Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. Indice II parte Cap. 5 Moto e forze §5.1. Concetti chiave. Qualche considerazione didattica...p. 2 §5.2. Analisi sperimentale del moto: gli strumenti.............p. 3 §5.3. Apparecchiature di base.............................................p. 7 §5.4. Analisi del moto con computer on line......................p. 8 §5.5. Esperimenti sul moto..................................................p. 12 Esercitazioni.........................................................................p. 15 Cap. 6 Pressione, temperatura e calore §6.1. Pressione nei fluidi......................................................p. 23 §6.2. Il banco da vuoto.........................................................p. 26 §6.3. Dinamica dei fluidi......................................................p. 28 Esercitazioni.........................................................................p. 32 §6.4. Temperatura e calore...................................................p. 33 §6.5. Misure di temperatura.................................................p. 34 §6.6. Misure di quantità di calore.........................................p. 36 Esercitazioni..........................................................................p. 37 1 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. II PARTE CAP. 5 MOTO & FORZE In questo capitolo vengono presentati esperimenti di meccanica, con attenzione particolare all’analisi del moto. L’articolazione degli argomenti è la seguente: - Cosa devono imparare gli studenti. Concetti chiave. - Come: gli strumenti, le apparecchiature, gli esperimenti. §5.1. Concetti chiave. Qualche considerazione didattica Suggerisco come approccio ai concetti fondamentali della meccanica, e più in generale della fisica di base, il principio, tratto da A. B. Arons1, “prima il concetto poi il nome”. E’ necessario infatti evitare di presentare agli studenti la cinematica e la dinamica in modo astratto, per formule. Si tenga inoltre presente che il capitolo in studio tratta argomenti che gli studenti possono considerare scontati o autoevidenti. La familiarità con le osservazioni della vita quotidiana, legate a esperienze del tipo: lasciar cadere, lanciare verso l’alto, mettere in movimento, spingere, tirare, e così via, non solo convive con le concezioni di senso comune ma si esprime verbalmente con un linguaggio spesso impreciso. Le ricerche sull’apprendimento della meccanica hanno messo in evidenza che gli studenti non padroneggiano in modo corretto i concetti fondamentali di: posizione (o distanza), spostamento (o variazione di posizione), spazio percorso; tempi e intervalli di tempo; velocità, accelerazione. Gli studenti confondono grandezze medie e istantanee, identificano traiettorie e diagrammi orari, se la velocità v=0 necessariamente ritengono che l’accelerazione sia a=0 (si veda il classico esempio della palla lanciata verso l’alto: nel punto di inversione del moto, quanto vale a?), confondono le grandezze forza, energia, quantità di moto. I manuali della secondaria spesso non aiutano: per semplificare ingenerano confusione (esempio tipico, stessi simboli per indicare grandezze diverse). La posizione s di un corpo a un certo istante t, per esempio su una retta rispetto a una origine arbitraria, è definita da un numero; lo spostamento Δs, o spazio percorso in un certo intervallo di tempo Δt, è dato da due numeri. Distinguere bene tra istanti e intervalli di tempo, tra posizione e variazione della posizione (o spostamento) nel tempo. Si veda in merito su Arons, nel caso di una palla che rotola su un tavolo, come introdurre il concetto di velocità media attraverso la nozione di evento: ogni evento (s, t) è associato a una lettura di tempo e a una di posizione all’istante t. Dati due eventi (s, t), (s’, t’) si passa al concetto di velocità media Δs/Δt. E’ opportuno introdurre da subito i grafici a partire dal diagramma orario (s, t), prima come casi particolari con varie combinazioni di moto uniforme in modo da far associare v costante a pendenza costante (al concetto di derivata) e poi generalizzare al moto uniformemente accelerato e al moto vario. 1 A.B. Arons, Guida all’insegnamento della fisica, Zanichelli 1992. 2 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. s s v=0 v>0 v<0 v aumenta costante diminuisce t t Associare a ogni punto della curva la retta tangente e, a questa, la lettura su un immaginario tachimetro di una macchina in movimento: ago a destra, v aumenta; ago fermo, v costante; ago a sinistra, v diminuisce. Passare quindi al concetto di velocità istantanea come velocità a un istante e non in un intervallo, al concetto di accelerazione media (a=Δv/Δt, con che ritmo cambia la velocità?) e di accelerazione a istantanea. Far costruire i grafici di (v, t) da (s, t), e di (a, t) da (v, t) e invertire la sequenza (al concetto di integrale + condizioni iniziali del moto). Se si usa il computer on line non bruciare i tempi: prima far costruire ‘a mano’ i grafici e poi farli ritrovare e interpretare sulla base dei grafici realizzati dal computer. E’ importante che gli studenti sappiano descrivere i principali tipi di moto con una trattazione verbale, algebrica e grafica. Sulla definizione di forza come ente esterno ai corpi, insistere sul fatto che va data una definizione operativa (e non circolare) di forza e di massa (f=ma). Distinguere bene tra assunzioni teoriche da un lato, e osservazioni e deduzioni empiriche dall’altro, tra leggi, definizioni, identità. §5.2. Analisi sperimentale del moto: gli strumenti Strumenti per misurare il tempo L’impiego di cronometri ‘analogici’ o digitali a funzionamento manuale comporta un errore all’atto dell’avvio (start) o del fermo (stop) del cronometro, dovuto al tempo di reazione umana. Questo errore è stimato intorno a Δt= (1/5) s = 0,2 s e può variare da prova a prova se casualmente anticipiamo o ritardiamo lo start (o lo stop) del cronometro. Se la sensibilità dichiarata del cronometro è per es. di (1/100) s, sovrastimare l’errore. Se il fenomeno in studio è periodico, per ridurre l’errore dovuto al tempo di reazione umana, fare la misura su più periodi e dividere il tempo totale per il numero N di periodi. Marcatempo Si tratta di una punta scrivente messa in vibrazione da un motorino (alimentato a pile o alla rete con basse tensioni di alimentazione, per es. 12 V~), in genere a frequenza nota (frequenza di rete 50 Hz) che può essere anche regolabile a seconda dei modelli. Sotto la punta si inserisce un lungo nastro di carta, fornito in commercio insieme al marcatempo, che viene fatto tirare a mano da uno studente: grazie a un pezzetto di carta carbone la punta traccia puntini sul nastro a Δt noti. Non è necessario conoscere a priori la taratura del marcatempo; qualsiasi unità di misura va bene. Il PSSC suggerisce per esempio di usare l’unità di misura di 1 tic con il suo multiplo 1 toc= 4 tic. Se è nota la frequenza è noto l’intervallo di tempo tra due punti adiacenti; se per es. f= 50 Hz, Δt= 0,02 s. Dalla sequenza dei puntini sul nastro di carta gli studenti possono condurre l’analisi del moto unidimensionale e più precisamente: valutare qualitativamente la velocità media 3 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. massima, minima, uniforme; l’accelerazione media massima e minima; costruire i grafici (s, t), (v, t), (a, t); costruire il grafico (s, t) da (v, t) misurando l’area sotto la curva; confrontare lo spazio percorso calcolato con quello misurato direttamente su nastro. Il marcatempo costa poco ed è ottimo: con uno o due esemplari può lavorare tutta la classe. Svantaggi: è rumoroso; funziona solo a mano; con le opportune astuzie può essere impiegato anche per studiare la caduta di un grave (che va fissato al nastro di carta con il marcatempo tenuto in verticale ma gli attriti in tal caso sono elevati). Un marcatempo più versatile e assolutamente silenzioso è per es. quello della Leybold (33718): funziona a 12 V~, produce impulsi di tensione a intervalli di tempo regolabili di 0,02 s o di 0,1 s, che corrispondono ai puntini tracciati dalla punta scrivente su un nastro metallizzato (le tracce vengono incise per contatto elettrico sul nastro). Questo registratore dei tempi può essere impiegato fissandolo a una rotaia e collegando il nastro a un carrellino, con la possibilità di eseguire esperimenti sul MU, sul MUA con il piano inclinato o in orizzontale con una ‘massa motrice’, sulla caduta di un grave. Tecniche fotografiche e stroboscopiche Accenniamo alla tecnica multiflash almeno per capire come sono fatte le fotografie su molti manuali di fisica. Una macchina fotografica a otturatore aperto riprende al buio un evento con un flash che funziona a Δt regolari. Noto Δt è possibile misurare sul fotogramma i Δs e analizzare il moto. Si tratta di una tecnica adatta per processi ‘rapidi’ come in generale è il caso del moto. La tecnica stroboscopica è adatta per processi rapidi e periodici e consente di misurare Δt brevi. Impiega un disco con n fenditure radiali, mosso a mano o a motore. Quando la velocità angolare ωo dell’oggetto in movimento, per es. in rotazione, è uguale o multipla della velocità angolare ωs del disco dello stroboscopio, l’oggetto appare fisso n volte. Se per es., n=10 e ωs = (1/2) giri/s in Ts= 2 s si osserva l’oggetto fermo 10 volte; l’intervallo di tempo tra due immagini è quindi: To = (1/n) Ts = 2/10 =(1/5) s. Fototraguardi In generale a forma di U con un sensore nella parte interna dei rami, vengono impiegati insieme a un cronometro elettronico per eseguire misure di precisione di tempi e di frequenza. Tipicamente un fototraguardo comanda lo start del cronometro non appena un corpo in moto, per es. un carrellino su rotaia, attraversa la forcella del fototraguardo (in modo da passare davanti a una fotocella o da attraversare un fascetto a IR, come nel fototraguardo Leybold 33746); un secondo fototraguardo comanda lo stop del cronometro all’arrivo del carrello. Con questa disposizione sperimentale (due fototraguardi montati su un’asta orizzontale, cronometro, rotaia e carrello) consentono di fare vari esperimenti sul moto; montati in verticale, permettono di studiare la caduta di un grave o di determinare l’accelerazione di gravità con la macchina di Atwood. Per misure di frequenza, per es. di una corda vibrante soggetta a tensione variabile, se ne impiega uno solo. Si possono effettuare anche misure di velocità istantanee dalla misura 4 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. del tempo (eseguita con un oscilloscopio) di oscuramento del sensore quando il carrello attraversa il traguardo. Sono costosi e richiedono apparecchiature di supporto, come il cronometro elettronico, altrettanto costose. Strumenti per misurare lunghezze Nella pratica sono eseguibili misure di lunghezze (con vari metodi) che vanno da 10-15 a 1026 m. Per gli usi normali in laboratorio si impiegano comunemente regoli al mm (la divisione più piccola è di 1 mm; quando si esegue la lettura di norma si attribuisce alla misura l’errore massimo di lettura, pari a δl =± 0,5 mm; a seconda dei casi, se le condizioni sperimentali lo suggeriscono, si può sovrastimare o sottostimare δl). Se si richiedono misure di lunghezza di qualche cm con sensibilità maggiore, si può impiegare il calibro (portata, circa 10 cm) o il palmer (portata, qualche cm). Diamo un cenno al funzionamento del calibro e in particolare al principio del nonio decimale. Il calibro dispone di due coltelli per interni (per fori o anelli) e di due coltelli per esterni (per cilindri, dischi, spessori), di un profondimetro (per fori ciechi), di una scala principale (SP) fissa con divisioni di ampiezza D di un mm e di un nonio mobile munito di levetta di blocco. da Giulio D’Agostini, cit. € Il nonio può essere diviso in n = 10 parti (nonio decimale) con sensibilità a (1/10) mm= 0,1 mm; oppure in n = 20 parti (nonio ventesimale, con sensibilità a (1/20) mm= 0,05 mm), oppure in un numero maggiore di parti che non superano di norma n = 50 parti (con sensibilità a 0,02 mm), dal momento che una misura eseguita con mezzi meccanici non può presentare sensibilità maggiore. Il nonio decimale (n = 10 parti) si affaccia su 9 mm della SP. La relazione tra una divisione del nonio d e una divisione D della SP è pertanto: (n-1)D=nd → n −1 1 1 d=( )D = (1− )D = 1− = 0,9 mm e D-d=(1/n)D. Questo significa che ogni n n 10 tacca del nonio è spostata sistematicamente a sinistra rispetto alla tacca successiva della SP di kD/n: se lo zero del nonio coincide con lo zero della SP, la prima tacca del nonio è spostata a sinistra rispetto alla tacca successiva della SP di D/n (= 1/10 mm); la seconda di 2D/n, la terza di 3D/n, ecc.. Se per es. è la terza tacca del nonio a coincidere con una tacca della SP, la seconda divisione del nonio supera a destra la tacca precedente della SP di D/n, la prima del nonio di 2D/n, lo zero del nonio di 3D/n. 5 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. Come si esegue la misura: supponiamo di avere inserito tra i coltelli del calibro uno spessore di circa 4 mm; guardare a sinistra dello zero del nonio e fare una prima grossolana misura: 4 mm + frazioni di mm. Per stimare le frazioni di mm, individuare la tacca del nonio che coincide esattamente con una tacca della SP. E’ la k-ma, per es. la quarta? Lo zero del nonio è spostato rispetto alla SP complessivamente di kD/n = 4/10. La lettura dà dunque: l= 4,4 ± 0,1 mm. Se il nonio è ventesimale e per es. si affaccia su 19 divisioni della SP (19 mm), una divisione del nonio ha ampiezza (19/20) = (20-1)/20= 1- (1/20) mm. Tutto procede come nel caso precedente, con il vantaggio di apprezzare la mezza divisione del nonio; per es., nel caso dello spessore, se la tacca del nonio che coincide esattamente con la tacca della SP è la terza (9/20 = 0,45 mm; v. fig. b)), la lettura è: l = 4,45 ± 0,05 mm. Se la tacca dello zero del nonio coincide esattamente con una tacca della SP anche l’ultima tacca del nonio coincide esattamente con una tacca della SP. Con riferimento alla fig. a), l = 4,00 mm. Il palmer serve solo per misure di dimensioni esterne e ha in genere sensibilità di 10-2 mm. Nella strumentazione moderna si usano sensori a interpolazione ottica con display digitali. Strumenti per misurare forze I dinamometri Sono costituiti in genere da una molla tarata in N, terminante con un gancio per sospendere masse, e da una scala di lettura. Ne esistono diversi tipi (lineari, circolari) con vari campi di misura o portata, da 10-4 N a 102 N. Non sovraccaricare il dinamometro e stare attenti alla portata: ricordarsi che P=mg con g ≈ 10 m/s2. Se per es. la portata del dinamometro è di 0,1 N m=P/10 = 0,1/10 = 10-2 kg =10 g; il massimo carico che lo strumento può sopportare è m ≤ 10 g. Con una portata di 1 N applicare masse non superiori a 100 g. I dinamometri lineari vanno usati in verticale, in particolare quelli a bassa portata (fino a 1 N), altrimenti il peso proprio della molla e gli attriti danno misure falsate. Se non si hanno dinamometri farli costruire agli studenti (taratura di una molla). §5.3. Apparecchiature di base Rotaia e carrelli Se si hanno fondi sufficienti è una spesa ben fatta. La rotaia è in generale costituita da segmenti di profilato metallico di 50 cm, collegabili tra loro grazie ad appositi raccordi per realizzare una traiettoria rettilinea di lunghezza voluta. In generale sulla rotaia è riportata una scala metrica. La tipologia dei carrelli è varia: scegliere quelli a basso attrito, per es. con ruote su cuscinetti. I carrelli Leybold (33701) hanno una serie di fori per inserire “spine” (astine metalliche che consentono di impilare masse forate, di legare un filo, ecc.), e una cavità dove alloggiare masse. E’ opportuno avere almeno due carrelli per esperimenti sugli urti elastici (in tal caso esiste un accessorio da usare 6 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. come respingente, uno per carrello, costituito per es. da una lamina elastica per avere un urto con basse perdite di energia cinetica) e completamente anelastici (respingenti realizzati con scotch o plastilina in modo da far agganciare i due carrelli dopo l’urto). Ogni rotaia dispone di una serie di accessori utili quali: un fermo per il carrello su cui è fissata una carrucola sulla cui gola viene fatta passare una fune leggera collegata al carrello e recante all’altro estremo dei pesi, un gradino per inclinare la rotaia per compensare gli attriti, e così via. Per le misure di tempo le rotaie sono impiegabili oltre che con i cronometri, con i fototraguardi e cronometro elettronico, oppure con il marcatempo. Possono essere usate ovviamente anche con il computer on line. Esperimenti eseguibili: di cinematica rettilinea, osservazione e studio di moti unidimensionali, moto RU, moto UA; moto vario con misure di vm e vi (dal tempo di oscuramento del sensore se si usano i fototraguardi). Esperimenti di dinamica rettilinea: effetti di una forza sul moto di un corpo: a vs F applicata, misura dinamica di F, moto su un piano inclinato e determinazione di g, conservazione quantità di moto (urti), ecc. Quando si acquista la rotaia, scegliere il tipo impiegabile anche come banco ottico. Rotaia a cuscino d’aria (o air track) Ottima per ridurre gli attriti ma sovradimensionata e costosa (e spesso rumorosa a seconda del compressore usato). E’ costituita in generale da un profilato metallico a sezione triangolare dove è stata praticata una serie di forellini dai quali fuoriesce l’aria immessa da un compressore. Una slitta di metallo leggero viene poggiata sul profilato e sollevata di qualche decimo di mm dalla guida grazie all’aria che fuoriesce dai forellini. Sulla rotaia è serigrafata una scala graduata. Il rilevamento dei tempi può essere fatto con il cronometro oppure con i fototraguardi e il cronometro elettronico. Un possibile accessorio può essere il dispositivo per lo sgancio della slitta sincronizzato con la partenza del cronometro. Esperimenti eseguibili: come sopra per rotaia e carrelli, con il vantaggio di attriti minimi e di misure più precise. Può essere usata anche con il computer on line. Tavolo a cuscino d’aria Si tratta in generale di un tavolo con piano di vetro e dischi a cuscino d’aria. E’ la versione bidimensionale della rotaia a cuscino d’aria. Costoso e ingombrante. Che esperimenti consente: studio sperimentale di moti piani, per es., moto del proiettile, moto dovuto a forze centrali; urti piani (analogo dello ‘scattering’ di particelle alfa secondo il modello di Rutherford). Esperimenti base di meccanica con la lavagna ad aderenza magnetica La lavagna ad aderenza magnetica è ottima per esperimenti dimostrativi e può essere usata tranquillamente in classe in mancanza di un laboratorio vero e proprio. Si può scrivere sul piano della lavagna con pennarelli idrolavabili per mostrare diagrammi, grafici o misure. Nel kit di meccanica della Leybold (343014), per es., vengono forniti vari supporti magnetici (dotati di ganci, assi, morsetti) sui quali applicare carrucole, molle, aste, dinamometri circolari su basi magnetiche, una serie di adesivi magnetici 7 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. (righe, goniometri, frecce), oltre a funi, carrucole, molle di vario diametro, leve, masse campione. 12345 n° masse allungamento (cm) La guida del kit suggerisce più di 20 esperimenti su forze, leve, carrucole e pendolo: verifica della composizione di forze, legge del pendolo, legge di Hooke, tarature di molle e costruzione di dinamometri, verifica della legge dei momenti, funzionamento di bilance a uno o due bracci, macchina di Atwood, e così via. §5.4. Analisi del moto con computer on line Abbiamo accennato all’uso del computer per eseguire misure on line. Si tenga presente che questa modalità di raccolta ed elaborazione dati si è molto diffusa nell’ultimo decennio anche in Italia e rappresenta ormai una presenza costante nelle offerte da parte delle ditte di apparecchiature didattiche. Tratteremo in particolare il sistema MBL (Microcomputer Based Laboratory), l’esempio più significativo dell’uso del computer on line nell’insegnamento della fisica. I pionieri di questo progetto sono R. K. Thornton e D.R. Sokoloff2 che hanno impiegato l’MBL soprattutto negli esperimenti di cinematica al Technical Education Research Center alla Tufts University, Medford, MA. La peculiarità del progetto, a differenza di altri sviluppati successivamente, sta nella sua proprietà di essere “didatticamente corretto” e di essere contemporaneamente uno strumento tecnologico e uno strumento cognitivo: le attività di laboratorio sono infatti basate sulla ricerca didattica e in particolare su quella linea di ricerca che va sotto il nome di “Conoscenza scientifica e conoscenza di senso comune” (v. cap. 4). Inoltre il progetto MBL è fondato su quella metodologia didattica che si è andata affermando a partire dagli anni Sessanta del Novecento in opposizione a una didattica passiva, ingessata e dogmatica. La ‘nuova’ metodologia didattica, che costituisce ormai un modello consolidato e accettato unanimamente dagli insegnanti, è caratterizzata dalla centralità dello studente nel processo di apprendimento, dalla “scoperta guidata” a cui il discente arriva attraverso discussioni, previsione e verifica. Il progetto MBL è rivolto alle High School e ai College, cioè alla fascia di età che va dai 12 ai 18 anni. La disposizione sperimentale è costituita da: un computer (nel sistema originario un Macintosh ma va bene qualsiasi PC con una porta seriale); una ULI (Universal Lab Interface), con alimentatore a 9 V da connettere alla rete; ha 3 porte per i sensori una delle quali è riservata alla sonda termica; sensori (di posizione, forza, temperatura, pressione, tensione ecc., alla porta ULI. I sensori sono prodotti dalla ditta Vernier, Portland, OR; v. al sito www.vernier.com); software specifico per la tipologia dei fenomeni in studio (MacMotion, MacTemp, Sound, ecc.) oltre ai due programmi DataLogger (raccoglie i dati dalla linea di ingresso in tensione di ULI; può registrare direttamente misure di tensione e accettare qualunque 2 R.K. Thornton, D.R. Sokoloff, Learning motion concepts using realtime microcomputer based laboratory tools, Amer. Journ. Phys., 58(9) 1990, 858-867. 8 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. sensore che produca in uscita tensioni fino a 5 V in cc) ed EventTimer (impiegabile per studiare caduta libera, pendoli, carrelli in moto o rotaia a cuscino d’aria); un cavo modem che collega la ULI alla porta modem del computer. alla porta modem batteria 9V ULI PC porta se riale I/0 porta 1 2 (MD) sondaforza Nel caso della analisi del moto unidimensionale, il software è MacMotion; la sonda (Ultrasonic Motion Detector), una sorta di piccolo sonar, trasmette brevi impulsi ultrasonori a 50 kHz sull’oggetto in movimento tra 0,5 e 6 m, li amplifica e rileva l’eco. MD misura la distanza rispetto all’oggetto in movimento più vicino per ottenere informazioni su velocità e accelerazione; MD fa varie misure e il computer calcola i valori di v e di a. Per determinare la distanza MD emette e riceve impulsi a ultrasuoni. Nota la velocità dell’ultrasuono in aria a temperatura ambiente, MD misura la distanza di un oggetto dal tempo che l’impulso impiega per riflettersi sull’oggetto e tornare al detector. Il computer è programmato per visualizzare sul monitor uno o più grafici (s, t), (v, t), (a, t). L’oggetto in movimento su una traiettoria rettilinea può essere inizialmente uno studente al quale viene richiesto di simulare un moto uniforme, uniformemente accelerato, vario, di invertire il senso del moto e così via. Il software riproduce in tempo reale tutte le proprietà del moto e in particolare mostra come costruire un grafico (v, t) dal diagramma orario del moto e un grafico (a, t) da (v, t), con un comando che visualizza punto per punto la tangente alla curva di partenza per costruire la curva derivata (o viceversa mostra come ottenere, per esempio, un grafico (v, t) da un grafico (a, t) per integrazione con le opportune condizioni iniziali). Lo stesso software viene impiegato nel Curriculum di MBL su Moto e Forze. Nel caso di misure di forze si usa l’apposita sonda (con sensore a effetto Hall) da collegare alla ULI e da tarare prima delle misure. Per usare gli strumenti MBL non si richiede agli studenti alcuna conoscenza informatica. Per valutare l’efficacia di MBL, in particolare nell’insegnamento della cinematica, Thornton e Sokoloff hanno svolto dei controlli su circa 1500 studenti di college, università e scuole che impiegavano i “Tools for scientific thinking”. Grazie a una serie di pre- e post-test e di altre forme di valutazione della comprensione della cinematica, somministrati ad allievi che impiegavano l’MBL e ad allievi dei corsi tradizionali, hanno rilevato una forte evidenza per una migliore comprensione della cinematica a favore dei primi. Dopo la cinematica la sperimentazione si è estesa ad altri settori della fisica. Il sistema MBL è tuttora molto diffuso in molte realtà didattiche di svariati paesi. Basta cercare in rete con google e le parole chiave MBL Physics. 9 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. Sistema V-Scope È uno dei tanti sistemi sviluppati successivamente per funzionare con un PC. Dispone di “torri” come sensori interfacciati al PC che funzionano grazie a bottoni trasponditori con segnale di eccitazione a IR e segnale di risposta a ultrasuoni. torre bottoni > 20 cm X d urto a una dimensione Possibili esperimenti: piano inclinato, legge di Hooke, seconda legge di Newton, urti, attriti, pendolo, caduta libera dei gravi, oscillatori accoppiati. E’ abbinabile alla rotaia a cuscino d’aria e consente anche esperimenti nel piano e nello spazio (in funzione del numero di torri e bottoni impiegati). Ogni esperimento è accompagnato da una scheda dove vengono descritte le attività preparatorie, l’impiego del software per la misura tramite i comandi del menu System, la preselezione dei grafici da visualizzare, l’esecuzione dell’esperimento. Per usare il sistema V-Scope si richiede agli studenti un minimo di conoscenza informatica. E’ distribuito in Italia da ELItalia srl, Milano. Coach Lab Come nei casi trattati, si tratta di un pacchetto applicativo costituito da una parte software (Coach 5) e una hardware (interfaccia Coach Lab II), più i sensori (anche quelli Vernier sono compatibili). L’interfaccia va collegata alla rete a 12 V~ con un adattatore e alla porta seriale del computer (PC con sistema operativo Windows). La particolarità di questo sistema è rappresentata dalla multifunzionalità della interfaccia che può essere impiegata non solo per acquisire ed elaborare dati ma anche, per es., nella funzione di modeling, di controllo e di videomisure; inoltre è impiegabile per la biologia e la chimica. Per quanto riguarda la fisica, gli esperimenti suggeriti sono: a. misure di posizione e di velocità, con sensore di posizione a ultrasuoni. b. Moto armonico semplice e smorzato, con un sensore di moto e un sensore di forza; misura della forza e della posizione in funzione di t di una massa oscillante (sistema massa+molla), determinazione dell’ampiezza e del periodo in un MA semplice, confronto tra moto reale e moto teorico, determinazione della variazione di ampiezza del MA smorzato. c. Scarica di un condensatore, con un sensore di corrente e tensione (ma vanno bene anche i fili di collegamento del circuito RC inseriti nelle apposite boccole dell’interfaccia): misura della tensione in funzione del tempo di carica o scarica di un condensatore, determinazione della costante di tempo del circuito. d. Misura della f.e.m. indotta da un magnete in caduta libera in una bobina, variazione del flusso magnetico quando il magnete attraversa la bobina. e. Onde sonore e battimenti, con il sensore di suono e due diapason a frequenze vicine: si calcola la frequenza e l’ampiezza delle onde e si fa il confronto tra la funzione sinusoidale reale e la funzione matematica per ciascun diapason; con tutti e due si determina la frequenza dei battimenti. f. Macchina di Atwood con un fototraguardo e una ‘smart pulley’ da collegare agli ingressi dell’interfaccia per determinare g. L’attività di modeling consiste nella costruzione di un modello, nella individuazione e nella rappresentazione grafica dei parametri. Nel caso per es. di un corridore che si 10 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. muova di MU o di MUA: quali sono le condizioni iniziali? Che cosa si può graficare? Nel moto armonico: quali sono le variabili e quali le costanti? Qual è la relazione tra forza applicata e spostamento? Come varia il periodo T in funzione di m? Scarica di un condensatore: come varia i durante la scarica? Come si può aumentare il tempo di scarica? Nell’attività di videomisure sono proposti dei filmati: per es. la partenza di un velocista. Lo studente deve individuare la scala spaziale e temporale del filmato e prendere misure significative. CoachLab è prodotto dal CMA/AMSTEL Institute di Amsterdam ed è distribuito in Italia dalla ditta Media Direct srl di Bassano del Grappa. Vantaggi del computer on line rispetto ai metodi tradizionali: ottimo per esperimenti troppo brevi o troppo lunghi, quando i dati da raccogliere siano tanti, per capire meglio le misconcezioni degli studenti legate all’esperienza di senso comune (in particolare con MBL), lo studente fa da ‘oggetto’ in movimento, consente di memorizzare dati, di stampare tabulati di dati e grafici per far lavorare tutta la classe a gruppi. Svantaggi: si perde di vista il fenomeno fisico e si sposta l’attenzione sulle apparecchiature (PC, sonde, ecc.); richiede comunque di sapere usare il computer. §5.5. Esperimenti sul moto Moto vario: v. oltre, scheda “Esperimento con il marcatempo”. Moto rettilineo uniforme: rotaia, carrello, 2 fototraguardi collegati allo start e allo stop di un cronometro elettronico (oppure cronometri manuali, oppure marcatempo e nastro di carta), metro. Con la rotaia disposta in orizzontale, prima dell’esperimento occorre compensare l’attrito (tra ruote del carrello e rotaia, da resistenza dell’aria, da nastro di registrazione se si usa il marcatempo). Per tentativi si inclina di poco la rotaia fino a che i Δs risultino uguali nell’unità di tempo. Se si usa il marcatempo, inclinare la rotaia fino a che i puntini sul nastro siano equidistanti. striscia dicarta marcatempo Tabella: t (s), s (cm) posizione dall’origine, Δs (cm), v= Δs/Δt (cm/s). 11 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. Grafici: (s, t), (v, t). Come sono le velocità ‘istantanee’ (in un sottointervallo)? Quanto vale vmedia? come sono le velocità istantanee rispetto alla velocità media? Nel grafico (v, t) calcolare lo spazio percorso dall’area sottesa, confrontare con s reale. Moto uniformemente accelerato: rotaia (almeno 1 m), carrello, 2 fototraguardi collegati allo start e allo stop di un cronometro elettronico (oppure cronometri manuali, oppure marcatempo e nastro di carta), metro, filo, massa motrice, carrucola. Con la rotaia in orizzontale collegare il carrello alla fune leggera, farla passare sulla gola della carrucola e sospendere la massa motrice. Compensare gli attriti. Tabella: t (s), s (cm) posizione dall’origine, Δs (cm), v= Δs/Δt (cm/s), a =Δv/Δt (cm/s2). Grafici: (s, t), (v, t), (a, t). Può essere utile, come esercizio preliminare, far ritagliare agli studenti segmenti di nastro corrispondenti agli spazi percorsi nei vari intervalli di tempo per incollarli in sequenza in verticale sull’asse dei tempi; in un grafico (v, t) il profilo dei pezzi di nastro dà la legge del moto. Seconda legge della dinamica, F= ma: con diverse masse motrici relazione tra a e M. Graficare M vs a. M studiare la Con due regimi di moto, MUA e MU, con il marcatempo: mettere in moto il carrello come sopra mediante la massa motrice (MUA); bloccare la massa motrice quando per es. il carrello ha percorso 1/3 di rotaia e segnare contemporaneamente sul nastro la posizione del carrello in quell’istante (dopo il quale il moto è uniforme; v. figura). registratore dei tempi piano lievemente inclinato fermo Come sono i puntini sul nastro nei due regimi di moto, cioè prima e dopo il segno? Quanto vale v finale nel MUA? Che relazione c’è tra la vf, a e t? Quanto vale la velocità media nel MUA? Che relazione c’è tra vm e vf? E tra s, a e t? Quanto vale v quando la massa motrice è bloccata? Piano inclinato e moto uniformemente accelerato: rotaia (almeno 1 m), carrello, 2 fototraguardi collegati allo start e allo stop di un cronometro elettronico (oppure cronometri manuali, oppure marcatempo e nastro di carta), metro. 12 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. Mettere un gradino sotto l’estremità della rotaia per realizzare il piano inclinato; in questo caso non va compensato l’attrito. Tabella: t (s), s (cm) posizione dall’origine, Δs (cm), v= Δs/Δt (cm/s), a =Δv/Δt (cm/s2). Grafici: (s, t), (v, t), (a, t). Com’è Δv nell’unità di tempo? Se si usa il marcatempo, far fare prima osservazioni qualitative sul nastro. Come sono distanziati i puntini al crescere di t? (a parità di Δt i puntini sono sempre più distanziati, al crescere di t i Δs aumentano, le v diventano sempre più grandi). start l stop s h α Determinazione sperimentale di g: con riferimento alla disposizione sperimentale di figura, l’equazione del moto del carrello lungo il piano inclinato, di massa m, è: 1$ F ' s = & gsin α − a ) t 2 + v 0 t + s0 (1) 2% m( Trascurando la forza d’attrito Fa e imponendo s0=0, v0=0 la (1) diventa: 1 h s = gsin αt 2 con sin α = 2 l € 2sl g= 2. ht A parità di h, variare s e calcolare g: tabella h (cm), s (cm), t (s), g (cm/s2). A parità di s, variare h e calcolare g. € Caduta libera e moto uniformemente accelerato: asta verticale (almeno 2 m), 2 fototraguardi collegati allo start e allo stop di un cronometro elettronico (oppure cronometri manuali, oppure marcatempo e nastro di carta), massa, dispositivo di sgancio della massa (se si ha), metro. start stop 1 2s L’equazione del moto è: s = gt 2 → g = 2 , variare s e misurare t, calcolare g. 2 t Se si usano i cronometri manuali aspettarsi errori grandi (se il percorso è breve la misura è impraticabile). Stessa cosa se si usa il marcatempo; montare il marcatempo sull’estremo di una rotaia inclinata di circa 60° per ridurre gli attriti (o tenere il marcatempo in€ mano in verticale), fissare una massa all’estremintà del nastro e far cadere la massa. Tabella: t (s), s (cm) posizione dall’origine, Δs (cm), v= Δs/Δt (cm/s), a =Δv/Δt (cm/s2). Calcolare a media. 13 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. Per valutare l’effetto dell’attrito dell’aria si può variare la massa (per es. una pallina da ping pong forata, riempita di carta o senza carta). Macchina di Atwood e determinazione di g asta verticale (circa 2 m), 2 fototraguardi collegati allo start e allo stop di un cronometro elettronico (oppure cronometri manuali), masse, carrucola, fune leggera, metro. Come il piano inclinato, la macchina di Atwood è un intelligente artificio per rallentare il moto e ottenere a« g. Per la disposizione sperimentale vedi figura (si tratta di un classico esercizio di meccanica presente in tutti i manuali). Si può impostare il problema sia con la conservazione dell’energia (il sistema è a un grado di libertà), sia con le equazioni cardinali. La condizione sperimentale da rispettare è che la differenza tra le due masse m2-m1= Δm sia molto piccola rispetto a ciascuna massa. Si possono per es. scegliere le due masse uguali m e aggiungere a m2 una masserella m*. L’accelerazione del sistema è: m2 + m * −m1 a= g (1), 1 m1 + m2 + m * + MC 2 trascurando la massa della carrucola MC, la (1) diventa: m* a= g (a teorico) (2). * 2m + m € 1 2s Si procede quindi a misurare a da s = at 2 , a = 2 (a misurato). 2 t A parità di s variare m* e misurare a, confrontare con a atteso e calcolare g (oppure a parità di m* variare€s). € Esercitazioni (in parte liberamente adattate da Arons, cit.) 1. Interpretare il significato di ciascun grafico (traduzione verbale); indicare il significato della inclinazione della retta esprimendolo nel SI; esprimere in simboli la relazione funzionale che lega le grandezze in ascisse e in ordinate (traduzione algebrica); specificare, per ciascun grafico, quando si ha proporzionalità diretta e quando lineare. (M e V, massa e volume; Fs e N, forza di attrito statico e reazione normale; C e D, circonferenza e diametro; V e i, tensione e intensità di corrente, ecc.). 14 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. M C Fs N V D s v V v F t t i x t 2. Descrizione del comportamento di un corpo in moto: immaginate di osservare una palla che rotola su un tavolo e di eseguire delle fotografie del processo con la tecnica del multiflash. Tracciate le posizioni della palla nel caso di a) moto uniforme e b) di moto uniformemente accelerato. a) b) Quanti numeri occorre assegnare per individuare la posizione s istantanea della palla? E il suo cambiamento di posizione? Quanti secondi dura un istante? Quanto è lunga la posizione istantanea s della palla? Dare verbalmente la definizione operativa di velocità media e istantanea; di accelerazione media e istantanea. 3. Nel grafico di figura che cosa rappresenta BC? E AC? E AB? B s A α C t 15 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. 4. Discutere se il grafico di figura ha significato fisico. posizione s t 5. Moto di un grave lungo la verticale (approssimare g a 10 m/s2): a) qual è il significato di g? b) se una palla viene lasciata cadere qual è la sua velocità dopo il 1° secondo?….. e dopo il 2°?..... e dopo il 3°? Se la palla viene lanciata verso l’alto a v0= 30 m/s, qual è la sua velocità dopo il 1° s?.... e dopo il 2°?..... e dopo il 3°? … e dopo il 4°? Per quanto tempo la palla mantiene una velocità di 0 m/s?.... Qual è l’accelerazione durante il moto? Fare esempi di moto nei quali a un certo istante v=0 e a ≠ 0. 6. I grafici s=s(t) che seguono indicano i diagrammi orari di un punto in moto unidirezionale. Descrivere con la penna il moto indicato e specificare come varia la velocità istantanea, i punti di inversione del moto, le condizioni di arresto del punto, ecc. Costruire infine, dal grafico s=s(t), il grafico v=v(t). 16 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. s s 0 0 t a) s 0 t b) s s s 0 d) t t c) 0 e) t 0 f) t 7. Eseguire per ciascuno dei seguenti grafici v=v(t), l’esercizio analogo al precedente e costruire il grafico s=s(t). 17 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. v v v b) t a) c) t v v v d) t t e) t f) t 8. Sul moto dei proiettili Sembra scontato riconoscere che la traiettoria di un grave lanciato con una velocità iniziale orizzontale o obliqua è parabolica. Il percorso storico che ha portato a questa affermazione, al contrario, è lungo e tortuoso. Per secoli si è creduto che la traiettoria dei proiettili fosse costituita da due spezzate. Questa idea era fortemente influenzata dalla dottrina aristotelico-scolastica e in particolare dalla teoria dell’impetus (XIV sec.). Secondo questa teoria ogni moto esige un agente motore; l’agente motore imprime al corpo un impetus o potenza motrice. Il corpo continua a muoversi fino a che l’impetus si consuma a causa della resistenza dell’aria e la gravità (v. incisione, Basel, 1561): lancio obliquo lancio orizzontale Il primo ad affermare che la traiettoria di un proiettile è curva in ogni sua parte e che la gittata è massima a 45°fu Nicolò Tartaglia (Nova Scientia, 1537, di cui riportiamo sotto il frontespizio che rappresenta “Il giardino delle arti matematiche”). 18 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. Il problema del lancio dei proiettili all’epoca è molto sentito perché riguarda da vicino l’impiego di bombarde e colubrine, con tutti gli annessi e connessi, compresa la forma delle mura di fortificazione sia per la difesa sia per l’attacco. Galileo afferma finalmente che la traiettoria dei proiettili è parabolica (Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, 1638) e propone un esperimento per dimostrarlo (l’esperimento era stato già proposto da Guidubaldo Del Monte): Riguardo al problema di mostrare che la traiettoria dei proiettili è parabolica “ [...] modi ce ne son molti, ma due sopra tutti gli altri speditissimi gliene dirò io: uno dei quali è veramente maraviglioso [...]. Io ho una palla di bronzo esquisitamente rotonda, non più grave di una noce; questa, tirata sopra uno specchio di metallo, tenuto non eretto all’orizzonte, ma alquanto inclinato, sì che la palla nel moto vi possa camminar sopra, calcando leggiermente nel muoversi, lascia una linea parabolica sottilissima e pulitissimamente descritta, e più larga e più stretta secondo che la proiezione si sarà più o meno elevata. Dove anco abbiamo chiara e sensata esperienza, il moto de i proiettili farsi per linee paraboliche”. Galileo arriva a dimostrare che la traiettoria è parabolica anche intercettando la parabola di tiro di un grave a varie altezze e ricostruendo per punti la curva; vediamo come realizzare lo stesso esperimento in classe. Materiali: una guida, una biglia di metallo compatibile con la scanalatura della guida, base d’appoggio, carrello con parete verticale, carta carbone, carta velina, carta millimetrata, metro. Il tratto inferiore della guida sia orizzontale, in modo che la sferetta sia lanciata con angolo di tiro nullo: guida carta millimet rata carrellox base appoggio y Incollare la carta millimetrata al muro e tracciare gli assi con l’origine coincidente con il punto di lancio come in figura (la base d’appoggio sia accostata al muro). Fissare sulla parete verticale del carrello la carta carbone (ovviamente con la parte a 19 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. carbone a faccia avanti) e incollarci sopra con lo scotch la carta velina. Lasciar cadere la pallina sempre dalla stessa altezza; per ogni lancio variare la posizione del carrello a intervalli Δx regolari, iniziando con il carrello attaccato al punto di lancio e allontanandolo ogni volta della stessa quantità. Per ogni lancio fissare sulla carta millimetrata il punto di impatto in modo da avere alla fine due riscontri: la carta millimetrata con la serie di punti da unire tra loro per visualizzare la parabola (far vedere, quando il carrello è spostato e la pallina impatta al suolo, come la sua traiettoria si sovrapponga alla curva tracciata sulla carta millimetrata); i punti tracciati sulla carta velina, dai quali ricavare le y. Costruire la seguente tabella: lancio x (cm) y (cm) x2 (cm) δx (cm) δy (cm) δx2 (cm) Riportare su grafico i dati e verificare che y vs x2 è una retta (oppure, invece di linearizzare, fare un fit quadratico di y vs x). La relazione attesa è ovviamente del tipo y = -ax2. 9. Esperimento di Galileo con il piano inclinato, realizzato con mezzi di fortuna: cronometro, metro, superficie inclinata lunga almeno 1 m, pallina (scegliere gli spazi come s, s/2, s/3, ecc. e misurare ogni volta il tempo impiegato dalla pallina a percorrerli); riportare i dati su grafico e verificare che s∝t2. 10. Esperimento “fettuccia e bottoni” Anche questo esperimento è mutuato da quelli di Galileo e si basa sul ritmo musicale. Nel suo lungo percorso (durato oltre trent’anni) per trovare la ‘giusta’ legge del moto uniformemente accelerato, Galileo usa un piano inclinato; dopo avere scoperto che s∝t2, Galileo impone intervalli di tempo uguali fissando sul piano inclinato delle stanghette (o delle campanelle) distanziate in modo opportuno. Quando la pallina rotola sul piano inclinato, urtando contro una stanghetta, produce un suono a ugualli intervalli di tempo. A che distanze fissava le stanghette Galileo? 20 1 10 15 5 0 0 16 9 4 1 Se la prima stanghetta si trova a una unità dall’origine, la seconda va messa a 4 dall’origine, la terza a 16 e così via. Questa legge è compatibile con la legge “dei numeri impari ab unitate” (1:3:5:7..) che Galileo aveva riconosciuto valida già nel 1604, nella lettera a Paolo Sarpi: Ripensando circa le cose del moto [...], mi son ridotto ad una proposizione la quale ha molto del naturale e dell’evidente; e questa supposta, dimostro poi il resto, cioè gli spazii passati in tempi eguali esser come i numeri dispari ab unitate, e le altre cose. E il principio è questo: che il mobile naturale vadia crescendo di velocità con quella proporzione che si discosta dal principio del suo moto; come v. g., cadendo il grave dal termine a per la linea abcd, suppongo che il grado di velocità che ha in c al grado di velocità che ebbe in b esser come la distanza ca alla distanza ba, e così conseguentemente in d aver grado di velocità maggiore che in c secondo che la distanza da è maggiore della ca. Attenzione che in questo brano Galileo ritiene che s∝t2, che le velocità vadano come 1:3:5.... ma ritiene ancora che v ∝ s. 20 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. Tornando alle stanghette, si può notare che tra una stanghetta e la successiva ci sono unità di spazio nei rapporti 1:3:5:7....ritrovando così la legge dei numeri dispari ab unitate. Passiamo finalmente al nostro esperimento. Materiali: una fettuccia di circa 2 m, una decina di bottoni (vanno bene quelli di metallo che possono essere inseriti nella fettuccia e scorrere, all’occorrenza, per variare la loro distanza mutua). Preparare la fettuccia con i bottoni messi a caso; chiedere a uno studente, in piedi su una sedia, di lasciar cadere la fettuccia tenuta in verticale, in modo che i bottoni, urtando in successione sul pavimento, producano un suono ben udibile. Come sono gli intervalli di tempo tra un suono e l’altro? Come devono essere le distanze tra i bottoni perché gli intervalli di tempo tra un suono e l’altro siano uguali tra loro? I bottoni devono avere distanze tra loro nel rapporto 1:3:5:7 ecc., come nel caso delle stanghette. Dimostrare che se i tempi tra un suono e l’altro sono uguali, le velocità stanno tra loro “come i numeri impari ab unitate” e che questa legge è compatibile solo con s∝t2. 11. Esperimento con il marcatempo (scheda) Tirare il nastro inserito nel marcatempo; fare varie prove fino a che i punti sono ben distanziati. Regolare a Δt= 0,02 s (suggerimento: contare 5xΔt=0,1 s). 1. Analisi qualitativa del nastro: dov’è v max? dov’è v min? Dov’è a max e amin? 2. Misurare s per ciascun intervallo. Costruire una tabella t (s), s(cm), Δs (cm), Δs/Δt (cm/s), Δv/Δt (cm/s2). 3. Costruire i grafici s=s(t); v=v(t); a=a(t). 4. Dedurre da v=v(t) lo spazio in funzione del tempo totale dall’area sottesa e confrontare il valore ottenuto con lo spazio letto direttamente sul nastro. 5. Provare a calcolare g con il marcatempo per il caso di ‘caduta libera’. 12. Pendolo di Huygens Si tratta di una serie di sfere di acciaio identiche (nel nostro esemplare 5), ciascuna sospesa bifilarmente a un sostegno in modo da urtarsi centralmente. Togliere 3 sfere, appoggiandole al sostegno, e lasciarne solo 2: sollevare una sfera mentre l’altra è ferma e lasciare andare (v1 ≠ 0, v2=0). Che succede? (le sferette si scambiano le velocità: v’1=0, v’2= v1). Sollevare ai lati entrambe le sferette. Che succede? Togliere 2 sfere e lasciarne 3: sollevarne una e lasciare andare. Sollevare due sfere e lasciare andare. Lavorare con tutte e 5 le sfere, sollevandone una, poi due, ecc. Tenere presente che gli studenti dovrebbero capire che negli urti si conservano quantità di moto ed energia cinetica (in particolare, l’altezza a cui risale una sferetta è proporzionale a v2 e non a v). Il ‘pendolo’ veniva impiegato da Huygens come modello per giustificare l’ipotesi della propagazione in un solido della luce. 21 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. E’ acquistabile per es. presso gli shop dei Musei o, a Roma, presso La Città del Sole e in qualche negozio di articoli da regalo. 13. Oggetti che non cadono, oggetti che salgono da soli Bambolina o bicchiere per bambini piccoli: un corpo tende ad assumere la posizione che abbassa di più il suo baricentro; la posizione di equilibrio stabile, con il baricentro più basso possibile, è quella con energia potenziale minima. Perché non cadono? Perché sono in equilibrio stabile? (In questo tipo di oggetti il baricentro G è molto basso in modo da stare vicino al punto d’appoggio; la base è simmetrica rispetto a un asse verticale passante per G e il punto di appoggio è al di sotto. Se si sposta di poco l’oggetto, per es. a sinistra (comunque in modo da abbassare il baricentro del corpo), la forza peso produce una forza di richiamo che fa ruotare il corpo verso destra). Equilibrista: sta in equilibrio grazie alla posizione del baricentro, situato al di sotto della piccolissima area d’appoggio; i pesi laterali abbassano la posizione del baricentro. Spostando i pesi più in alto l’equilibrio diventa indifferente, poi instabile Doppio cono che sale lungo il piano inclinato: il doppio cono ‘sembra’ salire ma in realtà scende (i punti d’appoggio lungo la cui congiungente si trova il baricentro del doppio cono in realtà scendono); il paradosso è causato dalla scanalatura dei due binari lungo cui scorre il doppio cono. G P 14. Il picchio salterino Si tratta di un picchio dal lungo becco, collegato mediante una molla a un anello che scorre su un’asta verticale. Come si muove il picchio? Perché scende a scatti e non con velocità uniforme? anello (Possiamo rispondere a) sia in termini di forze in gioco b) sia con considerazioni energetiche. a) con riferimento all’anello, quando è orizzontale la forza d’attrito tra asta 22 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. e anello è minima, prevale la forza peso e il picchio scende; ma la molla continua a far oscillare il picchio e piega l’anello che si dispone trasversale; in tal caso l’attrito è massimo e la discesa è bloccata, ecc. b) l’energia potenziale gravitazionale si trasforma quasi tutta in energia potenziale elastica e in parte in energia cinetica, e quindi in calore per attrito. Quando l’anello si blocca l’oscillazione del picchio si arresta rapidamente perché le forze d’attrito prevalgono sulla forza peso del picchio). Cap. 6 PRESSIONE, TEMPERATURA E CALORE §6.1. Pressione nei fluidi L’ argomento in esame è apparentemente banale e scontato ma pieno di insidie; entrano pesantemente in gioco le rappresentazioni mentali e la fisica del senso comune. Vale la pena affrontare la storia (parallelismo tra sviluppo storico della scienza e sviluppo cognitivo, tra pensiero scientifico e ‘pensiero naturale’) e qualche esperimento storico. Il tema è interessante per la varietà di esperimenti a basso costo che si possono fare e, anche, per i nessi tra fisica e matematica. Concetti e nozioni chiave: pressione e densità; la pressione nei fluidi definita come p=F/S è identica dimensionalmente ma non concettualmente a una forza su una superficie; principio di Pascal e principio di Archimede; variazione di p con l’altezza nel campo della gravità: legge di Stevino e pressione idrostatica. Pressione atmosferica: definizione operativa e sue unità di misura, nel SI e non. Moto nei fluidi, teorema di Bernoulli e sue applicazioni. Relazioni p, V e T; diagrammi di stato. Qualche conoscenza tecnica: sifoni, pompe aspiranti (principio della ‘prevalenza’) e prementi; manometri differenziali e barometri aneroidi. Un possibile schema di lezione frontale e interattiva, può essere: - sottoporre agli studenti una serie di test diagnostici su fisica e senso comune pertinenti al tema trattato (v. test 14, 15 e 16 al cap. 4), insieme a domande del tipo: “Quanto pesa l’aria in quest’aula?”. Discutere insieme i risultati. Nel caso della pressione nei fluidi le misconcezioni sono frequenti. Secondo la fisica del senso comune, si crede comunemente che la pressione agisca come una forza, di preferenza la forza peso; il fluido ambiente, inoltre, o non ha effetto sui corpi immersi o ha un effetto direzionale, dall’alto al basso; una depressione o il vuoto esercitano una “forza di vuoto” che aspira il fluido (il fluido, al contrario, viene aspirato perché c’è una differenza di pressione). La pressione è invece una via di mezzo tra un vettore e uno scalare e vale il principio di Pascal; il fluido ambiente esercita una pressione su tutti i corpi, la pressione agisce in tutte le direzioni perpendicolarmente alla superficie dei corpi; in aria, in condizioni normali, a 0°C e a ldm, 1 atm= 1,013 105N/m2=1,013 bar. Dopo avere discusso i risultati dei test, proporre semplici esperimenti: - un bicchiere viene riempito d’acqua fino all’orlo, chiuso con un cartoncino rigido e capovolto. L’acqua non cade e il cartoncino rimane ‘incollato’ al bicchiere. Perché? - Una pipetta o una ‘clessidra’ (dispositivo usato per travasare il vino), vengono immerse dentro un secchio pieno d’acqua. Per il principio dei vasi comunicanti si riempiono, quindi si tappano con un dito dalla parte superiore e si estraggono dall’acqua: fino a che il dito le chiude, l’acqua non esce dalla parte inferiore; se si toglie il dito, l’acqua esce e così via ripetendo l’operazione (il dispositivo può essere realizzato a basso costo con una bottiglia PET3 alla base della quale siano stati praticati dei fori del diametro di qualche mm). Perché? 3 PET (polietilentereftalato) è una plastica della famiglia dei poliesteri. 23 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. - Preso un tubicino di plastica (lungo circa 50 cm) e due secchi, uno pieno posto più in alto e uno vuoto inferiore, si chiede: come si fa a vuotare il secchio pieno senza capovolgerlo servendosi del tubo? A che serve un sifone? Come funziona? Potrebbe funzionare con un dislivello qualunque tra i due secchi? Una volta innescato il sifone, fino a quando scorre il liquido? - E come funziona una pompa aspirante? (servirsi di una siringa come modello in scala). Esiste un’altezza massima al di sopra del pelo libero a cui si può sollevare l’acqua con una pompa aspirante? (il fenomeno è detto “prevalenza”: l’altezza teorica a cui l’acqua può essere sollevata è di 10,33 m, equivalente a una atmosfera; nella pratica, a causa di perdite varie, tale altezza è sensibilmente inferiore. Per sollevare l’acqua si devono impiegare altri dispositivi, per es. una pompa premente sommersa). Introdurre il concetto di pressione atmosferica, la sua definizione operativa, la sua genesi storica con l’esperimento della canna torricelliana. Misura a basso costo della pressione atmosferica (v. per es. U. Amaldi, Fisica per temi, cit., guida di Laboratorio, scheda 16, La misura della pressione atmosferica). Raffiniamo quindi concetti e principi con una lezione frontale interattiva, affrontando il principio di Pascal, di Stevino e di Archimede. Principio di Pascal - Classico esperimento del pallone di Pascal con un pistone all’imboccatura e vari fori se si usa l’acqua (o piccoli tubi a U pieni di liquido colorato se si usa l’aria) posti radialmente: abbassando il pistone la pressione si propaga allo stesso modo in tutte le direzioni. - Un esperimento a basso costo: due siringhe di diverso diametro e un tubicino lungo circa un metro (tubicini per flebo, acquistare in farmacia); collegare le due siringhe con il tubicino, riempire d’acqua il sistema cercando di eliminare l’aria. Uno studente tiene in mano la siringa più grande mentre l’altro la più piccola e ciascuno preme con il pollice il pistone. Chi riesce a spingere di più? L’esperimento, definito da Andrea Frova “del pollice di ferro” (A. Frova, La fisica sotto il naso, v. bibliografia), è basato sul principio del torchio idraulico (impiegato nei sollevatori idraulici, nei freni idraulici, ecc.): si hanno due pistoni mobili di sezione A1 e A2 (per es. con A1< A2). Se si applica una forza F1 sulla sezione A1, si provoca un aumento di pressione Δp = F1/A1 che si trasmette inalterata nel fluido (supposto incomprimibile); sul pistone di area A2 la Δp dà luogo a una forza F2= Δp A2= F1(A2/A1). Se il rapporto tra le sezioni è n = A2/A1 →F2= nF1. 24 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. - Paradosso idrostatico: come distruggere una botte piena con poca fatica…Se si applica alla botte, da qualunque parte, una sovrapressione, per es. con un tubicino pieno di liquido, la botte si spacca. Principio di Stevino - Esperimento a basso costo con bottiglie PET: forare la bottiglia in A e tappare con un chiodo o simili; riempire la bottiglia d’acqua e stappare A. La pressione in A da che dipende? (p=p(h)) Che forma ha lo zampillo? Ovunque venga praticato il foro sulle pareti della bottiglia, com’è lo zampillo (cioè la velocità di efflusso) rispetto alla parete? p A hA A Costruire una ‘prolunga’ con un tubicino da flebo, con la parte inferiore inserita nel tappo della bottiglia (precedentemente forato) e la parte superiore in un’altra mezza bottiglia (v. fig.) da riempire con acqua. Che succede quando solleviamo la prolunga? Perché la gittata aumenta? Quanto vale in questo caso la pressione pA in A? - Con due bottiglie PET forate, con fori alla stessa altezza, una riempita d’acqua e l’altra con un liquido di densità ρ, per es. alcool (ρalcool<ρacqua), quale zampillo arriva più lontano? Da che dipende pA? (p=p(ρ)) Principio di Archimede - Per la verifica della legge di Archimede, v. U. Amaldi, Fisica per temi, cit., scheda 15. - Sulla dipendenza funzionale della spinta d’Archimede (A=ρgV) da ρ (del liquido) e da V (volume di fluido spostato). Zavorrare una pallina da ping pong in modo da farla affondare lentamente in un becker pieno d’acqua. Se versiamo sale nell’acqua perché la pallina risale? 25 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. - Idem con uovo in acqua fredda (l’uovo di norma galleggia in parte) e in acqua calda (l’uovo affonda, perché ρ diminuisce). - Tappo di sughero zavorrato: inserire una vite in un tappo di sughero in modo che resti fuori dal tappo di circa 2/3. In questo modo, il tappo immerso in un becker pieno d’acqua galleggia. Se si fa avanzare la vite nel tappo per tutta la sua lunghezza il tappo affonda. Perché? § 6.2. Il banco da vuoto Il banco da vuoto è una spesa da affrontare: consente di fare numerosi esperimenti in vari settori della fisica (studio al diminuire di p, per es. dell’effetto ionizzante di un preparato radioattivo, della scarica elettrica in un gas). Esponiamo di seguito una serie di esperimenti semplici sulla pressione nei fluidi. Il banco da vuoto è costituito da una pompa (per es., quella rotativa monostadio a tenuta d’olio con zavorra d’aria della Leybold, 37873, che richiede manutenzione minima), da un piatto con la relativa campana da vuoto e possibilmente da un manometro. Provare prima della lezione dopo avere letto attentamente il libretto di istruzioni (la pompa, per es., va azionata una mezz’ora prima degli esperimenti per farla scaldare). Il piatto della campana deve essere ben sgrassato con alcool e quando si posiziona la campana sul piatto va premuta con decisione altrimenti il bordo non è a tenuta e la pressione interna non diminuisce quando il motore della pompa è in funzione. Gli unici inconvenienti di questa pompa sono dovuti al rumore e ai fumi di scarico (ventilare l’ambiente aprendo le finestre). Evitare di mettere oggetti vicino al foro di aspirazione. In caso di caduta di gocce d’acqua sul piatto, asciugare bene. Prima di fare gli esperimenti, illustrare agli studenti le varie parti del banco, insistendo in particolare sulla funzione dei rubinetti per la reimmissione dell’aria nella campana dopo che si è fatto il vuoto e sull’impiego del manometro (unità di misura, fondo scala, principio di funzionamento). Possibile sequenza di esperimenti: - palloncino sgonfio chiuso (deve contenere un po’ di aria residua) sotto la campana. Far prevedere agli studenti che succede quando si inizia a fare il vuoto. - Baroscopio: mostrare il baroscopio in aria con il giogo orizzontale. Perché il contrappeso è di forma allungata? Perché dall’altra parte del giogo c’è una sfera di polistirolo? Che succede al baroscopio sotto la campana man mano che si fa il vuoto? - Misura di precisione della pressione atmosferica con il cilindro di vetro, munito di pistone metallico collegato a un dinamometro; il cilindro va fissato inferiormente alla bocca di aspirazione della pompa. Se già abbiamo trattato l’argomento con materiali a basso costo, far prevedere agli studenti come deve essere condotto l’esperimento: che cosa dobbiamo misurare? Che fondo scala deve avere il dinamometro? - Tubo di Newton: piuma e pesetto, chi arriva prima in aria? Fare il vuoto nel tubo e ripetere la domanda. A causa delle cariche statiche sul tubo, spesso la piuma si incolla alla parete interna. Prima di fare l’esperimento, pulire il tubo con carta imbevuta d’acqua oppure usare l’apposito spray antistatico. [-Tubo di Newton a basso costo se non si ha la pompa: un quaderno Q con copertina rigida e un foglio F del quaderno. Tenere in mano Q e F e chiedere: Chi arriva prima quando lasciamo cadere nello stesso istante Q e F? (in aria arriva prima Q). Mettere il foglio sotto il quaderno, in modo che combacino perfettamente. Ripetere la domanda e far cadere (‘in assenza d’aria’ arrivano insieme). Ma è Q che spinge F? Fare la controprova, mettendo F sopra Q. Far cadere (arrivano insieme e non è Q che spinge F).] 26 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. -Misura della densità dell’aria con pallone di vetro munito di due rubinetti per il vuoto. Il pallone disponibile in laboratorio ha diametro d= 12 cm, V= 1 l= 10-3 m3. Pesare il pallone a rubinetti aperti (con aria a pA) con una bilancia di precisione (almeno a 0,1 g); fare il vuoto nel pallone e ripesare. Misurare ρ dell’aria con il suo errore. Confrontare ρmis con ρatteso (a p normale ρ = 1,29 kg/m3). - Ebollizione dell’acqua a T ambiente: mettere in un becker poca acqua e inserirvi un termometro (per es. digitale, purché sia di dimensioni compatibili con la campana). Man mano che si fa il vuoto, l’acqua inizia a bollire. Perché? Far discutere gli studenti richiamando varie situazioni note (per es., in montagna l’acqua bolle a temperature inferiori a 100°C) e poi illustrare il diagramma di stato dell’acqua nel piano p, T. Ogni sostanza pura ha un suo diagramma di stato, del tipo mostrato in fig.; p mmHg fusione evaporazione solidificazione liquido Solido sublimazione condensazione punto triplo linea di vaporizzazione gas brinamento T(°C) le regioni S, L e G indicano i campi di stabilità delle fasi rispettivamente solida, liquida e gassosa. Le linee di separazione tra due campi adiacenti indicano le linee di coesistenza di due fasi, S-L e L-G. In generale il ramo S-L presenta dp/dT > 0 (al crescere di p cresce T e viceversa). L’acqua fa eccezione e nel ramo S-L ha dp/dT < 0 (v. fig.). Nel diagramma, S→L indica la fusione (nel passaggio inverso la solidificazione); L→G la vaporizzazione o ebollizione (nel passaggio inverso la condensazione o liquefazione); S→G la sublimazione (nel passaggio inverso il brinamento). In P, punto triplo, c’è coesistenza di 3 fasi, liquida, solida e vapore. Per l’acqua al punto triplo T= 0,01 °C, p= 4,58 mmHg. C è il punto al di là del quale non ha più senso parlare di fasi (si parla di “fase critica”). Come si vede dal diagramma, lo stato di una sostanza, per es. l’acqua, dipende da p e T. Per l’acqua a p = 1 atm, per T ≤ 0°C si ha lo stato solido, per 0<T< 100°C si ha lo stato liquido, per T ≥ 100°C lo stato gassoso. Osservare che nell’acqua contenuta nel recipiente vi sono bollicine piene di vapore che all’equilibrio hanno all’interno una pressione pari alla pressione di vapore saturo pvs. Fino a che la pressione esterna pest (normalmente la pressione atmosferica pA, pA > pvs) è maggiore della pvs le bollicine sono ‘invisibili’. Quando pvs = pest (se pest = pA, T=100°C), le bolle aumentano di diametro e salgono sotto la spinta di Archimede: l’acqua inizia a bollire. Possiamo far bollire l’acqua nel modo usuale, aumentando T, oppure diminuendo p. [- Ebollizione dell’acqua a T ambiente a basso costo: piccolo recipiente di pyrex con tappo da vuoto a doppia via per la reimmissione dell’aria (da acquistare nei negozi di prodotti per la chimica, per es. Ciro Donati srl, p. Confienza, Roma; Vetro scientifica srl, v. Volsci, 88, Roma). Fornelletto elettrico. Mettere un po’ d’acqua nel recipiente e far bollire l’acqua (senza tappo, cioè a pA). Non appena l’acqua bolle, rimuovere il recipiente dal fornello e chiuderlo con il tappo. Far freddare (per accelerare il raffreddamento circondare il recipiente con carta imbevuta di acqua fredda): il vapore condensa e la p interna al recipiente si abbassa. L’acqua riprende a bollire (se p diminuisce diminuisce anche la T di ebollizione) ogniqualvolta pint raggiunge il valore che corrisponde all’equilibrio L-G (pressione di vapore saturo).] 27 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. §6.3. Dinamica dei fluidi Teorema di Bernoulli Come è noto, è il teorema fondamentale in dinamica dei fluidi e un bell’esempio di applicazione del teorema dell’energia cinetica e di estensione della conservazione dell’energia meccanica al moto di un fluido. Si ricorda che il fluido viene considerato incomprimibile, non viscoso, in moto stazionario e vale l’equazione di continuità Sv=cost (principio di conservazione della massa), dove S è la sezione di un tubo di flusso e v la velocità del fluido attraverso la sezione. Il teorema di Bernoulli può essere enunciato come somma di tre pressioni (pressione atmosferica, pressione cinetica e pressione idrostatica) per una stessa linea di flusso: 1 p + ρv 2 + ρgh = cos t (1) 2 (con ρ densità del fluido, h altezza del tubo di flusso rispetto a una superficie di riferimento); oppure come somma di tre altezze: p v2 + + h = cos t (2). € ρg 2g Teorema di Torricelli Supponiamo di avere €un recipiente abbastanza grande da considerare l’abbassamento del pelo libero dell’acqua trascurabile quando l’acqua fuoriesce da un forellino praticato per es. in A. B A Applichiamo il teorema di Bernoulli (1) alle sezioni in A e in B per ricavare il teorema di Torricelli, relativo alla velocità di efflusso dell’acqua da un forellino di piccola sezione s: v = 2gh . In B vB = 0 (questa condizione deriva anche dalla equazione di continuità Sv=cost; poiché s « S ne segue che vB è trascurabile rispetto a vA); pA = pB = pressione esterna; scegliamo h con origine in A sicché hA = 0: 1 1 p€A + ρv A2 + ρghA = pB + ρv B2 + ρghB da cui la tesi ( v A = 2gh ). 2 2 -Nel recipiente di figura, se H= 1 m dove dobbiamo praticare il foro per avere gittata massima? € € H h Pratichiamo il foro a un’altezza h dal fondo del recipiente; per il teorema di Torricelli v = 2g( H − h ) ; per la gittata D= x=vt mentre lungo y, y = h = (1/2)gt2 → t = (2h/g)1/2 (1) 2h = 2 h ( H − h ) ; si ha gittata massima quando → x = 2g( H − h ) g dx/dh=0 → (1/2)2[h(H-h)]-1/2 (H-h-h)= (H-2h)/ [h(H-h)]1/2=0 per h=H/2. € € 28 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. Se il foro A è posto a quota h = 20 cm al di sotto della superficie libera dell’acqua, determinare a quale altezza h’ rispetto al fondo del recipiente va praticato il foro B perché i due getti si intersechino (stessa gittata). A H h’ B v A = 2gh 2( H − h ) g tA = ; 2h' v B = 2g( H − h') t B = g per la gittata x=vt, vAtA=vBtB, h(H-h) = (H-h’)h’, ponendo H=h+h’+Δh→h(h+h’+ Δh -h) = (h+h’+ Δh -h’)h’ → hh’ +h Δh = hh’ + Δh h’ → h=h’. Si può mostrare sperimentalmente che le cose stanno effettivamente così con una bottiglia PET forata€ai punti giusti. Effetto Magnus Un corpo a simmetria sferica o cilindrica in moto in un fluido con velocità v e nello stesso tempo in rotazione con velocità angolare ω (con ω ortogonale a v) è soggetto a una forza risultante di pressione trasversale rispetto alla direzione del moto. E’ ciò che si verifica nel gioco del tennis o del calcio quando si imprime alla palla una rotazione attorno a un asse normale alla direzione del moto (tiro “a effetto”). Se abbiamo per es. una pallina da ping pong in rotazione con velocità angolare ω che si sta muovendo in aria, con velocità v, nel sistema di riferimento solidale al c.d.m. della pallina la velocità dell’aria in prossimità della superficie del corpo risulta dalla composizione della velocità di traslazione con la velocità dello strato limite d’aria trascinato nella rotazione. decompressione compressione B F Da un lato della pallina (A in figura) le velocità sono concordi mentre dal lato opposto (B) sono discordi così che vA> vB; per il teorema di Bernoulli, se aumenta v la pressione del fluido diminuisce pA < pB (il teorema di Bernoulli è valido per i fluidi incomprimibili; per i gas vale in modo approssimativo per differenze di pressione non troppo grandi). La decompressione in A e la compressione in B generano una forza F di pressione trasversale da B ad A (cfr. F. Scudieri, Appunti di fisica I, parte II, Aracne, 1996). 29 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. - Phon e pallina: quando si mette una pallina da ping pong sul getto di un phon (regolato ad aria fredda) la pallina viene spinta verso l’alto e si mette in una posizione di equilibrio stabile; se si sposta di poco la pallina verso destra o verso sinistra questa ritorna nella sua posizione primitiva. Perché? (quando si sposta la pallina, per es. verso destra, la parte più vicina all’asse del getto viene investita a velocità maggiore rispetto alla parte più lontana; per il teorema di 1 Bernoulli p + ρv 2 = costan te , la pressione sul lato sinistro diminuisce rispetto alla 2 pressione sul lato destro e la pallina è soggetta a una forza F di richiamo che la risospinge verso l’asse. Succede lo stesso anche con il phon inclinato (in fig. S è la spinta dell’aria, P il peso della pallina). € S S F P P Le cose si complicano se il phon è regolato su aria calda; può succedere che la pallina inizi a ruotare su se stessa e cambi il verso di rotazione in punti diversi del getto in modo del tutto inaspettato. L’unica spiegazione sensata che si può dare è che si è passati dal regime laminare al regime turbolento (dove il teorema di Bernoulli non è più valido) e il comportamento della pallina diventa troppo complesso da spiegare. - Pallina e foro: se spingiamo una pallina da ping pong contro un foro di piccolo diametro da cui esce un getto d’aria e la rilasciamo, la pallina invece di schizzare via rimane incollata al foro. Perché? - Due palloncini sono sospesi ciascuno a un filo di uguale lunghezza. Se ci soffiamo in mezzo invece di allontanarsi si avvicinano. Perché? Lo stesso può succedere a due barche ormeggiate una accanto all’altra. Perché si urtano? 30 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. Bibliografia Per esperimenti a basso costo, U. Amaldi, Fisica per temi, cit., guida di Laboratorio, scheda 18 (La legge di Boyle). Per phon e pallina, si veda La Fisica nella scuola, I giocattoli e la scienza, Quaderno 4, 1993, p. 40. Videocassette della serie Fisica e senso comune, coordinata da M. Vicentini: si veda in partic., sulla genesi del concetto di p.a. con esperimenti storici, M. G. Ianniello, Un oceano d’aria; sul diagramma di stato dell’acqua, punto triplo, ecc., G. Marucci, Una finestra sulle cose. Sul concetto di pressione nei fluidi, M. Mayer, M. Vicentini (a cura di), Didattica della fisica, La Nuova Italia, 1996: M.G. Ianniello, M. Vicentini, La storia come strumento didattico (cap.VI); M. G. Ianniello, La genesi storica del concetto di pressione atmosferica (cap. VII). ESERCITAZIONI - Dito nell’acqua: si riempie un becker d’acqua e si mette su una bilancia. Se metto un dito nell’acqua senza toccare il fondo, la bilancia segna di più, di meno o uguale? - Barca in una vasca piena d’acqua: se si carica una pietra nella barca e poi si butta la pietra in acqua, il livello dell’acqua della vasca si alza, si abbassa o resta costante? Se al posto della pietra si carica un ciocco di legno, quando si butta il ciocco in acqua, il livello d’acqua della vasca si alza, si abbassa o resta costante? (cfr. A. Frova, La fisica sotto il naso, cit.in Suggerimenti e bibliografia di approfondimento, v. oltre, p. 234). - Pesare l’aria (da M. Ageno, Esercizi e problemi di fisica, Roma, terza edizione): In un libro di osservazioni scientifiche, dedicato ai ragazzi, si insegna a pesare l’aria così: “Prendete un pallone di plastica e pesatelo dopo averlo gonfiato con aria. Quindi vuotatelo accuratamente, appiattendolo e piegandolo in modo che non rimanga dentro aria in quantità apprezzabile. Ripesatelo e fate la differenza con la prima pesata. Otterrete così il peso di un volume d’aria uguale a quello prima contenuto nel pallone”. Siete d’accordo? -Un blocco di ghiaccio a 0°C e p = 1 atm appoggiato su una superficie, dove si scioglie prima? -Perché i ghiacciai ‘camminano’? -Come si fa a far passare un sottile filo metallico sotto un pesante blocco di ghiaccio senza sollevarlo? 31 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. -Gli emisferi di Magdeburgo: mostrare che la forza F richiesta per separare gli emisferi (di raggio R) è data da F= πR2P (la superficie efficace della sfera è solo πR2), dove P è la differenza di pressione tra l’esterno (pest = 1 atm) e l’interno della sfera. Se R= 30 cm e pint= 0,1 atm quale forza F dovrebbe avere il tiro dei cavalli per separare gli emisferi? I tiri dei cavalli devono essere due o ne basta uno solo? F F R - Uovo crudo e uovo sodo: se si mettono in rotazione su un piano orizzontale un uovo crudo e un uovo sodo, chi si ferma prima? Motivare la risposta. - Palline da ping pong e gravità: una pallina da ping pong rotola senza strisciare in verso orario sulla superficie orizzontale di un tavolo e poi cade. Trascurando attriti e spinta di Archimede, la pallina cade sul pavimento: A. come qualsiasi grave; B. più vicino alla base del tavolo; C. più lontano. Motivare la risposta. -Perché la sezione del getto dell’acqua che esce dal rubinetto diminuisce all’aumentarre della distanza dal foro d’uscita del rubinetto? - Perché la manichetta del pompiere va tenuta con forza in mano quando è in funzione? Se viene tenuta in orizzontale, quale forza deve esercitare il pompiere per mantenerla ferma? (da F. Scudieri, cit.) - Prendere due fogli A4 (o due strisce di carta, oppure due palline da ping pong sospese ciascuna a un filo) e tenendoli paralleli a una distanza di qualche cm, soffiare in mezzo. I fogli si allontanano o si avvicinano? Motivare la risposta (…dove la velocità aumenta la pressione si riduce). § 6.4. Temperatura e calore Come nel caso della pressione nei fluidi, l’argomento va trattato con molta cautela e vanno individuate e chiarite le misconcezioni derivanti dalla fisica del senso comune. In particolare, gli studenti tendono a confondere temperatura e calore, conducibilità termica e temperatura (v. test 13, cap. 4), ritengono il calore contenuto nei corpi (“fluido calorico”) piuttosto che una forma di energia in trasferimento. Vanno chiariti in particolare i seguenti Concetti e nozioni chiave: interazione termica, equilibrio termico, temperatura ambiente, sistema, processo, trasformazione termodinamica; principio zero, trasferimento di calore (o, meglio, di energia termica), caloria e Joule, capacità termica, calore specifico, calore latente. Termometria: come funzionano i termometri, termometri ‘empirici’ e misure indirette di T (per es., basate sulla dilatazione termica), scale e punti fissi (sistemi bifasici), termometri a liquido (coefficiente di dilatazione di un liquido, coefficiente di conduzione termica), sensibilità e precisione, costante di tempo di un termometro. Termometri ‘termodinamici’ a gas a p costante e a V costante (scala Kelvin). Calorimetria: come si misura Q. Calorimetro delle mescolanze. Equivalente in acqua del calorimetro o “capacità termica a vuoto”. Strumentazione di base: termometri con vari f.s., termometri elettronici e sonde anche per esperimenti on line (per es. con MBL). Calorimetri. Fornelli elettrici (i bruciatori ad alcool non sono ammessi per problemi di sicurezza). 32 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. Un possibile percorso può essere quello suggerito da Arons in cui si invitano gli studenti a descrivere esperienze quotidiane: - abbiamo un secchio pieno d’acqua in una stanza; nell’acqua è immerso un termometro che segna una certa temperatura T* mentre un altro termometro posto a distanza registra la temperatura ambiente TA: T*> TA. Come varia T* nel tempo? Idem con acqua fredda (T*< TA). - Se abbiamo due corpi A e B a diverse temperature TA e TB (per es. TA > TB) messi a contatto che succede? Quando le due temperature si uguagliano che succede? Fare osservare che nei fenomeni fisici quotidiani e più in generale in natura esiste una tendenza generale e spontanea a raggiungere la temperatura di equilibrio termico. - Che succede se si isolano termicamente i secchi, gli oggetti, ecc.? (Cambia il tempo che il sistema impiega per raggiungere la temperatura d’equilibrio. Introdurre argomenti di riferimento quotidiano: isolare termicamente i muri di una casa e così via.) - Se abbiamo due recipienti A e B pieni d’acqua (per es., mA> mB) con la stessa temperatura iniziale T0A = T0B, messi su due bruciatori identici che cosa dobbiamo fare per portare A e B alla stessa temperatura finale? (Ci vuole più tempo e più ‘combustibile’ per il recipiente con più acqua; alla relazione Q∝mΔT). - Che succede se facciamo fondere del ghiaccio? Durante il passaggio di stato che fa la temperatura? - Se mescoliamo due quantità uguali m1 e m2 di una stessa sostanza, per es. acqua, a T diverse, come sarà la T di equilibrio? (trasferimento di Q) E se le masse sono diverse? E se sono diverse anche le sostanze? (al concetto di calore specifico e alla relazione Q=mcΔT). Dai semplici quesiti esposti dovrebbe essere chiaro che massa e temperatura ci danno un modo per misurare le quantità di calore Q trasferite e che inoltre a diverse sostanze sono associati calori specifici diversi. Vediamo meglio come misurare temperature e quantità di calore. §6.5. Misure di temperatura I termometri sono strumenti tarati che sfruttano fenomeni intermedi, cioè variazioni di altre grandezze per risalire a T. Esempi di fenomeni intermedi: - variazioni di volume ΔV di un liquido o di un solido; - resistività o resistenza elettrica R di un materiale conduttore; - tensione di vapore saturo di un liquido; - ddp tra le saldature di una termocoppia a T diverse (forza “termoelettromotrice”); - Δp di un gas a V costante [p(T)=p0(1+βT), da PV=nRT, p=cost.T, dove β è un coefficiente relativo all’aumento di pressione in funzione di T ]; - ΔV di un gas a p costante [V(T)=V0(1+αT), V=cost.T con α coefficiente di dilatazione cubica e β=α]. Ricordare che i termometri a gas perfetto sono migliori perché indipendenti dalla -1 sostanza impiegata. I coefficienti α=β per tutti i gas perfetti; α= (1/273,15) °C ; per V(T) = 0→ T=-1/α= -273,15 °C (zero termodinamico o assoluto; T= t(°C) + 273,15) (scala termodinamica o assoluta). Come è fatto un termometro a liquido? Come funziona? Analizziamo la struttura di un termometro a mercurio. Anche se dal 2009 verranno ritirati dal commercio a causa della tossicità del mercurio, facciamo ugualmente riferimento a questa tipologia di strumenti perché è familiare a tutti e presenta anche un significato storico importante. Molte delle sue caratteristiche sono comunque comuni a tutti i termometri a liquido. 33 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. Il termometro ha un bulbo di volume V, in cui è contenuto il liquido termometrico (oltre al mercurio, alcool, pentano, toluolo, ecc.), un capillare di sezione s e una scala; il coefficiente di dilatazione α del liquido è elevato (α >> αvetro) così come il coefficiente di conduzione termica k (tutto il liquido è alla stessa T). Il termometro è stato precedentemente tarato, in genere con un termometro a gas. Il liquido termometrico deve essere adeguato agli impieghi del termometro (deve avere un range di temperature compatibile con le T da misurare, lontane dalla temperatura di solidificazione e di ebollizione del liquido). Il liquido deve essere ‘puro’ e avere dipendenza lineare da T (α = α (T)) per scale lineari. Quando si mette il termometro a contatto con il sistema S di cui si vuole determinare la T si suppone che la capacità termica CS>>CT (in altre parole il termometro con la sua capacità termica deve perturbare al minimo il sistema). Il termometro interagisce con S scambiando calore fino a che si porta in equilibrio (livello della colonnina di mercurio stabile su T1) con S (con un certo ritardo misurato dalla cosiddetta costante di tempo τ del termometro). TA T1 S - Per la taratura: punti fissi, per es. ghiaccio fondente e acqua; acqua bollente e vapore, comunque sistemi bifasici perché a pressione costante sono termicamente stabili. - I termometri a liquido sono soggetti a stararsi perché il vetro è un solido amorfo e si deforma nel tempo, specie se subisce ΔT marcate che tendono a modificare la struttura microscopica del vetro. - I termometri a liquido sono a immersione totale ma di solito solo il bulbo e parte del capillare vengono introdotti nel sistema (esistono formule correttive per le misure più fini che non sono oggetto di questo corso). - La sensibilità σ di un termometro a liquido viene definita come σ = risposta/sollecitazione= dl/dT (1), con dl variazione elementare del livello di liquido nel capillare in funzione di dT. Si dimostra che σ= αV (2), con V, volume del bulbo, s sezione del capillare. s Quando il termometro è sollecitato da dT il volume del liquido termometrico varia (secondo la legge V(T)=V0(1+αT)) di dV= αVdT → sdl= α VdT (3). Da (1) e (3) segue σ = αVdT /sdT da cui la (2). Il termometro è tanto più sensibile (σ alta) quanto più sono grandi α e V€ e quanto più è piccola la sezione s. Ma se si aumenta V aumenta la capacità termica del termometro CT. Nella costruzione del termometro occorre pertanto trovare il giusto compromesso tra sensibilità, precisione, giustezza dello strumento. - Prontezza di un termometro a liquido: supponiamo di immergere il termometro in un sistema a temperatura T1; la temperatura iniziale del termometro sia T0 (uguale per es. alla T ambiente) e T1> T0. In un intervallo di tempo dt il sistema S cede al liquido termometrico dQ=γ[T1-T(t)] dt (γ è una costante che dipende dalla natura del sistema). Il liquido termometrico assorbe in dt: dQ=CdT (C è la capacità termica del liquido termometrico). Nell’ipotesi di assenza di perdite di calore |Qass|=|Qced|, γ[T1-T(t)] dt = CdT; separando le variabili e integrando tra T e T0 si ha: − t T1 − T = (T1 − T0 )e τ (1). Se si riporta su un grafico la T del termometro in funzione del tempo t l’andamento della curva è esponenziale: parte da T0 e tende asintoticamente alla temperatura da misurare T1. € 34 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. A t=τ corrisponde il tempo necessario perché la differenza tra la temperatura del sistema T1 e la temperatura del liquido termometrico si riduca di 1/e del valore iniziale (T1- T0). Per determinare τ si può riportare la (1) su carta semilogaritmica; dalla (1) si t T −T ha: log R = − log10 e con R = 1 ; sull’asse normale si riportano i tempi e dalla τ T1 − T0 pendenza della retta si ricava 1/ τ. Quanto più τ è piccolo (pendenza della retta grande) tanto più il termometro è ‘pronto’. € §6.6. Misure di quantità di calore Calorimetro delle mescolanze Per misurare quantità di calore in laboratorio si impiegano tipicamente i calorimetri delle mescolanze. I calorimetri sono essenzialmente dei buoni thermos (o vasi Dewar), a pareti doppie, isolanti (o adiabatiche), all’interno delle quali vi è materiale termicamente isolante o il vuoto, specchiate. Il thermos è chiuso da un coperchio con dei fori per l’inserimento del termometro e dell’agitatore (l’agitatore serve a portare rapidamente il sistema alla stessa temperatura). In genere si mette nel calorimetro una certa quantità d’acqua nella quale si introduce per es. un oggetto solido o una certa massa di un liquido in modo tale che le parti del sistema scambino calore. Nell’ipotesi di perdite di calore con l’esterno trascurabili si imposta la condizione |Qass|=|Qced| e da qui si determina la grandezza voluta. Nella pratica le pareti del calorimetro perdono calore con l’esterno: per conduzione (ciò motiva perché tra le pareti del calorimetro viene fatto il vuoto o introdotto materiale termicamente isolante); per convezione (fare in fretta nel condurre le varie operazioni e mettere il tappo!); per irraggiamento (per questo le pareti interne del calorimetro sono a specchio). La perdita di calore segue la legge esponenziale (1) dove ora T1 è la temperatura dell’acqua, T0 è la temperatura iniziale del calorimetro e τ è la costante di tempo del calorimetro, determinabile sperimentalmente come nel caso del termometro. Quando nel calorimetro avviene lo scambio di calore, bisogna tenere presente che al processo partecipano anche le pareti interne del thermos e la parte del termometro e dell’agitatore in contatto con l’acqua. Va considerata pertanto una capacità incognita Cx=cxM* che partecipa allo scambio e che va determinata con l’artificio di considerare la massa incognita M* come una massa equivalente in acqua (cx=cacqua). Molte case costruttrici indicano già il valore della capacità termica a vuoto del calorimetro (+termometro e agitatore) C=caM* oppure, direttamente, la massa equivalente in acqua M*. Se non è così, a monte di un esperimento, va determinata M*. Determinazione dell’equivalente in acqua del calorimetro Versare nel calorimetro una massa M1 a T1 (per es. a T ambiente), aggiungere M2 a T2 (per es. T2< T1). Se le perdite con l’esterno sono trascurabili le due masse si scambiano calore e raggiungono una temperatura di equilibrio θ: |Qceduto|=|Qassorbito|, (M1ca+Cx)( T1-θ)= M2ca (θ - T2), (M1ca+M*ca)( T1-θ)= M2ca (θ - T2) (θ − T2 ) − M . M* = M 2 1 T1 − θ M1 e M2 si misurano con la bilancia o con un becker graduato (1 ml= 1g, ρacqua=1g/cm3), le temperature con il termometro. L’errore su M* si trova con le regole di propagazione dell’errore massimo (valutare δM* /| M*|). Può succedere che se non si € scelgono opportunamente M1, M2, T1 e T2 risulti M*≤0. 35 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. Determinazione sperimentale del calore specifico di un solido (o di un liquido immiscibile in acqua). Versare nel calorimetro una massa M1 d’acqua a T1. Se per es. vogliamo misurare il calore specifico di un blocchetto d’alluminio, di massa M2, far ‘termalizzare’ il solido (legato a una cordicella e immerso in acqua bollente) a T2=100°C (T2> T1) e immergerlo rapidamente nel calorimetro: M2 cx (T2-θ) = (M1+M*) ca (θ- T1) ( M1 + M *)c a (θ − T1 ) . cx = M 2 (T2 − θ ) Valutare (δcx /| cx |). Tra le fonti di errore vanno considerate le perdite di calore del calorimetro per conduzione, convezione e irraggiamento, l’evaporazione di una piccola massa d’acqua quando si introduce il blocchetto (a circa 100°C) nel calorimetro. Il € specifico dell’alluminio è cAl= 0,215 cal/gK = 896 J/kg°C=0,91 valore atteso del calore J/g°C. Con lo stesso procedimento si può determinare, per es., il calore latente di fusione λf di un cubetto di ghiaccio di massa Mgh a 0°C; se inizialmente il calorimetro contiene una massa Ma d’acqua a Ta > 0°C e viene introdotta la massa di ghiaccio Mgh occorre considerare nell’equazione di bilancio delle quantità di calore i contributi dovuti al passaggio di stato e all’acqua di fusione che si porta da 0 a θ di equilibrio: (Ma +M*) ca (Ta -θ) = λf Mgh + Mgh ca (θ-0). Si misura θ e quindi Mgh da Mtot = Mgh + Ma → Mgh = Mtot – Ma. Esistono calorimetri forniti di un tappo con al di sotto una resistenza collegabile, tramite le boccole sul coperchio, a un alimentatore, in grado di scaldare per effetto Joule l’acqua versata nel calorimetro. Quando R (che pesca nell’acqua) è percorsa da una corrente i, l’energia elettrica L=iVt (t è il tempo) si trasforma in calore assorbito dall’acqua del calorimetro Q=m ca ΔT. Misurando Q e L si può verificare l’uguaglianza tra i due termini (ma gli errori sono elevati a causa del fatto che l’acqua a contatto con la resistenza al calor rosso vaporizza in parte e sottrae calore; λev ∼540 cal/g). Esercitazioni - Termoscopio ad aria E’ tra gli strumenti più antichi, già menzionato da Filone di Bisanzio (210 a. C. ca.) e da Erone di Alessandria (I sec. d. C.). Si tratta di un’ampolla con un lungo collo (va bene anche una provetta). Scaldare sotto l’acqua calda il termoscopio e immergerlo capovolto in un recipiente pieno d’acqua fredda. L’acqua sale lungo il tubo: perché? (man mano che il termoscopio si raffredda, l’aria si comprime e diminuisce di volume). I primi termoscopi venivano tarati mettendo intorno al bulbo della neve (“freddo massimo”) e poi immergendo il bulbo in acqua bollente (“calore massimo”); tra questi punti fissi veniva costruita la scala. Le temperature più basse corrispondono alle divisioni sulla scala più in alto o più in basso? Il termoscopio ad aria veniva impiegato per misurare i “gradi di calore” legati alle condizioni meteorologiche. Che cosa non va? Perché il termoscopio dovrebbe essere più correttamente chiamato ‘termobaroscopio’? In merito alla ‘scoperta’ del termometro si verificò nel Seicento una disputa sul ‘vero’ scopritore. Tra i candidati alla scoperta figura Galileo a favore del quale si schiera il suo biografo, Vincenzo Viviani4 (1622-1703). Secondo Viviani, Galileo avrebbe inventato il termometro durante il periodo padovano, tra il 1592 e il 1597, e lo avrebbe usato per valutare “le mutazioni di freddo e di caldo”. Un’altra 4 La biografia di Viviani è del 1654. 36 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. testimonianza a favore di Galileo si ritrova in una lettera di B. Castelli a F. Cesarini, dove così viene descritto “un istrumento da esaminare i gradi del caldo e del freddo”, che altro non è se non il termoscopio: Mi sovvenne un’esperienza fattami vedere già più di trentacinque anni sono dal nostro Sig. Galileo, la quale fu, che presa una caraffella di vetro di grandezza di un piccol uovo di gallina, col collo lungo due palmi in circa, e sottile quanto un gambo di pianta di grano, e riscaldata bene colle palme delle mani la detta carafella, e poi rivoltando la bocca di essa in vaso sottoposto, nel quale era un poco di acqua, lasciando libera dal calor delle mani la caraffella, subito l’acqua cominciò a salire nel collo, e sormontò sopra il livello dell'acqua del vaso già più di un palmo; del quale effetto poi il medesimo Sig. Galileo si era servito per fabbricare un istrumento da esaminare i gradi del caldo e del freddo5. - Termometro infingardo Si tratta di una replica dei primi termometri impiegati anche presso l’Accademia del Cimento “per conoscere l’alterazioni dell’aria derivanti dal caldo al freddo” e descritti da Lorenzo Magalotti nei suoi Saggi di naturali esperienze del 1667. Si chiama infingardo perché è pigro a rispondere: “è un Termometro, ma più pigro e infingardo di tutti gli altri […], a muoverlo ci vuol altro che minime e insensibili differenze”6. E’ acquistabile nei negozi per articoli da regalo e può essere realizzato con lievi varianti. L’esemplare in dotazione è costituito da una provetta di vetro, alta 34 cm, contenente alcool e 5 palline cave uguali di vetro. Ogni pallina è riempita in parte di un liquido colorato che serve a visualizzarle meglio ed è contrappesata da una medaglietta di metallo su cui è inciso un numero da 18 a 28 °C. La massa dei contrappesi differisce di poco da una pallina all’altra (di dm ≈2 ⋅10-3 g, che corrisponde a 1 °C), ed è via via maggiore andando verso il basso; le palline possono così disporsi in verticale in modo da realizzare una sorta di scala tarata dove l’indice per la lettura della temperatura coincide con la pallina che si posiziona più in basso tra le palline che galleggiano. Come funziona questo termometro? Quali sono i suoi limiti? 5 Lettera di B. Castelli a F. Cesarini del 20 settembre 1638, Ed. Naz. Opere Galileo, A. Favaro (a cura di), Barbera 1890-1909, XVII, p. 377. 6 L. Magalotti, Saggi di naturali esperienze, 1667, ristampa Sellerio editore, 2001. 37 Dispense del corso PED, parte II, AA. 2008/09, M. G. Ianniello, riproduzione non consentita. A P (Su ogni pallina agiscono la forza peso, P=mg costante, e la spinta di Archimede, A=ρgV variabile perché la densità ρ dell’alcool dipende dalla temperatura. Se la T esterna aumenta, la densità dell’alcool diminuisce (il liquido si dilata, è ‘più rarefatto’), P>A e la sferetta si abbassa. Lo strumento è poco pronto, con un tempo di risposta elevato; il range è ristretto tra 18 e 26 °C, con divisioni di scala di 2 °C; lo strumento è poco sensibile. E’ tuttavia bello e offre un buon esempio di ‘strumento storico’) Suggerimenti e bibliografia di approfondimento: Numero di dicembre 1999 di American Journal of Physics, tema monografico sull’insegnamento della termodinamica. Tenere presenti i valori tabulati, negli Handbook o più semplicemente nei manuali, di calori specifici, temperature di ebollizione, fusione ecc. di varie sostanze. E. Bellone, Le leggi della termodinamica, Loescher, 1978. A. Frova, La fisica sotto il naso, Rizzoli, 2001. A. Frova, Perché accade ciò che accade, Rizzoli, 2003. F. Sebastiani, I fluidi imponderabili, Dedalo, 1990. AAVV. Calore, energia, entropia, C. Tarsitani, M. Vicentini (a cura di), Angeli ed., 1987. S. Brush, The Kind of motion we call heat, North Holland, 1977. 38