La Chiesa corpo del Cristo suo capo
a. Terminologia, ricorrenze e i tre significati di ‘corpo’
b. 1Cor 6, 12-20: i singoli credenti e il corpo personale del Cristo
c. 1Cor 10,14-22; 11,23-26: la Chiesa, e il corpo sia personale che eucaristico del Cristo
d. 1Cor 12,12-27: membra diversificate del corpo del Cristo unite dallo Spirito
e. Rm 12,4-6: il corpo ecclesiale esclude ogni rivalità
f. Colossesi, Efesini: la Chiesa-corpo e il Cristo suo capo
o
a. Terminologia, ricorrenze e i tre significati di ‘corpo’
Il tema del “corpo di Cristo” compare già in 1Cor e Rm, ma soltanto in forma episodica, mentre in
Col ed Ef tiene un posto centrale. – L’espressione “corpo di Cristo” si trova 6 volte, con o senza
articolo; a queste ricorrenze vanno aggiunte 5 ricorrenze di σωμα con il possessivo “mio” e “suo”.
Infine, la formula “un solo corpo” compare complessivamente 10 volte, come risulta da quanto
segue:
το σωμα του Χριστου: 1Cor 10,16; 11,27; Rm 7,4; Col 2,17; Ef 4,12
σωμα Χριστου: 1Cor 12,27
τουτο μου εστιν το σωμα: 1Cor 11,24
σωμα αυτου: Fil 3,21; Col 1,24; Ef 1,23; 5,30
εν σωμα: 1Cor 6,15; 10,17,12,12.13.20; Rm 12,4.5; Col 3,15; Ef 2,16; 4,4
Le espressioni non hanno un senso univoco e di fatto parlano sia del corpo personale di Gesù, sia
del suo corpo eucaristico, sia del suo corpo ecclesiale.
b. 1Cor 6, 12-20: i singoli credenti e il corpo personale del Cristo
Informato su casi di prostituzione che si verificavano nella comunità cristiana di Corinto, Paolo
parla dell’uso del «corpo / σωμα» dei credenti nella loro legittima e non-legittima pratica sessuale.
Poiché in 6,13b-14 è intercambiabile con «noi / ημεις», il «corpo / σωμα» è in qualche modo la
persona del credente: «Il corpo non è per l’impudicizia ma per il Signore, e il Signore è per il corpo:
Dio poi, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi / ημεις». Dal contesto poi si ricava che
σωμα è la persona in quanto redenta e trasformata dal Cristo sia nella suo essere, sia nelle sue
relazioni. Da tutto questo Paolo ricava le conseguenze sul piano etico che anche i suoi interlocutori
dovrebbero trarre. Come ultima cosa Paolo richiama ciò che sta all’origine di tutto, sia della novità
dell’essere cristiano, sia delle sue nuove relazioni, sia delle conseguenze etiche: con un linguaggio
molto particolare, quello della compravendita degli schiavi, Paolo dice che i credenti nella Pasqua
del Signore furono da lui “comperati a (giusto) prezzo” (v. 20).
a. Il nuovo modo di essere. “Corpo / σωμα” è il nuovo modo di essere del credente. Paolo
richiama ai corinzi quello che devono ben sapere di essere ora, dopo di essere giunti alla
fede: «Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo / μελη του Χριστου?» (v. 15);
«Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da
Dio?», (v. 19);
b. Le nuove relazioni. «Corpo / σωμα» è il nuovo modo con cui il credente è in relazione sia
con il Cristo, sia con gli altri credenti, sia con coloro che sono esterni alla comunità e non
sono credenti. Il corpo è dunque la persona con tutto il fascio delle sue relazioni: è l’aspetto
relazionale della persona. I credenti sono “di” Cristo: «… i vostri corpi sono membra di
Cristo» (του, genitivo, v. 15, bis), e sono “per” lui: «… il corpo è per il Signore» (τω κυριω,
dativo, v. 13). In particolare la comunione con il Cristo finalizza il corpo del credente alla
resurrezione: «… il corpo è per il Signore, e il Signore è per il corpo. Dio poi, che ha
risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza» (6,14).
c. Le conseguenze. Se appartengono al Cristo come sue membra, i credenti non appartengono
più a se stessi: «Non sapete che il vostro corpo è tempio ecc. e che … non appartenete a voi
stessi?», (6,19). Se non appartengono più a sé stessi non possono più farsi dominare né da
alcuna cosa né da alcuna persona: «Tutto mi è lecito, ma io non mi lascierò dominare
(εξουσιαζομαι) da nulla» (6,12). Quella relazione con il Cristo è dunque così forte e così
totalizzante che discrimina tutte le altre relazioni. La relazione tra uomo e donna nel
matrimonio è una relazione “nel Signore”, così che il matrimonio è assunto e santificato
dalla vita cristiana: «… il marito non credente viene reso santo dalla moglie credente e la
moglie non credente dal marito credente: altrimenti i vostri figli sarebbero impuri, mentre
invece sono santi» (7,14). La relazione con una prostituta invece è inconciliabile con quella
che ha unito il credente al Cristo: «Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra
di una prostituta? Non sia mai!», (6,15); «Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né
adulteri, né effeminati … entreranno nel regno di Dio» (6,9). La comunione con il Cristo
Risorto ha dunque trasformato ed elevato il credente, comportando conseguenze precise
anche sul campo delle relazioni.
d. Il punto di partenza e il fondamento di tutto è in un evento passato: la Pasqua del Signore.
Paolo parlando di essa ricorre al vocabolario della compravendita: più in particolare con
l’aoristo passivo di αγοραζω, (= andare nell’agorà per fare un acquisto): «… non
appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comperati (ηγορασθητε) a (giusto) prezzo».
In tutto questo:
i.
ii.
Il corpo del Cristo di cui il credente è membro è il corpo personale del Cristo,
La chiesa non è ancora detta “corpo di Cristo”, ma è la comunità di coloro che non
appartengono più a se stessi e che invece appartengono al Cristo come sue membra.
c. 1Cor 10,14-22; 11,23-26: la Chiesa, e il corpo sia personale che eucaristico del
Cristo
Nelle parole dell’istituzione Gesù afferma l’identità del pane eucaristico con il suo corpo (σωμα)
personale, che egli dà per gli uomini (11,24). In 10,17 Paolo afferma che, essendo unico il pane
(eucaristico), noi (Paolo e i corinzi, e quindi qualunque chiesa domestica che celebri la cena)
diventiamo un solo corpo ecclesiale (εν σωμα). – Qui il discorso della comunione (κοινωνια, cf.
10,16bis; μετεχειν 10,17.21; κοινωνος, 10,18.20) è ancora più esplicito. Ogni altare, dice Paolo,
mette in comunione: questo era vero per gli Israeliti (v. 18), questo è vero anche per gli altari
idolatrici che mettono in comunione non con gli idoli che sono nulla, bensì coi demoni (v. 19-20).
Anche il pane e il calice della cena mettono in comunione con il corpo e con il sangue personali del
Cristo (v. 16-21), e con gli altri credenti che partecipano dello stesso pane con i quali si diventa un
solo corpo (v. 17). – In 1Cor 10-11 si diventa un solo corpo ecclesiale partecipando al corpo
eucaristico del Cristo che mette in comunione con il corpo personale offerto per gli uomini nella
Pasqua. «In questo contesto nasce l’originale definizione paolina della chiesa come “corpo” di
Cristo», (E. Franco, p. 182).
d. 1Cor 12,12-27: membra diversificate del corpo del Cristo unite dallo Spirito
In 1Cor 12 il termine σωμα ricorre 18 volte e 13 volte invece il termine membro / μελος. Con
questo vocabolario una terza volta nella stessa lettera Paolo torna dunque a parlare del corpo
ecclesiale quando deve affrontare il problema di chi a Corinto soffriva del complesso di superiorità
(«Non può l’occhio dire alla mano: “Non ho bisogno di te”, né la testa ai piedi: “Non ho bisogno di
voi”», 12,21), e di chi soffriva invece del complesso di inferiorità («Se il piede dicesse; “Poiché io
non sono mano, non appartengo al corpo ecc. E se l’orecchio dicesse: “Poiché io non sono occhio,
non appartengo al corpo ecc.”», 12,15-16). Con il paragone del corpo (καθαπερ γαρ το σωμα κτλ)
Paolo dice ai primi che è necessaria la distinzione delle membra e che essa viene da Dio, mentre
agli altri dice che ciascun membro deve servire al bene di tutto l’unico corpo. – Artefice dell’unità
nella diversità è lo Spirito alla cui effusione si partecipa mediante la partecipazione al battesimo,
così che si è coinvolti nella edificazione dell’unico corpo: «In realtà noi tutti siano stati battezzati in
un solo Spirito per formare un solo corpo») 12,13. – D’improvviso poi Paolo abbandona il paragone
e, mettendo il verbo all’indicativo (εστε), passa a parlare della realtà, definendo i cristiani di Corinto
con l’espressione “corpo di Cristo”: υμεις δε εστε σωμα Χριστου, (12,27). Paolo dice ai Corinzi:
«Voi siete corpo [senza articolo] di Cristo», e non: «Voi siete il corpo di Cristo», perché la
comunità corinzia non esaurisce la realtà ben più ampia del corpo di Cristo.
In 1Cor 12 il riferimento al corpo personale del Risorto è implicito nel tema dello Spirito, che è
dono pasquale. Lo Spirito poi, diffuso in ogni membro, crea il corpo ecclesiale del Cristo.
e. Rm 12,4-6: il corpo ecclesiale esclude ogni rivalità
In Rm 12 Paolo si rivolge a chi si sopravvaluta, rischiando di disprezzare, di creare rivalità nella
chiesa romana. Anche qui Paolo mostra come l’unica via percorribile è quella di tenere insieme la
diversità delle funzioni e l’unità del corpo. Anche qui Paolo parte dal paragone del corpo («Come
nel nostro corpo, che è unico, abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la
medesima funzione…»), per poi parlare della realtà («… così anche noi, pur essendo molti, siamo
un solo corpo in Cristo, e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri. Abbiamo
pertanto doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi», Rm 4-6). – Qui tuttavia il corpo di
cui Paolo parla non è il corpo di Cristo: Paolo non dice che i credenti sono “corpo di Cristo”, ma
che in lui formano un corpo. Quello che Paolo afferma dunque come realtà è la comunione
ecclesiale, non il suo sussistere come corpo di Cristo.
f. Colossesi, Efesini: la Chiesa-corpo e il Cristo suo capo
Col ed Ef introducono nel tema teologico del corpo ecclesiale del Cristo termini e prospettive molto
nuovi.
i.
ii.
Anzitutto, accanto all’immagine del corpo compaiono quelle dell’edificio (Ef 2,19-22; 4,16)
o del tempio da edificare (Ef 2,19-22) o della sposa (5,25-27), immagini che aggiungono
l’idea di crescita, di maturazione e, rispettivamente, di amore vicendevole tra chiesa e
Cristo.
La chiesa di cui si parla non è più la chiesa locale di Corinto o di Roma ma la chiesa che noi
diremmo ‘universale’.
iii.
iv.
v.
vi.
vii.
La diversità che deve essere assunta nell’unità non è quella di individui o gruppi rivali della
medesima comunità di Corinto o di Roma, ma sono i due grandi tronconi del cristianesimo
primitivo: la componente giudeo-cristiana e la componente etnico-cristiana (Ef 3,6).
La loro fusione in un solo corpo è opera di riconciliazione (ειρηνοποιησας κτλ, Ef 2,15b16a) e di ricapitolazione (ανακεφαλαιωσασθαι, Ef 2,11) che ha addirittura dimensioni
cosmiche e storico-salvifiche.
Il rapporto tra la Chiesa e il Cristo sono detti con il rapporto corpo-capo (κεφαλη) e corpopienezza (πληρωμα). Il termine κεφαλη include due aspetti o relazioni: (a) in un corpo la
testa è principio di coesione e di vita, (cf. Col 2,19; Ef 4,15); ma soprattutto (b) ‘capo’
significa origine e superiorità (cf. Col 1,18; 2,19; Ef 1,22); «Se il corpo si connette alla testa
con un vincolo indissolubile, non si identifica tuttavia con essa».
Nella ricapitolazione cristologica rientrerà non solo la Chiesa, ma rientreranno anche le
potestà e i principati ecc. (Col 1,16; 2,10; Ef 1,21). – L’opera di ricapitolazione del Cristocapo non è tanto l’opera redentrice dal peccato, ma molto più positivamente quella del piano
creatore di Dio, da sempre incentrato sul Cristo. Questo tema è più volte presente negli
scritti paolini: cf. per esempio 1Cor 3,21-23: «Tutto è vostro, voi siete di Cristo, e Cristo è di
Dio»; e 1Cor 15,24-28 «… poi sarà la fine, quando il Cristo consegnerà il regno a Dio
Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza (…). E quando
tutto sarà sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni
cosa, perché Dio sia tutto in tutti». (Adattamento da E. FRANCO, «Chiesa come koin?nìa:
Immagini, realtà, mistero», in Rivista Biblica 1996, 175-192).
A questo nuovo ordine cosmico che avrà nel Cristo il suo capo viene fatto riferimento con il
vocabolario della tàxis /ordine (υπο-τασσω, Ef 1,22; 5,24). «Ci troviamo qui di fronte allo
sviluppo supremo di un pensiero essenziale di Paolo e delle espressioni da lui messe al
servizio di esso. Unione sacramentale dei corpi dei cristiani al corpo risuscitato del Cristo;
costituzione quindi di un corpo di Cristo che è la Chiesa, che lo costruisce senza posa;
governo e vivificazione di questo Corpo da parte di Cristo concepito come Capo, anzitutto
come capo che comanda ma anche come principio che nutre; estensione di questa influenza
del Cristo a tutto l’universo che egli porta in sé insieme con la divinità di un pl?roma in cui
tutto si concilia nell’unità (…). Una spiegazione costruttiva come questa non è forse la
prova migliore che Col ed Ef sono ancora, anche se non del tutto, opera di Paolo, almeno del
suo spirito e del suo cuore?», P. BENOIT, «Corpo, capo e Pleroma», 459-460