The neverending story - RONNIE JONES Ronnie nasce a Boston, Massachussets (sotto il segno della vergine), dove fin da piccolo, come ogni vero “Soul Man” canta nel coro della Chiesa Battista Protestante (da soprano fino all’adolescenza) brani gospels, vincendo diversi concorsi e premi canori. All’età di 17 anni lascia l’America arruolandosi come aviere semplice, girovagando per il mondo fino ad atterrare alla Hywycombe Air Force, a 40 km da Londra. Sono i “mitici” anni ’60 e nei pochi e ancora sconosciuti locali, ora luoghi di culto e pellegrinaggio per gli appassionati di blues, sotto la guida di Alexis Korner, in un’atmosfera che Ronnie ricorda di “Nebbia Alcolica”, si esibisce una nuova generazione di musicisti. Gli stessi che saranno di li a poco tempo i fondatori dei primi grandi gruppi di rock/blues: Stones, Cream, Animals, Led Zeppelin,Traffic. È nel transito Tra “Wardour Street” e Piccadilly Circus, al “Flamingo, punto di ritrovo per giovani studenti scappati di casa, militari, gangsters e entraineus in libera uscita, che una sera Korner ingaggia per 5 sterline + free-drinks Ronnie Jones che diventerà, dopo Mick Jagger e Rod Stewart, il cantante della “Blues Incorporated”. Incide in questo periodo alcuni brani tra i quali “Night time is the right time” di Ray Charles e Money Honey “ dei Drifters. Il “nostro” canta, grazie ad Alexis Korner, con Ginger Baker e Jack Bruce (Cream) Charlie Watts, dei Rolling Stones (incidendo anche un rarissimo 45 giri) e Dick Heckstall Smith (Colosseum) diffondendo per il Regno Unito il “virus del blues”. Dopo alcuni mesi, a causa di una spy story a sfondo rosa all’interno della base americana e per l’atmosfera “Junky-Etilica” creatasi nella band di Korner, Ronnie decide di ritornarsene per alcuni mesi in America. Qui conosce le nuove stelle del firmamento soul della Motown/Atlantic: Marvin Gaye, Stevie Wonder, Sam Cooke e Otis Redding, rigenerandosi di nuova linfa artistica e preparandosi al ritorno in Europa, Così di nuovo a Londra duetta una sera con Wilson Pickett e fonda insieme a John McLaughlin il suo primo vero gruppo i “Nightimers”. In seguito girerà in Inghilterra prima e in Europa poi con un altro gruppo, i “Blue Jays” arrivando anche in Italia con i “Q Set”. Di passaggio a Roma con una nuova formazione entra a far parte del cast della versione italiana del musical “Hair” (una protesta musicale contro la guerra in Vietnam), di cui era direttore musicale Bill Conte (Rocky). Sul palco con lui ci sono Renato Zero, Loredana Bertè, Carlo de Mejo e Teo Teocoli. S’innamora dell’Italia e il destino vuole che la Rai (allora unica emittente radiofonica) lo scrittura come conduttore per il programma “Musica In”. Ronnie Jones ha la possibilità così di diffondere la musica Rhythm&Blues, influenzando con i suoi dischi d’importazione (pagati di tasca propria) il suono dei nuovi gruppi e artisti italiani. Nel 1974, in piena “Febbre del sabato sera”, incide nei famosi Studios di George Moroder a Monaco di Baviera una versione della celebre “Rock your Baby” di George Mc Crae. Con Claudia Barry (cantante solista dei primi Boney M.) registra “It takes two” di Marvin Gaye (Disco d’oro in Canada) e per conto proprio tre album: “Looking for Action”, “Me and Myself”, “Fox on the Run” in perfetto stile electro-dance, ed altri buoni hits quali “Under My Thumb” degli Stones “Groovin” e “Let’s do it Again” che raggiungono i vertici delle classifiche disco soul europee. I benpensanti della critica blues non gli perdoneranno mai questo suo trascorso, ma Ronnie grazie al suo spiccato senso dell’umorismo e alla sua inesauribile carica gioiosa non rinnegherà il suo passato, riproponendo tutt’oggi durante i suoi spettacoli-live alcuni brani del periodo in una versione moderna ed ironica, noncurante della critica ma apprezzato dal suo pubblico fedele che lo segue nelle sue esibizioni divertendosi con lui. Negli anni ’80 approda a Canale 5 e conduce per diversi anni la trasmissione musicale “Pop Corn” (succedendo a Sammy Barbot),incidendo anche il suo quarto album “Video Games”, sigla della popolare trasmissione. Nel frattempo prosegue la sua attività di DJ lavorando nelle prime “Radio Libere” Rete 105, Radio Milano International; collabora anche nelle vesti di coautore in diversi successi “House” e firma con Zucchero e Gino Paoli il brano “Bambino io Bambino tu”. Sempre di questi anni è la versione di “Gimme Some Lovin “ di Steve Winwood e scrive il brano “Welcome to the Party” che ottiene molto successo in Europa, raggiungendo il 3° posto nella classifica delle discoteche francesi. Nel 1997 è ospite per diverse puntate della trasmissione sportiva “L’Italia del giro”, condotta da Cesare Cadeo su Italia 1, dando piccoli assaggi dal vivo del suo vastissimo repertorio (Trecento-trecentocinquanta covers). Con il suo primo gruppo degli anni 90, i “Blues After Dark, tenta, dopo due anni di tournee nei vari clubs, il concerto più alto del mondo (a Le Deux Alpes in Francia), ma il guinnes non viene registrato. Nel 1998 ha arrangiato i cori e cantato nel disco “Frisbie & the African Football All Stars” per l’ Unicef, con i calciatori di colore che hanno militato nel campionato italiano: George Weah, Ibraihm Ba e Taribo West. Nel 1998-99 gira L’Italia e l’Europa insieme ai “Seven40 Soul Ensemble” una band energica di matrice JazzFusion, con la quale realizzerà un nuovo album “The Man”. In questo cd (purtroppo mal distribuito), Ronnie ritroverà la sua veste di Soul singer, e di cantante Blues dalla voce calda e profonda. Le versioni di Cocaine di J,J,Cale e di Let’s stay Together di Al Green sono qui riproposte in una versione veramente intrigante, così come la celeberrima “I Wish” di Stevie Wonder. Ma il “nostro”, firma anche diversi brani originali ,delle notturne e raffinate soul-ballade in compagnia di A.Pessach, “The Man”, “Time”, “Me and Myself”, e “I Wanna Make a Vow” cantata da Julia St. Louis. In questi ultimi tempi la vita di Ronnie è cambiata ancora una volta, oggi con lui insieme all’inseparabile percussionista ed amico Max Pellegrini ci sono i ”Soul Syndicate, con i quali sta continuando il suo percorso musicale, nei piccoli clubs, e in giro per L’Europa nei festivals blues. A volte, appare nelle vesti di turnista, prestando la sua voce in studio, o nascosto come una pantera nelle vesti di semplice corista di qualche famoso cantante italiano.Un po’ dimenticato dallo star system e lontano dalle grandi luci della ribalta, Ronnie con tenacia, passione, e genuinità, forte del suo talento e della sua esperienza, ha sempre il motore acceso e una “non facile” energia positiva da trasmettere al suo pubblico. Ho conosciuto Ronnie un po’ di anni fa, non siamo diventati amici “intimi”, ma tra noi è nata una reciproca simpatia, e una profonda stima. Anch’io in passato sono stato uno di quelli che forse da “serioso” amante del Rock/blues e influenzato negativamente dall’altrui pregiudizio ho sottovalutato questo artista, vedendo in lui solo un rappresentante dell’ala un po’ superficiale della Disco Music, ma poi conoscendolo pìù da vicino ed assistendo a numerosi suoi spettacoli, mi sono ricreduto,e ho capito che Ronnie Jones oltre ad essere un valido cantante di soul blues, è un grande professionista, versatile, e spontaneo, che dopo quasi mezzo secolo nel mondo dello spettacolo, mantiene inalterata la freschezza di un ragazzino alle prime armi, che si diverte senza pretese di dire o di fare chissà che cosa. La sua anima è comunque quella di un “vecchio saggio” che ama guidare e consigliare tutti i musicisti che di volta in volta ruotano intorno a lui, prodigandosi in piccoli consigli e curiosi aneddoti per svezzarli al mondo “crudele e spietato” dello show-business. Elegante e discreto, non ama le polemiche e sa che i rimpianti servono a poco, avrebbe moti sassolini da togliersi dalle scarpe, e molte cose da dire più di tanti altri che parlano tanto ma non dicono nulla, (durante la nostra intervista Ronnie mi ha più o meno fatto qualche nome di personaggi che non si sono comportati “del tutto bene”, nei suoi confronti,e non per ragioni d’omertà, ma Io e Ronnie, preferiamo non svelarne i nomi, a voi lettori non cambierebbe la vita , e le bassezze dello showbusiness, ce le immaginiamo tutti, poi c’è sempre tempo!). Ronnie guarda avanti e non ne vuole sapere proprio di smettere; sempre in movimento e con la testa piena di progetti….. Welcome to the Party……… questa è una storia infinita. Un’intervista per voi,nata una sera dopo un suo spettacolo, e attraverso uno scambio epistolare via e-mail. Che fine hai fatto Ronnie?, cosa stai preparando di nuovo? ……. Ho combattuto il grande male con successo. Di salute mi sento un leone anche alla mia età.Ma nell’insieme ho perso un gruppo di amici, almeno io ritenevo amici. Alcuni elementi dei Seven40 non hanno potuto aspettare un momento migliore per fuggire dal nido di musica che stavamo costruendo insieme. Per fortuna sono cascato bene e anche in piedi, trovandomi subito una nuova band, grazie a Maurizio Maniglia ex-chitarrista di uno dei gruppi che suonavo al “Gimmi’s Music Hall di Milano. Ci siamo rivisti ed è nato un nuovo gruppo i Soul Syndacate. Nel frattempo sto lavorando freneticamente sempre con i DJ Produttori, fornendo testi per la loro musica, magari canterò anche con loro.Sto lavorando in radio come speaker nella pubblicità. Faccio tantissime convention con una società chiamata Top Team e Multitrend, cercando di inserire la mia band; ma fino ad ora dicono che i costi sono troppo elevati, e perciò devo esibirmi da solo con le basi, utilizzando la mia band nei Live. Comunque una di queste società, la Multitrend mi ha dato la possibilità di cantare a Londra nella famigerata Albert Hall. È stata veramente una grande occasione per me. In questo periodo, sto girando a lungo ed in largo con i Soul Syndacate. Sono stato invitato ad alcuni festival di blues in Germania e in Svizzera. Ho appena finito un video in Spagna, per un’idea partita per uno spot pubblicitario di trenta secondi per la Fiat in Europa. La canzone s’intitola “Wake up Reggae” sta scuotendo la casa discografica BMG che ha autorizzato subito un video, girato a Palma de Majorca. Molto divertente devo dire. Come nasce un cantante soul? Come ti sei avvicinato alla musica? Mi chiedi come si fa a diventare un soul singer, io direi si nasce, o almeno devi avere la possibilità di crescere nelle chiese protestanti negli States. Io mi sono avvicinato alla musica quando avevo 7 anni, prima cantando in questi luoghi, e poi a 10 anni ho studiato clarinetto, ma soprattutto c’era il canto.Ho studiato canto e clarino fino alla maturità. Avrei potuto fare molto di più come clarinettista, oggi non mi ricordo più niente dello strumento, ma il canto ce l’avevo nel sangue, già questa passione me l’ha trasmessa mia madre che da giovane voleva lei stessa diventare un’altra Marion Williams. Ma sono nato io e il suo sogno svanì . Sei stato uno dei primi artisti che si è cimentato in diversi campi dello spettacolo: teatro, musica, televisione, radio, non credi anche se oggi ogni cantante ci prova a farlo, che questa tua versatilità, sia stata scambiata per superficialità. Noi siamo abituati all’immagine stereotipata del cantante di blues triste e solitario. È solo una mia impressione o c’è qualcosa di vero? Ho parlato con il grande Sammy Davis Jr. un giorno a Londra, al famigerato Palladium, dietro le quinte, e gli chiesi la stessa cosa. Egli rispose che, per essere veramente grande devi a tutti i costi saper fare più cose possibili, per far si, che non prendano altri due per il prezzo di uno. Non so se mi sono spiegato… ho seguito il suo consiglio. Forse qualcuno non ha capito niente di me, dandomi meno valore; ma sicuramente sarei potuto essere più famoso, ma quando qualcuno mi chiede perché non lo sono, io gli rispondo sempre di non chiedere a me, ma a Berlusconi e gli altri. Sei stato scelto da Alexis Korner, padre del blues inglese per cantare nel suo gruppo, prima di te Mick Jagger, e Rod Stewart, come sei entrato in quel giro di musicisti?, cosa ricordi di quei tempi? Come tu sai, Alexis è stato un punto di gloria per me, ma soltanto dando il merito a Dick Heckstall-Smith dei Colosseum. Mi portò lui da Alexis, dicendogli di aver trovato un grande cantante per la band. A quei tempi, tutta la musica girava in due, anzi tre locali non di più a Londra. Il Flamingo, il Ronnie Scott’s Jazz Club, e il Marquee (prima in Oxford Street, e poi in Wardour Street). Io andavo in quei posti con i miei commilitoni a rimorchiare Cickens, donne, ma avevo sempre l’occhio puntato sul palco dove si esibivano artisti come Georgie Fame, The John Mayall Blues Band ed altri. Georgie mi ha permesso di cantare una sera e la mia vita è cambiata. Ho avuto successo. Io non avevo niente a che fare con la musica blues, ho vissuto la mia gioventù ascoltando questa vecchia musica che piaceva ai miei genitori, ma quello è stato un passo decisivo, per il mio riconoscimento come cantante, ero disposto a cantare qualsiasi cosa pur di essere conosciuto. In questo devo ringraziare Alexis e Dick, e tutti coloro che mi hanno aiutato. Ho tanti bei ricordi di quel periodo. La prima cosa che mi colpì fu la casa di Alexis: aveva animali stranissimi che giravano per la casa: Iguane, serpenti, tartarughe e anche un grosso rospo, te li trovavi sulle spalle se non stavi attento. Alexis, aveva una voce afona, ma era dolcissimo con tutte le persone, la sua casa era sempre aperta a tutti i musicisti; ma io preferivo vederlo fuori ero un po’ impressionato da tutti quegli animali! Così quando m’invita a cena, gli rispodevo: grazie ho già mangiato ci vediamo giù al locale. Eravamo tutti in uno stato euforico, giravano anche molte pastiglie per stare svegli tutta la notte a suonare, poi alcuni di noi lavoravano anche di mattina. Qualcuno ne ha abusato ed è finito male, vedi i Cream. Cosa è cambiato sostanzialmente nella musica? I musicisti, il pubblico, i soldi, nulla? Tanta acqua è passata sotto i ponti d’allora, la scena musicale si è rovesciata. Non è più la gavetta che paga, ma le ingenuità dell’individuo. Non è necessario essere un cantante vero, un computer è pronto per correggere le tue stonature. Non serve studiare musica per vent’anni, basta imparare il computer e rimanere up-to-date sulle novità di esso. Il pubblico è soprattutto cambiato perché è plagiato dai media, specialmente la Tv; anche se la radio fa i suoi danni con il martellamento di pezzi anche sbagliati, ma la produzione ha i suoi costi,ed a tutti va bene così. I soldi, boh!, non so Veramente cos’è. Un cantante di grido oggi guadagna tantissimo, ma ad uno sconosciuto come me restano le briciole. Nei locali magari non hanno neanche l’Enpals, il mangiare, poche birre, perché magari il gruppo che ha lavorato il giorno prima ha abusato le regole del buon senso. C’è tanto marcio in giro ma “but nobody seems to care” (a nessuno ne può fregà de meno!) Dopo un certo periodo sei ritornato negli States, e poi di nuovo in Inghilterra cosa è successo? La situazione in Inghilterra era degenerata poi, ho capito forse di aver perso “la grande occasione”, Sono rientrato negli States, dove tutti parlavano e suonavano la musica della Stax Records Atlantic. Gli artisti erano Otis, Sam and Dave, Rufus, Wilson Pickett, Areta Franklin, e mi sono innamorato di loro, e della loro musica.Ho conosciuto Otis Redding, una sera,ho cercato di aiutare la sua band a ripristinare un vecchissimo impianto voce di un vecchissimo teatro.Ci siamo rivisti qualche mese dopo in Inghilterra ma purtroppola nostra amicizia è stata interrotta dalla sua morte. Sono ritornato in Inghilterra caricatissimo ho conosciuto John (Mc Laughlin) che con Mick Eves mi ha voluto per formare i Nightimers. La cosa che mi ha impressionato di John era il suo desiderio di esplorare diversi campi della musica. Come sei arrivato in Italia? La prima volta che venni in Italia fu con Alexis, eravamo stati invitati per un programma televisivo (ci pagarano anche bene mezzo milione all’epoca), ma vidi solo la Fontana di Trevi a Roma, perché l’albergo era lì sotto, poi tutto si svolse nell’arco di un giorno. Nel 1967 venni contatto a Londra per una serata a L’Altro Mondo di Rimini. Con i Q-Set ho fatto il supporter per Rocky Roberts and Airdales. Un altro grande gruppo dimenticato (Rocky Roberts e Wes..no) specialmente i musicisti. Comunque con la mia nuova band siamo rientrati in Inghilterra per trovare che la musica soul è stata soppiantata dai super groups….Led Zeppelin ed altri. Così ho iniziato a girovagare con piccoli contatti in Francia e poi in Italia. A Roma grazie ad una canzone intitolata “Mama Come Home” che ho inciso come retro di un disco di cui non ricordo il titolo, né la casa discografica riagguantai il successo. Il Titan Club, che era secondo solo al Piper, m’ingaggiò. I proprietari erano Oscar Porri e Massimo Bernardini, non erano dei managers, ma mi permisero di rimanere in Italia per lungo tempo,aiutando me e la mia famiglia a vivere, quando non c’era più lavoro per me. Poi alle Titan, i ragazzi erano favolosi, Loredana Bertè con Mimì, che si vedeva poco, voleva a tutti i costi cantare, Renato Zero ballava sfrenatissimo con la mia musica. Insomma the “who’s who” di oggi erano amici di ieri. Un giorno ci siamo ritrovati tutti insieme sul palcoscenico con Patronigriffi per fare Hair insieme a Teocoli e Glen White e tanti altri amici persi lugo la strada. La vera popolarità arrivò con la Rai radio grazie a Renzo Arbore e Gianni Boncompagni, che mi hanno voluto dopo che avevo cantato a Bandiera Gialla (la loro trasmissione radiofonica). Ma rimasi anche male perché avevo appena stampato un disco (L’amore non è Blu) per una casa discografica sconosciuta, e speravo di passare il disco nella trasmissione Musica In. Ma venni bocciato dalla commissione RAI perché la mia dizione non era il massimo. Da quel di non cantai più una canzone italiana fino al 1999. Cantai una versione di Volare alla partita Italia-Inghilterra allo stadio Olimpico. Fare il DJ, mi ha portato in tutte le case italiane, fu un momento grande, ma nello stesso tempo anche tragico, perché nessuno voleva più che io cantassi.Dicevano che il mio personaggio era quello di un DJ, e non era previsto che io sapessi cantare. Accontentati di quello che hai mi dicevano, lascia agli altri il canto. Negli anni settanta ti sei dato alla Disco Music, sei ritornato a suonare? Fu Jurgen Korduletsch, che mi permise di riprendere il mio posto nei ranghi di cantante. Tutto questo mi succede negli anni settanta. La Disco Music era nel vento, Giorgio Moroder fece il suo studio a Munich lanciando Donna Summer, Jurgen decide di lanciare Ronnie con Rock your Baby una cover di George McCrae, poi cantai un pezzo di Stevie Wonder, “Your Kiss is Sweet”, e poi incisi il mio primo Lp “Looking For Action con il successo “Soulsister”. Poi Jurgen lanciò Claudia Barry e insieme cantammo “It Takes Two” di Marvin Gaye. Fu un successo in Italia Top Twenty. Registrai ancora altri tre Lp in quegli anni:”Me and Myself”, “Fox On The Run” e “Games” che include la sigla di “PopCorn” “Video Games”. Come sei passato alla televisione? Con la produzione del mio Lp “Fux On The Run” vidi per la prima volta Sammy Barbot che conduceva il suo programma a Canale 5. Questo accade dopo il successo in Rai con la scomparsa Stefania Rotolo (l’altra amica del Titan Club). Sammy ebbe parole grosse con la direzione la settima stessa della mia apparizione promozionale nella sua trasmissione,e la mia casa discografica mi chiese se ero disposto a presentare le ultime 25 puntate. Ho detto di si,sperando di non essere cacciato dopo la prima puntata.Fu un successo,ma per migliorare il contenuto della trasmissione per la nuova stagione loro hanno aggiunto Augusto Martelli, per l’angolo Piano Bar. Scoppiò subito una guerra fredda tra noi, perché lo sentivo che voleva farmi fuori, ho chiesto “ un’illuminazione” ai dirigenti ma fu la fine dopo 10 mesi. La mia fama era quasi alle stelle,lavoravo tranquillo come top DJ. La stampa ha sempre ignorato la mia esistenza. Magari è positivo lasciandomi in pace…o no? È vero che i dischi quando facevi il Dj te li compravi tu? Si li ho sempre comprati io, nel 1971 ho vissuto con una donna e abbiamo iniziato una società chiamata “Soulfinder”, dove importavo i dischi dagli States e dalla Germania, facendo ascoltare musica anche al mio producer. Era una delle prime società che faceva queste cose. Essendo disc-jockey usavo gli stessi dischi che ben conoscevo, facendo pubblicità allo stesso tempo alla mia piccola azienda. Ma poi ho perso tutto quando mi sono lasciato con la mia donna, lei aveva depositato il nome dell’azienda con i suoi genitori..ero ignaro del fatto. Ho perso anche mio figlio Mason nello stesso modo. Questa per me è stata una vera e propria mazzata. Ho fatto fatica a riprendere la vita quotidiana, e la musica. Ho ripreso lentamente a lavorare prima, per una piccola radio a Rovato (BS) “Radio Montorfano”, dove rimasi per quasi due anni poi passai alla nuova Radio RTL 102.5 Hit radio per altri due anni. Io mi sentivo ancora protagonista, e loro non volevano questi atteggiamenti, lascio con molto amaro in bocca. Ancora amarezze perché i vecchi colleghi di Rete 105 e Radio Milano International non avevano spazio per uno vecchio quanto me. Così ripresi a cantare per la disperazione di fare qualcosa. Ma un giorno mi chiama Radio 105 Classic, mi chiesero di fare solo annunci di artisti che loro avrebbero scelto le canzoni che volevano. La trasmissione ebbe successo, ma la radio bisognosa di soldi si smembrò ed io venni lasciato a casa. Non fu un vero trauma dal momento che avevo ripreso bene la mia attività di cantante. Com’è nata la tua collaborazione con Zucchero e Gino Paoli? La storia con Zucchero è alquanto breve; eravamo in Sicilia per il solito programma televisivo per l’estate presentato da Piombi credo, e Zucchero dopo la sua apparizione con Donna a San Remo, era alla ricerca di nuove canzoni per il suo nuovo Lp. Mi chiese se avevo un blues o un reggae mio da fargli ascoltare, gli passai il mio walkman per sentire “My Woman”, lui disse questo pezzo è veramente bello non è stato mai cantato prima? Io dissi di si!, ma senza successo. Peccato mi rispose Zucchero, cercavo proprio un pezzo così, ma originale. Comunque, voleva che mi mettessi in contatto con colui che ha firmato il pezzo con me. Dopo tre mesi il suo collaboratore mi chiamò dicendomi che hanno messo il mio nome nei credits di “Bambino Io Bambino Tu”. Tu insieme a Zucchero e Gino Paoli…… ma Zucchero non ha mai cantato “My Woman “! Chi sono i musicisti che ascolti oggi? Senti in giro qualche nuovo “genio” alla Prince? Ascolto molto poco oggi,perché la musica non offre molta anima, Quando la radio è bassa, riesco ad ascoltare la musica e distinguere un successo per cantarlo o no. Lenny Krawitz sembra essere un genio,ma molto irregolare nelle sue scelte musicali passa dal rock rabbioso, alla ballate dolci e vere della vita come il suo “Tell Me Mama”. Preferisco i vecchi Bill Withers, B.B King etc. Sapevi chi erano e dove ti stavano portando,come e perché… Hai collaborato con diversi chitarristi più o meno conosciuti, chi sono? È vero che sono delle prime donne? I miei chitarristi se così posso chiamarli, sono: Eric Clapton, George Benson, Wes Montgomery, Prince, Gigi Cifarelli, Paolo Manzolini, Maurizio Maniglia e Emilio Foglio. Questi sono quelli con cui ho vissuto musicalmente e mi hanno dato qualche ispirazione. I chitarristi sono elementi positivi se c’è sempre collaborazione fra tutti con un unico scopo: far divertire e successo! La languida sofferenza del soul, e la rabbia soffocata ed ipnotica del blues, si sono un po’ perse,lasciando il post al Rap-nichilista, o alla soul raffinata, ma un po’ annacquata; naturale trasformazione dei tempi? Credo che il rap sia un discorso prettamente americano, perché il ghetto è stanco di essere tale, vorrebbe che tutto il mondo diventasse come loro.Una specie di “Fuga a New York 2010”. Non è la mia musica,anche se ci sono tante idee e molte basi interessanti che possono essere usate come il DJ ha usato la vecchia musica di ieri.