trattamento dei dca in comorbidita` con i disturbi di personalita`

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TRATTAMETO DEI DCA I COMORBIDITA’ CO I DISTURBI DI PERSOALITA’
E. Costa, F. Nazzaro, L. Vona
Dipartimento di Scienze Psichiatriche – Cattedra di psichiatria
Tra le malattie mentali, i Disturbi dell’ Alimentazione, sono tra quelli che presentano più zone di
intersezione con altri settori della medicina e che più richiedono, specie in alcune fasi del disturbo
interventi coordinati di specialisti diversi e comunque cooperazione pluridisciplinare, essi
appartengono tuttavia alla disciplina Psichiatria e vengono diagnosticati con il Manuale
Internazionale Statistico/Diagnostico dei Disturbi Mentali (DSM) ai fini di un corretto
inquadramento nosografico ed adeguato indirizzo terapeutico.
La letteratura internazionale ha inoltre evidenziato che la cura psichiatrica costituisce il fondamento
del trattamento di pazienti DCA e deve essere istituita per tutti i pazienti ed associata secondo le
necessità che di volta in volta si presentano ad altre specifiche modalità di trattamento mediche,
endocrine, metaboliche, neurologiche. Ciò in quanto ormai molteplici studi, hanno mostrato
l’origine multifattoriale dei DCA, che secondo la diversa prevalenza dei fattori biologici, familiari,
psicologici e socioculturali necessitano di trattamenti differenziati ed integrati. Ciò anche in
riguardo alla prevalenza dei predetti fattori sia nell’insorgenza che nel mantenimento della
psicopatologia, sia per le eventuali recidive e cronicizzazioni.
I Disturbi della Condotta Alimentare (DCA) comprendono secondo il DSM IV-TR 2001:
1)Anoressia Nervosa, sottotipo Con Restrizioni; sottotipo Con Abbuffate/Condotte di Eliminazione;
2)Bulimia Nervosa, sottotipo Con Condotte di Eliminazione, sottotipo Senza Condotte di
Eliminazione; 3) Disturbi dell’Alimentazione non altrimenti specificati.
Molti studi in passato hanno mostrano (Costa, Montecchi 1996e; Caretti, Dazzi, Rossi 2000f) che
questi disturbi molto spesso derivano da condizioni premorbose dell’infanzia e dell’adolescenza,
quali: DCA ad esordio infantile, Pica, Disturbo da Ruminazione, Disturbi della nutrizione
dell’infanzia e dell’adolescenza o da tendenze temperamentali accentuate da condizioni familiari
predisponesti che possono favorire il formarsi di tratti abnormi di personalità.
Da ricerche effettuate in collaborazione con la Neuropsichiatria Infantile dell’Ospedale Bambin
Gesù di Roma (Costa, Montecchi 1996g), è emerso che le diverse forme cliniche di DCA in età
adulta sono quasi sempre precedute e sostenute da tratti di personalità costruita nelle prime fasi
dello sviluppo: infanzia e preadolescenza, e sono riconducibili a quattro espressioni
psicopatologiche diverse, come la forma Fobico-ossessiva, Isterica, Depressiva, Psicotica (disturbo
borderline e altri disturbi di personalità), che solo successivamente si possono connotare come
DCA.
Successivi studi hanno mostrato come anche l’assetto dei tratti fobico-ossessivi, isterici e depressivi
può in seguito connotarsi quale disturbo di personalità in soggetti che presentano Disturbi
dell’Alimentazione, rendendo sempre più complesso il quadro clinico degli stessi (Costa,
Montecchi 2003 h). Si sono inoltre evidenziate condotte multi-impulsive prevalenti in pazienti
bulimiche rispetto alle anoressiche a prescindere dalla sottotipizzazione, con maggior presenza dei
criteri di impulsività in pazienti in comorbidità con Disturbi di Personalità (Costa et al.2002 i).
Infatti anche riguardo i Disturbi di Personalità il quadro clinico si presenta assai complesso e spesso
intersecatesi con Disturbi DCA. Il DSM raccoglie i Disturbi di Personalità in tre gruppi, in base ad
analogie descrittive.
Secondo il DSM gli individui appartenenti al Cluster A dei Disturbi di Personalità spesso appaiono
strani ed eccentrici; tale gruppo è composto dal Disturbo di Personalità Paranoie, dal Disturbo di
Personalità Schizoide e dal Disturbo di Personalità Schizotipico. Gli individui con Disturbi di
Personalità Cluster B spesso appaiono amplificativi, emotivamente instabili o imprevedibili e
drammatici nell’affettività. Il Cluster B comprende il Disturbo di Personalità Antisociale, il
Disturbo di Personalità Borderline, il Disturbo di Personalità Istrionico, il Disturbo di Personalità
Narcisistico. Gli individui appartenenti al Cluster C spesso appaiono ansiosi o paurosi. In questo
gruppo si ritrovano il Disturbo di Personalità Evitante, il Disturbo di Personalità Dipendente e il
Disturbo di Personalità Ossessivo-Compulsivo. I Disturbi di Personalità NAS, infine, sono
alterazioni della personalità che non soddisfano i criteri per alcun Disturbo di Personalità specifico
dei gruppi A, B o C, e sono i Disturbi di Personalità Passivo-Agressivo, Depressivo, Negativistico,
Autofrustrante (Masochista), Dovuto a Condizione Medica Generale.
Il sistema di raggruppamento descrittivo, comunque sebbene utile in alcune situazioni di didattica e
di ricerca, presenta serie limitazioni, anche perché gli individui, spesso, presentano una
concomitanza di Disturbi di Personalità appartenenti a gruppi diversi. Per questo la classificazione
dimensionale risulta più utile ai fini clinici.
A tal proposito sembra interessante riportare come alcune caratteristiche dei DCA si ritrovano e
sono attinenti anche ai DP come ad esempio scarsa compliance alla prima visita, non richiesta di
aiuto con la convinzione di farcela da soli, scarsa o nulla consapevolezza di malattia, opposizione
all’autorità costituita, errata percezione della realtà, opposizione alle cure, spiccato senso della
giustizia.
Tabella 1 Tratti comuni ai DCA e ai DP
Tratti comuni ai DCA e ai DP
Non richiesta di aiuto
Scarsa compliance
Scarso insight
Opposizione all’autorità
Opposizione alle cure
Errata percezione di realtà
Spiccato senso di giustizia
In base alle attuali convenzioni diagnostico-nosologiche quindi, i Disturbi del Comportamento
Alimentare (DCA) si suddividono in due grandi categorie: anoressia nervosa (AN) e bulimia
nervosa (BN)i, con un approccio diagnostico alternativo che distingue tra pazienti con restrizione
dell'introito calorico senza condotte di eliminazione e pazienti con condotte di eliminazioneii.
Questa distinzione tra "Restrictors" e "Bingers/Purgers" si pensa possa corrispondere a importanti
differenze fenomenologiche ed eziologiche, incluse quelle correlate a tratti predominanti di
personalità, stili di interazione familiare, anomalie neurobiologiche, e patterns di trasmissione
genetica. Ogni differenza implica che la distinzione "Restrictors" versus "Bingers/Purgers" possa
delineare, nei DCA, dei sottogruppi più funzionali rispetto a quelli attuali e delineare delle strategie
di trattamento e di prevenzioneiii. Esistono pochi studi in cui, facendo una distinzione tra
"Restrictors" e "Bingers/Purgers", si valutano le caratteristiche di personalità, che potrebbero
spianare la strada verso approcci innovativi di trattamento, come ad esempio, il trattamento
convenzionale per le sindromi bulimiche che include la Cognitive Behaviour Therapy (CBT). La
teoria alla base è che con la CBT si possa ridurre l'impulso alle abbuffateiv. Un numero sostanzioso
di trials ha dimostrato che nella cura dei DCA possono essere efficaci diversi metodiv-vi, ma altri
studi hanno dimostrato il contrario, ad esempio in pazienti con notevoli livelli di impulsività, i
sintomi bulimici possono essere notevolmente influenzati dal tipo di trattamento presceltovii, perché
l'impulso all'abbuffata può essere attribuito, probabilmente, alla disregolazione dell'impulsività nel
suo complesso piuttosto che alle conseguenze di una eccessiva restrizione alimentareviii. Anche lo
studio di Van Strienix sui soggetti ANR ha portato a una distinzione tra pazienti con alta e bassa
probabilità di venir meno al regime alimentare restrittivo, e le differenze sono state associate a
caratteri psicopatologici diversi. Come spiega Van Strienx, la teoria dell'abbufata/fugaxi sintetizza
due teorie sull'eziologia dell'abbuffata: la teoria dell'"esternalità"xii e la teoria psicosomaticaxiii.
Secondo la teoria della fuga, la scarsa capacità di mentalizzazione conduce ad esser preda degli
stimoli immediati, come la percezione di assenza di affetto. Appare quindi evidente che le abbuffate
o, al contrario, la restrizione alimentare, siano associate a caratteristiche personologiche. Vervaet e
collaboratori hanno riscontrato nei pazienti "Bingers/Purgers" valori più elevati di "novelty seeking"
e valori inferiori di "auto-refenzialità" rispetto ai pazienti "Restrictors".xiv La personalità può quindi
essere influenzata dal sottopeso e dalla malnutrizione, e questo potrebbe ridurre la validità degli
assessment di personalità nei soggetti con DCA. xv-xvi Allora forse, per aumentare la validità di tali
valutazioni, bisognerebbe ripetere le interviste cliniche strutturate nelle varie fasi della malattia. Da
un punto di vista metodologico la comorbidità tra DCA e DP è importante per la scelta del
trattamento, per il management clinico, xvii e, non ultimo, per la comprensione di tali patologie.
Per comprendere la relazione esistente tra DCA e DP, sono nate diverse teorie, xviii e risulta quindi
importante valutare i modelli di relazione Personalità/DCA e considerare come la personalità possa
correlarsi con psicopatologie specifiche. Esaminando i diversi modelli concettuali che hanno
indagato tale relazione, possiamo osservare quanto segue:
Predispositional model
Questo modello, utilizzato anche da Hilde Bruch nei suoi primi scritti (Bruch, 1973), descrive una
relazione tra precipue strutture di personalità precedono e aumentano il rischio di sviluppare un
DCA. Tuttavia, questo modello suppone che i DP e i DCA siano patologie indipendenti con diverse
eziologia e fisiopatologiaxix. Questo modello è stato utilizzato da Stroberxx per giustificare
l'importanza eziologica del temperamento nell'AN, egli infatti suppose che alcuni tratti di
personalità come scarsa "novelty seeking", elevato evitamento del conflitto ed elevata dipendenza
dalla ricompensa potessero interagire con i cambiamenti dell'adolescenza, aumentando il rischio di
sviluppare AN.
Complication model
Secondo questo modello le variabili di personaltà non precedono e non aumentano il rischio di
sviluppare un DCA, come nel Predispositional Model, ma che variazioni nei tratti personologici
possano essere secondari al DCA stesso. un esempio che support tale teoira è il noto studio di
Keysxxi e collaboratori, in cui soggetti fortemente denutriti acquisivano, a cusa della cachessia,
tratti di ossessività.
Common cause model
Secondo questo modello, il DP rappresenta una patologia concettualmente distinta dal DCA, ma
causato dagli stessi meccanismi. Un concetto analogo, in genetica, è quello della pleiotropia,
secondo cui da un particolare genotipo possono derivare due o più espressioni fenotipiche.
Pathoplasty model
il modello implica che una volta che i tratti di personalità e il DCA siano compresenti, essi
interagiscono in un modo che modifica la caratteristiche e il decorso di ciascuna delle due
condizioni. ad esempio, tratti di personalità ossessivi-compulsivi, possono avere impatti diversi sul
decorso clinico della BN rispetto ad un Disturbo Borderline di Personalità. secondo molti autori, la
differenza tra tale modello e il Predispositional Model è minimaxxii
Come prima esposto diversi studi hanno mostrato che i Disturbi di Personalità (DP) sono
frequentemente diagnosticati in soggetti affetti da Disturbi del Comportamento Alimentare
(Bornstein, 2001), e che tale comorbidità sia più comune tra i pazienti con Disturbi del
Comportamento Alimentare rispetto a tutte le altre diagnosi di Asse I (Grilo, Sanislow, Skodol et
al., 2003) xxiii. Nella revisione di letteratura di Sohlberg e Strober (1994)xxiv definiscono come
proprie dell’AN caratteristiche ossessive, di introversione ed atteggiamenti di sfiducia nelle proprie
capacità e nella propria immagine, associate ad impulsività.
Cloninger (1986, 1988) individua tre dimensioni personologiche: l’evitamento di stimoli negativi e
di situazioni incerte o minacciose; la dipendenza dalla ricompensa; l’attivazione comportamentale e
la ricerca di novità (novelty-seeking). Quando le caratteristiche cliniche dell’anoressia nervosa sono
particolarmente gravi, soprattutto in soggetti con tratti di novelty-seeking, è probabile riscontrare
anche una maggior impulsività e intolleranza alla routine. All’altro estremo abbiamo soggetti
emotivamente chiusi, con difficoltà a cambiare interessi, eccessivamente metodici e rigidi.
Strober (1980)xxv ha osservato la maggiore tendenza dei soggetti anoressici, in relazione alla
dipendenza dall’altrui giudizio, a presentarsi in un modo che risulti socialmente accettabile. Swift e
Coll. (1986)xxvi hanno osservato punteggi molto bassi riportati dai pazienti relativamente al tono
dell’umore, all’immagine corporea e di sé, alle relazioni sociali e alle attitudini sessuali. Armstrong
e Roth (1989)xxvii riportano, invece, che i soggetti con diagnosi di AN vivono le comuni esperienze
di separazione della vita di tutti i giorni come eventi catastrofici e assolutamente traumatici. Inoltre,
i soggetti con disturbi della condotta alimentare ritengono di dover fare tutto con la massima
perfezione. Questo riflette la loro tendenza a vedere le cose come "solo bianche o solo nere", in
modo tale che una cosa eseguita anche solo in maniera "meno perfetta" viene a coincidere come un
fallimento personale (perfezionismo auto-orientato). Rilevante è inoltre, a questo proposito, il ruolo
di vari fattori sociali, incluse le aspettative irrealistiche dei genitori, un’estrema sensibilità alla
percezione delle aspettattive degli altri e la diffusione dell’ideale culturale di magrezza (Heatherton
e Baumeister, 1991)xxviii. Hewitt e Coll. (1995)xxix sono giunti alla conclusione che il perfezionismo
autodiretto sia indice di tendenze ed attitudini anoressiche (seguire una dieta, preoccuparsi di
apparire magre) e che le forme che tale perfezionismo assume nel sociale sono da riferirsi
ampiamente ai disturbi della condotta alimentare e all’autostima. L’esigenza di evitare commenti
pubblici e di rivelare imperfezioni della propria immagine può nascondere il non voler pensare ad
esperienze in cui si rivelino, agli altri e a se stessi, incapacità personali. Dalle ricerche condotte da
Sjöberg e Kareketo (1990) emerge anche che l’aggressività autodiretta, indicata come "depressione
e tendenza all’autolesionismo", inteso anche come "tentativi di suicidio", è l’aspetto di personalità
più frequente in tali pazienti. Questa osservazione sembra confermata anche da altri studi (Kent e
Coll. 1997) xxx,.
Kendler e Coll. (1991)xxxi, confrontando soggetti con bulimia nervosa con la popolazione generale,
hanno riscontrato nel 50-75% dei casi di bulimia veniva riferita una diagnosi di disturbo di
personalità. La cleptomania, nei soggetti affetti da disturbi dell’alimentazione, sembrerebbe un
disturbo piuttosto frequente. In un campione di soggetti affetti da bulimia o anoressia, il 47,1% ha
mostrato una storia di cleptomania; la percentuale di "cleptomania" appare maggiore nelle forme di
anoressia con abbuffate/condotte di eliminazione (54,8%) e nella bulimia (48,7%) rispetto alle
forme "restricting" di anoressia (35,3%). La cleptomania, correlata ad aspetti bulimici e alla perdita
di controllo, potrebbe indicare un disturbo della condotta alimentare più grave e la presenza di tratti
di impulsività (Vandereycken e Van Houdenhove, 1996)xxxii. Inoltre, l’identificazione di alcune
condizioni psicopatologiche associate ai disturbi dell’alimentazione, come la cleptomania o altri
aspetti di discontrollo degli impulsi, può essere indice di particolare gravità della sindrome bulimica
e consentire il ricorso a trattamenti mirati (Krahn e Coll. 1991)xxxiii.
I Disturbi di Personalità di Cluster C (ossessivo-compulsivo, evitante, dipendente) sono i più
comuni tra i pazienti con Disturbo del Comportamento Alimentare, seguiti da quelli di Cluster B
(borderline, istrionico, narcisistico, antisociale) e da quelli di Cluster A (paranoide, schizoide,
schizotipico) - (Johnson & Wonderlich, 1992)xxxiv
Gli studi che hanno esaminato la comorbidità tra Disturbi del Comportamento Alimentare e
Disturbi di Personalità riportano percentuali diverse, e il range stimato va dal 27% al 93%.
Variazioni nel campione, nel reclutamento e nei metodi assessment possono spiegare alcune di
queste differenze. Ad esempio, una meta-analisi ha documentato che gli studi con campioni di
pazienti ospedalizzati riportano, mediamente, percentuali di comorbidità maggiori rispetto a quelli
con campioni di outpatients, e questo effetto potrebbe essere persino più pronunciato se comparato
a campioni non clinici (Rosenvinge, Martinussen, & Ostensen, 2000)xxxv.
Gli individui con diagnosi multipla, infatti, richiedono più facilmente un trattamento rispetto agli
individui con una singola diagnosi (Berkson, 1946) xxxvi, e di conseguenza, i campioni composti da
partecipanti che hanno richiesto un trattamento, non dovrebbero essere considerati come
rappresentativi degli individui con la stessa patologia che non sono ricorsi a cure mediche, perché il
campione composto da pazienti tende a far sovrastimare le patologie in comorbidità. Secondo una
meta-analisi che ha esaminato la prevalenza dei Disturbi di Personalità nell’ANR e nella BN, i DP
più comunemente associati all’ANR sono il DP evitante (53%), dipendente (37%), ossessivocompulsivo (33%), e borderline (29%). I DP borderline (31%), dipendente (31%) ed evitante (30%)
sono stati comunemente associati anche alla BN, mentre il DP ossessivo-compulsivo sembra meno
prevalente nella BN (14%) - (Bornstein, 2001). Questi risultati, come quelli provenienti da un’altra
review (Sansone, Levitt, & Sansone, 2005)xxxvii, presentano un loro limite per il fatto che sono stati
inclusi anche quegli studi in cui l’assessing dei PD è stato fatto con strumenti self-report.
Nell’insieme, le percentuali di prevalenza sono state calcolate usando delle medie ponderate basate
sulle dimensioni del campione, per cui agli studi in cui i DP sono stati diagnosticati con strumenti
self-report è stato dato lo stesso peso di quelli in cui la diagnosi è stata fatta mediante interviste
diagnostiche. Poiché gli strumenti self-report tendono a sovrastimare la prevalenza dei DP
(Rosenvinge et al., 2000), includere tali studi determina un’inflazione della stima di prevalenza di
DP tra gli individui affetti da DCA.
Secondo Milos (2003), il 68 % dei DCA si presenta in comorbidità con una o più condizioni di asse
II, in particolare, 68% Cluster C, 23% Cluster B, 8% Cluster A.
Figura 1 Comorbidità tra DCA e i diversi Cluster di Personalità
DCA
Cluster A
Cluster B
Cluster C
Figura 2 Percentuali di comorbidità
60
53
50
37
40
30
29 31
31
30
20
33
14
10
0
Borderline
Evitante
Dipendente Ossessivocompulsivo
AN-R
BN
La letteratura, su questo topic, è concorde, quindi, nel delineare i seguenti punti: 1) i DP sono molto
frequenti nei soggetti affetti da DCA; 2) I “Restrictors” sono maggiormente associati a DP di
Cluster C, caratterizzati da ansia, orderliness, introversione e preferenza per sameness e controllo;
3) I “Bingers/Purgers” presentano comorbidità con più tipi di DP rispetto ai “Restrictors”, con
affinità più pronunciate per il Cluster B (caratterizzato da sensation-seeking, estroversione, labilità
affettiva e impulsività); 4) La comorbidità con i DP nei BED è sovrapponibile a quella della BN,
sebbene i tratti personologici tendano ad essere meno marcati. In altre parole, l’ipercontrollo
alimentare dell’AN sembra essere associato ad un’ossessività generalizzata, intesa come stile
d’adattamento o tratto caratteristico di personalità. I disturbi “binge/purging”, invece, colpiscono
persone con tratti di personalità più eterogenei, sebbene una tendenza alla disregolazione (p.e.
impulsività, labilità affettiva) sia molto rappresentata in questi gruppi.xxxviii
Grafico 1 Alcune dimensioni
patologiche dei DCA in
con i DP
Cluster B
Cluster A
comune
Disturbi del pensiero
Impulsività
Novelty seeking
Incerta identità di sé
Sensazione di “vuoto” e di “noia”
Narcisismo
Ipersessualità
Ansia/Depressione
Tendenza all’abuso di Sostanze
Perfezionismo
Cluster C
Ossessività
Harm Avoidance
Ricerca di conferme dagli altri
Per scegliere il trattamento più efficace per un paziente con DCA bisognerebbe tener conto di
diverse variabili: il rischio fisico e psicologico, l’età e la motivazione alla cura, la rete di supporto
sociale, eventuali comorbidità e rischio di recidive e cronicizzazioni.
L'Anoressia Nervosa comporta un rischio considerevole di patologia fisica. Quindi la
consapevolezza del rischio, il monitoraggio accurato e la stretta collaborazione con un internista ed
un nutrizionista clinico sono importanti nella gestione dell’Anoressia grave e delle complicanze
fisiche dell’AN. Gli indicatori di rischio fisico non consistono solo nel peso e nel BMI, ma bisogna
porre attenzione all’esame clinico completo ed agli esami di laboratorio ripetuti nel tempo.
Secondo le linee guida NICE (NICE 2004), lo sviluppo di interventi psicologici dovrebbe essere
accompagnato dalla regolare valutazione dello stato fisico del paziente, inclusi peso e indicatori
specifici di aumentato rischio fisico. Le preferenze dei pazienti e, se appropriato, dei loro genitori,
dovrebbero anche essere prese in considerazione nella decisione del tipo di trattamento psicologico
da proporre.
Le suddette linee suggeriscono che le terapie da prendere in considerazione per il trattamento
psicologico dell’AN sono: la Cognitive Analytic Therapy (CAT), la Cognitive Behaviour Therapy
(CBT), l’Interpersonal Psychotherapy (IPT), la Terapia Psicodinamica Breve e la Psicoeducazione
Familiare.
Secondo la Practice Guidelines for Eating Disorder (APA, 2006), possono essere applicati
interventi psicosociali di diverso tipo:
– Psicoeducazione volta ad informare il paziente ed eventualmente i suoi familiari sulla natura del
disturbo e sulle condizioni fisiche del paziente stesso. Questo approccio può servire come base
anche per successive terapie orientate sull’insight (Garner e Coll., 1985; Strober e Coll., 1985).
– Terapie psicodinamiche ed interpersonali, meno utili in fase acuta ma particolarmente efficaci una
volta raggiunto un peso congruo (Garner e Coll., 1985).
- Psicoterapia cognitivo-comportamentale, impiegata con successo per il mantenimento di un
adeguato comportamento alimentare e terapie cognitive o interpersonali utilizzate allo scopo di
indurre un aumento di insight e di promuovere strategie di problem solving più efficaci (Garner,
1985; Hall e Coll., 1983).
La scelta del trattamento della BN dovrebbe essere basata su un’attenta valutazione dei seguenti
parametri: condizioni di salute fisica; comorbidità psichiatrica; dinamiche familiari; livelli di
compromissione fisica, sociale, lavorativa. Ad eccezione di casi relativamente semplici, dove la
terapia cognitivo-comportamentale da sola può condurre a un significativo miglioramento e, in
alcuni casi, alla piena remissione dei sintomi (Bailer et al., 2004; NICE, 2004), l’approccio
multidisciplinare è ritenuto quello più efficace.
Nel trattamento della bulimia nervosa sono state utilizzate psicoterapie brevi, terapie
psicodinamiche, terapie cognitivo-comportamentali e terapie comportamentali (Fairburn e Coll.,
1986; Cox e Coll., 1989; Vandereycken, 1990; Lacey, 1998). Gli studi più recenti, tuttavia,
enfatizzano l’efficacia della terapia cognitivo-comportamentale nella maggior parte dei casi (50x xxi x
90%) (Fairbourn e Coll., 1991; Erickson & Yager, 1998, Agras, 2000).
Tabella 2 Lineeguida APA per il trattamento dei DCA
Patologia
Anoressia Nervosa
Trattamenti (APA Guidelines, 2006)
Psicoeducazione
Psicoterapia cognitivo-comportamentale
Terapia psicodinamica e/o interpersonale
Bulimia Nervosa
Terapia cognitivo-comportamentale
Terapia comportamentale
Psicoterapia breve
Terapia psicodinamica
Tali approcci sono utili anche in caso di comorbidità con DP, che comunque rende necessaria anche
l’introduzione di una terapia farmacologia, la quale deve tenere in considerazione le possibili
precarie condizioni internistiche presenti (elettroliti, funzione renale, funzionalita’ epatica) e la
scarsissima compliance di queste/i pazienti. Solo alcuni dei farmaci che si usano per la terapia dei
disturbi di personalita’ sono adatti, ed i dosaggi devono a volte essere ridotti secondo il peso e la
condizione fisica dei pazienti. È da tenere presente inoltre la possibile comorbidità anche con una
condizione di asse I (ad esempio un disturbo ciclotimico) che complica notevolmente il quadro
clinico. In questi casi è fondamentale una corretta diagnosi per stabilire se i sintomi presentati sono
di tratto (ddisturbo di personalità) o di stato (dovuti ad altre cause). Perciò riteniamo utile utilizzare
la SCID II (Structured Clinical Interview - DSM IV). Meno attendibili invece risultano i questionari
di auto-valutazione.
Tabella 3 Schema di Terapia Dimensionale nei DCA in Comorbidità con i DP
Terapia dimensionale
CBT + SSRI o SNRI ( + AAP a basse dosi se
resistente)
Ossessività-rigidita’
CBT, SSRI (+ AAP a basse dosi se grave)
Impulsività
AE, BDZ
Incerta identità di sé
FT + SSRI o CBT + SSRI
Disturbi del pensiero e dell’immagine corporea AAP
Abuso di sostanze o alcool
AE + CBT
Negativismo, oppositivita’
FT, CBT, AAP
Evitamento sociale
SSRI + CBT
Iperattivita’
AAP
Ansia/depressione
BDZ = Benzodiazepines; CBT = Cognitive Behavioural Therapy; SSRI = Selective Serotonine Reuptake Inhibitor;
SNRI = Serotonine and Norepinephrine Reuptake Inhibitor; AE = Antiepileptic Drugs; AAP = Atypical Antipsychotic;
FT = Familial Therapy
La Fluoxetina è l’antidepressivo più usato a 60-80 mg/die per il trattamento delle crisi di “Binge” e
per trattare la depressione in pazienti con BN. A dosaggi inferiori è tuttavia poco efficace. E’ utile
nella fase di mantenimento del peso corporeo dopo un episodio AN-R o AN-P. Per gli episodi
depressivi in pazienti AN, specialmente in presenza di ansia si possono utilizzare SSRI a profilo più
sedativo: Paroxetina 30–60 mg/die o Fluvoxamina 100–200 mg/die oppure un SNRI (ad esempio
Venlafaxina 150mg/die fino ad un massimo 300 mg/die). Anche la Sertralina si è dimostrata
efficace. Da tenere in considerazione che ha un profilo più attivante. Bisogna evitare
di prescrivere antidepressivi da soli in presenza di depressione con agitazione marcata o ideazione
suicidaria (da utilizzare un antidepressivo con un antiepilettico o un antipsicotico atipico).
L’associazione di un antidepressivo (ad esempio Mirtazapina) con basse dosi di antipsicotico
atipico (Olanzapina o Aripiprazolo) in caso di depressione resistente o inibita, si è rivelata utile in
alcuni casi selezionati di AN-R.
La Lamotrigina, antiepilettico appartenente alla classe delle Feniltriazine, si è rivelata molto
efficace nel trattamento della depressione agitata (e nella prevenzione della Depressione bipolare)
anche in monoterapia, o per il controllo dell’impulsività–aggressività in pazienti con Disturbo
Borderline di personalità (Tritt et al. 2005). Va titolata partendo da 25 mg/die, aumentando di 25
mg ogni settimana per evitare l’insorgenza di effetti collaterali (vertigini, sonnolenza, cefalea, rash
cutaneo, SJS ), fino ad un massimo di 200 mg/die a seconda della tollerabilità e della risposta
clinica. Se compare rash lieve, va ridotto il dosaggio, se grave il farmaco va sospeso. Da ricordare
che l’associazione con Valproato aumenta le concentrazioni di Lamotrigina mentre in presenza di
induttori enzimatici (CBZ, Fenobarbital) le concentrazioni plasmatiche di Lamotrigina si riducono
notevolmente. Non provoca variazioni ponderali.
Il Topiramato è un analogo strutturale del fruttosio 1,6-difosfato, sintetizzato durante la ricerca di
agenti inibitori della gluconeogenesi. Non se ne conoscono tuttavia al momento proprietà
ipoglicemizzanti. La sua parziale analogia con l’acetazolamide ne ha fatto ipotizzare proprietà
antiepilettiche. Dal 1996 è approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) USA come
antiepilettico. Alla fine degli anni ’90 risalgono le prime evidenze di efficacia come stabilizzante
dell’umore in augmentation con altri antiepilettici, come anti-Binge, antidepressivo e per ridurre il
peso corporeo, ma non come antimaniacale. Attualmente diversi studi sia in aperto che controllati
(McElroy et al., Nickel et al., 2005) dimostrano l’efficacia del Topiramato nel ridurre le abbuffate
in pazienti affetti da BN e da BED con obesità. Va utilizzato titolando gradualmente da 25 mg fino
ad arrivare ad un massimo di 600 mg/die. Parestesie, tremore e calo dell’appetito sono gli effetti
collaterali specifici più frequenti da noi riscontrati, a volte mal tollerati dal paziente. Più gravi
possono essere la nefrolitiasi (rara e legata ad alte dosi del farmaco) e la miopia acuta con glaucoma
ad angolo chiuso (alcune decine di casi in tutto il mondo). Si è rivelato molto utile in pazienti
BN/BED ambulatoriali, riducendo la frequenza delle abbuffate e migliorando la depressione
associata e l’ impulsività in associazione con Fluoxetina, ma non va mai somministrato a pazienti
AN-R per il rischio di precipitare un episodio di restrizione.
L’Oxcarbazepina si è rivelata una scelta efficace e meglio tollerata della carbamazepina o del
Valproato in pazienti BN o BED con DBP. Partendo da 150 mg/die fino a circa 1200 mg/die si è
rivelata efficace nel controllo della rabbia/impulsività e nel migliorare i sintomi depressivi. Tuttavia
va effettuato un controllo costante degli elettroliti plasmatici per il rischio di iponatremia, per cui
non è indicata in caso di scompenso idro-elettrolitico dovuto ad esempio al vomito ripetuto o all’uso
di diuretici e lassativi. Rispetto alla Carbamazepina e Valproato ha il vantaggio di non provocare
discrasie ematiche, dà minor aumento ponderale ed ha minore tossicità epatica, con un’efficacia
clinica simile.
L’Olanzapina (5-10 mg./die) è un antispicotico atipico che si è dimostrato efficace in studi in aperto
o casi singoli nel trattare l’anoressia Restricting migliorando l’ossessività, la rigidità, la chiusura,
l’oppositività, l’iperattività e soprattutto i disturbi dell’immagine corporea. Ha provocato aumento
ponderale e del BMI in tutti gli studi, in alcuni di oltre il 50%. Non esistono studi controllati per
confermare l’efficacia di questo farmaco.
L’Aripiprazolo è un atipico di recente introduzione in Italia. E’ un agonista/antagonista dei
recetttori dopaminergici, con caratteristiche di attivazione, può essere usato nelle forme di AR in
comorbidità con DP claster C.
In conclusione l’estrema complessità data dalla comorbidità DCA e DP, nonché singolarmente dai
due tipi di Disturbi, impone una approfondita riflessione sul trattamento, che deve essere
assolutamente personalizzato, in relazione all’età, al sesso, allo stato fisico e psichico, alle patologie
o episodi pregressi, al background familiare, al supporto sociale, e deve essere protratto per lungo
tempo, con follow-up almeno a quattro anni. Il trattamento dovrebbe anche poter prevenire,
possibilmente impedire, riacutizzazione, recidive, cronicizzazioni, e curare anche quelle che
vengono considerate patologie residuali, ma che residuali non sono, in quanto spesso sottendono,
come si è detto, un disturbo di personalità alle volte misconosciuto, sottaciuto o non curato
nell’emergenza più evidente del pericolo fisico dei DCA. Secondo la nostra esperienza nella UOC
di Psichiatria e Disturbi del Comportamento Alimentare, il trattamento integrato dei DCA in
comorbidità con i DP comprende e pone la scelta, che deve essere individuale e personalizzata per
ogni singola persona, tra le seguenti terapie mediche: nutrizione clinica, terapie internistiche,
psicofarmaci, psicoterapia individuale, psicoterapia di gruppo, psicoterapia della famiglia,
psicoeducazione, riabilitazione psicomotoria, riabilitazione occupazionale.
Tabella 4 Informazioni necessarie all'individuazione di un trattamento personalizzato
Età
Sesso
Peso
Quadro internistico
Quadro psicopatologico prossimo e remoto
Background familiare
Supporto sociale
Tabella 5 Trattamento Integrato
Gruppi di motivazione
Psicoeducazione in gruppo alle famiglie
Nutrizione clinica
Terapie internistiche
Psicofarmaci
Psicoterapia individuale
Psicoterapia di gruppo
Psicoterapia della famiglia
Riabilitazione psicomotoria
Riabilitazione occupazionale
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