RELAZIONE SU SOCIETÀ E BULLISMO. a cura della Dr.ssa Barbara Calabrese Sociologo e Criminologo Premessa Il disagio comportamentale all’interno del gruppo scolastico non riguarda soltanto pochi, isolati ed isolabili, casi di attori sociali appartenenti a gruppi e strati marginali, né viene espresso da soggetti con particolari problemi psicologici, pertanto, il comportamento trasgressivo all’interno dell’istituzione scolastica non può essere soltanto valutato come comportamento deviante limitato al soggetto o al gruppo ristretto che lo mette in atto. La sua crescente diffusione, anche in età molto anticipata, ed insieme la trasversalità rispetto alla localizzazione territoriale ed alle caratteristiche socio-professionali, culturali e familiari degli attori sociali, può indurre erroneamente a considerare il fenomeno del bullismo come un modello normale. Spetta alla sociologia ed in particolar modo alla sociologia dei gruppi, considerare il disagio all’interno dei gruppi scolastici non come una forma isolata di ribellione per ottenere una maggiore libertà, ovvero come espressione dei liberi impulsi che la società o più limitatamente il gruppo formale tende a reprimere, bensì come prodotto della struttura sociale e culturale. L’anomia (a-nomos = assenza di norme) Se vogliamo riprendere il concetto di devianza tanto caro al sociologo Merton, il quale si interessò di dare una definizione esaustiva del termine devianza da collegarsi al termine anomia (a-nomos assenza di norme). L’anomia a suo parere, dipende da una mancata integrazione tra la struttura sociale, che definisce gli status e i ruoli dei soggetti agenti, e la struttura culturale, che definisce come le mete da perseguire da parte dei membri della società così come le norme cui ci si deve conformare per raggiungere tali mete. Parleremo di conformità, di innovazione, di ritualismo quando non ci si preoccupa di raggiungerle effettivamente, di rinuncia come molti artisti, psicotici e vagabondi e di ribellione quando si rifiutano sia le mete culturali sia le norme istituzionali esistenti cercando nuove norme e mete più valide ed eque. Il conflitto tra la struttura sociale e la struttura culturale costituisce un esempio di situazione sociale che conduce al comportamento deviante. I sintomi chiave come una interazione disadattata, scarsa coesione, mancanza di attenzione, conflittualità, aggressività e bullismo non si possono soltanto risolvere con interventi di controllo di carattere psicologico e pedagogico sui singoli o sul gruppo di classe. Maggiore efficienza hanno dimostrato quegli interventi che hanno utilizzato una metodologia preventiva del bullismo, incentrata sul miglioramento di relazionalità e solidarietà infragruppo, sia sull’individuazione di principi regolativi condivisi e sull’attuazione di un sistema di sanzioni delle trasgressioni, se vogliamo riprendere i termini ripresi da Olweus del 1993. Il modello educativo dominante nella società acquisitiva è prevalentemente caratterizzato dal laissez faire, per cui sembra del tutto anacronistico parlare di educazione in senso stretto da parte degli adulti.Il percorso della socializzazione non ha più come effetto quello di sviluppare l’essere sociale quanto quello di mantenere ed accentuare l’essere individuale, si verifica rispetto alla distinzione durkheimiana una inversione di tendenza. I ragazzi non interiorizzano i diversi ruoli sociali, ma si comportano secondo un individualismo capriccioso egocentrico, narcisistico ed esibizionistico, alla cui base vie è quella che è stata definita come anomia psicologica intesa come condizione mentale in cui il senso di coesione sociale dell’individuo è spezzato o irrimediabilmente indebolito. Le agenzie educative : la famiglia Le diverse agenzie svolgono azioni sinergiche nel formare ragazzi decisamente conformisti, omologati culturalmente verso il basso, abituati a perseguire obiettivi confusi e bassi livelli di aspettative di tipo performativo, azioni sicuramente accomunate dall’essere ben lontane dall’ideale kantiano, secondo cui l’obiettivo dell’educazione è di sviluppare in ogni individuo il massimo grado di perfezione possibile (Durkheim), Che dire del comportamento dei genitori diversi sono i stili educativi in relazione alla dimensione permissività-severità, trascurante o indifferente, non direttivo o permissivo, autorevole e punitivo. Colleghiamoci alla permissività-severità. Sollecitudine-ostilità, chiarezza comunicativa e aspettative verso il figlio in termini di maturità o immaturità attraverso le quali i genitori promuovono l’autoregolazione e l’autonomia dei ragazzi. Particolare interesse riveste il rapporto che i ragazzi hanno con la madre, dal momento che è ben noto come l’attaccamento madre e figlio sia centrale per lo sviluppo emotivo (Attili e Vermigli 1994, 2001) e risulti particolarmente significativo in relazione all’instaurarsi di comportamenti aggressivi o insicuri, si è notato infatti, che l’attaccamento di tipo insicuro-evitante si riscontra maggiormente nei ragazzi aggressivi, i quali sviluppano un atteggiamento di scarsa fiducia verso gli altri, mentre quelli caratterizzati da un attaccamento insicuro-resistente tenderebbero ad assumere il ruolo della vittima nell’interazione all’interno del gruppo dei pari, in relazione al fatto che sono caratterizzati da una bassa autostima che li porta a sviluppare insicurezza ed ansia. La famiglia può essere ancora considerata come il contesto privilegiato in cui si realizzano l’apprendimento e la mediazione delle norme e delle regole di comportamento anche se emergono numerosi segnali che indicano come una parte dei genitori tenda a rinunciare al suo ruolo di guida e di supporto, e come la figura normativa di riferimento sia in misura crescente quello della madre piuttosto che del padre. Le agenzie educative :la scuola La nostra ipotesi interpretativa generale è che il bullismo così come il mobbing attuato nelle organizzazioni lavorative, con il quale presenta molte analogie, trovi il suo terreno di sviluppo nell’attuale organizzazione scolastica, fortemente caratterizzata da una anomia relazionale e normativa, alla quale molto spesso lo stesso corpo insegnate contribuisce, per incapacità di adottare atteggiamenti e comportamenti adatti alla gestione dell’interazione scolastica, o anche per eccessivo timore di attuare forme di etichettamento dei ragazzi (parliamo di un etichettamento di Becker) dei ragazzi a rischio. La scuola si trasforma in un fattore catalizzatore o addirittura eziologico del fenomeno bullismo.Conseguenze per i bulli a breve termine: basso rendimento scolastico, disturbi della condotta per incapacità di rispettare le regole e difficoltà relazionali. A lungo termine abbiamo ripetute bocciature e abbandono scolastico, comportamenti devianti e antisociali come crimini, furti, atti di vandalismo, abuso di sostanze, violenza in famiglia e aggressività sul lavoro. Conseguenze per le vittime a breve termine con sintomi fisici mal di pancia, mal di stomaco, mal di testa soprattutto alla mattina prima di andare a scuola, sintomi psicologici disturbi di sonno, incubi, attacchi d’ansia, problemi di concentrazione e di apprendimento, calo del rendimento scolastico, svalutazione della propria identità e scarsa autostima. A lungo termine sempre per le vittime abbiamo psicopatologie con depressione, comportamenti autodistruttivi e autolesivi, abbandono scolastico, a livello personale insicurezza, ansia, bassa autostima, problemi nell’adattamento socioaffettivo, a livello sociale ritiro, solitudine, relazioni povere ecc.. Ricreare l’autostima Ricreare l’autostima e parliamo di due tipologie di autostima quella dell’essere e quella del fare, cioè gli adulti devono provvedere a rinforzare oltre le competenze relazionali anche le abilità pratiche dei bambini cioè il saper fare. Il lavoro sinergico deve essere effettuato dai genitori e dagli educatori sociali : prendere consapevolezza del problema bullismo, non minimizzare il problema, favorire il dialogo e la comunicazione, non arroccarsi in posizione estreme nei confronti del proprio figlio di accusa o di difesa, invitare il proprio figlio a chiedere aiuto, trovare una soluzione al problema insieme al proprio figlio, confrontarsi con gli altri genitori, potenziare l’autostima del proprio figlio, rivolgersi ad esperti qualora la famiglia dovesse rendersi conto di non avere strumenti adeguati per gestire la situazione, chieder un confronto ad un operatore esperto presente sul territorio. Cosa non fare: entrare in un’ottica punitiva, punire il bullo e o iperproteggere la vittima, etichettare i ragazzi , disapprovare la persona, al contrario deve dare rinforzi positivi rispetto al buon comportamento degli alunni, responsabilizzare la vittima ed aiutare il bullo al cambiamento, fornire autentiche opportunità di cambiamento, la disapprovazione va rivolta al comportamento negativo, valorizzare il dialogo e la chiarezza.