The neverending story - RONNIE JONES
Ronnie nasce a Boston, Massachussets (sotto il segno della vergine), dove fin da piccolo, come ogni vero
“Soul Man” canta nel coro della Chiesa Battista Protestante (da soprano fino all’adolescenza) brani gospels,
vincendo diversi concorsi e premi canori. All’età di 17 anni lascia l’America arruolandosi come aviere
semplice, girovagando per il mondo fino ad atterrare alla Hywycombe Air Force, a 40 km da Londra. Sono i
“mitici” anni ’60 e nei pochi e ancora sconosciuti locali, ora luoghi di culto e pellegrinaggio per gli
appassionati di blues, sotto la guida di Alexis Korner, in un’atmosfera che Ronnie ricorda di “Nebbia
Alcolica”, si esibisce una nuova generazione di musicisti. Gli stessi che saranno di li a poco tempo i fondatori
dei primi grandi gruppi di rock/blues: Stones, Cream, Animals, Led Zeppelin,Traffic. È nel transito Tra
“Wardour Street” e Piccadilly Circus, al “Flamingo, punto di ritrovo per giovani studenti scappati di casa,
militari, gangsters e entraineus in libera uscita, che una sera Korner ingaggia per 5 sterline + free-drinks
Ronnie Jones che diventerà, dopo Mick Jagger e Rod Stewart, il cantante della “Blues Incorporated”. Incide
in questo periodo alcuni brani tra i quali “Night time is the right time” di Ray Charles e Money Honey “ dei
Drifters. Il “nostro” canta, grazie ad Alexis Korner, con Ginger Baker e Jack Bruce (Cream) Charlie Watts, dei
Rolling Stones (incidendo anche un rarissimo 45 giri) e Dick Heckstall Smith (Colosseum) diffondendo per il
Regno Unito il “virus del blues”. Dopo alcuni mesi, a causa di una spy story a sfondo rosa all’interno della
base americana e per l’atmosfera “Junky-Etilica” creatasi nella band di Korner, Ronnie decide di ritornarsene
per alcuni mesi in America. Qui conosce le nuove stelle del firmamento soul della Motown/Atlantic: Marvin
Gaye, Stevie Wonder, Sam Cooke e Otis Redding, rigenerandosi di nuova linfa artistica e preparandosi al
ritorno in Europa, Così di nuovo a Londra duetta una sera con Wilson Pickett e fonda insieme a John
McLaughlin il suo primo vero gruppo i “Nightimers”. In seguito girerà in Inghilterra prima e in Europa poi con
un altro gruppo, i “Blue Jays” arrivando anche in Italia con i “Q Set”. Di passaggio a Roma con una nuova
formazione entra a far parte del cast della versione italiana del musical “Hair” (una protesta musicale contro
la guerra in Vietnam), di cui era direttore musicale Bill Conte (Rocky). Sul palco con lui ci sono Renato Zero,
Loredana Bertè, Carlo de Mejo e Teo Teocoli. S’innamora dell’Italia e il destino vuole che la Rai (allora unica
emittente radiofonica) lo scrittura come conduttore per il programma “Musica In”. Ronnie Jones ha la
possibilità così di diffondere la musica Rhythm&Blues, influenzando con i suoi dischi d’importazione (pagati
di tasca propria) il suono dei nuovi gruppi e artisti italiani. Nel 1974, in piena “Febbre del sabato sera”, incide
nei famosi Studios di George Moroder a Monaco di Baviera una versione della celebre “Rock your Baby” di
George Mc Crae. Con Claudia Barry (cantante solista dei primi Boney M.) registra “It takes two” di Marvin
Gaye (Disco d’oro in Canada) e per conto proprio tre album: “Looking for Action”, “Me and Myself”, “Fox on
the Run” in perfetto stile electro-dance, ed altri buoni hits quali “Under My Thumb” degli Stones “Groovin” e
“Let’s do it Again” che raggiungono i vertici delle classifiche disco soul europee. I benpensanti della critica
blues non gli perdoneranno mai questo suo trascorso, ma Ronnie grazie al suo spiccato senso
dell’umorismo e alla sua inesauribile carica gioiosa non rinnegherà il suo passato, riproponendo tutt’oggi
durante i suoi spettacoli-live alcuni brani del periodo in una versione moderna ed ironica, noncurante della
critica ma apprezzato dal suo pubblico fedele che lo segue nelle sue esibizioni divertendosi con lui. Negli
anni ’80 approda a Canale 5 e conduce per diversi anni la trasmissione musicale “Pop Corn” (succedendo a
Sammy Barbot),incidendo anche il suo quarto album “Video Games”, sigla della popolare trasmissione. Nel
frattempo prosegue la sua attività di DJ lavorando nelle prime “Radio Libere” Rete 105, Radio Milano
International; collabora anche nelle vesti di coautore in diversi successi “House” e firma con Zucchero e Gino
Paoli il brano “Bambino io Bambino tu”. Sempre di questi anni è la versione di “Gimme Some Lovin “ di
Steve Winwood e scrive il brano “Welcome to the Party” che ottiene molto successo in Europa,
raggiungendo il 3° posto nella classifica delle discoteche francesi. Nel 1997 è ospite per diverse puntate
della trasmissione sportiva “L’Italia del giro”, condotta da Cesare Cadeo su Italia 1, dando piccoli assaggi dal
vivo del suo vastissimo repertorio (Trecento-trecentocinquanta covers). Con il suo primo gruppo degli anni
90, i “Blues After Dark, tenta, dopo due anni di tournee nei vari clubs, il concerto più alto del mondo (a Le
Deux Alpes in Francia), ma il guinnes non viene registrato. Nel 1998 ha arrangiato i cori e cantato nel disco
“Frisbie & the African Football All Stars” per l’ Unicef, con i calciatori di colore che hanno militato nel
campionato italiano: George Weah, Ibraihm Ba e Taribo West. Nel 1998-99 gira L’Italia e l’Europa insieme ai
“Seven40 Soul Ensemble” una band energica di matrice JazzFusion, con la quale realizzerà un nuovo
album “The Man”. In questo cd (purtroppo mal distribuito), Ronnie ritroverà la sua veste di Soul singer, e di
cantante Blues dalla voce calda e profonda. Le versioni di Cocaine di J,J,Cale e di Let’s stay Together di Al
Green sono qui riproposte in una versione veramente intrigante, così come la celeberrima “I Wish” di Stevie
Wonder. Ma il “nostro”, firma anche diversi brani originali ,delle notturne e raffinate soul-ballade in
compagnia di A.Pessach, “The Man”, “Time”, “Me and Myself”, e “I Wanna Make a Vow” cantata da Julia St.
Louis. In questi ultimi tempi la vita di Ronnie è cambiata ancora una volta, oggi con lui insieme
all’inseparabile percussionista ed amico Max Pellegrini ci sono i ”Soul Syndicate, con i quali sta continuando
il suo percorso musicale, nei piccoli clubs, e in giro per L’Europa nei festivals blues. A volte, appare nelle
vesti di turnista, prestando la sua voce in studio, o nascosto come una pantera nelle vesti di semplice corista
di qualche famoso cantante italiano.Un po’ dimenticato dallo star system e lontano dalle grandi luci della
ribalta, Ronnie con tenacia, passione, e genuinità, forte del suo talento e della sua esperienza, ha sempre il
motore acceso e una “non facile” energia positiva da trasmettere al suo pubblico. Ho conosciuto Ronnie un
po’ di anni fa, non siamo diventati amici “intimi”, ma tra noi è nata una reciproca simpatia, e una profonda
stima. Anch’io in passato sono stato uno di quelli che forse da “serioso” amante del Rock/blues e influenzato
negativamente dall’altrui pregiudizio ho sottovalutato questo artista, vedendo in lui solo un rappresentante
dell’ala un po’ superficiale della Disco Music, ma poi conoscendolo pìù da vicino ed assistendo a numerosi
suoi spettacoli, mi sono ricreduto,e ho capito che Ronnie Jones oltre ad essere un valido cantante di soul
blues, è un grande professionista, versatile, e spontaneo, che dopo quasi mezzo secolo nel mondo dello
spettacolo, mantiene inalterata la freschezza di un ragazzino alle prime armi, che si diverte senza pretese di
dire o di fare chissà che cosa.
La sua anima è comunque quella di un “vecchio saggio” che ama guidare e consigliare tutti i musicisti che di
volta in volta ruotano intorno a lui, prodigandosi in piccoli consigli e curiosi aneddoti per svezzarli al mondo
“crudele e spietato” dello show-business. Elegante e discreto, non ama le polemiche e sa che i rimpianti
servono a poco, avrebbe moti sassolini da togliersi dalle scarpe, e molte cose da dire più di tanti altri che
parlano tanto ma non dicono nulla, (durante la nostra intervista Ronnie mi ha più o meno fatto qualche nome
di personaggi che non si sono comportati “del tutto bene”, nei suoi confronti,e non per ragioni d’omertà, ma
Io e Ronnie, preferiamo non svelarne i nomi, a voi lettori non cambierebbe la vita , e le bassezze dello showbusiness, ce le immaginiamo tutti, poi c’è sempre tempo!). Ronnie guarda avanti e non ne vuole sapere
proprio di smettere; sempre in movimento e con la testa piena di progetti….. Welcome to the Party………
questa è una storia infinita. Un’intervista per voi,nata una sera dopo un suo spettacolo, e attraverso uno
scambio epistolare via e-mail.
Che fine hai fatto Ronnie?, cosa stai preparando di nuovo?
……. Ho combattuto il grande male con successo. Di salute mi sento un leone anche alla mia età.Ma
nell’insieme ho perso un gruppo di amici, almeno io ritenevo amici. Alcuni elementi dei Seven40 non hanno
potuto aspettare un momento migliore per fuggire dal nido di musica che stavamo costruendo insieme. Per
fortuna sono cascato bene e anche in piedi, trovandomi subito una nuova band, grazie a Maurizio Maniglia
ex-chitarrista di uno dei gruppi che suonavo al “Gimmi’s Music Hall di Milano. Ci siamo rivisti ed è nato un
nuovo gruppo i Soul Syndacate. Nel frattempo sto lavorando freneticamente sempre con i DJ Produttori,
fornendo testi per la loro musica, magari canterò anche con loro.Sto lavorando in radio come speaker nella
pubblicità. Faccio tantissime convention con una società chiamata Top Team e Multitrend, cercando di
inserire la mia band; ma fino ad ora dicono che i costi sono troppo elevati, e perciò devo esibirmi da solo con
le basi, utilizzando la mia band nei Live. Comunque una di queste società, la Multitrend mi ha dato la
possibilità di cantare a Londra nella famigerata Albert Hall. È stata veramente una grande occasione per
me. In questo periodo, sto girando a lungo ed in largo con i Soul Syndacate. Sono stato invitato ad alcuni
festival di blues in Germania e in Svizzera. Ho appena finito un video in Spagna, per un’idea partita per uno
spot pubblicitario di trenta secondi per la Fiat in Europa. La canzone s’intitola “Wake up Reggae” sta
scuotendo la casa discografica BMG che ha autorizzato subito un video, girato a Palma de Majorca. Molto
divertente devo dire.
Come nasce un cantante soul? Come ti sei avvicinato alla musica?
Mi chiedi come si fa a diventare un soul singer, io direi si nasce, o almeno devi avere la possibilità di
crescere nelle chiese protestanti negli States. Io mi sono avvicinato alla musica quando avevo 7 anni, prima
cantando in questi luoghi, e poi a 10 anni ho studiato clarinetto, ma soprattutto c’era il canto.Ho studiato
canto e clarino fino alla maturità. Avrei potuto fare molto di più come clarinettista, oggi non mi ricordo più
niente dello strumento, ma il canto ce l’avevo nel sangue, già questa passione me l’ha trasmessa mia madre
che da giovane voleva lei stessa diventare un’altra Marion Williams. Ma sono nato io e il suo sogno svanì .
Sei stato uno dei primi artisti che si è cimentato in diversi campi dello spettacolo: teatro, musica, televisione,
radio, non credi anche se oggi ogni cantante ci prova a farlo, che questa tua versatilità, sia stata scambiata
per superficialità. Noi siamo abituati all’immagine stereotipata del cantante di blues triste e solitario. È solo
una mia impressione o c’è qualcosa di vero?
Ho parlato con il grande Sammy Davis Jr. un giorno a Londra, al famigerato Palladium, dietro le quinte, e gli
chiesi la stessa cosa. Egli rispose che, per essere veramente grande devi a tutti i costi saper fare più cose
possibili, per far si, che non prendano altri due per il prezzo di uno. Non so se mi sono spiegato… ho
seguito il suo consiglio. Forse qualcuno non ha capito niente di me, dandomi meno valore; ma sicuramente
sarei potuto essere più famoso, ma quando qualcuno mi chiede perché non lo sono, io gli rispondo sempre
di non chiedere a me, ma a Berlusconi e gli altri.
Sei stato scelto da Alexis Korner, padre del blues inglese per cantare nel suo gruppo, prima di te Mick
Jagger, e Rod Stewart, come sei entrato in quel giro di musicisti?, cosa ricordi di quei tempi?
Come tu sai, Alexis è stato un punto di gloria per me, ma soltanto dando il merito a Dick Heckstall-Smith dei
Colosseum. Mi portò lui da Alexis, dicendogli di aver trovato un grande cantante per la band. A quei tempi,
tutta la musica girava in due, anzi tre locali non di più a Londra. Il Flamingo, il Ronnie Scott’s Jazz Club, e il
Marquee (prima in Oxford Street, e poi in Wardour Street). Io andavo in quei posti con i miei commilitoni a
rimorchiare Cickens, donne, ma avevo sempre l’occhio puntato sul palco dove si esibivano artisti come
Georgie Fame, The John Mayall Blues Band ed altri. Georgie mi ha permesso di cantare una sera e la mia
vita è cambiata. Ho avuto successo. Io non avevo niente a che fare con la musica blues, ho vissuto la mia
gioventù ascoltando questa vecchia musica che piaceva ai miei genitori, ma quello è stato un passo
decisivo, per il mio riconoscimento come cantante, ero disposto a cantare qualsiasi cosa pur di essere
conosciuto. In questo devo ringraziare Alexis e Dick, e tutti coloro che mi hanno aiutato. Ho tanti bei ricordi di
quel periodo. La prima cosa che mi colpì fu la casa di Alexis: aveva animali stranissimi che giravano per la
casa: Iguane, serpenti, tartarughe e anche un grosso rospo, te li trovavi sulle spalle se non stavi attento.
Alexis, aveva una voce afona, ma era dolcissimo con tutte le persone, la sua casa era sempre aperta a tutti i
musicisti; ma io preferivo vederlo fuori ero un po’ impressionato da tutti quegli animali! Così quando m’invita
a cena, gli rispodevo: grazie ho già mangiato ci vediamo giù al locale. Eravamo tutti in uno stato euforico,
giravano anche molte pastiglie per stare svegli tutta la notte a suonare, poi alcuni di noi lavoravano anche di
mattina. Qualcuno ne ha abusato ed è finito male, vedi i Cream.
Cosa è cambiato sostanzialmente nella musica? I musicisti, il pubblico, i soldi, nulla?
Tanta acqua è passata sotto i ponti d’allora, la scena musicale si è rovesciata.
Non è più la gavetta che paga, ma le ingenuità dell’individuo. Non è necessario essere un cantante vero, un
computer è pronto per correggere le tue stonature. Non serve studiare musica per vent’anni, basta imparare
il computer e rimanere up-to-date sulle novità di esso. Il pubblico è soprattutto cambiato perché è plagiato
dai media, specialmente la Tv; anche se la radio fa i suoi danni con il martellamento di pezzi anche sbagliati,
ma la produzione ha i suoi costi,ed a tutti va bene così. I soldi, boh!, non so Veramente cos’è. Un cantante di
grido oggi guadagna tantissimo, ma ad uno sconosciuto come me restano le briciole. Nei locali magari non
hanno neanche l’Enpals, il mangiare, poche birre, perché magari il gruppo che ha lavorato il giorno prima ha
abusato le regole del buon senso. C’è tanto marcio in giro ma “but nobody seems to care” (a nessuno ne
può fregà de meno!)
Dopo un certo periodo sei ritornato negli States, e poi di nuovo in Inghilterra cosa è successo?
La situazione in Inghilterra era degenerata poi, ho capito forse di aver perso “la grande occasione”, Sono
rientrato negli States, dove tutti parlavano e suonavano la musica della Stax Records Atlantic. Gli artisti
erano Otis, Sam and Dave, Rufus, Wilson Pickett, Areta Franklin, e mi sono innamorato di loro, e della loro
musica.Ho conosciuto Otis Redding, una sera,ho cercato di aiutare la sua band a ripristinare un vecchissimo
impianto voce di un vecchissimo teatro.Ci siamo rivisti qualche mese dopo in Inghilterra ma purtroppola
nostra amicizia è stata interrotta dalla sua morte. Sono ritornato in Inghilterra caricatissimo ho conosciuto
John (Mc Laughlin) che con Mick Eves mi ha voluto per formare i Nightimers. La cosa che mi ha
impressionato di John era il suo desiderio di esplorare diversi campi della musica.
Come sei arrivato in Italia?
La prima volta che venni in Italia fu con Alexis, eravamo stati invitati per un programma televisivo (ci
pagarano anche bene mezzo milione all’epoca), ma vidi solo la Fontana di Trevi a Roma, perché l’albergo
era lì sotto, poi tutto si svolse nell’arco di un giorno. Nel 1967 venni contatto a Londra per una serata a
L’Altro Mondo di Rimini. Con i Q-Set ho fatto il supporter per Rocky Roberts and Airdales. Un altro grande
gruppo dimenticato (Rocky Roberts e Wes..no) specialmente i musicisti. Comunque con la mia nuova band
siamo rientrati in Inghilterra per trovare che la musica soul è stata soppiantata dai super groups….Led
Zeppelin ed altri. Così ho iniziato a girovagare con piccoli contatti in Francia e poi in Italia. A Roma grazie ad
una canzone intitolata “Mama Come Home” che ho inciso come retro di un disco di cui non ricordo il titolo,
né la casa discografica riagguantai il successo. Il Titan Club, che era secondo solo al Piper, m’ingaggiò. I
proprietari erano Oscar Porri e Massimo Bernardini, non erano dei managers, ma mi permisero di rimanere
in Italia per lungo tempo,aiutando me e la mia famiglia a vivere, quando non c’era più lavoro per me. Poi alle
Titan, i ragazzi erano favolosi, Loredana Bertè con Mimì, che si vedeva poco, voleva a tutti i costi cantare,
Renato Zero ballava sfrenatissimo con la mia musica. Insomma the “who’s who” di oggi erano amici di ieri.
Un giorno ci siamo ritrovati tutti insieme sul palcoscenico con Patronigriffi per fare Hair insieme a Teocoli e
Glen White e tanti altri amici persi lugo la strada. La vera popolarità arrivò con la Rai radio grazie a Renzo
Arbore e Gianni Boncompagni, che mi hanno voluto dopo che avevo cantato a Bandiera Gialla (la loro
trasmissione radiofonica). Ma rimasi anche male perché avevo appena stampato un disco (L’amore non è
Blu) per una casa discografica sconosciuta, e speravo di passare il disco nella trasmissione Musica In. Ma
venni bocciato dalla commissione RAI perché la mia dizione non era il massimo. Da quel di non cantai più
una canzone italiana fino al 1999. Cantai una versione di Volare alla partita Italia-Inghilterra allo stadio
Olimpico. Fare il DJ, mi ha portato in tutte le case italiane, fu un momento grande, ma nello stesso tempo
anche tragico, perché nessuno voleva più che io cantassi.Dicevano che il mio personaggio era quello di un
DJ, e non era previsto che io sapessi cantare. Accontentati di quello che hai mi dicevano, lascia agli altri il
canto.
Negli anni settanta ti sei dato alla Disco Music, sei ritornato a suonare?
Fu Jurgen Korduletsch, che mi permise di riprendere il mio posto nei ranghi di cantante. Tutto questo mi
succede negli anni settanta. La Disco Music era nel vento, Giorgio Moroder fece il suo studio a Munich
lanciando Donna Summer, Jurgen decide di lanciare Ronnie con Rock your Baby una cover di George
McCrae, poi cantai un pezzo di Stevie Wonder, “Your Kiss is Sweet”, e poi incisi il mio primo Lp “Looking For
Action con il successo “Soulsister”. Poi Jurgen lanciò Claudia Barry e insieme cantammo “It Takes Two” di
Marvin Gaye. Fu un successo in Italia Top Twenty. Registrai ancora altri tre Lp in quegli anni:”Me and
Myself”, “Fox On The Run” e “Games” che include la sigla di “PopCorn” “Video Games”.
Come sei passato alla televisione?
Con la produzione del mio Lp “Fux On The Run” vidi per la prima volta Sammy Barbot che conduceva il suo
programma a Canale 5. Questo accade dopo il successo in Rai con la scomparsa Stefania Rotolo (l’altra
amica del Titan Club). Sammy ebbe parole grosse con la direzione la settima stessa della mia apparizione
promozionale nella sua trasmissione,e la mia casa discografica mi chiese se ero disposto a presentare le
ultime 25 puntate. Ho detto di si,sperando di non essere cacciato dopo la prima puntata.Fu un successo,ma
per migliorare il contenuto della trasmissione per la nuova stagione loro hanno aggiunto Augusto Martelli,
per l’angolo Piano Bar. Scoppiò subito una guerra fredda tra noi, perché lo sentivo che voleva farmi fuori, ho
chiesto “ un’illuminazione” ai dirigenti ma fu la fine dopo 10 mesi. La mia fama era quasi alle stelle,lavoravo
tranquillo come top DJ. La stampa ha sempre ignorato la mia esistenza. Magari è positivo lasciandomi in
pace…o no?
È vero che i dischi quando facevi il Dj te li compravi tu?
Si li ho sempre comprati io, nel 1971 ho vissuto con una donna e abbiamo iniziato una società chiamata
“Soulfinder”, dove importavo i dischi dagli States e dalla Germania, facendo ascoltare musica anche al mio
producer. Era una delle prime società che faceva queste cose. Essendo disc-jockey usavo gli stessi dischi
che ben conoscevo, facendo pubblicità allo stesso tempo alla mia piccola azienda. Ma poi ho perso tutto
quando mi sono lasciato con la mia donna, lei aveva depositato il nome dell’azienda con i suoi genitori..ero
ignaro del fatto. Ho perso anche mio figlio Mason nello stesso modo. Questa per me è stata una vera e
propria mazzata. Ho fatto fatica a riprendere la vita quotidiana, e la musica. Ho ripreso lentamente a lavorare
prima, per una piccola radio a Rovato (BS) “Radio Montorfano”, dove rimasi per quasi due anni poi passai
alla nuova Radio RTL 102.5 Hit radio per altri due anni. Io mi sentivo ancora protagonista, e loro non
volevano questi atteggiamenti, lascio con molto amaro in bocca. Ancora amarezze perché i vecchi colleghi di
Rete 105 e Radio Milano International non avevano spazio per uno vecchio quanto me. Così ripresi a
cantare per la disperazione di fare qualcosa. Ma un giorno mi chiama Radio 105 Classic, mi chiesero di fare
solo annunci di artisti che loro avrebbero scelto le canzoni che volevano. La trasmissione ebbe successo,
ma la radio bisognosa di soldi si smembrò ed io venni lasciato a casa. Non fu un vero trauma dal momento
che avevo ripreso bene la mia attività di cantante.
Com’è nata la tua collaborazione con Zucchero e Gino Paoli?
La storia con Zucchero è alquanto breve; eravamo in Sicilia per il solito programma televisivo per l’estate
presentato da Piombi credo, e Zucchero dopo la sua apparizione con Donna a San Remo, era alla ricerca di
nuove canzoni per il suo nuovo Lp. Mi chiese se avevo un blues o un reggae mio da fargli ascoltare, gli
passai il mio walkman per sentire “My Woman”, lui disse questo pezzo è veramente bello non è stato mai
cantato prima? Io dissi di si!, ma senza successo. Peccato mi rispose Zucchero, cercavo proprio un pezzo
così, ma originale. Comunque, voleva che mi mettessi in contatto con colui che ha firmato il pezzo con me.
Dopo tre mesi il suo collaboratore mi chiamò dicendomi che hanno messo il mio nome nei credits di
“Bambino Io Bambino Tu”. Tu insieme a Zucchero e Gino Paoli…… ma Zucchero non ha mai cantato “My
Woman “!
Chi sono i musicisti che ascolti oggi? Senti in giro qualche nuovo “genio” alla Prince?
Ascolto molto poco oggi,perché la musica non offre molta anima, Quando la radio è bassa, riesco ad
ascoltare la musica e distinguere un successo per cantarlo o no. Lenny Krawitz sembra essere un genio,ma
molto irregolare nelle sue scelte musicali passa dal rock rabbioso, alla ballate dolci e vere della vita come il
suo “Tell Me Mama”. Preferisco i vecchi Bill Withers, B.B King etc. Sapevi chi erano e dove ti stavano
portando,come e perché…
Hai collaborato con diversi chitarristi più o meno conosciuti, chi sono? È vero che sono delle prime donne?
I miei chitarristi se così posso chiamarli, sono: Eric Clapton, George Benson, Wes Montgomery, Prince, Gigi
Cifarelli, Paolo Manzolini, Maurizio Maniglia e Emilio Foglio. Questi sono quelli con cui ho vissuto
musicalmente e mi hanno dato qualche ispirazione. I chitarristi sono elementi positivi se c’è sempre
collaborazione fra tutti con un unico scopo: far divertire e successo!
La languida sofferenza del soul, e la rabbia soffocata ed ipnotica del blues, si sono un po’ perse,lasciando il
post al Rap-nichilista, o alla soul raffinata, ma un po’ annacquata; naturale trasformazione dei tempi?
Credo che il rap sia un discorso prettamente americano, perché il ghetto è stanco di essere tale, vorrebbe
che tutto il mondo diventasse come loro.Una specie di “Fuga a New York 2010”. Non è la mia musica,anche
se ci sono tante idee e molte basi interessanti che possono essere usate come il DJ ha usato la vecchia
musica di ieri.