Direttori Riccardo D B Università degli Studi di Napoli “Federico II” Nicola G Università degli Studi di Napoli “Federico II” Comitato scientifico Maurizio C Università degli Studi di Salerno Giuseppe D’A Università degli Studi di Foggia Rosario D ISPF–CNR Napoli Maurizio M Università degli Studi della Basilicata Christian M Humboldt Universität zu Berlin Renato P Università degli Studi di Milano Nicola R Università degli Studi di Napoli “Federico II” Tra Ottocento e Novecento si verifica una serie di straordinarie trasformazioni nelle sintassi filosofiche. A partire dall’“eresia” marxista, passando per l’“ultimativa” ridefinizione nietzschiana, la filosofia cerca nuovi orizzonti e nuovi ambiti di interesse. La filosofia neocriticista in tutte le sue varianti, declinazioni ed evoluzioni, rappresenta, da questo punto di vista, una delle risposte più ricche di significato e di ulteriori sviluppi per la filosofia continentale, entrata in una profonda crisi epistemologica e, più generalmente, di “senso”. La collana “Krínein” vuole allora provare a indagare questo spazio culturale, senza particolari limitazioni e senza negarsi interferenze e diacronie storico–concettuali. Tutto ciò, fondando la propria principale risorsa, oltre che sull’interesse specifico degli Autori trattati, il più delle volte con traduzioni inedite in italiano, sul lavoro intenso e pregnante di una schiera di giovani ricercatori. Questo volume è parzialmente finanziato con fondi di ricerca dipartimentali – Dipartimento di Studi umanistici – Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Nichilismo vs. Cosmopolitismo Una storia finita? a cura di Mattia Papa Rossella Saccoia Prefazione di Riccardo De Biase Contributi di Teresa Caporale Chiara Cappiello Diletta Ciociano Dario Cositore Marta D’Allocco Ivana D’Avanzo Alessandro De Cesaris Denise Loprieno Luca Lo Sapio Mattia Papa Antonello Petrillo Rossella Saccoia Teresa Sequino Copyright © MMXVI Aracne editrice int.le S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Quarto Negroni, Ariccia (RM) () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: settembre Indice Prefazione Riccardo De Biase Breve critica della teoria dei valori e del nichilismo. Il punto di vista del neomarxismo Dario Cositore Heidegger e Cassirer e Davos. La lotta per la filosofia Rossella Saccoia (R)esistenza ed economia. Rilke, Sombart e l’ordoliberalismo tedesco del primo Novecento Antonello Petrillo Da Descartes a Platone. Paul Natorp e il problema della metafisica Alessandro De Cesaris Croce e de Martino tra crisi e storia Chiara Cappiello Il dramma dell’individuo. Max Weber e la destinazione della storia nell’epoca del nichilismo compiuto Mattia Papa Politeismo dei valori e nichilismo della volontà. Max Weber e l’etica protestante Marta D’Allocco Il neokantismo in quanto cosmopolitismo. Heinrich Rickert e la filosofia dei valori Ivana D’Avanzo Indice Il neokantismo in quanto cosmopolitismo. Hermann Cohen e la “religiosità” del filosofare Teresa Sequino Eugenetica nazista e nichilismo. Lineamenti per una riflessione critica Luca Lo Sapio Max Stirner: un precursore del nichilismo? Teresa Caporale Il nihil come fondamento dell’humanitas Denise Loprieno Per salvare la libertà. Un’idea di uomo in Escape from Freedom Diletta Ciociano Postfazione L’Asilo – comunità di lavoratori e lavoratrici dell’arte della cultura e dello spettacolo Gli autori Nichilismo vs. Cosmopolitismo ISBN 978-88-548-9589-8 DOI 10.4399/97888548958981 pag. 9–16 (settembre 2016) Prefazione R D B Un libro, quando è degno di siffatto nome, non è mai un libro. Esso ha qualcosa del molteplice, del multiverso, è quasi sempre qualcosa di apolide, non perché senza padri e madri, senza terra e senza patria, ma perché, al contrario, è qualcosa con molti padri e molte madri, troppe patrie e troppe terre, per fornirne opportuna e veritiera genealogia. Ricostruzione impossibile, risalimento vietato, il supporre che esistano auctores indiscutibili e individuali, è ipotesi che sfiora il fantastico, che irrora l’assurdo e affatica di più, se possibile, l’iperbolico Sisifo. «Dal primo Adamo che vide la notte/E il giorno e la forma della sua mano,/ Favolarono gli uomini e fissarono/Su pietra o su metallo o pergamena/Quanto cinge la terra o plasma il sogno» . Un bisogno inestirpabile, un’inesauribile vocazione è quella che ha spinto, spinge e spingerà gli uomini a chinarsi e a distendersi sul manto piano del supporto scritturale, a digrignare, senza rumore, gli occhi per testimoniare, controllare, verificare, inventare le incisioni che chiamiamo scrittura. E se è poco discutibile — non foss’altro che per meri motivi statistici (statistica rizomatica, incongrua, irrisalibile da intelletto umano) — che ogni cosa che resta su carta o su qualsiasi altro supporto è affetta da multipaternità, meno scontata e più difficile da definire è la plurifigliolanza, l’orizzonte di effetti che la scrittura genera: «È perché è inaugurale, nel senso giovane della parola che la scrittura è pericolosa e angosciosa. Essa non sa dove va, nessuna saggezza la preserva da quella precipitazione essenziale verso il senso che essa costituisce e che è anzitutto il suo avvenire» . . J.L. B, Alessandria, A.D., in I., Tutte le opere, a cura di D. Porzio, voll. I–II, Mondadori, Milano, , ivi, vol. II, p. . Sul carattere impersonale non soltanto della scrittura (viene ricordato qui il nostro Italo Calvino), ma di tutto «il nostro sapere e volere», conviene andare a leggere le interessanti riflessioni di B. W, Phänomenologie der Aufmerksamkeit, Suhrkamp, Frankfurt am Main, , pp. e sgg, ivi, p. . . J. D, La scrittura e la differenza, con una Introduzione di G. Vattimo, traduzione di G. Pozzi, Einaudi, Torino, , p. . Prefazione Fallimento? Inutile sfogo di inutili uomini? Ambiziose e pretenziose Sinngebungen? E se pure fosse? Un uso pratico della libertà di immaginare e di donare senso in assenza di ogni perché, è già di per sé movente sufficiente a star lì a raccogliere, compulsare, consultare e sillabare. Questo libro, l’oggetto che ora il benevolo lettore ha tra le mani, vuole “solo” questo, ma neppure niente di meno: spericolarsi lungo i rivoli del senso, provare a «strappare ai fenomeni» qualcosa del loro essere, «sia pure in modo frammentario e rudimentale» . I. Il “fenomeno” in questione nel presente libro, è un tratto del pensiero europeo e mondiale, un segmento di storia della cultura i cui effetti sono ancora interi e in dinamica trasformazione sotto i nostri occhi, e di cui non riusciamo ancora a pesare del tutto, neppure approssimativamente, il senso e il significato. Troppo pochi sono cinquanta–sessanta anni di distanza storica, per esaurire le molteplici e drammatiche conseguenze per i giorni nostri, di quel secolo che va, grossomodo, dalla pubblicazione del Manifesto del partito comunista fino al termine della seconda guerra mondiale. Ho creduto, abbiamo creduto che uno dei fili più interessanti che tengono unite le trame di questo secolo poteva essere lo studio di questa polarità tra una tendenza nichilistica e una cosmopolita della filosofia. «Molte cose bisogna distruggere, per edificare il nuovo ordine; ora sappiamo che la Germania era una di quelle cose. Abbiamo dato più delle nostre vite, abbiamo dato il destino del nostro amato paese» . La fervida e fertile immaginazione di Borges dà la parola a un superstite delle ultime ore del nazionalsocialismo tedesco, del Reich che doveva durare mille anni e che si disintegrava, invece, con mostruosa e feroce rapidità. Ecco, il fascino del nulla, e la sua sterilizzazione, è proprio ciò che avevo intravisto nell’ipotesi di messa a fuoco di uno dei due corni del problema. Si libra ora [corsivo mio] sul mondo un’epoca implacabile. Fummo noi a forgiarla, noi che ora siamo le sue vittime. Che importa che l’Inghilterra sia il martello e noi l’incudine? Quel che importa è che domini la violenza, . M. H, Essere e tempo, traduzione di P. Chiodi, Longanesi, Milano, , p. . . Cfr. K. M, F. E, Manifesto del partito comunista, con una Introduzione e traduzione di D. Losurdo, Laterza, Bari, . . J.L. B, Deutsches Requiem, in I., Tutte le opere, cit., vol. I, p. . Prefazione non la servile viltà cristiana. Se la vittoria e l’ingiustizia e la felicità non sono per la Germania, siano per altri popoli. Che il cielo esista, anche se il nostro luogo è l’inferno. L’irresistibile richiamo del nulla, lo svuotamento di senso di ogni grano di azione, l’inarrestabile scarnificarsi della “tornitura” dell’essere, da noi stessa azionata : è esattamente il nostro tempo «appreso con il pensiero» , la morte di Dio e la morte dell’uomo fatte carne, fatte tempo, banalizzate nella quotidianità un po’ sciocca dei social network (che comunque sono il sensorio di un’avvenuta metabolizzazione dell’incredibile): tutto ciò dà l’impressione di non esser più neppure un’ipotesi metafisica, ma la realtà che “semplicemente” esperiamo nei nostri dibattiti, nel disinteresse, nell’afflosciarsi delle passioni. Ecco, il senso del nichilismo che si è tentato di discutere a partire dalle sue radici, rappresenta una conditio humana (o già post–umana? ) ancora da attraversare in tutta la sua pesantezza e gravità. Infatti le lingue rendono solerti le menti allorquando [. . . ] la mente percorre in lungo e in largo il grande vocabolario della vita [corsivo mio] e inventa una parola appropriata all’oggetto in questione, con la quale denominarlo. . Ivi, pp. –. . Cfr. F. N, La gaia scienza e Idilli di Messina, con una Nota introduttiva di G. Colli, versione di F. Masini, Adelphi, Milano, , in part. pp. –. . G.W.F. H, Lineamenti di filosofia del diritto, a cura di G. Marini, Laterza, Roma–Bari, , p. . . Cfr. M. F, Le parole e le cose, Rizzoli, Milano, , pp. –. . A parte i “classici” M. S, La posizione dell’uomo nel cosmo, a cura di G. Cusinato, FrancoAngeli, Milano, , e E. C, Saggio sull’uomo. Una introduzione alla filosofia della cultura umana, Armando, Roma, , c’è oramai una robustissima letteratura sugli scenari futuri del “posto dell’uomo nel cosmo” (ammesso che l’uomo ancora vi sia); ci limitiamo qui a segnalare soltanto E. M, Vie d’uscita. L’identità umana come programma stazionario metafisico, Il melangolo, Genova, ; A.V., Umano, post–umano: potere, sapere, etica nell’età globale, a cura di M. Fimiani, V. Gessa e E. Pulcini, Editori Riuniti, Roma, ; S. R, Il corpo e il post–umano, Meltemi, Roma, ; P. B, The Cyborg: corpo e corporeità nell’epoca del post–umano, Cittadella, Assisi, . Mi fa infine piacere ricordare qui l’interessante lavoro di L. L S, uno dei nostri validi contributori, dal titolo Potenziamento e destino dell’uomo. Itinerari per una filosofia dell’enhancement, Il melangolo, Genova, , e la letteratura critica ivi contenuta, spec. pp. –, –, , . Infine, anche (ma non soltanto) per la sincera amicizia che ci lega, voglio ricordare il recentissimo libro di G. G, Oscurato. Fine dell’Umanesimo e umano a–venire, Mimesis, Milano–Udine, . . G. V, De costantia iurisprudentis, in I., De uno universi iuris principio et fine uno, in Opere giuridiche, a cura di N. Badaloni, Sansoni, Firenze, , p. . Prefazione Era il “nostro” grande Gianbattista Vico che, in un Settecento ancora da illuminarsi (almeno nell’Italia meridionale), sosteneva la necessità, per le menti in formazione, di esprimersi, di godere della propria favella, di generare cose chiamandole e battezzandole. La fantasia, la capacità di “corpulentizzare” le idee mediante le lingue, l’impatto positivamente “devastante” dello studio dei classici sulle menti e sui cuori dei giovani e dei meno giovani, è uno degli aspetti che più “modernamente” caratterizza il pensiero del grande napoletano. Cosa farcene di questi spunti atavici? Cose vecchie, inservibili ai nostri giorni? Non tanto, se “appena” ottant’anni fa o poco più, Ernst Cassirer poteva scrivere che idee e fatti, pensieri e cose non [sono] due forze eterogenee, per non dire ostili, che si contrappongono l’una all’altra; si presenta piuttosto ovunque una vitale azione reciproca tra il mondo del pensiero e il mondo dell’azione, tra la costruzione delle idee e la costruzione della realtà statuale e sociale. Se Cassirer ha (aveva) ragione, immaginare la presenza della filosofia, e più in generale della cultura nel mondo significa attribuire ad essa una precisa funzione; costruire indefinitamente e sempre più, la convinzione “disperatamente” ambiziosa che non c’è «scuola migliore [. . . ] per formare alla vita, che presentarle sempre la diversità di tante altre vite, opinioni e usanze, e farle assaggiare una così continua varietà di forme della nostra natura» ; che la vita, se ha un senso, è vuota, povera e mendace senza la cultura, senza la grazia che questa indefettibilmente sa donare a chi sobriamente la pratica. Vivere senza la continua animazione che ci dà il leggere, lo scrivere, il riflettere, l’operare ben vedente, sarebbe come «spremere, per così dire, a suon di muscoli l’essenza delle rose» . A mio avviso, l’immagine dello scrittore nordamericano ben disegna ciò che un uomo di cultura e un formatore di indole cosmopolita, non dovrebbe mai fare: prosciugare, inaridire e così brutalizzare le potenzialità creative e magmatiche di coloro che gli stanno attorno. Ciò che invece dovrebbe fare è in–seminare, dis–seminare, generare e rigenerare le . E. C, L’idea di Costituzione repubblicana, a cura di R. Pettoello, Morcelliana, Brescia, , p. . . M.E. M, Saggi, a cura di F. Garavini e A. Tournon, Bompiani, Milano, , p. . . N. H, Frammenti del diario di un uomo solitario, “Il Sole ORE”, Milano, p. (leg. mod.). Prefazione purtroppo spesso assopite anime dei giovani, ampliarne il più possibile i contorni “spirituali” e “locativi”; darne, insomma, sufficiente perimetro da abbracciare, in linea di principio, l’intera costellazione della cultura dei nostri giorni, consapevoli della abnormità del compito, ma pure “coraggiosi” di quel “coraggio” che ci impone il senso di responsabilità che portiamo nei confronti delle generazioni a venire. Formare–alla–vita, così sosteneva Montaigne: quale compito, quale proposito più utile e “nobile” per chi fa — o ambisce a fare — la nostra professione? E cosa c’è di più esaltante che sperimentare e sperimentarsi, portando sotto l’occhio, si spera, vigile e attento, di una quanto mai opportuna al giorno d’oggi, “cultura dell’ascolto”? Una cultura, cioè, in grado di percepire i bisogni, le afflizioni e le aspirazioni dei giovani? In condizione di dar loro quello che loro cercano: fiducia, attenzione, cura? L’avventura tentata nelle stanze de L’Asilo (a cui accennerò tra un attimo) e che in queste pagine è condensata e oggettivata, vuole essere questo, e non altro: una prova, un esperimento con la vita, e immagino che, al di là dei legittimi e quanto mai opportuni rilievi e suggerimenti che verranno da chi avrà piacere a trattenersi su queste pagine con spirito “sperimentante”, non potrà non convenire che è tutto qui, che il nostro artigianato filosofico non consiste molto di più che nell’«aiutare la gioventù a parlare», a «far luce con la chiarezza dei concetti alla sua inconscia opposizione e fare di questa una coscienza che sia conscia e che parli ad alta voce» . II. Tutto cominciava nella tarda estate del . Io e il mio caro amico e collega Rosario Diana, varcavamo, a quell’epoca per la prima volta, il cancello dell’Ex Asilo Filangieri con la “complicità” di Maria Pia Valentini, rimanendo, almeno io, immediatamente convinti che quello fosse un luogo ideale dove provare a “fare cultura” al di là e accanto all’accademia. Abbiamo cominciato fin da subito a entrare nelle pratiche dell’Ex Asilo e a proporre idee e progetti che si sono oggettivati in una serie di spettacoli, seminari e iniziative, di cui qui non è il . F. N, Sull’utilità e il danno della storia per la vita, con una Nota introduttiva di G. Colli, Adelphi, Milano, , p. (corsivo mio). Prefazione caso parlare in dettaglio . E poi, ecco un’altra data importante per ricostruire la genealogia del presente volume: voglio ricordare il gennaio del , giorno in cui “convocai” una trentina di ragazze e ragazzi tra studenti, dottori di ricerca e laureati in Filosofia, ad ascoltare — ed eventualmente a partecipare — i dettagli dell’idea che mi era venuta, quella appunto di fornire un’analisi storico–filosofica di questa polarizzazione tra nichilismo e cosmopolitismo. Aderirono a quell’invito, relazionando all’Ex Asilo, ventisei ragazzi, che ho piacere grande nel ricordare qui, insieme ai temi trattati. Iniziammo il di aprile del . La prima relazione fu affidata ad Alessia Maccaro, che lesse un suo elaborato su Storia, politica ed ermeneutica del religioso tra Otto e Novecento: Barth, Cassirer e altri croce–via. Il secondo appuntamento vide parlare il di aprile Dario Cositore e Denise Loprieno rispettivamente su Max Scheler e l’etica materiale dei valori e su J. P. Sartre tra umanesimo e nichilismo. Il terzo incontro, del aprile, vide protagonisti Antonello Petrillo, che discusse una relazione su R. . . esistenza e economia: Rilke, Sombart e l’ordoliberalismo tedesco del primo ‘, e Lucia Raffaella Distico, che parlò di Martin Heidegger: che cos’è la filosofia? L’ di maggio si tenne il quarto seminario: qui discussero le loro tesi Valentina De Filippo, Emil Cioran: apolide, cosmopolita o reazionario? e Sara Capasso, Introduzione al tramonto d’Europa: in margine a Oswald Spengler. Mattia Papa e Marta D’Allocco furono gli autori delle due relazioni, entrambe mettenti a fuoco il pensiero di Max Weber, che si tennero il maggio. I titoli, rispettivamente: Max Weber e la filosofia dei valori tra capitale e liberalismo e Politeismo dei valori e nichilismo della volontà: Max Weber e L’etica protestante. Anche il maggio l’incontro ebbe solo un grande protagonista: Friedrich Nietzsche. A parlarne furono Simona Ambrosio, Il “caso” Nietzsche I: Genealogia della morale, e Roberta Guasco, Il “caso” Nietzsche II: Al di là del bene e del male. L’ultimo giorno di maggio dedicato al seminario, il , si espressero Enza De Lucia e Gaia Apolito: le loro comunicazioni riguardarono, in ordine, Jünger: il lavoratore come espressione ‘oltreuma. In breve, e consapevole della necessaria stringatezza relegata a cose, invece, che ricordo tutte con affetto e partecipazione, vorrei menzionare i quattro cicli del progetto “Disseminazioni” e i due “reading filosofici” dedicati il primo a John Cage il marzo , l’altro all’Orfeo ed Euridice di Gluck, l’ di maggio dello stesso anno. Per la teorizzazione del reading come progetto di disseminazione filosofica, rimando con piacere al volume di R. D, La forma–reading. Un possibile veicolo per la disseminazione dei saperi filosofici, con una Introduzione di E. Cattanei, Mimesis, Milano–Udine, . Dirò qualche altra parola sul senso e significato del nostro “stare” a L’Asilo al termine di queste note introduttive. Prefazione na’ dell’umano?, e La preistoria del dissidio: Marx e l’ideologia tedesca. Giugno fu inaugurato il giorno da Ivana D’Avanzo e Teresa Sequino: entrambe discussero intorno a Il neokantismo in quanto cosmopolitismo. A seguire, il giugno, Rossella Saccoia su Heidegger, Cassirer e Davos: la lotta per la filosofia e Emma Napoleone su Oswald Spengler e il tramonto dell’Occidente I proposero le loro idee e i loro commenti. Il giugno fu la volta di Edvige Di Ronza e di Alessandro De Cesaris. I loro contributi si incentrarono su Carl Schmitt e su Da Descartes a Platone: Paul Natorp e il problema della metafisica. Luca Lo Sapio parlò il giugno di Eugenetica nazista assieme a Teresa Caporale, che invece relazionò intorno a Max Stirner. Il penultimo incontro, tenutosi il di luglio, vide al centro dell’attenzione Flavia Palazzi e Chiara Cappiello, che discussero rispettivamente di Edmund Husserl e l’idea d’Europa e di Perdita del centro: de Martino, Croce e la crisi del Novecento. Infine, per l’ultimo incontro del luglio, L’Asilo si aprì a ben tre relazioni: Cosimo Palma parlò di Walter Benjamin: architettura, città, montaggio e storia, Luisa Scuotto di Oswald Spengler e il tramonto dell’Occidente II e Diletta Ciociano di Psicologia del nichilismo. Dire di essere profondamente grato a tutti questi nomi, alle loro parole e alle loro vite, è davvero poco. Con la loro presenza, la loro intelligenza e il loro spirito, queste personalità vive e propositive, tutte, hanno saputo animare e dinamicizzare ancora di più e meglio di quanto già normalmente accade, le calde stanze de L’Asilo. E mi fa molto piacere sottolineare che, così come ci si dovrebbe augurare per ogni itinerario di ricerca degno di tal nome, le tematiche del seminario si sono via via ampliate e sviluppate in modo creativo e, allo stesso tempo, rigoroso. Tanto che, alla fine del ciclo di incontri, siamo riemersi tutti con un’idea poco o tanto diversa da quella da cui eravamo partiti. Di ciò ne abbiamo prove abbastanza consistenti, ma se per caso ci fossimo sbagliati, niente di male: le idee stanno lì per questo, per essere trasmesse e comunicate fino a che diventa difficile distinguere di chi è questa e di chi quella (come se le idee potessero avere una paternità netta e sempre assolutamente definibile. . . ). Il libro che ha realizzato in modo concreto tutti questi spunti e queste idee, fa ora mostra di sé nelle mani del lettore. Purtroppo, per una svariata serie di motivi, molti di coloro che hanno voluto esprimersi a parole e a concetti a L’Asilo, non hanno potuto o voluto oggettivare su un supporto libresco i loro sforzi. Me ne dispiace assai, e speriamo vivamente di poter presto preparare il campo per un’ulteriore occasione di confronto e di dialogo. Dove? Prefazione III. E qui veniamo davvero all’ultima parte di questa nota introduttiva. Non abbiamo contezza, ovviamente, di ciò che potrà accadere di rilevante nelle nostre vite, di ciò che da qui a qualche settimana o mese o anno, segnerà le nostre esistenze, inciderà sulle nostre scelte e decisioni. E però, questo libro, oltre a essere testimonianza di un “pezzo” di storia passata, vuole aspirare ad essere pure un augurio e una preparazione alla storia futura. Nulla potrebbe farci più piacere che poter ripetere la medesima esperienza culturale, con altri temi e con altre voci, negli stessi ambienti accoglienti e stimolanti de L’Asilo. Ciò perché, ciò che si “fa” non è affatto indipendente da “dove” lo si fa. Meglio detto: il “su–cosa” si discute, è da assumere in una doppia accezione. La prima è l’argomento, il di–che di cui si tratta; l’altra è propriamente il dove si discute, il fondamento sul quale le parole dei dialoganti hanno modo di essere recepite, curate e disposte secondo un non accidentale ordine, ordine che poi non è altro che parte integrante ed essenziale dell’argomentazione, del di–che. È essenziale, appunto, il come si discute, il cosa si discute, ma più fondamentale è il dove, lì appunto “dove” la gente si incontra e parla. Questo ha bisogno di essere il più possibile fisso, ha da essere fissato preliminarmente. Ecco allora il senso del termine tedesco Ver–fassen, il “costituire”, che, derivando dall’alto sassone pasto, mutato modernamente in fest, proviene a sua volta dall’antico indiano pastyá–m. La cosa più importante, per i nostri scopi, è che questo lemma viene espresso con Wohnsitz , che in italiano è possibile rendere adeguatamente con “dimora”, “luogo di residenza”, perché in questi termini nostrani compare più o meno l’equivalente del setzen tedesco, il sitzen, il Wohn– sitz, ossia lo stare fissi, il dimorare abitando (wohnen in tedesco) a casa propria, il ri–siedere in un luogo conosciuto e condiviso. Noi, a L’Asilo, abbiamo costituito qualcosa, abbiamo generato un flusso, un piano, una traiettoria di spunti che si è propagata e si propagherà, si spera, in ogni direzione che abbia a cura la cultura dell’abitare e del cooperare. . Cfr. J. P, Indogermanisches etymologisches Wörterbuch, voll. I–II, Francke, Bern– München, , ivi, vol. I, p. .