono notori il
talento eccezionale, la versatilità, la sorprendente capacità di
esprimersi appieno attraverso
la recitazione, il ballo e il canto.
Forte di una carriera di tutto
rispetto e di una preparazione
invidiabile nell’ambito del musical, è anche Christian Ginepro,
da poco applaudito quale protagonista de Il giorno della tartaruga: in Robin Hood esordisce
come regista e ci lascia pregustare una messinscena piena di
fantasia e poesia. E di profonda esperienza è anche l’autore
dello spettacolo, Beppe Dati: il
suo nome è garanzia di musiche
piene di ritmo e pathos, se pensiamo che nella sua lunga carriera ha firmato successi come
4
Gli uomini non cambiano scritta
per Mia Martini e Cosa resterà
degli anni 80 per Raf.
Gli “ingredienti” dunque sono
quelli giusti per uno spettacolo piacevole e, ovviamente,
trattandosi della storia di Robin
Hood, anche un po’ fiabesco.
Le avventure del nobile che
“ruba ai ricchi per dare ai poveri” hanno solleticato la fantasia
di molti creativi e il personaggio ha sempre avuto fortuna
a teatro, in televisione, al cinema, dove ha iniziato a riempire
le pellicole ai tempi del muto
per arrivare ai più recenti e
tutti memorabili Robin e Marian
con Sean Connery e Audrey
Hepburn, Robin Hood il principe
dei ladri con Kevin Costner e
ovviamente al capolavoro disneyano che ha avuto l’ardire di
trasformare Robin e Marian in
due indimenticabili volpi furbe
e dolcissime.
Lo spettacolo di Beppe Dati è
frutto dello spirito innovativo di
un gruppo artistico e produttivo fresco e ricco di entusiasmo,
che guarda a questa celeberrima e amata vicenda con molto
rispetto, ma non per questo
senza costruire un contesto
creativo nuovo, fondato sull’idea
di offrire diversi livelli di lettura,
adatti a un pubblico eterogeneo.
Sul palcoscenico ammireremo
una grande scena che incanta
e, attraverso i suoi meccanismi
stupisce, armonizzandosi con il
sortilegio delle musiche dello
spettacolo. In questo quadro
vedremo muoversi le maschere
del burbero Fra’ Tuck, del buon
Little John, della maldestra Tata,
dell’improbabile Re Giovanni,
capriccioso ed egocentrico. E ci
saranno poi il crudele Sceriffo e
soprattutto i nostri eroi positivi
Marianna e Robin, figure che
appartengono ormai al nostro
immaginario. Mentre una novità
nata proprio per questa messinscena è il personaggio di Nuvola
che ha la funzione di collegare
il passato di Robin (che altrimenti non conosceremmo) e
l’eroe che invece ci affascina sul
palcoscenico. Avventori, banditi,
popolani, dame, ancelle, servitori, completano come in un grande affresco d’epoca lo sfondo di
questa bella avventura, che ora
– anche attraverso i linguaggi
della musica e della danza e
tramite l’energia di oltre venti
bravissimi interpreti – ci parla di
sentimenti, di rispetto e del perchè un uomo può diventare un
eroe. Robin Hood infatti, prima
di essere “Il principe dei ladri”
è anche un uomo alla ricerca di
sé stesso e che troverà il senso
della propria vita solo quando
saprà riconoscere e comprendere le proprie e le altrui fragilità, quando aprirà il proprio
cuore all’amore e dopo aver
vinto malvagi, stretto indissolubili amicizie e creato nella foresta incantata di Sherwood un
leggendario regno ove la legge
è quella dell’onore, dell’amore
e del coraggio.
di Ilaria Lucari
“Robin Hood”
il musical di Beppe Dati
regia di Christian Ginepro
con Manuel Frattini
e con Valeria Monetti
foto Federico Riva
Politeama Rossetti
dal 25 al 30 novembre 2008
durata 2h e 40’
con intervallo
5
“musical”
i numeri
musicali
ATTO 1
Come è bella
questa festa
Coro
Questione d’ore
Robin Hood
Lei è mia
Guyo
Dei diritti e dei doveri
Tata e Fra’Tuck
Con lui
Nuvola
Non sopporto
mio fratello
Re Giovanni
Principe del nulla
Robin Hood
Ci vorrebbero eroi
Coro
Due bambini
Robin Hood e Marianna
Una speranza c’è
Fra’Tuck
Invisibili
Robin Hood e Fra’Tuck
ATTO II
Di foglia in foglia
Robin Hood e Coro
Il volo
Robin Hood e Marianna
Io ruberò
Robin Hood e Marianna
è colpa tua
Guyo e Marianna
Luna
Marianna
Ecco che cos’è
Robin Hood e Marianna
Canzone di Riccardo
Riccardo
6
Beppe
Dati
Beppe Dati è fra gli
autori e compositori
più noti nel panorama
musicale italiano. Dopo
le sue prime esperienze di musicista nei
gruppi giovanili, imbocca una sua singolare
strada cantautorale che culmina nella registrazione di un disco con la RCA italiana.
La vera rivelazione e i grandi riconoscimenti gli giungono però soprattutto per il
suo lavoro d’autore: nel 1989 ad esempio
s’impone all’attenzione del pubblico e della
critica scrivendo la canzone presentata da
Raf al Festival di Sanremo Cosa resterà degli anni 80. Da qui inizia una
lunga collaborazione con Raf, con il quale
lavora anche ai due album successivi, il
primo intitolato Cosa resterà degli
anni 80 come il singolo sanremese e
poi Sogni è tutto quello che
c’è. Il Festival continua a regalargli
soddisfazioni nel 1990, quando firma
Disperato con cui Marco Masini vince
nella sezione “novità” e l’anno successivo
quando nuovamente per Raf scrive il brano
Oggi un Dio non ho, di grande
successo. Ancora una vittoria poi viene
registrata con Le persone inutili
interpretato da Paolo Vallesi. Nel 1992
addirittura è al secondo posto della sezione “campioni” con Gli uomini non
cambiano interpretata da un’emozionante Mia Martini e anche al terzo
con La forza della vita concepita
ancora per Vallesi. In quell’anno fortunato
al Festival di Sanremo, fra le “novità” figura anche Alessandro Canino con Brutta:
anche questo brano è un lavoro di Dati e
diviene il successo dell’estate. Tutti gli anni
Novanta sono per Dati ricchi di successo
e molto produttivi. Escono alcuni dei più
significativi album di Marco Masini e di
Paolo Vallesi, con cui lavora intensamente e
nel 1999 nasce un’importante e duratura
collaborazione con Laura Pausini per il
CD Tra te e il mare: Dati scrive i
testi di tutte le canzoni di quest’album.
Scrive anche per Francesco Guccini: fra i
brani da menzionare, Don Chisciotte
e Cirano e poi
Colombo. Alla fine
del decennio riprende
un suo vecchio progetto, quello di creare canzoni per bambini
su testi di Gianni Rodari. Con la casa
editrice Giunti ha pubblicato tre libri
musicali: Filastrocche per cantare, Il treno e I tre porcellini,
quest’ultimo scritto e musicato interamente
da Beppe Dati e Goffredo Orlandi. Fra i
successi più recenti va ancora ricordato
L’uomo volante con cui Marco
Masini si aggiudica il Festival di Sanremo
2004 e che a Dati vale anche il premio
per il miglior testo: l’anno successivo,
sempre con Masini, arriva in finale con la
canzone Nel mondo dei sogni. E
se volessimo discostarci solo di poco dalle
canzoni che hanno ottenuto premi o riconoscimenti di prestigio, per guardare invece al repertorio più amato dal pubblico,
scopriremmo che portano la firma di Dati
molti successi popolarissimi, fra cui citiamo
almeno Cenerentola innamorata,
T’innamorerai, La forza della
vita, Tu tu tu tu.
“Robin Hood”
Compagnia della
Manuel della
Rancia. La consacrazione
la locandina
però nei panni
Frattini avviene
di Cosmo Brown (ruolo
foto Federico Riva
Probabilmente Manuel
Frattini si era fatto notare – e non solo dagli
“addetti ai lavori” – fin
dalle sue prime apparizioni nel mondo
dello spettacolo, quindi già in trasmissioni
come Fantastico o Pronto… è la
Rai?, La sai l’ultima? o Festivalbar, dove era impegnato come primo
ballerino e coreografo. Ma è in realtà il
teatro ad avergli dato la più vasta popolarità e il successo, offrendogli l’opportunità
di mettere in luce a tutto tondo il suo
raro talento. Un talento ben illustrato dal
critico Francesca Pedroni, quando scrive di
lui «Gambe scattanti, che sanno accattivarsi
il pubblico con un guizzo solare di energia,
complice una predilezione per vorticose
sequenze di tip tap sprizzanti humour e
euforia... Questo è Manuel Frattini, occhi
vivaci su cui troneggia un ciuffo sbarazzino di capelli». Ottimo danzatore, cantante,
attore Manuel Frattini ha trovato nel genere del musical il canale d’espressione
più congeniale: lo dimostra subito, appena
nel 1991 Saverio Marconi lo sceglie per il
ruolo di Mike Costa in A Chorus Line
che fu del grande Donald O’Connor) in
Cantando sotto la pioggia nel
1996. E due anni più tardi, quando –
con la stessa produzione – è Gedeone in
Sette spose per sette fratelli,
per le platee è una star acclamata e anche la critica concorda nel tributargli un
personale rilievo.
Dal 1999 è in Tributo a George
Gershwin - Un Americano a
Parigi, con la regia e le coreografie di
Franco Miseria: divide la scena con nomi
come Christian De Sica, Lorenza Mario, Monica Scattini e Paolo Conticini, ma non
fatica a calamitare su di sé l’entusiasmo
del pubblico, esibendosi in un acrobatico
tip tap, davvero memorabile.
Nello stesso periodo diviene realtà un
sogno condiviso con Fabrizio Angelini e
Giovanni Maria Lori: la creazione di un
musical inedito Musical, Maestro!
di cui è protagonista assoluto. Nel 2001
torna con la Rancia e Marconi ne La
Piccola Bottega degli Orrori.
Nel 2003 Frattini è parte di un progetto
che nella storia di questo genere in Italia,
rappresenterà una pietra miliare: Pinocchio, primo musical-kolossal prodotto a
livello nazionale, con le musiche dei Pooh
e lui nel ruolo del titolo.Felice l’esito anche
di Frattini come autore di musical: il suo
Toc Toc a Time for Musical resta
in cartellone per oltre due settimane a
Milano, un vero record per un musical inedito. Quella dell’artista che vola spericolato
sopra le platee dei maggiori teatri italiani,
protagonista di Peter Pan, è storia recente: lo spettacolo è stato premiato col
Biglietto d’Oro per il musical più visto del
2007. Numerosissimi anche i riconoscimenti
personali che Frattini ha ottenuto nel corso
della carriera: primo fra tutti il Premio
Massimini ricevuto proprio a Trieste e, per
citarne ancora solo alcuni, il Bob Fosse, il
Danza & Danza e il Premio IMTA.
Robin Hood
Manuel Frattini
Marianna
Valeria Monetti
Guyo
Simone Sibillano
Tata
Mimma Lovoi
Fra’ Tuck
Lello Abate
Re Giovanni
Marco Manca
Little John
Diego Casalis
Nuvola
Chiara Scipione
Ensemble
Azzurra Adinolfi
Luca Barbagallo
Marta Belloni
Silvia Contenti
Angelo Di Figlia
Luciano Guerra
Elisa Marangon
Giuseppe Marino
Chiara Materassi
Valentina Piccione
Gianluca Roncari
Andrea Rossi
Ivan Testini
7
“altri percorsi”
“Alexandria” riprende la storia dell’emigrazione femminile verso l’Egitto
Quando si emigrava verso il Sud
Franco Però dirige Elisabetta Pozzi, alla Sala Bartoli fino al 14 dicembre
Un progetto produttivo di rilievo, che abbraccia tutte le linee
lungo le quali lo Stabile regionale articola la propria attività e
che interseca l’approfondimento scientifico alla poesia scenica, la ricerca all’espressione
artistica: è questo Alexandria,
costruito attorno al tema centrale dell’emigrazione femminile
verso l’Egitto, che fra l’Ottocento e l’ultimo Dopoguerra ebbe
nella nostra regione dimensioni molto significative. E proprio nella ricerca, appassionata
e approfondita che il regista
Franco Però ha dedicato a questo fenomeno, ha trovato la
sua genesi l’intera concezione,
estrinsecatasi poi nella messinscena presentata ora alla Sala
Bartoli e in un convegno internazionale, intitolato Le rotte di
Alexandria e in programma a
Trieste l’1 e 2 dicembre prossimi (il programma è a pag. 11).
Lo spettacolo Alexandria nasce
dunque da un’idea di Però –
che cura anche la regia – a cui
Renata Ciaravino ha dato forma
drammaturgica. Vanta una protagonista di straordinaria raffinatezza, Elisabetta Pozzi, una
delle più quotate e ammirate
interpreti della scena nazionale.
Dopo aver esordito giovanissima con Squarzina ne Il fu Mattia
Pascal con Giorgio Albertazzi,
quest’ultimo la vuole accanto
a sé in molti altri spettacoli,
fra cui Memorie dal sottosuolo da Dostoevskij e Peer Gynt
di Ibsen. Si è poi confrontata
8
con un vastissimo repertorio
di autori classici e contemporanei, diretta dai maggiori registi,
plasmando un proprio stile di
recitazione, connotato da una
vitale e morbida duttilità che
la rende credibile e intensa in
ogni ruolo. Lo sarà anche nel far
vibrare emozioni, suggestioni,
contraddizioni di queste coraggiose donne emigranti, a capo di
un cast tutto al femminile, composto da Laura Bussani, Michela
Mocchiutti, Marzia Postogna.
Le incontriamo su una banchina
del porto di Alexandria, luogo
di arrivi e di addii, a scambiarsi
ricordi, aspettative ed emozioni
della loro esperienza.
Trieste e Alexandria. Due
città sulle rive opposte del
Mediterraneo. La città egiziana,
dopo l’apertura del canale di
Suez, vide un costante incremento dei traffici provenienti
dalle regioni della monarchia
asburgica, in massima parte
attraverso la porta di Trieste. La
linea di navigazione che collegava i due porti del bacino mediterraneo fu denominata Linea
celere del Levante per l’intensità di questi scambi, che si protrassero a lungo. Nell’egiziana
e levantina Alexandria questa
Linea trasportava non solo
merci ma ricchezza umana erano costruttori ed artigiani
che rendevano ancora più bella
la città ma anche umili emigranti
che trovavano nella cosmopolita
Alexandria lavoro ben remunerato. Tra questi vi fu una quota
grandissima di donne: cameriere, cuoche, governanti, sarte e
balie provenienti - come ci racconta un documento del ricovero alessandrino “Francesco
Giuseppe”, sorto per dare asilo
e protezione a molte di queste
giovani «(…) per lo più dalle
province di Gorizia, Trieste e
Lubiana». Talmente vasto fu
questo fenomeno da far sì che
fosse coniato un termine preciso per definire tali donne, che
lasciavano la casa e talvolta i
figli, il marito, tutto ciò che era
loro noto, per lavorare in terre
lontane e sconosciute, sperando di procurarsi una dote,
oppure di salvare la situazione
finanziaria della famiglia, o dare
un futuro migliore alla prole:
erano le “Aleksandrinke”, dalla
città dove sbarcavano e, molto
spesso, trovavano impiego. Sono
storie di coraggio e di nostalgie,
di aspirazioni ed emancipazione,
storie che però – a uno sguardo meno superficiale – non
riguardano un tempo lontano
ma, anzi, molto vicino a noi,
quando le rotte del lavoro e
della cultura non erano sempre
nella direzione che osserviamo troppo spesso oggi, da Sud
verso Nord, ma anche nella
direzione opposta: e cominciare
a rileggere queste storie con
sguardo libero potrebbe, magari, fornirci qualche strumento
nuovo per guardare a un “oggi”
in cui ritrovare legami è sempre
più necessario.
di Ilaria Lucari
“Alexandria”
diretto da Antonio Calenda
di Renata Ciaravino
da un progetto
di Franco Però
regia di Franco Però
con Elisabetta Pozzi
foto Francesco Bruni
Sala Bartoli
dal 28 novembre
al 14 dicembre 2008
durata 1h e 10’
senza intervallo
9
“altri percorsi”
la locandina
Ale
andria
di Renata Ciaravino
da un progetto di Franco Però
con
Elisabetta Pozzi
e con Laura Bussani,
Michela Mocchiutti, Marzia Postogna
scene e costumi Andrea Stanisci
musiche Daniele D’Angelo
luci Nino Napoletano
regia di Franco
Però
www.ilrossetti.it
vendite
telefoniche
vendite
internet
dal 28 novembre al 14 dicembre 2008
SALA BARTOLI - TRIESTE
Milena
ELISABETTA POZZI
Alexandria
LAURA BUSSANI
Olga
MICHELA MOCCHIUTTI
Irene
MARZIA POSTOGNA
in video
ISAURA ARGESE
SARA CECCHET
WOODCOCK
CHIARA PASQUALINI
VESNA HROVATIN
ELENA HUSU
JULIAN SGHERLA
RAFFAELE SINKOVIC
IVAN ZERBINATI
10
Il racconto di un viaggio
Al-Iskandariyya/Alexandria, estate 2004.
Mi ci trovo per un lavoro.
Nei momenti liberi, con la testa
piena di parole della Cialente, di
Ungaretti, Pea, Kavafis, giro per
questo universo mediterraneo;
mi fermo ad ascoltare alcuni
fabbri mentre chiacchierano
in un momento di pausa; mi
avvicino e domando loro se vi
abitano degli italiani, lì intorno.
Il più anziano - rivolgendosi in
francese - mi dice di sì e indica
una casa di fronte. È una costruzione fine Ottocento, entro e
vedo, sul mezzanino, una signora
intenta a suonare il campanello
di un appartamento. «Scusi, è
lei la signora...?», in un italiano
perfetto mi sento rispondere:
«No, la famiglia… abita al terzo
piano, io non abito in questo
quartiere, vivo a Cleopatra». La
porta si apre, la signora mi saluta
ed entra.
Ritorno in Italia; un giorno, a
Trieste, sono in Biblioteca Civica;
cerco, nei vecchi cataloghi, alla
voce “Alexandria”, basta poco
e salta fuori un “Resoconto
del primo anno di attività
dell’Asilo Francesco Giuseppe,
in Alessandria. 1899”, scritto in
italiano e stampato in una tipografia greca della città egiziana.
Racconto a mia madre di questa
scoperta, e lei: «ma no te sa
che gavemo parenti a Prevacina?
E la vecia zia la iera stada un
mucio de ani a lavorar zò, a
Alessandria».
E così inizia il viaggio: leggendo
e rileggendo pagine scritte in
quel crocevia del Sud, trovando
alessandrini e alessandrine, o figli
e figlie di queste, seconde generazioni nate in Egitto; scopro
contatti on-line nati tra queste persone, spesso due volte
esuli. Per anni, come un sorta
di rimozione ha fatto si che
poco si parlasse di queste storie
e altrettanto limitati fossero i
rapporti tra alessandrini, ma poi,
in anni recenti – l’età? Il veder
nascere intorno mondi che si
vogliono chiusi? L’esplodere della
paura dell’Altro? – e come se
fosse nato il desiderio di parlarsi,
di rivivere, di raccontare quella
loro vita, straordinaria, nel suo
precario equilibrio.
di Franco Però
“Alexandria”
Pensieri a margine...
Le partenze per un altro mondo
si assomigliano tutte, cambia il
vaso che contiene e trasforma,
ma di mezzo ci sono sempre le
persone, agganciate per il bavero
di una giacca rotta, e portate a
oriente ed occidente per cavare
dignità da quella che sembrava
essere destinata a essere solo
una vita a debito.
Sono cresciuta in mezzo alle
separazioni, alle emigrazioni.
Quello strappo non si distrugge,
non si esaurisce coi decenni, con
le generazioni che passano. Salta
di vita in vita, dai genitori ai figli,
definisce un paesaggio al quale
qualcuno è stato strappato o da
cui si è scappati. Io morirò con
la visione di mio padre che a sei
anni si tuffava innocente e minuto nel porto di Brindisi insieme
ad altre anime bambine, centrifugate in seguito in giro per
l’Italia e per il mondo. Avrò sempre negli occhi i suoi occhi che
mi raccontano che guardavano
quel mare, e che poi quel mare
è svanito, per sempre, salvo riapparire come per un richiamo
di rondini in autunno, a tarda
età. Forse le cose degli uomini
devono andare così, migranti.
Ma forse è anche vero che deve
andare così la nostalgia, mentore
del viaggiatore, dell’uomo, per
sempre. Una convivenza che
non si può eludere, un terreno
cavo da riempire con la resistenza, l’adattamento, certe volte la
gioia persino. Come le donne
di Alexandria, investite da una
libertà inimmaginabile, investite
da profumi sconosciuti, a fronte di partenze piante e futuro
incerto.
Nessuno potrà mai sapere cosa
fosse veramente Alessandria in
quegli anni, saperlo da dentro,
dalle sue profondità non storiche ma umane. Quello che però
traspira attraverso le maglie larghe dei racconti e delle testimonianze è una Città Possibile. Una
città dove le differenze culturali
si oppongono in una tensione
che non divora ma dialoga; dove
le differenze non si sciolgono
in una triste mescolanza senza
identità ma abitano distinte e
insieme. Chi lo sa, il mondo è
pieno di queste Città Possibili
distrutte…
di Renata Ciaravino
il convegno
Lunedì 1° dicembre
15.30
Saluti delle autorità
Marta Petricioli
L’emigrazione italiana in Egitto
nella prima metà del Novecento
Giovanni Panjek
I rapporti economici tra Trieste
e Alessandria nell’Ottocento
Rabie Salama
Aspetti di cultura popolare
alessandrina in Mafarka di Marinetti
moderatore Pierluigi Sabatti
Moheb Saad
Scrittori italiani d’Alessandria d’Egitto
Ezio Godoli
Gli architetti italiani in Egitto
e la questione dell’identità
nazionale dell’architettura egiziana
moderatore Patrizia Vascotto
Martedì 2 dicembre
15.30
Marta Verginella
Le Alessandrine tra mito e realtà
Aleksej Kalc
Le Alessandrine: caso eclatante
in uno scenario migratorio complesso
Katja Škrlj
Le Alessandrine tra memoria e oblio
Nadia Boz
L’emigrazione femminile in Egitto
da un comune del Friuli
(Fontanafredda) nel Novecento
Daša Koprivec
Le ricerche etnografiche sulla vita
dei discendenti delle Alessandrine
realizzate dal Museo Etnografico
dal 2005 al 2008
moderatore Marta Verginella
sede del convegno
Sala Tessitori
Consiglio Regionale
Piazza Oberdan, 5 - Trieste
11
“altri percorsi”
(…) Data la forte specializzazione
nel settore dei servizi domestici, l’emigrazione femminile per lavoro risulta
più legata alla città, specie se grande
come Trieste, che non a emergenti
centri di sviluppo industriale, e per
gli stessi motivi i flussi femminili
sembrano essere meno sensibili alle
alterne vicende dell’economia rispetto
a quelli maschili, i quali risentono più
direttamente delle oscillazioni del mercato occupazionale. Tuttavia, alle donne
dell’area giuliana si aprirono nel corso
dell’Ottocento anche altri mercati, tra
i quali particolare attenzione merita
quello dell’Egitto. Si tratta dell’effetto
indotto dalla costruzione e dal traffico
marittimo attraverso il Canale di Suez
che favoriva la concentrazione di élites
economiche nelle città di Alessandria e
del Cairo con la conseguente richiesta
di personale di servizio di alto livello
e di usi occidentali. L’Egitto diventò la
nuova frontiera dell’emigrazione femminile legata al servizio domestico.
Essa trovò un riscontro di eccellenza
nel Goriziano, soprattutto nel Collio,
nella Valle del Vipacco ed in parte del
Carso. Si assistette qui dagli anni sessanta dell’Ottocento e oltre la seconda
guerra mondiale ad un flusso continuo di domestiche, cuoche, cameriere,
governanti, bambinaie, insegnanti, balie
da latte ed istitutrici che si recavano
a rendere i propri servigi alla ricca
borghesia di Alessandria e del Cairo.
Innescatosi sulla scia dei trasferimenti
dell’imprenditoria europea in terra di
Egitto e sulla spinta iniziale della crisi
agraria degli anni settanta, il flusso
emigratorio trovò presto ampi spazi
di innesto nella sempre più numerosa comunità occidentale e levantina
impegnata negli affari commerciali
e finanziari, soprattutto nei nuovi
quartieri della cosmopolitissima e
sempre più europea Alessandria, dove
l’insediamento era favorito pure dalle
migliori condizioni climatiche. Fattore
12
Le migran
Caratteri delle migrazioni femminili della V
non trascurabile a supporto della
meta egiziana erano gli agevoli e
collaudati collegamenti marittimi tra
Trieste e gli scali nordafricani con le
linee del Lloyd Austriaco. Con il tempo
l’emigrazione poteva contare inoltre su
istituzioni e strutture preposte all’assistenza dei lavoratori emigrati come
ad esempio l’ospedale austriaco di
Alessandria, dal 1891 la missione slava
dei frati francescani, l’Associazione cattolica delle donne slovene (Kršcanska
zveza Slovenk), istituita nel 1902, l’asilo di San Francesco con annessa scuola
slovena, fondato qualche anno più
tardi e gestito dall’ordine delle Suore
scolastiche di Maribor, nonché da una
piccola ma molto attiva colonia di
imprenditori sloveni. Queste realtà e
soprattutto il ricovero di San Francesco
facevano da punti di riferimento per
le donne e le ragazze che decidevano
di rivolgersi a queste piazze, offrivano
accoglienza alle nuove arrivate come a
quelle che si ritrovavano senza impiego, svolgevano servizio di collocamento,
sorvegliavano sulle condizioni di lavoro,
istruivano ed affinavano le qualità
delle lavoratrici, vegliavano sulla loro
integrità morale prendendosi cura
anche delle loro anime. Erano diverse
migliaia le “alessandrine” dell’area
giuliana ad aver condiviso nell’arco
di un secolo l’esperienza egiziana. Con
l’andare del tempo esse non provenivano più soltanto dalla provincia, ma
anche da ambiti urbanizzati, il che
caratterizza anche qualitativamente la
portata del fenomeno.
All’inizio del Novecento le fonti parlano di non meno di 3.000 presenze che
andavano aumentando di anno in anno
fino a raggiungere, alla vigilia della
prima guerra mondiale, le 7.000 unità,
di cui 4.500 dislocate ad Alessandria,
1.500 al Cairo e il resto sparso in
altri centri del paese. Conosciute sul
mercato del lavoro di servizio come les
Goritiènnes o les Slovènes, erano molto
richieste ed apprezzate grazie ad
attitudini e caratteristiche professionali
derivanti dall’elevato grado di scolarizzazione, alla quale si associava un’altrettanto diffusa educazione nei lavori
pratici e nei comportamenti che la
società dell’epoca impartiva attraverso
la scuola dell’obbligo come pure entro
gli ambiti domestici e tramite associazioni culturali a quelle che dovevano
diventare buone mogli e madri di
famiglia. A differenza dell’emigrazione
che continuava a rivolgersi verso le
città regionali, l’emigrazione in l’Egitto
aveva un marcato carattere circolare,
nel senso che presupponeva il ritorno
e l’investimento delle risorse nella
comunità di origine. Le protagoniste
erano ragazze nubili desiderose di
accumulare mezzi in funzione di un
progetto familiare. La bala, vale a
dire la dote, costituita dal corredo e
in senso più lato dalle basi materiali
indispensabili per poter aspirare al
matrimonio, possibilmente anche decoroso, era infatti l’obiettivo principale
per cui moltissime ragazze imboccavano la via dell’Egitto. Consistente era
però anche il numero di mogli e madri
che usufruendo di un mercato del
lavoro che offriva migliori opportunità
di guadagno agivano come fattori non
solo integrativi ma essenziali e spesso
portanti dell’economia familiare. La
ristrutturazione della casa, l’ammodernamento e l’ampliamento dell’azienda
agricola, l’indebitamento o difficoltà
“Alexandria”
nti di ieri.
Venezia Giulia tra continuità e mutamento
finanziarie derivanti da inopportune
gestioni dell’economia domestica, da
tragedie familiari ed altri malaugurati
eventi, ma pure mire edificanti come
ad esempio l’ambizione di assicurare
ai figli un più alto grado di istruzione
ed avviarli alla promozione sociale
e altre motivazioni riguardanti una
generale tendenza di adattamento
agli stili di vita e ai costumi proposti
dalla modernità, sono le motivazioni
tipo che le ricerche hanno fatto
emergere dal ragguardevole corpus
di testimonianze orali e scritte. (…)
Le domestiche – segnalano i rapporti
di fine Ottocento e inizio Novecento
– percepivano compensi mensili di
quattro volte superiori che a Trieste o
Gorizia, mentre per le balie da latte
la retribuzione poteva essere tre volte
quella di una domestica. (…) I tempi
delle esperienze lavorative in Egitto
potevano essere di qualche anno, potevano ripetersi ciclicamente, come potevano protrarsi per decenni. In questi
casi comportavano spesso il celibato
oppure una separazione “strutturale”
della moglie e della madre dai figli e
dalla famiglia, a meno che la lavoratrice non chiamasse a se il compagno e
– molto più frequentemente – i figli
o solamente alcuni di questi. Non mancavano neppure casi in cui le ragazze
convogliavano a nozze con immigrati
sloveni, in molti casi con italiani o
anche con partiti di altre nazionalità.
A prescindere se la scelta emigratoria
trovasse origine in situazioni di necessità ed emergenza oppure rispondesse
a progetti di vita, si può dire che il
fenomeno delle “alessandrine”, diffondendosi capillarmente nelle aree che
abbiamo menzionato, rappresentò per
molte donne e per molte famiglie la
strategia socio-economica di un’epoca.
(…) Il “servizio” rappresentava non
solo l’occasione di guadagno economico, ma per coloro che operavano in
ambiti sociali di alto rango significava
anche un ritorno in termini di arricchimento culturale e di partecipazione
a stili di vita cosmopoliti. Bastino gli
esempi delle governanti che erano
chiamate a gestire case spesso piene
di ospiti e di servitù, o meglio ancora
le istitutrici, che non potevano pensare
di ottenere l’impiego senza disporre
di appropriate conoscenze linguistiche,
culturali e anche pedagogico-didattiche.
In questo campo risalta il nome di
Milena Faganel di Merna presso Gorizia
che, dopo gli studi liceali, dal 1927
al 1963 accudì e si occupò al Cairo
dei rampolli di dinastie imprenditoriali
e aristocratiche, tra i quali il futuro
segretario generale delle Nazioni Unite
Buthros Gali ed i figli della famiglia
reale albanese. Nel corso del suo
divenire il fenomeno delle “alessandrine” fu oggetto di una continua
attenzione pubblica, di tanto in tanto
di accese polemiche. La piaga della
prostituzione, i casi di ragazze cadute
ingenuamente in trappole matrimoniali
che le privarono della libertà portandole addirittura negli harem ed altre
forme di decadenza morale dovute
alle svariate insidie che l’esperienza
emigratoria si portava appresso non
potevano non fare clamore ed indurre
alla riflessione suscitando giudizi più o
meno preoccupati. (…) La questione
più delicata stava però al di là dei pur
numerosi problemi pratici e organizzativi ed aveva a che fare con il fatto
che il fenomeno comportava alti costi
in termini di stravolgimento sociale ed
emotivo. L’allontanamento delle mogli
e soprattutto delle madri, la separazione dai figli piccoli, la privazione
dei neonati del latte materno che
doveva servire da merce di scambio
economico, l’affievolirsi dei rapporti
tra i coniugi e tra madri e figli, la
presenza nelle dinamiche familiari di
figure femminili sostitutive alla madre,
erano – assieme al non sempre
facile reinserimento e riadattamento
delle emigrate al contesto di origine
– gli aspetti cruciali del fenomeno.
Sicuramente meno dolorosi dal lato
emotivo erano i risvolti dell’esperienza
emigratoria prematrimoniale, i loro
effetti in merito al posizionamento
della donna nell’economia, nella società e nel pensare comune erano però
altrettanto significativi. A partire dagli
anni settanta del secolo scorso, a fenomeno terminato, e con maggiore enfasi
dagli anni novanta le “alessandrine”
hanno ricevuto il meritato riconoscimento pubblico. (…) Questa memoria
tende comunque a dare voce soprattutto agli aspetti più struggenti delle
loro storie ed a dipingere la figura
dell’”alessandrina” a tinte compassionevoli entro un sofferente quadro
di storia nazionale. (…) Il fenomeno
delle “alessandrine” è stato senz’altro
promosso dal bisogno economico, ma il
loro ruolo di emigrate non può essere
ridotto in termini di mera obbedienza
e rassegnazione. Il fenomeno si è evoluto ed ha preso piede alimentandosi
anche di desiderio di emancipazione,
di volontà di attingere a fonti nuove
che si offrivano col progredire della
società e che hanno portato, attraverso
esperienze plasmanti, molte donne e
ragazze ad assumere connotati socioculturali diversi da quelli tradizionali
e spesso inconciliabili con le categorie
mentali e gli stili di vita nei loro
luoghi di origine.
tratto da un saggio di Aleksej Kalc
13
“prosa”
L’interpretazione è affidata a un gruppo di giovani professionisti
I pettegolezzi di Così è (se vi pare)
Massimo Castri riporta nuovamente in scena il capolavoro di Pirandello
Per la terza volta nella sua carriera, Massimo Castri ritorna ad
occuparsi di Così è (se vi pare):
chiaramente egli lo ritiene una
pietra miliare nella poetica
pirandelliana, che da sempre ha
indagato con spirito innovativo
e grande lucidità. Un testo che
offre sempre nuove illuminazioni, o esponenziali voragini da
scandagliare per percepirne il
mistero, «(…) una delle metafore più elementari e insieme
crudeli del modo di guardare
alla vita da parte di Pirandello
– scrive giustamente il critico de Il Manifesto, Gianfranco
Capitta – ma soprattutto del
suo teatro».
La trama inventata dallo scrittore siciliano è celeberrima: una
gretta comunità di provincia
trascorre il proprio tempo a
spettegolare su tre nuovi arrivati. Si tratta del signor Ponza,
impiegato comunale appena
trasferitosi nella cittadina con
la moglie e la suocera, la signora
Frola. Ad attrarre la curiosità
della gente è il loro insolito
comportamento: la moglie del
signor Ponza vive da reclusa e
anche se la signora Frola smania
per vederla, può comunicare
con lei soltanto attraverso qualche bigliettino. A vivere assieme
alla suocera è invece, stranamente, il marito… Interrogati,
Ponza e la Frola offrono spiegazioni contrastanti: la donna
sostiene che il genero geloso
le impedisce di vedere la figlia.
Ponza spiega invece di aver
14
avuto una prima moglie, e la
madre di lei – la signora Frola
– non ne ha mai superato la
morte e la confonde ora con
la sua seconda sposa: ella vive
segregata per non angosciare di
più l’anziana donna. Quale sarà
la verità? La comunità intera
freme per conoscerla, ma non
otterrà soddisfazione. Il mistero
si chiude infatti sulla sibillina e
anch’essa famosissima battuta
della moglie velata: «Io sono
colei che mi si crede».
Un mistero che attrae Castri
fin dal 1979, quando mise in
scena Così è (se vi pare) per la
prima volta, forte di un’importante intuizione in merito a una
sorta di “doppia natura” del
testo, che trova nella vicenda
dei tre “diversi” il suo nucleo
più profondo, attorno al quale,
solo in un momento successivo,
l’autore avrebbe sviluppato –
soprattutto attraverso la figura
del raisonneur Laudisi – il sillogismo sull’impossibilità della verità. Né nella successiva versione televisiva che Castri diede
dell’opera, né in questo nuovo
allestimento tale suo assunto
viene tradito, ma ad esso vengono via via aggiunti approfondimenti sempre più preziosi. In
quest’ultima messinscena – che
il regista affida interamente al
lavoro puntuale, fresco, corale
di un gruppo di attori professionisti, provenienti da un corso
di formazione e specializzazione di Emilia Romagna Teatro
– al tema dell’incesto già adom-
brato, all’ideologia del pirandellismio di cui ci si è già liberati, si
aggiunge una nuova attenzione
al testo drammaturgico, alle sue
strutture, al meccanismo drammaturgico “diabolico” nella sua
perfezione.
Ne nasce un suggestivo gioco
di rifrazioni fra diverse forme
di teatro, rappresentate dai due
gruppi che si fronteggiano: i
borghesi incarnano la commedia, indagata in tutta la sua
gamma espressiva (dallo slapstick al grottesco), e ciò è facilitato dall’ambientazione scelta
dal regista, che vuole che tutto
avvenga nel corso di una festa
carnevalesca. I tre “diversi”
invece possiedono la teatralità dei monologhi, delle scene
madri, dei conflitti, l’aspetto
spettrale e nero dei viaggiatori smarriti. Il tutto diviene
ancor più incisivo nella bella
scena di Claudia Calvaresi che
dal realismo trascolora verso
direzioni diverse e sfumate, e
grazie alla compressione dello
svilupparsi degli avvenimenti. Il
regista sceglie infatti di rinunciare alla divisione in atti, come
pure ad alcune scene, per far
accadere tutto “in tempo reale”
sotto gli occhi degli spettatori,
come se anch’essi fossero invitati a quella festa di carnevale.
Anch’essi coinvolti nel gioco
misterioso di torturatori e torturati, nell’equilibrio mutevole
delle dipendenze fra le vittime
e i carnefici che non possono
smettere di affascinarci.
“Così è (se vi pare)”
di Luigi Pirandello
regia Massimo Castri
foto di Marco Caselli Nirmal
Politeama Rossetti
dal 3 al 7 dicembre 2008
durata 1h e 50’
senza intervallo
15
“prosa”
Massimo Castri
Quarant’anni di regie in Italia e in Europa
Nato a Cortona il 25 maggio
1943, Massimo Castri è fra
le più colte, alte e singolari
personalità del teatro italiano
contemporaneo: artista raffinatissimo e sottilmente analitico,
ci ha abituati a letture sempre
innovative, sottili, intelligenti sia
quando affronta il repertorio
più vicino a noi sia, e forse
soprattutto, quando si avvicina con spirito sempre fresco,
acuto eppure rispettoso ai classici più amati. La sua parabola
artistica inizia da attore, quando nel 1967 è in Unterdenlinden
di Roversi al Piccolo Teatro di
Milano (regia di Majello) e subito dopo in Majakovskij & C. alla
Rivoluzione d’Ottobre, messo in
scena da Quartucci. Nella stagione 1967-1968 è allo Stabile
di Genova e alla Pergola di
Firenze. Nei due anni successivi recita diretto da Cobelli
e Guicciardini e appartengono
allo stesso periodo le partecipazioni ai film I cannibali della
Cavani e Sotto il segno dello scorpione dei fratelli Taviani. Passa
poi nell’autunno 1970 al Teatro
Stabile dell’Aquila recitando La
cortigiana dell’Aretino con regia
di Antonio Calenda, mentre
nella primavera successiva si
laurea in lettere all’Università
di Genova con una tesi sul teatro politico che servirà da base
al volume pubblicato da Einaudi
nel 1973.
La stagione 1971-1972 lo vede
alla Loggetta di Brescia tra gli
interpreti di Scontri generali
scritto e diretto da Giuliano
16
Scabia e con una compagnia del Teatro Comunale di
Firenze attore e coautore con
Liberovici (anche regista) e
Jona di Per uso di memoria. Degli
stessi autori mette poi in scena
a Pistoia L’ingiustizia assoluta.
Firma la sua prima regia per la
Loggetta (I costruttori d’imperi di
Vian,Teatro Santa Chiara, 1972)
e collabora con Cobelli alle
messinscene de La Figlia di Iorio
di D’Annunzio e del goldoniano L’Impresario delle Smirne.
La stagione successiva lo vede
regista di due novità, Fate tacere
quell’uomo: Arnaldo da Brescia
ed È arrivato Pietro Gori, delle
quali è coautore. Dalla stagione
1974-1975 è regista stabile della
Compagnia della Loggetta, che
dal 1975-1976 assume la denominazione di Centro Teatrale
Bresciano. Vi allestisce tra l’altro La Tempesta di Shakespeare,
Un uomo è un uomo di Brecht,
Fantastica Visione di Scabia. Ma la
ricerca del regista si concentra
particolarmente sulla crisi del
dramma borghese e sfocia in
una serie d’importanti messinscene pirandelliane iniziata con
Vestire gli ignudi (1976), La vita
che ti diedi (1978), Così è se vi
pare (1979) e proseguita con
La ragione degli altri al Teatro dei
Filodrammatici di Milano (1983)
e Il Piacere dell’onestà con la
Compagnia Teatro e Società
(1984). Con pari interesse si
rivolge al mondo di Ibsen di cui
mette in scena Rosmersholm
(Firenze, 1980), Hedda Gabler
(Ferrara, 1980) e Il piccolo
Eyolf (Pavia, 1985). Da ricordare inoltre l’Edipo di Seneca
(1978) e Caterina di Heilbronn
di Kleist (1981), impeccabile
e personale introduzione al
teatro del romanticismo tedesco. Per Emilia Romagna Teatro,
Castri dirige anche Trachinie di
Sofocle, presentato al Festival
di Spoleto nel 1983. Affronta
poi Goethe (Urfaust, presentato alla Biennale di Venezia nel
1985) e Cechov (Il Gabbiano)
sempre con grandissimo successo di pubblico e critica.
Nelle ultime stagioni ha lavorato con Emilia Romagna Teatro
(il pirandelliano Il Berretto a
sonagli, Amoretto di Schnitzler,
Le serve di Genet, La vita è sogno
di Calderon), con il CTB (La
famiglia Schroffenstein di Kleist),
e con Veneto Teatro, realizzando una memorabile edizione
de I rusteghi di Carlo Goldoni.
Intensa in questi anni è anche
“Così è (se vi pare)”
l’attività didattica con la Civica
Scuola d’Arte Drammatica di
Milano e con L’Atelier Costa
Ovest. Nel 1993 inizia la collaborazione con lo Stabile
dell’Umbria che sfocia in una
eccezionale messinscena di
Elettra di Euripide e di Ifigenia in
Tauride. Nel 1994 diventa direttore del Teatro Metastasio di
Prato (poi Teatro Stabile della
Toscana), per cui realizza fino al
1998 il monumento goldoniano La trilogia della villeggiatura
(in collaborazione con il Teatro
Stabile dell’Umbria), Oreste
di Euripide, Orgia di Pasolini
e Fede speranza carità di von
Horvart nello spazio storico
del Fabbricone. Per lo stesso spazio concepisce anche gli
allestimenti di Ifigenia in Tauride
e Gli innamorati di Goldoni.
Nel 1997 conclude la sua
esperienza pirandelliana con il
Teatro Stabile dell’Umbria con
La ragione degli altri. Numerosi
i riconoscimenti che ha meritato: dal Premio del Consiglio
d’Europa ai Premi UBU per
Così è se vi pare, Rosmersholm,
Trachinie, Il gabbiano, La famiglia
Schroffenstein, I rusteghi, Elettra,
La ragione degli altri. Nel 1999
dirige a Bruxelles una delle
sessioni di lavoro del progetto Ecole de Maitres. Dal
2000 al 2002 è regista per
il Teatro Stabile di Torino e
mette in scena spettacoli rigorosi e affascinanti, guardati con
ammirazione a livello nazionale:
menzioniamo almeno Ifigenia di
Euripide, Madame De Sade di
Yukio Mishima e John Gabriel
Borkmann di Henrik Ibsen.
Nelle stagioni 2003 e 2004
aggiunge altri allestimenti alla
propria incessante ricerca su
Pirandello, firmando per lo
Stabile di Palermo Questa sera si
recita a soggetto e per il Teatro di
Roma un raro Quando si è qualcuno con protagonista Giorgio
Albertazzi. Nel 2004 è direttore
del 36° Festival Internazionale
del Teatro organizzato dalla
Biennale di Venezia. Nelle ultime stagioni ha alternato collaborazioni con Emilia Romagna
Teatro Fondazione (Il padre
di Strindberg, con Umberto
Orsini), lo Stabile di Palermo
(Spettri di Ibsen) e il Teatro
di Roma (Alcesti di Euripide).
Nel maggio 2006, ha messo
in scena Ecuba di Euripide al
Teatro Greco di Siracusa per il
XLII Ciclo di Rappresentazioni
Classiche organizzate dall’Istituto Nazionale del Dramma
Antico. Oltre a questo Così
è (se vi pare) fra i suoi ultimi
lavori di regia figura Tre Sorelle
di Checov.
la locandina
Lamberto Laudisi
Michele Di Giacomo
la Signora Frola
Diana Hobel
il Signor Ponza, suo genero
Pietro Faiella
la Signora Ponza
Chiara Condrò
il Consigliere Agazzi
Alessandro Federico
la Signora Amalia, sua moglie e
sorella di Lamberto Laudisi
Federica Fabiani
Dina, loro figlia
Marta Iagatti
la Signora Sirelli
Giorgia Coco
il Signor Sirelli
Marco Brinzi
il Signor Prefetto
Angelo Di Genio
la Signora Cini
Francesca Debri
la Signora Nenni
Manuela De Meo
un cameriere di casa Agazzi
Andrea Corsi
17
Inauguriamo con questo numero
uno spazio dedicato agli spettatori più giovani del Teatro Stabile
del Friuli Venezia Giulia, che sempre più numerosi frequentano gli
spettacoli in scena al Politeama
Rossetti.
Abbiamo osservato che molto
spesso la visione di uno spettacolo
stimola nei più giovani il desiderio di raccontare attraverso uno
scritto o un disegno le emozioni
provate a teatro.
In questo primo appuntamento
pubblichiamo i lavori che gli alunni della Scuola Media “Divisione
Julia” - nell’ambito del progetto
“Spettatori consapevoli” - hanno
dedicato a “To be or not to be”,
spettacolo inaugurale della stagione 2008-09.
Visto il successo ottenuto, “To be
or not to be” ritornerà in scena
a Trieste per due recite straordinarie sabato 28 e domenica 29
marzo 2009.
18
Cosa possiamo sapere noi delle
sofferenze della guerra? Fino a
che punto riusciamo davvero
a comprendere l’angoscia che
la violazione dei diritti e delle
libertà procura?
Non ne abbiamo che una vaga
idea, ma anche grazie alla commedia To be or not to be, che ha
aperto la stagione 2008/2009
del Teatro Rossetti, ci siamo
fermate a riflettere e ci siamo
poste un interrogativo fondamentale: Essere o non essere?
Stare a guardare o impegnarci,
sostenendo i principi che riteniamo giusti?
To be or not to be gioca con il
continuo riflettersi della realtà della vita nella finzione del
teatro e propone, in termini
leggeri e a tratti surreali, una
dura satira sul nazismo.
A Varsavia, nel 1939, un gruppo
di attori sta allestendo uno
spettacolo molto diverso da
ilRossett
Pensieri, riflessioni e emozio
tutti gli altri: Gestapo è un’opera che denuncia le violenze del
nazismo.
Le idee, le emozioni e il desiderio della compagnia di poter
esprimere, seppur in modo filtrato, il proprio giudizio sugli
avvenimenti in Europa, in un
nuovo tipo di spettacolo, purtroppo si spengono quando,
durante una prova, uno scarno
comunicato blocca la rappresentazione.
Il regista di Gestapo, Kracov,
sa però risvegliare la coscienza del gruppo. Fin dalla prima
scena, fa un appello agli artisti,
che riteniamo emblematico: “In
Germania non esiste più liber-
tijunior
oni degli spettatori under 14
tà, né diritto, né civiltà! Solo la
volontà di un folle! Che farnetica di ariani e di spazio vitale…e
chi si oppone viene deportato
o ucciso (…)
Dovreste vergognarvi, voi tradite la missione del teatro!
Possibile che non sentiate il
dovere di denunciare ciò che
sta accadendo in Germania?!”.
Queste parole esprimono rabbia, dolore, amarezza, ma anche
vocazione e impegno. Kracov
indica agli attori, ma soprattutto a noi spettatori consapevoli,
la missione più nobile dell’arte:
il diritto/dovere di interpretare
la realtà e di coglierne le dolorose contraddizioni.
E ognuno di noi può ritrovare i propri dubbi e debolezze
nei comportamenti del primo
attore, Ian Tura.
Giuseppe Pambieri si infila la
maschera di questo buffo artista, cucendosela addosso come
il migliore dei sarti.
Nelle prime scene Ian non è
altro che un commediante che
interpreta un ruolo, a caccia di
applausi e consensi. È come se
per lui, al di fuori delle mura
del teatro, fuori dal palcoscenico, oltre al sipario, non esistesse nient’altro. Ma la reale
situazione della Polonia diventa
tristemente nota, così Ian Tura
si rende conto che il mondo,
non solo il suo mondo, si sta
sfasciando. Come un bruco si
chiude in un bozzolo prima
di diventare farfalla, così Ian si
nasconde nella recita e nella
finzione prima di scegliere la
difficile via dell’impegno.
Recitando per la vita, gli attori decidono dunque di offrire
il proprio sostegno alla resistenza polacca, regalandoci una
favola piena di speranza. E il
messaggio che cogliamo è l’invito ad abbandonare indifferenza e qualunquismo, cercando
di essere informati, di formarci
un’opinione, di partecipare per
difendere i nostri valori.
Essere impegnati per noi studenti di terza media vuol dire
studiare, andare a teatro, leggere un giornale o ascoltare
un TG con vero interesse, per
essere consapevoli di ciò che
succede anche al di fuori della
nostra realtà familiare e scolastica.
di Laila Mazzurco
Silvia Brezigar
Silvia Cacciaguerra
Giorgia Stefi
Scuola Media
“Divisione Julia” - Trieste
19
ci sono infiniti modi
di essere presenti
sulla scena. il nostro,
storicamente, sta nel fare
che ciò accada. molto,
molto prima che il sipario
si alzi generali è lì.
Generali. dove c’è arte.
news
Antonio Calenda
Annunciato il diretto
primodaappuntamento
musicale della stagione 2008-2009
Franco Battiato arriva al Rossetti
Due imperdibili concerti del cantautore siciliano il 13 e 14 febbraio 2009
«I profumi d’amore inebrieranno i
nostri corpi/la bonaccia d’agosto non
calmerà i nostri sensi/Tesserò i tuoi
capelli come trame di un canto/
Conosco le leggi del mondo, e te ne
farò dono (…) perché sei un essere
speciale ed io avrò cura di te...» I
versi incantevoli che Franco Battiato
ha scritto per La cura, uno dei
suoi più amati successi, non lasciano
dubbi sul fatto che San Valentino al
Politeama Rossetti sarà un appuntamento fra i più romantici…
È un’occasione imperdibile il doppio
concerto del celeberrimo cantautore
siciliano, in programma il 13 e il 14
febbraio come “fuori abbonamento”
nella stagione dello Stabile regionale.
Un’occasione che permetterà ai suoi
fan di abbandonarsi alla delicata poesia dei suoi testi o lasciarsi travolgere
dall’energia di certe sue soluzioni
ritmiche…
Franco Battiato è un cantautore raffinatissimo e ricercato, eppure molto
carismatico e seguito con grande
calore dal pubblico, cui lo lega un
feeling che si rinnova album dopo
album. Ogni suo concerto rappresenta
un’esperienza ricca di sortilegi preziosi e profonde emozioni ed è con
entusiasmo che i fan della regione
stanno rispondendo – fin dai primi
giorni di prevendita – alle due date
per cui, presso tutti i punti vendita
dello Stabile, è già possibile acquistare
i biglietti.
Ritorna il Festival
della canzone triestina
Il 26 dicembre al Rossetti, ospite Lelio Luttazzi
Ritorna venerdì 26 dicembre alle ore
20.30 il tradizionale appuntamento con
il Festival della Canzone Triestina, giunto quest’anno alla trentesima edizione.
Ospite d’eccezione sarà Lelio Luttazzi,
che ritornerà sul palcoscenico del
Rossetti dopo una lunga assenza. La
prevendita dei biglietti per il Festival
è già aperta presso la Biglietteria del
Rossetti: i prezzi vanno dagli 11 euro
della Platea, ai 6 euro della I Galleria,
ai 3 euro della II Galleria.
21
Ospiti d’eccezione il coro di Cividale e la Fanfara della Brigata Alpina Julia
Gli Alpini festeggiano il Natale
Lunedì 8 dicembre alle 20.30 al Rossetti il tradizionale concerto dei cori
ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI
Sezione M.d’O. Guido Corsi - TRIESTE
Circolo Culturale Alpini
Sono in vendita i biglietti per il
concerto Aspettiamo il Natale
con gli Alpini, una delle iniziative
natalizie più amate e attese a Trieste,
che dal 2004 viene ospitata dal Teatro
Stabile del Friuli Venezia Giulia nei
primi giorni di dicembre.
L’appuntamento si rinnoverà anche
quest’anno, l’8 dicembre al Politeama
Rossetti, con una serata piacevole, di
cui saranno protagonisti il Coro A.N.A.
di Trieste diretto dal Maestro Paolo
Rossi, il Coro A.N.A. Monte Nero di
Cividale diretto dal Maestro Mauro
Verona, e la celebre Fanfara della
Brigata Alpina Julia diretta dal Capo
musica Primo Mar. Biagio Cancelosi.
I biglietti per questo primo evento
natalizio sono disponibili al prezzo di
soli 2 euro presso la Biglietteria del
Politeama Rossetti, quella del Ticket
Point in Corso Italia e presso il punto
vendita del Centro Commerciale Torri
d’Europa. Inoltre, com’è tradizione, gli
alpini dedicheranno questa loro serata
musicale a un’opera di beneficenza:
raccoglieranno all’interno del teatro
delle offerte che saranno interamente
devolute all’Opera Missionaria dei
sacerdoti triestini nella Parrocchia
di Iriamurai in Kenia. Il concerto
Aspettiamo il Natale con
gli Alpini è organizzato dall’Associazione Nazionale Alpini Sezione
M.d’O. Guido Corsi, Trieste con il Circolo
Culturale Alpini e grazie alla collaborazione del Comune di Trieste e della
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia.
Sponsorizzano l’evento Trieste Trasporti,
Autamarocchi, Principe e AMT.
Da oltre un secolo il giornale della tua città
cronaca, notizie, sport, approfondimenti
22
Lunedì 8 dicembre 2008 ore 20.30
Politeama Rossetti
A SPETTIAMO IL
NATALE CON GLI
ALPINI
Serata di auguri alla cittadinanza e di beneficenza
a favore dell’ “Opera missionaria dei sacerdoti triestini nella
parrocchia di Iriamurai, Kenia”
Coro A.N.A. di Trieste
Direttore Paolo Rossi
Coro A.N.A. Monte Nero di Cividale
Direttore Mauro Verona
Fanfara della Brigata Alpina Julia
Direttore Capo Musica Primo Mar. Biagio Cancelosi
POSTO UNICO 2 EURO
In collaborazione con
Punti vendita:
Biglietteria del Rossetti, Viale XX Settembre
Ticket Point di Corso Italia
Centro commerciale Torri d’Europa, infopoint III livello
Con il contributo di
comunedi
di trieste
trieste
comune
assessorato
sport
assessorato
allaallo
cultura
assessorato
area
cultura al coordinamento eventi
www.ilpiccolo.it
un assaggio della prossima stagione
A cena con 25 euro
al Cafè Rossetti
news flash
Partita la prevendita
per Rondò Veneziano
Prezzo speciale per chi prenota in anticipo
Il CaféRossetti e il Teatro Stabile del
Friuli Venezia Giulia propongono al
pubblico una “ghiotta” offerta congiunta. Tutti coloro che si recheranno
alla Biglietteria del Politeama Rossetti
a comprare (o nel caso di abbonati a
prenotare) un biglietto per un qualsiasi
spettacolo inserito nella stagione 20082009 dello Stabile regionale avranno
diritto ad acquistare contestualmente una cena completa al ristorante
CaféRossetti al prezzo davvero speciale
di 25 euro.
La cena – curata come tutte le propo-
ste culinarie del CaféRossetti dallo chef
Roberto Gruden – comprenderà tre
portate, vino in abbinamento, acqua e
caffè. L’iniziativa può sicuramente essere
curiosa per il pubblico che desidera
concludere in bellezza una serata di
teatro, oltre che venire incontro alle
esigenze di quegli spettatori – sempre
più numerosi al Politeama Rossetti –
che raggiungono il teatro da fuori città
o fuori regione. La cena a 25 euro può
per ora essere acquistata soltanto alla
Biglietteria del Politeama Rossetti o
attraverso internet, www.ilrossetti.it.
Il 10 e l’11 gennaio il Politeama
Rossetti farà da cornice a due
deliziose serate musicali, protagonista
un gruppo che ha fatto storia non
solo in Italia ma che è amato a
livello internazionale: il Rondò
Veneziano.
Sul sito www.ilrossetti.it e in tutti i
punti vendita dello stabile regionale si
possono già acquistare i biglietti per
i due concerti che diverranno anche
materia del nuovo DVD del gruppo
diretto da Gian Piero Reverberi.
Lei dunque capirà
in scena a Cagliari
Periodico del Teatro Stabile
del Friuli Venezia Giulia
redazione Viale XX Settembre, 45
34126 Trieste
tel. 040-3593511 fax 040-3593555
www.ilrossetti.it [email protected]
Anno XVI - numero 161
25 novembre 2008
Aut. Tribunale di Trieste n° 846
del 30.7.1992
stampa Stella Arti Grafiche,Trieste
direttore responsabile
Stefano Curti
redazione Ilaria Lucari, Ivis Lasagna
Il tour prosegue a Napoli, Cesena e Messina
È ripresa la scorsa settimana a
Cagliari la tournée di “Lei dunque
capirà”, il monologo di Claudio Magris
interpretato da Daniela Giovanetti
e diretto da Antonio Calenda, già
applaudito a più riprese dal pubblico
della Sala Bartoli.
Dopo le repliche in Sardegna lo spettacolo andrà in scena al Nuovo Teatro
Nuovo di Napoli, al Teatro Bonci di
Cesena e al Teatro Vittorio Emanuele
di Messina.
23
Adolfo Levier (Trieste, 1873-1953) - Caffè all’aperto, 1910 - olio su tela, cm 65x92
il colore del benessere sociale
Non può esserci stabile ricchezza economica
senza ricchezza spirituale.
In qualsiasi ambito siano rivolti
– dalla sanità allo sviluppo economico, dalla scienza alla cultura,
all’arte, al tempo libero –
gli interventi della Fondazione sono sempre caratterizzati
da concreto impegno verso la collettività.
In una società evoluta
sono modulazioni che arricchiscono di felici tonalità
il colore del benessere sociale.