Lo status di membro del Parlamento in prospettiva comparata

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Seminario di studi e ricerche parlamentari
«Silvano Tosi»
Ricerca 2012
«Lo status di membro del Parlamento
in prospettiva comparata»
a cura di
Paolo Caretti, Massimo Morisi e Giovanni Tarli Barbieri
giugno 2012
Sommario
Introduzione
I-XIII
I
Lo status del parlamentare europeo
1-73
II
Lo status del parlamentare nel Regno Unito
III
Lo status del parlamentare francese
127-216
IV
Lo status dei parlamentari in Spagna
217-279
V
Lo status del parlamentare italiano
281-441
75-126
Introduzione
1. Da vari anni, le ricerche svolte dai partecipanti al Seminario per gli studi e le
ricerche parlamentari «S. Tosi» si sono incentrate sullo studio di singoli aspetti
dell’attività del Parlamento: così, ad esempio, negli ultimi due anni i temi affrontati
sono stati il Parlamento e i processi decisionali multilivello (2010) e il Parlamento nei
processi di regolazione complessi (2011). Il metodo seguito è sempre stato quello di un
approccio di tipo comparatistico, che mettesse a confronto i dati desumibili
dall’esperienza italiana con quelli che caratterizzano l’esperienza di alcuni ordinamenti
stranieri.
Quest’anno, invece, la ricerca ha avuto ad oggetto un tema classico del diritto
parlamentare, ossia quello relativo allo status dei membri del Parlamento, con
particolare riferimento agli istituti delle immunità, delle indennità e dei limiti
temporali e sostanziali al mandato parlamentare.
Quanto alle immunità, esse consistono in quegli istituti che possono vantare la
più antica tradizione, traendo origine dall’esigenza di salvaguardare il libero esercizio
della funzione parlamentare a fronte delle ingerenze, spesso lesive della libertà
personale dei singoli parlamentari, da parte del Sovrano. A lungo, infatti, ma
soprattutto al momento della nascita dei primi Parlamenti, i due poteri si confrontavano
all’interno di uno schema dualista , ricco di episodi alterni che hanno segnato ora
momenti di equilibrio, ora di prevaricazione del Sovrano a danno del Parlamento. Negli
sviluppi successivi l’equilibrio tra i due poteri si è decisamente spostato a favore del
Parlamento e a ciò hanno contribuito una serie di fattori: dall’introduzione del carattere
elettivo delle Assemblee, all’affermarsi del Governo come organo di vertice del potere
esecutivo, distinto dal Sovrano, all’instaurarsi di un rapporto fiduciario tra Governo e
I
Parlamento , al riconoscimento di una tutela effettiva dei diritti di libertà. In sintesi, si
può dire che con la nascita delle moderne democrazie, le originarie ragioni che stanno
alla base delle immunità parlamentari non sono venute meno, ma sono profondamente
mutate. Infatti, l’esigenza di fondo cui rispondono tali istituti risiede sempre
nell’esigenza di assicurare la massima libertà nell’esercizio della funzione parlamentare
ed evitare che tale libertà sia messa a rischio da indebite interferenze. Ma la garanzia
non è più rivolta contro possibili prevaricazioni del Sovrano o di altri organi
costituzionali, bensì contro possibili usi strumentali della funzione giurisdizionale.
Naturalmente, la specifica disciplina delle immunità, pur contando su una matrice
storica comune, si differenzia nei diversi ordinamenti a seconda delle diverse tradizioni
e dell’assetto complessivo dei rapporti tra i poteri dello Stato. Così, nel nostro
ordinamento (art. 68 Cost.), al principio dell’insindacabilità delle opinioni e dei voti
espressi nell’esercizio delle funzioni proprie dei parlamentari, si affianca un regime
speciale (di favore) in ordine alla tutela della loro libertà personale.
1.1 Nell’esperienza italiana, come è noto, l’applicazione delle immunità ha dato
luogo, soprattutto a partire dai primi anni ’90, a critiche crescenti dovute in gran parte
ad una giurisprudenza parlamentare non sempre rigorosa nell’applicazione del disposto
costituzionale e che ha ingenerato l’impressione di una tutela indebita del singolo
parlamentare. Di qui la riforma dell’originario testo dell’art. 68 Cost., nel senso di una
attenuazione del regime speciale relativo alla sottoponibilità a giudizio dei membri del
Parlamento (eliminazione della autorizzazione a procedere e attenuazione delle
garanzie relative alle varie fasi delle indagini e del procedimento giudiziario). Tuttavia,
anche questa riforma non ha sopito il dibattito intorno a questi istituti. Un dibattito
alimentato, tra l’altro, da un dato di contesto, ossia il progressivo peggioramento dei
rapporti tra politica e potere giudiziario. Non solo, ma la riforma ha dato luogo ad una
serie di problemi interpretativi dei quali spesso si è dovuta occupare la Corte
costituzionale, soprattutto per ciò che attiene al rapporto tra primo comma (immunità
delle opinioni e dei voti espressi) e secondo comma (ipotesi di reati non funzionali).
Il secondo profilo affrontato dalla ricerca attiene all’indennità che spetta ai
parlamentari. L’istituto, anche questo, che ha precise radici storiche e che ha la finalità
di assicurare l’accesso alle assemblee elettive senza che a ciò sia di ostacolo la
condizione economica dei candidati. Anche a questo riguardo la disciplina vigente
negli ordinamenti esaminati presenta differenze non irrilevanti. Per quanto riguarda il
nostro Paese, l’attuazione delle previsioni costituzionali presenta serie criticità a causa
soprattutto di un’interpretazione estensiva del concetto di indennità, nel quale sono
state fatte rientrare una serie di ulteriori utilità che, soprattutto oggi in regime di
ristrettezza economica, pongono un esigenza di maggiore razionalizzazione.
II
Infine, il terzo profilo è rappresentato dai limiti all’esercizio del mandato
parlamentare, sia sotto il profilo quantitativo, ossia del numero dei mandati consentiti
ad uno stesso soggetto, sia sotto il profilo sostanziale dei vincoli che nell’esercizio del
mandato il parlamentare incontra rispetto agli elettori (o se si vuole agli interessi
sociali) che ne hanno sostenuto l’elezione. Di nuovo, un aspetto problematico affrontato
in modo diverso negli ordinamenti presi in esame, soprattutto a causa delle diverse
tradizioni istituzionali che li caratterizzano.
Lo scopo della ricerca non è quello di entrare nel merito del dibattito che sui tre
profili ricordati si è aperto e che presenta, ovviamente, un alto tasso di politicità. L’idea
iniziale è stata quella di fornire un quadro aggiornato, sempre di taglio comparatistico,
della disciplina dello status del parlamentare e fornire così un contributo ad una
riflessione che è lungi dall’essersi esaurita. Com’è noto nella tradizione del Seminario
di studi e ricerche parlamentari, la ricerca svolta durante il corso 2012 segue un
approccio interdisciplinare, nel quale una specifica angolazione costituzionalistica si
avvale di un’integrazione politologica. La valutazione comparativa che se ne trae può
essa stessa costituire lo sviluppo del disegno di ricerca, oltre che la base per successivi
approfondimenti concernenti altri Paesi dell’Unione Europea e non solo.
Gli ordinamenti presi in considerazione sono, oltre a quello italiano, quello del
Regno Unito, quello della Francia, della Spagna e, infine, dell’Unione europea.
Lo svolgimento della ricerca, inoltre, ha potuto avvalersi di specifici contributi
“euristici”, sia dei funzionari parlamentari che hanno partecipato all’attività didattica
del Seminario, sia di studiosi afferenti ad altre angolazioni disciplinari ma con specifica
competenza nei temi dell’indagine. In particolare, per il caso italiano, Franco Cazzola
dell’Università di Firenze ha fornito ai borsisti le risultanze della sua ricerca sul
fenomeno della “trasmigrazione” dei parlamentari tra un gruppo e l’altro nelle diverse
legislature della storia repubblicana, sullo sfondo di una trattazione comparativa di
quanto nella accezione italiana intendiamo per trasformismo. Mentre Ugo Trivellato ha
a sua volta illustrato le componenti metodologiche cui ha dovuto attenersi la
“Commissione Giovannini” nella ricognizione degli standard retributivi dei vertici della
“funzione pubblica” e di quella parlamentare in specie, illustrandone gli esiti e le
criticità ad essi sottesa.
2. Come accennato, la Costituzione italiana si è fatta carico di prevedere la
disciplina delle immunità dei parlamentari, esprimendo, con la disciplina all’art. 68,
quel delicato equilibrio tra l’esigenza di autonomia e indipendenza delle Camere, da un
lato, e garanzia del principio di legalità, con i suoi corollari in termini di eguaglianza,
diritto ad agire e resistere in giudizio, dall’altro, nel tentativo di non configurare un
privilegio, bensì una prerogativa dell’organo rappresentativo. Nonostante ciò, i conflitti
tra organi giudiziari e organi politici che connotano la storia del nostro Paese, a fronte
III
della scarsa incidenza delle normative di attuazione del testo costituzionale e dei
regolamenti parlamentari, hanno affidato alla Corte costituzionale, tramite i conflitti di
attribuzione, il compito di colmare tali lacune. Così, come noto, è accaduto per la
definizione di “nesso funzionale” nel caso della prerogativa dell’insindacabilità delle
opinioni espresse ex art. 68, comma 1 Cost.
Ai tali profili, inoltre, si sono aggiunte criticità ulteriori, quali, ad esempio, con
riferimento alla prerogativa dell’inviolabilità ex art. 68, comma 2 Cost., la definizione
della nozione di “domicilio”, nonché quelle concernenti l’autorizzazione
all’acquisizione dei tabulati telefonici, l’utilizzo delle intercettazioni e la divulgazione
del contenuto di esse, la tutela del segreto istruttorio, della riservatezza degli
intercettati, della libertà di informazione.
2.1 Nel Regno Unito, il sistema di garanzie da riconoscere all’organo
rappresentativo ed ai suoi membri (c.d. Parlamentary privilegies) affonda le radici nel
diritto consuetudinario e ricomprende gli istituti della libertà di parola e
l'insindacabilità per le opinione espresse e i voti dati (freedom of speech), il divieto di
arresto nel corso di procedimenti civili (freedom from arrest), il diritto dell’Assemblea
di disciplinare la propria composizione (the right of the house to regulate its own
composition), il diritto di ciascuna Camera parlamentare di gestire le proprie questioni
interne senza interferenze esterne o proveniente dall’altra Camera (the right to take
exclusive cognisance of matters arising within the House) e, infine, il diritto del
Parlamento di sanzionare chiunque si renda responsabile della violazione di tali
garanzie (the right to punish members and strangers for breach of privileges and
contempt).
Nello specifico, il freedom of speech trova disciplina diretta fin dal Bill of Rights
del 1698, cui si aggiungono diversi atti legislativi successivi. Tra i rilevanti problemi
emersi attorno alla sua portata vi è, ad esempio, la necessità di definire cosa si intenda
per “proceedings in Parliament”, cui viene subordinata l’efficacia della garanzia. A ciò
si affiancano ulteriori questioni in rapporto a tale guarentigia, quale, su tutti, il potere di
diffusione all’esterno dei resoconti parlamentari, strettamente connesso al potere del
Parlamento “to control its own affairs”.
Diversamente, rispetto al freedom from arrest, bisogna sottolineare come tale
privilegio possa essere fatto valere solamente dai membri del Parlamento, abbia durata
pari alla legislatura, cui si aggiungono 40 giorni prima e 40 giorni dopo la cessazione
della stessa e, soprattutto, come esso concerna esclusivamente l’arresto quale sanzione
pronunciata in un procedimento civile, rimanendovi escluse le sanzioni di tipo penale.
2.2 Il sistema giuridico francese, nell’inquadrare gli istituti dell’immunità, risulta
tradizionalmente contraddistinto da una certa forma di riverenza verso la particolarità
della cosa pubblica e fondato sull’idea di un “intéret supérieur” di cui il parlamentare,
IV
chiamato a partecipare alla formazione della “volonté nationale”, è espressione. In
quest’ottica, l’insindacabilità per quanto detto (“opinion”) o deliberato (“votes”) dal
parlamentare nell’esercizio delle sue funzioni, prevista all’art. 26 della Costituzione
della V Repubblica, è stata ritenuta idonea a coprire il parlamentare in ogni forma di
giudizio, per tutta la durata del mandato, ed anche rispetto ad essa è sorto il problema
di definire la portata de “l’exerice des fonctions parlementaires”. A questo proposito,
sono stati elaborati diversi criteri, fra i quali, oltre alla valutazione che combina una
analisi ratione materiae e ratione loci dell’atto in questione, vi è la necessità di
determinare se il parlamentare abbia agito in qualità di rappresentante della nazione o
semplice cittadino. Quanto alla inviolabilité, dopo la riforma del 1995, merita
segnalare come l’art. 26, comma 2 Cost., stabilisce che solo l’arresto o altra misura
privativa o limitativa della libertà personale, ad esclusione del caso di flagranza di
reato o di condanna definitiva, necessitano della previa autorizzazione parlamentare;
non più, tuttavia, da parte dell’intera Assemblea, ma solamente dell’Ufficio di
Presidenza della Camera di appartenenza, mantenendo segreto il contenuto del dibattito
interno ad esso e disponendo la pubblicazione della sola decisione finale.
2.3 Anche la Costituzione spagnola, all’art. 71, accorda ai parlamentari le
prerogative della inviolabilidad per le “opiniones manifestadas en el ejercicio de sus
funciones” (comma 1) e la inmunidad (comma 2), ovvero la garanzia, durante il
mandato, a non essere detenuti, processati, né incolpati senza la previa autorizzazione
(c.d. suplicatorio) della Camera di appartenenza, salvo che si venga colti in flagranza
di reato.
Quanto alla inviolabilidad, limitata solamente alle opinioni espresse, anche la
Spagna ha dovuto fare i conti con la necessità di definire in cosa consista “el ejercicio
de sus funciones”. Ed anche in questo Paese è stato il Tribunale costituzionale a
limitare la portata di tale clausola, stabilendo che essa ricorra solamente qualora il
Deputato o il Senatore partecipi alla formazione di un atto parlamentare, in seno ad una
qualsiasi delle articolazioni organiche del Parlamento. Quanto alla inmunidad, si tratta
di una prerogativa istituzionale riconosciuta alla Camera di appartenenza, posta a
presidio della libertà personale del parlamentare contro i procedimenti penali connotati
da evidente intenzionalità politica. Anche rispetto ad essa si sono dovuti affrontare
profili problematici analoghi a quelli emersi nel nostro Paese, quali l’estendibilità della
garanzia ai procedimenti avviati prima dell’elezione, la necessità di distinguere tra
imputado, inculpado e procesado, la natura giuridica e l’ambito oggettivo del
suplicatorio, che può essere richiesto solamente dalla Corte di Cassazione, la necessità
di garantire il principio di eguaglianza ed il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva
della persona offesa.
V
2.4 A livello sovranazionale, i componenti del Parlamento europeo, al pari dei
rappresentanti parlamentari degli Stati membri dell’Unione, godono di una serie di
immunità. Esse vengono disciplinate positivamente su tre livelli giuridici.
Il primo, di carattere generale, va individuato nell’articolo 343 del Trattato sul
funzionamento dell’Unione europea (TFUE), dove è stabilito che «l’Unione gode, sul
territorio degli Stati membri, delle immunità e dei privilegi necessari all’assolvimento
dei suoi compiti, alle condizioni definite dal Protocollo dell’8 aprile 1965 sui privilegi e
sulle immunità dell'Unione europea».
Il secondo livello normativo è rappresentato dal suddetto Protocollo, la cui
disciplina, con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, è stata trasposta al Protocollo
allegato n. 7 (PPI). L’attuale art. 7 del PPI garantisce la libertà di movimento dei
membri del Parlamento “che si recano al luogo di riunione del Parlamento europeo o ne
ritornano”, vietando ogni restrizione di ordine amministrativo o di altro genere alla
suddetta libertà e prevedendo, altresì, agevolazioni ai parlamentari europei in materia
di dogana e di controllo dei cambi. All’art. 8 viene disciplinata, poi, la cosiddetta
“immunità assoluta” o “sostanziale” o “irresponsabilità”, stabilendo che “i membri del
Parlamento europeo non possono essere ricercati, detenuti o perseguiti a motivo delle
opinioni o dei voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni”. Rispetto ad essa bisogna
registrare come la più recente giurisprudenza parlamentare europea abbia ampliato la
portata della garanzia dell’insindacabilità, dando una interpretazione ampia della
nozione di “attività parlamentare”. La guarentigia, inoltre, comincia ad avere efficacia a
partire dalla proclamazione dei risultati elettorali e tutela il parlamentare europeo per
tutta la durata del mandato, anche dopo la cessazione dello stesso, ad esclusione, fra
l’altro, degli illeciti penali o amministrativi del tutto non afferenti all’attività politica. Il
successivo articolo 9 prevede, infine, un’immunità di natura “procedurale” o
“processuale”, limitata alla durata delle sessioni del Parlamento europeo e
“diversificata” relativamente ai contenuti, a seconda che il parlamentare si trovi sul
territorio nazionale, ove godrà delle immunità riconosciute ai membri del Parlamento
del loro Paese, oppure sul territorio di un altro Stato membro, nel qual caso godrà
dell’esenzione da ogni provvedimento di detenzione e da ogni procedimento giudiziario
(configurando una vera e propria “immunità dell’Unione”).
Il terzo livello normativo, infine, va ravvisato nella disciplina del Regolamento
del Parlamento europeo, dove, oltre a richiamare esplicitamente la normativa contenuta
nel PPI, si prevedono particolari procedure in materia di revoca o di “difesa”
dell’immunità.
3. Un secondo qualificante aspetto dello status del parlamentare è quello inerente
all’indennità parlamentare. Le diverse problematiche relative all’indennità
parlamentare assumono oggi nel nostro Paese un particolare rilievo alla luce delle
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crescenti, e talvolta strumentali polemiche, sui “costi della politica”. La Commissione
sul livellamento retributivo Italia-Europa non è riuscita a completare a produrre i
risultati prefigurati dalla legge istitutiva (art. 1, d.l. 98/2011, convertito, con
modificazioni, dalla l. 111/2011) a causa della non comparabilità tra la struttura
istituzionale e la struttura retributiva vigenti in Italia e quelle vigenti negli altri Paesi,
della non piena disponibilità delle autorità nazionali a fornire i dati richiesti per
ciascuna carica con la disaggregazione necessaria a calcolare una retribuzione
omnicomprensiva analoga a quella italiana, di normative nazionali a tutela della
privacy dei titolari delle diverse posizioni che impediscono la trasmissione dei dati
richiesti.
In effetti, l’analisi comparata dimostra come le indennità, sotto il profilo
quantitativo, risultino difficilmente comparabili, date le forti peculiarità delle diverse
esperienze costituzionali. Eppure, dal punto di vista della ratio di fondo che sorregge la
previsione delle indennità (prefigurate a livello costituzionale in Italia, Francia e
Spagna), il profilo comune a tutti gli ordinamenti è l’esigenza di garantire, da un lato, il
più ampio accesso alle cariche rappresentative nel rispetto del principio di eguaglianza
e, dall’altro, il libero mandato parlamentare, ai sensi dell’art. 67 Cost.
È da ricordare che la Corte costituzionale nella sent. 24/1968 ha affermato che “in
un regime democratico a larga base popolare e nell’ambito del quale il potere non è
riservato ai ceti che si trovino in condizioni economiche di vantaggio il legislatore ha
l’obbligo di porre in essere tutte quelle condizioni che appaiono indispensabili per
consentire anche ai non abbienti l’accesso alle cariche pubbliche e l’esercizio delle
funzioni a queste connesse. In attuazione di questo indirizzo, che si ricava dal principio
generale formulato nel secondo comma dell’art. 3 della Costituzione, sia la
Costituzione (art. 69) sia alcuni Statuti speciali espressamente assicurano ai membri del
Parlamento ed ai componenti del consigli regionali la corresponsione di una indennità,
demandandone alla legge la determinazione”.
Ciò detto, rimangono nel caso italiano alcune problematiche irrisolte a cominciare
dal problema della natura giuridica dell’indennità parlamentare, ancora oggi irrisolto,
nonostante che la sua soluzione sia rilevante anche in una prospettiva di riforma che la
normativa più recente, nell’ottica del contenimento della spesa pubblica e delle
connesse polemiche sui “costi della politica” ha iniziato a concretizzare, a cominciare
dalla determinazione quantitativa dell’indennità mensile e dall’introduzione di
limitazioni di cumulo tra le indennità parlamentari e emolumenti derivanti da altri
incarichi amministrativi.
Certamente nel caso italiano, sembrerebbe necessario procedere ad una riforma
organica della normativa in materia, ispirata al rispetto della riserva di legge posta
VII
dall’art. 69 Cost., superando la vigente stratificazione normativa e regolamentare,
distinguendo le utilità economiche dall’indennità propriamente intesa.
Un’analisi comparatistica può essere utile al riguardo.
3.1 Così, nel Regno Unito l’ammontare annuo lordo dell’indennità di base di
ciascun membro della House of Commons si aggira intorno alle 60.000 sterline (circa
75.000 euro, inferiore all’Italia e, come si vedrà, alla Francia ed alla Germania ma
superiore alla Spagna). A questa si aggiunge un rimborso per spese di alloggio (in
alternativa è prevista un’integrazione dell’indennità di base) e, quali indennità
accessorie, sono previste quelle per i trasporti, la telefonia e le spese di segreteria (per
un importo mensile di circa 2.300 euro). Per i collaboratori e assistenti parlamentari,
ogni parlamentare della Camera dei Comuni dispone di un budget di circa 10.000 euro,
gestiti però dall’amministrazione parlamentare.
3.2 In Francia, secondo quanto previsto dall’art. 25 Cost., alla legge organica è
demandata la disciplina delle indennità. La scelta di una fonte caratterizzata da un
procedimento più aggravato rispetto a quella previsto per la legge ordinaria si spiega
con la rilevanza istituzionale di quest’istituto e con l’esigenza di una tutela più intensa
dello stesso rispetto ad un qualsiasi altro diritto acquisito per legge. L’ordinanza
organica del 1958 (la n. 1210) è stata modificata più volte nel tempo (da ultimo nel
2007), in particolare allo scopo di consentire il cumulo delle indennità derivanti dalla
contitolarità di più cariche pubbliche (in Francia si tratta di un fenomeno non
irrilevante), sia pure entro un limite massimo complessivo pari ad una volta e mezzo il
valore lordo dell’indennità parlamentare. L’indennità di base è calcolata tenendo conto
del livello medio della retribuzione dei pubblici dipendenti, ciò che ha consentito un
adeguamento automatico di detta retribuzione (attualmente è pari a circa 5.500 euro).
All’indennità di base si aggiunge quella c.d. “di funzione” pari al 25% della prima,
oltre alla indennità “di residenza” (introdotta nel 1985) pari al 3% dell’ammontare lordo
dell’indennità di base. A queste tre componenti si aggiunge poi una variegata gamma di
emolumenti, provvidenze, mezzi assegnati per l’esercizio del mandato parlamentare e
per lo svolgimento delle funzioni di rappresentanza, quali, ad esempio, gli emolumenti
per fronteggiare i costi di mantenimento di una segreteria a Parigi e nel collegio di
elezione (pari a circa 6.500 euro mensili, cui si aggiungono circa 9.000 euro a titolo di
credito per la remunerazione del personale di segreteria); i mezzi e gli strumenti di
comunicazione e telecomunicazione messi a disposizione dall’Assemblea nazionale (è
previsto un rimborso spese di carattere forfettario per spese telefoniche e internet pari
nel massimo a 5.000 euro annui); le facilitazioni di trasporto; gli emolumenti per gli
assegni familiari.
Il regolamento dell’Assemblea Nazionale impone però decurtazioni,
puntualmente individuate, per i parlamentari che non abbiano partecipato regolarmente
VIII
ai lavori parlamentari o che si siano resi responsabili di condotte sanzionabili sul piano
disciplinare.
Analogamente a quanto avviene nel Regno Unito, anche in Francia è prevista la
corresponsione, per un massimo di tre anni, di un’indennità alla fine del mandato per il
periodo di reinserimento nel mondo del lavoro. Tale indennità, che è corrisposta ai soli
ex deputati in età da lavoro, ha un carattere regressivo, nel senso che essa diminuisce
nel suo ammontare con il trascorrere del tempo.
Il sistema pensionistico è uno degli aspetti più contestati del modello francese,
tanto da essere stato corretto in alcuni aspetti fondamentali, ovvero quello dell’età
pensionabile, dell’individuazione degli anni di contribuzione, dell’introduzione del
divieto di cumulo di contribuzioni in regimi pensionistici diversi da quello della
Camera di appartenenza durante tutta la durata del proprio mandato.
3.3 Anche in Spagna, accanto all’indennità di funzione, prevista dall’art. 71 Cost.,
ai parlamentari sono riconosciuti ulteriori utilità ed emolumenti, alcuni aventi carattere
fisso, altri variabile, oltre alla garanzia di un certo numero di servizi gratuiti.
Trattandosi di un diritto finalizzato alla salvaguardia di una funzione costituzionale, il
diritto all’indennità è personale, inalienabile e irrinunciabile da parte del parlamentare.
Come in Francia, l’indennità può essere ridotta quale conseguenza dell’irrogazione di
una sanzione disciplinare.
Dal punto di vista quantitativo, l’indennità di base risulta tra le più basse
nell’Europa occidentale (poco più di 2.800 euro), integrata solo per i componenti
dell’Ufficio di Presidenza del Congresso. Tuttavia, all’indennità di base si aggiunge
quella per le spese di alloggio e mantenimento (erogata in misura fissa, e, particolare
non irrilevante, indipendentemente dalla concreta attività svolta e dalla presenza o
meno del parlamentare alle sedute in Commissione o in Aula), quelle per spese di
rappresentanza (in misura fissa e senza necessità di titoli giustificativi) e per spese
ulteriori, quelle per spese di viaggi e trasporti. Infine, i deputati dispongono di
assistenti che sono assegnati ai gruppi parlamentari (infatti solo i membri della Mesa e i
Presidenti di Commissione hanno diritto a propri collaboratori). È prevista un’indennità
di fine mandato, pari ad una mensilità per ogni anno di legislatura o frazione superiore
a sei mesi, con un limite massimo di 24 mensilità.
Come in Francia, anche in Spagna, la disciplina del trattamento pensionistico è
stata recentemente riformata, prevedendo che il diritto al trattamento di quiescenza
sussista al compimento del 65° anno di età se sia maturato il diritto alla pensione di
vecchiaia ovvero al compimento dei 60 anni con quaranta anni di anzianità.
3.4 Infine, per quanto riguarda il Parlamento europeo, nell’attuale legislatura è
entrato in vigore lo Statuto unico dei deputati, approvato nell’ottobre 2005 allo scopo di
disciplinarne l’esercizio delle funzioni.
IX
In particolare, lo Statuto stabilisce condizioni finanziarie uniformi applicabili ai
deputati nel corso del loro mandato nonché dopo il termine delle loro attività
parlamentari. In particolare, vengono introdotti un’indennità parlamentare unica e un
trattamento pensionistico uniforme per tutti i deputati a carico del bilancio dell’Unione
europea. Per i rimborsi spese viene, inoltre, adottato il criterio delle spese reali, salvo
l’utilizzo del rimborso forfettario “nei casi in cui è appropriato” (17° considerando
Statuto dei deputati). Sulla base degli artt. 8 e 23 par. 2° del regolamento del
Parlamento europeo, l’applicazione degli aspetti finanziari dello Statuto rientra nelle
competenze dell’Ufficio di presidenza.
A decorrere dalla data di inizio del mandato parlamentare e fino all’ultimo giorno
del mese in cui detto mandato ha termine, i parlamentari europei hanno diritto a
un’indennità “adeguata”, tale da garantire la loro indipendenza (art. 9 par. 1° Statuto dei
deputati). L’ammontare di tale indennità è fissato al 38,5% del trattamento economico
di base di un giudice della Corte di giustizia dell’Unione europea. Non sono previste
indennità di funzione o di ruolo ulteriori in capo ai deputati che svolgono determinate
funzioni in seno al Parlamento (ad esempio, i presidenti di commissione o
sottocommissione). I parlamentari europei hanno inoltre diritto, oltre al rimborso di
spese mediche, ad una copertura assicurativa dei rischi connessi con l’esercizio delle
funzioni, al rimborso delle spese di viaggio, di soggiorno, nonché ad un’indennità per
spese generali ed al rimborso delle spese di assistenza parlamentare nella misura di
21.209 euro mensili.
Al termine del loro mandato, i parlamentari hanno diritto ad una c.d. “indennità
transitoria” pari all’ammontare dell’indennità parlamentare in ragione di un mese per
ogni anno di esercizio del mandato e, comunque, per un minimo di sei ed un massimo
di ventiquattro mesi, salvo il caso di assunzione di un mandato in un altro Parlamento o
di una nuova carica pubblica. I deputati che hanno esercitato il loro mandato per
almeno un anno completo hanno diritto, dopo la cessazione del mandato, a una
pensione di anzianità a vita da versare a partire dal primo giorno del mese successivo a
quello in cui compiono i 63 anni di età. A tal fine i deputati non versano alcun tipo di
contributo, restando la pensione totalmente a carico del bilancio dell’Unione.
4. Un terzo ed ultimo profilo rilevante della disciplina dello status di parlamentare
che è stato preso in considerazione dalla ricerca è quello relativo ai limiti costituzionali
del mandato parlamentare.
Nella Costituzione della Repubblica italiana non sono previsti limiti quantitativi
al mandato parlamentare che, quindi, può essere conferito alla stessa persona fisica più
volte consecutivamente. Il testo costituzionale, invece, limita il mandato parlamentare
sotto un diverso punto di vista, avente rilevo qualitativo-contenutistico, attraverso l’art.
67 Cost., il quale prevede l’istituto del divieto di mandato imperativo. Tale istituto,
X
attraverso quella che la dottrina considera un’endiadi, obbliga ogni membro del
Parlamento a rappresentare gli interessi della Nazione complessivamente considerati e
ad esercitare le proprie funzioni senza alcun vincolo di mandato da parte degli elettori o
del partito di appartenenza. Esso, come sosteneva Mortati, risponde alla finalità di
garantire l’indipendenza del parlamentare da ogni influenza suscettibile di
compromettere la sua funzione equilibratrice di composizione e sintesi degli interessi
settoriali nel modo che meglio si adegui all’interesse generale. Il divieto di mandato
imperativo affonda le proprie radici nell’ideologia del parlamentarismo liberale sorta
dalla rivoluzione francese, che esaltava la funzione di rappresentanza e la sua
indipendenza dagli interessi particolari. Col passare del tempo, però, l’istituto ha
mostrato nel contesto italiano i propri limiti concreti, derivanti dall’incapacità di
impedire il condizionamento dei parlamentari da parte degli interessi settoriali e dalla
crisi di stabilità del rapporto tra gruppo e singolo parlamentare, come testimoniato dal
fenomeno della mobilità parlamentare.
4.1 Profondamente diversa è l’esperienza costituzionale del Regno Unito, in cui
l’affermazione di un mandato imperativo è stato il riflesso di una concezione
corporativa e non egalitaria della rappresentanza. Ciò è dipeso dal fatto che la società
era strutturata su una pluralità di corpi intermedi, in grado di condizionare il destino
dell’individuo tramite forme di appartenenza organica. Al mandato, conferito tramite
procura scritta, era riconosciuto il carattere della revocabilità. L’evoluzione del
parlamentarismo britannico ha, poi, determinato l’affermarsi di una concezione sui
generis della rappresentanza. Due le ragioni principali. In primo luogo, la formulazione
tradizionale dei mandati, ha reso tali documenti una sorta di incarichi generali,
contribuendo a sciogliere l’eletto dalle pretese del corpo elettorale di appartenenza. In
secondo luogo, i writs of summons (i.e. gli ordreroyal) hanno iniziato ad esigere, sin
dall’inizio, che i rappresentanti dei Comuni fossero investiti di full and sufficientpower,
al fine di poter affrontare, in piena autonomia, le questioni su cui si sarebbero dovuti
pronunciare. Per effetto di tale evoluzione, il modello di mandato cui è oggi tenuto il
parlamentare inglese si atteggia, nell’ambito della relazione rappresentativa, come un
meccanismo di controllo ex ante. È un modo per gli elettori di influenzare il futuro
comportamento dei loro rappresentanti, sulla base del tacito patto tra votanti e aspiranti
parlamentari, consistente nell’adesione ad un particolare programma politico anche in
ragione delle aspettative riposte nella sua attuazione. In una cornice di questo tipo, sono
astrattamente plausibili strumenti volti a rimuovere o comunque sanzionare il
parlamentare che si sia reso responsabile della violazione di standardse/o doveri
inerenti il suo ufficio prima del termine finale della legislatura (le elezioni di recall).
4.2 Le ragioni storiche fin qui richiamate rendono conto del perché, invece,
appaia maggiormente simile alla disciplina costituzionale italiana la regolamentazione
XI
del mandato parlamentare nella V Repubblica francese. È, infatti, primariamente in
quel contesto che il mandato rappresentativo s’impone non come conseguenza logica e
tecnica dell’affermazione della sovranità parlamentare, ma come corollario della teoria
della sovranità nazionale, elaborata come si ricordava con la Rivoluzione francese in
reazione alla sovranità regia. In base ad essa la sovranità appartiene esclusivamente
alla Nazione, da cui emanano tutti i poteri e della quale sono rappresentanti l’assemblea
legislativa ed il Sovrano. Il concetto di “nazione” nasce come risposta al problema
teorico-giuridico della necessaria reductio ad unum delle plurime volontà individuali
del popolo su cui fondare la sovranità dell’Assemblea. Per tale motivo il principio sul
quale si fonda tutta la disciplina successivamente delineata nella Costituzione e
sviluppata nei regolamenti delle Camere è proprio quello del divieto di mandato
imperativo, sancito dall'articolo 27 della Costituzione francese.
4.3 Alla medesima esperienza costituzionale fa capo il quadro costituzionale
spagnolo in tema di mandato parlamentare. Gli artt. 66 e 67 della Costituzione del
1978, disgiungono l’endiadi presente nell’art. 67 della Costituzione Italiana. Nel testo
spagnolo, infatti, prima si precisa che “las Cortes Generales representan al pueblo
español”, e solo nella disposizione successiva si pone il divieto di mandato imperativo.
In questo modo, il legislatore spagnolo ha voluto evidenziare la non necessaria
complementarietà tra rappresentanza generale e divieto di mandato. In quest’ottica, la
libertà di mandato di ciascun parlamentare non è assoluta perché non spetta a lui, ma
alle Cortes nel loro complesso rappresentare il popolo spagnolo. I cittadini, pertanto,
non sono rappresentati unitariamente dal singolo parlamentare, ma dall’insieme di
coloro che sono stati eletti tramite i diversi partiti politici, attraverso la cui disciplina
essi possono manifestare coerentemente la loro volontà nello Stato. Ne consegue che,
poiché il mandato proviene non dal partito, ma dagli elettori attraverso il partito, spetta
a costoro conferire un nuovo mandato attraverso apposite elezioni suppletive. Soltanto
gli elettori possono – o alla successiva tornata elettorale o, dove previsti, attraverso
meccanismi di recall – sanzionare il deputato che si sia discostato dalle indicazioni del
partito di appartenenza (eventualmente “tradendo la fiducia” del suo elettorato). Ne
deriva ancora che la eventuale sanzione del gruppo di appartenenze nei confronti del
deputato “dissidente” non potrà spingere fino a pregiudicare lo svolgimento del
mandato parlamentare, di cui l’eletto è titolare in maniera personalissima ed esclusiva.
4.4 Quanto, infine,alle istituzioni parlamentari dell’Unione europea,la
giurisprudenza della Corte di giustizia ha chiarito che i rappresentanti eletti nel
Parlamento europeo esercitano il loro mandato in maniera indipendente e non sono
soggetti a mandato imperativo. Se così non fosse, infatti, i membri del Parlamento
europeo sarebbero ridotti a meri intermediari con i partiti nazionali di appartenenza,
senza autonomia, in contrasto con le disposizioni regolamentari che garantiscono loro
XII
la libertà di mandato. Il problema dell’indipendenza del parlamentare dagli interessi
particolari e della sua conseguente libertà nell’esercizio delle sue funzioni è,
però,affrontato in maniera del tutto peculiare nell’ambito del Parlamento europeo
attraverso la regolamentazione del fenomeno del lobbying. Le stesse istituzioni hanno
incoraggiato la formazione e lo sviluppo dei gruppi di interesse, al fine di porre rimedio
alla questione della rappresentatività delle istituzioni europee e al problema del “deficit
democratico”, cercando la legittimazione delle proprie politiche nel sostegno dei gruppi
di interesse operanti a Bruxelles. Questi ultimi, infatti, vengono concepiti come un
prezioso collegamento tra la base sociale da loro rappresentata e le istituzioni,
contribuendo a creare consenso sulle misure politiche adottate dalle istituzioni
dell’Unione.
5. Già queste sintetiche considerazioni introduttive testimoniano quanto ricco ed
articolato sia il quadro normativo europeo in tema di status dei parlamentari. Tale
impressione trova conferma nella lettura dei contributi analitici che danno conto dei
vari aspetti della ricerca. Da essa, infatti, esce rinforzata l’idea che il quadro
comparatistico offre interessanti spunti di riflessione non solo per l’interpretazione e la
rivisitazione critica delle scelte operate dai nostri Costituenti, ma anche per la
progettazione di qualsivoglia tentativo di riforma che non desideri apparire il frutto di
un’improvvisata ingegneria istituzionale.
XIII
I
Lo status del parlamentare europeo
di
Antonio Bruno
Jacopo Di Gesù
Pasquale Pantalone
Ilaria Rivera
Valeria Salmaso
Silvia Zarrella
1
LO STATUS DEL PARLAMENTARE EUROPEO
SOMMARIO: 1. Le immunità parlamentari dell’Unione europea; 1.1. Le basi giuridiche dell’immunità
parlamentare europea; 1.2. Aspetti procedurali: la revoca e la difesa dell’immunità; 1.3. La giurisprudenza
della CGUE in materia di immunità europea; 1.3.1. Il caso Marra; 1.3.1.1. Segue: l’opinione dell’Avvocato
Generale; 1.3.1.2. Segue: la decisione della Corte di giustizia; 1.3.2. Il caso Patriciello; 2. Il trattamento
economico del parlamentare europeo; 2.1. Premessa; 2.2. Il trattamento economico e gli aspetti finanziari
nell’esercizio del mandato parlamentare; 2.2.1. L’indennità parlamentare; 2.2.2. Le spese mediche; 2.2.3.
L’assicurazione contro i rischi connessi con l’esercizio del mandato parlamentare; 2.2.4. Il rimborso delle
spese di viaggio; 2.2.5. Il rimborso delle spese di soggiorno; 2.2.6. L’indennità per spese generali; 2.2.7. Il
rimborso delle spese di assistenza parlamentare; 2.2.8. La dotazione di beni materiali; 2.3. Il trattamento
economico e gli aspetti finanziari al termine del mandato parlamentare; 2.3.1. L’indennità transitoria (o
indennità di fine mandato); 2.3.2 La pensione di anzianità; 2.3.3. La pensione di invalidità; 2.3.4. La pensione
di reversibilità e di orfano; 3. Il bilancio interno dell’Unione europea; 3.1. I poteri di bilancio del Parlamento
europeo dopo il Trattato di Lisbona – 3.2. Rapporti tra il bilancio interno e il bilancio dell’Unione – 3.3. La
procedura del bilancio interno del Parlamento - 3.3.1. Le singole voci all’interno del bilancio interno del
Parlamento europeo – 3.4 Conclusioni: il bilancio e i parlamentari europei; 4. I gruppi parlamentari nel
Parlamento europeo; 4.1. I gruppi parlamentari: definizioni e funzioni – 4.2. Segue: nascita dei gruppi
parlamentari – 4.3. La concentrazione dei gruppi all’interno del Parlamento europeo – 4.4. Il rapporto tra i
gruppi politici europei e i partiti nazionali – 4.5. Un nuovo soggetto politico: le federazioni transnazionali – 4.6.
La disciplina giuridica dei gruppi parlamentari – 4.7. Segue: il gruppo misto – 4.8. Conclusioni; 5. L’Unione
europea e le lobby; 5.1. Evoluzione delle lobby nel sistema europeo; 5.2. Partecipazione delle lobby nel
processo decisionale europeo; 5.3. La disciplina dell’accesso dell’attività dei gruppi di interesse; 5.4. Codici di
condotta dei membri delle istituzioni europee
1. Le immunità parlamentari dell’Unione europea1
1.1. Le basi giuridiche dell’immunità parlamentare europea
I componenti del Parlamento europeo, al pari dei rappresentanti parlamentari degli Stati
membri dell’Unione, godono di immunità e privilegi disciplinati positivamente su tre livelli
giuridici.
Il primo - di carattere generale - va individuato nell’articolo 343 del Trattato sul
funzionamento dell’Unione europea (TFUE) 2 , dove è stabilito che “l’Unione gode, sul
1
A cura di Antonio Bruno e Jacopo Di Gesù
2
territorio degli Stati membri, delle immunità e dei privilegi necessari all’assolvimento dei
suoi compiti, alle condizioni definite dal Protocollo dell’8 aprile 1965 sui privilegi e sulle
immunità dell'Unione europea”3 (PPI).
Il Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee rappresenta il
secondo livello normativo. L’atto in questione è stato siglato a Bruxelles l’8 aprile 1965 e
dedicava il Capo III alle tutele assicurate ai membri del Parlamento europeo,
disciplinandole, rispettivamente, agli articoli 8, 9 e 10. In seguito all’entrata in vigore del
Trattato di Lisbona, il 1° dicembre 2009, la disciplina sulle immunità e i privilegi è stata
mantenuta e trasposta nei protocolli allegati, precisamente al Protocollo n. 74.
L’attuale art. 7 del PPI - al pari del vecchio articolo 8, del Protocollo di Bruxelles garantisce la libertà di movimento dei membri del Parlamento “che si recano al luogo di
riunione del Parlamento europeo o ne ritornano”, vietando ogni restrizione di ordine
amministrativo o di altro genere alla suddetta libertà. La norma prevede, inoltre,
agevolazioni ai parlamentari europei in materia di dogana e di controllo dei cambi,
stabilendo che agli stessi sono concesse:
− dal proprio Governo, le stesse agevolazioni concesse agli alti funzionari che si
recano all’estero in missione ufficiale temporanea;
− dai governi degli altri Stati membri, le stesse agevolazioni concesse ai
rappresentanti di governi esteri in missione ufficiale temporanea.
Va opportunamente rilevato che l’immunità di cui al suddetto art. 7 è da considerarsi
“strettamente accessoria alla qualifica di parlamentare europeo, per il quale la necessità di
recarsi nel luogo di riunione del Parlamento europeo e di ritornarvi costituisce il
presupposto per l’esercizio delle proprie funzioni”5. Per tali ragioni è possibile affermare
che la portata pratica di queste disposizioni è praticamente nulla. Inoltre, attualmente non si
trovano analoghe disposizioni negli ordinamenti degli Stati membri, oggetto della presente
analisi comparata.
2
Ex articolo 291 del TCE che ha sostituito l’articolo 28 del Trattato che istituisce un Consiglio
unico e una Commissione unica delle Comunità europee, dell’8 aprile 1965, noto anche come Trattato di
fusione.
3
Si segnala che tali guarentigie sono estese anche alla Banca centrale europea e alla Banca
europea degli investimenti.
4
Per maggiori approfondimenti sul tema cfr. M. CERASE, Anatomia critica delle immunità
parlamentari italiane, Rubbettino, Soveria-Mannelli, 2012, p. 103 ss.; L. SCIANNELLA, Le immunità
parlamentari. Profili storici e comparativi, Giappichelli, Torino, 2010, p. 224 e ss.; K. OFFERMAN (a cura
di), Parliamentary Immunity in the European Parliament, IPOL/C/JURI/NOTE/2005/4/a, PE.360487,
Legal Affaris Internal Studies, Brussels, 2007; O. SPATARO, Interna corporis, immunità parlamentare e
status dei deputati europei. Brevi riflessioni, in Nuove aut., 2002, p. 407 ss.
5
Così B. CARAVITA DI TORITTO, Immunità e privilegi dei membri del Parlamento europeo,
audizione tenuta al Parlamento europeo, il 29/11/2005, in www.federalismi.it, p. 2.
3
All’art. 8 6 è disciplinata, poi, la cosiddetta “immunità assoluta” o “sostanziale” o
“irresponsabilità” e si stabilisce che “i membri del Parlamento europeo non possono essere
ricercati, detenuti o perseguiti a motivo delle opinioni o dei voti espressi nell’esercizio delle
loro funzioni”. La norma, nella sua classica formulazione, persegue la finalità di proteggere
la piena libertà di espressione del singolo parlamentare da qualsiasi tipo di condizionamento,
escludendo l’eventualità che egli possa essere perseguito in sede giudiziaria per l’attività
posta in essere nello svolgimento delle sue funzioni, sia in Assemblea, sia in commissione.
Tuttavia, la più recente giurisprudenza parlamentare europea ha, de facto, ampliato la
portata della garanzia dell’insindacabilità, dando una interpretazione più ampia della
nozione di “attività parlamentare”, che può svolgersi anche in altri contesti, diversi da quelli
destinati strettamente allo svolgimento dei compiti di parlamentare, purché venga rispettato
il legame funzionale con il corretto esercizio della carica7.
La guarentigia riconosciuta comincia ad avere efficacia a partire dalla proclamazione dei
risultati elettorali e tutela il parlamentare europeo per tutta la durata del mandato, anche
dopo la cessazione dello stesso. Guardando alla prassi, l’Assemblea parlamentare
dell’Unione ha quasi sempre riconosciuto la tutela dell’insindacabilità, tranne nei casi in cui
il parlamentare i) si sia reso responsabile di discorsi o atti che hanno costituito un pericolo
per l’incolumità individuale o attentato al sistema democratico, ii) abbia diffamato singoli
individui non in qualità di esponenti di enti o istituzioni, iii) abbia commesso illeciti penali
o amministrativi del tutto non afferenti all’attività politica, come per esempio la truffa, la
corruzione, le infrazioni stradali, ecc.8.
Il successivo articolo 9 9 prevede, invece, un’immunità di natura “procedurale” o
“processuale”10, limitata alla durata delle sessioni del Parlamento europeo e “diversificata”
relativamente ai contenuti, a seconda che il parlamentare si trovi sul territorio nazionale o
sul territorio di un altro Stato membro.
Il primo comma dell’articolo in questione stabilisce, infatti, che “per la durata delle
sessioni del PE i suoi membri beneficiano:
−
−
sul territorio nazionale, delle immunità riconosciute ai membri del Parlamento del
loro Paese,
sul territorio di ogni altro Stato membro, dell’esenzione di ogni provvedimento di
detenzione e da ogni procedimento giudiziario”.
Il secondo comma precisa che gli eurodeputati godono, altresì, dell’immunità anche
quando essi si recano al luogo di riunione del Parlamento europeo o ne ritornano.
6
Ex articolo 9 del Protocollo del 1965 (PPI).
7
Per quanto concerne il legame funzionale, si veda il caso Patriciello (C-163/10), trattato nello
specifico al par. 1.3.2.
8
Cfr. M. CERASE, op. cit., pp. 105-106 e K. OFFERMAN, op. cit., pp. 24-25.
9
Ex articolo 10 del PPI.
10
Cfr. M. CERASE, op. cit., p. 103. e L. SCIANNELLA, op. cit., p. 216.
4
L’ultimo, infine, esclude la possibilità che la guarentigia possa essere invocata in caso di
“flagrante delitto” («in the act of committing an offence») e che la stessa possa pregiudicare
“il diritto del Parlamento europeo di revocare l’immunità ad uno dei suoi membri”.
È da segnalare come le disposizioni contenute al primo comma pongano in essere una
palese disparità di trattamento dei parlamentari, a seconda che essi si trovino sul territorio
del Paese di provenienza o su quello di un altro Stato membro, derivante sostanzialmente
dall’eterogeneità delle discipline nazionali relative alle immunità. Una situazione del genere
produce, altresì, un impatto negativo sui lavori parlamentari, dal momento che l’Assemblea
è obbligata, in occasione di ogni richiesta di revoca dell’immunità parlamentare 11 , a
prendere in considerazione le norme nazionali che disciplinano l’immunità e le relative
procedure applicative. Questo può rallentare le fasi del processo di decision-making
europeo e può condurre a errori di interpretazione delle norme, nonché alla non corretta
applicazione delle stesse.
Va, inoltre, opportunamente rilevato che la lettera b) dell’art. 9, a differenza di quanto
disposto alla lettera a), sembra voler definire una vera e propria “immunità dell’Unione”,
poiché avulsa da ogni riferimento alle discipline nazionali e derogabile solo alle condizioni
previste al terzo comma.
È possibile parlare di una tutela riconducibile alla sola dimensione europea anche per
quanto stabilito al secondo comma, essendo la disciplina sulla libertà di movimento del
parlamentare europeo del tutto indipendente dalla protezione accordata dall’ordinamento
nazionale del Paese di provenienza. È questa una specificazione della più generale
disposizione, di cui al primo comma dell’art. 7 del PPI12.
Il terzo livello normativo, infine, va ravvisato nella disciplina dettata dal Regolamento
del Parlamento europeo, segnatamente agli articoli 5, 6 e 7 dove, oltre che richiamare
esplicitamente la normativa contenuta nel Protocollo n. 7, si prevedono particolari
procedure in materia di revoca o di “difesa” dell’immunità.
1.2. Aspetti procedurali: la revoca e la difesa dell’immunità parlamentare.
Il Parlamento europeo ha contribuito, nel corso degli anni, a definire un’immunità
europea sempre più autonoma e distinta dalle discipline degli Stati membri, attraverso il
consolidamento di prassi e procedure, fondate su regole specifiche.
Se si guarda allo scopo originario delle immunità, così come disciplinate nel Protocollo
del 1965, emerge in maniera pressoché palese la volontà di consentire alle Comunità di
svolgere i propri compiti e di perseguire gli obiettivi prefissati dai Trattati. Viste in
quest’ottica, le disposizioni in precedenza analizzate si pongono, in nuce, a tutela del
Parlamento europeo, in qualità di Istituzione dell’Unione. Difatti, nel momento in cui la
11
V. infra par. 1.2.
12
Per comprendere a fondo la ratio delle disposizioni contenute all’art. 9 del Protocollo n. 7, allegato al
Trattato di Lisbona, non bisogna dimenticare che il Protocollo originario sulle immunità delle Comunità europee
risale al 1965. A quel tempo, il Parlamento europeo era un’assemblea di secondo grado, composta da delegati dei
singoli Parlamenti nazionali. Non era quindi ipotizzabile la previsione di una disciplina sull’immunità comune a tutti i
membri dell’Assemblea, se non limitatamente all’insindacabilità per gli atti espletati nell’esercizio della funzione
membro del Parlamento europeo.
5
sezione finale del terzo comma dell’articolo 9 del PPI riconosce all’Assemblea il diritto di
revocare l’immunità a uno dei suoi membri, si evidenzia in modo chiaro la finalità
istituzionale di tale prerogativa, volta a salvaguardare l’indipendenza e il normale
funzionamento dell’istituzione parlamentare, in quanto tale. Spetta dunque al Parlamento,
sulla base dei poteri organizzativi interni a esso conferiti, ex articolo 232 del TFUE,
determinare la natura e le modalità di svolgimento delle procedure per la revoca e la difesa
delle immunità13.
L’articolo 6 del Regolamento, dopo aver ribadito al primo comma qual è la ratio alla
base delle prerogative attribuite all’Assemblea in materia di immunità, si sofferma - nei
commi successivi - sugli aspetti esclusivamente di natura procedurale. All’Assemblea in
seduta plenaria è affidato il compito di ricevere la comunicazione circa la presentazione di
una richiesta di revoca14, che può essere presentata da “un’autorità competente” di uno Stato
membro, o di difesa dei privilegi15, su azione di un deputato o di un ex deputato.
La norma disciplina, inoltre - all’ultimo comma - una via d’urgenza, qualora
l’eurodeputato venga arrestato o limitato nella sua libertà di movimento, in violazione delle
immunità riconosciute. In tal caso, il Presidente d’Assemblea, previa consultazione della
Commissione competente16, può assumere direttamente l’iniziativa di confermare i privilegi
e le immunità del deputato interessato, dandone comunicazione all’Assemblea.
Sulla base di quanto disposto dal successivo articolo 7, alla Commissione Giuridica
spetta, altresì, il ruolo istruttorio di verifica dei presupposti e dell’attendibilità delle richieste
di revoca o di difesa (comma 1), dopo di che può procedere alla presentazione di una
13
Nel corso degli anni il Parlamento ha elaborato, in via di prassi, una serie di linee guida
applicabili alla procedura di revoca dell’immunità di un suo membro. La questione era stata inizialmente
affrontata dall’articolo 45 del Regolamento dell’Assemblea comune della CECA. Cfr. K. OFFERMAN, op.
cit., p. 15. La procedura di difesa dell’immunità si applica a tutti gli eurodeputati, di qualsiasi provenienza,
sia per quanto riguarda questioni afferenti all’insindacabilità, sia per altre pretese di immunità. Tale
procedura è stata introdotta a partire dal 2002 per i parlamentari europei di elezione italiana, che, in
seguito all’abolizione dell’autorizzazione a procedere, nel 1993 - prevista al comma 2°, del vecchio art.
68 Cost. italiana - temevano di poter “essere oggetto di procedimenti penali anche senza che il Parlamento
europeo ne sapesse alcunché”. Pertanto essi “pensarono che il richiamo alle immunità nazionali valesse
anche per l’insindacabilità e per le relative procedure applicative”. Così M. CERASE, op. cit., pp. 106-107,
il quale riflette, infine, sul perché “il Parlamento europeo abbia importato la procedura inventata di sana
pianta dalla Corte costituzionale italiana nel 1988 [ndr. cfr, sentenza n. 1150/88] in materia di
insindacabilità, quando l’art. 9 [del Protocollo sulle immunità] non concerne l’insindacabilità, prevista
invece dall’art. 8 […] che a sua volta non prevede alcun rinvio alle fonti nazionali”.
14
Cfr. art. 6, co. 2, reg. PE.
15
Cfr. art. 6, co. 3. reg. PE.
16
Si tratta della Commissione Giuridica, nota anche con il suo acronimo francese “JURI”, competente, fra
l’altro, “per le norme che disciplinano l'amministrazione dell'Unione e per la legislazione parlamentare, che
comprende lo Statuto dei deputati al Parlamento europeo, l'immunità parlamentare e la verifica delle credenziali dei
deputati dopo la loro elezione”. Cfr. http://www.europarl.europa.eu/committees/it/juri/home.html. Dopo il 1987
l’organo competente è stata la Commissione per il Regolamento, la verifica dei poteri e le immunità. Ai sensi poi
della decisione del Parlamento europeo del 15 aprile 1999, la responsabilità per le questioni relative ai privilegi e alle
immunità è stata assegnata alla Commissione Giuridica, con effetto a decorrere dall’inizio della V legislatura (luglio
1999). Cfr. K. Offerman, op. cit.
6
proposta di decisione, in merito all’accoglimento o al rigetto delle stesse (comma 2). In
questa fase, la Commissione può richiedere all’autorità coinvolta “tutte le informazioni
necessarie e tutti i chiarimenti che reputi necessari per pronunciarsi sull’opportunità di
revocare o difendere l’immunità”; lo stesso eurodeputato coinvolto ha la facoltà di essere
ascoltato e di “produrre tutti i documenti o gli altri elementi scritti di giudizio che ritiene
pertinenti” (comma 3).
In via eccezionale, si prevede poi la possibilità per la Commissione di proporre che “la
revoca dell’immunità si riferisca esclusivamente alla prosecuzione del procedimento penale,
senza che contro il deputato possa essere addotta, fintanto che non si abbia sentenza passata
in giudicato, alcuna misura privativa o limitativa della sua libertà o qualsiasi altra misura
che gli impedisca di esercitare le funzioni proprie del suo mandato” (comma 4).
Al comma sesto si legge, inoltre, che “nei casi concernenti la difesa dei privilegi o delle
immunità, la Commissione indica se le circostanze costituiscono un ostacolo di ordine
amministrativo o di altra natura alla libertà di movimento dei deputati da e verso il luogo di
riunione del Parlamento o all’espressione di un’opinione o di un voto nell’esercizio del loro
mandato, oppure se sono assimilabili agli aspetti dell’articolo 9 del Protocollo, che non
rientrano nell’ambito del diritto nazionale”.
La proposta di decisione predisposta dalla Commissione assume carattere essenzialmente
vincolante, fermo restando che non può essere emendata. Il dibattito in aula, infatti, “può
vertere solo sulle ragioni che militano a favore e contro alcune proposte di revoca o
mantenimento dell’immunità, o di difesa di un privilegio o di un’immunità” (comma 8, par.
2). Va poi segnalato che il Regolamento, nell’ultimo paragrafo del comma 7, afferma il
principio convenzionale in base al quale la Commissione competente non ha il potere di
pronunciarsi sulla colpevolezza o sull’innocenza del deputato interessato, dal momento che
tale pronuncia può spettare ai soli tribunali competenti.
Come è stato in parte rilevato in dottrina, il Parlamento europeo ha poi elaborato una
serie di principi, alla luce dei quali esaminare le singole richieste. L’Assemblea può
decidere di non revocare l’immunità di un suo membro, qualora sussista il sospetto che
l’azione penale si fondi sull’intento di pregiudicare le attività politiche del parlamentare17,
oppure può esprimersi favorevolmente alla revoca, allorché “l’ambito in cui è maturato il
fatto contestato al parlamentare non sia di natura politica o abbia comunque oltrepassato
l’ambito politico”18.
Infine, va segnalato che la Commissione per il regolamento, nel 1990, ha adottato un
rapporto volto a stabilire l’automatico rigetto delle richieste di revoca dell’immunità in
materia di libera espressione di idee e opinioni politiche, con l’eccezione di richieste in
merito ad affermazioni contenenti incitazioni all’odio, diffamanti o che violano l’onore e la
reputazione di gruppi o persone o che attentino ai diritti fondamentali19.
1.3. La giurisprudenza della CGUE in materia di immunità europea.
17
Si pensi ai casi dei reati d’opinione, nello specifico ai casi degli on. Pannella e Bonino in tema
di diffamazione – A2-0168/85 e A3-0009/91.
18
Così, L. SCIANNELLA, op. cit., p. 228.
19
Cfr., Doc. PE 141.446, cit. in L. SCIANNELLA, ivi, p. 229.
7
Ai fini di una migliore comprensione della disciplina dell’immunità a livello europeo, si
passerà ora ad esaminare due rilevanti decisioni della Corte di Giustizia dell’Unione,
relative ad altrettanti rinvii pregiudiziali, entrambi proposti dal giudice italiano. Con la
decisione relativa al caso Marra (cause riunite c-200/07 e C-201/07), il giudice europeo
afferma l’inidoneità, in linea di principio, della decisione parlamentare in materia di
immunità a vincolare giuridicamente le autorità giudiziarie degli Stati membri. Con la
decisione Patriciello (causa C-163/10), ribadendo quanto affermato nella precedente
sentenza, la Corte di Giustizia entra nel merito dei limiti di applicabilità della prerogativa.
1.3.1. Il caso Marra
Per quanto riguarda il caso Marra, la corte di Giustizia delle Comunità Europee si è
pronunciata in seguito ad una questione pregiudiziale sollevata dalla Corte di Cassazione
italiana20.
La vicenda concerne l’allora eurodeputato Alfonso Luigi Marra, citato in giudizio nel
periodo in cui svolgeva ancora il proprio mandato (1994-1998) di fronte al Tribunale di
Napoli con l’accusa di aver diffamato tramite dei volantini due magistrati aventi funzione
presso la Procura della Repubblica partenopea 21 (Antonio Clemente e Eduardo De
Gregorio).
In seguito a tali azioni, i due magistrati decidevano di promuovere, vittoriosamente, un
giudizio civile di risarcimento danni nei confronti dell’On. Marra, il cui esito veniva
confermato dalla Corte di Appello di Napoli con tre differenti sentenze, (emesse tutte fra il
gennaio e il marzo 2002), per le quali le affermazioni asseritamente diffamatorie, essendo di
natura privata, non erano coperte dal Protocollo sui privilegi e immunità della Comunità
europea22.
L’onorevole Marra decideva allora di impugnare le sentenze di fronte alla Corte di
Cassazione, la Corte quale evidenziava innanzitutto come – stando alla lettera dell’articolo
68 comma 1 della Costituzione – i membri del Parlamento non possono essere chiamati a
rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni;
aggiungeva inoltre come l’eventuale decisione in merito da parte del ramo del Parlamento
20
Procedimenti riuniti C-200/07 e C-201/07.
21
Si tratta dei magistrati Antonio Clemente ed Eduardo De Gregorio.
22
In un periodo precedente alle condanne in questione, l’On. Marra aveva richiesto e ottenuto (in
data 26 marzo 2001) una risoluzione del Parlamento Europeo in cui veniva asserito che, in seguito a
delibazione del caso in questione, lo stesso configurava un caso di insindacabilità, invitando nel contempo
gli organi giudicanti competenti a trasmettere al Parlamento la documentazione necessaria al fine di
verificare la possibile sussunzione della fattispecie concreta alla previsione astratta di cui all’articolo 9 del
Protocollo, contemporaneamente invitando i giudici competenti a sospendere il procedimento in attesa di
una deliberazione ufficiale da parte del Parlamento stesso.
Pare doveroso rilevare, tuttavia, che tale risoluzione non è mai giunta ai giudici italiani.
8
di appartenenza del singolo parlamentare, fosse vincolante per gli organi giudicanti
dinnanzi cui pende il giudizio23.
D’altro canto, la Suprema Corte metteva in luce come, stando a quanto disposto dalle
norme appartenenti all’ordinamento europeo, e in particolare all’articolo 6 del regolamento
interno del Parlamento europeo, la richiesta a tutela dell’immunità potrebbe essere spiccata
tanto dall’autorità competente di uno Stato membro, che direttamente da un membro del
Parlamento europeo.
Tenendo conto di questi elementi, pertanto, la Corte di Cassazione sollevava di fronte al
giudice europeo le seguenti due distinte questioni preliminari di interpretazione: se – cioè –
nel caso in cui il parlamentare europeo non richieda egli stesso direttamente l’attivazione
del procedimento di difesa della propria immunità il giudice interno sia tenuto
necessariamente a richiedere al Presidente del Parlamento europeo la revoca dell’immunità,
e se, in secondo luogo, in assenza della comunicazione del PE con cui si informa
dell’intenzione di difendere l’immunità del parlamentare, il giudice possa statuire circa
l’esistenza o meno di tale immunità nel caso specifico, o se debba al contrario attendere la
decisione dell’Istituzione.
1.3.1.1. Segue: l’opinione dell’Avvocato Generale.
L’opinione dell’avvocato generale Poiares Maduro prende le mosse dalla statuizione per
la quale i due articoli del Protocollo venuti in rilievo non sono reciprocamente esclusivi.
L’Avvocato Generale rilevava in primis come l’immunità parlamentare sia una
prerogativa attribuita al singolo deputato europeo al fine di garantire l’indipendenza
dell’Istituzione comunitaria – oltre che, ovviamente, anche quella dei suoi membri – al fine
di agevolare e consentire il miglior svolgimento delle funzioni di questa come corpo
collettivo, dotato di una funzione imprescindibile nel contesto di una società libera ed
informata ai valori democratici. Inoltre, mentre stando alla lettera dell’articolo 9, questo
garantirebbe i membri del Parlamento Europeo da misure che potrebbero interferire sulla
loro fisica partecipazione alle sessioni, l’articolo 8 assicurerebbe una tutela in relazione alle
opinioni espresse dal parlamentare nell’adempimento dei propri compiti: parrebbe dunque
passibile di revoca – a parere dell’Avvocato Generale – l’immunità ex articolo 9, e non già
quella afferente all’articolo 8 del Protocollo. Rilevava inoltre l’Avvocato come, da un lato,
la disciplina dettata dall’articolo 9 fosse più onnicomprensiva rispetto a quella prevista
dall’articolo 8, poiché la stessa coprirebbe non solo voti e opinioni ma anche altre condotte;
d’altro canto, l’articolo 8 garantirebbe invece una tutela de facto assoluta: accertata la
rilevanza del voto o dell’opinione espressa, la garanzia non può essere revocata. Posto che
l’on. Marra affermava che le proprie condotte sarebbero state coperte dall’ombrello
dell’articolo 8, la questione verteva dunque su quale procedura avrebbe dovuto applicare il
giudice nazionale di fronte ad una richiesta di tal tipo (considerando che, nell’ordinamento
italiano, la decisione della Camera di appartenenza in materia di immunità è vincolante per
il giudice, il quale, in caso di decisione positiva dell’istituzione parlamentare, non può far
23
Salva ovviamente la possibilità di sollevare un conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte
Costituzionale (cfr. sent. 1150\1988 C. Cost.).
9
altro che interrompere il procedimento a carico del deputato). Tuttavia, sempre a parere
dell’Avv. Poiares Maduro, non parrebbe rinvenibile invece nella lettera dell’articolo 8, in
assenza di una esplicita statuizione in tal senso, alcun obbligo in capo ai giudici nazionali di
consultare il Parlamento europeo circa la sussistenza – nel caso concreto – della garanzia in
questione. Aggiungeva, inoltre, lo stesso avvocato come in ogni caso tale obbligo non
avrebbe potuto essere eventualmente rinvenuto e previsto nel Regolamento del Parlamento
europeo (un mero documento interno atto a disciplinare le procedure interne all’Istituzione
in questione, pertanto per definizione inidonea a produrre effetti giuridici all’interno degli
ordinamenti nazionali), ma, semmai, all’interno del Protocollo, il quale ha invece lo stesso
valore giuridico dei Trattati.
Di conseguenza – proseguiva l’Avvocato – se il Parlamento non si è espresso circa la
sussistenza o meno dell’immunità, in seguito alla richiesta mossa dall’(ex) membro del PE,
il giudice interno non può pertanto ritenersi obbligato a sollecitare tale statuizione
parlamentare; qualora invece tale procedimento sia stato iniziato (e concluso), e il
Parlamento abbia deciso nel merito, “la posizione del Parlamento sull’insindacabilità,
benché priva di efficacia vincolante, deve essere presa seriamente in considerazione dal
giudice nazionale, che le deve riconoscere una considerevole forza persuasiva”24. In sintesi,
nel caso in cui il giudice nazionale decidesse di discostarsi dalla decisione parlamentare,
incomberebbe sullo stesso un obbligo di motivazione a riguardo: prosegue, infatti, Poiares
Maduro affermando che “in effetti, un eventuale disaccordo di questo genere sarebbe un
indizio del fatto che si tratta di un caso idoneo a comportare un rinvio alla Corte di giustizia,
alla quale il giudice nazionale può chiedere lumi in merito alla corretta interpretazione delle
disposizioni rilevanti”.
Terminava, infine, l’Avvocato Generale, nel punto successivo, affermando come,
sebbene in linea di principio i giudici nazionali non siano vincolati all’opinione del
Parlamento, e pertanto non potrebbe configurarsi un obbligo di rinvio della causa alla Corte
di Giustizia, tale obbligo potrebbe presentarsi “come risultato del combinato disposto delle
norme rilevanti del diritto nazionale e dell’art.10 (attualmente, 9), primo comma, lett. a)”.
Veniva poi evidenziato come, stando alla lettera di quest’ultima disposizione, un
parlamentare appartenente ad uno Stato le cui norme costituzionali sanciscono l’obbligo per
gli organi giudicanti di conformarsi alla decisione parlamentare in materia di immunità – o
di rinviare la decisione ad un giudice di grado superiore (sovente una Corte Costituzionale)
– un membro del PE di quello Stato avrebbe diritto ad un identico trattamento. Pertanto,
“ove il Parlamento europeo si sia espresso sul caso, i giudici nazionali devono o
conformarsi alla sua opinione o rinviare la causa alla Corte di Giustizia. Il fondamento di
tale obbligo riposa sull’art. 9, primo comma, lett. a), del PPI, che richiede una stretta
equivalenza tra le prerogative attribuite ai membri del Parlamento nazionale e quelle
conferite ai membri del Parlamento europeo nel loro Stato di appartenenza”. Pertanto –
concludeva l’Avvocato Generale – nel caso in cui un procedimento penda nei confronti di
un parlamentare europeo di fronte ad una corte nazionale, onere del giudice è innanzitutto
accertare se, nel caso in cui il membro del PE fosse stato invece un deputato nazionale,
avrebbe potuto in astratto risolversi la questione anche in maniera difforme da quanto
24
Cfr. punto 25.
10
statuito dal Parlamento stesso: solo in tal caso, la medesima condotta potrebbe essere tenuta,
considerando però “seriamente (di) valutare l’opportunità di un rinvio pregiudiziale alla
Corte di giustizia”.
Nel caso in cui invece risultasse illegittima, in quanto contravveniente con il diritto
interno, una decisione presa in difformità dalla volontà della Camera di appartenenza (o – in
alternativa – sia necessaria una decisione di una corte superiore o di una Corte
Costituzionale), il giudice nazionale sarebbe tenuto, allo stesso modo, ad attenersi alla
decisione del Parlamento europeo (o ad effettuare un rinvio pregiudiziale alla Corte di
Giustizia).
Affermava infine l’Avvocato, per quanto riguarda la risoluzione della questione
pregiudiziale, che “il giudice nazionale dinanzi al quale sia pendente una causa civile nei
confronti di un membro del Parlamento europeo non è tenuto a richiedere l’opinione del
Parlamento per sapere se l’immunità parlamentare ricomprenda la condotta di cui trattasi, se
il membro interessato non ha egli stesso avviato il procedimento di cui all’art. 6, comma 3,
del Regolamento del Parlamento europeo, relativo alle richieste, presentate al Parlamento
dai suoi membri, affinché esso ne difenda le prerogative. Qualora il membro interessato
abbia avviato il procedimento e il Parlamento abbia espresso la sua opinione in merito
all’immunità, tale opinione non è vincolante per il giudice nazionale, ma deve essere presa
seriamente in considerazione. Ove il giudice nazionale pervenga ad una conclusione diversa
da quella del Parlamento, può essere opportuno un rinvio pregiudiziale alla Corte di
giustizia. Tuttavia, ove risulti che, in una situazione analoga concernente un membro del
Parlamento nazionale, i giudici nazionali sarebbero tenuti a seguire l’opinione del
Parlamento nazionale o a rinviare la causa ad un giudice di grado superiore, essi hanno
allora lo stesso obbligo per quanto riguarda le opinioni del Parlamento europeo, e
dovrebbero conformarvisi oppure rinviare la causa alla Corte di giustizia. Quest’ultima
valutazione spetta al giudice nazionale”.
Nella seconda parte della propria dissertazione, l’Avvocato Generale si soffermava poi
sulla portata dell’articolo 8 del Protocollo, ed in particolare sulla questione relativa
all’ampiezza dell’espressione “nell’esercizio delle loro funzioni”. Rilevando la potenziale
pericolosità della disposizione in esame, e dell’astratto rischio che la relativa immunità
potesse (e possa) subdolamente trasformarsi in vero e proprio privilegio, a discapito del
cittadino che si ritenga danneggiato da una dichiarazione resa dal parlamentare il quale
decida di avvalersi della prerogativa in questione, rilevava innanzitutto l’Avvocato Maduro
come “l’immunità parlamentare non è un’arma che i membri del Parlamento possano
utilizzare per risolvere controversie personali, bensì un meccanismo istituzionale a sostegno
del funzionamento democratico della comunità politica”, aggiungendo dunque che, nel caso
in cui il giudice debba accertare se la condotta del deputato possa o meno farsi rientrare
sotto lo scudo della prerogativa di cui all’articolo 8, questi debba “muovere dal principio
che giustifica l’immunità parlamentare, ossia la libertà dei membri di discutere su materie di
interesse pubblico senza essere obbligati a modellare le loro opinioni in modo da renderle
accettabili o inoffensive per chi le ascolta, senza temere, in caso contrario, di essere citati in
giudizio”. Dopo una breve analisi circa le origini dell’istituto in questione, l’Avvocato
concludeva affermando che – anche a causa delle nuove arene politiche venutesi a delineare
con l’avvento della tecnologia, quali internet e i mezzi di comunicazione stampati ed
elettronici – “sarebbe limitativo ritenere che unicamente le dichiarazioni effettuate nel corso
11
dei procedimenti parlamentari all’interno del Parlamento europeo godano della tutela di cui
all’art. 8”, pertanto la disposizione in questione andrebbe interpretata “estensivamente”,
tenendo però conto di due specificazioni, vale a dire, in primis, l’autenticità dell’interesse
pubblico coinvolto dalla dichiarazione del parlamentare, il cui accertamento deve essere
svolto tenendo conto non tanto dello stile, bensì “alla luce della materia in oggetto”. In
secondo luogo, vertendo sempre su di una questione d’interesse generale, i giudizi di valore
espressi dal membro del PE sono – in linea di principio – insindacabili. Tuttavia “tale
prerogativa non può essere invocata con riferimento ad allegazioni di fatti relativi ad un
singolo, né nel contesto di questioni private avulse da temi di rilevanza pubblica o
riconducibili al dibattito politico”.
1.3.1.2. Segue: la decisione della Corte di giustizia
Anche la decisione della corte di Giustizia esordiva con una precisazione delle rationes
delle disposizioni di cui agli articoli 8 e 9 del Protocollo, affermando in particolare come la
portata di quest’ultima norma, non facendo la stessa alcun rinvio al diritto interno, debba
essere “determinata quindi unicamente sulla scorta del diritto comunitario” (punto 26). Nel
merito, le questioni interpretative poste dalla Corte di Cassazione, venivano riassunte in tal
senso: “se” – cioè – “qualora un deputato europeo non richieda al Parlamento la difesa della
propria immunità o qualora una decisione di quest’ultimo in merito all’immunità non sia
stata comunicata alle autorità giudiziarie nazionali dinanzi alle quali sia pendente un’azione
come quelle di cui alle cause principali, tali autorità siano tenute a chiedere al Parlamento di
revocare l’immunità del deputato e, prima di pronunciarsi sull’esistenza dell’immunità, ad
attendere la decisione dell’istituzione”.
La Corte affermava innanzitutto la competenza esclusiva, radicata in capo alla
giurisdizione nazionale, circa la verifica della sussistenza dei requisiti previsti affinché
possa scattare l’immunità assoluta, escludendo di conseguenza ogni eventuale vincolo
giuridicamente rilevante eventualmente riferibile a risoluzioni o decisioni del Parlamento
europeo25: affermava infatti la Corte come nemmeno dagli articoli 6 e 7 del Regolamento
interno possa dedursi, neppure implicitamente, un obbligo di deferimento della questione al
PE in capo ai giudici nazionali, in quanto, stando alla lettera delle norme in questione, il
Parlamento si limiterebbe ad “indicare” se un procedimento pendente nei confronti di un
deputato europeo si ponga in contrasto con le guarentigie tutelate dal Protocollo,
Parlamento il quale non potrebbe far altro che “formula(re) una proposta per invitare
l’autorità interessata a trarre le debite conclusioni”, ribadendo anch’essa quindi la natura
meramente interna e organizzativa del Regolamento stesso, in quanto tale inidoneo ad
istituire o radicare competenze in capo all’istituzione parlamento; pertanto, ogni eventuale
decisione di difesa dell’immunità presa da quest’ultimo, “costituisce un parere sprovvisto di
effetti vincolanti nei confronti delle autorità giudiziarie nazionali”.
Nel passaggio successivo, poi (paragrafo 40), la Corte di Giustizia precisava che, anche
nel caso in cui la Costituzione di uno Stato membro preveda un intervento del Parlamento
25
Ribadendo altresì la facoltà (e, per la giurisdizioni di ultima istanza, l’obbligo) di rivolgersi al giudice
europeo in caso di dubbio interpretativo.
12
nazionale a tutela delle garanzie dei deputati, ciò non importa un simile potere dell’analoga
istituzione comunitaria, proprio in ragione dell’inidoneità della fonte Regolamento ad
fondare un simile potere; né il Protocollo prevede tale facoltà o rinvia alle normative
nazionali.
Tuttavia, a fronte della cristallina chiarezza relativa alla prima parte della decisione, al
contrario “qualche elemento di ambiguità è dato rilevare nella motivazione”26. Afferma,
infatti, la Corte come “l’obbligo di leale cooperazione tra le istituzioni europee e le autorità
nazionali […] assume una particolare importanza ove tale collaborazione riguardi le autorità
giudiziarie degli Stati membri incaricate di vigilare sull’applicazione e sul rispetto del
diritto comunitario nell’ordinamento giuridico nazionale”; obbligo che – sempre a parere
del giudice dell’Unione – “trova applicazione nell’ambito di una controversia come quelle
di cui alle cause principali.” Pertanto, prosegue la CDG, “il Parlamento europeo e le autorità
giudiziarie nazionali devono quindi collaborare al fine di evitare qualunque conflitto
nell’interpretazione e nell’applicazione delle disposizioni del Protocollo”. Di conseguenza,
in un caso nel caso in cui un parlamentare europeo avviasse una procedura di difesa
dell’immunità di fronte al Parlamento europeo, e lo stesso informasse nel contempo il
giudice nazionale di fronte cui è pendente la relativa causa, quest’ultimo dovrebbe dunque –
a parere della Corte – sospendere il giudizio, e “chiedere al Parlamento che emetta al più
presto un parere” (punto 43); in tal modo sovvertendo, quantomeno parzialmente, l’intera
ricostruzione sin lì svolta. Concludeva infine il giudice dell’Unione affermando, in
relazione al caso di specie, come “il giudice nazionale chiamato a pronunciarsi su tale
azione, qualora non abbia ricevuto alcuna informazione in merito a una richiesta presentata
al Parlamento dal deputato di cui trattasi per ottenere la difesa dell’immunità prevista
dall’art. 9 del Protocollo, non è tenuto a domandare al Parlamento di pronunciarsi sulla
sussistenza dei presupposti dell’immunità; il giudice nazionale, qualora sia informato del
fatto che lo stesso deputato ha presentato al Parlamento una richiesta di difesa della propria
immunità, ai sensi dell’art. 6, n. 3, del regolamento interno, deve sospendere il
procedimento giudiziario e chiedere al Parlamento che emetta al più presto un parere; il
giudice nazionale, qualora ritenga che lo stesso deputato goda dell’immunità prevista
dall’art. 9 del Protocollo, è tenuto a non dar seguito all’azione promossa nei confronti del
deputato europeo di cui trattasi”.
La soluzione escogitata dai giudici di Lussemburgo mostra – in estrema sintesi – come
l’opinione del Parlamento europeo non pare avere, in linea di principio, alcuna rilevanza
esterna, in virtù della natura del Regolamento del PE, non idoneo a produrre effetti giuridici
vincolanti sugli organi interni degli Stati membri. D’altro canto, però, la Corte di Giustizia
mostra di tenere fortemente in considerazione anche il principio di leale collaborazione,
indubbiamente uno dei pilastri dei rapporti Unione-Stati, che, in tal modo ricostruito,
parrebbe poter minare la struttura disegnata in precedenza, in quanto l’eventuale iniziativa
presa dal parlamentare europeo impone, de facto un temporaneo arresto del procedimento a
suo carico; inoltre, un’eventuale risposta positiva da parte del Parlamento, imporrebbe al
giudice nazionale che volesse discostarsene un obbligo di motivazione. Tuttavia, a partire
26
T. GIOVANNETTI, L’immunità dei parlamentari europei per le opinioni espresse: note a margine
della sentenza Marra, in Quad. cost., n.2/2009, p. 424.
13
da questo punto, una serie di dubbi interpretativi pare prospettarsi: in particolare, quid juris
nel caso in cui il Parlamento non assuma una decisione “al più presto” (e anche qui, non
chiarissima pare questa definizione)? La Corte di Giustizia non risolve questo dubbio:
difficilmente probabile parrebbe, in realtà, ritenere che debba essere lo Stato membro in
proprio ad agire nei confronti dell’istituzione europea per violazione del canone di
collaborazione; sembrerebbe più plausibile ritenere invece, come prospettato dalla dottrina27,
che il giudice nazionale potrebbe comunque invece proseguire il processo.
1.3.2. Il caso Patriciello.
Se con il caso appena esaminato la corte di Giustizia aveva affermato che la verifica dei
presupposti per l’applicazione dell’immunità assoluta spetti esclusivamente al giudice
nazionale, e che, una volta che quest’ultimo abbia constatato l’applicabilità della stessa, il
Parlamento non abbia facoltà di revocarla (oltre che, come visto supra, l’eventuale
decisione dell’istituzione in favore del deputato europeo non sortisce alcun effetto
sospensivo del processo), con il caso in questione, la CDG ha riconfermato la suddetta
ricostruzione, proponendo adesso anche “diverse considerazioni di merito relative alle
condizioni di applicazione o meno dell’immunità nel caso concreto”28.
Nell’agosto 2007 l’on. Aldo Patriciello accusò un’agente di polizia municipale del
delitto di falso materiale in atto pubblico: la vigilessa sarebbe stata infatti colpevole, a
parere del deputato, di aver falsificato gli orari dei verbali delle contravvenzioni comminate
ad alcuni automobilisti nei pressi di una struttura sanitaria (di proprietà della famiglia del
deputato). In seguito all’instaurarsi del processo a carico dell’On. Patriciello per calunnie, lo
stesso, nel maggio 2009, invocò la tutela dell’immunità di fronte al Parlamento di
Strasburgo 29 , affermando di aver non aver agito per interesse personale, bensì di aver
espresso un’opinione nell’interesse generale dei suoi elettori, tutela che veniva accordata al
parlamentare europeo con 561 voti favorevoli e appena 20 contrari, in quanto “con le sue
affermazioni, l’on. Patriciello si è limitato a commentare fatti di dominio pubblico, ovvero i
diritti dei cittadini di poter accedere agevolmente agli ospedali e alle cure sanitarie, fatti che
hanno un impatto importante sulla vita quotidiana dei suoi elettori. L’on. (…) Patriciello
non ha agito nel proprio interesse e non intendeva insultare il pubblico ufficiale, bensì ha
agito nell’interesse generale del suo elettorato nel quadro della sua attività politica . Così
facendo svolgeva il proprio dovere di deputato al Parlamento in quanto esprimeva la propria
opinione su una questione di pubblico interesse per i suoi elettori”30.
27
Cfr. in particolare, R. MASTROIANNI, “Joined Cases C-200/07 and C-201/07, Alfonso Luigi
Marra v. Eduardo De Gregorio and Antonio Clemente, Judgment of the Court (Grand Chamber) of 21, in
http://unina.academia.edu
28
C. MARTINELLI, op. cit. pag. 961.
29
In particolare, il deputato aveva invocato tanto la tutela ex articolo 8 che quella riferibile
all’articolo 9 (la cui portata, non facendo quest’ultimo articolo alcun rinvio ai diritti nazionali, deve essere
determinata esclusivamente sulla scorta del diritto dell’Unione)
30
V. il punto 12 della decisione del PE.
14
In seguito a tale decisione, tuttavia, il Tribunale di Isernia proponeva una domanda di
pronuncia pregiudiziale dinanzi alla corte di Giustizia al fine di ottenere un “chiarimento in
ordine ai criteri da seguire per qualificare le dichiarazioni del parlamentare ai fini
dell’applicazione o meno dell’immunità”31, ovverosia:
«Se il fatto di reato astrattamente ascritto [al deputato europeo sig.] Patriciello (...)
(descritto in accusa e già oggetto di decisione di difesa dell’immunità [...]), qualificato
come calunnia ex art. 368 del codice penale, costituisca o meno una opinione espressa
nell’esercizio delle funzioni parlamentari ai sensi dell’art. [8] del Protocollo»
tenendo conto del fatto che, in base al combinato disposto del suddetto articolo con il
68.1 della Costituzione italiana, le condotte tenute dai parlamentari sarebbero coperte da
insindacabilità solo se “strettamente connesse all’espletamento delle funzioni tipiche e delle
finalità proprie del mandato parlamentare” (punto 13), condizione – secondo il Tribunale di
Isernia – non verificatasi nel caso di specie.
Nella propria decisione, i giudici di Strasburgo ribadivano innanzitutto quanto già
affermato nella sentenza Marra, ovvero che è di esclusiva competenza del giudice nazionale
la risoluzione del caso concreto, potendo la CdG solamente fornire “a detto giudice tutte le
indicazioni necessarie al fine di guidarlo in tale valutazione” (punto 23), nonché, che una
volta integrati i presupposti previsti dall’articolo 8, la tutela immunitaria da questa
disposizione riconosciuta non può essere revocata dal Parlamento, ed il giudice nazionale è
tenuto a non dar seguito all’azione penale promossa nei confronti del deputato.
Quanto al merito della questione – ed è questo l’elemento di novità della decisione
adesso in commento rispetto alla precedente Marra – a parere della Corte Europea sarebbero
coperte da immunità – oltre che le opinioni espresse intra moenia – anche quelle rese al di
fuori del Parlamento, purché sussista il doppio requisito del legittimo esercizio del
fondamentale diritto di libertà di espressione, nonché del nesso funzionale, il quale deve
essere, a parere della corte, diretto, ed in grado di imporsi con evidenza. Requisito il quale
viene considerato assente, da parte della CdG, in quanto le dichiarazioni rese dall’on.
Patriciello “appaiono relativamente lontani dalle funzioni di un membro del Parlamento
europeo e, di conseguenza, difficilmente possono presentare un nesso diretto con un
interesse generale coinvolgente i cittadini. Quindi, anche se un nesso siffatto potesse essere
dimostrato, esso non potrebbe imporsi con evidenza” (punto 36). Così facendo, il giudice
europeo, pur ribadendo la esclusiva competenza dell’organo nazionale circa la decisione del
caso concreto (rectius, circa la sussistenza dei presupposti appena delineati), parrebbe di
fatto blindare la stessa, imponendo di fatto la risoluzione della questione in tal senso. È
tuttavia da rilevare come, a differenza della Corte Costituzionale italiana la quale impone
oggi criteri molto stringenti circa la verifica della sussistenza del requisito del nesso
funzionale32, i canoni delineati dalla Corte di Giustizia paiono ancora “fortemente generici,
utili forse al giudice del caso Patriciello (dove obiettivamente è difficile riscontrare (…) una
31
Ibidem.
32
Vale a dire, che le opinioni espresse extra moenia siano sostanzialmente riproduttive di atti
tipici posti in essere dal deputato nello svolgimento delle proprie funzioni.
15
sensibilità talmente generica che può essere rinvenibile (…) perfino in un qualsiasi cittadino
privo di cariche pubbliche, e non certo specifica attribuzione di funzioni parlamentari), ma
inadeguati alla definizione di ipotetiche fattispecie più borderline”33. Più precisi e stringenti,
simili forse a quelli elaborati dal giudice costituzionale italiano, parrebbero invece i criteri
elaborati dall’Avvocato Generale Niilo Jaaskinen, il quale aveva parlato di “nesso
organico” nelle proprie conclusioni.
2. Il trattamento economico del parlamentare europeo34
2.1. Premessa
Fino all’entrata in vigore dello Statuto unico dei deputati avvenuta il primo giorno della
VII° legislatura 35 , l'indennità dei membri del Parlamento europeo era pari a quella dei
membri dei rispettivi Parlamenti nazionali ed era a carico dei bilanci degli Stati membri. Si
era discusso a lungo, a partire dal 1979 con la prima elezione a suffragio universale diretto
del Parlamento europeo, sull’opportunità di eliminare la disparità di trattamento economico
tra gli eletti e introdurre uno statuto unico dei deputati che, tra le altre cose, prevedesse i
medesimi diritti finanziari in capo a tutti i parlamentari.
Con la modifica del Trattato istituivo della Comunità europea avvenuta con l’entrata in
vigore del Trattato di Amsterdam (1999) prima, e con quello di Nizza (2003) poi, viene per
la prima volta introdotta una base giuridica chiara36 per permettere al Parlamento europeo di
introdurre uno statuto unico dei deputati: più precisamente, all’art. 190 par. 5° del Trattato
CE (oggi art. 223 par. 2° del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea), si prevede
che il Parlamento, previo parere della Commissione e con l'approvazione unanime del
Consiglio, stabilisce lo statuto e le condizioni generali per l'esercizio delle funzioni dei suoi
membri.
Dopo svariati tentativi di progetto di statuto, naufragati per alcune divergenze tra
Parlamento e Consiglio, il 28 ottobre 2005 il Parlamento europeo approva lo Statuto dei
deputati (di seguito “Statuto”)37, finalizzato a disciplinare l’esercizio delle funzioni dei suoi
membri. Tra i diversi aspetti trattati, lo Statuto stabilisce condizioni finanziarie uniformi
applicabili ai deputati nel corso del loro mandato nonché dopo il termine delle loro attività
parlamentari. In particolare, vengono introdotti un’indennità parlamentare unica e un
trattamento pensionistico uniforme per tutti i deputati a carico del bilancio dell’Unione
33
C. MARTINELLI, op. cit.
34
A cura di Pasquale Pantalone
35
16 luglio 2009
36
Sino alla modifica del Trattato CE avvenuta col Trattato di Amsterdam (1999), la base giuridica
utilizzata dal Parlamento per cercare di introdurre uno statuto unico per i suoi membri era fondata sulla
propria potestà regolamentare
37
Decisione del Parlamento europeo del 28 settembre 2005 che adotta lo statuto dei deputati del
Parlamento europeo (2005/684/CE, Euratom)
16
europea. Per i rimborsi spese viene, inoltre, adottato il criterio delle spese reali, salvo
l’utilizzo del rimborso forfettario ”nei casi in cui è appropriato”38.
Sulla base degli artt. 8 e 23 par. 2° del regolamento del Parlamento europeo,
l’applicazione degli aspetti finanziari dello Statuto rientra nelle competenze dell’Ufficio di
presidenza che, con decisione del 19 maggio e 9 luglio 2008, come successivamente
modificata, ha adottato le c.d. misure di attuazione dello Statuto dei deputati, le cui
disposizioni si andranno ora ad analizzare.
2.2. Il trattamento economico e gli aspetti finanziari nell’esercizio del mandato
parlamentare
2.2.1. L’indennità parlamentare
A decorrere dalla data di inizio del mandato parlamentare e fino all’ultimo giorno del
mese in cui detto mandato ha termine, i parlamentari europei hanno diritto a un’indennità
“adeguata”, tale da garantire la loro indipendenza39.
L’ammontare di tale indennità è fissato al 38,5% del trattamento economico di base di un
giudice della Corte di giustizia dell’Unione europea40 e corrisponde, per l’anno 2011, a €
7.956,87 mensili al lordo delle imposte. L’indennità parlamentare è soggetta ad un'imposta
a beneficio dell’Unione41 e a un contributo per l'assicurazione antinfortunistica, al netto dei
quali il suo importo mensile è pari a € 6.197,14 (per il 2011)42. Anche gli Stati membri
possono assoggettare l'indennità a imposte nazionali purché sia evitata ogni doppia
imposizione 43 . In relazione a tale facoltà, è possibile che si creino nuovamente delle
disparità economiche tra i deputati: in particolare, tra coloro le cui indennità sono
assoggettate ad un’imposta nazionale complementare e quelli le cui indennità sono invece
soggette alla sola imposta a beneficio dell’Unione44.
Non sono previste indennità di funzione o di ruolo ulteriori in capo ai deputati che
svolgono determinate funzioni in seno al Parlamento (ad esempio, i presidenti di
commissione o sottocommissione).
Per evitare il cumulo dell’indennità percepita quale deputato eletto in seno al Parlamento
europeo con un’indennità che lo stesso parlamentare percepisce per l’esercizio di altro
mandato in un altro parlamento, si prevede che l’importo di quest’ultima sia detratto da
38
17° considerando Statuto dei deputati
39
Art. 9 par. 1° Statuto dei deputati
40
Art. 10 Statuto dei deputati
41
Art. 12 par. 1° Statuto dei deputati. L’imposta a beneficio dell’Unione corrisponde a circa il
22% dell’indennità
42
I deputati non versano contributi previdenziali
43
Art. 12 par. 2° Statuto dei deputati
44
L’Italia ha deciso di non avvalersi della facoltà di prevedere un’imposta nazionale
complementare
17
quello dell’indennità percepita a titolo di parlamentare europeo 45 . Ai fini del divieto di
cumulo, per “altro parlamento” deve intendersi “ogni parlamento costituito in uno Stato
membro e dotato di competenze legislative al quale non si applichi l’articolo 7, paragrafo 2,
dell’atto relativo all’elezione dei rappresentanti nell’assemblea a suffragio universale
diretto”46. La presente disposizione risulta notevolmente depotenziata a seguito del divieto
del c.d. “doppio mandato”, introdotto a partire dall’inizio della VI° legislatura47.
Qualsiasi accordo in merito all’uso dell’indennità per fini che non siano privati è nullo48:
tale disposizione, come peraltro espressamente dichiarato dal dodicesimo considerando
dello Statuto, è tesa a vietare qualsiasi forma di finanziamento del deputato al partito di
appartenenza.
2.2.2. Le spese mediche
I deputati e gli ex deputati beneficiari dell’indennità transitoria di cui all’art. 13 dello
Statuto o di una pensione a norma degli artt. 14 e 15, nonché i superstiti aventi diritto cui è
dovuta una pensione di reversibilità ai sensi dell’art. 17, hanno diritto, senza la
corresponsione di alcun corrispettivo, al rimborso dei due terzi delle spese mediche, delle
spese derivanti da gravidanza o dalla nascita di un figlio. Tali soggetti hanno, inoltre, diritto
al rimborso dei due terzi delle stesse spese sostenute dal coniuge o dal membro stabile di
un’unione di fatto 49 e dai figli a carico degli stessi 50 , fino a che questi ultimi abbiano
raggiunto i 21 anni di età o, al più tardi, dei 25 anni di età ove seguano una formazione
scolastica o professionale a tempo pieno, o senza limiti di età se sono colpiti da una malattia
grave o da un’infermità che impedisca loro di provvedere ai propri bisogni51. Gli aventi
diritto al suddetto rimborso hanno la facoltà di scegliere il medico e gli istituti di cura.
45
Art. 11 Statuto dei deputati. Il calcolo è effettuato sulla base dell’ammontare di ciascuna delle
due indennità prima della detrazione fiscale.
46
Art. 2 par. 2° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
47
Decisione del Consiglio del 25 giugno 2002 e del 23 settembre 2002 (2002/772/CE, Euratom)
48
Art. 9 par. 3° Statuto dei deputati. La medesima regola vale per l’indennità transitoria e per la
pensione
49
Il membro stabile di un’unione di fatto è equiparato al coniuge, a condizione che la coppia
produca un documento ufficiale riconosciuto come tale da uno Stato membro o da qualsiasi autorità
competente di uno Stato membro attestante la condizione di membro di un’unione di fatto (art. 58 par. 2°
Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come successivamente modificata)
50
Si considera figlio a carico il figlio legittimo, naturale o adottivo del deputato o del coniuge, che
sia effettivamente mantenuto dal deputato o dall’ex deputato. Si considera altresì figlio a carico il figlio in
gestazione nonché il figlio per il quale il deputato o l’ex deputato abbia avviato una procedura di adozione
e la cui adozione sia completata dopo il decesso (art. 58 par. 3° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del
19 maggio e 9 luglio 2008 come successivamente modificata)
51
Art. 18 Statuto dei deputati e art. 3 par. 1° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e
9 luglio 2008 come successivamente modificata
18
Dal 2010, i deputati e gli ex deputati beneficiari dell’indennità transitoria ex art. 13 o di
una pensione ex artt. 14 e 15, possono rinunciare al diritto al rimborso delle spese mediche
previsto dall’art. 18. In questo caso, essi hanno diritto al rimborso dei due terzi del
contributo dovuto al regime di assicurazione malattia relativo allo Stato membro di elezione,
purché l’importo totale rimborsato non superi € 400 al mese52. Tale importo può essere
adattato ogni anno dall’Ufficio di presidenza fino al tasso annuo di aumento dell’importo
medio rimborsato per beneficiario dal regime comune di assicurazione malattia dei
funzionari dell’Unione europea53.
Dall’andamento pratico del regime sui rimborsi, si può constatare che il ricorso da parte
dei deputati al rimborso delle spese mediche dipende dallo Stato membro nel quale gli stessi
sono stati eletti. In alcuni Stati (come l’Italia), è infatti prevista la copertura gratuita delle
spese mediche; pertanto, i deputati le cui spese siano già coperte nell’ambito dello Stato
membro di elezione, non ricorrono al rimborso spese previsto dall’art. 18 dello Statuto, se
non per determinate prestazioni sanitarie.
2.2.3. L’assicurazione contro i rischi connessi con l’esercizio del mandato parlamentare
I deputati hanno diritto alla copertura assicurativa dei rischi connessi con l’esercizio
delle loro funzioni54. In particolare, essi hanno diritto, alle condizioni previste nei contratti
assicurativi, a una copertura assicurativa contro gli infortuni, i furti e le perdite di effetti e
oggetti personali subiti nell’esercizio del loro mandato55. Due terzi dei premi assicurativi
dovuti sono a carico del bilancio del Parlamento, mentre il terzo restante è a carico dei
deputati, il cui ammontare viene trattenuto direttamente sull’indennità parlamentare 56 . I
deputati possono rinunciare al loro diritto alla copertura assicurativa che, se del caso, cessa
l’ultimo giorno del mese nel corso del quale è stata notificata la rinuncia57.
La polizza di assicurazione contro gli infortuni prevede la copertura degli infortuni subiti
dai deputati in qualsiasi parte del mondo nel corso del loro mandato. In particolare, si
prevede che, in caso di decesso del deputato, venga versato al coniuge o ai figli dello stesso
(o in mancanza, agli altri discendenti o agli ascendenti), secondo le norme del diritto
successorio applicabili al deputato, un capitale pari a cinque volte l’importo annuo
52
Art. 3 par. 4° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
53
Art. 3 par. 6° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
54
Art. 19 par. 1° Statuto dei deputati
55
Art. 7 par. 1° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
56
Art. 7 par. 2° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
57
Art. 7 par. 3° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
19
dell’indennità parlamentare 58 . In caso di invalidità totale permanente, si prevede il
versamento all’interessato di un capitale pari a otto volte l’importo annuo dell’indennità
parlamentare. Infine, in caso di invalidità parziale permanente, viene versato all’interessato
un capitale calcolato sulla base del prontuario fissato dalla regolamentazione comune
relativa alla copertura dei rischi di incidente e malattia professionale dei funzionari
dell’Unione europea59 di cui all’art. 73, par. 1°, del regolamento (CEE, Euratom, CECA) n.
259/68 60 . Sono inoltre coperte, alle condizioni stabilite dalla predetta regolamentazione
comune, le spese mediche, farmaceutiche, di ricovero ospedaliero, chirurgiche, di protesi, di
radiografia, di massaggio, di ortopedia, cliniche e di trasporto, nonché tutte le spese affini,
causate dall’infortunio. I relativi rimborsi avvengono, tuttavia, solo dopo l’esaurimento e
come integrazione dei rimborsi percepiti dall’interessato in applicazione delle disposizioni
relative al rimborso delle spese mediche di cui all’art. 18 dello Statuto61.
La polizza di assicurazione contro il furto e le perdite di effetti e di oggetti personali
prevede: la copertura estesa in qualsiasi parte del mondo; un importo massimo assicurato di
€ 5.000 per furto o perdita; una franchigia di € 50 a carico del deputato in caso di
indennizzo; la copertura degli effetti e oggetti personali; l’applicazione di una percentuale
di ammortamento sul prezzo dell’effetto o dell’oggetto al momento del rimborso 62 . La
polizza non copre i furti e le perdite assicurati a titolo di un’assicurazione privata del
deputato63. I furti e le perdite subiti fuori dei locali del Parlamento sono coperti soltanto se il
deputato interessato si trovava, al momento del sinistro, in viaggio ufficiale. Se i furti sono
avvenuti all’interno dei locali del Parlamento, questi sono coperti soltanto se l’effetto o
l’oggetto rubato era custodito in luogo sicuro64. I furti o le perdite di denaro che avvengono
fuori dei locali del Parlamento e che sono oggetto di denuncia all’autorità di polizia sono
coperti fino a concorrenza di un importo di € 250 se il denaro rubato o perso fa parte di altri
effetti od oggetti personali persi o rubati. Se i furti o le perdite di denaro avvengono nei
58
Si noti che l’importo da versare al coniuge del deputato deceduto non può essere inferiore al
25% del capitale
59
Regolamentazione adottata da tutte le istituzioni della Comunità (oggi Unione), il cui comune
accordo è stato constatato dal Presidente della Corte di Giustizia delle Comunità europee il 13 dicembre
2005
60
Art. 8 par. 2° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
61
Art. 8 par. 4° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
62
Art. 9 par. 1° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
63
Art. 9 par. 7° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
64
Art. 9 par. 2° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
20
locali del Parlamento, questi non sono coperti65. In caso di smarrimento o perdita di bagagli
per oltre dodici ore da parte di un vettore nel corso di un viaggio ufficiale del deputato in un
luogo diverso da quello di residenza, gli effetti o gli oggetti personali che devono essere
acquistati o noleggiati dal deputato sono coperti fino a concorrenza di un importo pari a €
50066.
2.2.4. Il rimborso delle spese di viaggio
Prima dell’entrata in vigore dello Statuto dei deputati, il rimborso delle spese di viaggio
dei deputati era concesso in via forfettaria sulla base delle tariffe della classe “business” per
i viaggi aerei e di quelle di prima classe per i viaggi in treno o in nave. Attualmente, invece,
il rimborso delle spese di viaggio è effettuato sulla base delle spese effettivamente sostenute
dai deputati.
In virtù delle nuove disposizioni dello Statuto, i deputati hanno diritto al rimborso delle
c.d. “spese di viaggio ordinarie”, di quelle c.d. “complementari” e di quelle effettuate nello
Stato membro di elezione, alle condizioni che di seguito si illustreranno67.
Per “spese di viaggio ordinarie” si intendono le spese effettivamente sostenute dal
deputato nel corso dei viaggi effettuati avendo come destinazione o provenienza i luoghi di
lavoro del Parlamento o i luoghi di riunione di uno dei suoi organi ufficiali (si tratta
essenzialmente di Bruxelles, Strasburgo o Lussemburgo) 68 ; in questa voce vi rientrano
anche le spese sostenute dal deputato per effettuare missioni specifiche autorizzate dal
Presidente, dall’Ufficio di presidenza o dalla Conferenza dei presidenti69 e quelle sostenute
dai presidenti di commissione o di sottocommissione per assistere alle riunioni del
Consiglio70. Si precisa che i viaggi “ordinari” si effettuano esclusivamente allo scopo di
presenziare alle attività ufficiali che si svolgono nei giorni stabiliti a tal fine nel calendario
65
Art. 9 par. 3° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
66
Art. 9 par. 4° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
67
Art. 20 par. 1° e 2° Statuto dei deputati e art. 10 par. 1° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del
19 maggio e 9 luglio 2008 come successivamente modificata
68
Per “organi ufficiali del Parlamento” si intendono gli organi del Parlamento quali definiti al
titolo I, capitolo 3, del regolamento, nonché le commissioni parlamentari, le delegazioni interparlamentari
e le altre delegazioni costituite sulla base del regolamento, i gruppi politici e gli atri organi autorizzati
dall’Ufficio di presidenza o dalla Conferenza dei presidenti (art. 10 par. 3° Decisione dell’Ufficio di
Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come successivamente modificata)
69
Art. 10 par. 2° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
70
Art. 10 par. 2 bis° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
21
dei lavori del Parlamento o, diversamente, nei giorni fissati dall’organo abilitato ad
autorizzare il viaggio71.
Le spese di viaggio sono rimborsate sulla base della presenza del deputato (attestata
mediante l’apposizione di una firma su uno specifico registro) e su presentazione dei
documenti di viaggio pertinenti, nonché, se del caso, degli altri documenti giustificativi
indicati all’art. 14 delle misure di attuazione dello Statuto 72 . Le spese di viaggio sono
rimborsate fino a concorrenza della tariffa della classe “business” in caso di viaggio in
aereo; della tariffa di prima classe in caso di viaggio in treno o in nave; del limite di € 0,50
al km in caso di viaggio in auto privata, se del caso maggiorato del prezzo della traversata
in traghetto o mezzo di trasporto analogo73.
Il rimborso delle spese di viaggio ordinarie è calcolato sulla base dell’itinerario più
diretto tra il luogo di residenza del deputato74, o la capitale dello Stato membro di elezione,
e il luogo di lavoro o di riunione 75 . Per i viaggi in aereo, l’itinerario più diretto è
determinato tenendo conto dell’aeroporto più vicino al punto di partenza del deputato,
nonché la distanza tra detto aeroporto e la destinazione. Per i viaggi in treno, esso è
calcolato tenendo conto della stazione ferroviaria più vicina al punto di partenza del
deputato, nonché la distanza tra detta stazione e la destinazione. Infine, per i viaggi in auto
privata o in nave, si tiene conto della distanza tra il punto di partenza del deputato e la
destinazione76. Se il punto di partenza o di arrivo non corrisponde al luogo di residenza o
alla capitale dello Stato membro di elezione del deputato, le spese di viaggio sono
rimborsate fino a concorrenza di quelle che il deputato avrebbe dovuto sostenere se avesse
effettuato il viaggio avendo come destinazione o partenza il proprio luogo di residenza,
seguendo l’itinerario più diretto 77 . Il deputato può proporre al servizio competente, per
71
Art. 16 Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
72
Art. 11 Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata. Sugli specifici adempimenti procedurali si vedano gli artt. 12, 13 e 14 della
Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come successivamente modificata
73
Art. 15 Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
74
Per “luogo di residenza” si intende il domicilio abituale del deputato, situato nel territorio
dell’Unione europea, in cui il deputato risiede effettivamente in modo regolare, fatti salvi i suoi obblighi
parlamentari (art. 17 par. 2° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata)
75
Art. 17 par. 1° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata. Lo stesso rimborso è riconosciuto in caso di viaggio effettuato tra due luoghi
di lavoro e/o riunione (art. 17 par. 8° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008
come successivamente modificata)
76
Art. 17 par. 3° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
77
Art. 17 par. 7° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
22
iscritto e specificandone i motivi, un itinerario diverso che offra vantaggi sostanziali in
termini di tempo o di comodità, purché il costo non aumenti di oltre il 20%. Se la proposta
non viene accettata o comporta un aumento del costo del viaggio superiore al 20%, essa è
sottoposta al Segretario generale78.
I deputati hanno diritto al rimborso delle spese di un solo viaggio di andata-ritorno per
settimana di lavoro del Parlamento (c.d. “viaggio principale”)79. Essi hanno altresì diritto al
rimborso delle spese di non più di due viaggi di andata-ritorno effettuati durante la
settimana di lavoro del Parlamento tra il luogo di lavoro o di riunione e il luogo di residenza
o altro punto di partenza nello Stato membro di elezione (c.d. “viaggi intermedi”)80 . In
definitiva, i deputati hanno diritto al rimborso delle spese fino a un massimo di tre viaggi
andata-ritorno per ogni settimana di lavoro del Parlamento. I deputati che non possono
disporre di un veicolo ufficiale hanno poi diritto, su presentazione dei documenti
giustificativi, al rimborso delle spese di taxi per i percorsi effettuati tra l’aeroporto o la
stazione di arrivo o partenza e il luogo di lavoro o di riunione81.
Per viaggi all’interno dell’Unione europea tra il luogo di residenza o la capitale dello
Stato membro di elezione e un luogo di lavoro o di riunione, i deputati hanno diritto a
un’indennità di distanza e di durata destinate a coprire tutte le spese accessorie legate al loro
viaggio82. L’indennità di distanza è calcolata in € 22,51 per la parte di tragitto tra 0 e 50 km;
in € 0,12 al km per la parte di tragitto tra 51 e 250 km; in € 0,06 al km per la parte di tragitto
tra 251 e 1000 km; in € 0,03 al km per la parte di tragitto oltre 1000 km83. L’indennità di
durata ammonta a un ottavo dell’indennità di soggiorno di cui all’art. 24 delle misure di
attuazione dello Statuto per un viaggio di una durata complessiva da 2 a 4 ore; a un quarto
della predetta indennità per un viaggio di una durata complessiva da 4 a 6 ore; alla metà per
78
Art. 17 par. 5° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
79
Art. 18 par. 1° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
80
Art. 18 par. 2° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata. Il secondo viaggio intermedio è rimborsato su presentazione dei documenti
giustificativi per stabilirne il legame con le attività politiche dei deputati
81
Art. 18 par. 5° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata. Le regole che disciplinano il rimborso delle spese di taxi e i massimali di
rimborso sono stabilite dall’Ufficio di presidenza
82
Art. 19 par. 1° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata. Il diritto al pagamento delle indennità di distanza e di durata si configura
soltanto se il deputato permanga sul luogo di lavoro o di riunione del Parlamento per un lasso di tempo
minimo fissato a 4 ore (art. 19 par. 6° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008
come successivamente modificata)
83
Art. 20 par. 1° Decisione dell’Ufficio di Presidenza
successivamente modificata. Gli importi sono calcolati in base
ritorno, tra il centro città del luogo di residenza del deputato
riunione (art. 20 par. 2° Decisione dell’Ufficio di Presidenza
successivamente modificata)
23
del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
all’itinerario più breve, di andata o di
e l’infrastruttura d’arrivo del luogo di
del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
un viaggio di una durata complessiva di più di 6 ore che non comporti pernottamento; in
misura eguale alla medesima indennità se il viaggio ha una durata complessiva di più di 6
ore e, per motivi debitamente comprovati, comporti necessariamente il pernottamento84. Ai
fini della quantificazione totale della durata dei viaggi in aereo, treno o nave si tiene conto:
della durata del tragitto tra il luogo di residenza del deputato e l’aeroporto o la stazione,
effettuato a una velocità di 60 km/h; della durata del tragitto in aereo, treno o nave secondo
l’orario; di 1 ora all’imbarco o alla partenza del treno o della nave e di 30 minuti allo sbarco
o all’arrivo; di 30 minuti per il trasferimento tra l’aeroporto o la stazione e i locali del
Parlamento a Bruxelles, Lussemburgo e Strasburgo. Diversamente, per la quantificazione
della durata dei viaggi in auto privata si tiene conto della durata del tragitto tra il luogo di
residenza e il luogo di lavoro o di riunione, effettuato a una velocità di 70 km/h85.
Come si è già anticipato, i deputati hanno altresì diritto al rimborso delle c.d. “spese di
viaggio complementari”. Con tale locuzione si intendono le spese (diverse dalle spese di
viaggio ordinarie) effettivamente sostenute dal deputato nel corso dei viaggi effettuati nel
quadro dell’esercizio del proprio mandato al di fuori dello Stato membro di elezione86 .
L’importo massimo del rimborso annuale di tali spese è fissato a € 4.24387. Il medesimo
importo è fissato, previa autorizzazione del Presidente del Parlamento, per spese di viaggio
effettivamente sostenute in occasione di viaggi effettuati dai presidenti di commissione o di
sottocommissione per partecipare a conferenze o manifestazioni riguardanti una tematica di
interesse europeo rientrante nelle competenze della rispettiva commissione o
sottocommissione e che hanno una dimensione parlamentare88.
I deputati hanno, infine, diritto al rimborso delle spese di viaggio all’interno dello Stato
membro di elezione89. Se il luogo di residenza del deputato si trova in uno Stato membro
diverso da quello di elezione, i viaggi effettuati nell’esercizio del mandato parlamentare tra
tale luogo di residenza e lo Stato membro di elezione sono considerati come viaggi
all’interno dello Stato membro di elezione e, quindi, soggetti ai medesimi rimborsi previsti
per questi ultimi90. Il rimborso delle spese di viaggio all’interno dello Stato membro di
elezione non può eccedere per anno civile il limite di 24 viaggi (andata-ritorno) per i viaggi
84
Art. 21 par. 1° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
85
Art. 21 par. 2° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
86
Art. 10 par. 1 lett. b) Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
87
Art. 22 par. 1 Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
88
Art. 22 par. 3° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
89
Art. 10 par. 1 lett. c) Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
90
Art. 23 par. 3° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
24
in aereo, treno o nave91; per i viaggi in auto privata, si prevede una distanza totale massima
pari a 24000 km per i deputati eletti in Germania, Spagna, Francia, Italia, Polonia, Romani,
Finlandia, Svezia, Regno Unito; a 16000 km per quelli eletti in Bulgaria, Repubblica ceca,
Irlanda, Grecia, Ungheria, Austria, Portogallo, Slovacchia; a 8000 km per i deputati eletti in
Belgio, Danimarca, Estonia, Cipro, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi,
Slovenia92. Qualora un deputato abbia esaurito il suo diritto al rimborso delle spese per i
viaggi in aereo, treno o nave, può, previa richiesta scritta, convertire la sua dotazione per i
viaggi in auto privata in viaggi in aereo, treno o nave, sulla base della seguente formula: un
viaggio in aereo, treno o nave di sola andata equivale al 2% del numero massimo di
chilometri autorizzato per il suo Stato membro di elezione. La stessa regola si applica,
mutatis mutandis, ai deputati che abbiano esaurito il loro diritto al rimborso delle spese per i
viaggi in auto privata93. Le spese di viaggio sostenute all’interno di un agglomerato urbano
utilizzando i trasporti pubblici (taxi compresi) sono rimborsate sulla base dei documenti
giustificativi abituali per il mezzo di trasporto utilizzato. L’importo rimborsato è diviso per
l’importo chilometrico dovuto per i viaggi in auto e il risultato è detratto dal numero
massimo di chilometri per cui si ammette il rimborso94.
2.2.5. Il rimborso delle spese di soggiorno
Il deputato ha diritto a un’indennità di soggiorno per ogni giorno di presenza,
debitamente attestato, in un luogo di lavoro del Parlamento o in un luogo di riunione di uno
dei suoi organi ufficiali, quando si trova in un viaggio rimborsato a titolo delle spese di
viaggio ordinarie. Ha altresì diritto a tale indennità per ogni giorno di presenza, debitamente
attestato, a una riunione di una commissione o di un altro organo di un parlamento
nazionale, organizzati al di fuori del suo luogo di residenza. Durante le settimane riservate
alle attività parlamentari esterne e al di fuori dei casi appena menzionati, nonché delle
circostanze specifiche determinate dall’Ufficio di presidenza 95 , il deputato ha diritto a
ricevere un’indennità di soggiorno per un massimo di tre giorni96.
91
Per i deputati eletti nella Francia metropolitana, il numero di viaggi verso i dipartimenti e le
regioni d’Oltremare, le comunità d’Oltremare, la Nuova Caledonia e le Terre Australi e Antartiche
francesi non può essere superiore a due
92
Art. 23 par. 1° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
93
Art. 23 par. 1bis° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
94
Art. 23 par. 2° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
95
V. Ufficio di Presidenza del 19 ottobre 2009
96
Art. 20 par. 1° Statuto dei deputati e art. 24 par. 1° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19
maggio e 9 luglio 2008 come successivamente modificata
25
Se l’attività ufficiale ha luogo nel territorio dell’Unione europea, il deputato percepisce
un’indennità forfetaria pari a € 304 97 . Se questa ha luogo al di fuori del territorio
dell’Unione, il deputato percepisce un’indennità forfetaria pari a € 152 e ha diritto al
rimborso, debitamente giustificato, delle spese di alloggio (inclusa prima colazione) nel
luogo di riunione, delle spese di visto (e connesse) e, in caso di circostanze eccezionali,
delle spese di soggiorno sostenute durante il tragitto98. Se le fatture di albergo presentate
riguardano camere doppie, il rimborso è limitato all’85% della fattura complessiva99.
L’indennità di soggiorno è ridotta della metà per ogni giorno in cui il deputato è risultato
assente per più della metà di tutte le votazioni per appello nominale che si svolgono i
martedì, mercoledì e giovedì di tornata a Strasburgo e il secondo giorno della tornata a
Bruxelles100. Tale indennità è altresì ridotta della metà qualora la durata del soggiorno del
deputato sul luogo di lavoro sia inferiore a 4 ore e il viaggio di andata-ritorno avvenga in
una sola giornata101. Il deputato che è soggetto a una misura di espulsione dalla seduta ai
sensi dell’art. 152 del regolamento del Parlamento perde il suo diritto all’indennità di
soggiorno per la durata dell’espulsione; nei casi di cui all’art. 153 del medesimo
regolamento, il deputato perde il suo diritto all’indennità di soggiorno per la durata stabilita
dal Presidente del Parlamento (da due a dieci giorni)102.
2.2.6. L’indennità per spese generali
Il deputato ha diritto a un’indennità forfettaria per spese generali destinata a coprire le
spese risultanti dalle sue attività parlamentari. Tale indennità non può essere utilizzata per
attività coperte da altre indennità a meno che il deputato non abbia esaurito gli importi
previsti per queste ultime103. Data la natura forfettaria dell’indennità per spese generali, il
deputato non è tenuto a giustificare le relative spese.
97
Art. 24 par. 2° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
98
Art. 24 par. 3° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
99
Art. 24 par. 4° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
100
Art. 31 par. 1° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
101
Art. 24 par. 5° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
102
Art. 32 Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
103
Art. 20 par. 1° e par. 3° Statuto dei deputati e art. 25 Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19
maggio e 9 luglio 2008 come successivamente modificata
26
L’importo mensile dell’indennità per spese generali è fissato a € 4.299104. La metà di tale
indennità può essere pagata per un periodo di tre mesi successivo al mese nel corso del
quale termina il mandato del deputato, purché quest’ultimo abbia esercitato la sua attività
per almeno sei mesi e non sia rieletto105.
L’indennità per spese generali è destinata a coprire: le spese di funzionamento e di
manutenzione dell’ufficio (ad esempio, le spese relative all’affitto dei locali e ai costi
connessi, le spese postali, telefoniche, di abbonamento a internet); le forniture d’ufficio e la
documentazione (cancelleria, acquisto di libri, riviste, giornali, spese per i beni materiali e
le forniture connesse alla stampa, alla pubblicazione e alla distribuzione di qualsiasi
materiale etc…); i costi delle attrezzature d’ufficio (spese per l’acquisto, la manutenzione,
la riparazione delle attrezzature per ufficio, di quelle informatiche, dei telefoni fissi e portati,
del software di base...); le attività di rappresentanza (fatture di alberghi e ristoranti nello
Stato membro di elezione, spese connesse all’organizzazione di eventi, spese di viaggio dei
collaboratori volontari), i costi amministrativi (ad esempio, le spese relative alle prestazioni
di contabilità non collegate all’indennità di assistenza parlamentare)106.
Il deputato che, nel corso di un anno parlamentare (dal 1° settembre al 31 agosto), sia
stato assente in almeno la metà dei giorni delle tornate è tenuto al rimborso del 50%
dell’indennità per spese generali relativa all’anno in questione107.
2.2.7. Il rimborso delle spese di assistenza parlamentare
Il deputato ha diritto ad essere assistito da collaboratori personali, da lui scelti
liberamente. Il Parlamento rimborsa unicamente le spese effettivamente sostenute
corrispondenti all’assistenza necessaria e direttamente legata all’esercizio del mandato
parlamentare del deputato108.
L’importo mensile massimo delle spese rimborsate per tutti i collaboratori è fissato, a
decorrere dal 1° gennaio 2011, a € 21.209109. Il saldo dell’importo mensile non utilizzato e
104
Art. 26 par. 2° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
105
Art. 26 par. 4° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
106
Art. 28 Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata. Cfr altresì l’elenco delle spese imputabili all’indennità per spese generali
(ISG), approvato dall’Ufficio di presidenza il 13 dicembre 2010
107
Art. 31 par. 1° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
108
Art. 21 Statuto dei deputati e art. 33 par. 1° e 2° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19
maggio e 9 luglio 2008 come successivamente modificata
109
Art. 33 par. 4° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
27
accantonato al termine dell’esercizio di bilancio è riportato all’esercizio successivo nei
limiti dell’importo mensile massimo110.
I deputati si avvalgono della collaborazione di assistenti parlamentari accreditati di cui
all’art. 5 bis del regime applicabile agli altri agenti e dei c.d. “assistenti locali”. I deputati
possono altresì ricorrere, a determinate condizioni stabilite dalle misure di attuazione dello
Statuto dei deputati, a prestatori di servizi al fine di fruire di servizi specifici e ben
individuati connessi direttamente all’esercizio del loro mandato parlamentare111. L’importo
massimo del rimborso delle prestazioni di servizi non può superare il 25% dell’importo
mensile massimo delle spese rimborsate per tutti i collaboratori.
Gli assistenti parlamentari accreditati sono le persone scelte dal deputato e assunte
mediante contratto diretto con il Parlamento europeo per prestare assistenza, nelle sedi di
lavoro del Parlamento, al deputato nell'esercizio delle sue funzioni, sotto la sua direzione e
autorità e sulla base di un rapporto di fiducia reciproca. Gli assistenti accreditati sono
inquadrati, su indicazione del deputato, per gradi (attualmente ne sono 19) cui
corrispondono altrettanti stipendi base, da un minimo di € 1.619 a € 7.456 lordi mensili. I
relativi contratti sono a tempo determinato e si risolvono, se non sono rinnovati, al termine
della legislatura nella quale sono stati stipulati. Ogni deputato può avvalersi dell’ausilio di
massimo tre assistenti accreditati.
Gli assistenti locali sono le persone fisiche che assistono il deputato nel suo Stato
membro di elezione e che hanno stipulato con lui un contratto di lavoro o di prestazione di
servizi a norma della legislazione nazionale applicabile (per l’Italia, si utilizzano i contratti
c.d. di collaborazione a progetto)112. Tutti i contratti di lavoro e di prestazione di servizi
stipulati dal deputato sono obbligatoriamente gestiti da un terzo erogatore stabilito in uno
Stato membro e abilitato all’esercizio di un’attività professionale nel campo del trattamento
degli aspetti fiscali e previdenziali dei contratti di lavoro o dei contratti di prestazione di
servizi in applicazione della legislazione nazionale (in Italia, la figura del terzo erogatore
corrisponde al commercialista o al consulente del lavoro)113. Il deputato stipula a tal fine un
contratto individuale (sulla base di un contratto tipo approvato dall’Ufficio di presidenza)
con un terzo erogatore di sua scelta, mediante il quale quest’ultimo si obbliga alla corretta
applicazione della legislazione nazionale e dell’Unione europea, segnatamente in materia di
obblighi previdenziali e fiscali, per i contratti di cui cura la gestione 114 . Il Parlamento,
previa presentazione dei documenti giustificativi necessari, versa al terzo erogatore i
110
Art. 33 par. 6° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
111
Art. 34 par. 5° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
112
Art. 34 par. 1° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
113
Art. 35 par. 1° e 2° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
114
Art. 35 par. 3° e 4° e art. 36 par. 1° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9
luglio 2008 come successivamente modificata
28
pagamenti dovuti in esecuzione dei contratti che gestisce 115 ; in via eccezionale, il
Parlamento, su richiesta del deputato e per conto di quest’ultimo, versa direttamente lo
stipendio netto agli assistenti con i quali il deputato ha stipulato un contratto di lavoro116.
Le spese supplementari sostenute in occasione della cessazione dei contratti di lavoro
stipulati dal deputato con i suoi assistenti locali a causa della scadenza del suo mandato
possono essere rimborsate qualora le predette spese siano imposte dalla legislazione
nazionale applicabile117. Tali spese non possono essere rimborsate se il deputato è rieletto
immediatamente per la legislatura successiva; se ha esercitato il suo mandato per meno di
sei mesi; se non ha ottemperato agli obblighi giuridici relativi alla cessazione del contratto
di lavoro in tempo utile prima della scadenza del suo mandato; se l’assistente percepisce
un’altra retribuzione da un’istituzione dell’Unione o è assunto da un altro deputato per lo
stesso periodo; se, infine, le spese in questione dipendono da un accordo particolare tra le
parti o dalla decisione di attribuire un premio alla cessazione del contratto di lavoro118.
I rimborsi delle spese di assistenza parlamentare non possono essere destinati
direttamente o indirettamente: al finanziamento di contratti stipulati con gruppi politici del
Parlamento o partiti politici; alla copertura di spese suscettibili di essere rimborsate a titolo
di altre indennità o di spese sostenute nell’ambito di un contratto di prestazione di servizi
che potrebbero dar luogo a un conflitto d’interessi119; al finanziamento di contratti intesi a
permettere l’assunzione o il ricorso a servizi del coniuge del deputato o di genitori, figli,
fratelli o sorelle120.
2.2.8. La dotazione di beni materiali
I deputati hanno diritto a utilizzare gli uffici e le strutture di comunicazione del
Parlamento nonché le vetture di servizio 121 . L’Ufficio di presidenza adotta a tal fine le
115
Art. 36 par. 4° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
116
Art. 36 par. 5° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
117
Art. 40 par. 1° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
118
Art. 40 par. 2° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
119
Si parla di “conflitto d’interessi” qualora il deputato o il coniuge di questo, o i genitori, i figli, i
fratelli, le sorelle detengano interamente o parzialmente una società o un’organizzazione a scopo di lucro
che opera come prestatore di servizi del deputato; facciano parte del consiglio di amministrazione o di
altri organi esecutivi di una società o di un’organizzazione a scopo di lucro che opera come suo prestatore
di servizi; abbiano accesso al conto bancario del suo prestatore di servizi, abbiano un interesse o un
vantaggio qualsiasi dalle attività del prestatore di servizi
120
Art. 43 Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
121
Art. 22 Statuto dei deputati
29
regole relative all’accesso dei deputati ai servizi interni del Parlamento e alla dotazione di
beni materiali a loro destinati, segnatamente per quanto riguarda: l’utilizzazione di
autovetture di servizio; l’arredamento degli uffici dei deputati; la messa a disposizione di
apparecchiature informatiche e di telecomunicazione; la fornitura di articoli di cancelleria;
l’uso, da parte dei deputati e dei gruppi politici, degli spazi messi a loro disposizione negli
uffici d’informazione del Parlamento; i corsi di lingua e di informatica riservati ai deputati;
l’utilizzo dei servizi prestati dal servizio medico122. L’Ufficio di presidenza può poi adottare
disposizioni tese a concedere agevolazioni a favore degli ex Presidenti del Parlamento
durante il loro mandato parlamentare, nonché a favore degli ex deputati per quanto
concerne il loro accesso alle infrastrutture del Parlamento123.
2.3. Il trattamento economico e gli aspetti finanziari al termine del mandato parlamentare
2.3.1. L’indennità transitoria (o indennità di fine mandato)
A decorrere dal primo giorno del mese successivo al termine del loro mandato, gli ex
deputati hanno diritto, su richiesta 124 , a un’indennità transitoria pari all’ammontare
dell’indennità parlamentare di cui all’art. 10 dello Statuto125. Tale diritto è riconosciuto in
ragione di un mese per ogni anno di esercizio del mandato, e comunque per un minimo di
sei mesi (per un importo pari a € 47.741,22) e un massimo di ventiquattro mesi (per un
importo pari a € 190.964, 88)126. L’indennità transitoria è diretta a coprire il periodo tra la
fine del mandato e l’avvio di una nuova attività professionale. Nel caso di assunzione di un
mandato in un altro parlamento o di una carica pubblica 127 , il deputato percepisce
l’indennità transitoria sino all’inizio del mandato o all’entrata in carica128. Se il deputato ha
diritto sia al versamento dell’indennità transitoria sia al versamento della pensione di
122
Art. 44 par. 1° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
123
Art. 44 par. 2° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
124
Sulla procedura si veda l’art. 48 Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio
2008 come successivamente modificata
125
Art. 13 par. 1° Statuto dei deputati e art. 45 Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio
e 9 luglio 2008 come successivamente modificata
126
Art. 13 par. 2° Statuto dei deputati e art. 45 Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio
e 9 luglio 2008 come successivamente modificata
127
Per “carica pubblica” si intende l’esercizio delle funzioni seguenti: cariche elettive remunerate
che implicano l’esercizio delle prerogative del potere pubblico; membri di un governo nazionale o
regionale; alti funzionari titolari dell’autorità pubblica, funzionari o membri di un’istituzione comunitaria
(art. 46 par. 4° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come successivamente
modificata)
128
Art. 13 par. 3° Statuto dei deputati e art. 46 Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio
e 9 luglio 2008 come successivamente modificata
30
anzianità o di invalidità ex artt. 14 e 15 dello Statuto, si applica il regime per il quale il
deputato ha optato 129 . Se questi opta per il pagamento dell’indennità transitoria, il
pagamento della pensione di anzianità o di invalidità è sospeso durante il pagamento
dell’indennità transitoria130.
2.3.2. La pensione di anzianità
I deputati che hanno esercitato il loro mandato per almeno un anno completo hanno
diritto, dopo la cessazione del mandato, a una pensione di anzianità a vita da versare a
partire dal primo giorno del mese successivo a quello in cui compiono i 63 anni di età131. A
tal fine i deputati non versano alcun tipo di contributo, restando la pensione totalmente a
carico del bilancio dell’Unione. La pensione di anzianità non è liquidata d’ufficio, bensì su
richiesta presentata dall’ex deputato entro sei mesi dall’inizio del diritto. Tale previsione si
propone di evitare che, attraverso una richiesta tardiva dell’erogazione della suddetta
pensione, l’avente diritto possa aggirare le norme nazionali di natura fiscale o previdenziale
sull’incompatibilità della pensione di anzianità con altri tipi di pensione cui il soggetto
interessato abbia diritto.
La pensione ammonta al 3,5% dell’indennità parlamentare di cui all’art. 10 dello Statuto
per ogni anno compiuto di esercizio del mandato e a un dodicesimo di quest’ultima per ogni
ulteriore mese compiuto, sino a un massimo complessivo del 70%132. Ciò significa che, ad
esempio, l’ex deputato che abbia esercitato per almeno un anno il mandato parlamentare
percepisce una pensione mensile lorda pari a € 272 (3,5% dell’indennità parlamentare);
colui che abbia esercitato il mandato per cinque anni percepisce € 1.392,45 (17,5%
dell’indennità parlamentare); colui che abbia esercitato il mandato per dieci anni percepisce
€ 2.784,90 (35% dell’indennità parlamentare); colui che l’abbia esercitato per venti anni (o
più) percepisce € 5.569,80 (70% dell’indennità parlamentare). Il diritto alla pensione di
anzianità sussiste a prescindere da altri trattamenti pensionistici133. La pensione di anzianità
percepita da un ex deputato a titolo di un mandato da lui esercitato in un altro parlamento134
in cumulo con il mandato al Parlamento europeo è detratta dalla pensione di anzianità135.
2.3.3. La pensione di invalidità
129
Art. 16 Statuto dei deputati
130
Art. 47 Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
131
Art. 14 par. 1° Statuto dei deputati e art. 49 par. 1° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19
maggio e 9 luglio 2008 come successivamente modificata
132
Art. 14 par. 2° Statuto dei deputati
133
Art. 14 par. 3° Statuto dei deputati
134
Per la nozione di “altro parlamento” si veda supra
135
Art. 14 par. 4° e art. 11 Statuto dei deputati e art. 50 par. 1° Decisione dell’Ufficio di Presidenza
del 19 maggio e 9 luglio 2008 come successivamente modificata
31
In caso di invalidità insorta nel corso del mandato, i deputati hanno diritto a percepire
una pensione 136 . La pensione d’invalidità, come quella di anzianità, ammonta al 3,5%
dell’indennità parlamentare di cui all’art. 10 dello Statuto per ogni anno compiuto di
esercizio del mandato e a un dodicesimo di quest’ultima per ogni ulteriore mese compiuto,
sino a un massimo complessivo del 70%. Essa ammonta comunque almeno al 35%
dell’indennità parlamentare (quindi ad almeno € 2.784,90 mensili) 137. Il diritto a percepire
la pensione di invalidità decorre dal momento in cui il deputato presenta le dimissioni a
seguito del riconoscimento, effettuato secondo la procedura di cui all’art. 55 delle misure di
attuazione dello Statuto, di un’invalidità che gli impedisce di esercitare le sue funzioni138.
Esso decorre, invece, dal termine della legislatura se il deputato non è stato in grado di
dimettersi a causa della sua invalidità o se la decisione che riconosce l’invalidità è stata
adottata dopo la fine della legislatura nel corso della quale è stata avviata la procedura di cui
all’art. 55 dello Statuto139.
La pensione di invalidità percepita da un ex deputato a titolo di un mandato esercitato in
un altro parlamento in cumulo con il mandato al Parlamento europeo è detratta dalla
pensione di invalidità140. Se l’ex deputato ha diritto al versamento sia della pensione di
anzianità sia di quella di invalidità, questi percepisce la pensione di anzianità. Tuttavia,
l’importo di quest’ultima non può essere inferiore a quello della pensione di invalidità141.
2.3.4. La pensione di reversibilità e di orfano
Il coniuge superstite (o il membro stabile di un’unione di fatto) e i figli a carico al
momento del decesso di un deputato o di un ex deputato che deteneva o era in procinto di
acquisire il diritto a una pensione di anzianità o di invalidità beneficiano rispettivamente di
una pensione di reversibilità e di una pensione di orfano 142 . L’importo massimo di tali
136
Art. 15 par. 1° Statuto dei deputati
137
Art. 15 par. 2° Statuto dei deputati
138
Art. 15 par. 3° Statuto dei deputati e art. 51 par. 1° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19
maggio e 9 luglio 2008 come successivamente modificata
139
art. 51 par. 3° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
140
art. 53 par. 1° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
141
art. 54 Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
142
Art. 17 Statuto dei deputati e art. 58 par. 1° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio
e 9 luglio 2008 come successivamente modificata
32
prestazioni pensionistiche non può essere superiore alla pensione a cui il deputato avrebbe
avuto diritto al termine della legislatura o che spettava o sarebbe spettata all’ex deputato143.
L’importo della pensione di reversibilità per il coniuge superstite è pari al 60%
dell’importo della pensione a cui il deputato avrebbe avuto diritto al termine della
legislatura o che spettava o sarebbe spettata all’ex deputato; l’importo della pensione di
reversibilità non può comunque essere inferiore al 30% dell’indennità parlamentare di cui
all’art. 10 dello Statuto144. Il diritto alla pensione di reversibilità per il coniuge superstite
non viene meno in caso di nuovo matrimonio. Esso, tuttavia, cessa di sussistere qualora
circostanze specifiche non lascino alcun dubbio legittimo sul fatto che il matrimonio è stato
contratto unicamente a fini previdenziali145.
L’importo della pensione di orfano per un figlio a carico è pari al 20% dell’importo della
pensione a cui il deputato avrebbe avuto diritto al termine della legislatura o che spettava o
sarebbe spettata all’ex deputato. Per due figli a carico essa è pari al 40% del predetto
importo diviso per due. Se il numero di figli è superiore a due, l’importo massimo delle
pensioni di orfano che possono essere erogate è ripartito in parti uguali tra gli orfani aventi
diritto146.
La pensione di reversibilità o di orfano viene erogata a decorrere dal primo giorno del
mese successivo al decesso147. Il diritto alla pensione di reversibilità cessa alla fine del mese
nel corso del quale è avvenuto il decesso del beneficiario, mentre quello alla pensione di
orfano cessa alla fine del mese in cui il beneficiario compie ventuno anni di età. Il diritto
alla pensione di orfano è mantenuto oltre i ventuno anni di età (fino al venticinquesimo
anno) per la durata della formazione scolastica o professionale del beneficiario. Tale diritto
continua a sussistere nella misura in cui i figli non possano provvedere al proprio
sostentamento a causa di malattia o infermità148.
3. Il bilancio interno del Parlamento europeo149
3.1. I poteri di bilancio del Parlamento europeo dopo il Trattato di Lisbona.
143
Art. 17 par. 2° Statuto dei deputati e art. 59 par. 1° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19
maggio e 9 luglio 2008 come successivamente modificata
144
Art. 17 par. 3° Statuto dei deputati e art. 59 par. 3° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19
maggio e 9 luglio 2008 come successivamente modificata
145
art. 59 par. 3° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19 maggio e 9 luglio 2008 come
successivamente modificata
146
Art. 17 par. 4° Statuto dei deputati e art. 59 par. 4° e 5° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del
19 maggio e 9 luglio 2008 come successivamente modificata
147
Art. 17 par. 6° Statuto dei deputati e art. 60 par. 1° Decisione dell’Ufficio di Presidenza del 19
maggio e 9 luglio 2008 come successivamente modificata
148
Art. 17 par. 7° e 8° Statuto dei deputati e art. 60 par. 2° e 3° Decisione dell’Ufficio di Presidenza
del 19 maggio e 9 luglio 2008 come successivamente modificata
149
A cura di Valeria Salmaso
33
Negli Stati in cui l’affermazione di un regime democratico è stata progressiva,
l’assemblea eletta dai cittadini ha conquistato i suoi poteri di decisione iniziando dai poteri
in materia di bilancio. In particolare, la dottrina ha parlato del “diritto al bilancio” dei
parlamenti come principio fondativo delle democrazie rappresentative150.
Tale logica si è imposta anche nella Comunità europea, dato che il Parlamento europeo
ha ottenuto il suo primo potere di decisione dal Trattato del 22 aprile 1970, il quale
riguardava appunto il diritto del Parlamento a pronunciarsi sulle c.d. spese non
obbligatorie151.
Prima del 1970, il potere di bilancio spettava esclusivamente al Consiglio, mentre il
Parlamento svolgeva soltanto un ruolo consultivo.
Dopo il Trattato di Lisbona, i poteri in materia di bilancio sono sicuramente aumentati e
hanno contribuito a rafforzare anche la posizione del Parlamento europeo nell’ambito dei
rapporti con le altre istituzioni. Fondamentale è il superamento della distinzione tra spese
obbligatorie e non obbligatorie.
Nel nuovo quadro delineato dal Trattato di Lisbona, il Parlamento europeo partecipa con
il Consiglio e la Commissione alla procedura di adozione del bilancio dell’U.e., secondo
una procedura legislativa speciale prevista dagli artt. 313 e 314 del TFUE. Un nuovo ruolo,
dunque, per il Parlamento europeo, non più mero esecutore di decisioni prese aliunde, ma
vera e propria autorità di bilancio insieme al Consiglio.
In base alla nuova procedura, tutte le istituzioni dell'Unione europea redigono, secondo
le loro procedure interne, entro il 1º luglio di ogni anno, uno stato di previsione per il
progetto di bilancio. La Commissione consolida gli stati di previsione e stabilisce il progetto
di bilancio annuale, successivamente trasmesso al Parlamento e al Consiglio entro il 1°
settembre. Il Consiglio adotta poi la sua posizione sul progetto di bilancio e la trasmette al
Parlamento entro il 1º ottobre, comunicandogli altresì le ragioni che lo hanno indotto ad
adottare tale posizione. Il Parlamento dispone di 42 giorni per approvare la posizione del
Consiglio o per modificarla a maggioranza dei membri che lo compongono. La votazione in
Aula si svolge nella seconda tornata di ottobre a Strasburgo. Se il Parlamento ha approvato
emendamenti, il testo così modificato è trasmesso al Consiglio e il Presidente del
Parlamento, di concerto con il Presidente del Consiglio, convoca immediatamente una
riunione del comitato di conciliazione. Quest'ultimo non si riunisce se il Consiglio, entro un
termine di 10 giorni, comunica al Parlamento di aver approvato tutti i suoi emendamenti. Il
comitato di conciliazione, composto dai membri del Consiglio o dai loro rappresentanti e da
altrettanti membri in rappresentanza del Parlamento, ha a disposizione 21 giorni per trovare
un accordo su un testo comune. Se il comitato di conciliazione perviene a un accordo su un
testo comune, quest'ultimo viene sottoposto all'approvazione del Parlamento e del Consiglio
150
P. DE IOANNA, Parlamento e spesa pubblica. Profili istituzionali del bilancio pubblico in
Italia, Bologna, 1993; in particolare per il Parlamento europeo cfr. P. MANIN, Droit constitutionnel de
l’Union européenne, Paris, 2004, p. 292 ss.
151
La tematica della carenza di democraticità all’interno dell’Unione europea non può essere in
questa sede trattata: si rimanda alla letteratura in materia. Ex plurimis, S. CASSESE, Democrazia e
Unione europea, in Giornale di storia costituzionale, n. 3, 2002.
34
entro un termine di 14 giorni. La votazione in Aula del testo comune è prevista per la
seconda tornata di novembre a Strasburgo.
Una volta completata la procedura, il Presidente del Parlamento dichiara il bilancio
definitivamente adottato.
In caso di fallimento della procedura di conciliazione o di reiezione del testo comune da
parte del Parlamento, la Commissione presenta un nuovo progetto di bilancio. Se il testo
comune è respinto dal Consiglio ed è invece approvato dal Parlamento, quest'ultimo può
decidere di confermare integralmente o in parte gli emendamenti approvati nella tornata di
ottobre. Ove un emendamento non sia confermato, viene mantenuta la posizione concordata
in sede di comitato di conciliazione e il bilancio si considera adottato su tale base.
E’ poi prevista una pronuncia sull’esecuzione del bilancio da parte della Commissione
europea al termine di ogni anno finanziario. A tal proposito, non è specificato quali possano
essere gli sviluppi in caso di diniego di scarico di una o più voci di spesa della
Commissione: si ritiene che in questo caso il Parlamento dovrebbe presentare una mozione
di censura nei confronti della Commissione152.
La dinamica delle spese comunitarie è in crescente ascesa, in virtù di una serie di fattori:
innanzitutto, la dilatazione delle politiche di intervento sia a livello orizzontale (settori di
intervento) sia a livello verticale (qualità degli interventi); in secondo luogo, le spese dovute
al multilinguismo e all’allargamento degli Stati membri influiscono in maniera
considerevole sul bilancio dell’Unione. In ogni caso, tutte le trattazioni analizzate in materia
sottolineano il fatto che il bilancio dell’Unione europea è comunque molto ridotto se
paragonato a quello degli Stati membri, anche in virtù delle limitate spese per il
funzionamento dell’Unione (le c.d. spese amministrative)153.
3.2. Rapporti tra bilancio interno e bilancio generale dell’Unione europea.
Il bilancio del Parlamento europeo è ricompreso all’interno della rubrica n. 5 del
Bilancio denominato “Amministrazione”; la base giuridica è costituita dall’art. 316 TFUE
(ex art. 271 TCE) che recita: “Le spese del Parlamento europeo, del Consiglio europeo e del
Consiglio, della Commissione e della Corte di Giustizia dell’Unione europea sono iscritte in
parti separate del bilancio, senza pregiudizio di un regime speciale per determinate spese
comuni”.
Così come avviene per gli organi costituzionali negli Stati membri, le spese delle
istituzioni comunitarie hanno una collocazione particolare all’interno del documento di
bilancio.
152
Nel 1999 il mancato scarico da parte del PE di alcune spese della Commissione presieduta da
Jacques Santer ha portato alla presentazione di una mozione di censura.
153
Cfr. M. P. CHITI – G. GRECO (a cura di), Trattato di diritto amministrativo europeo, Giuffrè,
2007.
35
Le spese di amministrazione dell’Unione Europea rappresentano circa il 5,8% del
bilancio, somma che comprende le spese di gestione di tutte le istituzioni; esse riguardano
inoltre le spese riguardanti sia il personale in servizio che quello in pensione, gli edifici, gli
uffici, le dotazioni, gli arredamenti (mobilio), le scuole europee, le spese di missione, di
conferenze e riunioni; il 47% delle spese sono destinate alla Commissione, il 37% alle altre
istituzioni e organismi, tra cui il Parlamento europeo.
L’allargamento da 15 a 27 Stati membri e il passaggio da 11 lingue ufficiali nel 2003 a
23 nel 2007 e la gestione di un volume di spesa elevato nel periodo 2007-2013 sono stati dei
fattori fondamentali, incidendo sul carico di lavoro e sui bisogni del personale delle
istituzioni.
Nel marzo di quest’anno il Parlamento europeo ha deciso che il suo bilancio per il 2013
sarà congelato in termini reali154. E’stato inoltre richiesto di individuare un’unica sede per il
Parlamento, evidenziando i notevoli risparmi che ne potrebbero derivare (una spending
review comunitaria?)155. Sono state inoltre congelate le indennità individuali e tagliate le
spese di viaggio dei deputati.
154
La risoluzione è stata approvata con 548 voti a favore, 69 contrari e 42 astensioni
155
Attualmente, infatti, il Parlamento tiene le sue sedute plenarie a Strasburgo e a Bruxelles,
mentre il Segretariato generale (che conta circa 4.500 funzionari e 700 agenti dei gruppi politici) ha sede
a Lussemburgo.
36
I deputati inoltre hanno espresso l’intenzione di impedire che i fondi del PE vadano a
partiti non democratici. La ratio è quella di assicurarsi che il Parlamento non conceda
finanziamenti a partiti che non rispettano pienamente i principi sui quali é fondata l'Unione
europea e la Carta dei diritti fondamentali.
Il bilancio del Parlamento aumenterà dell'1,9%, che corrisponde al tasso d'inflazione
medio europeo. Gli stanziamenti per il 2012 corrispondevano infatti a € 1.717.868.121,
contro € 1.759.391.671 previsti per il 2013. Tuttavia, 8,5 milioni di euro aggiuntivi saranno
necessari per far fronte ai costi dovuti all'arrivo dei deputati europei provenienti dalla
Croazia.
Si è stimato, infine, che il bilancio complessivo per il 2013 del PE ammonti a poco meno
di 1,76 miliardi di euro.
3.3. Il bilancio interno del Parlamento europeo.
Ai sensi dell’art. 314 TFUE (ex articolo 272, paragrafi da 2 a 10, del TCE) ciascuna
istituzione, ad eccezione della Banca centrale europea, elabora, anteriormente al 1 luglio,
uno stato di previsione delle spese per l'esercizio finanziario successivo.
E’ poi previsto che la Commissione raggruppi tali stati di previsione in un progetto di
bilancio, che comprende una previsione delle entrate e una previsione delle spese.
Tra le fonti in materia di bilancio va segnalato anche il regolamento finanziario del 2002,
il quale all’articolo 31 prevede che il Parlamento europeo, il Consiglio, la Corte di giustizia
delle Comunità europee, la Corte dei conti, il Comitato economico e sociale, il Comitato
delle regioni, il mediatore e il garante europeo della protezione dei dati redigano uno stato
di previsione delle loro spese e delle loro entrate, da trasmettere alla Commissione
anteriormente al 1° luglio di ogni anno156.
Il bilancio è annuale, ma occorre rispettare le regole pluriennali indicate nelle Prospettive
finanziarie, ora rinominate “Quadro finanziario pluriennale” dal Trattato di Lisbona.
Nel TFUE si legge infatti: “Ciascuna istituzione esercita i poteri ad essa attribuiti in
materia di bilancio nel rispetto dei trattati e degli altri atti adottati a norma degli stessi, in
particolare in materia di risorse proprie dell’Unione e di equilibrio delle entrate e delle
spese”157.
156
Regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il
regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee, successivamente
modificato (da ultimo nel 2010).
157
Art. 314, comma 10, TFUE.
37
Per quanto riguarda il Parlamento europeo, le regole per l’elaborazione dello stato di
previsione sono contenute nel regolamento interno, in particolare agli artt. 79 – 79 bis –
80158.
L’Ufficio di presidenza e la commissione competente per le questioni di bilancio
decidono in fasi successive l'organigramma e il progetto di stato di previsione. Non appena
l’Ufficio di presidenza si sia pronunciato definitivamente sull’organigramma ha inizio la
fase disciplinata dall’art. 79.
Nel caso in cui, poi, la commissione competente per le questioni di bilancio e l’Ufficio
di presidenza abbiano posizioni molto divergenti si avvierà una fase di concertazione.
La procedura di bilancio del PE solitamente comincia nel mese di febbraio, con la
proposta del Segretario generale sugli obiettivi prioritari e sulle risorse necessarie per l’anno
seguente. Su questa base, l’Ufficio di presidenza del Parlamento approva il cosiddetto
progetto di stato di previsione e lo sottopone alla commissione per i bilanci159.
Ai sensi del comma 3 dell’art. 79 il Presidente fissa un termine per la presentazione di
emendamenti al progetto di stato di previsione. Successivamente, la commissione per i
bilanci esprime il proprio parere su tali emendamenti. Non avviene cioè come
nell’ordinamento italiano, nel quale il testo è discusso in Assemblea e vi è la possibilità di
presentare emendamenti (seppure nella prassi ciò non si verifica): l’art. 66 del Regolamento
della Camera dei Deputati stabilisce infatti che il proprio progetto di bilancio e il conto
consuntivo, predisposti dai deputati Questori e deliberati dall'Ufficio di Presidenza, siano
discussi e votati in Assemblea.
158
Il regolamento interno è adottato ai sensi dell’art. 232 TFUE.
159
Ai sensi dell’Allegato VII al regolamento interno del Parlamento europeo, la Commissione per i bilanci
Commissione competente per: 1. il quadro finanziario pluriennale delle entrate e delle spese dell'Unione europea ed il
sistema delle risorse proprie dell'Unione europea; 2. le prerogative di bilancio del Parlamento, vale a dire il bilancio
dell'Unione europea nonché la negoziazione e l'applicazione degli accordi interistituzionali in materia; 3. lo stato di
previsione del Parlamento, in conformità della procedura definita nel regolamento; 4. il bilancio degli organismi
decentrati; 5. le attività finanziarie della Banca europea per gli investimenti ; 6. l'iscrizione in bilancio del Fondo
europeo di sviluppo, fatte salve le attribuzioni della commissione competente per l'accordo di partenariato ACP-UE;
7. le incidenze finanziarie e la compatibilità con il quadro finanziario pluriennale di tutti gli atti dell'Unione, fatte
salve le attribuzioni delle commissioni interessate; 8. il monitoraggio e la valutazione dell'esecuzione del bilancio in
corso, nonostante l'articolo 78, paragrafo 1 del regolamento, gli storni di stanziamenti, le procedure relative agli
organigrammi, gli stanziamenti amministrativi e i pareri su progetti in materia di immobili aventi incidenze
finanziarie significative; 9. il regolamento finanziario, escluse le questioni concernenti l'esecuzione, la gestione e il
controllo del bilancio.
38
Un membro di questa commissione, il cosiddetto "relatore sul bilancio", prepara una
relazione che è poi votata in commissione. La relazione presenta le priorità e propone un
budget.
Vi è in pratica una proposta di risoluzione da parte del Parlamento europeo, nella quale
si specifica che il Parlamento adotterà la propria posizione sul progetto di bilancio, così
come modificato dal Consiglio, in base alla procedura di voto stabilita nel trattato e cioè in
sede di approvazione del bilancio secondo il Trattato sul funzionamento dell’Unione
Europea, che prevede l’utilizzo di una procedura legislativa speciale. Nei vari considerando
si legge infatti che le prerogative della seduta plenaria per quanto riguarda l'adozione dello
stato di previsione e del bilancio definitivo saranno pienamente mantenute in conformità
delle disposizioni del trattato e del regolamento del Parlamento europeo.
Da ciò si evince che l’adozione dello stato di previsione da parte del Parlamento europeo
si riduce ad un formale recepimento di quanto stabilito in sede di commissione bilanci.
Sulla base di tale proposta di risoluzione, il Parlamento riunito in sessione plenaria adotta lo
stato di previsione, generalmente nel mese di maggio, che sarà poi integrato nel progetto di
bilancio dell’UE, che è modificato e quindi adottato dal Parlamento in Aula al più tardi in
dicembre. In particolare, la procedura prevede l’incarico per il Presidente del Parlamento
europeo di trasmettere la risoluzione e lo stato di previsione al Consiglio e alla
Commissione.
3.3.1. Le singole voci all’interno del bilancio interno del Parlamento europeo.
Il bilancio interno del Parlamento europeo è ripartito in una serie di voci:
−
−
−
−
−
−
−
−
−
−
−
Membri dell'istituzione» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Funzionari e agenti temporanei. . .
«Altro personale e prestazioni esterne» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
«Altre spese concernenti le persone appartenenti all'istituzione» . . . . . . .
«Immobili e spese accessorie» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
«Informatica, impianti ed apparecchiature e mobilio» . . . . . . . . . . . . . . .
«Spese di funzionamento amministrativo corrente» . . . . . . . . . . . . . . . . .
«Riunioni e conferenze» . . . . . . . . . . . . . . …... . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
«Consulenze e informazione: acquisto, archiviazione, produzione e
diffusione» .
«Spese particolari di talune istituzioni e di taluni organi» . . . . . . . . . . .
Altre spese» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
39
Fondamentale ai fini del presente lavoro è stata la relazione sulla gestione di bilancio e
finanziaria relativa al Parlamento europeo per l’anno 2010160.
Tale relazione sottolinea come quattro capitoli costituiscano da soli il 70 % della totalità
degli impegni: capitolo «Membri dell'istituzione», capitolo
«Funzionari e agenti
temporanei», capitolo «Immobili e spese accessorie» e capitolo «Spese relative agli
assistenti parlamentari».
Ripartizione della spesa 2010 per capitolo
Analizziamo i dati risultanti dal bilancio per l’anno 2010, in attesa della relazione per
l’anno 2011.
Il capitolo Membri delle istituzioni ha subito un aumento del 24 % rispetto ai dati del
2009; ciò è dovuto all’entrata in vigore del nuovo statuto dei deputati nel 2009.
Esso comprende le voci: indennità; spese di viaggio ordinarie (destinato al rimborso
delle spese di viaggio e di soggiorno per le missioni e da e per le sedi di lavoro e per altre
missioni) 161 e altre spese di viaggio (stanziamento destinato al rimborso delle spese di
160
La relazione per il 2010 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea in data
7.6.2011.
161
Nel 2010 i deputati hanno effettuato 17 058 trasferte per partecipare a tornate a Strasburgo e Bruxelles, 30
216 trasferte per riunioni di commissione e 2 536 per riunioni di gruppi politici a Bruxelles. Per quanto concerne i
40
viaggio supplementari e delle spese di viaggio effettuate nello Stato membro di elezione);
indennità di spese generali (copre le spese connesse alle attività parlamentari dei deputati);
indennità di funzione (copre le indennità forfettarie di soggiorno e di rappresentanza
connesse alla carica di Presidente del Parlamento europeo )
Con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Parlamento dispone di poteri molto più
estesi.
Al fine di rispondere alle nuove sfide, il Parlamento ha rafforzato l'assistenza offerta ai
deputati il che ha aumentato il fabbisogno finanziario del capitolo «Funzionari e agenti
temporanei» e del capitolo «Spese relative agli assistenti parlamentari».
Per quanto riguarda il capitolo relativo ai funzionari e agli agenti temporanei, occorre
sottolineare come esso abbia rappresentato il 34 % delle spese per l'esercizio 2010,
costituendo il fattore di spesa più alto all’interno del bilancio del Parlamento europeo (ciò si
evince ictu oculi anche graficamente).
La relazione precisa però che vi è stato un aumento del 6 % rispetto all'esercizio
precedente dovuto ad un innalzamento della spesa per la voce <<Retribuzioni e indennità>>
successivamente alla decisione della Corte di giustizia concernente l'adeguamento delle
retribuzioni con effetto retroattivo162.
Il capitolo «Spese relative agli assistenti parlamentari» rappresenta, invece, il 10 % del
bilancio 2010 ed è rimasto invariato rispetto al 2009163.
Infine, resta da analizzare il capitolo <<Immobili e spese accessorie>>: questo
costituisce il 12% del bilancio interno, in aumento del 2% rispetto al 2009. Tale capitolo
comprende le spese di acquisto di beni immobili, di affitto, di sistemazione dei locali, di
pulizia e manutenzione, di sicurezza e sorveglianza degli immobili.
Da ultimo, sembrerebbe particolarmente interessante analizzare le spese di
finanziamento ai gruppi politici europei. Essi sono ricompresi nel capitolo <<Spese
viaggi al di fuori dei luoghi di lavoro abituali del Parlamento, 866 viaggi riguardavano le riunioni di commissione e 1
399 le riunioni dei gruppi politici, a cui si aggiungono 1 842 missioni relative a riunioni di delegazioni parlamentari.
162
A dicembre 2009, nella sua decisione annuale concernente l'adeguamento delle retribuzioni in
applicazione degli articoli 64 e 65 e dell'allegato XI dello statuto dei funzionari, il Consiglio ha deciso di
applicare un tasso di rivalutazione soltanto dell'1,85 % a partire dal 1 luglio 2009, mentre la proposta
della Commissione, basata sul «metodo» previsto dall'allegato XI dello statuto, aveva stabilito un tasso
del 3,7 %. A fronte di questa decisione del Consiglio, la Commissione ha presentato un ricorso dinanzi
alla Corte di giustizia dell'Unione europea (causa C/40-10 Commissione/Consiglio concernente
l'adeguamento delle retribuzioni per il 2009). La sentenza della Corte del 24 novembre 2010 ha annullato
il regolamento del Consiglio n. 1296/2009. Il Consiglio è stato pertanto costretto ad adottare un nuovo
regolamento alla fine del 2010. La parte di adeguamento delle retribuzioni respinta (1,85 %) deve essere
versata, con effetto retroattivo, per il periodo compreso tra luglio 2009 e dicembre 2010.
163
Al 31 dicembre 2010 erano 1.483 gli assistenti parlamentari accreditati impiegati al Parlamento europeo.
41
particolari di talune istituzioni e di taluni organi>>. Questo capitolo rappresenta il 5 % del
bilancio 2010, con un aumento del 10 % rispetto all'esercizio precedente.
Esso comprende innanzitutto le «Spese amministrative di funzionamento, attività
d'informazione e spese connesse ai gruppi politici e ai deputati non inscritti»: gli impegni
per tale articolo sono destinati a coprire (per i gruppi politici e i membri non inscritti) le
spese di segreteria, amministrative e operative; le spese connesse alle attività politiche e di
informazione nel quadro delle attività politiche dell'Unione europea. Inoltre, il capitolo
comprende la voce «Contributi ai partiti politici europei».
Distribuzione delle spese capitolo <<Spese particolari di talune istituzioni e di taluni
organi>>.
E’ interessante notare come le spese per i contributi ai partiti politici europei
costituiscano appena il 18% delle voci all’interno del capitolo, laddove si arriva addirittura
al 70 % in riferimento ai gruppi politici e ai deputati non iscritti.
3.4. Conclusioni: il bilancio e i parlamentari europei.
Il Parlamento europeo è ora pienamente partecipe della funzione di bilancio, costituendo
ciò un indiscutibile passo avanti nel difficile cammino verso la “parlamentarizzazione”
dell’Unione europea.
Alla luce di tali innovazioni è innegabile che il parlamentare europeo dovrà acquisire una
maggiore consapevolezza e dimestichezza con gli strumenti e le procedure di bilancio, sia
per quanto riguarda il bilancio interno, che con riferimento al bilancio generale dell’Unione.
Quello del bilancio sembrerebbe in effetti un aspetto dei compiti dell’Unione visto con
distacco da parte dei componenti del Parlamento europeo
Il tecnicismo e la complessità della procedura non potranno allora essere più evocati per
giustificare la lontananza da tali tematiche, rendendosi necessaria un’effettiva e piena
partecipazione alle decisioni in materia di entrate e spese.
42
4. I gruppi parlamentari nel Parlamento europeo164
4.1. I gruppi parlamentari: definizione e funzioni
Nell’ambito dell’ordinamento europeo, le disposizioni relative ai gruppi parlamentari
sono presenti nel regolamento del Parlamento e nel testo costituzionale, mentre, invece,
manca un espresso richiamo consuetudinario, trattandosi di una disciplina piuttosto giovane.
Nel sistema politico europeo è importante capire come i partiti siano chiamati a colmare il
deficit di democrazia delle istituzioni europee165 e a provvedere alla propria organizzazione
e al proprio funzionamento, di concerto con gli speculari partiti nazionali.
Anche se non rintracciabile, né in dottrina, né in giurisprudenza, una nozione puntuale di
“gruppo parlamentare”, lo si può, comunque, considerare come l’insieme di un numero di
parlamentari, stabilito dall’apposito regolamento, riuniti in un’unica struttura organizzativa,
al cui vertice è posto un Capogruppo cui sono attribuite funzioni di rappresentanza
all’esterno.
I gruppi parlamentari all’interno del PE sono caratterizzati dalla comunanza delle
tendenze politiche tra i loro membri e costituiscono il primo organo a formarsi subito dopo
le elezioni del Parlamento europeo. Ad esempio, per quanto riguarda l’esperienza
parlamentare italiana, i gruppi vengono formati entro un giorno alla camera e entro tre
giorni al Senato, di modo da consentire poi la costituzione degli altri organi strutturali e
funzionali delle rispettive camere166.
È possibile distinguere due funzioni fondamentali dei gruppi: quella organizzativa,
all’interno dell’Assemblea, e quella politica, che connota una certa influenza anche
all’esterno di essa.
Per quanto riguarda la prima, i gruppi “in virtù della loro funzione unificante svolto nei
confronti dei loro aderenti(…)rappresentano il riferimento obbligato per la struttura e il
funzionamento di ogni camera 167 ” e, secondo quanto affermato da Augusto Barbera,
“regolamenti parlamentari si avvalgono della presenza dei gruppi parlamentari per meglio
regolare i lavori, realizzando apprezzabili economie negli stessi168”.
La funzione “esterna” dei gruppi è esercitata in accordo con i partiti 169 , che essi
rappresentano. In Italia, il gruppo parlamentare viene considerato il mezzo attuativo del
164
A cura di Ilaria Rivera
165
CARTABIA M., Gruppi politici e interna corporis del Parlamento europeo, in Quad. Cost.,
1/2000. Ancora, MARTINELLI C., Verso lo Statuto(e il finanziamento) dei partiti politici europei, in
Quad. Cost., 2/2001; VIGEVANI G.E., Necessaria l’affinità politica per i gruppi del Parlamento
europeo, in Quad. Cost., 2/2002.
166
MANZZONI HONORATI M., Diritto parlamentare, Torino, Giappichelli, 2001, p.81.
167
Così la relazione al progetto del regolamento della Camera dei Deputati del 1971.
168
BARBERA A., I Parlamenti: un’analisi comparativa, Roma, Bari, Editore Laterza, 1999, p.27.
169
In questo senso l’art.49 della Costituzione italiana.
43
programma del partito di appartenenza e il rapporto che lega questi due soggetti è più o
meno intenso in base alla capacità del partito di avere presa sugli eletti.
In ordine alla funzione esterna, i gruppi parlamentari sono strettamente collegati ai partiti
politici europei. Ne costituiscono un esempio i vincoli di omogeneità politica e il numero
minimo richiesto per la costituzione dei gruppi parlamentari170.
La funzione politica del Parlamento europeo consiste nel colmare il deficit di democrazia
presente nelle strutture dell’UE. Così, l’art.29 del regolamento PE stabilisce i requisiti
numerici per la formazione di un gruppo, ossia “provenienza dei membri da almeno due
stati e un numero minimo decrescente all’aumentare delle diverse nazionalità fino al
minimo di 14 deputati se provenienti da quattro o più stati”.
Sul piano qualitativo, deve sussistere un’affinità politica tra i membri del gruppo. Inoltre,
come emerge dal regolamento, il requisito dell’affinità politica è sindacabile dall’Ufficio di
presidenza, qualora il gruppo non definisca il proprio comune riferimento politico. Si pensi
al caso del “gruppo tecnico dei deputati indipendenti - TDI171”.
Peraltro, il regolamento del PE vieta la costituzione del gruppo misto, con la
conseguenza che i deputati non appartenenti ad alcun gruppo rimangono “non iscritti”172.
Tuttavia, la disciplina regolamentare europea non tiene conto del fatto che sussistono
differenze ideologiche, talora importanti, tra alcuni stati e che alcuni movimenti politici
nazionali difficilmente riescono ad identificarsi in un gruppo parlamentare europeo. È il
caso dei “partiti minori” che non raggiungono il requisito numerico necessario per la
costituzione dei gruppi e per l’attribuzione di relativi benefici. Data la peculiarità della
normativa, parte della dottrina ne ha sostenuto l’illegittimità173.
I gruppi del Parlamento europeo stanno formando lentamente i loro partiti a livello
sovranazionale e tendono a dare sempre più le direttive di comportamento ai partiti
nazionali di riferimento.
4.2. Segue: nascita dei gruppi parlamentari
Già a partire dalla Ceca, i gruppi parlamentari erano presenti nell’assemblea
parlamentare europea, quale espressione di partiti ideologicamente affini, provenienti da più
nazioni.
I gruppi parlamentari si costituivano, dunque, non in base alla provenienza territoriale,
bensì in base a principi e tendenze ideologiche comuni: socialista, democratico-cristiana,
liberale.
170
Art.30 del regolamento del Parlamento europeo.
171
Il gruppo era composto da membri che si unirono, pur in assenza di affinità politica, per ottenere
i vantaggi riservati agli altri gruppi.
172
I deputati «non iscritti» sono destinatari di minori diritti e i partiti di appartenenza non ricevono
i finanziamenti comunitari.
173
DUGNANI M., Statuto e finanziamento dei partiti politici a livello europeo: illegittimità
dell’esclusione dei partiti politici minori dal finanziamento istituzionale, dal sito Diritto&diritti, Febbraio
2004.
44
Inizialmente il Parlamento era composto da tre soli gruppi politici, di cui facevano parte
almeno nove membri su settantotto presenti. Questa “divisione” rimase inalterata fino al
1965, anno in cui si verificò la crisi tra la Francia gollista e la CEE, quando la componente
che si rifaceva a De Gaulle si staccò dai liberali e fece gruppo a sé, fondando l’Unione
democratica europea174. Per favorire la costituzioni di gruppi “in regola”e limitare, dunque,
la possibilità di eccezioni, fu cambiato il regolamento parlamentare e abbassata la soglia
minima, da 17 a 14 membri, richiesta per la formazione di un gruppo.
4.3. La concentrazione dei gruppi all’interno del Parlamento europeo
Il processo di concentrazione, consistente nel predominio dei tre gruppi tradizionali
(liberali, socialisti e popolari), ha portato nel tempo ad una sorta di diarchia.
I due maggiori gruppi del Pe, popolari e socialisti, comprendono al loro interno più di un
partito per ciascuna nazione dell’Unione. Il Ppe annovera circa 33 partiti; il Pse comprende
un solo grande partito per nazione al quale, solo in tre casi (Italia, Francia, Spagna), si
affianca un partito minore. Gli altri gruppi non riescono a rappresentare tutti i Paesi,
nonostante i Verdi e la Sinistra unita europea abbiano conquistato una maggiore
rappresentanza a livello territoriale.
In ogni caso, l’aumento del numero di partiti per gruppo non ha, però, cagionato una
dispersione ideologica, tale da compromettere l’omogeneità comportamentale all’interno
dei gruppi.
La gestione politica del Parlamento europeo è sempre stata caratterizzata da una forte
intesa tra Pse e Ppe, che spesso hanno assunto posizioni comuni per difendere il ruolo
istituzionale del Parlamento nei confronti delle altre istituzioni comunitarie. Questa
coesione potrebbe però essere messa in discussione dall’affermarsi di tensioni ideologiche,
fondate, non tanto sul contrasto bipolare destra-sinistra, ma sulla diversità ideologica strictu
sensu, ossia, ad esempio, sulla contrapposizione “laicismo - la matrice religiosa175”, ovvero
sulla discordanza tra la visione tradizionale della famiglia contro quella più propensa al
riconoscimento di coppie di fatto.
Altro elemento di dissidio può essere rinvenuto nelle lotte che intercorrono tra i partiti
nazionali che abbiano una certa rilevanza., trasposte a livello europeo. La rappresentanza in
un gruppo parlamentare europeo, infatti, è subordinata all’accettazione della proposta del
richiedente da parte dei connazionali176.
174
Questo fu un caso in cui venne autorizzata la costituzione di un gruppo mono-nazionale. Altro
caso interessante si ebbe nel 1994 con la nascita del partito di Forza Europa, costituito da eurodeputati
italiani di Forza Italia che non poterono aderire al Ppe. Successivamente tali deputati aderirono al Gruppo
Popolare.
175
Ne è un esempio emblematico la bocciatura della nomina dell’On. Buttiglione, esponente della
cultura cattolica, a seguito di un atteggiamento restrittivo in ordine alla discussione di temi «sensibili» al
laicismo.
176
È il caso dei radicali italiani che non poterono entrare in Elder per il diniego opposto dai
democratici.
45
Un primo segnale di incrinatura della coesione tra i due gruppi dominanti sulla scena
parlamentare – popolari e socialisti - si è manifestata nella V legislatura in occasione
dell’elezione del Presidente del Parlamento e della votazione del Presidente della
Commissione 177 . Altro caso è rappresentato dal rifiuto da parte della Commissione
parlamentare dell’On. Buttiglione come commissario delle Libertà e della Giustizia,
favorendo quindi una crisi tra la Commissione parlamentare e il Presidente della
Commissione, Barroso, con il rischio di paralisi dell’intero Parlamento.
4.4. Il rapporto tra i gruppi politici europei e i partiti nazionali
I gruppi parlamentari europei sono, da un lato, il risultato dell’aggregazione di vari
partiti nazionali, dall’altro, costituiscono l’espressione, in seno al Parlamento, delle
federazioni transazionali.
Il vincolo che lega il singolo parlamentare europeo al partito nazionale tramite il quale
viene eletto è molto forte, e, quindi, si pone il problema se egli debba assicurare fedeltà
all’istituzione europea di cui fa parte, facendosi portatore di interessi europei, ovvero ai
partiti nazionali di provenienza, divenendo un mero recettore delle raccomandazioni
nazionali.
I gruppi parlamentari sono dotati di elementi strutturali che spingono alla coesione sia
per quanto riguarda le modalità di voto sia per quanto riguarda la partecipazione alla vita
dell’eurogruppo. In particolare, tutti i gruppi adottano l’istituzione britannica della “frusta
parlamentare178 ”, che controlla la presenza fisica dei parlamentari alle relative attività e
l’uniformità del voto espresso alle indicazioni del gruppo.
In caso di voto “diverso”, scattano sanzioni a carico del parlamentare, come
l’emarginazione, e in caso di opposizione di una delegazione nazionale, si richiede una
maggiore concertazione degli interessi in gioco, prevedendosi dapprima la riunione delle
delegazioni nazionali e poi la riunione del direttivo del gruppo, in cui sono rappresentate
tutte le componenti nazionali.
Da ciò deriva la necessità di trovare degli istituti che assicurino un certo grado di
indipendenza delle delegazioni nazionali e dei singoli parlamentari dai rispettivi partiti
nazionali, onde evitare che il Parlamento europeo perda la sua natura tipicamente
transnazionale e diventi una mera appendice degli ordinamenti nazionali. A tal proposito, è
stato introdotto in Italia l’istituto dell’incompatibilità tra il ruolo di parlamentare europeo e
nazionale179.
Sono necessari, però, anche altri istituti che agiscano non solo sul piano giuridicoformale, ma anche sul piano personale, per evitare dinamiche di condizionamento tra il
177
Il Presidente del Parlamento europeo è stato infatti designato dal Ppe in accordo con i liberali,
segnando un momento di fine alla tradizione «cogestione» con i socialisti. Il Presidente della
Commissione è stato designato a seguito di un aspro dibattito tra i gruppi maggiori, espressione dei
governi a stampo socialista.
178
Parte della dottrina pone in discussione la legittimità di tale istituto, considerandolo in contrasto
con un altro istituto tipico di alcune realtà nazionali, ossia il divieto di mandato imperativo.
179
In tal senso, nell’ordinamento italiano, la legge 78 del 2004.
46
partito nazionale e il parlamentare europeo e renderlo più responsabile di fronte
all’eurogruppo e più partecipe alla vita del Parlamento.
Parallelamente, la coesione interna dei gruppi è molto elevata e ne costituisce una
dimostrazione l’accordo che viene raggiunto al momento del voto dai vari membri del
gruppo.
Il controllo delle decisioni all’interno del gruppo viene assicurato non solo dalla “frusta”
di ciascun gruppo, ma anche dalle “fruste nazionali”, soprattutto da parte dei grandi partiti,
le cui vicende potrebbero essere influenzate dalle decisioni prese a livello europeo. Tuttavia,
se la pressione dovesse essere eccessiva, potrebbero determinarsi rotture all’interno dei
gruppi, per eventuali conflitti di interessi (nazionali) o per contrasti tra i partiti nazionali
all’interno della coalizione, ovvero creare una frattura istituzionale tra il Parlamento e le
altre istituzioni comunitarie.
Dall’analisi fin qui svolta, risulta con chiarezza come la debolezza dei gruppi
parlamentari sia in gran parte dovuta alla dipendenza dall’organizzazioni partitiche
nazionali.
4.5. Un nuovo soggetto politico: le federazioni transnazionali
I gruppi parlamentari non sono gli unici attori politici collettivi del Parlamento europeo.
Dopo l’allargamenti della Comunità, e, in particolare, dopo l’introduzione del sistema
elettorale diretto del Parlamento europeo, nel 1979, nacquero organi di collegamento a
livello europeo dei partiti della Ce, le federazioni transazionali.
Le grandi famiglie politiche fondarono infatti, rispettivamente, tre federazioni
sovranazionali, ossia la Confederazione dei partiti socialisti della Comunità europea (Cps),
la Federazione europea dei partiti liberali e democratici (Feld) ed il Partito popolare europeo
(Ppe).
In occasione delle prime elezioni del Parlamento europeo, la creazione di federazioni
transnazionali fu vista in modo benevolo, perché si pensava che avrebbe portato allo
sviluppo di veri e propri partiti europei, capaci di assicurare un valido collegamento tra la
base elettorale nazionale e i gruppi nel Pe.
Le federazioni europee sono, però, delle strutture organizzative piuttosto deboli, che solo
di recente hanno conosciuto una maggiore considerazione, sia dal punto di vista personale,
sia dal punto di vista dei finanziamenti. Quelle che possono considerarsi effettivamente
costituite sono quattro: alle tre principali si sono aggiunte quelle dei Verdi e della Sue
(Federazione della Sinistra unita europea, nata in occasione delle elezioni del 2004).
All’interno delle due federazioni maggiori (Pse e Ppe) è evidente la subordinazione delle
delegazioni nazionali rispetto ai partiti di provenienza, alle cui direttive occorre attenersi e
giustificare eventuali comportamenti contrari adottati nell’ambito delle federazioni europee.
Pertanto, la difficoltà di affermazione da parte delle federazioni transnazionali deriva una
scelta consapevole dei partiti nazionali, i quali, invece che puntare sulle federazioni,
preferiscono rafforzare il rapporto tra l’elettorato e i propri esponenti negli organismi più
influenti del Parlamento.
Vi è il caso, poi, di partiti che sfruttano l’immagine assunta dalla federazione
transnazionale per emergere a livello europeo. Si pensi al partito di Forza Italia, la cui
adesione al Ppe ha destato scalpore nella concorrente nazionale – La Margherita- costretta a
47
schierarsi a livello europeo con il Ppe, piuttosto che con i Ds, componente del Pse,
sicuramente più affine a livello ideologico.
Diversi fattori possono favorire un rafforzamento del ruolo delle federazioni in ambito
europeo.
Il primo è rappresentato dall’allargamento dell’Ue. In tale contesto, le federazioni
rappresenterebbero un importante tramite tra le strutture comunitarie e i partiti confratelli o
simili dei paesi entranti.
Altro fattore è dato dallo Statuto dei partiti europei, il quale indica i requisiti che i partiti
politici europei devono possedere per accedere ai finanziamenti dell’Ue. Nel Preambolo si
afferma che “i partiti a livello europeo sono un importante fattore per l’integrazione in seno
all’Unione e contribuiscono a formare una coscienza europea e ad esprimere la volontà
politica dei cittadini dell’Ue”. Tali requisiti sono: l’intenzione di partecipare all’elezione del
Pe; il possesso della personalità giuridica nel paese nel quale ha sede il partito europeo;
avere almeno, in un quarto dei paesi, rappresentanti eletti nel Pe, oppure aver riportato
sempre almeno il 3% dei voti espressi nelle ultime elezioni, in almeno un quarto degli stati
membri; rispettare con il proprio programma i principi di libertà, democrazia, i diritti
dell’uomo, le libertà fondamentali e lo stato di diritto, su cui è fondata l’Ue.
Ciò permette alle federazioni di avere risorse non controllate dai partiti nazionali e
quindi di avere una certa autonomia da essi. Tuttavia, una parte dei finanziamenti si
rinviene a livello nazionale attraverso il contributo dei partiti membri, limitando in parte il
ruolo delle federazioni all’interno dei partiti europei.
4.6. La disciplina giuridica dei gruppi parlamentari
I membri del Parlamento europeo (MEP) sono quindi incoraggiati a formare alleanze in
partiti politici o gruppi, anche se non sono eletti come membri di questi gruppi, ma come
rappresentanti di partiti nazionali. Dopo la formazione dei gruppi politici del Pe, inizia la
prima sessione del Parlamento europeo.
Un gruppo può essere basata su un singolo partito politico europeo o può includere più
partiti europei. Il numero dei gruppi politici non è praticamente cambiato dalle prime
elezioni dirette del Parlamento europeo ne 1979: erano sette nel 1979, per poi salire a dieci
nel 1989, e scendere di nuovo a sette nel 1999, ed infine otto nel 2004.
Il Parlamento europeo è attualmente composto da sette gruppi politici e più di 150 partiti
politici nazionali. Gruppi e partiti politici a livello europeo sono principalmente di
coalizioni più o meno affini di partiti politici nazionali, e gli studi sul comportamento di
voto nell’ambito del Parlamento europeo dimostrano che esercita una maggiore influenza
l’ideologia di base, piuttosto che la provenienza territoriale180. Hix ed altri studiosi hanno
esaminato se i partiti nazionali ovvero i gruppi politici dell’Ue abbiano un maggiore
controllo sui deputati, concludendo:
“We find that MEPs are less likely to vote against their national parties than their
European political groups. On balance, one-third of an MEP’s voting behaviour is
180
Si veda, a riguardo, HIX S. – NOURY A.- ROLAND G., How MEPs vote, Brighton, U.K.:
Economic and Social Research Council, November 2002.
48
determined by his or her European political group and two-thirds is determined by his or her
national party. Hence, growing transnational party politics in the European Parliament must
be explained via national political parties. Despite continued policy differences between the
member parties in each European political group, national parties have decided to form
increasingly powerful transnational political parties and to endow these organisations with
leadership and agenda-setting powers181”.
Il riconoscimento formale di un gruppo dipende dal rispetto delle condizioni previste agli
articoli 30, 31 e 33 del regolamento di procedura del Parlamento europeo.
L’articolo 33 del regolamento stabilisce la disciplina per i deputati non collegati ad alcun
gruppo politico.
L’articolo 30 disciplina la costituzione dei gruppi politici secondo le affinità politiche, la
cui valutazione non è obbligatoria da parte del Parlamento europeo. Solo nel caso in cui
l’affinità politica venga negata dai deputati interessati, è necessario che il Parlamento valuti
se il gruppo è costituito in conformità al regolamento.
Al presidente d’Assemblea deve essere notificata una dichiarazione di ciascun gruppo
politico, contenente il nome del gruppo, i suoi membri e il suo ufficio, e poi viene
pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
L’articolo 30 disciplina le attività dei gruppi politici, i quali esercitano le proprie
funzioni nel quadro delle attività dell’Unione, compresi i compiti loro assegnati dal
regolamento di procedura182. Ciascun gruppo politico dispone, inoltre, di una segreteria, di
strutture amministrative di sostegno e usufruisce di stanziamenti iscritti nel bilancio del
Parlamento. Le norme relative alla fornitura, l’implementazione e il monitoraggio di tali
strutture e dei finanziamenti sono stabilite dall’Ufficio di presidenza, che provvede anche ad
applicare le relative sanzioni amministrative e finanziarie in caso di scioglimento dei gruppi.
Ogni gruppo nomina un leader (coordinatore o presidente) che decide come dovrebbe
votare il gruppo. Tuttavia, i deputati votano singolarmente ed individualmente ai sensi
dell’art.4 della legge allegata alla decisione 76/787/CEE sulle elezioni dirette del
Parlamento europeo. Essi esercitano il proprio mandato, sciolti da qualsiasi vicolo con il
partito in seno al quale sono stati eletti ovvero con il gruppo politico al quale sono legati nel
Parlamento europeo.
181
«Troviamo che i deputati sono meno propensi a votare contro i loro partiti nazionali rispetto ai
loro gruppi politici europei. A conti fatti, un terzo del comportamento di voto dei deputati europei è determinato
dal suo gruppo politico europeo e due terzi sono determinati dal suo partito nazionale. Quindi, una crescita
politica dei partiti transnazionali all’interno del Parlamento europeo deve essere spiegata tramite partiti politici
nazionali. Nonostante le differenze politiche tra i partiti membri di ciascun gruppo politico europeo, i partiti
nazionali hanno deciso di costituire partiti politici transnazionali sempre più potenti e di dotare queste
organizzazioni con la leadership e con poteri di programmazione dei lavori» [Simon Hix, London School of
Economics and Political Science Abdul G. Noury European Centre for Advanced Research in Economics and
Statistics (ECARES), Brussels Gérard Roland University of California, Berkeley April 2007 at
http://www.cambridge.org/catalogue/catalogue.asp?isbn=9780521694605&ss=exc].
182
Ad esempio, l’art. 149 del regolamento parlamentare che riconosce globalmente ai deputati non iscritti un
tempo di parola calcolato secondo le frazioni accordate a ciascun gruppo politico; l’art. 156 che consente a ciascun
deputato di “chiedere di parlare per fatto personale…”; l’art. 150, ai sensi del quale “la commissione competente per
il merito, un gruppo politico o almeno trentasette deputati possono presentare emendamenti affinché siano esaminati
in Aula”; l’art 107, secondo cui “un decimo dei deputati che compongono il Parlamento può presentare al
Presidente una mozione di censura diretta contro la Commissione”.
49
La costituzione in gruppi parlamentari comporta l’attribuzione di benefici materiali e
vantaggi procedurali.
I vantaggi materiali di cui godono i gruppi politici europei includono essenzialmente la
disponibilità di uffici e di personale, nonché finanziamenti per organizzare riunioni e la
diffusone delle informazioni.
Nel novembre 2007 è stata adottata una proposta della Commissione relativa allo statuto
e al finanziamento dei partiti politici europei, per consentire loro di finanziare la campagna
elettorale del 2009183. Il finanziamento consente anche la creazione di formazioni politiche,
che organizzano incontri attraverso conferenze, dibattiti pubblici e formazione per i
movimenti politici nazionali e per le istituzioni accademiche. L’obiettivo di tale proposta
era quello di migliorare la comunicazione sull’Europa e favorire la partecipazione attiva al
dibattito sull’Europa.
I partiti politici dell’Ue ricevono in media circa dieci milioni di euro all’anno attraverso
il Parlamento europeo e il bilancio dell’Ue del 2008 prevedeva anche altri cinque milioni di
euro per le nuove fondazioni politiche.
Il nuovo regolamento prevede che le nuove formazioni politiche debbano essere
formalmente associate ad un partito europeo esistente, al fine di accedere ai finanziamenti, e
che possano ricevere fondi solo l’attraverso l’affiliazione al suddetto partito politico.
Il finanziamento è destinato solo ai partiti politici europei, non ai gruppi politici, e non
possono essere utilizzati per finanziare partiti nazionali. In questo modo, si mira a garantire
una certa autonomia, anche dal punto di vista finanziario, dei partiti europei dai partiti
nazionali184.I fondi sono indicati nel bilancio dell’Ue nella sezione “Parlamento europeo” e
sono controllati da quest’ultimo. I partiti che vengono finanziati sono quindi: il Ppe, il Pse,
l’Eldr, l’Efgp, L’el, il Pde, l’Aen, L’Ale, l’Eud 185 . L’ “Alliance des Démocrates
Indépendants en Europe” (ADIE) si sciolse il 31 dicembre del 2008 e l’Ufficio di
presidenza del Parlamento decise di non finanziare più il progetto.
Per quanto riguarda l’organizzazione dei lavori e, quindi, più strettamente i benefici
procedurali derivanti dall’adesione ad un gruppo, il regolamento di procedura del
parlamento prevede che i presidenti dei gruppi politici europei si riuniscono nella
Conferenza dei presidenti per decidere quali sono le questioni che verranno trattate in
sessione plenaria del Parlamento europeo.
La conferenza dei presidenti è disciplina agli artt. 24 e 25 de regolamento di procedura.
Infatti, essa è composta dal Presidente del Parlamento e dai presidenti dei gruppi politici. Il
183
Regulation (EC) No 1524/2007 of the EP and Council amending Regulation (EC) No 2004/2003
on the regulations governing political parties at European level and the rules regarding their funding, OJL
343, 18 December 2007.
184
In tal senso deve essere interpretato il regolamento n.1524 del 18 dicembre 2007, il cui art.6,
comma 3, prevede che «…i contributi ad un partito politico a livello europeo provenienti da partiti politici
nazionali o da una persona fisica non devono superare il 40% del bilancio annuale di detto partito politico
a livello europeo». L’art.8 consente invece di utilizzare i fondi ricevuti per finanziare le campagne
elettorali per l’elezione del Parlamento europeo.
185
Questi partiti non corrispondono ai sette gruppi politici presenti nel Parlamento europeo, perché
includono anche membri del Parlamento affiliati a partiti già esistenti.
50
presidente di un gruppo politico può farsi rappresentare da un membro del suo gruppo. La
conferenza prevede anche la partecipazione dei deputati non iscritti, nella persona di un
delegato, ma senza diritto di voto. Essa infine decide per consensus sulle questioni
sottopostale, ma, nel caso in cui non sia possibile raggiungere tale consenso, si procede ad
una votazione ponderata in funzione della consistenza numerica di ciascun gruppo.
I gruppi possono presentare proposte di risoluzione ed emendamenti alle relazioni. Ai
sensi dell’art. 89 del regolamento un gruppo politico poteva proporre un dibattito con la
Commissione e il Consiglio prima che i negoziati di adesione con uno stato ricorrente
abbiano inizio186. A norma dell’articolo 90, su proposta di un gruppo politico, il Parlamento
europeo può chiedere al Consiglio di non affidare il mandato per negoziare un accordo
internazionale prima che il Parlamento stesso abbia espresso la propria posizione. L’articolo
115, infine, prevede che un gruppo politico possa presentare interrogazioni al Consiglio
ovvero alla Commissione.
I vantaggi procedurali comprendono anche la distribuzione del diritto di parola e di
relazione in sessione plenaria in base alla regola della proporzionalità. In particolare, ai
sensi dell’art.149 del regolamento di procedura, la Conferenza dei presidenti può presentare
al Parlamento la proposta relativa al tempo da assegnare per una discussione e , in tal caso,
il Parlamento decide in merito senza alcuna discussione.
Il tempo viene ripartito in base ad una precisa sequenza, sempre ai sensi dell’art.149: una
prima frazione di tempo viene assegnata in parti uguali a tutti i gruppi politici; una seconda
frazione di tempo viene invece ripartita tra i gruppi politici in proporzione al numero totale
dei loro membri; ai deputati non iscritti viene attribuito un tempo di parola calcolato
secondo le frazioni accordate secondo i criteri precedenti.
Le commissioni parlamentari e le sottocommissioni sono composte in modo da riflettere
la composizione dei gruppi presenti nel Parlamento europeo, ai sensi dell’art.186 del
regolamento.
In particolare, i membri delle commissioni parlamentari e delle commissioni di inchiesta
vengono nominati dopo che le candidature siano state presentate dai gruppi politici e dai
deputati non iscritti. La Conferenza dei presidenti presenta proposte al Parlamento e la
composizione delle commissioni riflette, per quanto possibile, la composizione del
Parlamento.
Qualora i membri delle Commissioni cambiano gruppo politico di appartenenza, essi
possono mantenere il loro incarico nelle commissioni parlamentari, fino a scadenza del
mandato. Tuttavia, se il cambiamento di gruppo dovesse avere l’effetto di disturbare l’equa
rappresentanza delle opinioni politiche in una commissione, possono essere presentate
nuove proposte per la composizione della commissione da parte della Conferenza dei
presidenti, in accordo con la procedura di cui al paragrafo 1, seconda frase, fatti salvi i
diritti del deputato in questione.
Per i partiti minori, risulta essere più vantaggioso unirsi in gruppi politici. Ad esempio,
l’Alleanza libera europea, che ha cinque deputati, e i Verdi europei, con 37 deputati, sono
molto più forti se uniti nel gruppo “Comunità europea Verdi- Alleanza libera Europa”,
186
«Parliament may decide, on a proposal from the committee responsible, a political group or at
least forty Members, to request the Commission and the Council to take part in a debate before
negotiations with the applicant State commence». Ora è stato soppresso.
51
piuttosto che come singoli gruppi. In tal modo, essi hanno diritto a finanziamenti maggiori
da parte del Parlamento europeo.
4.7. Segue: il gruppo misto
I gruppi parlamentari svolgono una duplice funzione: da un lato, essi sono preposti al
buon funzionamenti dell’assemblea 187 , dall’altro, sono preposti alla rappresentanza dei
cittadini (scopo esterno).
In ordine alla disciplina dei gruppi, significativo è l’art.30.1 del regolamento Pe, secondo
il quale “I deputati possono organizzarsi in gruppi secondo le affinità politiche”. La ratio
della disposizione regolamentare è quella di promuovere il superamento dei particolarismi
locali per realizzare l’integrazione europea attraverso l’azione dei partiti politici a livello
europeo.
L’art.30 del Reg. Pe prevede l’adesione ai gruppi come facoltativa 188 e che non è
possibile costituire un gruppo misto, con la conseguenza che i deputati che non aderiscono
ad alcun gruppo rimangono “non iscritti”.
Durante la V legislatura, si è verificata una situazione particolare che ha portato ad
un’interpretazione della norma da parte della commissione istituzionale, successivamente
confermata dall’Assemblea il 14 settembre 1999, secondo cui non è ammessa “…la
costituzione di un gruppo che apertamente neghi qualsiasi carattere politico o qualsiasi
affinità politica tra i suoi componenti”, in conformità a quanto previsto dall’art.30 del
regolamento che stabilisce che “…non è necessario di norma che il Parlamento valuti
l’affinità politica dei membri di un gruppo. Al momento di formare un gruppo sulla base del
presente articolo, i deputati interessati accettano per definizione di avere un’affinità politica.
Soltanto quando questa è negata dai deputati interessati è necessario che il Parlamento
valuti se il gruppo è costituito in conformità al regolamento”189.
Nel caso di specie, nel 1999 alcuni deputati provenienti da diversi paesi, pur non avendo
alcuna affinità politica tra di loro, ma avendo i requisiti numerici stabiliti dal regolamento,
costituirono un gruppo, denominato “Gruppo Tecnico di coordinamento dei Deputati
Indipendenti (TDI)”, allo scopo di beneficiare degli stessi vantaggi riconosciuti agli altri
gruppi. Lo stesso atto costitutivo del gruppo indicava come scopo primario quello di
“contribuire all’adozione di un Regolamento rispettoso dell’eguaglianza e dei diritti e delle
prerogative di tutti i Parlamentari”.
Inizialmente l’atto costitutivo fu accolto dall’Assemblea, ma successivamente la
Commissione affari istituzionali del Pe chiese e ottenne dall’Assemblea lo scioglimento del
gruppo. Alcuni componenti del TDI e i rispettivi partiti nazionali, il Front National
francese e la lista Emma Bonino, presentarono quindi ricorso contro il Pe al tribunale di
187
La dottrina parlamentaristica parla, in proposito, di scopo interno. Si pensi alle funzioni di
segreteria di cui all’art.30.1 del regolamento PE.
188
In Italia, invece, secondo quanto previsto dagli artt. 14 e ss dei regolamenti di Camera e Senato,
i parlamentari hanno l’obbligo di aderire ad un gruppo, altrimenti vengono iscritti d’ufficio nel Gruppo
misto.
189
Articolo 30 del regolamento del Parlamento europeo.
52
Primo Grado, che sospesa la deliberazione parlamentare 190 e successivamente accolse il
ricorso 191 , riconoscendo la valida costituzione del gruppo, ed impose al Parlamento di
riconoscere i dovuti privilegi.
In più occasioni 192 , il Tribunale di Primo Grado ha precisato che la disparità di
trattamento esistente tra iscritti e indipendenti non deriva dal combinato disposto degli
artt.31 e 33 del regolamento, ma da altre disposizioni relative all’organizzazione interna del
Parlamento, la cui legittimità non è stata messa in discussione dal ricorrente dinanzi al
Tribunale.
Come specificato dal Tribunale, il requisito dell’affinità politica previsto dall’art.30 del
regolamento Pe “corrisponde, in ciascun caso specifico al significato che intendono darle,
senza necessariamente dichiararlo apertamente(…) ne consegue che i deputati che
dichiarino di organizzarsi in gruppo in applicazione di tale disposizione si presume
condividano affinità politiche, per quanto minime193”. Si desume la presenza di una sorta di
“presunzione di affinità politica”, la cui esistenza è rimessa alla valutazione del Parlamento
europeo, che può sindacare la legittima costituzione dei gruppi parlamentari. L’onere della
prova grava non sul gruppo, ma sull’Assemblea, la quale deve dimostrare l’inesistenza di
tale legame.
Il punto di maggiore perplessità della sentenza riguarda il non riconoscimento dei casi
ricordati dal TDI in cui sono stati accettati gruppi a forte vocazione tecnica. Ve ne sono stati,
infatti, casi in tutte le legislature, per rimediare agli svantaggi dei non iscritti. Nel 1979 era
nato il “gruppo di coordinazione tecnica dei gruppi e dei deputati indipendenti”, che, seppur
manchevole di una comune tendenza politica, non fu mai contestato durante la legislatura.
Nel 1987 nacque il “gruppo tecnico di difesa dei gruppi e dei deputati indipendenti”,
dissolto qualche mese dopo la costituzione per le dimissioni volontarie di due componenti.
Vi fu, infine, il gruppo “Europa delle democrazie e delle differenze” (EDD), costituito da
euroscettici di diverse nazioni che volevano semplicemente la liberazione del loro territorio
dell’Ue ma di cui era marcato il fine tecnico.
Secondo quanto affermato dal Tribunale di Primo grado, la non affinità politica del
gruppo TDI è dimostrata dalla libertà di voto dei singoli membri sia in commissione che in
aula, come risulta anche dall’istituto del divieto di mandato imperativo di cui all’art.2 del
regolamento. Parte della dottrina, contrariamente a quanto stabilito nella sentenza194, ritiene
che “la visione politica di un gruppo altera di per sé le condizioni di partecipazione ai lavori
parlamentari”, infatti è compito di ogni gruppo “adottare una disciplina in gradi di
agevolare la partecipazione attiva e funzionale alla vita dell’istituzione secondo le
190
Ordinanza del 25 novembre1999, T-222/99 Martinez contro Parlamento europeo.
191
Cfr. Tribunale di Primo Grado, 2 ottobre 2001.
192
Punti 155, 165 e 210 della sentenza del TPGCE 2 ottobre 2001, cause riunite T-222/99, T327/99 e T-329/99 Martinez e altri contro il Parlamento europeo.
193
Punto 103 della sentenza del TPGCE 2 ottobre 2001, cause riunite T-222/99, T-327/99 e T329/99 Martinez ed altri contro Parlamento europeo.
194
Punti 146 e 147 della sentenza del TPGCE 2 ottobre 2001, cause riunite T- 222/99, T- 327/99 e
T- 329/99 Martinez e altri contro Parlamento europeo.
53
possibilità del regolamento, pena, come è evidente soprattutto per i gruppi eterogenei, la
marginalizzazione e la sopravvivenza del gruppo stesso”195.
Così intesa, l’affinità politica si configura come la volontà da parte dei singoli deputati di
assoggettarsi ad organi comuni, che attribuiscono funzioni e compiti, in vista del
raggiungimento di un fine comune. Esso, però, non è condizionabile dal partito, ma solo
dalla volontà dei deputati che hanno sottoscritto il comune legame del gruppo.
Il Tribunale, condannando la scissione del gruppo TDI, convalidò l’interpretazione
secondo la quale non è necessario che il Parlamento valuti l’affinità politica dei membri di
un gruppo. Al momento della formazione del gruppo, secondo quanto stabilito dall’art.30
del regolamento, i deputati accettano per definizione di avere un’affinità politica. Solo nel
caso in cui questa venga negata dai deputati interessati, il Parlamento deve valutare se il
gruppo sia costituito in conformità al regolamento o meno.
La decisione del Tribunale di Primo Grado è stata poi appellata dinanzi alla Corte di
Giustizia196 la quale, nella sentenza del 29 giugno del 2004, ha dichiarato l’irricevibilità
dell’appello principale e in parte annullato la sentenza di primo grado.
In tale pronuncia, la Corte afferma che un partito politico nazionale, in specie il Front
National, non può considerarsi leso da un atto del Parlamento europeo, in quanto destinatari
di questo sono solo i singoli deputati, e non i partiti politici nazionali. I rappresentanti eletti
nel Parlamento europeo, infatti, esercitano il loro mandato in maniera indipendente e non
sono soggetti a mandato imperativo. Se così non fosse, i membri del Parlamento europeo
sarebbero ridotti a meri intermediari con i partiti nazionali di appartenenza, senza
autonomia, in contrasto con le disposizioni regolamentari che garantiscono loro la libertà di
mandato. In questo modo, viene sottolineata la mancanza di una connessione diretta tra
europarlamentari e partiti nazionali di provenienza.
Il Parlamento europeo, quindi, mediante il requisito dell’“affinità politica”, garantirebbe
la compattezza e la stabilità nelle forze politiche che lo compongono197.
Tale tesi, sostenuta dai giudici comunitari, secondo altra parte della dottrina, si porrebbe
in contrasto con l’istituto del divieto di mandato imperativo 198 , di cui all’art.2 del
regolamento, in forza del quale l’europarlamentare non sarebbe costretto ad iscriversi in un
gruppo in base all’ “affinità politica”, essendo libero di aderire al gruppo più affine, ovvero
195
Al riguardo, EDUARDO G., I limiti alla costituzione di gruppi politici all’interno del
Parlamento europeo, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 1/2002, p.278 e ss.
196
Cfr. C. Giust. CE, Grande sezione, 29 giugno 2004, causa C-486/01, Front National c.
Parlamento europeo.
197
BARONCELLI S., I gruppi parlamentari nell’esperienza del Parlamento europeo, in
Rappresentanza politica, gruppi parlamentari, partiti: il contesto europeo, a cura di MERLINI S.,
Giappichelli, Torino, 2001, 50-51. In senso contrario si veda GUIDI G., I gruppi parlamentari del
Parlamento europeo, Maggioli, Rimini, 1983, nel quale l’A. afferma che il requisito dell’affinità politica
costituirebbe un ostacolo alla costituzione dei gruppi parlamentari “per la difesa di interessi particolari,
locali o professionali”. Tale tesi sarebbe confermata anche dal divieto di mandato imperativo, in quanto il
vincolo di mandato si additerebbe più “all’azione di corporazioni o gruppi di pressione con finalità
particolari…”.
198
54
non iscriversi affatto ad alcun gruppo, confluendo nel “gruppo misto”, che rappresenterebbe
“il punto di equilibrio in grado di determinare il minor sacrificio di due tipi di esigenze
contrapposte: quelle sottese al modello del Parlamento di gruppi, volto ad incrementare
l’efficienza e la produttività dell’organo e quelle di partecipazione del singolo parlamentare
non rappresentato dai gruppi e di capacità di questo di influire sulla programmazione
dell’attività”199.
Bisogna comunque considerare il ruolo che i gruppi del Pe hanno rispetto agli omologhi
nazionali. Secondo parte della dottrina200 tra i due vi sarebbe una differenza ontologica. Il
trattamento privilegiato che gli ordinamenti nazionali riservano ai gruppi politici deriva
dall’esigenza di assicurare il buon funzionamento dell’istituzione.
Esiste uno stretto legame tra i partiti politici europeie i gruppi politici in Parlamento.
Questi ultimi sono l’insieme di deputati eletti con lo stesso simbolo e nella stessa lista, con
il medesimo programma politico o meglio sono la rappresentanza istituzionale di un partito,
anche se possono nascere dei “Parlamentary parties201”.
Il trattamento privilegiato nei confronti dei gruppi deriva dal riconoscimento del ruolo
istituzionale dei partiti. Esso trova giustificazione nell’obiettivo posto dall’art.191 TCE (ora
art.10, par.4 del TUE), cioè lo sviluppo dei partiti politici come fattori di integrazione
all’interno dell’Unione europea, di formazione di una coscienza politica e di espressione
della volontà politica dei cittadini.
Tale ruolo non può essere certamente svolto da un gruppo misto, caratterizzato
dall’assenza di una qualsiasi affinità politica, né dai gruppi con un’identità molto labile, o
anche dalle stesse famiglie politiche europee, perché l’adesione ad esse avviene
sostanzialmente per motivi estranei alla politica europea.
Secondo altra parte della dottrina202, i partiti politici svolgono la funzione di promotori
della coscienza europea e i gruppi divengono, così, non espressione di una volontà già
esistente e formatasi nella società, come avviene nei Parlamenti nazionali, bensì lo
strumento grazie al quale si sviluppa la rappresentanza politica europea nell’ambito della
società europea.
Come si evince dalla tesi sostenuta da Eduardo Gianfrancesco, per favorire lo sviluppo
di una rappresentanza politica europea, è necessaria la creazione di un gruppo misto, di
modo che anche i deputati non iscritti ad alcun gruppo possano esercitare il proprio
mandato a parità di mezzi con gli altri deputati.
199
GIANFRANCESCO E., I limiti alla costituzione di gruppi politici all’interno del Parlamento
europeo, in Dir.Pub.Comp.Eur., 2002, fasc. 1, 286.
200
VIGEVANI G.E., Necessaria l’affinità politica per i gruppi del Parlamento europeo, in Quad.
Cost., 2/2002.
201
Si tratta di movimenti politici che non hanno legittimazione popolare, ma derivano
dall’aggregazione di qualche parlamentare. Ciò è accaduto, per esempio, in Italia, nel 1998, l’UDR, eletto
per lo più con il centro destra, permise la nascita del governo di centro sinistra presieduto dall’On.
D’Alema.
202
EDUARDO G., I limiti alla costituzione di gruppi politici all’interno del Parlamento europeo,
op.cit., p.279.
55
Secondo quanto stabilito dal regolamento di procedura del Parlamento europeo, i gruppi
politici sono funzionali per molti aspetti nel procedimento di codecisione, che dà al
Parlamento europeo la possibilità di modificare le proposte della Commissione e, infine, di
porre il veto in determinate circostanze. Ad esempio, a norma dell’art.66 del regolamento,
un gruppo politico può presentare emendamenti sulla posizione comune del Consiglio. In
base all’art.68, i membri del comitato di conciliazione sono nominati dai gruppi politici e la
composizione è proporzionale alla dimensione dei gruppi.
Le competenze maturate dal Parlamento europeo nel corso degli anni hanno reso il
Parlamento europeo più influente nel processo decisionale dell’Ue, in gran parte attraverso
l’uso maggiore della procedura di codecisione, in cui il Parlamento europeo partecipa
all’iter legislativo insieme con il Consiglio.
4.8. Conclusioni
Il principio della democrazia rappresentativa dell’Unione, di cui all’art.10, par.4 del TUE
auspica, quindi la creazione di veri e propri partiti politici a livello europeo, con lo scopo di
contribuire alla formazione di una coscienza politica dell’Unione europea e di colmare quel
divario, ormai stratificato nel tempo, esistente tra i cittadini e le istituzioni comunitarie.
Grazie alla risoluzione del Parlamento europeo sui partiti politici europei del 23 marzo
2006203, si è compiuto “un primo passo per creare un quadro giuridico per i partiti politici
europei”204, che permetta loro “di svilupparsi oltre il ruolo di organizzazioni quadro per
diventare vivaci attori delle scelte della politica europea, ancorati a tutti i livelli della società
e aperti alla partecipazione effettiva dei cittadini non soltanto mediante le elezioni europee,
ma anche in tutti gli altri aspetti della vita politica europea”205.
È necessario realizzare un sistema di governance europea realmente democratica206 delle
realtà nazionali e, per fare ciò, è opportuno incrementare i poteri del Parlamento europeo e
rafforzarne il ruolo rispetto alle altre istituzioni comunitarie.
Significative, in tal senso, sono le riforme introdotte dal Trattato di Lisbona
relativamente alla previsione di una responsabilità della Commissione di fronte al
Parlamento, all’accrescimento del potere di quest’ultimo nel processo di formazione della
volontà “europea”, alla necessità di assicurare una più efficace rappresentanza dei cittadini
europei, nonché in ordine ad un accrescimento del ruolo dei Parlamenti nazionali
nell’ambito del processo decisionale europeo207.
203
Risoluzione del Parlamento europeo del 23 marzo 2006, in GU C 292 E dell’1 dicembre 2006,
127.
204
Lett.I della risoluzione.
205
Punto 2 del Capo «il contesto politico» della risoluzione del Parlamento europeo del 23 marzo
2006.
206
CIANCIO A., I partiti politici europei e il processo di democratizzazione dell’Unione, su
www.federalismi.it, n.9, 6 maggio 2009, 2.
207
Così, l’art.12 TUE stabilisce «i parlamenti nazionali contribuiscono attivamente al buon funzionamento
dell'Unione:a) venendo informati dalle istituzioni dell'Unione e ricevendo i progetti di atti legislativi dell'Unione in
56
In questo quadro, si inseriscono i gruppi politici europei, diretta articolazione del
Parlamento europeo e validi interlocutori con i partiti europei e i sottostanti partiti nazionali.
Come correttamente sostenuto da parte della dottrina, “più l’organo rappresentativo dei
cittadini europei in quanto tali peserà nell’assunzione delle decisioni comunitarie, più esso
contribuirà a farli sentire parte di quel popolo europeo in via di formazione”208.
5. L’Unione europea e le lobby209
5.1. Evoluzione delle lobby nel sistema europeo
I gruppi di interesse hanno seguito ed influenzato la politica europea fin dai suoi albori.
Ne è una prova l’apertura del primo ufficio di rappresentanza di Confindustria a
Lussemburgo negli anni cinquanta, ossia nel periodo in cui vide luce la Comunità Europea
del Carbone e dell’Acciaio (CECA).210
Tuttavia l’attività di lobbying nei confronti delle istituzioni europee assunse un ruolo
strutturale a partire dagli anni 80, con l’adozione dell’Atto Unico Europeo, che prevedeva
l’estensione del voto a maggioranza qualificata in luogo del voto all’unanimità. Questo
cambiamento ha infatti spinto le lobby a condurre la propria attività di pressione non solo
tramite i canali nazionali ed amministrativi, ma anche direttamente a livello europeo.211 Un
conformità del protocollo sul ruolo dei parlamenti nazionali nell'Unione europea; b) vigilando sul rispetto del
principio di sussidiarietà secondo le procedure previste dal protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e
di proporzionalità; c) partecipando, nell'ambito dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, ai meccanismi di
valutazione ai fini dell'attuazione delle politiche dell'Unione in tale settore, in conformità dell'articolo 70 del trattato
sul funzionamento dell'Unione europea, ed essendo associati al controllo politico di Europol e alla valutazione delle
attività di Eurojust, in conformità degli articoli 88 e 85 di detto trattato; d) partecipando alle procedure di revisione
dei trattati in conformità dell'articolo 48 del presente trattato; e) venendo informati delle domande di adesione
all'Unione in conformità dell'articolo 49 del presente trattato; f) partecipando alla cooperazione interparlamentare tra
parlamenti nazionali e con il Parlamento europeo in conformità del protocollo sul ruolo dei parlamenti nazionali
nell'Unione europea».
208
LIPPOLIS V., La cittadinanza europea, il Mulino, Bologna, 184.
209
A cura di Silvia Zarrella
Gruppi d’interesse di dimensione europea esistono fin dagli anni ’50 in settori quali l’agricoltura,
l’industria mineraria e dell’acciaio. M. MASCIA, La società civile nell’Unione Europea. Nuovo
Orizzonte democratico, Marsilio 2004, p.135
210
211
S. PANEBIANCO, Il lobbying europeo, Milano, Giuffrè, 2000, p.29 ss
57
dialogo costruttivo con le istituzioni era reso necessario dal fatto che i governi nazionali, in
virtù del nuovo meccanismo di voto, fossero stati privati del potere di veto.212
Ma è con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht e la realizzazione del mercato
unico europeo che il numero dei gruppi di interesse presenti a Bruxelles registra un
significativo aumento, correlato al progressivo ampliamento delle competenze e dei poteri
normativi attribuiti all’Unione Europea. Negli anni 90, infatti, l’area delle tipologie di
interessi rappresentati a livello europeo, fino a quel momento limitata ai settori economicoproduttivi, si estende notevolmente, comprendendo nuove materie di interesse pubblico e
sociale, come l’ambiente, i diritti umani, il lavoro e le pari opportunità. Inoltre, alcune di
queste nuove aree di intervento hanno inciso fortemente sui poteri normativi e le politiche
delle autorità regionali e locali degli Stati membri. Per tale motivo sono aumentate
vertiginosamente nella capitale Belga gli uffici di rappresentanza di interessi sub-statali con
l’obiettivo di influenzare, autonomamente dai governi centrali, la legislazione europea.213
Questo trend è stato poi confermato ed incrementato con l’adozione del Trattato
sull’Unione Europea (TUE), che ha rafforzato ulteriormente il ruolo delle istituzioni
europee. Attualmente, una percentuale notevolmente elevata (circa 80%) dei contenuti delle
leggi nazionali e locali viene concordata a Bruxelles, con evidente impatto sul PIL dei Paesi
membri e sul loro sviluppo sociale ed economico214. Le istituzioni comunitarie sono quindi
degli influenti centri di potere con i quali le lobby devono necessariamente dialogare, al fine
di far valere nei processi decisionali gli interessi che rappresentano. La presenza dei gruppi
di pressione si è ramificata all'interno delle istituzioni europee, al punto che risulta quasi
impossibile quantificarne il numero preciso.
Le diverse fonti disponibili, infatti, riportano dati contrastanti in merito, a causa delle
discordanti definizioni di lobby adottate e delle diverse metodologie di raccolta dati scelte
per la realizzazione delle ricerche.
Tuttavia, è utile fornire alcune cifre per dare un’idea dell’importanza del fenomeno
dell’Eurolobbying. In base ad una recente ricerca, sono circa 2600 i gruppi di interesse che
operano a Bruxelles 215 , di cui una fetta rilevante è rappresentata dai cosiddetti “Eurogruppi”, ossia confederazioni e federazioni europee i cui membri sono organizzazioni
nazionali accomunate dal perseguimento di un determinato obiettivo economico e/o sociale.
212
A. MCLAUGHLIN, J. GREENWOOD, The management of Interest Representation in the European
Union, JCSM, 1995, p. 143 ss
213
S. PANEBIANCO, Il lobbying europeo,cit.p.57ss
214
Basti pensare che sono oggetto di decisione della comunità europea le leggi finanziarie e lo
stanziamento dei budget destinati all'attuazione di programmi e progetti europei. Centro Italiano
Prospettiva Internazionale, Le lobby d’Italia a Bruxelles, rapporto CIPI 1/2006
215
Centro Italiano Prospettiva Internazionale, Le lobby d’Italia a Bruxelles, rapporto CIPI 1/2006
58
Categorie professionali, gruppi economici, organizzazioni sindacali ed altre associazioni
provenienti da diversi Stati Membri hanno optato per trovare una posizione comune e
coordinarsi all’interno di un Euro-gruppo al fine di agire collettivamente e, di conseguenza,
acquisire maggiore visibilità durante il processo decisionale delle istituzioni. Tali gruppi
vengono definiti anche associazioni ombrello, dato che hanno una base ampia e cercano di
rappresentare un intero settore di attività.
Attualmente, però, la spinta alla formazione di nuovi eurogruppi è diminuita, poiché le
associazioni nazionali tendono a rappresentare i propri interessi in maniera autonoma. Il
principale difetto insito nella dinamica degli eurogruppi è la cosiddetta “politica del minimo
comune denominatore”: i componenti del gruppo cercano di raggiungere il consenso
unanime, allo scopo di esprimere una richiesta omogenea, con la conseguenza che
l’eurogruppo assume una posizione di “minima”, ovvero strutturalmente debole e poco
definita per poter esercitare un'influenza consistente sul decisore politico. Inoltre, gli
eurogruppi dispongono di insufficienti risorse organizzative rispetto all’estesa area di
questioni che impatta il settore rappresentato, dato che le associazioni nazionali che li
finanziano, desiderose di mantenere una larga porzione delle entrate per i loro obiettivi
specifici, difficilmente investono ingenti somme in essi.216
Un'altra incisiva attività di lobbying viene svolta anche da gruppi di interesse non
europei. Per esempio l’AmCham EU, ossia il Comitato della Camera di Commercio
Americana, è ritenuta una delle più efficaci lobby presenti a Bruxelles, non solo per
l'importanza delle aziende che rappresenta ma anche per la modernità del modello
organizzativo, che si avvale della collaborazione di figure professionali specializzate
nell'attività di pressione sulle istituzioni.217
Al pari dei gruppi di interesse, ugualmente incerto è il numero di persone impiegate
nell'attività di lobbying: secondo il Parlamento Europeo si possono stimare a Bruxelles circa
15000 lobbisti,218 tuttavia vari studiosi ritengono che all'interno di questo numero vi sia solo
una ristretta percentuale di persone che svolge attività di lobbying attraverso un dialogo
diretto con le istituzioni europee.219
I lobbisti possono essere suddivisi in due categorie fondamentali: innanzitutto, i
cosiddetti in-house lobbyists o “lobbisti interni”, che sono le figure più specificatamente
216
W. GRANT, Pressure groups, Politics and Democracy in Britan, Hemel Hempstead, 1995, p.106
217
Gli Stati Uniti, infatti, possono essere considerati la patria del lobbying, in quanto si tratta di una
tecnica perfettamente consolidata nel sistema politico e ciò ha portato alla formazione di veri e propri
esperti nel settore. L. MATTINA, I gruppi di interesse, Mulino, Bologna, 2010, p. 136
218
Relazione sull'elaborazione di un quadro per le attività dei rappresentanti di interessi (lobbisti) presso
le istituzioni europee (2007/2115(INI), Atto n. A6-0105/2008, 2.4.2008
219
M. LAZZARINI, Eurolobbisti, Mursia, Milano, 2011, p. 48
59
implicate nell'azione di un particolare gruppo di interesse. Si tratta infatti di persone che lo
rappresentano direttamente dinanzi alle istituzioni e ne sono alle dipendenze.
Ad essi si contrappongono gli hire lobbyists o lobbisti esterni, ossia consulenti esperti
del processo decisionale europeo, che lavorano all'interno di studi legali o agenzie di
comunicazione specializzate nell'attività di pressione. Questa tipologia di lobbisti fornisce
ai loro clienti servizi come il monitoraggio dell'attività legislativa europea, la raccolta di
informazioni e le consulenze per svolgere campagne di lobbying. A volte, i gruppi di
interesse decidono di affiancare ai loro rappresentanti presenti a Bruxelles gli hired
lobbyists, per un determinato periodo o per uno specifico obiettivo.220 Altre volte, scelgono
di affidare la propria rappresentanza a livello europeo unicamente agli studi legali o di
consulenza, semmai perché non dispongono delle risorse necessarie per aprire un proprio
ufficio a Bruxelles.
Inoltre, nell'analizzare il fenomeno dell'euro-lobbying, occorre anche tener conto del
ruolo dei think tank, ossia quegli istituti di ricerca che seguono il processo decisionale
europeo ed intervengono nel dibattito politico a sostegno di una determina posizione. Molti
think tank ricevono, infatti, finanziamenti da gruppi di interesse, al fine di svolgere attività
di lobbying ed influenzare le scelte europee attraverso la realizzazione di ricerche ed
analisi.221
5.2. La partecipazione delle lobby al processo decisionale europeo
L’attività di lobbying in sede europea ha dunque assunto un ruolo sempre più incisivo in
ogni settore di policy e in ciascuna istituzione, al punto che è ormai opportuno considerare i
gruppi di interesse come degli attori strutturalmente indispensabili nel processo decisionale
comunitario.
Ciò è avvenuto perché le stesse istituzioni hanno incoraggiato la formazione e lo
sviluppo dei gruppi di interesse, al fine di porre rimedio ad una serie di problematiche insite
nella struttura dell’Unione e agevolare il processo di europeizzazione.
Il dibattito sulla questione della rappresentatività delle istituzioni europee e sul
problema del “deficit democratico”, dovuto all’assenza di un governo direttamente eletto
dai cittadini europei e alla debolezza dei partiti politici europei, ha indotto le istituzioni
stesse a cercare la legittimazione delle proprie politiche nel sostegno dei gruppi di interesse
220
M. MAZZONI, Le relazioni pubbliche e il lobbying in Italia, Laterza, Bari, 2010, p.128 ss.
221
D. PLEHWE, Paying the piper-think tanks and lobbying, Bursting the Brussels Bubble, Alter- Eu,
Bruxelles, 2010, p.53ss
60
operanti a Bruxelles. Questi ultimi costituiscono, infatti, un prezioso collegamento tra la
base sociale da loro rappresentata e le istituzioni, contribuendo a creare consenso sulle
misure politiche adottate dal decisore dell’Unione. Inoltre, il processo di allargamento dei
confini geografici dell’UE e il conseguente aumento delle dissomiglianze culturali, sociali
ed economiche al suo interno, si è tradotto nell’esigenza di ispirare il processo decisionale
europeo ai principi di negoziazione e composizione di interessi diffusi e privati
contrapposti, fondando la legittimità democratica delle scelte sul dialogo, non solo con le
istituzioni nazionali, ma anche con la società civile.222
Inoltre, le lobby sono state uno dei fattori di spinta dell'integrazione europea, in quanto
portatrici di interessi transnazionali. Infatti esse hanno promosso, attraverso un’azione
comune, l’armonizzazione delle normative e delle politiche dei singoli Stati Membri.223
Tuttavia, il maggiore contributo che i gruppi di interesse forniscono all’Unione europea
è quello di colmare il “deficit informativo” delle istituzioni europee, causato dal progressivo
ampliamento degli ambiti di competenza a loro attribuiti. Infatti, i decisori politici europei si
trovano a dover affrontare in tempi limitati questioni afferenti ad una moltitudine di settori,
per la disciplina delle quali necessitano di informazioni precise e competenze tecniche a cui
non potrebbero sopperire con il solo personale interno. I gruppi di interesse sono invece in
grado di fornire dati e consulenze altamente qualificate, in relazione al campo specifico di
loro abituale competenza, oltre ad essere in diretto contatto con i soggetti destinatari delle
misure politiche224. Quindi, il dialogo con i gruppi di interesse consente alle istituzioni di
elaborare una legislazione efficace, che costituisca una soluzione tecnicamente adeguata
alla questione in esame e che ottenga l’approvazione delle principali parti interessate.225
Se da una parte, dunque, il lobbismo contribuisce all’efficienza del processo decisionale
europeo, dall'altra le lobby traggono notevole profitto dal dialogo continuo instaurato con le
istituzioni, poiché permette loro di presentare direttamente agli organi decisionali le proprie
istanze, richiamare l’attenzione dell’Unione su problemi che le riguardano, rappresentare
delle priorità e, in generale, influenzare le scelte dell'Unione.
222
V.MARZIALI, Lobbying the EU: Between Strengthening Legitimacy and Icreasing Trasparency,
Interesting Group and Lobbying in Europe, 2009
223
Ad esempio, nell’ambito della tutela dei consumatori, la politica comunitaria ha contribuito a ridurre
il divario esistente tra i paesi nordici e quelli meridionali. L’input delle associazioni europee ha spinto
gruppi nazionali come il Comitato Consumatori italiano a portare avanti una politica per la legittimazione
ad agire in giudizio a tutela dei consumatori. Cfr. S. PANEBIANCO, Il lobbying europeo, Milano,
Giuffrè, 2000, p.71
224
H. KLUVER, Informational Lobbying in the European Union: The Effect of Organisational
Characteristics, West European Politics, Vol. 35, No. 3, Maggio 2012, pp. 491–510
225
V. MARZIALI, Lobbying in Brussels Interest Representation and Need for Information, Discussion
Paper, Center for European Integration Studies, C155/2006
61
Tuttavia, nonostante l’attività di lobbying presenti vantaggi per ambedue i soggetti
coinvolti, ha mostrato, e continua a mostrare, difetti e punti deboli.
Innanzitutto, la possibilità di esercitare pressione sulle istituzioni, o comunque la facoltà
di poter sostenere costruttivamente le proprie istanze a livello europeo, tende ad essere di
fatto limitata ai gruppi che dispongono di ingenti risorse finanziarie. Le statistiche
evidenziano infatti un netto dominio del mondo imprenditoriale, rappresentato circa dal
70% dei lobbisti presenti a Bruxelles, mentre solo il 20% lavora per le Ong, che
comprendono sindacati, gruppi ambientalisti e consumatori, e il restante 10% si fa portatore
degli interessi delle regioni, delle città e delle istituzioni internazionali.226 Le organizzazioni
imprenditoriali e professionali oltre ad avere maggiori opportunità di accesso nelle sedi
decisionali, godono anche di una posizione di vantaggio rispetto agli altri gruppi di interesse
in termini di risorse finanziarie, organizzative, di expertise e di prestigio. La maggior parte
dei gruppi di interesse sono quindi finalizzati al perseguimento di obiettivi il più delle volte
lontani dalle aspettative dei cittadini europei e, per tale motivo, non possono considerarsi
portatori di una visione politica generale. 227 Come ha notato l'americano Gardner: “il
problema non è che (il lobbying) esiste ma che tutti sono rappresentati salvo il popolo”228.
Inoltre, sussiste il rischio che le lobby possano talvolta andare al di là della rappresentanza
legittima di interessi, attraverso pratiche di pressione aggressive e illegittime. La
Commissione ha infatti rilevato alcuni casi di irregolarità da parte dei lobbisti, come la
vendita di minute e documenti ufficiali, l'uso illecito di simboli della Commissione per
presentarsi al pubblico, il possesso improprio della tessera stampa che garantisce l'accesso
diretto alle conferenze e ai comunicati stampa.229
Oltre alle pratiche di lobbismo chiaramente illegittime, come la frode e la corruzione,
fonte di preoccupazione sono anche le altre attività improprie di pressione, che abusano
della politica di apertura del sistema europeo o che sono chiaramente fuorvianti. Come nel
caso in cui vengano fornite informazioni distorte alle istituzioni dell’Unione riguardo al
possibile impatto economico, sociale o ambientale dei progetti di proposta legislativa,
oppure vengano organizzate campagne di sensibilizzazione a favore o contro una certa
causa che non riflette le reali preoccupazioni dei cittadini europei.230
226
Dato fornito dall’Osservatorio Europeo delle Imprese (Ceo)
227
F. LAUDANI, Rappresentanza europea, gruppi parlamentari e deficit democratico, in
www.forumcostituzionale.it, 24 marzo 2011
228
J. Gradner, in Common Cause, New York 1972
229
An open and structured dialogue between the Commission and special interest groups (93/C63/02)
COM(2006)194 Libro verde, Iniziativa europea per la trasparenza, Bruxelles 3.5.2006
230
62
E' sorta quindi la necessità di regolamentare l'attività di lobbying al fine di evitare che
venga esercitata una pressione indebita sulle istituzioni, pregiudicando, così, la legittimità
del sistema politico europeo e la fiducia nelle sue istituzioni da parte dei cittadini231.
5.3. La disciplina dell’accesso dell’attività dei gruppi di interesse
Il Parlamento europeo è stata la prima fra le istituzioni dell'Unione a sollevare il
dibattito sull'euro-lobbying, per mezzo di un'interrogazione scritta dal deputato Metten nel
1989, che ha fatto emergere le forti pressioni e gli abusi esercitati nei confronti del
Parlamento europeo da alcuni gruppi di interesse economico 232 . In riposta a tali
preoccupazioni, la “Commissione per il regolamento, la verifica dei poteri e le immunità”
incaricò nel 1991 l'eurodeputato Marc Galle di “elaborare delle proposte finalizzate
all'introduzione di un codice di condotta e di un registro pubblico di lobbisti”233. Tuttavia, il
rapporto Galle fu molto contestato e non riuscì ad approdare in Aula, soprattutto perché
sollevò numerose controversie in merito alla definizione di lobbista, che includeve
“anybody who acts on the instructions of a third party and sets out to defend the interests of
that third party to the European Parliament and other Community institutions” 234 . Tale
definizione sembrava escludere quelle persone che lavoravano direttamente per il gruppo di
interesse, così come quei lobbisti appartenenti ad agenzie di comunicazione o studi legali.
Nel 1994 si giunse, quindi, ad un secondo tentativo di regolamentazione delle lobby, per
iniziativa della medesima Commissione, con la relazione elaborata dal deputato Ford. Il
relatore partiva dalla considerazione che la proliferazione dei gruppi di interesse e l'assenza
di controlli su di essi generava una situazione di ‘semiclandestinità’ che non contribuiva alla
trasparenza e al corretto esercizio dei poteri del Parlamento.235 Quindi, l'obiettivo delle sue
proposte normative non era tanto quello di limitare l'accesso delle lobby all'Istituzione,
quanto piuttosto rendere chiara la partecipazione dei gruppi di interesse all'attività
legislativa, consentendo così al Parlamento di beneficiarne il più possibile.
231
H. KRETSCHMER – H.J. SCHMEDES, Enhancing Transparency in EU Lobbying? How the
European Commission’s Lack of Courage and Determination Impedes Substantial Progress,
www.library.fes.de, 2010
232
D. COEN, Lobbying in the European Union, briefing paper del Parlamento europeo, Novembre 2007
233
J. GREENWOOD, Regulating lobbying in the European Union, Oxford University Press, 1998, p. 589
234
J. GREENWOOD, Representing interests in the European Union, The European Unione Series, 1997,
p.83
235
G. P. AMMASSARI, L’Europa degli interessi, rappresentanza e lobbying nell’Unione Europea, La
Goliardica, Roma, 1997, p. 133
63
Ford, al fine di evitare conflitti terminologici e situazioni di discriminazione, non
fornisce alcuna definizione di gruppo d'interesse, ma propone l'istituzione di un registro per
le “persone che desiderano avere frequentemente accesso ai locali del Parlamento allo
scopo di fornire informazioni ai deputati nel quadro del loro mandato parlamentare
nell'interesse proprio o di terzi”236.
Il soggetto che sceglie di iscriversi al registro pubblico ottiene un lasciapassare
nominativo annuale, che gli permette di accedere con maggiore facilità al Parlamento e ai
suoi documenti, in cambio del rispetto di alcuni obblighi procedurali.
In particolare, il lobbista deve indicare nel registro, oltre ai propri dati anagrafici, i dati
relativi alle imprese o le organizzazioni di appartenenza, nonché gli interessi da lui
sostenuti. Inoltre, la persona figurante nel registro deve impegnarsi a rispettare un Codice di
condotta che impone, ad esempio, di astenersi da qualsiasi azione volta a ottenere
informazioni in modo disonesto, di dichiarare sempre la propria identità e la società di
appartenenza, di non vantare, nelle relazioni con terzi, rapporti ufficiali con il
Parlamento237. Qualora il lobbista accreditato non rispettasse il Regolamento del Parlamento
o il Codice di condotta, può vedersi sospendere o revocare il diritto d'accesso al Parlamento
e, nei casi più gravi, l'interdizione permanente dall'Istituzione può colpire anche la società
di appartenenza del soggetto espulso.
Dopo un travagliato iter legislativo, l'Assemblea approvò nel 1996 le modifiche al
Regolamento del Parlamento proposte dal Rapporto Ford, stabilendo per la prima volta un
sistema europeo di accreditamento dei lobbisti 238 . Il registro pubblico dei portatori di
interesse ha portato all'iscrizione di oltre 3000 persone e 1800 organizzazioni239. L'elenco
era consultabile da chiunque presso le sedi del Parlamento e presso i suoi uffici di
rappresentanza in ogni Stato Membro e dal 2003 era visionabile anche sul sito web del
Parlamento240. Tuttavia presentava il grosso limite di riportare solo il nome del soggetto e
l'organizzazione di appartenenza, senza fornire alcuna indicazione in merito all’interesse
che il lobbista in questione rappresentava.
236
Regolamento del Parlamento europeo, ex art 9 para 4, poi modificato dall’Accordo tra il Parlamento
europeo e la Commissione europea sull'istituzione di un registro per la trasparenza per le organizzazioni,
le persone giuridiche e i lavoratori autonomi impegnati nell'elaborazione e nell'attuazione delle politiche
dell'Unione, 27 luglio 2011
237
Ex Allegato IX del Regolamento del Parlamento Europeo disposizioni di applicazione della parte 2
dell.art.9: gruppi di interesse nel Parlamento Europeo citato in PETRILLO P., Democrazie sotto pressione.
Parlamenti e lobby nel diritto pubblico comparato, cit. pp.274-276
238
Il Rapporto Ford venne definitivamente approvato il 17 luglio 1996, portando alla modifica del
Regolamento del Parlamento europeo (gruppi d’interesse presso il parlamento europeo) GU C 261 del
9.9.1996, pag. 75
239
Dato aggiornato a dicembre 2010
240
Sulla base di una risoluzione presentata dall’eurodeputato Richard Corbett il 28 maggio 2002
64
La Commissione europea, invece, ha adottato un approccio “più elastico” nei confronti
delle lobby, dato che il potere di iniziativa legislativa di cui essa dispone in modo quasi
esclusivo la rende l'Istituzione maggiormente sensibile alle esigenze di dialogo con i gruppi
di interesse. Infatti, questi ultimi forniscono alla Commissione un bagaglio di informazioni
e consigli utili ad inquadrare le tematiche da affrontare e a costruire consenso attorno alle
proprie scelte. La Comunicazione del 1992 241 esprimeva l'intenzione di conciliare la
tradizionale apertura della Commissione agli apporti esterni, con una maggiore trasparenza
delle relazioni con i gruppi lobbistici, in modo tale che ogni parte interessata,
indipendentemente dalle dimensioni o dal sostegno finanziario, avesse l'opportunità di
essere ascoltata. La Commissione non ha, quindi, imposto alle lobby regole di
comportamento prefissate, ma ha stabilito dei requisiti minimi, sulla cui base i gruppi di
pressione avrebbero potuto adottare un proprio codice di condotta. Alcuni dei suddetti
requisiti sono: l’obbligo di dichiarare sempre l'interesse che si rappresenta e di rivelare
eventuali precedenti contatti con altri rappresentanti della Commissione sullo stesso
argomento o su materie correlate; il dovere di attenersi a forme di comportamento
professionali e oneste e di astenersi da situazioni di conflitto di interesse; il divieto di
assunzione dei funzionari e di elargizione di incentivi per ottenere informazioni o ricevere
un trattamento privilegiato.
Sebbene diversi gruppi di interesse si siano dotati di un codice di condotta al fine di
migliorare la propria immagine nei confronti della Commissione e dell'opinione pubblica, il
sistema di autoregolamentazione non ha portato ad una maggiore trasparenza nelle pratiche
di lobbying.
La scarna regolamentazione delle lobby da parte della Commissione è poi integrata da
una banca dati delle organizzazioni della società civile (CONNECS)242, che viene per lo più
utilizzata come fonte di informazioni dalla Commissione e dal pubblico. A differenza del
Registro dei gruppi di interesse adottato dal Parlamento Europeo, l'iscrizione nella banca
dati CONECCS non comporta né l'acquisizione di vantaggi rilevanti né l'obbligo di
rispettare codici di condotta.
Il dibattito pubblico sulla necessità di formalizzare la partecipazione delle lobby nel
sistema europeo si riaccese nel 2005, con il discorso dell'allora Commissario antifrode Sim
Kallas, il quale riconobbe che:“Lobbyists can have considerable influence on legislation, in
particular on proposals of a technical nature. Their lobby is mainly directed to the
Commission and the Parliament. But their transparency is too deficient in comparison to the
impact of their activities.”243 Egli lanciò un progetto di riforma che si concentrava su tre
ambiti specifici per il raggiungimento di altrettanti obiettivi: rendere più trasparente il
241
242
Comunicazione n.2272 del 02/12/1992, GU C 63 del 5 marzo 1993
CONECCS – Consultation, the European Commission and Civil Society
243
Commissioner Sim Kallas, “The Need for a European Transparency Initiative”, discorso tenuto al The
European Foundation for Management, Nottingham Business School, Nottingham, 3 March 2005.
65
processo decisionale circa l'assegnazione dei fondi europei, rafforzare l'integrità e
l'indipendenza delle istituzioni europee e imporre controlli rigorosi all'attività di lobbying.
La Commissione ha, quindi, adottato nel 2006 il Libro Verde sull'Iniziativa europea per la
trasparenza244 in cui per la prima volta viene data una definizione di lobbismo, inteso come
l'insieme di attività svolte al fine di influenzare l’elaborazione delle politiche e il processo
decisionale delle istituzioni europee. Il Libro Verde considera, quindi, lobbista chiunque
lavori a tale scopo, per un soggetto pubblico o privato, retribuito o gratuitamente.
Successivamente, è stato introdotto nel 2008 un Registro dei gruppi di interesse 245 ,
avente natura volontaria, la cui iscrizione non equivale ad accreditamento o a una qualsiasi
forma di riconoscimento ufficiale, ma dà tuttavia il diritto ai lobbisti registrati di essere
avvertiti automaticamente dalla Commissione, qualora ci fossero consultazioni pubbliche o
iniziative sui temi di loro interesse. Per ottenere tale vantaggio, il lobbista deve indicare nel
Registro quale interesse rappresenta, per conto di chi e con quale dotazione economica,
oltre a dover sottoscrivere un codice etico sostanzialmente identico a quello del Parlamento
Europeo.
Ad aprile del 2011 risultavano iscritti 3800 gruppi di interesse, ma la stessa
Commissione ha constatato che non si è registrata la maggioranza degli studi legali che
svolgono attività di consulenza né dei centri di studi che favoriscono con le loro ricerche ed
analisi gli orientamenti del decisore europeo; inoltre i soggetti registrati non hanno indicato
in modo completo e chiaro i costi associati all'attività diretta di lobbismo presso le
istituzioni comunitarie.246
I passi in avanti effettuati dalla Commissione sul versante della trasparenza e della
partecipazione hanno spinto il Parlamento Europeo ad adottare nel 2008 una risoluzione
sull'elaborazione di un quadro per le attività dei rappresentanti di interessi presso le
istituzioni europee247. Il relatore Stubb enfatizzava la necessità di una maggiore trasparenza
nello svolgimento delle attività di lobbying, proponendo l’istituzione di un registro dei
gruppi di interesse e dei propri rappresentanti condiviso con la Commissione e il Consiglio,
che comporterebbe un obbligo di totale trasparenza finanziaria, un meccanismo comune di
esclusione dal registro e un codice comune di comportamento etico. Considerando il divario
tra il numero stimato di lobbisti operanti in ambito europeo e quello degli iscritti ai registri
volontari, l'Eurodeputato Stubb riteneva opportuno che il registro avesse natura obbligatoria
244
Libro Verde. Iniziativa europea per la trasparenza. COM(2006) 194, Bruxelles, 3.5.2006
245
Comunicazione della Commissione, Iniziativa europea per la trasparenza.Quadro di riferimento per le
relazioni con i rappresentanti di interessi (registro e codice di condotta) COM(2008) 323, Bruxelles,
27.5.2008
246
Comunicazione della Commissione, Iniziativa europea per la trasparenza: il registro dei rappresentanti
di interessi, un anno dopo. COM (2009) 612, Bruxelles 28.10.2009
247
Relazione sull'elaborazione di un quadro per le attività dei rappresentanti di interessi (lobbisti) presso
le istituzioni europee (2007/2115(INI), Atto n. A6-0105/2008, 2.4.2008
66
e che la registrazione costituisse un requisito necessario per i lobbisti che desiderassero
accedere regolarmente alle istituzioni, come già avveniva al Parlamento. Nella risoluzione
veniva indicato come strumento di trasparenza il “legislative footprint”, ossia l'indicazione,
in ciascuna relazione o iniziativa legislativa, dei lobbisti che sono stati consultati e hanno
fornito un contributo significativo allo specifico processo legislativo.
La denuncia del Sunday Times, conosciuta come “cash for laws”, circa l’accettazione
da parte di quattro europarlamentari di alcune tangenti offerte in cambio della presentazione
di emendamenti ad un progetto di legge europeo, ha contribuito ad accelerare i tempi per
l’adozione di un accordo interistituzionale volto a rendere trasparente il dialogo tra lobby e
istituzioni.248
Il 23 giugno 2011 viene istituito il nuovo Registro dei gruppi di interesse, frutto
dell'accordo fra Parlamento e Commissione.249 Esso è teso a estendere le categorie di gruppi
di interesse passibili di iscrizione e controllo. Infatti, come è chiarito dal punto ottavo
dell'Accordo, “rientrano nell'ambito di applicazione del registro tutte le attività (…) svolte
allo scopo di influenzare, direttamente o indirettamente, l'elaborazione o l'attuazione delle
politiche e i processi decisionali delle istituzioni dell'Unione, a prescindere dai canali o
mezzi di comunicazione impiegati”. Cadono così nella sfera di attenzione del Registro
anche gli studi legali, le organizzazioni non governative, i “think tank” ed i media. È
evidente la preoccupazione di porre sotto controllo il maggior numero possibile di contatti
fra il personale delle istituzioni europee e i gruppi di pressione, che possono essere
veicolati, ad esempio, da lettere, materiale informativo oppure da eventi, riunioni e
conferenze.250
I gruppi che intendono iscriversi al Registro dovranno fornire una serie di informazioni
specifiche: le principali proposte legislative che le hanno interessate nell’anno precedente, i
dati finanziari in riferimento all’ultimo esercizio finanziario concluso, nonché l'entità dei
finanziamenti ricevuti dall'Unione Europea. Inoltre, coloro che effettuano la registrazione
sono tenuti a rispettare il Codice di condotta previsto dall’Accordo, nelle loro relazioni con i
membri delle istituzioni dell’Unione, i funzionari e altro personale dell’Unione, così come
con gli assistenti e i tirocinanti dei detti membri.
La volontà è che ogni rapporto stretto dalle Istituzioni con altri attori sia formalizzato e
registrato, entro limiti che garantiscano al dialogo fra i vari livelli decisionali di non
bloccarsi a causa di un'eccessiva regolamentazione.
248
M. K. RASMUSSEN, Lobbying the European Parliament: A necessary evil, Cesp policy brief, No.
242, Maggio 2011
249
Accordo tra il Parlamento europeo e la Commissione sull’istituzione di un registro per la trasparenza
per le organizzazioni, le persone giuridiche e i lavoratori autonomi impegnati nell’elaborazione e
nell’attuazione delle politiche dell’Unione, L191/29, 22.7.2011
250
Ibidem, para. IV, art 8
67
Un altro assunto che il Registro si pone come principio fondamentale è quello di
rendere il lavoro delle istituzioni europee meno avulso dalla società civile. Si tenta infatti di
far ricoprire a quest'ultima un ruolo attivo nel processo di controllo delle attività di
pressione, istituendo un meccanismo di reclamo che permetta di denunciare violazioni del
codice di condotta da parte di un soggetto registrato251. Qualora la violazione sia accertata,
verranno adottati dei provvedimenti che vanno dalla sospensione temporanea fino alla
cancellazione dal registro.
5.4. Codici di condotta dei membri delle istituzioni europee
Negli anni novanta il dibattito sulla regolamentazione delle lobby si mosse
simultaneamente a quello sulla trasparenza dell'operato dei Membri del Parlamento, fino
all'adozione, nel 1996 e nel 1997, delle relative decisioni di modifica del Regolamento del
parlamento europeo. 252 I due temi sono stati ritenuti strettamente connessi e, infatti, le
disposizioni volte ad assicurare la trasparenza degli interessi finanziari dei deputati e dei
loro assistenti rispecchiano quelle sui gruppi di pressione.
In particolare, viene introdotto nel Regolamento l'obbligo per ciascun deputato di
indicare annualmente, in un apposito registro pubblico, le attività professionali svolte dietro
retribuzione, nonché “i sostegni tanto finanziari, quanto in personale e in materiale, che si
aggiungono ai mezzi forniti dal Parlamento e che sono conferiti al deputato nell'ambito
delle sue attività politiche da parte di terzi, con l'indicazione dell'identità di questi ultimi”.253
Fatte salve queste forme di sostegno oggetto di dichiarazione, i deputati sono tenuti “a
non accettare alcun altro donativo o liberalità nell'esercizio del mandato”. L’inosservanza di
queste disposizioni può comportare, anche se solo dopo numerosi richiami, la sanzione
della sospensione.
La disciplina fin qui esposta ha favorito una maggiore trasparenza del processo
decisionale europeo. Tuttavia, è stata oggetto di critiche la mancata indicazione di cosa sia
251
Ibidem, Allegato IV: Procedura di indagine e trattamento dei reclami
252
A. SANTINI, Profili e problematiche della regolamentazione del lobbying nell’Unione Europea,
U.DRAETTA (a cura di), Trasparenza, riservatezza, impresa, Giappichelli, Torino, 1997
253
Regolamento del Parlamento europeo, ex Allegato I, art.2, modificato con Accordo tra il Parlamento
europeo e la Commissione sull’istituzione di un registro per la trasparenza per le organizzazioni, le
persone giuridiche e i lavoratori autonomi impegnati nell’elaborazione e nell’attuazione delle politiche
dell’Unione, L191/29, 22.7.2011
68
considerato donativo o liberalità e in quali circostanze il deputato possa accettare tali
doni.254
A differenza del Parlamento, la Commissione europea ha adottato nel 2004 un Codice
di Condotta per i Commissari255, nel quale sono stabilite chiare regole circa la possibilità di
ricevere doni, premi o targhe e vieta ai Commissari di accettare doni, nello svolgimento
delle proprie attività, qualora superino il valore di 150 euro. Inoltre, il Codice di Condotta
fissa un’ampia serie di attività definite incompatibili con l’incarico ricoperto ed impone ai
Commissari l’obbligo di trasparenza finanziaria . L'introduzione da parte della
Commissione di tali divieti e di regole di trasparenza nei confronti dei Commissari ha la
finalità di garantire una posizione di indipendenza da pressioni esterne ad opera di Stati
membri o soggetti terzi.
La necessità di introdurre un codice di condotta anche nei confronti degli
europarlamentari è emersa con lo scandalo "cash for laws"256. Per ovviarvi, è stato istituito,
nell'aprile del 2011, un gruppo di lavoro, presieduto dall'allora presidente del Parlamento
europeo Buzek, con l'intenzione di porre rimedio ad alcuni aspetti critici: le condizioni di
accesso al Parlamento Europeo e la trasparenza riguardo agli scambi di natura economica
tra deputati e lobbisti. Il gruppo di lavoro ha elaborato un Codice di Condotta per i
parlamentari europei, che è entrato in vigore il 1 gennaio 2012. Esso obbliga i deputati a
rendere pubblica la propria dichiarazione di interessi finanziari, contenente informazioni
sulle indennità, le retribuzioni, le partecipazioni in società e qualsiasi altro interesse
finanziario che possa influenzare l'esercizio delle loro funzioni 257 . Inoltre, il Codice di
Condotta vieta agli Europarlamentari di accettare doni o benefici analoghi di valore
superiore a 150 euro, in quanto possibile fonte di corruzione258.
L'impianto generale tenta di fare in modo che l'insieme di relazioni che il deputato
necessariamente intesse con la rete di organizzazioni esterne all'Unione Europea sia, nella
misura minore possibile, in opposizione all'esercizio delle funzioni che egli deve adempiere
in qualità di rappresentante della collettività. Egli è infatti incoraggiato a porre rimedio ad
eventuali conflitti di interessi o a dichiararli in Parlamento, cosicché possano essere oggetto
di discussione comune. Dunque, l'obiettivo non è tanto quello di limitare l'azione dei gruppi
di pressione, quanto di separare nettamente le figure appartenenti alle istituzioni europee in
via diretta, che come tali devono rispondere del loro operato alla collettività, dai soggetti
254
M. K. RASMUSSEN, Lobbying the European Parliament: A necessary evil, No. 242, May 2011
255
Code of conduct for Commissioners SEC(2004) 1487/2
256
Vedi paragrafo precedente
257
Regolamento del Parlamento europeo, Allegato I, para.4
258
Ibidem, art 5
69
che invece gravitano nell'area limitrofa del lobbying, i quali rappresentano istanze private o
interessi particolari.
70
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74
II
Lo status del parlamentare
nel Regno Unito
di
Mario Bartolomei
Luca Dimasi
Elena Pattaro
Davide Ragone
Michela Troisi
75
INTRODUZIONE
A cura di Luca Dimasi
La sovranità giuridica del Parlamento (parliamentary sovereignty) costituisce il principio
fondante dell’ordinamento costituzionale del Regno Unito. Secondo Dicey essa rappresenta
“la chiave di volta del diritto costituzionale”, con ciò dovendosi riconoscere nelle leggi del
Parlamento la più elevata fonte del diritto.
La posizione di preminenza del Parlamento trova la sua ragion d’essere nel fatto che il
Regno Unito non ha una Costituzione scritta (o, detto in altri termini, un documento
identificabile come la Costituzione del Regno Unito).
In assenza di una Costituzione codificata, il principio della sovranità parlamentare
riveste conseguentemente un duplice significato: da un lato, il Parlamento ha il potere di
approvare, modificare o abrogare qualunque legge senza alcun limite e, dall’altro, nessun
organo può mettere in discussione la validità delle leggi approvate dal Parlamento. Per
usare un’espressione di Blackstone, “Il Parlamento può fare tutto ciò che non è possibile in
natura […]”259.
Ciò implica che nell’ordinamento inglese non esiste distinzione tra norme di rango
costituzionale e leggi cosiddette ordinarie, benché talune leggi rivestano storicamente
un’importanza tale da poter essere assimilate a norme fondamentali, come il noto principio
“no taxation without representation” (non è ammesso nessun prelievo fiscale senza un
corrispondente diritto a essere rappresentati in Parlamento), sancito dalla Petition of Rights
del 1620. Ma è possibile richiamare anche molte altre leggi di rilevanza costituzionale: gli
Acts of Union con la Scozia del 1707, i Parliament Acts del 1911, i Representation of the
People’s Acts del 1918, il Representation of People Act del 1969, lo European Communities
Act del 1972, lo Scotland Act, il Government of Wales Act e il Northern Ireland Act del
1998 ed infine il Human Rights Act.
Il principio della sovranità del Parlamento assume un ulteriore importante rilievo in sede
di applicazione delle disposizioni legislative. Benché, infatti, competa alle corti interpretare
le leggi, nell’ordinamento del Regno Unito, con una differenza rilevante rispetto alla
maggior parte delle Costituzioni codificate, è solo al Parlamento che spetta l’ultima parola
per quanto riguarda la determinazione del contenuto della legge.
Nondimeno, il principio della parliamentary sovereignty, naturalmente frutto dello
sviluppo della forma di governo inglese a base parlamentare, incontra oggi una serie di
limiti che derivano sia dall’adesione all’Unione Europea (1973) e al successivo
assorbimento nell’ambito dei valori costituzionali del Regno Unito dei diritti fondamentali
sanciti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (1998) sia dal trasferimento di
talune competenze al Parlamento scozzese e alle Assemblee dell’Irlanda del Nord e del
259 Cfr. A. DICEY, Introduzione allo studio del diritto costituzionale. Le basi del costituzionalismo inglese, London,
1915, p. 75 e ss.
76
Galles ed infine dall’utilizzo dello strumento referendario oltre che dall’avvento della
premiership in un contesto di generale rinnovamento dei partiti politici260.
Prima di passare ad una rapida analisi della struttura del Parlamento inglese, merita un
accenno la cosiddetta rule of law (letteralmente, “governo della legge”, corrispondente al
“principio di legalità” nell’ordinamento italiano)261, in quanto il principio della sovranità
del Parlamento deve necessariamente essere letto alla luce di tale primato, il quale
rappresenta l’ulteriore principio fondante l’assetto costituzionale britannico. Essa è il
prodotto della stratificazione normativa e riconosce il primato della legge ordinaria
sull’arbitrio, esigendo altresì l’uguaglianza di fronte alla legge.
In particolare, il principio della rule of law si espleta in tre corollari: a) predominance of
regular law over arbitry power, cioè il governo e gli altri organismi pubblici non possono
operare arbitrariamente, bensì soltanto nel rispetto della legge; b) equality, ossia, come già
detto, il fatto che non vi può essere nessuno al di sopra della legge e tutti sono sottoposti
alla eguale giurisdizione dei tribunali; c) anche in assenza di diritto positivo, i diritti
fondamentali degli individuo devono trovare tutela nei tribunali.
In quest’ultimo caso la nozione di rule of law si riferisce al fatto che nel Regno Unito i
principi fondamentali, anziché essere enunciati all’interno di una Costituzione scritta, come
avviene nella maggior parte degli ordinamenti giuridici, nascono e trovano tutela nelle
decisioni giurisprudenziali dirette a tutelare i diritti fondamentali dei singoli nei casi
concreti. Dicey parla a questo proposito di judge-made constitution, che secondo il
medesimo autore porterebbe a due importanti conseguenze.
In primo luogo, nell’ordinamento britannico i diritti fondamentali non sono soltanto
enunciati, ma anche e soprattutto forniti di efficace tutela, proprio in quanto derivanti, come
già detto, da pronunce volte a garantirli.
In secondo luogo, tali diritti non sono suscettibili di sospensione o di rimozione – come
accade invece negli ordinamenti diversi dal Regno Unito, seppur con certe limitazioni e
solo mediante procedimenti aggravati di revisione costituzionale – poiché ciò implicherebbe
una vera e propria “rivoluzione” della coscienza nazionale di cui le corti si renderebbero
portatrici nelle loro pronunce262.
Quanto alla struttura del Parlamento britannico, esso è composto dalla Camera dei
Comuni elettiva (House of Commons) e dalla Camera dei Lords (House of Lords) –
entrambe con sede presso la House of Parliament, nel Palace of Westminster – le quali si
differenziano quanto a modalità di formazione, ma svolgono funzioni formalmente
equivalenti. Ogni provvedimento ha bisogno, infatti, dell’approvazione di entrambe le
Camere per poter diventare legge. Tuttavia, l’iniziativa sulla legge di bilancio e sulle leggi
fiscali spetta alla sola Camera dei Comuni. Allo stesso tempo, i c.d. Money Bills263
possono essere votati escludendo il passaggio alla Camera dei Lords.
260 Cfr. A. TORRE, Il regno Unito, in P. CARROZZA, A. DI GIOVINE, G.F. FERRARI (a cura di), Diritto costituzionale
comparato, Laterza, Bari, 2009, pp. 61-103.
261 Nozione elaborata da Dicey. Per un maggior approfondimento sul tema v. A. DICEY, Introduzione allo studio del
diritto costituzionale. Le basi del costituzionalismo inglese, cit.
262 Cfr. DICEY, Introduzione allo studio del diritto costituzionale. Le basi del costituzionalismo inglese, cit., p. 153
ss.; P. LEYLAND, The Constitution of the United Kingdom, Hart Publishing, Oxford and Portland, Oregon, 2012, pp.
47 ss; G.E. VIGEVANI, Il Regno Unito, in AA.VV., Costituzioni comparate, Giappichelli, Torino, 2009, pp. 30-31.
263 Provvedimenti che riguardano la tassazione o, comunque, questioni ad essa connesse.
77
La Camera dei Comuni (o Camera bassa) è composta da 645 membri eletti a suffragio
universale, con mandato della durata di 5 anni. Ogni deputato rappresenta una delle 645
circoscrizioni elettorali (i.e. le constituencies) in cui è ripartito il territorio nazionale264.
Ogni circoscrizione elegge un solo membro della Camera bassa.
La Camera dei Lords (o Camera alta), che conta attualmente circa 830 membri, è invece
composta da Lords vitalizi (i.e. i life Peers), Lords spirituali (i.e. i bishops ovvero
arcivescovi e vescovi della Chiesa anglicana) e Lords ereditari (i.e. gli hereditary Peers).
Un ruolo molto importante all’interno del Parlamento è svolto dai cosiddetti Whips. Essi
sono membri della Camera bassa o di quella dei Lords designati da ogni partito e a cui è
affidato il compito di mantenere la disciplina all’interno del gruppo parlamentare.
Un accenno merita, infine, il sistema elettorale britannico. Attualmente il modello
adottato è di tipo maggioritario, a turno unico, ed è caratterizzato dall’assegnazione di un
solo seggio265. È, pertanto, sufficiente ottenere la maggioranza semplice dei voti per essere
eletti alla Camera bassa (i.e. sistema elettorale plurality o first-past-the-post).
Secondo la nota legge di Duverger, il sistema uninominale dovrebbe comportare la
rilevanza del c.d. fattore psicologico e del correlativo comportamento strategico da parte
dell’elettore. Ne consegue il vantaggio rappresentativo dei partiti più grandi a scapito dei
partiti minori e la formazione sostanzialmente di un two-party-system266.
Il diritto di voto spetta ai cittadini britannici che abbiano compiuto 18 anni di età e non
siano incorsi in condizioni che comportino la perdita o la soppressione dei diritti politici.
L’elettorato attivo è anche riconosciuto ai cittadini degli Stati membri del Commonwealth e
della Repubblica d’Irlanda che abbiano la residenza nel territorio del Regno Unito.
In forza del Representation of the People Act del 1985 e del Representation of the People
Act del 1989, il diritto di voto è stato esteso anche ai cittadini britannici residenti all’estero,
salvi espliciti limiti temporali di espatrio.
Sono eleggibili, infine, i cittadini britannici che abbiano compiuto i 21 anni di età e
godano dei diritti politici.
264 La ripartizione del territorio in constituencies è spesso soggetta a revisione, al fine di attribuire i seggi in maniera
omogenea alla consistenza demografica di ciascuna area territoriale. Attualmente, la consistenza media delle singole
circoscrizioni elettorali oscilla tra i 68.000 e i 69.000 elettori.
265 P. LEYLAND, The Constitution of the United Kingdom, cit., p. 110.
266 Il sistema plurality viene ritenuto fondamentale per la stabilità degli esecutivi, grazie alla tendenziale formazione
di maggioranze parlamentari solide. Tuttavia, nell’assegnazione dei seggi, regolarmente si verifica una rilevante
distonia rispetto ad un criterio di rappresentanza proporzionale. La sperequazione fra voti riportati e seggi assegnati
può giungere al punto addirittura da consegnare la maggioranza parlamentare ad un partito che è di fatto più debole in
termini di percentuale di suffragi a livello nazionale.
(http://www.senato.it/notizie/136525/139604/139611/genpagina.htm.).
78
PARLIAMENTARY PRIVILEGES, ORIGINI DELL’ISTITUTO E TRATTAMENTO ECONOMICO
cura di Davide Ragone e Michela Troisi
SOMMARIO: 1. Breve introduzione al diritto consuetudinario. - 1.1. Definizione del concetto di Parliamentary
Privileges. - 1.2. Origini storiche ed evoluzione. - 2. La prerogativa dell’insindacabilità. - 3. La prerogativa
dell’inviolabilità: la specificità della freedom from arrest. - 4. Il potere disciplinare delle Camere. - 5. La
exclusive cognisance. - 4. Trattamento economico e indennità parlamentare.
1.Breve introduzione al diritto consuetudinario.
1.1 Definizione del concetto di Parliamentary Privileges.
L’esame delle prerogative parlamentari non può assolutamente prescindere da uno
sguardo all’esperienza britannica. La particolarità di tale esperienza, nonché la sostanziale
diversità del sistema “Westminster” nel suo complesso, implica la necessità di immergersi
nei luoghi, nei costumi e nelle istituzioni di quel contesto.
«L’essere in continua evoluzione è certamente una tra le caratteristiche più appariscenti
dell’ordinamento costituzionale britannico, ovvero di un ordinamento fluido, derivante da
un articolato processo di sedimentazione storica e non da un singolo momento di
formalizzazione giuridica»267.
Interessante e funzionale alla suddetta indagine può essere richiamare l’attenzione su
quanto affermato da A. de Tocqueville, il quale, pur sottolineando la natura imperfetta del
diritto consuetudinario, riteneva che tale diritto «respira lo spirito di indipendenza dei secoli
nei quali ha cominciato a fiorire…La sua abolizione dal continente europeo è stata una
grande sventura…Il suo mantenimento in Inghilterra ha stranamente concorso ad alimentare
le idee e i principi della libertà e indirettamente, in questo modo, incoraggiato, malgrado le
sue imperfezioni, i progressi della civiltà in quell’isola…»268.
Tra le altre, la possibilità di poter esprimere liberamente le proprie opinioni, durante e a
causa dell'esercizio delle funzioni parlamentari e l'impossibilità di essere arrestati o
comunque privati della libertà personale costituiscono, sicuramente, strumenti
imprescindibili al fine di garantire al Parlamento autonomia e indipendenza e, quindi,
rappresentano una indiscussa conquista di civiltà.
Considerando quanto riportato da May nel suo Treatise on the Law, Privileges,
Proceedings and Usage of Parliament, apparso in prima edizione nel 1832 e noto anche con
il nome di Parliamentary Practise o come Parliamentary Bible, in quanto parte integrante
della Costituzione britannica in tema di procedute parlamentari e status dei membri delle
assemblee, le prerogative o immunità parlamentari possono essere definite come «the sum
of the peculiar rights enjoyed by each house collectively as a constituent part of the High
Court of Parliament, and by Members of each House individually, without which they could
267 A. TORRE, Regno Unito, il Mulino, Bologna 2005, p. 25.
268 A. DE TOCQUEVILLE, Viaggio in Inghilterra Guida, Napoli, 1998, p. 215.
79
not discharge their functions»269 (la somma dei diritti peculiari di cui gode collettivamente
ciascuna Camera del Parlamento…e singolarmente i membri di ognuna di esse, in assenza
dei quali questi ultimi non potrebbero svolgere le loro funzioni). Tale sistema, risultato della
commistione e dell’aggregazione di consuetudini, statutes e risoluzioni non può essere
modificato se non con legge. Ciò è stato stabilito da una risoluzione dei Lords, adottata
anche dai Comuni, del 1704, che ribadisce l’impossibilità per il Parlamento di «creare a se
stesso» nuovi e diversi privilegi.
1.2. Origini storiche ed evoluzione.
Le origini storico-politiche di questo complesso sistema di immunità parlamentari sono
decisamente risalenti nel tempo. Taluni studi rilevano la presenza di tali garanzie già a
partire dal diritto romano. In particolar modo, si fa riferimento allo specifico regime di
tutela di cui beneficiavano i Tribuni della Plebe, i quali, incaricati di rappresentare e
difendere la plebe, in quanto scelti dai Concilia Plebis, erano ritenuti sacrosancti e, quindi,
inviolabili.
Ma, l’approccio dominante tende a ricostruire il sistema delle immunità parlamentari
parallelamente all'evoluzione del costituzionalismo e, quindi, del parlamentarismo inglese.
La società medioevale, caratterizzata dalla particolare struttura “dualista” del suo
equilibrio istituzionale, rappresenta quel complesso scenario in cui si assiste alla
trasformazione delle assemblee feudali in luoghi di formazione degli accordi tra le parti.
Ciò determina la necessità di estensione dei privilegi della Corona anche ai singoli
partecipanti di tali assemblee, per difenderli da eventuali attacchi dei privati e tentare di
salvaguardare il modello contrattualistico. Il privilegio nasce, quindi, come istituto di
protezione da parte della Corona.
Ma, ben presto, il sistema delle immunità evolve e assume quella fisionomia teleologica
che, ancor oggi, lo caratterizza. Diviene, quindi, istituto di protezione dei parlamentari
contro la Corona stessa e, quindi, strumento di garanzia dell'Assemblea elettiva contro il
potere esecutivo, in particolare, contro gli altri poteri dello Stato, in generale. Attraverso
una lunga e continua azione di rivendicazione, il Parlamento inglese riesce a costruire un
vero e proprio sistema di garanzie che costituiscono i c.d. Parlamentary Privileges.
All’interno di questo sistema è necessario richiamare, fin da subito, la libertà di parola e
l'insindacabilità per le opinione espresse e i voti dati (freedom of speech), il divieto di
arresto nel corso di procedimenti civili (freedom from arrest), il diritto dell’Assemblea di
disciplinare la propria composizione (the right of the house to regulate its own composition),
il diritto di ciascuna Camera parlamentare di gestire le proprie questioni interne senza
interferenze esterne o proveniente dall’altra Camera (the right to take exclusive cognisance
of matters arising within the House) e, infine, il diritto del Parlamento di sanzionare
chiunque si renda responsabile della violazione di tali garanzie (the right to punish members
and strangers for breach of privileges and contempt).
Per ciò che riguarda il privilegio della freedom of the speech, «la libertà è privilegio
essenziale a qualunque libera adunanza o legislatura: esso è così necessario per la
269 T. ERSKINE MAY, Treatise on The Law, Privileges, Proceedings and Usage of Parliament, 21st ed., Butterworths,
London, 1989, p. 69.
80
legislazione, che se non fosse stato espressamente confermato si sarebbe pure dovuto
riconoscere come inseparabile dal Parlamento e inerente alle sue istituzioni270.
Tale privilegio fu il primo ad essere riconosciuto nella storia costituzionale inglese. Non
può non richiamarsi, a tal proposito, il celebre episodio che vide coinvolto, nel 1397, il
deputato Thomas Haxey, accusato e poi condannato per aver presentato e votato un atto che
conteneva una dura denuncia della deplorevole gestione dell'amministrazione del regno.
Haxey censurò, tra le altre cose «...gli scandalosi costumi della Corte e l'eccessivo onere
finanziario che da questo ne deriva(va)... una quantità di Signori e Vescovi con il loro
seguito mantenuti dal Re, un gran numero di dame con i loro cavalier serventi ospiti vitalizi
nelle dimore del Re a sue spese»271. Nonostante la dura reazione della Camera dei Comuni,
la condanna a morte venne confermata e Haxey riuscì ad evitarla solo prendendo i voti. Più
tardi, il re si convinse a concedere la grazia. Ma appare importante considerare che, in
seguito all'ascesa al trono di Enrico IV, Haxey presentò una petizione contro questa
condanna e il re consentì che la sentenza venisse cassata e annullata. Si tratta di un
riconoscimento formale importante, la condanna era da ritenersi contraria alla «legge e alla
procedura del Parlamento ed in violazione agli usi dei Comuni»272.
Nonostante la indiscutibile rilevanza di tale episodio, occorre sottolineare che solo a
partire dalla fine del Quattrocento si assistette ad una reale e sostanziale evoluzione
progressiva del privilegio in questione. Il cambiamento del ruolo del sovrano nell'iter legis,
la trasformazione della «Petition» in «Bill» e il riconoscimento definitivo della funzione
legislativa del Parlamento costituirono presupposti importanti e necessari al fine
dell'affermazione del ruolo politico dell'Assemblea e dei relativi privilegi273.
Nel 1512 i Comuni furono costretti ad introdurre il Privilege of Parliament Act per
consentire la liberazione del deputato Richard Strode da parte della Stannary Court, che lo
aveva punito per aver presentato una proposta di legge contraria alla corporazione degli
stagnai. Dal 1541 iniziò ad affermarsi la consuetudine per cui, all'inizio di ogni legislatura,
si inseriva la Speaker's petition to the king. Tale procedura era necessaria per formalizzare e
richiamare solennemente i vari Parliamentary Privileges. Nel 1621 i Comuni, spinti dalla
necessità di delineare i limiti positivi e negativi della prerogativa in questione, affermavano
che ogni membro, per tutto ciò che a lui piacesse di dire, ragionare o dichiarare in quanto
alle leggi, o ad ogni materia relativa alle operazioni del Parlamento, avesse a ritenersi libero
da ogni impeachment, incarceramento o molestia, fuor dalla censura della Camera
stessa»274.
La ricostruzione dell'evoluzione e dell'affermazione dell'insindacabilità nel sistema
inglese trova un sicuro punto fermo ed una ufficiale ricognizione nel Bill of Rights del 1988,
documento normativo che rappresenta il coronamento delle conquiste ottenute grazie alla
270 T. ERSKINE MAY, Leggi, privilegi, procedura e consuetudini del Parlamento inglese, in A. BRUNIALTI, Scelta
collezione delle più importanti opere moderne italiane e straniere di scienze politiche, vol. IV, Unione tipograficoeditrice, Torino, 1888, p. 93.
271 Rotuli Parliamentorum, 20 Richard II, 416.
272 Rotuli Parliamentorum, 434.
273 Per ulteriore approfondimenti cfr L. SCIANNELLA, Le immunità parlamentari. Profili storici e comparativi,
Giappichelli, Torino, 2010, p. 3 ss.; G. ZAGREBELSKY, Le immunità parlamentari, Einaudi, Torino, 1979.
274 T. ERSKINE MAY, Leggi, privilegi, procedura e consuetudini del Parlamento inglese, in A. BRUNIALTI, Scelta
collezione delle più importanti opere moderne italiane e straniere di scienze politiche, cit., p. 96.
81
Glorious Revolution. Tale evento, conclusivo rispetto ad una complessa e affascinante
secolare vicenda, rappresenta il momento in cui il Parlamento inglese conquista, finalmente,
la piena autonomia dalla Corona. L'articolo 9 del Bill of Rights stabilisce infatti che «the
freedom of speech and debates or proceeding in Parliament ought not to be impeached or
questioned in any court or place out of Parliament» (la libertà di parola, di discussione e di
azione nel Parlamento, non possa essere contrastata o discussa in nessuna Corte, e in nessun
altro luogo fuori del Parlamento). L'analisi della specifica disciplina, nonché delle sue
implicazioni problematiche, soprattutto in riferimento ad una prospettiva comparata, sarà
riservata ad un esame successivo.
Per quanto riguarda l’immunità dall’arresto, le origini di tale privilegio si perdono nella
più risalente storia inglese. May richiama i tempi di Etelberto (858-856)275 e Blackstone
dimostra l’esistenza di questo privilegio nel regno di Edoardo il Confessore (1041-1066)276.
L’obiettivo primario assegnato a tale privilegio consisteva nell’evitare che i membri
delle assemblee, considerati in origine soprattutto come consiglieri del Re, potessero subire
impedimenti che rischiassero di ostacolare la loro partecipazione alle riunioni. Tali
impedimenti erano spesso conseguenza delle iniziative dei creditori privati. È quindi
opportuno far riferimento al Chedder’s case, del 1404, in cui emerge la limitazione del
privilegio alla sola materia civile, non più quindi anche all’ambito penale, e per il solo
tempo della durata della riunione. La vicenda che consentì ai Comuni di riaffermare con
chiarezza la portata del privilegio in questione fu il caso dello Speaker Thomas Thorpe,
arrestato per il mancato pagamento di una multa. In quella occasione i giudici dichiararono
ai Lords «che se qualche persona che fosse membro di quest’Alta Corte del Parlamento sia
arrestato per motivi diversi dai casi di fellonia, tradimento, o violazione della pace, o per
condanna avuta dal Parlamento, era nelle consuetudini che tali persone dovessero essere
poste in libertà, e costituirsi un procuratore così che potessero godere della loro libertà di
attendere ai lavori del Parlamento».
Con il passare del tempo, tale privilegio subì un progressivo declino. Il rischio di abusi,
verificatisi soprattutto nel XVII e nel XVIII secolo, implicò la necessità di ristabilire un
corretto bilanciamento tra valori confliggenti e di consentire di anteporre l’interesse
pubblico di non distogliere il parlamentare dalle sue funzioni all’interesse privato del
creditore, ma non di estendere tale privilegio al campo della giustizia penale. Anche
l’utilizzo del writ, come strumento per circoscrivere temporalmente l’efficacia dell’azione
giudiziaria a garanzia della libertà individuale, fu gradualmente limitato dal Privilege Act
del 1700, che prevedeva la possibilità di condurre le azioni dopo lo scioglimento o la
proroga e fino alla successiva convocazione del Parlamento. Merita attenzione anche il
Privilege Act del 1770, in cui si stabiliva la possibilità di tradurre in giudizio e proseguire
l’azione nei riguardi di un membro della Camera, anche in materia matrimoniale e
testamentaria. L’abolizione della procedura civile dell’arresto per debiti (Debetors Act del
1869) determinò una netta riduzione della rilevanza pratica di questo privilegio.
275 «Se il re chiama il suo popolo a lui (cioè nell’Assemblea del Witena Gemot) e qualcuno faccia insulto o altro,
agli intervenuti, paghi costui una multa», cfr. Wilkins, Leges Anglo-Sax, II.
276 «Ad synodos venientibus, sive summoniti sint, sive per se quid agendum habuerint, sit summa pax et scurita»,
così si legge nelle leggi datata 1046.
82
Tra i privilegi riconosciuti nel sistema britannico, qualche breve cenno storico merita di
essere approfondito circa la nascita e l’evoluzione della altre prerogative parlamentari
riconosciute.
Tra queste, in particolar modo, si prenda in considerazione il privilegio del Parlamento
di disciplinare la propria composizione ( the right of the House to regulate its own
composition), la giurisdizione circa le proprie questioni interne (the right to take exclusive
cognisance of matters arising within the House) e il diritto di punire coloro che si rendono
responsabile del reato di contempt e di breach of privilege.
Circa quest’ultima, è bene sottolineare che il Parlamento medioevale inglese era
innanzitutto una Corte a cui, tra le altre cose, spettava l’interpretazione della lex et
consuetudo parlamenti, in quanto «first and highest court in this Kingdom» 277 . Il
Parlamento rivendicò, quindi, il potere di essere giudice unico in materia di Parlamentary
Privileges, per ribadire, ancora una volta, l’esigenza di piena autonomia nello svolgimento
delle proprie funzioni.
Per quanto riguarda, invece, the right of the House to regulate its own compositition,
bisogna considerare un precedente, il caso Goodwin c. Fortescue (1604). In quella vicenda,
la Corona tentò di impedire l’elezione ai Comuni di Francis Goodwin, in quanto
quest’ultimo era considerato un pericoloso ribelle fuorilegge. Oggi tale prerogativa ha perso
rilevanza dal momento che, già dal 1968, la giurisdizione in tema di election disputes è stata
trasferita alle Corti278.
2. La prerogativa dell’insindacabilità.
La ricostruzione storica della freedom of speech and debate dimostra come l’origine
della prerogativa in questione sia strettamente legata alla nascita del’istituzione
parlamentare britannica stessa.
Tale prerogativa comporta, per ciascun parlamentare, una immunità sostanziale, assoluta
(copre ogni tipo di responsabilità giuridica), ma non funzionale ( risulta, infatti, limitata agli
atti intra moenia) e permanente. Sebbene le opinioni del parlamentare siano insindacabili,
quelle eventualmente diffamatorie possono essere fonte di responsabilità disciplinare,
sanzionabile all’interno dell’Assemblea stessa279.
Pare opportuno richiamare la fonte che, ancor oggi, disciplina l’istituto. Come già detto,
l’articolo 9 del Bill of Rights del 1698 prevede che «The freedom of speech and debate or
proceedings in Parliament ought not to be impeached or questioned in any Court or place
out of Parliament».
Ciò che contraddistingue la natura dell’insindacabilità nell’ordinamento inglese è
soprattutto la portata “spaziale” della sue estensione. L’ampia sfera di immunità prevista
viene, infatti, a configurarsi solo per le opinione espresse e i voti dati all’interno del
277 Cfr. G.W. PROTHERO, Costitutional Documents, 1902, p. 288.
278 Per ulteriori approfondimenti in material storica si veda G. ZAGREBELSKY, Le immunità parlamentari, cit., p. 2
ss.; C. MARTINELLI, Le immunità costituzionali nell’ordinamento italiano e nel diritto comparato:recenti sviluppi e
nuove prospettive, Giuffrè, Milano, 2008; L. SCIANNELLA, Le immunità parlamentari, profili storici e comparativi,
cit., p. 2 ss.
279 Si veda in proposito M. VOLPE, Le immunità della politica negli ordinamenti democratici, in Dir. Pubbl. comp.
eur., n. 3, 2005, p. 1170 ss.
83
Parlamento e nell’ambito dei proceedings in Parliament. Quest’ultima formula ha suscitato
non pochi problemi in ordine alla sua corretta interpretazione. Cosa si intende realmente per
proceedings in Parliament?
Inizialmente, la prassi parlamentare faceva riferimento esclusivamente al compimento
delle attività svolte durante i lavori parlamentari. Nel Report presentato nel 1938 dalla
Select Committee on the Official Secrets Act si decise di non considerare rientrante
nell’attività parlamentare la rivelazione occasionale, da parte di un deputato, di notizie
riservate all’interno del Parlamento. In quella stessa occasione si profilò la natura del
concetto di prooceding, intendendo con tale espressione «tutto ciò che venga detto o fatto
da un parlamentare nell’esercizio delle sue funzioni in qualità di membro di una
commissione…così come tutto ciò che venga detto o fatto all’interno di ciascuna Camera
nel corso dei lavori parlamentari». Nel 1953 (Rivlin c. Bilainkin) si ritenne non rientrante
nella copertura offerta dall’articolo 9 la corrispondenza epistolare tra un parlamentare e gli
elettori del proprio collegio; cinque anni dopo (Strauss’case) si escluse anche la possibilità
di considerare insindacabile la corrispondenza del parlamentare con un ministro. Nel 1970
la definizione di proceedings proposta dalla Joint Commitee on Publication of Proceedings
in Parliament incluse anche le comunicazioni dei parlamentari ai membri del governo. Nel
1987 il Privileges Committe della Camera dei Comuni escluse l’estensione
dell’insindacabilità per l’organizzazione di una riunione per la proiezione di un film
all’interno del Parlamento (un filmato sul progetto missilistico di difesa Zircon).
Tra gli ultimi interventi sul tema, desta particolare interesse il Report del 1999
pubblicato dalla Joint Committe on Parliamentary Privilege. Da questo contributo emerge,
in primo luogo, la difficoltà di tracciare un confine netto tra area coperta da insindacabilità e
area scoperta. L’atteggiamento prevalente sembra essere quello di estendere la portata
“qualitativa” della prerogativa fino a ricomprendervi tutte le attività legate allo svolgimento
dei lavori in aula ma, allo stesso tempo, ribadirne con fermezza la limitazione spaziale. Nel
suddetto Report si legge che tale approccio viene condiviso «al fine di garantire che le
opinioni politiche espresse dal parlamentare al di fuori delle aule e delle procedure
parlamentari strettamente intese, come quelle manifestate nei rapporti con il proprio
collegio elettorale, non siano coperte da alcuna prerogativa»280.
Particolare interesse suscita la specificità della disciplina anglosassone in tema di
diffusione all’esterno dei resoconti parlamentari, aspetto collegato al generale potere del
Parlamento «to control its own affairs». «Ciò che vien detto in Parlamento considerarsi
come non conosciuto altrove, e non può essere fatto noto senza incorrere nella violazione
del privilegio»281. A livello esemplificativo può considerarsi un caso risalente al 1813. Il
parlamentare Creevey, membro della Camera dei Comuni, in un suo discorso alla Camera,
aveva mosso un’accusa contro un privato. Dato che un giornale aveva pubblicato notizie
improprie relative al suo discorso, Creevey stesso decise di inviare la relazione esatta e
chiese che questa venisse pubblicata. Fu giudicato, quindi, colpevole del reato di libello e a
nulla valse la sua richiesta di riconoscimento del privilegio.
280 Sulla relazione del Joint Committe si veda anche P.M.LEOPOLD, Report of the Joint Committe on Parliamentary
Privilege, in Public Law, 1999, p. 604 ss.
281 T. ERSKINE MAY, Leggi, privilegi, procedura e consuetudini del Parlamento inglese, in A. BRUNIALTI Scelta
collezione delle più importanti opere moderne italiane e straniere di scienze politiche, cit.
84
Si può, quindi, affermare che la pubblicazione dei dibattiti e degli atti parlamentari al di
fuori del Parlamento non sia coperta dal privilegio. Dal momento che la pubblicazione non
autorizzata comporterebbe la responsabilità personale e diretta del parlamentare, per le
affermazioni eventualmente ingiuriose o diffamatorie contenute, si è consolidata la prassi
per cui è la Camera stessa a provvedere alla pubblicazione di quei documenti sia
direttamente connessi all’attività parlamentare, sia legati all’attività di indirizzo politico del
governo e di altri organismi pubblici. Tra questi documenti possono essere ricompresi anche
i White Papers, rapporti ufficiali del governo britannico che riguardano una specifica
questione.
Fonte assolutamente rilevante in materia è il Parliamentary Papers Act del 1840 (si
tenga anche conto della vicenda Stockdale v. Hansarol, 1837, che riguarda la citazione di un
editore da parte di un terzo per la pubblicazione di atti parlamentari, non per fini meramente
interni), nel quale viene stabilito che nel caso in cui i «report, paper, votes or
preoceedings», diffusi a mezzo stampa, siano preventivamente autorizzati dalle Camere
stesse, queste ultime possono bloccare i processi civili e penali che li riguardano. Data la
grande diffusione dei mezzi di telecomunicazione, in particolar modo della radio e
soprattutto della televisione, il Parliamentary Act del 1840 è stato aggiornato nel 1952 con
un’apposita sezione finalizzata alla tutela dei dibattiti diffusi mediante radiotelevisione e
wireless.
La severità dell’applicazione della portata oggettivo-spaziale dell’insindacabilità
comporta, però, anche conseguenze “paradossali”, se si riflette sul dato per cui non risulta
coperta dal privilegio nemmeno la pubblicazione dei discorsi pronunciati dal parlamentare
nel corso dei lavori di assemblea, curata dallo stesso parlamentare. Per tale ragione, la
Camera dei Comuni, tra il XVIII e XIX secolo, non si oppose alla condanne inflitte ai loro
membri per aver pubblicato propri discorsi contenenti accuse diffamatorie nei confronti di
cittadini privati.
L’utilizzo degli atti parlamentari genera, infatti, una certa complessità se si guarda al
tema delle eventuali diffamazioni compiute dai membri del Parlamento.
Il privilegio dell’insindacabilità copre in maniera assoluta le dichiarazioni fatte
all’interno dell’aula e quelle pubblicate con l’autorizzazione delle Camere. Una eventuale
denuncia per diffamazione, basata su questi atti, genererebbe, sicuramente, breach of
Parliament, sanzionabile mediante un’azione di contempt. Ma si tenga in considerazione
che, stante il criterio di oggettività a cui è improntata la distinzione tra riconoscimento delle
prerogative e diritti individuali,282 le dichiarazioni pronunciate al di fuori del Parlamento,
che riproducano anche fedelmente espressioni utilizzate all’interno dell’assemblea, non
sono tutelate da azioni per diffamazione (ma i Tribunali non consentiranno l’utilizzo di
testimonianze relative agli atti parlamentari a sostegno di atti parlamentari a sostegno di una
causa che riguarda altre parole o azioni di un membro fuori del Parlamento, né di una
testimonianza diretta del parlamentare)283.
282 C. MARTINELLI, Le immunità costituzionali nell’ordinamento italiano e nel diritto comparato: recenti sviluppi e
nuove prospettive, cit., p. 77.
283 Il parlamentare gode, infatti, anche della prerogativa dell’esenzione dall’ufficio di testimone. La ratio di tale
prerogativa va ricercata nell’esigenza delle Camere di poter contare sulla presenza e sui servizi di ciascun
parlamentare. Si consideri, anche, la prerogativa di essere esentati dall’ufficio di giurati. Cfr. C. MARTINELLI, Le
immunità costituzionali nell’ordinamento italiano e nel diritto comparato, cit.
85
La disciplina della questione è stata recentemente riformata dal Defamation Act del 1996.
Tale atto consente al parlamentare, che intenda citare in giudizio un terzo per diffamazione,
di rinunciare a questo privilegio per esibire, quale fonte di prova, i resoconti parlamentari
per comprovare la correttezza della propria azione e delle proprie affermazioni e a tutela
della propria immagine. Tale disciplina è stata ampiamente criticata in dottrina. In questo
caso sembrerebbe, infatti, che la prerogativa dell’insindacabilità non sarebbe posta a tutela
dell’interesse dell’intera assemblea, ma sarebbe ricondotta alla disponibilità dei singoli
membri del Parlamento284 e, quindi, intuitu personae. Nell’ordinamento anglosassone,
l’attenzione è posta, con particolare fermezza, sul carattere assolutamente servente delle
varie immunità, dell’insindacabilità in particolare, rispetto alla tutela dell’Assemblea e non
del singolo. Anche per questo, l’abolizione di tale disciplina è stata suggerita nel rapporto
presentato dalla Joint Commitee on Parliamentary Privilege del 1999. La modifica proposta
consiste nel rendere la rinuncia possibile nel caso in cui vi sia un previa pronuncia, una
sorta di autorizzazione a procedere, da parte dell’intera Assemblea di appartenenza del
parlamentare. Inoltre, nel paragrafo 73 del Report, si può leggere che tale rinuncia può
essere posta in essere «when there is no questiono f the member or the person making the
statement being exposed in consequence to a risk of a legal liability».
Un altro tema che desta sicuro interesse (soprattutto dopo il caso Pepper-Hart, 1993) è
l’applicazione processuale del privilegio dell’insindacabilità circa la possibilità, da parte dei
Tribunali, di consultare i resoconti parlamentari per interpretare «ambiguous statutory
provisions»285e, quindi, per accertare la intentio legislatoris. Nonostante la tesi negativa
espressa dalla Camera dei Lords, per cui in tale caso si determinerebbe una violazione
dell’articolo 9 del Bill of Rights, ad oggi, la possibilità di consultazione dei resoconti
parlamentari per una finalità interpretativa è, generalmente, ammessa.
La disciplina contenuta nell’articolo 9 del Bill of rights manifesta una particolare
relazione rispetto alla regolamentazione in tema di bribery (corruzione) dei membri del
Parlamento. Sin dal 1695, si prevede, infatti, che il reato di corruzione di un parlamentare
generi contempt of Parliament, sanzionabile, quindi, dal Parlamento stesso. La disciplina
prevista per la generalità dei cittadini, il Prevetion of Corruptin Act del 1889-1916, non si
applica ai parlamentari. In questo caso, è evidente la sottrazione del parlamentare alla
giurisdizione ordinaria. Il giudice deve, infatti, dichiarare il proprio difetto di giurisdizione,
dal momento che la ricerca di eventuali prove implicherebbe il necessario riferimento ai
proceedings in Parliament, coperti dall’insindacabilità, e, quindi, genererebbe un vero e
proprio breach of privilege. Il Joint Commitee on Parliamentary Privilege ha, tuttavia,
proposto di affidare la competenza in materia alla giurisdizione ordinaria, al fine di evitare
la palese disparità di trattamento. Ciò che emerge dall’analisi della casistica in materia è lo
sforzo, da parte del Parlamento e delle Corti, di pervenire ad una definizione concertata dei
confini e dei limiti da porre alle immunità parlamentari. Lo scopo parrebbe quello di evitare,
prevenendolo, un eventuale, conflitto in cui ad essere sconfitti sarebbero, alla fine, i principi
fondamentali sussistenti in uno stato di diritto.
284 Cfr. T.F. GIUPPONI, Le immunità della politica. Contributo allo studio delle prerogative costituzionali
negli ordinamenti liberaldemocratici, Libreria Bonomo editrice, Bologna, 2004, p.172.
285 Cfr Pepper v Hart (1993), riportato in D. OLIVER, Pepper v Hart: A Suitable Case For Reference to Hansard,
in Public Law, 5, 1993, p. 77.
86
Per concludere, occorre sottolineare che la prerogativa dell’insindacabilità si estende
anche ai non-members, che intervengono nei proceedings in Parliament. Si pensi ai privati
cittadini che rendono testimonianza innanzi ad una Commissione parlamentare, ai
funzionari parlamentari, ai consulenti legali a cui vengono richieste consulenze legali nella
formazione degli atti. Tale specificazione conferma, ancora una volta, la stretta
strumentalità della prerogativa dell’insindacabilità rispetto allo svolgimento delle attività
proprie dell’Assemblea rappresentative e la sua portata assolutamente sostanziale.
3. La prerogativa dell’inviolabilità: la specificità della freedom from arrest.
La disciplina anglosassone in tema di inviolabilità necessita di un apposito
approfondimento.
In primo luogo, occorre ribadire che tale privilegio è spendibile dai solo membri del
Parlamento e ha una durata pari alla durata della legislatura, a cui si aggiungono 40 giorni
prima e 40 giorni dopo la cessazione della stessa.
Con la locuzione in questione, freedom from arrest, ci si riferisce esclusivamente
all’arresto quale sanzione pronunciata in un procedimento civile. L’immunità penale non ha
mai, infatti, raggiunto un ruolo significativo nell’esperienza costituzionale inglese. La breve
ricostruzione storica ha evidenziato l’iniziale riconoscimento di una forma di inviolabilità
estesa anche alla materia penale ma funzionale alla partecipazione dei parlamentari
all’Assemblea. La progressiva limitazione dell’istituto alla materia civile e la perdita
definitiva di rilevanza, soprattutto in seguito dell’abrogazione della pena dell’arresto per
debiti, spinse, già nel 1967, il Commitee on Privilege ad evidenziarne il carattere anomalo e
a raccomandarne la totale eliminazione dall’ordinamento.
La disciplina attuale prevede che il parlamentare possa essere perseguito, rinviato a
giudizio e arrestato in seguito alla contestazione di fattispecie di reato ricomprese nella
materia penale. Nel caso in cui l’arresto avvenga all’interno del Parlamento, è necessario il
previo accordo della Camera, ma solo in quanto l’arresto determina una sospensione dello
svolgimento della sessione di lavoro. Inoltre, l’accusa o l’arresto di un componente genera
la necessità di informare la Camera. Ancora una volta, l’informazione alla Camera, non
necessariamente seguita da una reazione formale di quest’ultima, è funzionale a rendere
edotta l’Assemblea circa la mancata partecipazione ai suoi lavori di un suo membro. Si badi
bene alla circostanza per cui la Camera non ha alcuna facoltà di intervenire in tale materia,
nonché di richiedere il rilascio del parlamentare detenuto in base all’accusa penale. Si
evidenzia, quindi, la diversità rispetto alla disciplina dettata nell’ordinamento italiano.
Tra gli ultimi casi, particolare interessa ha suscitato il caso dell’arresto del deputato
Damian Green. Quest’ultimo, membro di primo piano del partito conservatore, era stato
prelevato dalla sua abitazione con l’accusa di «sospetta cospirazione in relazione ad atti
impropri nell’esercizio di un incarico pubblico». La cospirazione in questione riguardava la
diffusione di alcune notizie riservate riguardanti la politica di immigrazione posta in essere
del partito laburista286. Ciò che emerge dal caso è che, nonostante le forti critiche mosse da
parte degli esponenti del partito conservatore, tra cui il leader David Cameron, e il richiamo
286 Per ulteriori approfondimenti sul caso di specie cfr. L. SCIANNELLA, Le immunità parlamentari. Profili storici e
comparativi, cit., p. 202 ss. e le notizie riportate su www.Guardian.co.uk.
87
al sistema dei privilegi nel suo complesso, la dottrina dominante non ha messo in
discussione la portata dell’immunità dall’arresto, così come intesa storicamente.
Esemplificativo può essere considerato, a tal proposito, il commento di Vernon Bogdanor, il
quale parla di una questione priva di interesse (storm in teacup), dal momento che i
parlamentari sono al pari dei privati cittadini e, quindi, sottoposti al diritto comune.
Risulta piuttosto evidente il ruolo marginale di tale immunità nel sistema costituzionale
inglese attuale. Il Criminal Justice Act del 2003 ha previsto l’esclusione della possibilità di
invocare il privilegio per sottrarsi ad una giuria. Il Committe on privilege, nel suo Report del
1999, ha, nuovamente, raccomandato la definitiva eliminazione dell’istituto.
4. Il potere disciplinare delle Camere.
La Camera dei Comuni e Camera dei Lords hanno la facoltà di sanzionare penalmente
quei soggetti che si rendono responsabili di breach of privilege o di contempt of Parliament.
Benché manchi una specifica definizione normativa di tali fattispecie, la dottrina sembra
concorde nel ritenere che il breach of Parliament consista nel «infringement of or attack
upon one of specific privileges of the House» e che il contempt of Parliament possa essere
considerato alla stregua di «an inclusive term for any offence punishable by the House»287.
Si tratta di due fattispecie aperte che consentono, quindi, di sanzionare quei soggetti,
anche esterni alle Camere, che sono responsabili di eventuali dichiarazioni ingiuriose e
oltraggiose, che potrebbero minare il regolare andamento delle riunioni.
Su iniziativa del singolo parlamentare, viene presentata, tramite lo Speaker, una specifica
mozione la quale, discussa dinanzi al Commitee on Standards and Privileges, viene poi
votata definitivamente in Assemblea. La vigilanza circa il rispetto dei privilegi parlamentari
è, quindi, affidata a due Committees on Privilege, che vengono appositamente istituite nelle
due Camere all’inizio di ogni sessione parlamentare.
Per quanto riguarda la Camera dei Comuni, gli articoli 42 e 43 del Regolamento interno
sanzionano le affermazioni rese dal deputato che possano diffondere disordine in aula o che,
comunque, siano incompatibili con il prestigio e la dignità dell’organo.
Particolare interessa desta il Costitutional Reform and Governance Bill 2008/2009 che,
in riferimento alla Camera dei Lords, propone di introdurre la sospensione e anche
l’espulsione, non permanente, dei membri di codesta Camera che si rendano responsabili di
tali reati. La vicenda è emersa in seguito ad una questione, risalente al gennaio 2009, che
vedeva coinvolti quattro parlamentari della Camera dei Lords, accusati di aver accettato
tangenti per approvare delle modifiche legislative. Nel marzo di quell’anno, il Committee of
Privilege ha predisposto due Reports riguardanti la condotta dei parlamentari ed ha
evidenziato i poteri disciplinari della Camera. La Camera dei Lords ha approvato, poi, il
parere espresso dalla Committee.
Tra le sanzioni irrogabili si evidenzia la possibilità di sospensione, espulsione
(evidentemente solo ai danni dei membri della Camera dei Comuni), ammonizione,
reprimenda ed imprigionamento. Quest’ultima sanzione non è stata più utilizzata dal 1880,
così come anche la possibilità di ricorrere a sanzioni pecuniarie sembra essere caduta in
desuetudine sin dal 1666.
287 C. MUNRO, Studies in Costitutional Law, 2nd, Butterworths, London, 2001.
88
Il Report del 1999 si è occupato del tema della giurisdizione penale-disciplinare affidata
alle due Camere e, soprattutto, della effettiva necessità di conservare tale tipo di
giurisdizione, al fine di evitare che «the danger that the ways in which the jurisdiction has
been exercised might fall foul of the European Convention on Human Rights»288. Il Report
ha, quindi, fornito una definizione, seppur ampia, di tali nozioni e ha suggerito l’opportunità
di trasferimento alla High Court almeno della giurisdizione riguardante i casi di contempt
commessi dai soggetti estranei alle Camere.
Per concludere, si può aggiungere che le Camere hanno adottato un insieme di regole di
condotta che i parlamentari devono rispettare. Il rispetto di questo codice di condotta viene
monitorato dal Parliamentary Commissioner for Standards, istituito nel 1995, che, tra le
altre competenze, può procedere all’invio di pareri al Select Committe on Standards and
Privileges circa l’interpretazione di tale codice.
Emerge chiaramente, quindi, l’originalità e la specificità del modello anglosassone per la
previsione di tale tipo di potere disciplinare.
5. La exclusive cognisance.
Decisamente correlato al potere disciplinare, di cui sopra, appare l’exclusive cognisance
che ciascuna Camera rivendica relativamente ai propri affari e alle proprie questioni interne.
Si tratta di una prerogativa parlamentare assolutamente connaturale rispetto all’autonomia
di cui l’Assemblea tradizionalmente gode.
La specificità dell’esperienza britannica emerge ancora una volta.
Un esame di tale competenza non può prescindere da una breve analisi di una recente
sentenza della Corte suprema del Regno Unito (sentenza 1 dicembre, R v. Chaytor and
others). In tale pronuncia si affronta il tema della possibilità, per un tribunale ordinario, di
giudicare dei parlamentari per atti compiuti nell’esercizio delle loro funzioni e, di
conseguenza, la sussistenza o meno della giurisdizione esclusiva da parte della Camera dei
Comuni.
Tre ex-parlamentari, un quarto è destinatario di accuse simili, sono accusati di aver
violato la section 17 (1)(b) del Theft Act del 1968, per aver presentato richieste di rimborso
alterate 289 . La loro difesa si fonda sulla prerogativa dell’insindacabilità, garantita
dall’articolo 9 del Bill of Rights del 1988 e, soprattutto, sulla sussistenza del principio della
«exclusive cognisance of Parliament», anche noto come «exclusive jurisdiction». È la Corte
stessa a sottolineare che quest’ultima ha la sua origine in un momento precedente al 1689 e
che è più ampia, e comprende, l’art. 9». I parlamentari sostengono, quindi, che la House of
Commons sia l’unico soggetto competente a giudicare della loro accusa.
Per quanto riguarda l’insindacabilità, la Corte ha, in primo luogo, sottolineato che
l’individuazione di ciò che si intende per proceedings in Parliament spetta alle Corti stesse,
288 J. JOWELL – D. OLIVER, The changing Costitution, Oxford University Press, Oxford, ora in F. DURANTI, Immunità
parlamentari e Costituzione: l’esperienza Britannica, in www.federalismi.it.
289 Per ulteriori approfondimenti sulla questione di fatto cfr. P. MARTINO, Immunità parlamentari e Bill of
Rights
1689: il confine mobile tra Legislativo e Giudiziario nel Regno Unito, in Dir. pubbl. comp. eur. online 2011-2012 e F.
SAITTO, Regno Unito. Oltre gli interna corporis. La Corte suprema nega l’invocabilità dell’art. 9 del Bill of Rights e
la giurisdizione esclusiva della House of Commons, in Dir. pubbl. comp. eur. 2011-2012.
89
che però devono prestare particolare attenzione a questo previsto sull’argomento dalle
Camere. Nel caso di specie, la Corte ha negato un collegamento con i proceedings in
Parliament ed ha escluso l’invocabilità del privilegio.
Per ciò che riguarda, invece, la exclusive cognisance, occorre sottolineare come il
Parlamento abbia rinunciato a tale giurisdizione esclusiva negli affari amministrativi delle
due Camere e non abbia rivendicato una competenza esclusiva in ordine alle condotte
criminali verificatesi all’interno del Parlmaento,. Nella sentenza si legge infatti che
«Exclusive cognisance can be waived or relinquished by Parliament»290.
Ciò che emerge è che le Corti e il Parlamento hanno giurisdizioni differenti, che tuttavia
possono sovrapporsi. Con legge il Parlamento può consentire alle Corti di gestire materie
che rientrano nella sua giurisdizione esclusiva o risultano coperte da privilege ex. articolo 9.
Si pensi, ad esempio, al parliamentary Elections Act del 1695 e al più volte citato
Defamation Act del 1996.
L’adeguato bilanciamento tra valori costituzionali e la bassa conflittualità tra il
legislativo e il giudiziario, dovuta ad una leale e sincera collaborazione, emergono in tutta la
loro evidenza. Sempre nella sentenza del 2010, la Corte sostiene, infatti, che la Camera
possa richiedere l’intervento della polizia per avviare un procedimento penale contro un
proprio membro o, in ogni caso, fornire la sua collaborazione. La separazione dei poteri e,
al contempo, la considerazione del giudiziario quale garante della legalità fanno in modo
che le prerogative restino funzionale alla concreta operatività dell’Assemblea e non
diventino meri privilegi personali.
6. Trattamento economico e indennità parlamentare.
Nel corso del tempo è andato affermandosi il principio della non gratuità delle cariche
parlamentari, che rappresenta ormai un patrimonio condiviso della tradizione democratica
moderna.
Storicamente si sono però alternati periodi nei quali i mandati degli eletti alle Camere
politiche risultavano onerosi ad altri in cui invece non vi era una vera e propria retribuzione,
ma al massimo un sistema di rimborsi e di agevolazioni di altro tipo.
La retribuzione dei parlamentari sancisce un’evoluzione in senso democratico del
sistema istituzionale, superando sistemi politici di carattere censitario ed elitario e
ponendosi come «garanzia della libertà di accesso alle cariche pubbliche e del loro
mantenimento, e pertanto a tutela dell’uguaglianza politica senza distinzioni basate sul
reddito»291.
Nell’attuale fase storica una generale delegittimazione della classe politica e la grave
crisi che attanaglia l’economia hanno accentuato, specialmente in determinati ordinamenti
(come ad es. quello italiano), le critiche da parte dell’opinione pubblica nei confronti di un
trattamento economico, visto sempre più spesso come “privilegio che favorisce l’interesse
privato dell’eletto” e non come “garanzia per il corretto svolgimento del mandato
rappresentativo”.
290 R. v. Chaytor and others (2010) UKSC 52,63.
291 L. CIAURRO, voce Status del parlamentare, in S. CASSESE (a cura di), Dizionario di Diritto pubblico, Giuffrè,
Milano, 2006, p. 4098.
90
Il problema è certamente complesso ed è necessario distinguere fra costi della
democrazia e costi della politica: i primi sono necessari per realizzare un sistema efficace di
tutele che salvaguardi la dialettica democratica, la vita delle istituzioni e la partecipazione.
Per quanto riguarda la politica non è semplice individuare con nettezza il confine che separa,
da un lato, le modalità per finanziamenti corretti e rimborsi necessari, e, dall’altro, le spese,
che rappresentano un costo superfluo ai danni del contribuente o che costituiscono un
volano per lo sviluppo di sistemi clientelari e logiche di corruzione. I problemi e gli esempi
sarebbero moltissimi (dalle auto blu all’aumento delle scorte, ma anche i prezzi del barbiere
e della ristorazione), però non sono centrati rispetto al tema in oggetto.
L’indennità parlamentare è naturalmente soggetta a una serie di ritenute di natura
previdenziale e assistenziale, della quota contributiva per l’assegno vitalizio e della ritenuta
fiscale. Ai fini di una comparazione ovvero di tentativi di armonizzazione all’interno del
quadro dell’Unione europea non si può prescindere, pertanto, da questo importante aspetto,
anche considerato che fino a qualche decennio fa vi era una certa tendenza a riconoscere un
regime tributario speciale, mentre ormai si procede verso una progressiva diminuzione dei
privilegi fiscali.
Un’ulteriore questione è legata al numero di parlamentari che godono dell’indennità
rispetto all’ampiezza del corpo elettorale (in Italia si pensa a una riduzione del numero di
deputati e senatori anche per questa ragione): è evidente che sia opportuna una giusta
proporzione. Nel Regno Unito (come in Germania e in Spagna) non vi è una rappresentanza
per le comunità di cittadini all’estero e i Lords, non essendo elettivi, non percepiscono un
salario, ma un gettone di presenza (di circa 350 euro a seduta), in seguito alla riforma dello
scorso ottobre 2010.
Per quanto riguarda l’ammontare lordo annuale dell’indennità di base292, esso si aggira
attorno alle 60.000 sterline (ca.75-80.000 euro), attestandosi al di sotto di Francia,
Germania e Italia e sopra la Spagna, che ha stipendi parlamentari piuttosto bassi. Il
parlamentare inglese riceve regolarmente dodici mensilità di circa 6.400 euro l’una.
L’indennità non esaurisce però il quadro delle utilità economiche dei membri della
House of Commons, che, infatti, qualora siano residenti fuori sede, percepiscono un
rimborso per le spese di alloggio o, in alternativa, possono chiedere un’integrazione della
predetta indennità con la London costs allowance (quasi 9.000 euro), che non è utile a fini
pensionistici ed è regolarmente soggetta a tassazione.
Fra le utilità economiche accessorie non ne sono previste di particolari per i trasporti e la
telefonia, mentre sono destinati circa 2.300 euro alle spese di segreteria.
Un ulteriore capitolo di spesa è quello destinato a collaboratori e assistenti parlamentari:
ogni membro della House of Commons dispone di oltre 10.000 euro, che risultano per lo più
materialmente gestiti dall’amministrazione parlamentare.
Strettamente collegato al trattamento economico dei parlamentari è il costo della
struttura e del personale delle Camere, che era andato crescendo nel corso della seconda
metà del secolo scorso, nel periodo cioè del massimo splendore del potere legislativo, per
poi tendere a stabilizzarsi.
292 È bene ricordare che i lavori della Commissione Giovannini si sono concentrati sui principali Paesi dell’area
Euro (Austria, Belgio, Francia, Germania, Paesi bassi, Spagna), non contemplando, quindi, il Regno unito.
91
In generale, si può affermare che, anche alla luce di un forte finanziamento privato alla
politica, il parlamentare inglese incide sulla collettività meno della media dei suoi colleghi
europei, pur potendo mantenere un certo grado di autonomia e indipendenza.
Due recenti scandali hanno però fiaccato egualmente la fiducia dei cittadini britannici nei
confronti di come vengono spesi i soldi pubblici e degli strumenti di finanziamento
dell’azione politica e di governo.
Il primo scandalo avvenne nel maggio 2009 e riguardava i rimborsi spese di un
sottosegretario al Ministero della Giustizia (destituito dall’incarico), che aveva indicato
come “seconda casa” un appartamento a Londra (rispetto a un appartamento lontano, dove
non andava mai e con un affitto basso), usufruendo così per alcuni anni dei rimborsi. Nello
steso periodo emersero anche altri episodi di rimborsi imbarazzanti per alcuni deputati (in
determinati casi espulsi dal partito di appartenenza) che si erano fatti rimborsare mutui già
estinti, spese legate all’alloggio (riparazione della piscina o del campo da tennis) o al vitto
(pranzi, cene, ma anche vini e cioccolata). È interessante il fatto che da un punto di vista
giuridico risultasse quasi tutto lecito, ma evidentemente ingiusto.
L’altro caso è assai più recente (marzo 2012) e riguarda il finanziamento della politica.
Si tratta del cd. scandalo delle “cene in vendita” per le quali si arrivavano a pagare in
anticipo fino a 250.000 sterline a testa (ca. 300.000 euro) pur di poter condividere il pasto
con il capo dell’Esecutivo e sensibilizzarlo su determinate istanze o problematiche.
Finanziamenti al partito in cambio di favori.
92
RAPPORTO TRA PARLAMENTARE E COLLEGIO
A cura di Mario Bartolomei
SOMMARIO: 1. Premessa - 2. Mandato rappresentativo vs. vincolo di mandato. - 2.1 L’istituto del recall. – 3. Il
lobbying. - 3.1. La regolamentazione del c.d. fronte interno. - 3.1.1. I codici di condotta. - 3.2. La
regolamentazione del c.d. fronte esterno. - 3.3. Il finanziamento privato dei partiti. - 4. Conclusioni.
1. Premessa.
Il costituzionalismo di matrice anglosassone, ispirato alle teorizzazioni di T. Hobbes e J.
Locke, poggia su un’idea di democrazia competitiva, qualificata dallo scontro di verità
parziali 293 . La composizione dei conflitti viene realizzata in Parlamento, i cui
provvedimenti sono il frutto di un preliminare negoziato tra opposti interessi294. Questi
hanno occasione di potersi esprimere anche tramite la mediazione dei parlamentari (i.e. i
MPs e i Lords)295, che agiscono singolarmente, per un verso, ovvero riuniti in All-Party
Parliamentary Groups o in Associate Parliamentary Groups, per altro verso.
L’interazione tra l’istituzione parlamentare e la società civile rappresenta uno strumento
indispensabile per valutare l’evoluzione della forma di governo. Dunque, nell’economia del
presente lavoro, ci si soffermerà in primo luogo sul Parlamento britannico, richiamando per
cenni le modalità di elezione della Camera bassa, con particolare riferimento alla specifica
formula elettorale e ai riflessi di questa sul rapporto tra MPs ed elettori. La trattazione
ulteriore – relativa al rapporto tra parlamentare e collegio – verrà quindi circoscritta a due
distinti aspetti, tra loro correlati, concernenti la configurazione del mandato rappresentativo
e la disciplina degli interessi organizzati. In particolare, la configurazione del mandato
parlamentare costituisce la prerequisito fondamentale affinché i singoli deputati abbiano
margini per prendere in considerazione, nel corso del loro incarico, i “flussi informativi”
provenienti dai diversi gruppi di pressione296.
2. Mandato rappresentativo vs. vincolo di mandato.
Viene di seguito approfondita la ratio e la funzione del mandato rappresentativo, rispetto
a istituti capaci di limitare l’azione del parlamentare (i.e. vincolo di mandato). Sotto il
profilo teleologico, l’istituto del mandato rappresentativo assolve ad una funzione differente
293 Amplius, A. BARBERA (a cura di), Le basi filosofiche del costituzionalismo, Laterza, Roma-Bari, 2003.
294 L’empirico contemperamento che si realizza è assoggettato, per sua natura, a controlli di reasonableness.
295 A.H. BIRCH, The British System of Government, 10th edn, Routledge, New York, 1998, p. 111. Molti MPs,
appartenenti a tutti i partiti, agiscono come consulenti di gruppi di pressione ricevendone, come corrispettivo, una
sorta di onorario.
296 G. BOGNETTI, Lo Stato e i gruppi di interesse negli ordinamenti borghesi, Giuffrè, Milano, 1998, p. 93 ss.
93
rispetto a quel complesso di strumenti che determinano la c.d. protezione immunitaria del
parlamentare. Per protezione immunitaria si intende quel complesso di istituti volti a
salvaguardare i membri delle assemblee legislative contro eventuali ingerenze da parte del
potere esecutivo e del potere giudiziario. Il mandato rappresentativo è invece funzionale a
vietare un legame forte tra rappresentati e rappresentanti. In linea astratta, un legame
giuridicamente rilevante tra elettori ed eletti si potrebbe porre in contrasto con
l’affermazione del carattere deliberante delle assemblee rappresentative, impedendo al
singolo parlamentare di apprezzare liberamente l’opportunità di adottare o di non adottare
determinati provvedimenti.
All’epoca del Parlamento inglese medievale 297 , l’affermazione di un mandato
imperativo è stato il riflesso di una concezione corporativa e non egalitaria della
rappresentanza. Ciò è dipeso dal fatto che la società era strutturata su una pluralità di corpi
intermedi, in grado di condizionare il destino dell’individuo tramite forme di appartenenza
organica. In breve, la rappresentanza medievale, essenzialmente congeniata per rendere
conto delle differenti categorie di interessi distribuite sulle molteplici realtà territoriali (i.e.
borghi e contee), si è avvalsa di un rapporto di tipo contrattuale, quale strumento per
vincolare giuridicamente i deputati ai loro rappresentati. Al mandato, conferito tramite
procura scritta, era riconosciuto il carattere della revocabilità. In aggiunta, al fine di
impedire forme di elusione del meccanismo illustrato, il mandato avrebbe dovuto
comportare un’interpretazione stricta delle disposizioni in esso contenute.
L’evoluzione del parlamentarismo britannico ha determinato l’affermarsi di una
concezione sui generis della rappresentanza. Due le ragioni principali. In primo luogo,
come ricorda E. Coke in The Fourth Part of the Institutes of the Laws of England, la
formulazione tradizionale dei mandati, ha reso tali documenti una sorta di incarichi
generali298. Questo aspetto ha contribuito, da principio, a sciogliere l’eletto dalle pretese
del corpo elettorale di appartenenza. In secondo luogo, i writs of summons (i.e. gli ordre
royal) hanno iniziato ad esigere, sin dall’inizio, che i rappresentanti dei Comuni fossero
investiti di full and sufficient power299, al fine di poter affrontare, in piena autonomia, le
questioni su cui si sarebbero dovuti pronunciare. Allo stesso tempo, i writs of summons
hanno gerarchizzato il rapporto tra parlamentare e sovrano, in quanto l’investitura del
deputato avrebbe dovuto essere ricondotta alla convocazione del monarca, piuttosto che al
mandato in sè. I due aspetti menzionati sono valsi in definitiva a recidere il rapporto di
“dominio” dei rappresentati sugli eletti. In altre parole, le instructions contenute nei mandati,
lungi dal rivestire un carattere vincolante, sono state strumentalizzate dal parlamentare
stesso per legittimare la sua eventuale opposizione alla Corona.
In conclusione, la nozione di rappresentanza affermatasi in Gran Bretagna sullo scorcio
del XVIII secolo si è posta a cavallo tra le due classiche categorie del mandato imperativo e
del mandato rappresentativo, costituendo la premessa per un definitivo affrancamento del
parlamentare dalla constituency di riferimento. Dunque, il modello di mandato cui è oggi
297 Ivi inclusi gli Stati generali dell’ancien régime.
298 “The commons elected by the shires, &c. by force of the king writ, ex-debito justiciae, represent all the commons
of the whole realm”.
299 Formula ripresa dall’art 45 del règlement électoral del 24 gennaio 1789, con cui Luigi XVI raccomandava ai suoi
sudditi di redigere i cahiers nella maniera più precisa possibile e di conferire ai deputati degli Stati generali pouvoirs
généraux et suffisants.
94
tenuto il parlamentare inglese si atteggia, nell’ambito della relazione rappresentativa, come
un meccanismo di controllo ex ante. È un modo per gli elettori di influenzare il futuro
comportamento dei loro rappresentanti, sulla base del tacito patto tra votanti e aspiranti
parlamentari, consistente nell’adesione ad un particolare programma politico anche in
ragione delle aspettative riposte nella sua attuazione300. In una cornice di questo tipo, sono
astrattamente plausibili strumenti volti a rimuovere o comunque sanzionare il parlamentare
prima del termine finale della legislatura (e.g. le elezioni di recall). Affinché questi
strumenti non trasfigurino l’ideal-tipo del mandato rappresentativo, occorre che essi operino
nella misura in cui il MP si sia reso responsabile della violazione di standards e/o doveri
inerenti il suo ufficio.
2.1. L’istituto del recall.
«Recall is a term used to describe a process whereby the electorate can petition to
trigger a vote between scheduled elections on the suitability of an existing elected
representative to continue in office» 301 . Dunque, con il termine recall si indica
quell’istituto che attribuirebbe alla constituency, al ricorrere di determinate circostanze302,
il potere di avviare una procedura di consultazione che potrebbe concludersi con la
rimozione del MP dal suo ufficio. Ciò è finalizzato ad incoraggiare i deputati a soddisfare
determinati standards, in adempimento dei doveri connessi con il ruolo ricoperto. Di contro,
si è da più parti sottolineato come il recall potrebbe essere suscettibile di prestarsi a
strumentalizzazioni per fini politici e/o per contrastare decisioni ritenute necessarie ma, allo
stesso tempo, impopolari.
Il recall è utilizzato in pochi paesi del mondo303. Nonostante il termine stia a significare
il richiamo e/o la destituzione di un soggetto che ricopre un ufficio rappresentativo, le
caratteristiche specifiche dell’istituto variano a seconda degli ordinamenti considerati. In
ogni caso, il recall può essere spesso riguardato come un procedimento a due livelli:
1. Ad un primo stage (e.g. tramite petition) si è soliti stabilire se una elezione
finalizzata al recall avrà luogo;
2. Ad un secondo stage, nell’ipotesi di esito positivo del primo, si tiene l’elezione
finalizzata al recall.
Se i votanti decidono sul recall del rappresentante (e.g. il MP, ecc.), è richiesta una
successiva elezione con cui si determina colui che subentra nell’ufficio in questione. In
alcuni paesi, le due elezioni sono associate in un solo turno, con evidente risparmio
economico e rapido turnover. Può infine capitare che la petition utilizzata allo stage di cui
sub 1) sia da sola sufficiente a determinare il recall 304 . Occorre evidenziare come
mantenere separati i due livelli del procedimento di recall garantisca maggiore chiarezza
nell’elettore, che altrimenti si troverebbe di fronte alla questione di dover scegliere il
300 T. LOUWERSE, The Spatial Approach to the Party Mandate, in Parliamentary Affairs, 64(3), p. 427.
301 C. COLEMAN, O. GAY, Recall Elections, SN/PC/05089, 24 gennaio 2012, p. 1.
302 Ad esempio, “serious wrongdoing” et similia.
303 Gli esempi più significativi sono rappresentati da alcuni Stati degli U.S.A., da sei dei ventisei cantoni della
Svizzera, dal Venezuela, dalle Filippine e dalla Columbia Britannica.
304 Ad esempio, nella Columbia Britannica.
95
successore ancor prima di conoscere l’esito del recall MP da rimuovere. Unire i due livelli
del procedimento potrebbe altresì comportare problemi di legittimità, nel caso in cui il
rappresentante da destituire ottenga più voti del suo successore.
Nel giungo del 2009, Lord Tyler, politico liberal-democratico, ha proposto
l’introduzione del recall nell’ordinamento britannico, tramite un emendamento al Political
Parties and Elections Bill 2008-09305. Questa iniziativa, adottata in risposta agli scandali
sui rimborsi spesa dei parlamentari, è stata tuttavia bocciata. Si è infatti ritenuto opportuno
ricorrere ad altri strumenti per riconquistare la fiducia degli elettori, come ad esempio
l’adozione dei codici di condotta 306 . Successivamente, nell’ottobre 2009, Douglas
Carswell, deputato conservatore, è stato l’autore di un disegno di legge Parlamentare, volto
all’introduzione del recall 307 . Quindi, nel luglio 2010, è seguita l’iniziativa di Zac
Goldsmith308. Al disegno di legge di Douglas Carswell pare essersi ispirato l’accordo tra
conservatori e liberal-democratici, raggiunto l’11 maggio 2010, cinque giorni dopo le
elezioni del 6 maggio. Dal programma di governo si evince che per poter attivare la
procedura di recall, sarebbe richiesto il soddisfacimento di due presupposti309. Il primo
consiste nel coinvolgimento del MP in gravi irregolarità310. Il secondo impone che la
richiesta di recall venga sottoscritta dal 10% degli aventi diritto al voto, registrati nella
constituency di riferimento. Il 13 dicembre 2011, il Governo ha pubblicato un draft recall
bill, con cui è stato meglio specificato il primo dei due presupposti per innescare il
recall 311 . In particolare, il parlamentare affronta la procedura di recall poiché,
alternativamente, è stato condannato nel territorio della Gran Bretagna ad una pena
detentiva fino a dodici mesi ovvero così ha stabilito la House of Commons nell’esercizio di
un suo potere di natura disciplinare.
Ciò detto, nonostante la Gran Bretagna non preveda ancora elezioni di recall, i MPs
possono essere espulsi dalla Camera dei comuni al ricorrere di una serie di circostanze quali:
• l’accettazione volontaria di un ufficio retribuito presso la Corona;
• il riconoscimento di titoli nobiliari;
• la condanna alla reclusione per un periodo superiore a un anno;
• la detenzione presso particolari strutture, sulla base delle disposizioni del
Mental Health Act 1983;
• la notifica di un ordine di restrizione per fallimento ovvero l’essere persona
contro la quale è stato emesso, in Scozia, un sequestro di beni;
• la condanna per corruzione o per pratiche elettorali illegali;
• l’espulsione per mozione della House of Commons.
305 HL Deb 15 June 2009 col 867.
306 Infra, “I codici di condotta”.
307 Parliamentary Elections (Recall and Primaries) Bill 2009-10.
308 Recall of Elected Representatives Bill 2010-12.
309 “The parties will bring forward early legislation to introduce a power of recall, allowing voters to force a byelection where an MP was found to have engaged in serious wrongdoing and having had a petition calling for a byelection signed by 10% of his or her constituents”.
310 Specificamente, “to have engaged in serious wrongdoing”.
311 C. COLEMAN, O. GAY, Recall Elections, SN/PC/05089, 24 gennaio 2012, p. 2. Amplius in T.E. MAY,
Parliamentary Practice, 24th edn, Butterworths, London, 2011.
96
In conclusione, se la procedura di recall dovesse diventare legge – così come congegnata
– non andrebbe ad incidere sulla natura del mandato rappresentativo. Infatti, è richiesto che
il parlamentare sia stato coinvolto in irregolarità e/o violazioni riguardanti la carica
ricoperta. La previsione di un simile presupposto è sufficiente ad escludere che la procedura
di recall determini la surrettizia reintroduzione di un mandato imperativo nei confronti del
MP. Ciò significa che i MPs non saranno condizionati nella loro attività parlamentare e
potranno svolgere le loro funzioni in piena libertà, eventualmente anche intervenendo in
maniera attiva nei processi di mediazione e negoziazione degli interessi in conflitto, come si
avrà modo di constatare più avanti.
3. Il lobbying.
Viene di seguito osservato il peso degli interessi particolari – organizzati sotto forma di
gruppi di pressione – sulla formazione delle politiche generali, approfondendo le dinamiche
tramite le quali i privati influenzano il singolo parlamentare e concorrono, quindi, alla
definizione del bilanciamento degli interessi in conflitto. L’emersione dei gruppi di
pressione è legata a doppio filo con il riconoscimento, da parte dello Stato sociale, di un
ampio ventaglio di aspettative giuridicamente rilevanti. Di qui, la necessità di incidere sui
processi decisionali, volti a realizzare un contemperamento tra le varie istanze in gioco,
tutte astrattamente meritevoli di tutela. Questo fenomeno si realizza tramite quell’attività
conosciuta come lobbying.
Alla base del lobbying sta l’esistenza di un gruppo di pressione, termine con il quale si
allude ad un gruppo di interesse 312 che diviene attore politico. Si tratta di
un’organizzazione rappresentativa di interessi che ha lo scopo, tra gli altri, di influenzare la
formulazione e l’implementazione delle politiche pubbliche, laddove per politiche
pubbliche deve intendersi una serie di decisioni autoritative adottate dal potere esecutivo,
legislativo, giudiziario, dagli enti locali e dall’Unione Europea. L’organizzazione dei gruppi
di pressione ha inizio nel XIX secolo, grazie al riconoscimento del diritto di associarsi
liberamente per perseguire un fine comune 313 . I gruppi di pressione possono essere
variamente classificati. La tassonomia principale distingue:
1. Gruppi di pressione rappresentativi di una particolare sezione della società (i.e. i
c.d. sectional/interest pressure group)314;
2. Gruppi di pressione che aspirano al cambiamento di comportamenti ed opinioni a
livello dell’intera società (i.e. i c.d. cause/promotional/attitude pressure group).
312 Cfr. G. SARTORI, Gruppi di pressione o gruppi di interesse? (Una discussione sul neopluralismo), in Mulino, n. 1,
1959. Il gruppo di interesse, attore del sistema sociale, ha la funzione di articolazione degli interessi, «vale a dire
l'azione di conferire razionalità, congruenza, immagine, viabilità alle domande di quanti condividono un determinato
atteggiamento di fronte e nei confronti di altri attori del sistema sociale», come afferma D. FISICHELLA, Gruppi di
interesse e di pressione, in Treccani.it, 1994.
313 I gruppi di pressione hanno quindi un primo riconoscimento costituzionale nella libertà di associazione.
314 I membri di un sectional pressure group sono direttamente e personalmente interessati alla campagna promossa
dal gruppo, poiché essi ne possono trarre un vantaggio professionale o economico. Gli associati quindi appartengono
alla specifica categoria coinvolta. Esempi di sectional pressure groups sono la Trade Union Congress, la
Confederation of British Industry (CBI), la British Medical Association (BMA), la Law Society, la National Union of
Teachers (NUT), la Society of Motor Manufacturers and Traders.
97
Lobbying deriva dall’inglese lobby – in italiano “loggia” – termine con il quale ancora
oggi si indica lo spazio che negli alberghi consente l’incontro tra gli ospiti della struttura e
gli invitati esterni. Lo stesso vocabolo è stato utilizzato a livello istituzionale per riferirsi
alla stanza d’ingresso della House of Commons di Londra, nella quale entravano in contatto,
prima e dopo le discussioni in assemblea, parlamentari, giornalisti, e soggetti portatori di
interessi particolari che, in quanto frequentatori della lobby, erano soprannominati
“lobbisti”. Il lobbying viene definito come «the practice of individuals and organisations
trying to influence the opinions of MPs and Lords. Methods of lobbying vary and can range
from sending letters, making presentations, providing briefing material to Members and
organised rallies» 315 . Pertanto, nonostante lobbying rinvii innanzitutto all’attività delle
organizzazioni rappresentative di interessi nell’ambito dell’arena politica, spesso il termine
è utilizzato per riferirsi, in maniera specifica, al lavoro di società private, impiegate dai
gruppi di pressione per rappresentare ed illustrare alle due Camere i loro punti di vista su
specifiche materie.
A partire dagli anni ’70 il ricorso a lobbisti di professione è aumentato in maniera
costante, in virtù di due principali fattori316. In primo luogo, la possibilità di potersi
giovare di un orientamento rapido ed affidabile nell’ambiente intricato riconducibile alla
Whitehall e a Westminster. In secondo luogo, l’esigenza di disporre di un personale dotato
di esperienza e attitudine per il lavoro di consulenza politica, quali ad esempio ex assistenti
di ricerca, consulenti politici, addetti all’ufficio stampa della Withehall, nonché ex-MPs. Le
società di consulenza offrono ai gruppi di pressione essenzialmente due tipologie di servizi:
• Monitoraggio delle attività istituzionali317;
• Consulenza sulla strategia necessaria per raggiungere gli obiettivi prefissati318.
Corre l’obbligo di evidenziare come l’attività di lobbying sia, almeno in astratto,
nettamente distinta dall’istituto della petizione. «Petitioning is making a request to the
House of Commons to take action on a specific issue, which is presented to the House by an
MP, often on behalf of their constituents. There is a procedure for petitions in the Lords but
it is very rarely used»319. In particolare, la petizione opera come istituto regolamentato sotto
il profilo procedurale, il cui scopo è sollecitare l’adozione di un provvedimento da parte
della House of Commons, presentato in assemblea da uno specifico parlamentare, spesso su
sollecitazione della constituency d’elezione.
Molte delle decisioni prese dal Parlamento inglese sono il diretto risultato di un’attività
di lobbying 320 . Nel Regno Unito il ruolo delle lobby è infatti percepito come elemento
315 http://www.parliament.uk/get-involved/have-your-say/lobbying/.
316 M. RUSH (ed), Parliament and Pressure Groups, Oxford University Press, Oxford, 1990, p. 47.
317 L’attività di monitoraggio ricomprende l’esame quotidiano dell’Order Paper e dell’Official Report (Hansard)
delle due Camere, dei Green Papers e dei White Papers, mozioni, incontri delle commissioni permanenti (i.e.
Standing Committees) e non (i.e. Select Committees), departmental press notices, reports governativi o comunque
ufficiali, materiale da enti periferici, inclusi i think-tank e party groups. Le consulenze più sofisticate si estendono
anche al materiale proveniente dall’Unione Europea e, in alcuni casi, dagli USA.
318 L’attività di consulenza ricomprende l’identificazione degli attori rilevanti sulla scena politica, cui segue
l’instaurazione di contatti tramite written representation ovvero mediante la circoscrizione d’elezione. Il consulente
può altresì essere incaricato di attivarsi quale intermediario o rappresentante del proprio cliente. Il parlamentare può
quindi essere sollecitato ad intavolare interrogazioni, mozioni e, laddove necessario, a proporre emendamenti ovvero
ad avanzare la questione nel dibatitto, anche attraverso incontri o scambi epistolari con il ministro.
319 http://www.parliament.uk/get-involved/have-your-say/lobbying/.
320 http://news.bbc.co.uk/2/hi/uk_news/politics/82529.stm.
98
fondamentale della democrazia parlamentare, necessario a consentire un processo
decisionale dettagliato ed efficace. Si è quindi soliti affermare che la nozione anglosassone
di rappresentanza parlamentare sia formata da due distinti versanti, costituiti dalla
rappresentanza degli interessi, da un lato, e dalla rappresentanza politica, dall’altro. Tuttavia,
la necessità che il lobbying sia oggetto di regolamentazione deriva dal fatto che questa
attività si delinea come una corda tesa tra una legittima attività informativa e una indebita
pressione per vantaggi privati321. Esistono due principali modelli di regolamentazione
dell’attività di lobbying:
• Regolamentazione-trasparenza;
• Regolamentazione-partecipazione;
Pur mancando nel Regno Unito una disciplina organica dei gruppi di interesse, strutturati
ed organizzati come gruppi di pressione, le forme di regolamentazione della materia –
riconducibili al modello improntato a garantire la trasparenza delle attività di influenza –
operano su due distinti fronti322:
• Il c.d. fronte interno, consistente nella regolamentazione del comportamento del
parlamentare. Esso è costituito dalle norme sul procedimento legislativo, sulla
costituzione di intergruppi parlamentari ed è infine completato dal codice di
condotta per i parlamentari;
• Il c.d. fronte esterno consistente nella regolamentazione del lobbying, stricto sensu
inteso. Esso è costituito dalle norme – contenute in consuetudini e decisioni degli
Speaker della Camera dei comuni – direttamente rivolte ai lobbisti (i.e. trasparenza,
accesso alle istituzioni rappresentative, azione di pressione, ecc.). È infine
completato dalla disciplina del finanziamento privato della politica.
La consapevolezza che il Parlamento sia un luogo di incontro tra interessi diversi, ha
aperto in Gran Bretagna un dibattito sulla necessità di prevedere una regolamentazione sulle
modalità di inclusione nei processi decisionali dei soggetti portatori di interessi, al fine di
renderne effettiva la partecipazione, in condizione di parità323.
3.1. La regolamentazione del c.d. fronte interno.
I deputati rappresentano uno dei destinatari principali cui vengono indirizzate le attività
dei gruppi di pressione. Molti MPs sono ministri o Whips324 del partito di maggioranza,
ovvero deputati di prima fila (i.e. i frontbench spokesperson) o Whips del partito di
opposizione. Quei parlamentari che non sono ministri o deputati di prima fila sono
321 Amplius, P. PARVIN, Friend or Foe? Lobbying in British Democracy, Hansard Society, London, 2007.
322 J. GREENWOOD, C.S. THOMAS, Regulating Lobbying in Western World, in Parliamentary Affairs, 50(4), 1998, p.
488.
323 P.L. PETRILLO, Gruppi di pressione e Parlamenti in Gran Bretagna tra Westminster e Holyrood, in A. TORRE
(ed), Processi di devolution e transizioni costituzionali negli Stati unitari (dal Regno Unito all’Europa), Giappichelli,
Torino, 2007, p. 912.
324 Trattasi di componente di un partito politico, la cui funzione principale è quella di far rispettare la disciplina di
partito. Un whip è quindi un garante, che si occupa anche di minacciare sanzioni al fine di assicurare che il voto
espresso dal parlamentare sia in linea con l’indirizzo ufficiale del partito.
99
collettivamente designati come backbenchers. Le principali funzioni dei backbenchers sono
le seguenti:
• Rappresentanza dei propri elettori;
• Controllo delle scelte di spesa effettuate dal Governo;
• Attività in standing e/o select committees;
• Attività in commissioni di backbenchers o di gruppi inter-parlamentari (i.e. gli
All-Party Parliamentary Groups o APPGs).
Uno degli strumenti tradizionalmente più utilizzati dai gruppi di pressione è la pratica
della sponsorizzazione, vietata dal vigente Code of Conduct325 . I MPs, che agiscano
nell’interesse di gruppi di pressione, nell’ambito del procedimento legislativo si avvalgono
innanzitutto di strumenti ostruzionistici, ivi incluso il potere di proporre emendamenti.
Occorre tuttavia distinguere il procedimento legislativo, a seconda che il disegno di legge
sia di iniziativa governativa, di iniziativa parlamentare o di iniziativa privata.
I disegni di legge di iniziativa governativa (i.e. presentati dal Governo in occasione del
Queen’s speech) vengono discussi sulla base di un iter legislativo articolato su tre distinte
letture. La prima lettura consiste nella presentazione del disegno di legge (i.e. i c.d. public
bills) allo Speaker della Camera. La prima lettura si conclude con l’ordine dello Speaker di
stampare e distribuire il disegno di legge presentato. Si apre allora la seconda lettura, con
cui inizia il dibattito parlamentare sul disegno di legge. Durante la discussione in assemblea,
l’opposizione presenta la sua proposta alternativa, illustrata da un relatore appositamente
nominato, spesso coincidente con lo Shadow Minister. Terminata la discussione, se non
sono approvate mozioni di stralcio o di rinvio della discussione326, il disegno di legge
viene inviato alla commissione competente, che lo esamina articolo per articolo. In questa
sede i gruppi di pressione, tramite MPs di riferimento, riescono a far approvare
emendamenti specifici. Il disegno di legge viene quindi inviato nuovamente in assemblea,
accompagnato da una relazione di maggioranza e da almeno una relazione di minoranza. I
deputati che sono rimasti estranei alla prima fase hanno ora la possibilità di conoscere il
testo e di proporre emendamenti. Trattasi quindi di una fase di discovery o fase c.d. di
report stage. Nel corso della terza lettura, vengono votati gli emendamenti, gli articoli e il
testo nel suo insieme. È importante sottolineare che a questo stadio non possono essere
proposti nuovi emendamenti, proposte di stralcio o di rinvio della discussione327. Dopo
l’approvazione, il disegno di legge è inviato all’altra Camera. Una volta approvato anche da
quest’ultima, il provvedimento è sottoposto al Royal Assent e viene infine pubblicato
sull’Hansard.
I disegni di legge di iniziativa parlamentare (i.e. i c.d. private Member’s bills) – inclusi
quelli proposti da privati (i.e. i c.d. private bills) – vengono presentati alla Camera da uno
specifico deputato, che ne espone le linee guida e ne chiede la votazione328. Con la
votazione si decide il destino del provvedimento (i.e. prosecuzione dell’iter vs. cessazione
dell’iter). La disciplina che regola la presentazione dei private bills è quella che fa capo agli
Standard Orders – Private Business, il cui ultimo aggiornamento risale al 2005. Questi
325 Infra, “I codici di condotta”.
326 Spesso da parte di deputati backbenchers.
327 Una disciplina diversa è dettata per la Camera alta.
328 Si segue come regola generale la ten minute rule. L’illustrazione del disegno avviene ogni mercoledì, al termine
del question time, per un tempo massimo di dieci minuti.
100
ultimi disegni di legge menzionati sono finalizzati a proporre vantaggi a soggetti particolari
(i.e. persone, istituzioni, ecc.). Pertanto, determinano restrizioni dell’ambito di efficacia (i.e.
deroghe) della legislazione generale. I private bills devono essere presentati, tramite
petizione, entro il 27 novembre di ciascun anno. Entro l’11 dicembre successivo deve
esserne data notizia, a spese del proponente, su almeno un quotidiano a tiratura nazionale, in
maniera da consentire a tutti gli interessati di presentare una petizione a supporto o una
petizione contraria al disegno di legge. Quest’ultimo viene esaminato dalla Court of
Referees, composta dai backbenchers assititi dallo Speaker’s Counsel. I promotori del
disegno di legge vengono quindi ascoltati, insieme ad eventuali soggetti favorevoli o
contrari all’approvazione del provvedimento.
I parlamentari possono organizzarsi in gruppi di pressione interni al parlamento, dando
luogo alla costituzione di intergruppi parlamentari, costituiti da parlamentari appartenenti a
diversi schieramenti politici (i.e. gli All-Party Parliamentary Groups o APPGs) ovvero
anche da elementi della società civile (i.e. gli Associate Parliamentary Groups). Questi
gruppi, di carattere informale e trasversale, acquistano un peso rilevante sulle scelte
politiche quando il Governo non sia sostenuto da una solida maggioranza. Non godono di
uno status ufficiale all’interno del Parlamento, che non gli riconosce poteri né risorse
economiche.
Gli intergruppi parlamentari si occupano di differenti ambiti di materie, come la salute,
l’educazione e i trasporti. Alcuni si propongono di stabilire specifici legami con altri paesi o
con altri Parlamenti, altri ancora si indirizzano verso particolari argomenti. Variabile è la
durata dei diversi gruppi. Gli APPGs sono costituiti da MPs e Lords – talvolta con il
sostegno di soggetti esterni. Sono regolati in forza della disciplina dettata da una
Risoluzione della House of Commons del 1985 e le loro attività sono supervisionate
dall’ufficio del Parliamentary Commissioner for Standards. Le norme che reggono la
formazione e l’attività degli APPGs sono stringenti:
1) Gli APPGs devono riunirsi almeno una volta all’anno;
2) Gli APPGs devono rendere pubblico un riassunto dei loro scopi e l’elenco degli
amministratori, tra i quali vengono nominati un presidente, uno o due vicepresidenti, un segretario e un tesoriere;
3) I membri degli APPGs devono essere designati da entrambe le Camere e almeno
un amministratore deve provenire dalla Camera bassa;
4) Ciascun APPG conta un minimo di venti membri, di cui dieci appartengono al
partito di governo, mentre degli altri dieci, almeno sei devono appartenere al
partito d’opposizione;
5) Occorre venga compilata la Registration Form for All-Party Groups.
Soddisfatti i criteri di cui sopra, gli intergruppi parlamentari sono inseriti nell’apposito
registro, cosa che gli consente di potersi designare come APPGs e di vedersi riconosciuta la
priorità per la prenotazione delle stanze entro il Palazzo di Westminster, nonché di
pubblicizzare i dettagli dei loro incontri nell’All Party Notice.
Ci sono centinaia di APPGs, in grado di sviluppare una reale expertise rispetto alla loro
area di interesse. Sia sufficiente considerare che molti APPGs producono reports e
nonostante essi siano di diversa levatura e spessore, la relativa posizione in ambito
parlamentare gli assicura gran parte dell’attenzione dei media. Poiché gli APPGs ricevono
101
poco supporto dal Parlamento, e nessuna risorsa economica, i lobbisti hanno la possibilità di
entrare in contatto con gli APPGs a diversi livelli:
• Possono sponsorizzare l’APPG;
• Possono fornirgli l’apparato di servizio329;
• Possono prendere accordi con gli Speakers, affinché indirizzi i lobbisti stessi ad
un incontro organizzato da un APPG;
• Possono organizzare visite specifiche o incentivare l’ingresso di soggetti esterni
negli Associate All-Party Parliamentary Groups;
• Possono infine suggerire argomenti per uno dei reports di un APPG, nonché
assisterli nella fase di elaborazione e distribuzione.
In aggiunta a quanto precede, i gruppi di pressione sfruttano anche le possibilità offerte
dalle parliamentary commettees 330 , in particolare select committeesse. Queste sono
competenti a controllare le politiche e le azioni intraprese a livello governativo. Di riflesso,
i gruppi di pressione preparano, con estrema cura, memoranda di supporto per tali
organismi. Molti dei più importanti gruppi di pressione sono considerati una fondamentale
fonte di informazione e sono spesso invitati dai componenti delle stesse commissioni a
rispondere a domande su specifici argomenti.
In via riassuntiva, il lobbying ha modo di penetrare nelle aule parlamentari soprattutto
grazie all’azione dei backbenchers. Come si è visto, tali deputati intervengono spesso nel
dibattito in assemblea grazie all’attivazione di strumenti ostruzionistici. Sono altresì
componenti della commissione incaricata di esaminare i private bills e delle commissioni
parlamentari. Possono infine riunirsi in intergruppi parlamentari.
3.1.1. I codici di condotta.
I codici etici o codici di condotta costituiscono l’ultima di una serie di iniziative volte a
formalizzare le prassi che a partire dalla prima metà del XIX secolo sono state introdotte
dagli Speakers della Camera bassa, al fine di limitare il conflitto di interessi dei MPs.
Il termine “codice di condotta” si riferisce a tutti quei precetti etico-morali che i
parlamentari sono tenuti a rispettare durante il loro mandato – e talvolta anche una volta
terminato il mandato stesso – nei loro contatti con il mondo esterno331. Ciò sarebbe
funzionale a preservare la fiducia del corpo elettorale nell’integrità e serietà del Parlamento
stesso. I codici di condotta sono altresì volti ad evitare la compromissione dell’assemblea
rappresentativa, in considerazione del fatto che le regole in essi contenute sono formulate
329 La sponsorizzazione e la messa a disposizione di un gruppo di professionisti devono essere comunicati e/o
notificati.
330 W. GRANT, Pressure Groups, Politics and Democracy in Britain, 2nd edn, Harvester Wheatsheaf, Hertfordshire,
1995, p. 71.
331 L’importanza dei codici etici si rivela fondamentale in paesi, come la Gran Bretagna, caratterizzati da
un’opinione pubblica attenta al comportamento dei propri rappresentanti e, allo stesso tempo, incline a scegliere, se
costretta, l’onestà rispetto alla competenza. Si veda al riguardo N. Allen, S. Birch, Political Conduct and Misconduct:
Probing Public Opinion, in Parliamentary Affairs, 64(1), 2011, p. 78.
102
per impedire il verificarsi di favoritismi, conflitti d’interessi e, in generale, ogni sospetto di
pratiche corruttive332.
Il precedente più rilevante è rappresentato da tre mozioni approvate nel 1974333. Con la
prima è stato imposto al MP di dichiarare ogni «relevant pecuniary interest or benefit of
whatever nature, whether direct or indirect, that he may have had, may have or may be
expecting to have». Questo obbligo scatta ogni volta che ci si trovi nell’ambito di un
dibattito parlamentare, in occasione di comunicazioni scritte/orali con altri parlamentari,
ovvero con membri del Governo o civil servant. La terza mozione ha istituito il Register of
Members’ Interests. Infine, la seconda mozione ha reso permanente il Select Committee on
Members’ Interests, che ha un compito di vigilanza su tutte e tre le mozioni citate. Dunque i
deputati – e a far data dal 1996 anche i Lords – sono obbligati ad informare per iscritto i
Segretari generali della Camera di appartenenza circa gli interessi di cui sono portatori, sia
direttamente che indirettamente334.
Nel 1985 viene pubblicato il Report conclusivo dei lavori svolti dal Select Committee on
Members’ Interests sull’opportunità di creare quattro ulteriori registri335. Questi avrebbero
dovuto riguardare, rispettivamente, gli assistenti/collaboratori dei MPs e dei Lords, i
giornalisti, gli all-party groups e i lobbisti. I primi tre registri – istituiti nel 1985 e divenuti
pubblici nel 2000 – sono ora online e consultabili da chiunque336. Non si è invece deciso di
istituire il registro delle lobby anche a seguito della relazione finale del Committee on
Standards in Public Life (CSPL), istituito ad hoc nel 1994, in risposta allo scandalo
denominato “cash-for-questions”337, e presieduto da Lord Nolan338. In ogni caso, la
relazione da ultimo citata ha raccomandato la redazione di un codice di condotta. Dunque,
nella seduta del 6 novembre 1995 la Camera bassa istituisce il Parliamentary Commissioner
for Standards (CPS) e approva il primo codice di condotta o The Code of Conduct, da
ultimo modificato nel 2009. È ad oggi discussa la scelta di aver previsto l’istituzione del
commissario tramite un atto parlamentare e non legislativo. Quest’ultimo avrebbe infatti
garantito maggiore indipendenza all’organo, ma avrebbe comportato allo stesso tempo la
judicial review delle attività e delle decisioni del commissario stesso339
Il 9 febbraio 2009 la Camera bassa approva anche una guida pratica, contenente casi
esplicativi, finalizzata ad una più chiara comprensione dei limiti imposti dal codice340. Lo
scopo preso di mira dal Code of Conduct è di fornire una cornice adeguata per valutare se la
332 M. VAN DER HULST, The Parliamentary Mandate. A Global Comparative Study, Inter-Parliamentary Union,
Geneva, , 2000, p. 119.
333 House of Commons, seduta del 22 maggio 1974, Debs., 874, c. 391.
334 G. JORDAN, Towards Regulation in the UK: From “General Good Sense” to “Formalised Rules” in
Parliamentary Affairs, 50(4), 1998, p. 3.
335 Select Committee on Members’ Interests, First Report, House of Commons, 408, 1984-5.
336 http://www.parliament.uk/mps-lords-and-offices/standards-and-interests/.
337 Trattasi di uno scandalo politico degli anni ’90. Iniziò nell’ottobre del 1994 quando The Guardian riportò che il
più conosciuto lobbista della City, Ian Greer – appartenente a Ian Greer Associates – aveva corrotto due MPs
conservatori in cambio, tra le altre cose, di parliamentary questions. Il cliente per cui Ian Greer aveva agito era stato
Mohamed Al-Fayed, ricco egiziano, proprietario di centri commerciali.
338 Standards in Public Life, CM 2850 – I, maggio 1995.
339 P. LEOPOLD, Standards of Conduct in Public Life, in J. JOWELL and D. OLIVER (eds), The Changing Constitution,
7th edn, Oxford University Press, Oxford, p. 424 ss.
340 http://www.publications.parliament.uk/pa/cm200809/cmcode/735/735.pdf.
103
condotta del parlamentare sia da ritenersi appropriata. In primo luogo, vengono specificati i
doveri dei MPs e/o dei Lords:
a) Lealtà alla Corona;
b) Rispetto della legge;
c) Obbligo di dirigere la propria azione nell’interesse del paese, in generale, e dei
propri elettori, in particolare.
In secondo luogo, il Code of Conduct esige dai parlamentari il rispetto di c.d. seven
principles of public life rappresentati, nello specifico, dal dovere di imparzialità,
integrità/incorruttibilità,
obiettività,
responsabilità,
trasparenza,
onestà
e
leadership/autorevolezza341. A norma del Codice, i sette principi devono essere riguardati
come criteri per verificare la violazione delle restanti disposizioni. Quando si verifica un
conflitto tra l’interesse privato di un parlamentare e l’interesse generale, quest’ultimo deve
necessariamente prevalere. Il Code of Conduct riafferma il divieto di remunerazione per
attività di supporto ad un qualsiasi provvedimento e/o iniziativa. A garanzia di questa
previsione, il parlamentare è tenuto a dichiarare i propri interessi. I MPs e/o i Lords devono
infine ricordare i loro impegni e le loro responsabilità verso l’elettorato, nonché i doveri di
servire l’interesse nazionale.
I procedimenti di controllo sono affidati alla Committee on Standards and Privileges e al
Parliamentary Commissioner. Nel caso giunga una segnalazione, il commissario, nominato
con risoluzione della Camera bassa e da questa revocabile, può designare un panel di
investigazione che lo assista nell’accertamento dei fatti. Invia quindi un parere alla
Commissione che, se aderisce alle conclusioni, può formulare una serie di raccomandazioni
alla House of Commons sui provvedimenti più opportuni da adottare. Il commissario può
altresì imporre la produzione di documenti o la presentazione del parlamentare di fronte alla
Commissione stessa.
In definitiva, il codice di condotta svolge un ruolo integrativo rispetto al contesto
normativo di riferimento e in una e-democracy permettono di esporre il parlamentare ad un
nuovo giudizio342.
3.2. La regolamentazione del c.d. fronte esterno.
Come anticipato, la regolamentazione del c.d. fronte interno occupa due distinti versanti.
Da un lato, le norme riguardanti in maniera specifica la figura dei lobbisti. Dall’altro lato, le
norme inerenti il finanziamento privato della politica. Quest’ultimo aspetto verrà
brevemente trattato nel prossimo paragrafo. La maggior parte della disciplina riguardante i
lobbisti è rimessa all’autonoma regolamentazione della categoria. In ogni caso, conviene
evidenziare come a partire dalla seconda metà del XIX secolo si affermi la figura del c.d.
agente parlamentare. Si tratta di un avvocato che, responsabile personalmente di fronte allo
Speaker della Camera bassa, ha l’incarico di influire sul destino di un preciso disegno di
341 Selflessness, integrity, objectivity, accountability, openness, honesty, leadership.
342 S. SILEONI, Rules e Standars per i membri delle Assemblee rappresentative britanniche: ruolo dei codici di
condotta, in A. Torre (a cura di), Processi di devolution e transizioni costituzionali negli Stati unitari (dal Regno
Unito all’Europa), Giappichelli, Torino, 2007, pp. 1083 ss.
104
legge, sostenendone o bloccandone l’approvazione. Nonostante la figura dell’agente
parlamentare sia ormai da considerarsi desueta, l’ordinamento britannico distingue due tipi
di agenti parlamentari:
• Roll A Parliamentary Agents. Titolari di licenza professionale rilasciata
dalla Camera dei Comuni e dalla Camera dei Lord. Possono redigere
disegni di legge e possono rappresentare, in via permanente, interessi
particolari presso i parlamentari.
• Roll B Parliamentary Agents. Autorizzati, in via occasionale e su
richiesta motivata rivolta allo Speaker di ciascuna Camera, a presentare
una petizione volta a contrastare l’approvazione di uno specifico private
bill.
In Gran Bretagna, il settore del lobbying è oggetto di un’autonoma regolamentazione,
resa possibile dall’attività di quattro organismi343:
a) Chartered Institute of Public Relations (CIPR);
b) Government Affairs Group (GAG);
c) Public Relations Consultants Association (PRCA).
d) Association of Professional Political Consultants (APPC);
Tutti i dettagli sui relativi codici di condotta sono riportati nei relativi web-site. Il
CIPR344 è stato istituito nel 1957 ed è dotato di una Royal Charter. La Royal Charter
richiede ai suoi membri di agire costantemente in modo tale da perseguire il bene pubblico.
Allo stesso tempo, il codice di condotta impone di «maintain the highest standards of
professional endeavour, integrity, confidentiality, financial propriety and personal conduct».
Tutte le violazioni del codice di condotta vengono sottoposte all’attenzione del Professional
Practices Committee del CIPR. Nell’ipotesi in cui non sia raggiunta una soluzione
soddisfacente, il caso passa alla Commissione disciplinare. Quest’ultima può sanzionare,
sospendere o espellere il trasgressore. Molti componenti del GAG sono anche componenti
del CIPR e sono pertanto tenuti a rispettarne il codice di condotta. In ogni caso il GAG ha
un suo proprio codice di condotta, che si occupa di integrità, trasparenza, riservatezza,
undue influence e conflitti di interesse.
Il PRCA345 è stato costituito nel 1969 e rappresenta 150 delle più grandi società di
consulenza della Gran Bretagna. I suoi componenti sono impegnati prevalentemente nel
settore delle pubbliche relazioni, ma molti di loro hanno anche dipartimenti di public affairs.
Esiste uno specifico codice di condotta indirizzato ai lobbisti aderenti al PRCA, che copre
molti degli stessi aspetti già contemplati dai codici di condotta del CIPR e del GAG.
L’APPC346 è stata fondata nel 1994 come conseguenza diretta dello scalpore sollevato
dallo scandalo “cash-for-questions”. L’APPC rappresenta circa sessanta associati e ha uno
stringente codice di condotta. Tale codice non contiene soltanto norme di comportamento
improntate alla trasparenza e alla correttezza, ma prevede anche che tutto lo staff e i vari
clienti di ciascun membro siano indicati nel website dell’APPC, nonché il divieto di
assumere MPs, Lords, parlamentari europei, scozzesi, dell’Irlanda o appartenenti alla
343 L. ZETTER, Lobbying. The Art of Political Persuasion, Harriman House, Petersfield, 2008, pp. 9 ss.
344 http://www.cipr.co.uk/.
345 http://www.prca.org.uk/.
346 http://www.appc.org.uk/.
105
Greater London Assembly. È altresì escluso che uno degli associati abbia parliamentary
security passes. Queste tre serie di limiti hanno fatto sì che occasionalmente l’APPC si sia
trovato in disaccordo con il CIPR e con il GAG. Con riferimento al primo limite, alcune
società di lobbying e alcuni lobbisti – inclusi avvocati che svolgono tale attività –
rivendicano l’opzione di non dover rivelare tutti i loro clienti. Ciò in ragione degli aspetti
commercialmente sensibili dei clienti, come nel caso di una holding, dei vincoli rientranti
nell’obbligo di segreto professionale, oppure del fatto che la consulenza può essere limitata
ad aspetti semplicemente informativo-orientativi. Il secondo limite è di sicuro meno
controverso, in considerazione del fatto che ai MPs è già proibito di essere retribuiti per
promuovere determinati interessi in assemblea. L’eccezione riguarda la Camera alta, in cui i
Lords non ricevono una retribuzione, ma un modesta “indennità”. Molti sono quindi
costretti a mantenere un’attività al di fuori della Camera di appartenenza e alcuni lavorano
nelle pubbliche relazioni inerenti il settore dei public affairs. Con riferimento al terzo limite,
alcuni MPs e Lords forniscono a organizzazioni not-for-profit, charities, gruppi di pressione
e trade unions, e il cui lavoro è virtualmente identico a quello dei lobbisti che prestano
servizio per le società, appositi tesserini d’ingresso.
Il 25 marzo 2010, le tre principali organizzazioni rappresentative dei lobbisti
professionisti, hanno istituito un organismo indipendente, l’UK Public Affairs Council
(UKPAC)347, che ha il compito di tenere un registro pubblico, aggiornato trimestralmente,
contenente i nomi di coloro che esercitano professionalmente il lobbying, con indicate
anche le azioni di pressione intraprese (e.g. interazioni, contatti, incontri, ecc.).
La self-regulation riguarda i soli soggetti che, su base contrattuale, abbiano
volontariamente deciso di iscriversi e non esiste quindi una procedura di formale
registrazione dei lobbisti. Conseguentemente, ci sono molti liberi professionisti o freelance
che svolgono attività di lobbying. Infine, nonostante la House of Commons Public
Administration Select Committee (PASC) abbia raccomandato la creazione di uno statutory
register348, il Governo ha successivamente scelto di non seguire tale indicazione. La scelta
di creare un registro statale non era stata a suo tempo ritenuta opportuna dalla relazione
finale del Committee on Standards in Public Life (CSPL), presieduto da Lord Nolan e più
sopra ricordato. Nolan concluse che l’istituzione di un registro pubblico sarebbe equivalso
ad offrire ai lobbisti uno strumento di marketing. I lobbisti registrati avrebbero infatti
rivendicato uno status ufficiale di fronte ai potenziali clienti, acquistando di riflesso un
vantaggio concorrenziale rispetto a tutti gli altri professionisti del settore349.
3.3. Il finanziamento privato della politica.
347 http://www.publicaffairscouncil.org.uk/.
348 Public Administration Select Committee, Lobbying: Access and Influence in Whitehall, 5 January 2009.
349 D. MILLER, W. DINAN, Corridors of Powers: Lobbying in the UK, in Observatoire del la société britannique 6,
2008.
106
In Gran Bretagna, lo Stato interviene sulla materia del finanziamento con misure
minimali, determinando di fatto l’erogazione di un sussidio indiretto350. I servizi offerti
sono i seguenti. In particolare, i partiti britannici possono avvalersi, gratuitamente, di servizi
postali, dell’uso di edifici pubblici nel corso delle campagne elettorali, della vigilanza
statale alle conferenze, di spazi televisivi, in proporzione ai voti ottenuti, nonché di una
retribuzione in favore dei soli partiti dell’opposizione, chiamata Short Money351. È altresì
prevista un’esenzione fiscale dal Capital Transfer Tax Act 1984, a vantaggio di coloro che
sovvenzionano i partiti costituiti da almeno due deputati.
Tuttavia, poiché le forme di agevolazione sopra ricordate, insieme al contributo degli
iscritti e ad altre attività, non sono da sole sufficienti a garantire ai partiti il sostentamento,
devono necessariamente essere reperite altre fonti di entrata. La legge che a lungo ha
defintio la disciplina di riferimento è stata il Corrupt and Illegal Practices (Prevention) Act
1883 352 . Il finanziamento dei partiti politici da parte dei privati è stato oggetto di
regolamentazione compiuta soltanto a partire dal Political Parties and Elections Act 2000,
successivamente modificato nel luglio del 2009 353 . Sul finanziamento privato dei
movimenti politici (i.e. partiti, associazioni e/o fondazioni connesse ai partiti stessi) vigila
l’Electoral Commission, al fine di garantire la trasparenza del finanziamento. I membri dei
partiti, le fondazioni registrate e i titolari di cariche elettive possono ricevere finanziamenti
(i.e. donazioni, contributi di iscrizione e/o affiliazione, sponsorizzazioni, fornitura di
attrezzature, beni e servizi, prestiti, ecc.), a patto che tali finanziamenti vengano comunicati
all’Electoral Commission. L’obbligo della notifica ricade:
- Sul soggetto finanziatore (i.e. il permissible donor) se l’ammontare della singola
donazione sia superiore a 500,00 £, ovvero superiore a 1500,00 £ – quale
ammontare annuo complessivo per un membro di partito – o a 7500,00 £ – quale
somma versata a una fondazione collegata ad un partito;
- Sul soggetto finanziato (i.e. il regulated donors) se l’ammontare della singola
donazione sia inferiore a 500,00 £.
Le comunicazioni e/o notificazioni all’Electoral Commission vanno effettuate tramite
apposita relazione, da inviare ogni tre mesi. Nel corso della campagna elettorale le
comunicazioni e/o notificazioni devono essere fatte ogni settimana. Successivamente alla
conclusione delle elezioni, i partiti politici sono tenuti ad inviare all’Electoral Commission
un rapporto dettagliato che illustri, in maniera analitica, le spese sostenute durante la
campagna elettorale.
In caso di violazione della procedura sopra illustrata, è previsto un meccanismo
sanzionatorio articolato e piuttosto rigoroso.
350 G. CARAVALE, Il finanziamento della politica in Gran Bretagna, in F. LANCHESTER (a cura di), Finanziamento
della politica e corruzione, Giuffrè, Milano, 2000, p. 270. L’A. stima che l’ammontare dei servizi offerti possa essere
valutato tra i 3 e i 10 milioni di sterline annue.
351 Funzionale a compensare parzialmente il vantaggio che il partito di maggioranza riceve dall’utilizzo
dell’apparato di governo.
352 J. FISHER, Il finanziamento dei partiti politici in Gran Bretagna, in F. LANCHESTER, Finanziamento della politica
e corruzione, Giuffrè, Milano, 2000, p. 62.
353 P.L. PETRILLO, Democrazie sotto pressione. Parlamenti e lobby nel diritto pubblico comparato, Giuffrè, Milano,
2011, pp. 130 ss.
107
5. Conclusioni.
Il parlamentare inglese, deputato della House of Commons, viene eletto in collegi
uninominali, con un incarico di durata quinquennale. Il mandato che gli viene conferito è di
tipo rappresentativo. L’incarico de quo viene declinato, ad uno stesso tempo, in termini di
rappresentanza politica, nonché in termini di rappresentanza degli interessi. Il MP è quindi
destinatario di intense attività di lobbying da parte dei gruppi di pressione. Questi ultimi
ricomprendono constituents, colleghi d’assemblea e varie formazioni sociali, i cui obiettivi
sono spesso riformulati e promossi da lobbisti di professione.
Particolare importanza assume il ruolo dei backbenchers, deputati senza incarichi di
governo e/o ruoli istituzionali. La rappresentanza degli interessi da parte di questi ultimi
viene interpretata nell’ambito del procedimento legislativo (e.g. emendamenti, mozioni di
rinvio o stralcio, private Member’s bills) o in occasione del controllo dell’attività svolta
dall’esecutivo. I MPs possono altresì riunirsi in intergruppi parlamentari, organismi
trasversali, capaci di condizionare l’attività di Governo nell’ipotesi in cui quest’ultimo si
sostenga su deboli maggioranze parlamentari.
La regolamentazione dell’attività di lobbying, unitamente alla disciplina sul
finanziamento privato della politica, si fonda di massima sul principio di trasparenza. In
altre parole, salvi specifici divieti, il criterio principale cui si conforma la materia è quello di
palesare i rapporti intercorrenti tra il deputato e i gruppi di pressione. La condotta e le
decisioni istituzionali dei parlamentari sono valutate sulla base di specifici codici di
condotta, la cui violazione può sfociare in provvedimenti disciplinari e, in caso di una sua
entrata in vigore, nella procedura di recall.
Le prospettive di intervento da parte del legislatore inglese sono ora concentrate sul
versante dell’accesso, in condizioni di parità, tra i vari gruppi di pressione, prevedendo
adeguati luoghi di confronto tra Parlamento e società civile.
108
IL RAPPORTO TRA PARLAMENTARE E GRUPPO PARLAMENTARE NEL REGNO UNITO
A cura di Elena Pattaro
SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. I partiti politici fuori e dentro la Camera dei Comuni. - 2.1. Independents, Crossing the
floor e All-Party Groups. - 2.2. Organizzazione dei tre principali partiti politici: Conservative Party, Labour
Party e Liberal Democrats Party. - 2.2.1. Il Conservative Party. - 2.2.2. Il Labour Party. - 2.2.3. Il Liberal
Democrats Party. - 3. Il Whipping. - 3.1. Funzione coesiva e persuasiva dei Whips. - 3.2. Chief Whips e Usual
Channels. - 4. Il fenomeno del dissenso: cause e soluzioni. Il ruolo dei leader di partito.
1. Premessa.
Il presente capitolo ha lo scopo di esaminare i tratti salienti del rapporto tra parlamentari
(MPs) e gruppi parlamentari (parliamentary parties) nella camera bassa inglese, la House of
Commons.
Il capitolo si articola come segue. Innanzi tutto, qui di seguito, si svolge una breve
premessa sulle principali peculiarità del c.d. modello Westminster. Nel paragrafo 2, si
procede a un inquadramento dei tratti salienti dell’organizzazione e della disciplina dei
partiti, fuori e dentro la House of Commons. In particolare, si prendono in considerazione i
tre principali partiti politici: Conservative, Labour e Liberal Democrats. A tal fine, sono
stati consultati, oltre ai manuali, anche le Constitutions e gli Standing Orders354 adottati
dai singoli partiti. Successivamente, stante l’oggetto della ricerca, il paragrafo 3 si concentra
su un istituto in particolare, connotante l’organizzazione dei gruppi parlamentari: il ruolo
dei whips e dei Chief Whips nel mantenimento della disciplina all’interno del gruppo
parlamentare. Infine, nel paragrafo 4, con riguardo all’andamento della prassi parlamentare
e ai rapporti tra parlamentari e leadership, si svolgono considerazioni sui motivi che
inducono i parlamentari a osteggiare, piuttosto che a sostenere, le linee-guida di partito e
sulle strategie poste in essere dai leader dei partiti di maggioranza per garantire la coesione
del proprio gruppo e l’attuazione del programma politico in Parlamento.
Come sopra anticipato, lo studio dell’argomento in esame non può prescindere dalla
considerazione di alcune peculiarità della forma di governo britannica. In particolare, sono
almeno due gli aspetti che caratterizzano il sistema di cui trattasi:
a) l’assenza di un unico documento scritto qualificabile come Costituzione. I principi
costituzionali inglesi, infatti, sono ricostruibili prendendo in esame una pluralità di fonti
normative di diversa natura, stratificatesi nel corso del tempo (per dirla con Peter Leyland,
le cc.dd. key constitutional sources)355. Di qui la rilevanza rivestita dalle fonti di carattere
354 Gli Standing Orders sono regolamenti scritti adottabili tanto dalle Camere (e, in questo caso, equiparabili ai
nostri regolamenti parlamentari) quanto dai gruppi, allo scopo di disciplinare la propria attività.
355 Le principali fonti della Costituzione inglese sono:
109
consuetudinario e convenzionale, ma anche dalle decisioni dei tribunali (secondo il
principio dello stare decisis proprio dei paesi di common law). Albert V. Dicey parlava, a
questo ultimo proposito, di judge-made constitution, in quanto molti dei principi
fondamentali che, nella maggior parte degli ordinamenti giuridici, sono codificati in carte
costituzionali e costituiscono una fonte di tutela dei diritti dei singoli, nel Regno Unito sono,
diversamente, il “risultato di decisioni giurisprudenziali” volte a tutelare i diritti individuali
nei casi concreti: in breve, non sono i principi costituzionali a generare la protezione dei
soggetti, ma è la protezione dei soggetti nei singoli tribunali a generare, nel corso del tempo,
i principi356;
b) il bipartitismo sostanziale connotante i risultati elettorali e la vita politica in
Parlamento, favorito dal sistema elettorale first past the post. Conformemente al vigente
sistema elettorale, il territorio inglese è suddiviso in 645 circoscrizioni, ognuna delle quali
elegge un membro della House of Commons: il candidato che riceve più voti vince il seggio.
Questo sistema avvantaggia i partiti politici più grandi, che possono contare su un elettorato
attivo più ampio e diffuso sul territorio, e, storicamente, ha contribuito alla sostanziale
alternanza al governo dei due maggiori partiti inglesi: il Conservative Party e il Labour
Party357. Inoltre, negli ultimi anni sta acquisendo sempre maggiori consensi il partito dei
liberal-democratici (Liberal Democrats), nato nel 1988 come successore dei partiti liberale
a) Statute law (atti legislativi scritti). Tra essi ricordiamo: la Magna Charta libertatum del 1215, il Bill of Rights del
1689, l’Act of Settlement del 1701, i Parliament Acts del 1911 e del 1949.
b) The Common Law. E' il sistema del c.d. “precedente giudiziario”: le decisioni giurisdizionali più significative sono
considerate di rilevanza costituzionale e applicate per casi analoghi dai giudici successivi.
c) European Union Law. L' European Communities Act del 1972, entrato in vigore nel 1973, ha elevato il diritto
dell'Unione Europea a fonte di rango costituzionale.
d) European Convention on Human Rights (ECHR). Da quando l'Human Rights Act (HRA) del 1998 è entrato in
vigore (2000), la ECHR è divenuta parte del diritto inglese alla stregua di una carta costituzionale dei diritti.
e) Legal Treatises. Sono trattati accademici che permettono di studiare il diritto costituzionale. I più importanti sono:
The English Constitution, di WALTER BAGEHOT (1867) e An Introduction to the study of the Law of the Constitution,
di A. V. DICEY (1885).
f) The law and Customs of Parliament: consuetudini parlamentari ritenute vincolanti e disciplinanti i rapporti tra gli
organi supremi.
g) The Royal Prerogative. Questa fonte è il retaggio dei poteri che spettavano al monarca quando ancora aveva un
ruolo nelle procedure di governo (ad esempio, dichiarare guerra). Oggi, queste prerogative sono state trasferite in
capo ai ministri.
h) Constitutional Conventions. Sono “la fonte delle regole non giuridiche della costituzione” (P. LEYLAND, The
Constitution of the United Kingdom, Hart Publishing, Oxford and Portland, Oregon, , 2012, p. 32). Di difficile
definizione, queste sono distinte dalle fonti giuridiche, ma allo stesso tempo strettamente connesse con esse, in quanto
regolano “nella pratica” tutte le attività disciplinate formalmente dalle altre fonti. P. LEYLAND, The Constitution of the
United Kingdom, cit., pp. 25 ss.
356 A.V. DICEY, Introduzione allo studio del diritto costituzionale. Le basi del costituzionalismo inglese, tr. it.a cura
di A. TORRE e presentazione di S. BARTOLE, Il Mulino, Bologna, 2003 pp. 162-163. Ed. Orig. Introduction to the
Study of the Law of the Constitution (1885), Macmillan, London, 19158.
357 I primi partiti politici rappresentati in Parlamento furono, a partire dalla fine del XVII secolo, i Tories e i Whigs.
I Tories, tradizionalisti, si fecero promotori della conservazione di un forte ruolo della Corona. I Whigs, d'altro canto,
erano favorevoli a un pregnante potere legislativo del Parlamento. Alla fine del XIX secolo i Conservatives (in
origine, Tories) e i Liberals (in origine, Whigs) erano i due principali partiti politici. La fondazione del Labour Party
risale, invece, alla fine del XIX secolo. Soltanto dopo la prima guerra mondiale, questa forza politica cominciò a
soppiantare i Liberals, divenendo, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, il principale partito di centrosinistra che si alternò ai Conservatives nel governo del paese. P. LEYLAND, The Constitution of the United Kingdom,
cit., pp. 109-110. A. TORRE, Il regno Unito, in P. CARROZZA – A. DI GIOVINE – G.F. FERRARI (a cura di), Diritto
costituzionale comparato, Laterza, Bari, 2009, pp. 78-80.
110
e social-democratico, il cui leader, Nick Clegg, è attualmente vice Primo Ministro del
governo di coalizione (il primo da decenni) costituito nel 2010. Altri partiti politici sono
spesso legati a determinate aree geografiche (ad esempio, lo Scottish National Party) o a
certe tematiche (il Green Party)358.
2. I partiti politici fuori e dentro la Camera dei Comuni.
2.1. Independents, Crossing the floor e All-Party Groups.
Nel modello Westminster, non tutti i parlamentari appartengono necessariamente a un
gruppo. Infatti, possono partecipare alle elezioni tanto i candidati scelti dal partito di
appartenenza quanto soggetti “indipendenti”, che paghino un deposito di 500£ e abbiano
raccolto nominations da almeno dieci elettori (subscribers). I parlamentari non appartenenti
ad alcun partito politico sono chiamati Independents. Ciononostante, nel Regno Unito non
esiste una figura equiparabile al gruppo misto italiano359.
D’altro canto, l’appartenenza di un parlamentare a un determinato partito non esclude la
possibilità di cambiare gruppo. In proposito, si parla di crossing the floor: il soggetto che
cambia alleanza deve spostarsi da un’ala all’altra della Camera, dal momento che i
parlamentari appartenenti a partiti politici opposti siedono ai lati opposti dell’Aula.
Nonostante il sito ufficiale del Parlamento faccia menzione di questo istituto, non si sono
trovati riferimenti nella manualistica. Questo aspetto, che varrebbe la pena approfondire,
potrebbe far pensare che i casi di mobilità parlamentare siano piuttosto rari nell’esperienza
britannica.
Inoltre, esistono i cc.dd. All-Party Groups (APGs), ossia gruppi dal carattere
“trasversale” composti di parlamentari provenienti dai vari parliamentary parties e, spesso,
da soggetti esterni (individui o organizzazioni), che sono coinvolti nelle attività dei gruppi
stessi360.
2.2. Organizzazione dei tre principali partiti politici: Conservative Party, Labour Party e
Liberal Democrats Party.
2.2.1. Il Conservative Party.
Le regole concernenti la struttura del partito conservatore e le funzioni dei vari organi
che lo compongono sono contenute in una Constitution risalente al 1998.
A livello extra-parlamentare, a partire dal Reform Act del 1867, che allargò il suffragio a
artigiani e operai dei centri urbani, si assiste allo sviluppo di almeno tre strutture, aventi
principalmente lo scopo di raccogliere il consenso dell’elettorato: la National Union of
Conservative and Unionist Associations (NUA), le Constituency Associations e il
Conservative Central Office. La National Union of Conservative and Unionist Associations,
fondata nel 1867, è un’organizzazione che unisce, a livello nazionale, le istanze delle varie
358 P. LEYLAND, The Constitution of the United Kingdom, cit., pp. 109 ss. M.P. TRIPALDI – T. TEKLÈ, I partiti politici
nell’ordinamento del Regno Unito, in S. MERLINI (a cura di), Rappresentanza politica, gruppi parlamentari, partiti: il
contesto europeo, volume I, Giappichelli, Torino, 2001, pp. 217-218.
359 P. LEYLAND, The Constitution of the United Kingdom, cit., p. 110. www.parliament.uk.
http://www.electoralcommission.org.uk.
360 www.parliament.uk.
111
associazioni territoriali (Constituency Associations) di sostegno al partito. Il Conservative
Central Office, istituito nel 1870, è la struttura dai connotati maggiormente professionali e
organizzativi del partito: ha lo scopo di guidare e coordinare l’attività del partito nel paese,
anche mediante il dialogo con le Constituency Associations361.
Al di là delle organizzazioni di supporto, giova menzionare due organismi istituiti dalla
Constitution del 1998 allo scopo di favorire il coinvolgimento di tutte le componenti del
partito nella definizione delle sue strategie politiche. Trattasi del Conservative Policy
Forum (di cui alla parte VIII della Constitution), preposto a coordinare la formazione e lo
sviluppo delle idee e iniziative all’interno del partito e a consigliare il Leader in merito a
queste, e del Board of the Conservative Party (parte IV), organo gestionale e
amministrativo del partito (tra le sue funzioni si elencano, ad esempio, lo sviluppo e
l’implementazione delle strategie del partito, l’approvazione del budget, l’organizzazione
delle conferenze del partito, ecc.)362.
In Parlamento, il partito conservatore opera mediante il gruppo parlamentare: il
Conservative Parliamentary Party. Il gruppo è, a sua volta, suddiviso in più sotto-gruppi di
back-benchers, portatori e promotori di diverse ideologie (ad esempio, tradizionalisti e
modernizzatori). La forza dei singoli sotto-gruppi si esprime nelle varie attività del gruppo
parlamentare conservatore: dall’elezione del Leader alla decisione circa le politiche da
adottare nelle materie più delicate (ambiente, sviluppo, ecc.)363.
L’organizzazione del gruppo parlamentare conservatore e dei suoi membri vede
coinvolti una serie di organi:
a) il Leader di partito, coadiuvato dal Conservative Policy Forum, delinea il programma
politico. Inoltre, egli nomina il Chief Whip e il party Chairman e svolge importanti funzioni
anche nell’ambito della vita extra-parlamentare del partito (ad esempio, è suo compito
nominare le cariche più alte del Conservative Central Office). Le modalità di elezione del
Leader sono state riformate, da ultimo, in occasione dell’approvazione della Constitution,
nel 1998, nell’ottica di una maggiore democratizzazione della struttura partitica. Infatti,
conformemente a quanto stabilito dalla Constitution, tutti i membri del partito sono soggetti
attivi nella procedura di elezione del Leader (prima riservata al parliamentary party), previa
designazione dei candidati ad opera del parliamentary party364;
b) The 1922 Committee. Questo Committee deve il suo nome all’anno in cui il dibattito
dei back-benchers del partito – i quali si incontravano al Carlton Club – fu più vivace. Il suo
scopo è creare un luogo permanente di confronto che renda i back-benchers più partecipi
alla vita parlamentare. Per questo motivo, il 1922 Committee è composto solo dai backbenchers members e, eventualmente e solo quando il partito sia all’opposizione, dai frontbenchers (ma non dal Leader, a meno che egli non venga invitato a discutere di determinati
argomenti). In occasione della riunione settimanale, i whips aggiornano il Committee sulle
attività in programma per la settimana successiva. Le opinioni emerse nel corso del dibattito
361 M.P. TRIPALDI – T. TEKLÈ, I partiti politici nell’ordinamento del Regno Unito, cit., pp. 219, 227-228.
362 M.P. TRIPALDI – T. TEKLÈ, I partiti politici nell’ordinamento del Regno Unito, cit., pp. 228, 260-263.
363 M.P. TRIPALDI – T. TEKLÈ, I partiti politici nell’ordinamento del Regno Unito, cit., pp. 230-231.
364 Sulle modalità di elezione del Leader e relative proposte di riforma, diffusamente, R. KELLY – P. LESTER,
Leadership
Elections:
Conservative
Party,
reperibile
all’URL
http://www.parliament.uk/business/publications/research/notes-on-parliament-and-constitution/, Library Standard
Note, Section Parliament and Constitution Centre, 2005.
112
sono di grande influenza tanto sul Leader, il quale deve cercare di mantenere i consensi e
effettuare un bilanciamento tra gli interessi in gioco, quanto sui singoli ministri, i quali sono
condizionati dagli eventuali moniti provenienti dal 1922 Committee365. A sua volta, il 1922
Committee si compone di due importanti organi, aventi lo scopo di mettere in relazione il
Leader e i back-benchers: l’executive committee, che trasmette le posizioni dei backbenchers al Leader, e il Chairman, il quale, rendendosi portavoce dei back-benchers, svolge
una funzione analoga a quella esercitata dal Chief Whip rispetto ai front-benchers;
c) I party committees. I membri del gruppo parlamentare partecipano ai committees, i
quali sono costituiti per materia e per territorio. Le discussioni svolte dagli officers in seno
alle riunioni dei committees non terminano con una votazione, ma possono influire sulle
decisioni di settore quando il partito è al governo;
d) i Whips. Stante la sostanziale omogeneità della disciplina del whipping nei vari partiti
politici, si rimanda al paragrafo 3 per l’analisi complessiva di tale istituto366.
2.2.2. Il Labour Party.
Le regole riguardanti l’organizzazione del partito laburista si trovano in varie fonti: la
Constitution, inserita nel primo capitolo del Labour Party Rule Book, gli Standing Orders e
le Conference Rules.
In breve, la struttura del partito al di fuori del Parlamento si articola nelle seguenti
principali componenti: 1) Party Conference, composta da delegati nominati da ogni trade
union affiliata al partito o altre organizzazioni affiliate, delegati nominati dalle
constituencies labour party e alcuni membri d’ufficio (ad esempio, i membri del National
Executive Committee). La Conferenza programma i suoi lavori, si riunisce e vota secondo le
regole indicate nel capitolo 3 (Party Conference), paragrafo C (procedural rules for Party
Conference) del Labour Party Rule Book; 2) il National Executive Committee of the party
(NEC), un organo amministrativo sottoposto al controllo e alla direzione della conferenza di
partito; 3) su decisione del NEC, le constituencies labour party (CLP), unità rappresentative
del partito nelle singole circoscrizioni territoriali, a loro volta suddivise in più branches; 4)
il National Trade Union and Labour Party Liaison Organisation, avente lo scopo di
coinvolgere le organizzazioni affiliate al partito367.
A differenza di quanto avviene nel partito conservatore, che assegna al rispettivo gruppo
parlamentare e al Leader la sostanziale indicazione dell’indirizzo politico, gli organi extraparlamentari del partito labourista rivestono un’importantissima e autonoma funzione a
questo riguardo. In particolare, la Constitution attribuisce vasti poteri tanto alla Conferenza
di partito quanto al National Executive Committee. Ciononostante, è stato osservato che
spesso, per motivi contingenti, il Leader di partito ha rivestito comunque un ruolo
decisionale essenziale. Se questa constatazione autorizza alcuni autori a riscontrare una
sostanziale analogia nella figura del Leader dei partiti conservatore e labourista, altri
evidenziano che i Leader labouristi hanno comunque sempre cercato un consenso nella
365 Su cui M.P. TRIPALDI – T. TEKLÈ, I partiti politici nell’ordinamento del Regno Unito, cit., p. 224, nota 23.
366 M.P. TRIPALDI – T. TEKLÈ, I partiti politici nell’ordinamento del Regno Unito, cit., pp. 220 ss.
367 M.P. TRIPALDI – T. TEKLÈ, I partiti politici nell’ordinamento del Regno Unito, cit., p. 234. www.labour.org.uk.
The
Labour
Party
Rule
Book,
2010,
reperibile
all’URL
http://www.leftfutures.org/wpcontent/uploads/2011/02/Labour-Party-Rule-Book-2010.pdf.
113
Conferenza. Inoltre, si deve tenere conto dell’influenza esercitata dalle esigenze concrete
del partito sul riparto dei poteri tra i vari organi. Dalla fine degli anni ’70, ad esempio, per
far fronte al calo dei consensi elettorali, si è assistito a un rafforzamento dell’autorità del
Leader, a discapito dei poteri della Conferenza, realizzato mediante l’istituzione di alcuni
organismi controllati dalla Leadership368.
Il gruppo parlamentare laburista (Parliamentary Labour Party), come avviene anche nel
gruppo parlamentare conservatore, è a sua volta organizzato in sotto-gruppi rappresentativi
di differenti orientamenti ideologici. All’interno della House of Commons, esso si articola
nelle seguenti componenti:
a) il Leader. Il Leader e il presidente del gruppo parlamentare sono due figure distinte.
Mentre il primo è eletto dalla Conferenza del Labour Party tra i membri che siano MPs, il
secondo è eletto dal gruppo369;
b) il Parliamentary Committee è l’organo esecutivo del gruppo parlamentare labourista.
Esso presenta una composizione diversa a seconda che il Labour Party sia al governo o
all’opposizione. Infatti, ricopre la funzione di Shadow Cabinet, quando i labouristi sono
all’opposizione, e rappresenta la sintesi degli interessi di ministri e back-benchers, quando
il partito è al Governo370. Le sue funzioni sono molteplici. In primo luogo, fornisce ogni
settimana un rendiconto delle proprie attività, allo scopo di garantire l’informazione e la
partecipazione tanto dei front-benchers quanto dei back-benchers. Inoltre, gestisce il
calendario delle riunioni e gli oggetti dei dibattiti, vigila sul corretto funzionamento dei
Regional Groups e dei Departmental Committees e coordina le attività del gruppo con
quelle del National Executive Committee;
c) i Party Committees. I Committees cui aderiscono i membri del gruppo labourista sono
i Regional Groups e i Departmental Committees. I primi sono volti a creare un
coordinamento con le istituzioni locali. I secondi, organizzati per materia in maniera
corrispondente ai dipartimenti governativi e composti di back-benchers, svolgono
un’attività di controllo sul lavoro ministeriale e, quando il Labour Party è all’opposizione,
di collaborazione con i front-benchers per la determinazione della politica del partito.
Tuttavia, di fatto, la partecipazione ai Departmental Committees di front-benchers e backbenchers nella prassi si rivela limitata, dando luogo a forme di opposizione più che di
confronto politico costruttivo. La spiegazione di ciò è da taluni rinvenuta nell’attività del
Parliamentary Committee, che prevale su quella svolta dai Departmental Committees371;
d) i Whips. Stante la sostanziale omogeneità della disciplina del whipping nei vari partiti
politici, si rimanda al paragrafo 3 per l’analisi complessiva di tale istituto.
368 Su cui, diffusamente, M.P. TRIPALDI – T. TEKLÈ, I partiti politici nell’ordinamento del Regno Unito, cit., pp. 242
ss.
369 M.P. TRIPALDI – T. TEKLÈ, I partiti politici nell’ordinamento del Regno Unito, cit., pp. 234-235. Sull’elezione del
Leader, R. KELLY – P. LESTER – M. DURKIN, Leadership Elections: Labour Party, reperibile all’URL
http://www.parliament.uk/business/publications/research/notes-on-parliament-and-constitution/, Library Standard
Note, Section Parliament and Constitution Centre, 2010.
370 Sulle diverse composizioni del Parliamentary Committee, M.P. TRIPALDI – T. TEKLÈ, I partiti politici
nell’ordinamento del Regno Unito, cit., p. 236.
371 Sui party committees, più diffusamente, M.P. TRIPALDI – T. TEKLÈ, I partiti politici nell’ordinamento del Regno
Unito, cit., pp. 238 ss.
114
2.2.3. Il Liberal Democrats Party.
Come è stato previamente ricordato, l’attuale vice Primo Ministro, Nick Clegg, è il
leader di un terzo partito, emergente negli ultimi anni nel contesto britannico: il Liberal
Democrats Party. Stante la portata espansiva dei consensi raccolti da questo partito politico,
si ritiene opportuno dare conto brevemente dei principali caratteri della sua struttura.
Anche il Liberal Democrats Party ha adottato una Constitution (emendata, da ultimo, nel
Settembre 2011), contenente la disciplina tanto del partito liberal-democratico federale
(Liberal Democrats Federal Party), quanto dei singoli partiti federati che lo compongono
(Liberal Democrats in England, Scottish Liberal Democrats, Welsh Liberal Democrats).
Dalla lettura della Constitution, si ricava la seguente struttura organizzativa del Liberal
Democrats Federal Party: a) una Conferenza federale (articolo 6 della Costituzione); b) il
Federal Policy Committee (FPC), responsabile dello sviluppo del programma politico del
partito (articolo 7); c) il Federal Executive, responsabile del coordinamento e della
direzione dei lavori del partito (articolo 8); d) il Parliamentary Party (articolo 9); e) il
Leader (articolo 10)372.
3. Il Whipping.
3.1. Funzione coesiva e persuasiva dei Whips.
I whips sono membri del gruppo parlamentare preposti al mantenimento della disciplina
all’interno del gruppo stesso. In particolare, come vedremo, essi si occupano di
salvaguardare la coesione all’interno del partito, garantendo la comunicazione e il confronto
tra la Leadership (e, più in generale, i front-benchers) e i back-benchers.
Il termine whip (frusta) è preso in prestito dalla terminologia dell’arte venatoria. Infatti,
il whipper in è l’assistente del cacciatore che, mediante l’utilizzo di una frusta, ha il compito
di richiamare i cani da caccia allontanatisi dal gruppo.
Tradizionalmente, l’incarico di Government Chief Whip veniva, di fatto, ricoperto dal
Segretario Parlamentare al Tesoro (Parliamentary Secretary to the Treasury), un ufficiale
amministrativo che coadiuva l’attività del Tesoriere. Infatti, già nel XVIII secolo, il
Segretario Parlamentare al Tesoro rivestiva una funzione assimilabile a quella svolta dal
whipper in con i cani, garantendo l’unità e la forza del partito di maggioranza mediante il
coordinamento dei voti dei parlamentari.
Nel XIX secolo, la figura del Chief Whip è, per la prima volta, formalizzata, acquisendo
una sua autonomia. E’ da questo momento che i partiti cominciano a dotarsi, all’interno
della propria struttura organizzativa, di un Chief Whip, coadiuvato, a sua volta, da un Chief
Whip’s Office. Il Chief Whip’s Office è composto da un Deputy Chief Whip e da un team di
junior whips. I whips sono responsabili individualmente per una regione del paese (di solito,
corrispondente alla circoscrizione di provenienza) o per un particolare dipartimento. Nel
primo caso, essi devono occuparsi del mantenimento della disciplina tra i back-benchers
372 Sull’elezione del Leader, R. KELLY, Leadership Elections: Liberal Democrats, reperibile all’URL
http://www.parliament.uk/business/publications/research/notes-on-parliament-and-constitution/, Library Standard
Note, Section Parliament and Constitution Centre, 2007. Più in generale, sulla descrizione dettagliata
dell’organizzazione del partito, The Constitution of the Liberal Democrats, reperibile all’URL
http://www.libdems.org.uk/constitution.aspx.
115
appartenenti alla circoscrizione di loro competenza. Nel secondo caso, devono partecipare
agli incontri e ai lavori del dipartimento loro assegnato.
La funzione del Chief Whip consiste, quando il partito è al Governo, nel garantire che le
attività governative pianificate siano effettivamente svolte e, in particolare, che i
parlamentari della maggioranza votino in favore delle proposte legislative del Governo. In
quest’ottica, i whips devono: a) informare MPs e peers sulle attività parlamentari imminenti;
b) mantenere forte la coesione del partito in sede di votazione, assicurandosi che i membri
partecipino alle discussioni più importanti e sostengano il partito nelle diverse
parliamentary divisions; c) riferire al Leader le opinioni dei back-benchers373.
La parte più importante dell’attività dei whips consiste nel garantire la presenza dei MPs
alle votazioni e nel persuadere i back-benchers reticenti a votare conformemente alle linee
di partito.
Circa il primo punto, una procedura fondamentale è costituita dalla stesura di un
documento, chiamato The Whip, che i whips di ogni partito fanno circolare settimanalmente.
Tale documento contiene l’elenco dei business in programma per la settimana successiva e
le corrispondenti aspettative del partito in merito. Il grado di importanza di ogni business si
desume dal numero di volte in cui è sottolineato nel documento (di qui, l’espressione three
line whip per indicare un imperativo inderogabile).
Per quanto riguarda l’attività di persuasione dei whips, questa è la più discussa in
dottrina. Infatti, alcuni autori parlano di un black book, contenente una lista dei backbenchers disobbedienti, tenuto dai whips del partito conservatore e, addirittura, di
meccanismi brutali che richiamano il “good old-fashioned physical bullying”374. Altri,
invece, mettono più che altro in rilievo le abilità manageriali che i whips devono possedere
per mantenere la coesione del gruppo: essi devono cercare di conoscere in anticipo gli
umori dei back-benchers, allo scopo di prevenire gli scontri, più che porvi rimedio. A tal
fine, il Chief Whip capace potrà, ad esempio, offrire posizioni nella struttura governativa o
nei select committees375 più importanti, in cambio della fedeltà dei back-benchers alle
politiche più importanti del partito. Inoltre, al fine di limitare la necessità di ricorrere a
tecniche di persuasione, il Chief Whip fornisce il proprio parere al Cabinet in merito al
grado di accettabilità delle proposte legislative da parte dei membri del partito. Constatato
che la proposta governativa ha buone probabilità di successo, spetta sempre ai whips fare in
modo che alla votazione partecipi un numero di parlamentari sufficiente a far approvare la
proposta.
I whips non sono dotati di poteri disciplinari, ma i membri del gruppo che hanno
aspirazioni di carriera politica difficilmente si discostano da quanto prescritto dal Leader.
E’ interessante rilevare che, ove ci sono, i dissensi si verificano, di solito, in merito a
provvedimenti governativi che si pensa potrebbero essere malvisti dall’elettorato su cui
373 J. WALPOLE - R. KELLY, The Whip’s Office, reperibile all’URL
http://www.parliament.uk/business/publications/research/standard-notes/, Library Standard Note, Section Parliament
and Constitution Centre, 2008, pp. 2 ss.
374Cit. in J. WALPOLE - R. KELLY, The Whip’s Office, cit., p. 5.
375 I departmental select committees, aventi competenze per materia, vigilano sull’attività dei dipartimenti
governativi più importanti, tanto che “select committees should be regarded as an important extension of ministerial
responsibility”. Al loro interno tutti i partiti sono rappresentati proporzionalmente alla loro forza nella House of
Commons. P. LEYLAND, The Constitution of the United Kingdom, cit., pp. 142-143.
116
conta usualmente il partito376. Questa particolare attenzione alla tutela degli interessi
propri della circoscrizione elettorale di provenienza è chiaramente dovuta al sistema
elettorale.
3.2. Chief Whips e Usual Channels.
Lo Standing Order n.14 della House of Commons prescrive la prevalenza delle iniziative
governative sulle altre proposte di legge. Tuttavia, è prassi assodata quella di garantire,
mediante una rigida programmazione dei lavori, uno spazio dedicato alle proposte
dell’opposizione. E’ in quest’ottica che i Chief Whips svolgono un’essenziale funzione di
coordinamento tra il partito di appartenenza e gli altri partiti. Si parla, in proposito, di usual
channels, meccanismi mediante i quali il Governo e il Chief Whip dell’opposizione
gestiscono, collaborando, le attività parlamentari. Un interessante esempio di collaborazione
tra maggioranza e opposizione è costituito dal c.d. pairing system: per far fronte all’assenza
di un parlamentare della maggioranza, può concordarsi la corrispondente mancanza, in sede
di voto, di un parlamentare dell’opposizione.
Gli usual channels operano secondo varie modalità, tra cui: a) incontri settimanali per
definire le modifiche alle attività parlamentari; b) contatti per far fronte ai problemi di
agenda dei lavori e timetabling; c) nel corso del procedimento legislativo, dibattiti tra i
whips di maggioranza e opposizione, i ministri del Governo competenti per materia e i
corrispondenti ministri del Governo Ombra, allo scopo di far fronte alle difficoltà
eventualmente emerse in seguito alla presentazione di emendamenti o a una votazione,
trovando, ove possibile, un accordo; d) definizione condivisa della membership dei select
committees.
Nell’ambito degli usual channels, un ruolo fondamentale è rivestito dal Private
Secretary to the Government Chief Whip, in quanto, nonostante formalmente sia un organo
di matrice governativa, opera come attore imparziale facilitando la comunicazione tra
Governo e Opposizione. Egli coadiuva il Chief Whip del Governo nella definizione
dell’agenda e della tempistica dei lavori, funge da canale di collegamento tra maggioranza e
opposizione per la definizione delle attività parlamentari, monitora le procedure che hanno
luogo nella House of Commons, consiglia i ministri e i dipartimenti sul programma
legislativo del Governo e le corrispondenti procedure da attivare in Parlamento377.
4. Il fenomeno del dissenso: cause e soluzioni. Il ruolo dei leader di partito.
Il comportamento dei parlamentari è frutto dell’intersecarsi di delicate relazioni ed
equilibri che coinvolgono i parlamentari stessi, i leader di partito, il collegio elettorale e le
norme sociali. Al di là dalle dinamiche interne ai singoli partiti378, è possibile delineare un
quadro generico per comprendere i meccanismi che incidono sui rapporti tra parlamentare e
gruppo.
376 J. WALPOLE - R. KELLY, The Whip’s Office, cit., pp. 4 ss. M.P. TRIPALDI – T. TEKLÈ, I partiti politici
nell’ordinamento del Regno Unito, cit., pp. 225 ss., pp. 236 ss.
377 J. WALPOLE - R. KELLY, The Whip’s Office, cit., pp. 5 ss.
378 Su cui, per quanto concerne i partiti conservatore e labourista, M.P. TRIPALDI – T. TEKLÈ, I partiti politici
nell’ordinamento del Regno Unito, cit., pp. 229 ss., 240 ss., 246 ss.
117
Nella dottrina inglese, la lettura tradizionale del rapporto tra parlamentare e gruppo vede
una sostanziale coesione tra i due soggetti: i parlamentari difficilmente votano
contrariamente alle linee di partito, anche grazie all’attività svolta dai whips. Secondo Peter
Leyland, il supporto dei back-benchers del partito di maggioranza alle politiche del
Governo, nonostante le eventuali divisioni interne, si giustificherebbe anche in base a una
scelta di convenienza, dovuta alla convenzione costituzionale che impone il mantenimento
del rapporto fiduciario tra Governo e Camera dei Comuni e dispone, nel caso di sconfitta in
sede di vote of confidence, le dimissioni del Primo Ministro, con conseguente indizione di
elezioni anticipate, il cui esito però potrebbe essere incerto (l’ultimo caso di questo tipo si è
verificato nel 1979, sotto il governo labourista di James Callaghan, sconfitto per un solo
voto)379. Tuttavia, sono numerosi gli episodi che documentano che spesso i parlamentari
votano in senso contrario a quanto prescritto dai partiti di appartenenza. Si pensi, a titolo
esemplificativo, alla sconfitta del governo Blair, nel novembre del 2005, in due votazioni
sul progetto di legge per il terrorismo: 49 dei 65 parlamentari della maggioranza votarono
con l’opposizione. Questo e altri eventi dello stesso genere proverebbero che “the more
nuanced reality is that MPs’ loyalty is not automatic, but must be constantly elicited”380.
Lo studioso Philip Norton ha registrato una crescita esponenziale dei dissensi espressi
dai back-benchers rispetto alle politiche di partito a partire dagli anni ’70. Prima di questi
anni, si registrava una coesione quasi pari al 100% all’interno dei partiti politici. Basti
pensare che tra il 1970 e il 1979 i governi hanno subito ben 65 sconfitte in sede di voto (il
45% delle quali furono dovute a “ribellioni” dei back-benchers), contro le sole 5 sconfitte
verificatesi nei 25 anni precedenti. La provocazione lanciata da Norton ha spinto vari
studiosi a interrogarsi sulle possibili cause dell’aumento dei dissensi dei back-benchers. Tra
le altre, particolarmente interessante è la spiegazione di tipo sociologico fornita da Anthony
King, che ravvisa la causa principale del fenomeno in esame nell’ingresso e incremento in
Parlamento di politici “di carriera”, dotati di irrefrenabili orgoglio e ambizione nel sostenere
le loro personali ideologie. Questo fatto avrebbe reso particolarmente difficile ai leader di
partito il mantenimento di una coesione interna. Questa tesi può trovare una conferma nelle
considerazioni svolte da Norton in merito alla leadership di Edward Heath (leader del
partito conservatore e Primo Ministro negli anni ’70). Secondo Norton, infatti, Heath
contribuì all’aumento del dissenso dei back-benchers, nella misura in cui non fu in grado di
capire il cambiamento della realtà parlamentare e cercò di intrappolare il partito
conservatore in una rigida gerarchia in cui le scelte politiche venivano determinate
unilateralmente dai vertici della leadership381.
379 P. LEYLAND, The Constitution of the United Kingdom, cit., pp. 115-116. A ben vedere, secondo quanto stabilito
dal Fixed Term Parliament Bill, approvato definitivamente in seguito al Royal Assent del 15 settembre 2011, il voto
di fiducia riguarda il Governo e non il Primo Ministro, il quale rimane quindi libero di non rassegnare le dimissioni e
di tentare di costituire un nuovo Governo che ottenga la fiducia delle Camere. Infatti, sempre secondo il Bill di cui
trattasi, lo scioglimento anticipato delle Camere si verifica in soli due casi: a) approvazione di una mozione di
sfiducia ed impossibilità di costituire un altro governo che ottenga la fiducia elle camere; b) approvazione di una
richiesta di elezioni anticipate da parte di almeno tre quarti dei membri della Camera. Sulle dinamiche del rapporto
fiduciario si veda, più approfonditamente, R. KELLY - T. POWELL, Confidence motions, reperibile all’URL
http://www.parliament.uk/business/publications/research/notes-on-parliament-and-constitution/, Library Research
Paper, Section Parliament and Constitution Centre, 2010.
380 C.J. KAM, Party Discipline and Parliamentary Politics, Cambridge University Press, Cambridge, 2009, p. 3.
381 C.J. KAM, Party Discipline and Parliamentary Politics, cit., pp. 3 ss.
118
Da quanto visto, emerge l’importanza dei meccanismi di interazione tra MPs e leader di
partito nell’andamento delle politiche parlamentari: che cosa spinge gli MPs a sostenere,
piuttosto che dissentire, le linee di partito? In che modo i leader, responsabili della
promozione e attuazione del programma di governo e delle ideologie del partito,
mantengono l’unità e la coesione all’interno del gruppo parlamentare?
I fattori che inducono il parlamentare ad attenersi alle linee di partito sono comunemente
individuati in: a) ambizioni di carriera politica: ricoprire un ruolo più pregnante nel partito,
entrare a far parte della compagine governativa, ecc.; b) senso del dovere e di lealtà al
partito. Molti parlamentari sono eletti grazie ai loro autonomi capacità e appeal, ma alcuni
devono la vittoria al successo del partito di appartenenza; c) l’aspirazione alla ri-elezione
nella tornata elettorale successiva. La fermezza con cui molti parlamentari perseguono
l’obiettivo della ri-elezione è usualmente giustificata adducendo il c.d. policy-seeking, ossia
la volontà di attuare alcune linee politiche al fine - si dice - di continuare a servire gli
interessi diffusi nella comunità. In pochi ammettono che uno dei veri motivi risiede nel
godimento dei benefici derivanti dalla carriera di parlamentare; d) senso di orgoglio e
appartenenza nell’aiutare il partito a portare avanti le proposte legislative in Parlamento.
Esistono, d’altro canto, vari motivi che spingono il parlamentare a dissentire rispetto alle
politiche di partito. Tra gli altri, ricordiamo: a) le pressioni elettorali, che spesso non
coincidono con quelle del partito nel suo complesso. Infatti, il leader di partito tende a
perseguire politiche atte a raccogliere il consenso dell’elettore-medio su base nazionale.
Tuttavia, può capitare che le politiche di partito siano impopolari presso l’elettorato della
specifica circoscrizione che ha scelto un determinato parlamentare della maggioranza, il
quale ha interesse a mantenere il consenso di cui gode e, di conseguenza, a tutelare gli
interessi del collegio di provenienza. A tal fine, il parlamentare ha due possibilità: I.
dissentire dalla posizione del partito di appartenenza; II. impegnarsi in un constituency
service, ossia in un insieme di attività condotte da lui stesso e dal suo staff allo scopo di
perseguire gli interessi del proprio collegio elettorale, indipendentemente dalle politiche del
partito di appartenenza. Codeste attività, autonome rispetto a quelle di partito, sono di solito
viste con favore dalla leadership, in quanto fungono da “sedativo”, evitando il ricorso al
dissenso da parte dei back-benchers; b) l’impegno in obiettivi individuali, ideologici e
politici, eventualmente confliggenti con l’attuazione di determinate politiche di partito; c) la
fedeltà a un determinato gruppo di interesse o a un’organizzazione tutelante cause settoriali,
spesso giustificata sulla base di un’appartenenza pre-esistente a tali organismi e
all’eventuale ruolo giocato da questi nel successo elettorale del parlamentare382.
Se il leader, per non incorrere nelle antipatie dei membri, deve mostrarsi sensibile alle
pressioni elettorali cui devono far fronte i singoli parlamentari, egli deve anche adempiere
alla sua funzione di attuazione del programma politico e mantenimento dell’unità all’interno
del partito. Infatti, la mancanza di coesione intra-partitica si ripercuote tanto sulle attività
del gruppo in Parlamento, quanto sull’opinione pubblica. Nel modello Westminster, il
leader può contare su un forte elemento di persuasione: la concentrazione del potere
politico nel Cabinet. Se un MP vuole essere in grado di influenzare la determinazione delle
382 L. D. LONGLEY - R. Y. HAZAN, On the Uneasy, Delicate, yet Necessary Relationships between Parliamentary
Members and Leaders, in L. D. LONGLEY - R. Y. HAZAN (ed.), The Uneasy Relationships Between Parliamentary
Members and Leaders, Frank Cass, London-Portland Or, 2000, pp. 1-22. C. J. KAM, Party Discipline and
Parliamentary Politics, cit., pp. 21 ss.
119
politiche del gruppo parlamentare o ambisce a una carriera politica, egli deve accedere al
Cabinet. Inevitabilmente, il perseguimento di questo obiettivo è strettamente connesso con
una condotta leale nei confronti della leadership di partito. Tuttavia, non sempre il leader,
soprattutto quando la maggioranza parlamentare che lo sostiene è molto ampia, può
promettere avanzamenti di carriera a tutti i back-benchers del gruppo: una parte di essi
rimarrà, per forza di cose, insoddisfatta, aumentando le probabilità di dissenso. In tal caso, il
leader può ricorrere tanto a sanzioni formali (come, ad esempio, l’espulsione dal gruppo)
quanto a strumenti di carattere informale (come il richiamo alle norme sociali, che si
sostanziano nella condivisa aspettativa di un comportamento appropriato, e al senso del
dovere dei singoli parlamentari), per ottenere la fedeltà dei back-benchers. E’ stato
osservato che l’esposizione all’opinione pubblica derivante dall’irrogazione di sanzioni
formali rende l’utilizzo di queste ultime, il più delle volte, controproducente rispetto alla
notorietà del partito stesso. E’ interessante notare che, allora, è solitamente ritenuto
preferibile il ricorso, a quanto pare efficace, a strumenti di carattere informale383.
383 C. J. KAM, Party Discipline and Parliamentary Politics, cit., pp. 21 ss. e, sul rapporto tra carriera, pressione
sociale e dissenso, più diffusamente, pp. 189 ss.
120
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III
Lo status del parlamentare francese
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Claudio Fumaroli
Paolo Gandola
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Costanza Piermartini
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LE IMMUNITÀ NELL’ORDINAMENTO FRANCESE
SOMMARIO: 1. L’insindacabilità - 1.1 Il collegamento alla dimensione funzionale - 1.2 Il mancato inserimento in
Costituzione dell’eccezione disciplinare - 2. L’inviolabilità - 2.1 La revisione costituzionale del 1995 e
l’abolizione dell’autorizzazione a procedere - 2.1.1 Il quadro pre-riforma - 2.1.2 L’iter di approvazione - 2.1.3 La
reale (e problematica) portata innovativa della riforma - 2.2 La sospensione - 3. Breve rivisitazione della dottrina
francese sulle immunità
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Il presente contributo si incentra sul sistema delle immunità così come disegnato dal
sistema giuridico francese, tradizionalmente contraddistinto da una forma di riverenza verso
la particolarità della cosa pubblica384 e fondato sull’idea di un «intérêt supérieur»385 di
cui il parlamentare – chiamato a «participer à la formation de la volonté nationale»386 – è
espressione. Ora, tale forma di protezione sembra oggi, più di ieri, stridere con il principio
del costituzionalismo e la nozione di Stato di diritto che postulano «l’égale sujétion de tous,
gouvernants et gouvernés, à la légalité»387. In altre parole, la lettura odierna del principio
di uguaglianza porta alla rivendicazione di uno stretto assoggettamento delle autorità
politiche al diritto comune388. L’idea che i governanti ed i parlamentari occupino un posto
sufficientemente importante e particolare nell’organizzazione istituzionale perché
un’immunità sia loro attribuita ha perduto buona parte della sua forza389.
Ciò premesso, può risultare interessante effettuare la disamina delle due declinazioni
delle immunità parlamentari (insindacabilità ed inviolabilità), per poter trarre in conclusione
le fila della ratio fondativa dei differenti istituti.
1. L’insindacabilità
Il primo comma dell’articolo 26 della Costituzione della V Repubblica recita: «Aucune
membre du parlement ne peut être poursuivi, recherché, arrêté, détenu ou jugé à l’occasion
des opinions ou votes émis par lui dans l’exercice de ses fonctions»390.
Sotto il profilo ratione personae, nell’ordinamento francese – ed in quelli che risentono
della sua influenza – i beneficiari della tutela sono, in via esclusiva, i membri del
parlamento 391 . Vi è da segnalare tuttavia come nonostante la costituzione menzioni
unicamente la figura dei parlamentari, la giurisprudenza francese si sia orientata nel senso
384 Cfr. D. BARANGER, Une tragédie de la responsabilité. Remarques autour du livre
d’O. Beaud: «Le sang contaminé», in Rev. Dr. Pub. n. 1, 1999, p. 30.
385 G. SOULIER, L’inviolabilité parlementaire en droit français, Librairie générale de
droit et de jurisprudence, Paris, 1966, p. 34.
386 Ibidem.
387 La formula è di L.-M. DIEZ-PICAZO (La criminalidad de los gobernantes, Barcelona,
Critica, 1996, p. 150), riportata e tradotta in lingua francese da O. BEAUD in Rev. Dr.
Pub. n. 5, 1997, p. 1515.
388 Sul punto, v. C. BONNOTTE, Recherche sur la notion d’immunité en droit
constitutionnel français, Thèse, Paris II, 2007, p. 282 ss.
389 Ibidem.
390 Cfr. B. GENEVOIS, Les immunités prévues par la Constitution et le contrôle
juridictionnel, in Rev. fr. dr. adm., 2000, p. 512 ss..
391 Si rilevi, a riguardo, la differenza rispetto agli ordinamenti di common law che
attribuiscono la titolarità dell’istituto a tutti i soggetti che a vario titolo sono coinvolti
nello svolgimento dei lavori e dei dibattiti parlamentari.
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di estendere l’immunità in questione anche a coloro i quali intervengono in qualità di
testimoni dinanzi ad una commissione parlamentare di inchiesta sulla base di quanto
stabilito dalla legge sulla stampa del 1881392.
Quanto alla sua portata, l’irresponsabilité è intesa a coprire il parlamentare da ogni
forma di giudizio393 – sia esso penale, civile o amministrativo – e vige dalla momento
della proclamazione dei risultati elettorali fino allo scadere del mandato o allo scioglimento
anticipato delle Camere394.
o Il collegamento alla dimensione funzionale
La protezione garantita ai sensi del predetto comma è dunque riferita a tutto quanto detto
(«opinions») o deliberato («votes») dal parlamentare nell’esercizio delle funzioni,
applicandosi così a tutte le fattispecie in qualunque modo ricollegabili all’esercizio
dell’attività politica anche se svolta al di fuori dell’aula parlamentare395. Si noti, infatti,
che nella disposizione costituzionale l’utilizzazione della forma sintattica «l’exercise des
fonctions parlementaires» al plurale sta ad indicare proprio che la tutela si estende al di là
della mera espressione del voto, coprendo anche al compimento di atti afferenti al ruolo
istituzionale del parlamentare, purché direttamente legati al mandato396.
A questo proposito, nel corso degli anni dottrina e giurisprudenza hanno rintracciato due
criteri che permettono di determinare se un parlamentare abbia agito o meno nel quadro del
suo mandato. Il primo criterio combina una analisi ratione materiae e ratione loci dell’atto
in questione. Si tratta di determinare se l’atto, non compiuto all’interno delle aule
392 V. sul punto la decisione della Corte d’Appello di Parigi del 16 gennaio 1984,
secondo cui i testimoni «bénéficient de l’immunité prévue pour tout rapport et toute
pièce imprimée par l’ordre de l’Assemblée nationale et du Sénat, sauf en cas de propos
diffamatoires ou injurieux s’avérant étrangers à l’enquête parlementaire ou malicieux»,
cit. in L. SCIANNELLA, Le immunità parlamentari. Profili storici e comparativi,
Giappichelli, Torino, 2010, p. 83.
393 La portata assoluta dell’istituto si riscontra peraltro in molti ordinamenti legati alla
tradizione francese quali quelli di Paesi dell’area europeo-continentale (Italia, Belgio,
Svizzera, Danimarca, Lussemburgo, Grecia, Spagna, Portogallo, Romania, Bulgaria,
Polonia, Repubblica Ceca, Regno Unito, Irlanda, etc.), nonché in Paesi extra-europei
quali Egitto, Mongolia, Canada, Sud Africa, Australia.
394 Tale eventualità è prevista all’art. 12, c. 1° Cost., che ne attribuisce il relativo
potere al Presidente della Repubblica, il quale si pronuncia dopo aver consultato il
Primo Ministro ed i Presidenti delle due assemblee.
395 Ci si riferisce a quel complesso di attività, poste in essere dal parlamentare,
connesse alla diffusione di programmi ed idee, ai contatti con il proprio elettorato e al
diritto di sostegno o di critica all’attività di governo.
396 V. H. ISAR, Immunité parlementaire ou impunité du parlementaire ?, in Rev. fr. dr.
const., 1994, n. 20, p. 688. Cfr. inoltre P. AVRIL – J. GICQUEL, Droit parlementaire, IV
ed., Montchrestien, Paris, 2010, p. 50 e E. Pierre, Traité de droit politique, élelctoral et
parlementaire, 1893, ried. Loysel 1989, p. 1262.
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parlamentari, sia stato espressione delle funzioni parlamentari così come definite dalla
costituzione o dai regolamenti delle assemblee397. Il secondo criterio consiste invece nel
determinare se il parlamentare abbia agito in quanto rappresentante della nazione o
semplice cittadino. Su questo versante la giurisprudenza francese ha teso a mantenere una
concezione ampia della nozione di atto non riconducibile all’esercizio del mandato e
conseguentemente a condannare parlamentari per reati di opinione, intesi quali l’insieme
delle infrazioni definite al capitolo IV della legge del 29 luglio 1881 398 . Così,
l’insindacabilità nel diritto francese copre l’esercizio del mandato parlamentare e la
giurisprudenza determina gli atti suscettibili di esservi ricondotti, combinando
397Si porti ad esempio il ragionamento portato avanti dalla Camera Criminale della
Corte di Cassazione quando nella decisione n°87-80931 del 1988 rifiuta a Raymond
Forni, relatore del progetto di legge sulla Nuova Caledonia, la tutela dell’insindacabilità
in quanto le violente critiche da lui mosse contro una decisione di giustizia riguardante
il leader indipendentista Kanak «n’ont pas été tenus au cours de l’une des activités
prévues aux titres IV et V de la Constitution, pouvant seules caractériser l’exercise des
fonctions parlementaires, non plus qu’au sein de l’Assemblée Nationale». Il medesimo
riferimento ai titoli IV e V Cost. si ritrova nella decisione n°96-82509 del 1997 ed in
quella n°07-83398 del 2008 concernente il deputato Christian Vanneste per reato di
ingiuria e di provocazione omofoba. Particolarmente interessante appare infine il caso
dell’arresto di Henri Emmanuelli audito davanti ad una commissione di inchiesta
parlamentare sul finanziamento dei partiti politici per il quale la Corte di Cassazione
rifiuta di estendere l’ambito di applicazione dell’insindacabilità in quanto «son audition
publique devant une commission d’enquête parlementarie, dont il n’était pas membre,
n’est pas un acte prévu par les titres IV et V de la Constitution». Tale ragionamento,
quindi, lascia supporre che il rifiuto di accordare al deputato il regime di insindacabilità
risulti dalla sua qualità di semplice testimone – e si rammenti che fino alla l. n.
1187/2008 i testimoni chiamati davanti ad una commissione parlamentare non
beneficiavano di alcuna immunità – mentre ne avrebbe potuto beneficiare se fosse stato
membro della detta commissione nonostante le commissioni d’inchiesta parlamentari
non siano citate nell’art. 43 Cost.. Inevitabile a questo punto rilevare la parzialità della
visione giurisprudenziale quanto alle funzioni attribuite al parlamento dalla Costituzione,
che lungi dall’esaurirsi nei titoli IV e V (e dopo la revisione del 23 luglio 2008 nell’art.
24 Cost.) sono ricomprese in molte altre disposizioni quali ad esempio l’art. 53 sulla
ratifica dei trattati, gli artt. 72, 73 e 74 sulle collettività territoriali, l’art. 67 sull’elezione
dei membri dell’Alta Corte, l’art. 89 sulla revisione costituzionale.
398 Si pensi alla condanna di Noël Mamère a 10.000 franchi di multa per diffamazione
pubblica nei confronti di un funzionario, stabilita con decisione della Corte di
Cassazione n°01-86908, peraltro successivamente cassata dalla Corte europea dei diritti
dell’uomo in quanto lesiva dell’art. 10 CEDU sulla libertà di espressione nell’ambito
della sentenza Mamère c. France del 7 novembre 2006.
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essenzialmente un controllo di inquadramento costituzionale dell’attività ed un esame della
natura dei fatti commessi399.
o Il mancato inserimento in Costituzione dell’eccezione disciplinare
In virtù del fatto che è necessario proteggere il carattere ordinato delle deliberazioni
nonché la reputazione dell’istituzione Parlamento, nel pieno rispetto del principio di
separazione dei poteri il potere di sanzionare gli atti compiuti dai parlamentari nell’esercizio
delle loro funzioni è necessariamente devoluto alle stesse Camere. In questo senso è
possibile parlare di eccezione disciplinare. Il testo costituzionale francese, tuttavia,
preferisce porre l’accento sulla piena libertà di parola e d’azione e trascura l’inserimento di
un potere disciplinare che potrebbe in qualche misura limitare gli effetti dell’insindacabilità
giudiziaria400. Particolarità, questa, la cui spiegazione ha carattere essenzialmente storico,
e che peraltro non osta all’esistenza di una regolamentazione della libertà dei dibattiti401,
tanto è vero che il potere disciplinare è sempre stato riconosciuto in capo alle Assemblee.
Quanto alle origini storiche della disposizione, lampante è il legame con la disposizione
della Costituzione del 1791, la prima a prevedere una immunità per i fatti compiuti
nell’esercizio delle funzioni di rappresentante402. Ora, nulla risulta dai lavori preparatori
circa la volontà da parte dell’assemblea di riservarsi l’esercizio esclusivo del potere
disciplinare sui membri, e in tal senso non vi è meraviglia che nell’analoga disposizione
della V repubblica passi sotto silenzio l’eccezione disciplinare. Cionondimeno, vige un
399 Cosi C. GUERIN-BARGUES, Immunités parlementaires et régime représentatif:
l’apport du droit constitutionnel comparé (France, Royaume-Uni, Etats-Unis), Librairie
générale de droit et d jurisprudence, Paris, 2011, p. 239.
400 V. in questo senso F. LUCHAIRE – G. CONAC, La Constitution de la République
française, II ed., Paris, Economica, 1987, pp. 685-686; G. CARCASSONNE, La
Constitution, Paris, Le Seuil, coll. “Points Essais”, X ed., 2011, commento all’articolo
26, p. 151.
401 C. GUERIN-BARGUES, Immunités parlementaires et régime représentatif: l’apport
du droit constitutionnel comparé (France, Royaume-Uni, Etats-Unis), cit., p. 200.
402 Costituzione del 1791, Tit. III, Cap. I, Sez. V, art. 7: «Les représentants de la
Nation sont inviolables: ils ne pourront être recherchés, accusés ni jugés en aucun
temps pour ce qu’ils auront dit, écrit ou fait dans l’exercice de leurs fonctions de
représentants». Proclamato per la prima volta il 23 giugno 1789, il principio si trova
espresso, oltre che nella appena citata costituzione, anche in quella del 1793. La
Convenzione vi deroga ma ricompare nuovamente nelle Costituzioni dell’anno III, VIII
e del 1848. Se la Costituzione del 1852 non vi fa cenno, l’insindacabilità è prevista nella
legge sulla stampa del 1819 e nel decreto organico del 2 febbraio 1852; all’epoca della
III Repubblica figura all’art. 13 della l. cost. del 16 luglio 1875, ed infine la
Costituzione della IV Repubblica la riconosce all’art. 21.
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diritto disciplinare parlamentare, sia pur caratterizzato da una maggior indeterminatezza di
contenuto rispetto al diritto ordinario403.
2. L’inviolabilità
L’istituto dell’inviolabilité della V Repubblica – come d’altronde delle altre principali
Carte costituzionali del secondo dopoguerra – trova il suo più diretto modello di riferimento
nel Decreto del 26 giugno 1790, ove si legge: «L’Assemblée nationale, se réservant de
statuer en détail sur les moyens constitutionnels d’assurer l’indépendance et la liberté des
membres du corps législatif, déclare que jusqu’à l’établissement de la loi sur les jurés en
matériau criminelle, les députés de l’Assemblée nationale peuvent, dans le cas du flagrant
délit, être arrêtés conformément aux ordonnances, qu’on peut même, excepté les cas
indiqués par le décret du 23 juin, recevoir des plaintes et faire des informations contre eux,
mais qu’ils ne peuvent être décrété par aucuns juges, avant que le corps législatif, sur le vu
des informations et des pièces à convinction, ait dècidé qu’il y a lieu à accusation» 404. Il
secondo comma dell’articolo 26 della Costituzione del 1958 prevede che: «Aucun membre
du Parlement ne peut faire l’objet, en matière criminelle ou correctionnelle, d’une
arrestation ou de toute autre mesure privative ou restrictive de liberté qu’avec
l’autorisation du Bureau de l’assemblée dont il fait partie. Cette autorisation n’est pas
requise en cas de crime ou délit flagrant ou de condamnation définitive».
2.1 La revisione costituzionale del 1995 e l’abolizione dell’autorizzazione a procedere
403 L’indeterminatezza del diritto disciplinare parlamentare è in parte mascherata
dall’influenza del principio di legalità sui regolamenti delle Assemblee, secondo il quale
ad ogni pena corrisponde un’infrazione. Eppure, ad un esame più approfondito dei
regolamenti parlamentari si nota come questi ultimi non concorrano a stabilire una scala
di sanzioni a partire dall’identificazione delle infrazioni, ma al contrario descrivano in
modo vago gli atti da sanzionare. A sostegno di tale tesi, C. GUÉRIN-BARGUES cita a p.
211 l’art. 71, c. 2° Reg. Ass. Naz., l’art. 93, c. 2° Reg. Sen. e l’art. 73, c. 4° Reg. Ass.
Naz..
404 L’atto riconfermava il contenuto del decreto del 23 giugno 1789, in forza del quale
«l’Assemblée Nationale déclare que la personne de chaque député est inviolable, que
tous les particuliers, toues corporations, tribunal, cour ou commissions qui oseraient,
pendant ou après la présente session poursuivre, rechercher, arrêter ou faire arrêter,
détenir ou faire détenir un député pour raison d’aucune proposition, avis, opinion ou
discours faits par lui aux Etats Généraux, de même que toutes personnes qui prêteraient
leur ministère à aucun desdits attentats, de quelque part qu’il soit ordonné, sont
infâmes et traîtres envers la Nation et coupables de crime capital. L’Assemblée
Nationale arrête que, dans les cas susdits, elle prendra toutes les mesures nécessaires
pour faire rechercher, poursuivre et punir ceux qui en seront les auteurs, instigateurs
ou exécuteurs» (il decreto è riportato da F. A. HELIE, Les constitutions de la France,
Paris, 1879, p. 123 ss.).
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2.1.1 Il quadro pre-riforma
Sulla scia del significativo movimento riformatore degli anni novanta del secolo scorso
che ha toccato le immunità parlamentari ed in particolare l’istituto dell’autorizzazione a
procedere, il legislatore francese avviava nel 1993 una riforma costituzionale che avrebbe
approvato due anni più tardi. Da segnalare preliminarmente che nel contesto francese il
suddetto istituto aveva fatto registrare – già a partire dall’esperienza costituzionale della III
Repubblica – una prassi applicativa non perfettamente conforme con il disposto
costituzionale poiché basata su un’interpretazione estensiva della natura politica del reato
che veniva attribuita a fattispecie di reato non ricomprese nella ratio dell’immunità
penale 405 . Va ad ogni modo rilevato che gli abusi, pur non consistenti sul piano
quantitativo, lungi dall’aver rimesso in discussione la legittimità dell’immunità penale per
reati extra-funzionali, hanno invero posto al centro del dibattito la necessità di porre limiti
più stringenti alla sua portata nonché alla sua estensione temporale, soprattutto a seguito
dell’eliminazione – con la Costituzione del 1946 – del regime delle sessioni parlamentari,
nonché della tradizionale norma che limitava l’efficacia temporale dell’immunità al solo
periodo in sessione. Infatti, in ragione della previsione di un’unica sessione, il parlamentare
veniva di fatto a godere di una permanente copertura costituzionale, che trasformava la
prerogativa in una sorta di impunità suscettibile di attirare l’attenzione dell’opinione
pubblica, tanto più in considerazione del progressivo aumento delle richieste di
autorizzazione a procedere406. Ed è proprio per questo che il legislatore costituzionale era
intervenuto a correggere quella che riteneva essere una palese distorsione del sistema di
immunità, ristabilendo il previgente regime delle sessioni parlamentari (nell’ambito di una
durata complessiva dell’attività del Parlamento fissato a sette mesi). D’altro canto, il
carattere “intermittente” così riconosciuto in capo all’inviolabilità mancava di offrire una
lettura approfondita dello status di parlamentare laddove dava per scontato che l’esercizio
della carica potesse ritenersi “sospeso” nei periodi di sospensione dell’attività delle
Camere407.
Quanto alla costituzione della V Repubblica, questa confermava in materia di immunità
la previgente disciplina subordinando l’apertura di un procedimento giudiziario a carico del
parlamentare alla previa autorizzazione della Camera di appartenenza solamente quando il
parlamento si trovava in sessione. Al di fuori di tale ipotesi, solo l’arresto del parlamentare
405 Si pensi, ad esempio, all’utilizzo da parte delle Camere dell’immunità penale e, in
particolare, dell’autorizzazione a procedere, per coprire reati a mezzo stampa, reso
possibile grazie ad un’interpretazione fondata sulla confusione tra i due piani
dell’immunità sostanziale e di quella penale. Da qui la tendenza, da parte di molti
giornali, ad affidare la nomina di direttore a parlamentari. A porre fine a tale prassi
intervenne il legislatore, il quale con la legge 25 marzo 1952 impose alle testate
giornalistiche di nominare un vice-direttore nell’ipotesi in cui il direttore ricoprisse la
carica di parlamentare. Su tale prassi, cfr. G. SOULIER, L’inviolabilité parlementaire en
droit français, cit., p. 77.
406 Cfr. G. SOULIER, L’inviolabilité parlementaire en droit français, cit., pp. 69-70.
407 L. SCIANNELLA, Le immunità parlamentari. Profili storici e comparativi, cit., p. 188.
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era subordinato all’autorizzazione da parte dell’Ufficio di presidenza della Camera, mentre
non necessitava di autorizzazione un’inchiesta avviata dall’autorità giudiziaria. Fuori
sessione, quindi, l’azione penale poteva essere liberamente esercitata nei riguardi di un
parlamentare, con il conseguente obbligo da parte del giudice di istruire il procedimento.
L’avvio del processo riformatore del 1995 si lega allora in gran parte alla questione della
durata della sessione parlamentare, in relazione alla proposta di ristabilire la sessione unica;
è vero però che tale questione ha dato occasione alle forze politiche di avviare una
riflessione più ampia sulla reale portata dell’inviolabilità all’interno di un sistema
costituzionale e sulla compatibilità di tale istituto con le reali esigenze della democrazia408
agli occhi dell’opinione pubblica. Oltretutto, il dibattito pubblico che si sviluppava
all’interno dell’aula parlamentare durante l’esame delle singole richieste di autorizzazione
finivano per avere un risalto mediatico senza precedenti, trasformando lo stesso in una sorta
di preliminare giudizio sulla colpevolezza dell’imputato. Esemplificativo fu, in proposito, il
risalto mediatico del caso giudiziario che coinvolse il parlamentare Jean-Marie Le Pen che
impegnò il parlamento europeo tra il 1989 e il 1997 e che suscitò in Francia uno scontro
politico ai massimi livelli istituzionali con ricadute significative sul piano mediatico409.
Alla luce delle difficoltà che sembravano profilarsi dal ricorso alla sessione unica e delle
sempre più avvertite esigenze di giustizia e di uguaglianza, già nel dicembre 1993 il
Presidente dell’Assemblea nazionale faceva pervenire ai Presidenti dei gruppi parlamentari
una proposta relativa alla riforma della disciplina dell’inviolabilità parlamentare.
2.1.2 L’iter di approvazione
La legge costituzionale n. 880/1995 trae origine dai lavori del Comité consultatif pour la
révision de la Constitution (noto anche come “Comité Vedel”), istituito da François
Mitterand il 2 dicembre 1992 allo scopo di elaborare proposte di riforme concernenti
l’assetto istituzionale della V Repubblica410. Il progetto prevedeva l’abolizione dell’istituto
408 Come evidenziato dal Ministro della Giustizia dinanzi all’Assemblea nazionale il
10 luglio 1995 (Assemblée National, Journel Official, Débats, 10-7-1995, p. 847).
409 Cfr. D. AMSON, Extrême droite: opportune immunité, in Le monde, 17 marzo 1990.
410 Nel formalizzare gli impegni assunti durante la campagna elettorale, il Presidente
della Repubblica evidenziava, nel messaggio al Parlamento del 17 maggio 1993, la
tendenza dell’opinione pubblica a mal sopportare la presenza di taluni elementi attinenti
allo status dei deputati che sembravano accentuare la distanza tra questi ultimi e i
cittadini: «Au cours du grand débat national qui vient d’avoir lieu, nous avons tous
constaté qu’à la fracture sociale s’ajoute aujourd’hui une distance croissante entre le
peuple et ceux qui ont vocation à la représenter» (riportato da Le Figaro, 2 maggio
1995). Analogo argomento veniva altresì sostenuto dal ministro della giustizia Jacques
Toubon durante il dibattito parlamentare sulla riforma costituzionale: «Les fondements
de l’inviolabilité sont bien connus… pour autant, l’inviolabilité porte par nature
atteinte au principe d’égalité devant la loi. Il paraît dès lors indipensable de limiter
autant que possible cette atteinte, afin de parvenir à un juste équilibre entre la necessité
d’assurer, d’une part, la légitime protection à la quelle peuvent prétendre, dans un État
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dell’autorizzazione a procedere ed una modifica sostanziale della potestà autorizzativa del
parlamento. Il Senato accoglieva inizialmente con estrema freddezza la proposta,
evidenziando che “modifier le régime acque exposerait sans doute les parlementaires à un
harcélement judiciare de la part des personnes physiques ou morales, des particuliers ou
des associations”411 ; modificava quindi il progetto pronunciandosi per il mantenimento
dell’autorizzazione sia in caso di apertura delle indagini sia per l’adozione di ogni forma di
misura restrittiva della libertà del parlamentare. L’Assemblea nazionale, in seconda lettura,
interveniva in merito alle modalità procedurali, stabilendo che l’autorizzazione sarebbe stata
accordata non più dall’assemblea ma dall’Ufficio di presidenza, ed inoltre se da un lato
aboliva l’autorizzazione per l’apertura delle indagini, dall’altro la introduceva per tutte le
altre misure restrittive della libertà, limitando infine la sospensione alla durata della
sessione. In seconda lettura il Senato approvava il nuovo testo elaborato dall’Assemblea.
2.1.3 La reale (e problematica) portata innovativa della riforma
L’approvazione della legge costituzionale ha, dunque, modificato radicalmente l’istituto
dell’immunità penale nell’ordinamento francese, introducendo modalità e tecniche che non
hanno precedenti nella storia costituzionale francese e che, paradossalmente, non sembrano
aver inciso in maniera sostanziale sulla sua portata, perlomeno nella direzione di limitarne
ricadute negative sul principio di eguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge412. In
virtù del novellato art. 26, c. 2° Cost. solo l’arresto o altra misura privativa o limitativa della
libertà personale necessitano ora della previa autorizzazione non più dell’intera assemblea
ma dell’Ufficio di presidenza della camera di appartenenza del parlamentare. Tale
autorizzazione non è invece richiesta in caso di flagranza di reato o di condanna
definitiva413. Su quanto abbia inciso l’eliminazione dell’autorizzazione a procedere, va
ribadito che già anteriormente alla riforma l’obbligo di richiedere la stessa nei confronti del
parlamentare non sussisteva nel periodo di sospensione della sessione parlamentare e,
comunque, non doveva richiedersi nell’ipotesi di flagranza di reato, ed inoltre l’organo
parlamentare aveva, nella quasi totalità dei casi, accordato la richiesta avanzata dall’autorità
giudiziaria (e dunque consentito alla giustizia di fare il proprio corso). La riforma ha in
verità fatto venir meno uno strumento che aveva conosciuto un utilizzo piuttosto irrilevante
e che, proprio a motivo del suo carattere recessivo, è stato sempre più percepito come
de droit, les membres du parlement et, d’autre part, le respect des règles de notre
procédure pénale. À cet égard, les textes actuels ne sont pas totalement satisfaisants, et
l’institution d’une session unique est de nature à aggraver les inconvénients qu’ils
présentent» (Ibidem).
411 Sénat, Journal Officiel, Débats, 25 luglio 1995, p. 546.
412 L. SCIANNELLA, Le immunità parlamentari. Profili storici e comparativi, cit., p. 191.
413 V., in proposito, F. LUCHAIRE, La loi constitutionnelle du 4 août 1995, une avancée
pour la démocratie?, cit., p. 1411 ss.; C. LECLERQ, La Loi constitutionnelle du 4 août
1995, in Id., Droit constitutionnel et institutions politiques, Paris, 1999, p. 425; H. ISAR,
Immunités parlementaires ou impunité du parlementaire?, cit., p. 676; J. BARTHELEMY
– P. DUEZ, Droit constitutionnel, Paris, 1993, p. 578 ss.
136
desueto e arcaico e, soprattutto, non più in linea con le mutate esigenze dell’ordinamento
costituzionale. D’altra parte, invece, il legislatore costituzionale ha scelto di conservare
l’obbligo di richiedere l’autorizzazione per procedere all’assunzione di misure restrittive o
privative della libertà del parlamentare (salvo il caso di flagranza del reato e di condanna
definitiva), nell’ottica che tali misure potessero avere ricadute negative sulla composizione
dell’organo parlamentare e, dunque, prestarsi a più facili strumentalizzazioni da parte
dell’autorità giudiziaria.
Uno degli aspetti più significativi della riforma costituzionale attiene senz’altro
all’aspetto relativo all’organo competente a decidere e conseguentemente alla proclamata
riservatezza della procedura di esame delle richieste provenienti dall’autorità giudiziaria.
Interrompendo una lunga e consolidata prassi parlamentare che aveva riconosciuto nella
sola assemblea la sede privilegiata per l’esame delle richieste di autorizzazione (perlomeno
durante il periodo di sessione), la l. cost. n. 880/1995 ha affidato in via esclusiva all’Ufficio
di presidenza il compito di valutare le richieste di autorizzazione414. I relativi atti non sono
oggetto di alcuna pubblicazione e il loro esame avviene nella più ristretta riservatezza, al
fine di garantire una verifica il più possibile serena e distaccata della richiesta senza che si
determini un’attenzione mediatica che potrebbe inficiarne l’esame. A tal fine, l’Ufficio di
presidenza dell’Assemblea nazionale ha adottato, nel corso di una riunione del 24 gennaio
1996, un rigido “protocollo” di regolamentazione dell’iter procedurale per l’esame della
richiesta, che viene trasmesso, in via confidenziale, al Presidente dell’Assemblea ed al
Presidente del comitato ristretto. Spetta a quest’ultimo diffondere il testo della richiesta ai
membri del comitato mezz’ora prima dell’inizio della riunione, con l’obbligo di doverlo
restituire subito dopo la conclusione della seduta. I contenuti del dibattito sono tenuti segreti
e solamente la decisione finale dell’Ufficio di presidenza è pubblicata sul Journal Officiel.
Ora, è proprio tale carattere di segretezza che suscita non poche perplessità poiché sembra
aver ampliato, sotto certi profili, la portata della prerogativa dell’inviolabilità, consentendo
all’assemblea di non rendere noti i dibattiti e soprattutto i criteri utilizzati per l’adozione
della decisione finale. Difatti, l’annunciato tentativo di sbarazzarsi di un istituto ritenuto più
arcaico dell’immunità penale sembra in parte mancato proprio in ragione del carattere di
assoluta segretezza che circonda l’esame delle richieste di autorizzazione in relazione a
misure incidenti sulla libertà del parlamentare, soprattutto laddove fa venir meno un
auspicabile controllo – sia pure indiretto – da parte dell’opinione pubblica sull’operato
dell’organo parlamentare in un ambito politicamente sensibile qual è, appunto, quello
relativo all’applicazione delle immunità parlamentari 415 . Si è in tal modo trasmessa
l’impressione di aver rafforzato la tendenza a soluzioni di tipo corporativo, riaccendendo
inevitabili polemiche attorno alla compatibilità tra i principi supremi dello Stato
414 Tali richieste devono essere avanzate dal Procuratore generale presso la Corte
d’Appello competente, trasmesse all’Ufficio di presidenza della Camera interessata,
esaminate previamente da un comitato ristretto – chiamato in particolare a valutare «le
caractère serieux , loyal et sincère» della richiesta – e poi approvate dall’Ufficio di
presidenza.
415 L. SCIANNELLA, Le immunità parlamentari. Profili storici e comparativi, cit., pp.
192-193.
137
costituzionale di diritto ed il mantenimento di forme di guarentigie riconosciute in capo ai
soggetti titolari del potere di rappresentanza politica.
2.2 La sospensione
Nell’ambito del funzionamento della prerogativa dell’inviolabilità opera l’istituto della
sospensione, previsto dall’art. 26, c. 3° Cost., ai sensi del quale «La détention, les mesures
privatives ou restrictives de liberté ou la poursuite d’un membre du parlement sont
suspendues pour la durée de la session si l’assemblée dont il fait partie le requiert»416.
L’efficacia della sospensione è dunque limitata alla durata della seduta e deve essere
deliberata dalla Camera di appartenenza del parlamentare417. Sotto il profilo meramente
procedurale, le norme regolamentari delle rispettive Camere stabiliscono che, una volta
ricevuta la richiesta, i Presidenti hanno l’obbligo di informare la propria assemblea del
procedimento in corso e di sottoporre la richiesta alla commissione competente 418 .
L’esame in commissione avviene nel rispetto di taluni presupposti (l’urgenza, l’efficacia e il
divieto di valutare la colpevolezza dell’eletto) ed ha la sola finalità di stabilire «qui doit
l’emporter des exigences de la justice ou de celles de l’exercise de la fonction
législative»419 e non di giudicare in merito alla presunta colpevolezza del parlamentare.
Sulla base della relazione adottata dalla Commissione, l’assemblea delibera a maggioranza
relativa sulla richiesta di sospensione.
3. Breve rivisitazione della dottrina francese sulle immunità
416 Tale disposto costituzionale non ha tuttavia mancato di lasciare diverse questioni
aperte riguardanti, tra l’altro, l’avvio delle indagini, non più soggetto alla previa
autorizzazione parlamentare ma suscettibile, al contrario, di una successiva sospensione.
Sembrerebbe quasi che la riforma costituzionale del 1995 abbia semplicemente, per
quanto concerne l’indagine a carico del parlamentare, sostituito un filtro obbligatorio e
preventivo all’indagine stessa rappresentata dall’autorizzazione a procedere con un
sindacato facoltativo e posteriore a tale misura. Cfr. sul punto F. LUCHAIRE, La loi
constitutionnelle du 4 août 1995, une avancée pour la démocratie?, in Rev. dr. pub.,
1995, n. 6, p. 1436; P. FRAISSEIX, Les parlementaires et la justice : la procédure de
suspension de la détention, des mesures privatives ou restrictives de liberté, et de la
poursuite, in Rev. fr. dr. const., 1999, p. 497.
417 Per ulteriori approfondimenti, cfr. P. AVRIL – J. GICQUEL, Droit parlementaire, cit.,
p. 47.
418 In proposito, l’art. 105 del Regolamento del Senato prevede l’istituzione, ogni anno,
di una commissione ad hoc composta da trenta membri nominati in rispetto del
principio di proporzionalità tra i gruppi, mentre l’art. 80 del Regolamento
dell’Assemblea nazionale istituisce una commissione unica e permanente composta da
quindici membri.
419 Riportato da L. SCIANNELLA, Le immunità parlamentari. Profili storici e
comparativi, cit., p. 170.
138
Se la dottrina francese distingue chiaramente il regime giuridico dell’insindacabilità da
quello dell’inviolabilità, è altrettanto accertato che tenda a riconoscere a quest’ultima un
fondamento identico che risiede nella necessità di assicurare l’indipendenza del
parlamentare 420 . L’analisi tradizionale della dottrina concepisce infatti entrambe le
declinazioni delle immunità come necessarie al buon funzionamento del regime
rappresentativo. Eppure una prospettiva storica mette in luce come la comparsa delle
immunità sia precedente a quella della consacrazione del carattere rappresentativo del
mandato e lontana, inizialmente, dal cercare di proteggere i rappresentanti dai rappresentati,
ma anzi essenzialmente pensata contro la minaccia del potere esecutivo421.
Ora, per quanto concerne l’insindacabilità, essa costituisce senz’altro condizione
necessaria al libero funzionamento del regime rappresentativo, uno strumento di conquista
del potere deliberante e che peraltro ne garantisce il libero esercizio. Dal punto di vista
giuridico, protegge il diritto dei parlamentari ad esprimersi pubblicamente in totale libertà
ed indipendenza. Infine, l’insindacabilità impedisce l’ingerenza di poteri concorrenti
nell’esercizio delle funzioni parlamentari ed appare, da questa prospettiva, un corollario del
principio di separazione dei poteri422. Dal momento in cui gli atti in esame costituiscono
parte integrante del mandato parlamentare, l’esistenza di un regime giuridico derogatorio al
diritto comune si giustifica pienamente. La circostanza per cui sia solamente la giustizia ad
essere chiamata a determinare se l’atto commesso sia o meno effettivamente riconducibile
all’esercizio del mandato, non pare presentare particolari difficoltà, poiché se l’autorità
giudiziaria dovesse sposare una concezione dell’insindacabilità troppo restrittiva per essere
atta ad assicurare una protezione idonea del mandato parlamentare, un intervento del potere
costituente allo scopo di riaffermare e meglio identificare i confini dell’immunità sarebbe
sempre possibile.
Discorso diverso merita l’istituto dell’inviolabilità, che appare maggiormente suscettibile
a critiche anche a seguito della riforma costituzionale del 1995. Supporre in effetti che il
buon funzionamento del regime rappresentativo esiga la realizzazione di questa immunità
equivale ad estendere, a beneficio dell’inviolabilità, un fondamento che è proprio
dell’insindacabilità. Ora, è proprio il carattere rappresentativo del mandato che,
permettendo all’assemblea di funzionare regolarmente in assenza di uno o più parlamentari ,
rende sotto questo profilo superflua una inviolabilità la cui ratio va casomai trovata altrove
(rectius nei rapporti tra organo parlamentare e organi giudiziari). Inoltre, la revisione del 4
agosto 1995 ha reso molto più discreta l’attuazione dell’inviolabilità in ragione della già
citata segretezza degli atti che portano all’adozione della decisione da parte dell’Ufficio di
presidenza. Se tale scelta riflette la legittima volontà di proteggere la procedura da una
mediatizzazione a volte rivelatasi eccessiva, non è per ciò stesso meno contestabile.
Dall’entrata in vigore della revisione costituzionale, infatti, l’utilizzo che le assemblee
fanno dell’inviolabilità è largamente sottratto agli sguardi dei cittadini, ovvero al giudizio di
coloro i quali hanno conferito il mandato parlamentare. La confidenzialità della procedura
appare allora difficilmente compatibile con una democrazia rappresentativa il cui spirito
420 C. GUERIN-BARGUES, Immunités parlementaires et régime représentatif: l’apport
du droit constitutionnel comparé (France, Royaume-Uni, Etats-Unis), cit., p. 4.
421 Idem, p. 409 ss.
422 Ibidem.
139
sottintende non solo la pubblicità delle decisioni, ma anche, in una qualche misura, dei
motivi sottesi alle stesse. Di certo, istituita dalla tradizione rivoluzionaria per rispondere
all’ostilità del potere dominante, l’inviolabilità continua ancora oggi ad essere la traduzione
istituzionale della relativa permanenza dei disequilibri e delle tensioni tra i poteri costituiti.
140
LE INDENNITÀ IN FRANCIA
SOMMARIO: 1. L’istituto giuridico delle indennità parlamentari nell’ordinamento francese – 2. La disciplina delle
indennità parlamentari – 2.1 La remunerazione economica dei singoli deputati – 2.2 Gli ulteriori emolumenti e
benefici conferiti al deputato – 2.2.1 I costi per il mantenimento della segreteria a Parigi, nel territorio di
riferimento e per l’esercizio del proprio mandato elettorale – 2.2.2 I mezzi e gli strumenti di comunicazione e
telecomunicazione messi a disposizione dei deputati – 2.2.3 Le facilitazioni di trasporto per i deputati – 2.2.4
Ulteriori provvidenze e benefici. Gli assegni familiari ed il sistema di protezione sociale – 2.3 L’art. 2, c. 3°
Ordonnance 58-1210. Le cause che possono comportare una decurtazione dell’indennità – 2.4 La tassazione a cui
sono sottoposti i parlamentari francesi – 3. La decadenza dal ruolo di parlamentare – 3.1 L’indennità di fine
mandato come contributo al reinserimento professionale – 3.2 La pensione dei parlamentari – 4. Il bilancio
4.2 L’iter di approvazione del
dell’Assemblea Nazionale –
4.1 Profili giuridici e autonomia finanziaria –
bilancio – 4.3 La gestione del bilancio ed il suo controllo interno ed esterno.
1. L’istituto giuridico delle indennità parlamentari nell’ordinamento francese
L’istituto delle indennità riconosciute ai parlamentari francesi, così come avviene
analogamente negli altri ordinamenti costituzionali di civil law, trova il suo fondamento
giuridico principale nella Costituzione. Esso, insieme all’indipendenza giuridica garantita
dal regime delle immunità, è un fattore essenziale della democratizzazione dei regimi
politici ed è volto a fornite ai singoli parlamentari una “indipendenza materiale” che
permetta loro di svolgere le loro funzioni in modo libero ed indipendente nel supremo
interesse del popolo, eliminando quelle “pressioni” che potrebbero derivare dall’opera di
lobbying svolta da parte di specifici gruppi di interesse e di pressione 423. Inoltre, va
ricordato come sia proprio in ragione di detta indipendenza economica che anche persone
appartenenti alle classi sociali meno abbienti, alternativamente di fatto escluse, possono
effettivamente concorrere a determinare la politica della Nazione 424.
Specificatamente, l’art. 25, c. 1° della Costituzione francese vigente 425 dispone che una
legge organica debba stabilire «la durata dei poteri di ciascuna assemblea, il numero dei
suoi membri, le loro indennità, le condizioni di eleggibilità ed, infine, il regime delle
423 C. GIBEL, L’evolution des moyes de travaille des parlementaires, in Revue français de science politique, 1981,
n. 1, p. 212. Sul punto si v. anche: P. AVRIL- J. GICQUEL, Droit parlementaire, Montchrestien, 2004, pp. 54ss.
424 A. BAUDU, La situation matérielle des anciens députés et sénateurs un
«privilège» parlementaire?, in Revue française de droit constitutionnel, 2009, Vol. 4, n.
80, p. 698.
425 Ovviamente ci si riferisce alla Costituzione del 1958, c.d. “della Quinta
Repubblica”.
141
ineleggibilità e delle incompatibilità» 426. Fin da subito si evidenzia in tutta chiarezza come
nell’ordinamento francese – alla stregua di altri ordinamenti, si pensi a quello spagnolo –
esista una forte correlazione tra Costituzione e legge organica e come da quest’ultima
dipenda la disciplina di una questione centrale nell’ambito del Diritto parlamentare come,
appunto, l’elargizione delle indennità ai membri delle assemblee elettive nazionali.
Altresì, non può non essere evidenziato come il Costituente francese, prevedendo un
procedimento più oneroso rispetto al normale iter legislativo – quello appunto di cui all’art.
46 Cost. fr. 427 – abbia voluto rafforzare tale disciplina intendendo evidenziare come il
diritto in capo ai deputati e ai senatori di ricevere un emolumento per il servizio operato nei
confronti della Nazione fosse particolarmente meritorio e, di conseguenza, meritevole di
una maggiore tutela rispetto ad un qualsiasi altro diritto acquisito per legge 428.
Ciò detto, la legge organica che disciplina propriamente le indennità parlamentari venne
introdotta nell’ordinamento costituzionale francese nel 1958, subito dopo l’approvazione
della Costituzione della Quinta Repubblica 429, attraverso l’Ordonnance n. 58-1210 del 13
dicembre 430 la quale deve essere letta in combinato disposto con l’Ordonnance n. 58-998
del 24 ottobre 1958 – che disciplina le condizioni di eleggibilità e le incompatibilità dei
426 Il testo ufficiale in lingua francese dell’art. 25, c. 2°, Cost. fr. recita: «Une loi
organique fixe la durée des pouvoirs de chaque assemblée, le nombre de ses membres,
leur indemnité, les conditions d’éligibilité, le régime des inéligibilités et des
incompatibilités».
427 Per completezza espositiva si richiama all’attenzione del lettore il procedimento
di adozione di una c.d. “legge organica” secondo la previsione costituzionale francese di
cui all’art. 46. In via preliminare va sottolineato che il particolare aggravio legislativo
definito dalla previsione costituzionale trova fondamento nella tipica specificità delle
materie che possono e debbono essere disciplinate attraverso l’approvazione di una loi
organique. Essa, nell’ambito delle fonti del diritto, si colloca a livello “sub
costituzionale” e, conseguentemente, si frappone tra la Costituzione e le “normali” leggi.
Venendo compiutamente alla descrizione delle caratteristiche che rendono sui generis
l’iter legislativo previsto per l’adozione di una legge organica, possiamo affermare
come in primo luogo sia disposto un periodo temporale obbligatorio di sei settimane tra
la presentazione del progetto di legge e l’inizio della discussione dello stesso in aula,
successivamente la seconda lettura nell’altro ramo del Parlamento non potrà avvenire se
non dopo che siano trascorse altre quattro settimane. In ultima istanza, prima che la
legge possa essere promulgata da parte del Presidente della Repubblica ed entrare
effettivamente in vigore la stessa dovrà essere sottoposta preventivamente e
obbligatoriamente al controllo di costituzionalità da parte del Consiglio costituzionale (c.
5°).
428 Sul punto anche E. PIERRE, Traité de droit politique, électoral et parlementaire,
Paris, 1919, p. 1505.
429 La Costituzione del 1958 è entrata in vigore il 4 ottobre.
430 Ordonnance n. 58-1210 du 13 décembre 1958 portant loi organique relative à
l’indemnité des membres du Parlement.
142
parlamentari 431 – nonché con l’art. 9 (V) della legge n. 2007-1786 del 19 dicembre 2007
432.
2. La disciplina delle indennità parlamentari.
2.1. La remunerazione economica dei singoli deputati
Come detto poc’anzi la disciplina delle immunità parlamentari deriva dall’Ordinanza
58-1210 del dicembre 1958 che da attuazione all’articolo 25, c. 1° della Costituzione. In
questo senso, va ricordato che la legge organica contenuta in detta ordinanza è stata
modificata più volte nel corso del tempo, in primis nel 1992 e, successivamente, nel 2007
proprio dall’art. 9 (V) della legge 1786/2007. A seguito di queste modifiche sono state
introdotte delle nuove previsioni che attengono alla natura del cumulo delle remunerazioni
derivanti dal cumulo dei mandati.
In relazione a ciò va detto che originariamente nell’ordinamento francese l’indennità
parlamentare era stata pensata per essere del tutto incompatibile con qualsiasi altra
remunerazione pubblica (art. 4, c. 1°, Ordonnance n. 58-1210) e ciò rappresentava una
situazione del tutto sui generis soprattutto in riferimento ad un Paese nel quale il cumulo dei
mandati è un fatto risalente 433. Ciò nondimeno, il cumulo di remunerazione era permesso
solamente in casi del tutto particolari quali quelli definiti al 2° comma dell’art. 4,
Ordonnance 58-1210 ovvero ai percettori «di pensioni civili e militari di qualsiasi natura»,
agli aventi diritto ad una «pensione elargita a titolo di ricompensa nazionale» o ad un
«trattamento afferente alla Legione d’onore e alla medaglia militare», nonché «ai direttori
regionali per la sicurezza sociale, agli ispettori delle divisioni del lavoro e ai direttori dei
dipartimenti e degli ispettorati del lavoro e della manodopera» in ottemperanza dell’art. 12,
dell’Ordonnance 58-998 portant loi organique relative aux conditions d’eligibilité et aux
incompatibilités parlementaires.
431 Ordonnance n. 58-998 du 24 octobre 1958 portant loi organique relative aux
conditions d’éligibilité et aux incompatibilités parlementaires.
432 Loi n. 2007-1786 du 19 décembre de financement de la sécurité social pour 2008,
disponibile
all’URL:
www.legifrance.gouv.fr/affichTexteArticle.do;jsessionid=3BEA7C335F20492128806A55B50C0873.tpdjo17v_3?idArticle=LEGI
ARTI000017807734&cidTexte=JORFTEXT000000705195&categorieLien=id&dateTexte=20120419.
433 La questio del cumulo dei mandati è un problema risalente in Francia ma si è particolarmente esteso dal 1958
in avanti. Proprio per questo motivo dalla metà degli anni Ottanta del XX secolo è stata approvata una legislazione ad
hoc che ha avuto definitivo compimento con l’approvazione della legge organica n. 2000-294 del 5 aprile 2000 la
quale, per ciò che concerne i parlamentari francesi, mira a limitare il cumulo dei mandati al numero massimo di due.
Per avere un quadro completo delle cause che sottendono alla specificità tutta francese del cumulo dei mandati si V.:
J. COLIN, Cumul d’emplois – Cumul de rémunérations, in La Revue administrative, 1953, n. 36, pp. 591-597;
M.
DEBRÉ, Trois caractéristiques du système parlementaire français, in Revue français de science politique, 1955, n. 1,
pp. 21-48; C. YSMAL-R. CAYROL-J.L. PARODI, L'image de la fonction parlementaire chez les députés français, in
Revue française de science politique, 1971, n. 6, pp. 1173-1206; F. BASSANINI, Le prospettive dello Stato francese tra
modernizzazione delle istituzioni e sviluppo economico, Relazione tenuta al convegno biennale dell’Associazione di
Diritto pubblico comparato ed europeo “La Constitution français/La Costituzione francese”, Bari 22-23 maggio 2008,
disponibile all’URL: www.bassanini.it/public/BassaniniBari_maggio08.pdf.
143
Successivamente, il legislatore ha inteso modificare le previsioni di cui alle Ordinanze
del 1958 nel senso di rendere legittimo il cumulo di remunerazione derivante dalle cariche
pubbliche ricoperte, sia pur limitandolo ad un ammontare complessivo che non può in
nessun caso superare di una volta e mezzo il valore lordo dell’indennità parlamentare 434.
Attualmente, posto il valore attuale dell’indennità lorda di ciascun parlamentare, questa
cifra è pari ad Euro 2.757,34 mensili.
Questa decisione, apparentemente in contrasto con l’obiettivo emerso a partire dalla
seconda metà degli anni Ottanta del secolo scorso, ovvero quello di limitare per quanto più
possibile l’accumulo nella stessa persona di più cariche pubbliche, è però rispettosa di una
tradizione che in Francia ha origini molto lontane – già all’epoca della Monarchia di luglio
– e che di conseguenza è connaturata all’essenza stessa del proprio parlamentarismo 435.
Tornando ora al testo della versione consolidata della legge organica sulle indennità dei
membri del Parlamento si evince dalla lettura dell’art. 1 che detta indennità è calcolata sulla
base del trattamento economico dei dipendenti che occupano un impiego all’interno dello
Stato propriamente detti “fuori scala” (hors échelle); specificamente, il valore di riferimento
dell’indennità deriva dalla media calcolata tra la remunerazione più elevata e quella più
bassa garantita ai dipendenti di detta categoria e ad oggi è pari ad Euro 5.514,68. A parere
di una parte importante della dottrina, questo fatto avrebbe permesso di rendere meno inviso
ai cittadini (citoyens) – da sempre particolarmente diffidenti e contrari a che i parlamentari
potessero godere di un livello di indennità sufficientemente elevato – il costo della
democrazia e, di conseguenza, avrebbe condotto loro ad accettarlo 436. D’altro canto, il
collegamento tra indennità di base (indemnités parlementaire) e livello “medio” della
retribuzione della P.A. ha configurato una situazione molto particolare e forse unica nel
panorama del parlamentarismo internazionale, ovvero una “rivalutazione” automatica della
remunerazione dei parlamentari contestualmente al “livellamento verso l’alto” degli
stipendi di tutti gli altri dipendenti dell’amministrazione statale. In questo senso, potremmo
evidenziare come si sia realizzato uno iato tra i parlamentari e la propria indennità
attraverso il quale è stata esclusa la possibilità che i parlamentari possano procedere ad una
modifica del valore della propria remunerazione se non previa una procedura legislativa
aggravata e non già con una semplice legge ordinaria, così come peraltro avviene in
Italia437.
L’indennità “di base” si completa poi con un’indennità c.d. “di funzione” (indemnités de
fonction) il cui valore è pari al 25% del totale dell’indennità base (art. 2, commi 1° e 2°,
Ordonnance 58-1210) 438.
434 Il lettore badi bene a tenere conto che tale previsione sarà ufficialmente in vigore
“solamente” dalla prossima legislatura, vale a dire quella che inizierà tra poche
settimane successivamente alle elezioni presidenziali francesi.
435 M. DEBRÉ, op. cit., p. 23.
436 C. JIBEL, op. cit., pp. 212-213.
437 Per una trattazione completa si V. in questo lavoro lo specifico paragrafo dedicato
all’Italia.
438 Posto che l’indennità di base risulta ammontare ad Euro 5.514,68 di conseguenza
l’indennità di funzione risulta essere pari ad Euro 1378,67.
144
Invero, un’altra novità per ciò che concerne il valore complessivo della remunerazione
dei deputati francesi è stata introdotta con il decreto 85-1148 del 24 ottobre 1985 439; in
particolare, l’art. 9 prevede che al pari di tutti i lavoratori della funzione pubblica anche ai
parlamentari sia riconosciuta una «indennità di residenza» calcolata nel 3% dell’ammontare
lordo dell’indennità di base. Tale integrazione – che per i deputati ed i senatori francesi nel
momento in cui scriviamo corrisponde ad Euro 165,44 mensili – rappresenta il terzo ed
ultimo elemento componente dell’ammontare complessivo delle indennità che sono
garantite agli eletti nelle due assemblee nazionali. Essa è assegnata loro in quanto i membri
dell’Assemblea Nazionale e del Senato – in base alla legislazione francese, e così come si
ricordava in relazione al collegamento tra valore dell’indennità parlamentare e valore medio
degli stipendi dei c.d. “lavoratori pubblici hors échelle” – sono a tutti gli effetti assimilati ai
“funzionari e agli agenti della funzione pubblica di Stato” 440.
2.2 Gli ulteriori emolumenti e benefici conferiti al deputato
Nel paragrafo precedente abbiamo analizzato compiutamente la legislazione riguardante
le indennità economiche riservate ai deputati e abbiamo evidenziato come esse si
compongano di tre elementi distinti: l’indennità parlamentare “di base”, l’indennità di
funzione e l’indennità di residenza. In questa sezione, invece, faremo riferimento a tutti
quegli ulteriori emolumenti, provvidenze, mezzi e strumenti che sono assegnati
individualmente a ciascuno dei parlamentari francesi per l’esercizio del proprio mandato e
per lo svolgimento delle loro funzioni di rappresentanza. Miratamente prenderemo in esame:
a) i costi per il mantenimento di una propria segreteria a Parigi e nel territorio di elezione; b)
i mezzi e gli strumenti di comunicazione e telecomunicazione messi a disposizione dei
deputati da parte dell’Assemblea Nazionale; c) le facilitazioni di trasporto; d) gli ulteriori
emolumenti garantiti dalla legge per assegni familiari e così via.
Andiamo per ordine e cerchiamo di sistematizzare la nostra analisi per ciascuno dei punti
appena enumerati.
2.2.1 I costi per il mantenimento della segreteria a Parigi, nel territorio di riferimento e per
l’esercizio del proprio mandato elettorale
Per ciò che attiene ai costi di gestione della propria segreteria politica, e per fare fronte
alle varie spese relative all’esercizio del mandato elettorale che non sono direttamente prese
in carico da parte dell’Assemblea, a ciascun deputato è riconosciuto un ulteriore
emolumento di carattere forfettario detto “indennità rappresentativa dei costi legati al
439 Decret n. 85-1148 du 2 octobre 1985
modifié relatif à la rémunération des personnels civils et
militaires de l'Etat, des personnels des collectivités territoriales et des personnels des établissements publics d'hospitalisation.
440 Nello specifico l’art. 1 del decreto specificando quali siano i destinatari dello
stesso dispone: «Les dispositions du présent décret sont applicables aux magistrats,
militaires, fonctionnaires et agents de la fonction publique de l'Etat, de la fonction
publique territoriale et de la fonction publique hospitalière, à l'exclusion du personnel
rétribué sur la base des salaires pratiqués dans le commerce et l'industrie».
145
mandato” (indemnité représentative de frais de mandat) il cui ammontare complessivo
lordo è attualmente pari ad Euro 6.412 al mese 441 ; esso è soggetto ad una autorivalutazione sulla base degli aumenti di stipendio nel settore della funzione pubblica e non
è soggetto a tassazione 442.
Inoltre, ogni deputato dispone di un apposito “stanziamento mensile per la
remunerazione dei propri collaboratori” (crédit affecté à la rémunération des collaborateurs)
che è calcolato – in linea di principio – per far fronte ai costi di assunzione di tre assistenti.
Ciò detto, nulla osta a che il parlamentare possa decidere di suddividere questo
stanziamento per la gestione di sino a cinque diversi collaboratori o che lo stesso sia
destinato al proprio Gruppo di riferimento, al fine di concorrere alla remunerazione degli
assistenti messi a disposizione da quest’ultimo. In questo senso, al deputato è riconosciuta
piena responsabilità e libertà nell’ambito del reclutamento, della definizione e della stipula
del contratto di lavoro dei propri assistenti che, di conseguenza, sono a tutti gli effetti dei
suoi dipendenti. Nel momento in cui scriviamo l’ammontare mensile lordo di questa
provvidenza è pari ad Euro 9.138 la quale, però, non deve essere considerata come un
entrata fissa “in busta paga” per il parlamentare, bensì come un vero e proprio credito
aperto presso la Camera di appartenenza e che, di conseguenza, se non utilizzato può essere
rimesso a disposizione del bilancio dell’Assemblea.
2.2.2 I mezzi e gli strumenti di comunicazione e telecomunicazione messi a disposizione dei
deputati
Così come avviene in altri Paesi, anche in Francia ai deputati vengono riconosciuti tutta
una serie di strumenti volti a semplificare e rendere più efficace la loro funzione di
rappresentanza pubblica. Questi sono andati via via moltiplicandosi a partire dall’inizio
della Quinta Repubblica, anche in ragione dello sviluppo tecnologico che si è andato
manifestando nel settore delle telecomunicazioni 443, ed oggi sono: a) il diritto di disporre
di un ufficio (le bureau) presso Palais Bourbon 444 o in uno delle pertinenze dello stesso ;
b) il diritto di avere accesso libero e gratuito alla rete internet, alla propria posta elettronica,
nonché ad un certo numero di banche dati di tipo giuridico attraverso i PC messi a loro
441 In relazione a questa provvidenza di carattere forfettario va ricordato che lo
scorso 22 novembre 2011 è stata depositata all’Assemblea Nazionale una proposta di
legge volta a rendere questo emolumento un semplice rimborso spese susseguentemente
alla presentazione di giustificativi. La proposta può essere visionata all’URL:
www.assemblee-nationale.fr/13/propositions/pion3992.asp.
442 Si noti come di fronte alla grave crisi economico-finanziaria tutt’ora in corso
anche in Francia sono state adottate delle politiche restrittive di bilancio tali per cui dal
2010 le rivalutazioni automatiche degli stipendi e degli emolumenti dei parlamentari
sono bloccate.
443 Per un’interessante dissertazione sulle tappe che hanno condotto ad un
miglioramento effettivo dei mezzi in possesso dei parlamentari per un efficace esercizio
delle proprie funzioni si V.: C. JIBEL, op. cit..
444 Sede dell’Assemblea Nazionale francese.
146
disposizione dalla Camera; c) il diritto ad avere accesso libero e gratuito alla rete telefonica
nel palazzo dell’Assemblea; d) il diritto di avere gratuitamente (a spese della Camera di
appartenenza) l’accesso ai servizi postali.
Specificatamente, maggiore chiarezza deve essere fatta relativamente ai punti c) e d) di
cui sopra, in quanto è necessario capire quali siano effettivamente i diritti concessi ai
parlamentari in questo settore molto particolare ed in continua evoluzione.
Per ciò che concerne le spese telefoniche, siano esse dovute a telefonate o invio dati
tramite fax, esse sono effettivamente coperte dal bilancio dell’Assemblea se provengono
dall’ufficio del parlamentare o comunque dalle linee interne di Palais Borbon; inoltre,
ogni deputato ha diritto ad avere un rimborso spese di carattere forfettario nel limite
massimo di Euro 5.000 annui (8.000 se il deputato è eletto nelle terre d’oltremare) per le
spese telefoniche derivanti da un numero massimo di cinque linee telefoniche e una
internet, ovvero quattro linee telefoniche e due internet che corrispondono al pacchetto
comunicazione messo a loro disposizione dalla Camera 445. In caso di sforamento del
limite previsto (~ 416 Euro mensili) gli uffici dell’Assemblea preposti provvedono
all’addebito dei maggiori costi sui rispettivi conti correnti dei deputati.
Invero, per ciò che attiene alle spese per la corrispondenza, esse sono completamente
a carico dell’Assemblea se riguardano l’esercizio del mandato parlamentare, mentre non
sono rimborsabili in alcun modo le spese per invii di «inviti, biglietti da visita, volantini
e annunci».
2.2.3 Le facilitazioni di trasporto per i deputati
Altra caratteristica propria dei benefici dei deputati attiene a tutta una serie di vantaggi
ed agevolazioni che permettono loro di muoversi in modo confortevole e gratuito su tutto il
territorio nazionale. In questo ambito, però, il caso francese è certamente sui generis in
quanto questa totale gratuità è garantita solamente sulla rete ferroviaria – sulla quale i
parlamentari possono ovviamente viaggiare in prima classe – e non già su tutti i mezzi di
trasporto pubblico operanti sul territorio nazionale. In particolare, va detto che i deputati
hanno diritto “solamente” ad 80 viaggi aerei gratuiti 446 da effettuarsi per forza di cose tra
Parigi e la loro circoscrizione di elezione, nonché di ulteriori 12 viaggi per destinazioni
esterne alla propria circoscrizione di appartenenza (sono esclusi voli internazionali). Caso
del tutto particolare, invece, è quello dei deputati eletti nelle terre d’oltremare i quali hanno
diritto ad un rimborso rispettivamente di 26 e 16 viaggi indipendentemente dalla loro
provenienza447.
445 CAMERA DEI DEPUTATI, Trattamento economico dei deputati in Italia, Francia,
Germania, Gran Bretagna e Parlamento europeo, Servizio per le Competenze dei
parlamentari, Roma, 31/03/11, pp. 10-11.
446 Si tenga presente che 80 viaggi annui significa meno di sette passaggi aerei al
mese per ciascun deputato.
447 Specificatamente, i deputati provenienti dalle terre d’oltremare e Mayotte hanno
diritto ad un rimborso sino a 26 viaggi in “Business club” tra la loro circoscrizione e
Parigi ed 8 viaggi in Francia, mentre i deputati della Comunità francese del pacifico
147
Interessante è la soluzione trovata dal legislatore francese per limitare il numero di “auto
blu” a disposizione dei parlamentari. Nello specifico, l’Assemblea Nazionale ha a
disposizione un numero complessivo di circa 20 autovetture con autista a completa
disposizione dei deputati per viaggi e trasferimenti all’interno della città di Parigi e da e per
gli aeroporti. Queste autovetture sono altresì a disposizione dei servizi della Camera e, di
conseguenza, nei momenti di maggiore affluenza i parlamentari vengono spesso condotti
alle loro destinazioni a spese della loro Camera di appartenenza su semplici taxi prenotati
all’uopo.
Infine, a richiesta del deputato, gli uffici dell’Assemblea possono fornire una carta
nominativa e non cedibile per usufruire gratuitamente dei trasporti pubblici parigini (RATP).
2.2.4 Ulteriori provvidenze e benefici. Gli assegni familiari ed il sistema di protezione
sociale
I deputati– al pari degli altri lavoratori francesi – sono assoggettati alla legislazione sugli
assegni familiari e, di conseguenza, li ricevono secondo le previsioni della stessa. Essi sono
altresì assoggettati al “sistema di sicurezza e protezione sociale” previsto dalla Camera che
fornisce ai deputati provvidenze, integrazioni ed assistenza economica nei termini previsti
dalla legge francese in caso di malattia, maternità o decesso 448. Invero, tutti i deputati
sono anche obbligati a versare mensilmente (ciò avviene attraverso una mera trattenuta sulla
busta paga) un contributo di Euro 568,01 che viene destinato allo Stato per il regime
generale di assistenza sanitaria, al quale può essere aggiunto un ulteriore contributo
facoltativo pari allo 0,6% dell’ammontare mensile lordo dell’indennità (0,3% per i
percettori di un assegno di vitalizio) qualora il deputato voglia altresì sottoporsi
all’assistenza integrativa.
Va detto che il fondo di “protezione sociale” della Camera, sebbene sia del tutto
autonomo rispetto al sistema di “protezione generale” che viene garantito ai cittadini
francesi, garantisce la sola copertura delle spese sanitarie per un limite in tutto e per tutto
identico a quello previsto dal sistema di protezione a cui tutti i cittadini sono sottoposti;
questo ammontare può essere sforato solamente da coloro i quali decidono di sottoporsi
anche all’assistenza integrativa, ma anche in questo caso i limiti sono definiti in un apposito
tariffario delle prestazioni stilato dal Governo.
Il rimborso delle prestazioni avviene in due differenti modi: o attraverso un addebito
diretto (nei limiti previsti per ogni singola prestazione) su di una carta magnetica rilasciata
ad hoc dall’Assemblea, oppure attraverso un rimborso ex post presentando la
documentazione certificante l’effettiva spesa sostenuta. Esso può essere presentato a
hanno diritto ad un rimborso di 16 viaggi aerei in “Prima classe” tra la circoscrizione di
loro competenza e Parigi e 8 viaggi sul territorio francese. CAMERA DEI DEPUTATI, op.
cit., p. 8.
448 Detto fondo (Fond de sécurité social) è stato creato dalla Presidenza
dell’Assemblea Nazionale nel 1948 ed è tutt’ora in funzione. Esso è gestito da tre
questori-tesorieri (Questeurs) e da un rappresentante per ciascuno dei gruppi politici
rappresentati nella Camera bassa.
148
copertura di spese sanitarie legate al deputato in carica, alla moglie (se inattiva), ai figli sino
ai 20 anni ed, infine, ai parlamentari in pensione 449.
2.3 L’art. 2, c. 3°, Ordonnance 58-1210. Le cause che possono comportare una
decurtazione dell’indennità.
Quando si affronta il dibattito pubblico sull’indennità riservata ai parlamentari si è soliti
dimenticare di trattare la questione della decurtazione della stessa sulla base della non
partecipazione ai lavori delle assemblee di cui si è membri.
Specificatamente, nel caso francese è la stessa legge organica del 1958 sulle indennità
parlamentari all’articolo 2, c. 2° a demandare tale la disciplina al regolamento di ciascuna
delle Camere componenti il Parlamento.
Miratamente, il regolamento dell’Assemblea Nazionale 450 all’articolo 159 dispone che
l’indennità sia pagata mensilmente ai deputati che partecipano regolarmente ai lavori
dell’Assemblea, senza tenere conto della durata delle sessioni (c. 1°). Il regolamento
statuisce, altresì, che chiunque si assenti alle sedute della Camera bassa debba giustificarsi
per iscritto, scusandosi, di fronte alla presidenza.
Il significato di che cosa si intenda esattamente per “regolarità di partecipazione” ci
viene fornita dallo stesso articolo 159 al terzo comma il quale recita: «(…) il fatto di aver
partecipato, durante una sessione, a meno di due terzi degli scrutini pubblici (…) comporta
una trattenuta pari ad un terzo dell’indennità di funzione per una durata pari a quella della
sessione; se lo stesso deputato ha preso parte a meno della metà degli scrutini, la trattenuta
viene raddoppiata» 451. Da quanto si evince dalla lettura del testo normativo si evidenzia in
tutta chiarezza come il legislatore sia stato particolarmente duro nei confronti degli
assenteisti, e come voglia “combattere” questo malcostume attraverso l’adozione di una
serie di strumenti che colpiscano i deputati sia sotto il profilo economico-remunerativo, sia
sotto il profilo politico e di immagine.
449 CAMERA DEI DEPUTATI, op. cit., pp. 20-21; Si noti che questo fatto ha dato adito
ad enormi critiche da parte dell’opinione pubblica francese.
450 Il regolamento attualmente in vigore è quello così modificato dalla risoluzione 27
maggio 2009 a seguito della decisione n. 2009-581 del Consiglio costituzionale del 25
giugno 2009. Il testo completo è disponibile all’URL: www.assembleenationale.fr/connaissance/reglement.asp
451 Per chiarezza espositiva il testo francese dell’art. 159, c. 3° del regolamento
dell’Assemblea Nazionale recita: “Compte tenu des cas où la délégation de vote a été
donnée, conformément à l'ordonnance n° 58-1066 du 7 novembre 1958 précitée, des
votes sur les motions de censure et des excuses présentées en application de l'alinéa
précédent, le fait d'avoir pris part, pendant une session, à moins des deux tiers des
scrutins publics auxquels il a été procédé en application du 3° de l'article 65, ou de
l'article 65-1, entraîne une retenue du tiers de l'indemnité de fonction pour une durée
égale à celle de la session ; si le même député a pris part à moins de la moitié des
scrutins, cette retenue est doublée
149
In particolare, proseguendo l’analisi del regolamento della Camera bassa d’Oltralpe si
evidenzia che la decurtazione dell’indennità oltre ad avvenire susseguentemente alla non
partecipazione ai lavori da parte del deputato, possa derivare anche da un suo
allontanamento forzato disposto dalla presidenza (art. 77), oppure dall’approvazione nei
suoi confronti di una c.d. “mozione di censura” (art. 76). Viepiù una sanzione pecuniaria
viene comminata nel qual caso il deputato venga annotato a verbale dopo il primo richiamo
all’ordine (art. 71), ovvero nei casi in cui sia considerato responsabile di frode durante gli
scrutini in aula (art. 77-1). Rispettivamente il deputato sarà privato per un periodo fino a sei
mesi di metà dell’indennità in caso di violazione di cui agli artt. 76 e 77 452, mentre nel
qual caso allo stesso siano addebitate le cause di cui agli artt. 71 e 77-1 del regolamento la
sottrazione dell’indennità sarà pari ad un quarto per un periodo di tempo sino a sei mesi 453.
Scorrendo l’ultimo rapporto concernente il resoconto finale dei lavori della legislatura
appena conclusasi (2007-2012) redatto dall’Assemblea Nazionale si denota che il sistema di
“repressione preventiva” previsto dal regolamento ha effettivamente esplicato i propri
effetti. A suffragare questa nostra considerazione sia sufficiente ricordare che nell’ultimo
triennio le situazioni riconducibili a fatti personali potenzialmente in grado di avviare il
procedimento sanzionatorio sono state solamente tre, così come le pene effettivamente
comminate nei confronti di altrettanti deputati 454. Tutto ciò dimostrerebbe come la sola
possibilità regolamentare di essere destinatario di una pena di carattere pecuniario abbia
disincentivato i parlamentari dal tenere comportamenti tumultuosi o comunque irrispettosi
dell’Aula.
2.4 La tassazione a cui sono sottoposti i parlamentari francesi
I parlamentari francesi, siano essi deputati o senatori, sono sottoposti come qualsiasi
altro cittadino alla tassazione sulle persone fisiche, nonché alle trattenute derivanti da
prestazione da lavoro dipendente senza alcun beneficio a riguardo. Unico particolare che
merita menzione attiene al fatto che solamente le indennità c.d. “di base” e “di residenza”
sono sottoposte a tassazione, mentre quella di “funzione” – la quale è particolarmente
consistente in quanto pari al 25% dell’indennità di base – è completamente esentasse 455.
452 Specificatamente in base alle disposizioni ex art. 76 il deputato sarà privato di
metà indennità per un mese in caso di “censura semplice” e per due mesi in caso di
“censura con esclusione temporanea”. Invero, l’art. 77 prevede una decurtazione pari
alla metà dell’indennità per un periodo di tempo pari a sei mesi.
453 L’art. 71 prevede una riduzione dell’indennità di un quarto per un mese, mentre
l’art. 77-1 dispone che la stessa sia prolungata per un periodo di sei mesi.
454 ASSEMBLEE NATIONALE, Statistiques concernent la session 2008/2009 (1 october
2008 – 30 septembre 2009), Paris, 2009; ASSEMBLEE NATIONALE, Statistiques
concernent la session 2009/2010 (1 october 2009 – 30 septembre 2010), Paris, 2010;
ASSEMBLEE NATIONALE, Statistiques concernent la session 2010/2011 (1 october 2010
– 30 septembre 2011), Paris, 2011.
455 BAUDU A., op. cit., p. 715.
150
Infine, i parlamentari sono tenuti al pagamento di un contributo di solidarietà per i
lavoratori del settore privato pari ad Euro 58,60 mensili (loi n. 82-939 du 4 novembre
1982).
3. La decadenza dal ruolo di parlamentare.
3.1. L’indennità di fine mandato come contributo al reinserimento professionale
L’ordinamento francese prevede che al deputato non rieletto sia garantita un’indennità
provvisoria per il periodo di reinserimento nel mondo professionale, il c.d. “AARE”
(Allocation d’Aide au Retour à l’Emploi), riconoscendo in un certo qual modo all’ex
parlamentare il diritto – di carattere quasi premiale – di essere sostenuto economicamente
nel periodo di transizione tra la fine del suo mandato elettorale ed il suo reinserimento nel
mondo del lavoro 456. Sebbene ciò, va detto che questo sostegno non può perdurare sine
die bensì è previsto dalla stessa legge che esso non possa mai superare i sei semestri, ovvero
i tre anni 457.
Proprio in ragione della natura transitoria dell’emolumento – che come vedremo di
seguito è altresì regressivo – esso non può essere considerato, al pari dell’indennità di fine
mandato 458, come una sorta di “liquidazione” spettante al deputato ma, piuttosto, come
una vera e propria indennità di disoccupazione (assurance chômage) al pari di quella
riconosciuta a tutti i lavoratori francesi nel periodo intercorrente tra un impiego ed un altro.
A suffragio di quanto abbiamo appena affermato vi è la previsione ordinamentale che
dispone che detta indennità sia effettivamente erogata ai soli deputati in età da lavoro e non
già a tutti coloro i quali decadono dal ruolo di parlamentari.
Volendo definire le caratteristiche di questo beneficio economico, in via
preliminare dobbiamo evidenziare come la principale di esse sia la regressività del
valore del “montante” dell’emolumento con il trascorrere del tempo.
Specificatamente, esso sarà pari al 100% dell’indennità parlamentare solamente
durante il primo semestre successivo alla decadenza dalle funzioni, mentre passerà
al 70% dal secondo, al 50% dal terzo, al 40% dal quarto, al 30% dal quinto ed,
456 Questo tipo di emolumento lo potremmo definire “di scopo”, proprio in relazione
al fatto che esso deve essere considerato uno strumento di sostegno atto al reinserimento
nel mondo del lavoro.
457 Sia pur limitato nel tempo detto emolumento è stato fortemente criticato dalla
stampa francese, tanto che nel 2007 i questori-tesorieri (Questeurs) dell’Assemblea
Nazionale hanno dovuto rendere pubblica una nota nella quale hanno sottolineato che
detta provvidenza deve essere intesa come una vera e propria indennità di
disoccupazione concessa ai soli parlamentari che al momento della non rielezione non
possiedono un lavoro. (Richard Mallié, Premier questeur à l’Assemblée Nationale, in A.
BAUDU, op. cit., p. 702).
458 Così come ad esempio avviene in Italia; per una chiara ed immediata comparazione dell’istituto si V.:
ATTIVITA’ E RISULTATI DELLA COMMISSIONE SUL LIVELLAMENTO RETRIBUTIVO ITALIA-EUROPA (c.d. “Commissione
Giovannini”), Relazione al 31/12/11, p. 18.
151
infine, al 20% dal sesto ed ultimo semestre. A valori correnti l’ammontare mensile
garantito al deputato non rieletto è pari a 5.514,68 Euro durante il primo semestre,
a 3.860,28 Euro nel secondo, a 2.757,34 Euro nel terzo, a 2.205,87 nel quarto,
1.654,40 Euro nel quinto ed, infine, ad Euro 1.102,94 nel sesto semestre 459.
In secondo luogo, va ricordato che questa indennità proviene da un fondo
apposito creato ad hoc nel bilancio dell’Assemblea Nazionale e che ogni mese
viene finanziato dai singoli deputati attraverso una ritenuta obbligatoria sulla busta
paga di ciascuno che corrisponde esattamente allo 0,5% dell’indennità di base (ad
oggi detta ritenuta è pari ad Euro 27,57 mensili); conseguentemente, detta
provvidenza non comporta alcun aggravio per il bilancio dello Stato 460 ma può
invero considerarsi una sorta di “mutua assicurazione” – secondo la specifica
dizione francese: Fond d’assurance mutuelle, différentielle et degressive de retour à
l’emploi des députés – che il Bureau de l’Assemblée ha voluto istituire all’uopo a
“protezione” dei deputati non rieletti. Essa è altresì di carattere differenziale,
ovvero viene effettivamente erogata solo ed esclusivamente nel qual caso il
deputato non goda di remunerazioni più elevate della stessa provvidenza e,
comunque, per una cifra che non può mai superare la differenza tra la stessa e la
remunerazione effettivamente percepita 461.
Sebbene la gestione di detto fondo specifico sia sempre stato gestito all’interno
della Camera bassa da parte e sotto supervisione della Presidenza 462, dal 6 aprile
2011 la gestione amministrativa, contabile e finanziaria è stata conferita alla Caisse
des depôt et des consignations, una struttura di carattere pubblico che dovrebbe
garantire maggiore controllo e trasparenza sui fondi effettivamente erogati ai
459 La formula corrispondente al sistema qui descritto è stata definita dalla “Commissione
Giovannni” ed è la seguente: {[(α * I) – Y] per max 3 anni}, dove α corrisponde al valore dell’indennità
che decresce nel tempo, mentre Y rappresenta il reddito eventualmente percepito dal deputato.
460 Specificatamente, il risultato dell’esercizio 2010 è stato positivo per 0,14 milioni
di Euro (dati del bilancio consuntivo 2010: ASSEMBLÉE NATIONALE, Rapport sur les
comptes de l'Assemblée nationale de l'exercice 2009, n. 2691, p. 24) e comprende le
spese sostenute dal fondo AADE per il sostegno di due deputati nel gennaio 2009.
461 In questo senso si tenga presente che le remunerazioni di cui alla previsione
legislativa possono essere stipendi, indennità derivanti da mandati di carattere locale o
regionale, indennità di servizio, ma anche trattamenti pensionistici e rendite patrimoniali.
462 Per avere un quadro più completo sulle effettive competenze all’interno
dell’Assemblea Nazionale per ciò che concerne la gestione del servizio pensionistico
garantito ai deputati si v. A. BAUDU, op. cit., p. 706 s..
152
deputati francesi, nonché una maggiore remunerazione degli stessi nel lungo
periodo 463.
In ultima analisi, possiamo ricordare che proprio in ragione del limite temporale
in cui si può attingere a questo fondo (al massimo per i primi tre anni di legislatura)
ad oggi nessun ex deputato risulta percettore di questa indennità 464, ma la
situazione è sicuramente destinata a modificarsi dal prossimo giugno allorquando
si svolgeranno le nuove elezioni per il rinnovo del Parlamento francese e, molto
probabilmente, una parte dei deputati al momento in carica dovranno lasciare il
proprio scranno 465.
3.2 La pensione dei parlamentari
Il sistema pensionistico ed il sistema di protezione sociale a cui sono sottoposti i deputati
francesi dal momento che cessano il loro mandato parlamentare risulta essere uno dei
principali punti di dibattito politico-giornalistico-costituzionale in quanto, da più parti, è
stato sostenuto come esso sia da considerarsi come un vero e proprio “paracadute d’oro”
(parachute doré) 466 che fa da corollario al sistema delle indennità riservate ai parlamentari
e che, conseguentemente, non può essere considerato separatamente dallo stesso 467. In
questo senso, il vitalizio riservato agli ex appartenenti ad una della Camere legislative non
sarebbe altro che uno strumento complementare al mandato costituzionale di ogni singolo
parlamentare 468.
La situazione, almeno apparentemente, non è andata modificandosi con le riforme del
2007 e del 2010, sebbene queste abbiano ampiamente riformato il sistema in vigore
precedentemente avvicinandolo a quello previsto per tutti i dipendenti del settore pubblico,
463 La Caisse des depôt et des consignations rappresenta – nell’ordinamento francese
– una sorta di Cassa depositi e prestiti il cui obiettivo è garantire una massimizzazione
degli investimenti a lungo termine per sostenere la crescita e lo sviluppo del Paese
d’Oltralpe. Per maggiori dettagli si v. il sito istituzionale dell’organismo all’URL:
www.caissedesdepots.fr
464 All’inizio della legislatura i percettori dell’indennità “di reinserimento” erano
circa 30 persone; il numero è via via calato sino ad annullarsi completamente a
dicembre 2009, due anni e mezzo dopo le elezioni politiche francesi.
465 Specificatamente, il primo turno si svolgerà il prossimo 10 giugno, mentre il
secondo turno è stato calendarizzato per il 17 giugno 2012.
466 La grande hypocrisie des parachutes dorés, in Le Figaro, 12/06/06.
467 A. BAUDU, op. cit., p. 706. Specificatamente, va altresì ricordato che la
giurisdizione riguardante il sistema pensionistico riservato a deputati e senatori spetta
alla propria Camera di appartenenza, di conseguenza il giudice amministrativo risulta
essere completamente incompetente sulla questione.
468 Ibidem.
153
nonché posto fine ad alcune storture e privilegi particolarmente avversati dall’opinione
pubblica d’Oltralpe 469. Specificatamente, la riforma del 2007 ha cancellato un privilegio
di antica memoria che era garantito a tutti gli ex Presidenti delle Camere, ovvero quello di
mantenere a vita un “segretariato” ed un ufficio presso Palais Bourbon, nonché di avere
sempre a propria disposizione una macchina con autista. A tutto ciò, come accennato
poc’anzi, si è posto fine con una delibera del Bureau dell’Assemblea Nazionale dell’11
aprile 2007 – in piena campagna elettorale per le presidenziali – nella quale si riconosceva
che il sistema AARE era già di per se sufficiente a tutelare i deputati cessati dall’incarico e,
conseguentemente, si procedeva a cancellare tutti i benefici concessi agli ex presidenti.
Passando a descrivere nello specifico la gestione del sistema pensionistico, possiamo
notare come essa sia svolta in modo indipendente da parte di ogni singola Camera dai
questori-tesorieri e da una componente del “servizio affari sociali” che annualmente redige
un bilancio apposito che sottopongono all’approvazione dell’Aula. Il sistema è a
ripartizione e viene dunque finanziato dai contributi versati annualmente dai deputati in
carica in un’apposita “Cassa” (Caisse des pensions des députés) e da una apposito capitolo
di spesa iscritto nel bilancio dell’Assemblea. Nelle specifico, sulla base del bilancio
consuntivo 2010, risulta che a fronte di una contribuzione totale da parte dei deputati di
22,76 milioni di Euro (erano 22,60 milioni nel 2009), per garantire l’equilibrio del sistema,
nel bilancio di Assemblea è stato previsto uno specifico stanziamento di 40,65 milioni di
Euro (erano 42,06 milioni nel 2009) 470. In altri termini, ciò significa che la contribuzione
diretta dei deputati si attesta al 35,89% dell’intera spesa per il pagamento del vitalizio.
Dati del 2008, contenuti nel Rapport sur le rendez-vous de 2008 sur les retraites 471
redatto dalla Commissione per gli affari culturali, familiari e sociali dell’Assemblea
Nazionale, hanno evidenziato come a fronte di 577 deputati-contribuenti vi fossero ben
1.948 ex deputati-pensionati.
Relativamente all’effettivo ammontare della contribuzione dei singoli deputati, va detto
che questo è stato oggetto di riforma nel biennio scorso. L’obiettivo dichiarato era quello di
ampliare per quanto più possibile detta contribuzione rendendola compatibile ed efficace ad
un riequilibrio del sistema pensionistico garantito ai deputati. In questo senso la percentuale
di contribuzione è stata fissata per tutta la durata del mandato al 10,55% dell’indennità
“legislativa” 472 che attualmente corrisponde ad una contributo pro capite di 787 Euro
mensili. Precedentemente, invece, tale percentuale si modificava nel tempo e tendeva a
decrescere con il trascorrere degli anni di mandato raggiungendo il limite minimo del
469 Per una panoramica della situazione: Y. STEFANOVITCH, Aux frais de la princesse, enquête sur les privilégiés
de la République, J.C. Lattès, 2007, p. 239-275; Les parlementaires protégés?, in L’Hémicycle, 26/09/07; Le Sénat ou
l’intouchable anomalie, in Le Monde, 04/03/06; R. ROSSO, Les parlementaires et leurs retraites tout confort, in
L’Express, 14/04/10 ; Députés et sénateurs bénéficient de régimes spéciaux de retraite particulièrement avantageux,
in Capital.fr, 04/02/10; Les députés ne sont pas pressés de changer de régime, in Le point.fr, 18/10/10.
470 ASSEMBLEE NATIONALE, Rapport sur les comptes de l'Assemblée nationale de l'exercice 2010, n. 3633, p. 23.
471 ASSEMBLEE NATIONALE, Rapport sur le rendez-vous de 2008 sur les retraites, n.
1152, p. 14.
472 Il concetto di “indennità legislativa” è stato chiarito proprio nella riforma suddetta;
essa corrisponde al 136% del valore dell’indennità di base depurato dell’indennità di
reinserimento AARE).
154
7,85% mensile 473 che corrispondeva ad una percentuale assolutamente incompatibile a
garantire una sostenibilità del fondo pensionistico.
Le riforme succitate hanno altresì modificato l’età pensionabile dei deputati in modo tale
che si maturi il diritto al vitalizio al compimento di 60 anni, un primo passo verso un
ulteriore innalzamento dell’età a 62 anni entro il 2016. Contestualmente è stato anche
previsto l’innalzamento della contribuzione minima richiesta per accedere alla pensione;
nello specifico dal 2012 saranno richiesti almeno 41 anni di contributi (contro i 40,5
richiesti in precedenza), mentre dal 2013 l’età di contribuzione sarà ulteriormente elevata a
41,25 anni 474.
Un ulteriore passo in direzione dell’eliminazione di uno dei “privilegi” sottesi alla
disciplina degli assegni vitalizi dei deputati dell’Assemblea Nazionale è stato compiuto per
ciò che concerne il c.d. “sistema della doppia contribuzione” che permetteva ai deputati di
maturare l’età contributiva in un tempo pari alla metà rispetto a tutti gli altri lavoratori
francesi. In altri termini, detto sistema permetteva loro di raggiungere i 41 anni di
contribuzione in appena 10,5 anni di effettivo esercizio del proprio mandato elettorale.
Un’ulteriore modifica che entrerà in vigore dal prossimo giugno – al momento dell’apertura
della nuova legislatura – attiene al divieto di cumulo di contribuzione in regimi pensionistici
differenti da quello della propria Camera di appartenenza durante tutta la durata del proprio
mandato. Nel dettaglio, nessun deputato – sia pur in aspettativa – potrà continuare a versare
i contributi nella cassa della propria categoria di appartenenza, ciò dovrebbe porre termine
al cumulo degli assegni pensionistici 475 tanto inviso all’opinione pubblica francese. Per
compensare, almeno parzialmente, gli effetti negativi dell’interruzione della carriera
professionale e la sua incidenza sulla pensione dei deputati la riforma di cui si tratta ha però
disposto pro futuro la possibilità di accedere ad un sistema contributivo complementare 476.
Sebbene le riforme intercorse resta confermato che non è prevista una durata minima di
anni di mandato per avere diritto al vitalizio, mentre è previsto l’istituto del riscatto per le
legislature cessate anticipatamente.
I rapporti ufficiali descrivono, ad oggi, una media erogata di Euro 2.700 per deputatopensionato, mentre l’ammontare massimo possibile (corrispondente ad una contribuzione di
41,5 anni) sarebbe di Euro 6.300.
4. Il bilancio dell’Assemblea Nazionale.
4.1 Profili giuridici e autonomia finanziaria
In via preliminare, e prima di passare a descrivere propriamente l’iter che conduce
all’approvazione del bilancio delle singole assemblee legislative, va detto che la disciplina
sul bilancio interno delle Camere francesi – così come nel resto delle esperienze
473 CAMERA DEI DEPUTATI, Trattamento economico dei deputati in Italia, Francia,
Germania, Gran Bretagna e Parlamento europeo, cit., p. 23.
474 Ibidem.
475 Ibidem.
476 Questo sarà effettivamente permesso a partire dal luglio 2012.
155
costituzionali europee – si basa sul principio dell’autonomia finanziaria che rappresenta uno
dei “pilastri” del sistema della divisione dei poteri tipico delle democrazie occidentali, e che
trova riscontro nell’art. 7, c. 1° dell’Ordonnance n. 58-1100 del 17 novembre 1958 relativa al funzionamento delle
assemblee parlamentari
477. Quest’ultimo, infatti, dispone: «Ciascuna assemblea parlamentare gode di autonomia finanziaria»
478 statuendo, altresì, che la proposta di legge di bilancio sia redatta dai questori-tesorieri e approvata – prima essere inserita nella
legge finanziaria dello Stato (loi des finances) – secondo un procedimento legislativo decisamente sui generis che vede la
partecipazione anche di tre magistrati della Corte dei conti all’interno della c.d. “commissione comune” (Commission commune)
479.
L’autonomia finanziaria, di cui al primo comma ex art. 7, comporta due differenti effetti per ciò che concerne la definizione e la
redazione del bilancio: da una parte, una totale incompetenza giurisdizionale da parte della magistratura ordinaria o contabile,
dall’altra, la possibilità che il bilancio dell’Assemblea non debba essere sottoposto alle regole della finanza e della contabilità
pubblica – così come invece accade per il bilancio dello Stato – bensì alle sole regole fissate dal Bureau della Camera
480.
Più recentemente, il principio dell’autonomia finanziaria nella sua accezione più ampia, è stato riconosciuto anche dalla dottrina
e dalla giurisprudenza del Consiglio costituzionale. Quest’ultimo, attraverso la decisione 2001-456 del 27 dicembre 2001 – riferita al
controllo di costituzionalità dell’art. 115 della legge finanziaria del 2002
481 –
ha ribadito il diritto, in capo agli organi
costituzionali, di determinare il proprio bilancio in modo autonomo ed indipendente; in quel caso il Conseil Constitutionnel, adito da
alcuni senatori che ponevano in discussione la liceità costituzionale di alcuni specifici articoli della legge di bilancio 2002, ha
evidenziato come la regola che prevede che gli organi costituzionali stabiliscano i fondi necessari al proprio funzionamento in modo
autonomo, non contrasta in alcun modo con i precetti costituzionali, ma sarebbe invero un’esplicazione del principio stesso di
indipendenza e separazione tra poteri dello Stato
482.
Altra questione, che attiene sempre all’autonomia finanziaria delle Camere, riguarda il controllo giurisdizionale del bilancio che,
a norma dell’art. 16, c. 2° del regolamento dell’Assemblea Nazionale, viene eseguito da un’apposita commissione composta da 15
membri (scelti in ragione proporzionale sulla base dell’art. 25 del medesimo regolamento) che è altresì incaricata di saldare i conti
483. Essa assolve anche ad un altro specifico obiettivo, ovvero quello di “deresponsabilizzare” (attraverso un apposito voto sulla
477 Ordonnance n°58-1100 du 17 novembre 1958 relative au fonctionnement des assemblées parlementaires.
478 Art. 7, c. 1°: «Chaque assemblée parlementaire jouit de l'autonomie financière».
479 Si faccia attenzione che ciò non significa che l’approvazione definitiva del
bilancio interno avvenga con la compartecipazione dei magistrati contabili della Court
des comptes, bensì che essi partecipano – con una componente di minoranza ad un
controllo preventivo
480 Art. 16, c. 5° regolamento dell’Assemblea Nazionale; Va però sottolineato come
dette regole siano particolarmente simili a quelle per la stesura dei bilanci pubblici che,
invece, sono sottoposte alla legislazione sulla contabilità pubblica.
481 Décision n. 2001-456 DC du 27 décembre 2001. Essa è anche disponibile in
formato
elettronico
all’URL:
www.conseilconstitutionnel.fr/conseilconstitutionnel/francais/les-decisions/acces-par-date/decisions-depuis1959/20 01/2001456-dc/decision-n-2001-456-dc-du-27-decembre-2001.513.html
482 Par. 47, Décision n. 2001-456 DC du 27 décembre 2001.
483 Si noti come, in base alla lettera del regolamento, la presidenza della
commissione debba essere obbligatoriamente assegnata alle forze di opposizione, tutto
ciò a dimostrazione del fatto di come questo organo abbia una valenza di controllo.
156
bozza di bilancio) i tesorieri per ciò che attiene al loro lavoro svolto durante la fase di redazione del bozza di bilancio (art. 16, c. 3°)
484.
4.2 L’iter di approvazione del bilancio
L’iter di approvazione del bilancio è particolarmente articolato e merita di una trattazione specifica per punti in modo tale da
poter chiarire e spiegare le varie fasi di cui si compone. Ciò detto, non è possibile esperire una trattazione adeguata sul tema senza
che prima venga chiarito il funzionamento della Commission commune – prevista dal secondo comma dell’Ordonnance n. 58-1100 –
la quale è competente a “sanzionare”, sottoscrivendole, le richieste finanziarie derivanti dalle due assemblee legislative nella fase
preliminare di definizione della bozza di bilancio. Per ciò che attiene alla sua composizione, essa risulta essere costituita dai questori
con funzioni di tesoriere di entrambe le Camere (e proprio in ragione di ciò essa è detta Commune) e da tre componenti della Corte
dei conti; essa è presieduta da uno dei magistrati della Corte contabile a testimonianza del fatto che la loro compartecipazione è
determinante sia pur solamente da un punto di vista meramente politico-formale. Va detto, infatti, che sebbene all’interno della
commissione vi siano ben tre magistrati contabili – e questo potrebbe fare pensare ad un assoggettamento della Camera alla
giurisdizione o al controllo della Corte – ciò non inficia minimamente l’indipendenza e l’autonomia dell’Assemblea Nazionale e del
Senato nell’ambito della definizione della propria dotazione finanziaria, in quanto le opinioni espresse dai componenti “togati”
hanno un valore meramente consultivo e non vincolante per la commissione
485.
Passando ora a descrivere le fasi che compongono la sessione di bilancio, possiamo dire che, di norma, il procedimento prende
avvio a partire dal mese di marzo di ogni anno, allorquando in modo indipendente all’interno di ciascuna assemblea vengono definite
le linee guida che caratterizzeranno la bozza di bilancio e vengono altresì determinati i tassi incrementali della spesa pubblica per
l’anno successivo. In seguito, ad ogni dipartimento di ogni singola Camera viene demandato il compito di definire nello specifico le
proprie richieste di dotazione, le quali saranno valutate e sintetizzate all’interno di una prima bozza redatta a cura del “servizio per
gli affari finanziari”. Nel qual caso su tale bozza sorgano dei contenziosi e delle rivendicazioni di carattere economico-finanziario da
parte di uno o di più uffici interni alle Camere, queste saranno risolte attraverso un arbitrato obbligatorio gestito direttamente dal
segretario generale.
Successivamente, la stesura definitiva così come uscita dall’eventuale arbitrato viene inoltrata da parte dei questori alla
presidenza di ciascuna Camera
“Pouvoirs publics”
487 della
486 per ricevere l’ultima “sanzione” prima di poter essere inserita nello specifico capitolo c.d.
legge di bilancio dello Stato. Quest’ultimo passaggio, avviene soltanto dopo che la Commissione
commune abbia espletato un nuovo completo controllo della proposta e suddiviso le richieste di dotazioni sulla base della loro
provenienza; infatti, a norma della loi organique n. 2001-692 rubricata “della legge sulle finanze”
488, è previsto che le dotazioni
dell’Assemblea Nazionale confluiscano in un unico capitolo di spesa, mentre per il Senato è prevista una suddivisione in ragione
dell’effettiva destinazione dei fondi stanziati, ovvero se questi ultimi siano effettivamente destinati al Senato stricta sensu, ai Jardins
de Luxembourg, oppure al Musée du Luxembourg.
Se volessimo dare una spiegazione al ruolo assunto dalla “Commissione comune” – soprattutto in relazione alla partecipazione
dei magistrati della Corte dei conti – potremmo affermare, senza correre il rischio di poter essere smentiti, che essa è stata così
pensata per garantire maggiore competenza, responsabilità e disciplina ai componenti delle Assemblee designati a redigere i propri
484 Questa previsione a una doppia valenza, da una parte i deputati si assumono la
completa responsabilità del bilancio e della sua gestione
485 Questo è affermato direttamente all’ultimo capoverso dell’art. 7, c. 2°.
486 La presidenza per l’occasione risulta composta dal Presidente e da sei vice-Presidenti, da tre questori con funzioni
di tesoriere e da dodici deputati scelti con funzioni di segretario.
487 Art. 5 Loi organique n. 2001-692.
488 Loi organique n. 2001-692 du 1 août 2001 relative aux lois de finances.
157
bilanci, nonché per permettere alle due Camere di potersi confrontare e reciprocamente informare su di un tema – quello del
bilancio – che per il complessivo ammontare di soldi pubblici che esso “drena” risulta essere uno dei maggiori punti di dibattito e
confronto all’interno dell’opinione pubblica.
L’effettiva iscrizione nel bilancio dello Stato avviene susseguentemente alla comunicazione intercorrente tra il presidente della
Commissione comune ed il Ministro competente (Ministro del Tesoro), nella quale è ovviamente contenuto l’ammontare complessivo
richiesto da parte delle due Camere elettive. Infine, appare lapalissiano
489 che il Ministro, ricevuta detta richiesta, non possa fare
altro che procedere ad inserirla a bilancio nel capitolo delle spese previsionali. Le risorse saranno effettivamente rese disponibili
solamente dopo l’approvazione del bilancio dello Stato da parte dello stesso Parlamento
490.
In ultima analisi, merita di essere menzionato, il caso in cui una delle due assemblee durante il corso dell’anno faccia una
specifica richiesta di integrazione alla propria dotazione. Quest’ultima possibilità, sia pur remota e altrettanto poco auspicabile,
potrebbe effettivamente verificarsi e comporterebbe una variazione nel “lato” della spesa per lo Stato centrale; proprio per questa
ragione l’iter previsto per l’erogazione di questi ulteriori fondi è il medesimo previsto per le variazioni di bilancio realizzate ad
esercizio avviato. In questo senso, il Parlamento nei modi e nei termini previsti dalla Costituzione sarà chiamato a votare una
specifica “legge di rettifica finanziaria” volta ad autorizzare la nuova spesa.
4.3 La gestione del bilancio ed il suo controllo interno ed esterno
Sino a questo punto abbiamo discusso ed analizzato la definizione del bilancio da un punto di vista meramente giuridicoprocedimentale e solamente per ciò che concerne la definizione delle dotazioni richieste ogni anno dalle assemblee; in questo
paragrafo, invero, ci occuperemo di determinare le modalità e gli attori che si occupano della gestione vera e propria del bilancio –
con particolare riferimento al ruolo svolto dalla Commissione di controllo sul bilancio, ex art. 16 del regolamento dell’Assemblea
Nazionale – e ci occuperemo, altresì, di definire quali siano i termini previsti dall’ordinamento francese per il controllo dello stesso.
Come poc’anzi ricordato, l’art. 16 del regolamento dell’Assemblée Nationale rappresenta il fulcro di tutta l’impalcatura della
disciplina riguardante la gestione ed il controllo sul bilancio. Esso prevede che all’inizio della legislatura, nonché ogni anno a parte
quello precedente le nuove elezioni, l’Assemblea si doti di una commissione ad hoc composta da 15 membri che si occupi di verificare
la corretta gestione dei fondi messi a disposizione della Camera. Detta commissione, a norma del secondo comma, deve essere
costituita in base al carattere di proporzionalità tra i gruppi politici presenti in Parlamento, mentre la sua presidenza spetta di
diritto ad un membro dell’opposizione
491. Quest’ultima risulta composta, oltre che dal presidente, da tre vice-presidenti e da tre
492 . Essa è competente ad occuparsi – in
segretari eletti secondo le disposizioni dell’art. 39 del regolamento di assemblea
489 E ciò in ragione dell’autonomia finanziaria garantita all’Assemblea Nazionale ed
al Senato.
490 Una volta che le risorse vengono effettivamente erogate all’organo costituzionale
legislativo la piena competenza sulla gestione e sul controllo delle risorse passa ai
questori-tesorieri di ciascuna Camera sotto la supervisione delle rispettive presidenze.
491 Quest’ultima disposizione è stata introdotta con la riforma dei regolamenti che è
entrata in vigore nel 2009.
492
Specificatamente, secondo quanto disposto ex art. 39 del regolamento, risultano eletti rispettivamente nella funzione
a cui concorrono i candidati che ottengono la maggioranza assoluta dei voti; in caso nessuno dei candidati raggiunga tale
soglia al terzo scrutinio risulta eletto il deputato più anziano che ottiene la maggioranza relativa. Si tenga presente, inoltre,
come vi sia incompatibilità tra le funzioni di membro dell’Ufficio di presidenza dell’Assemblea e quelle del Bureau della
Commissione di controllo (art. 16, c. 4° regolamento dell’Assemblea Nazionale).
158
collaborazione con i questori-tesorieri – della gestione del bilancio ed ogni anno ha l’obbligo di relazionare il proprio lavoro al
plenum dell’Aula (art. 16, c. 3° regolamento).
Specificatamente, la Commissione di controllo ogni anno effettua una revisione ex post sulla gestione del bilancio sviluppando
una approfondita analisi sul consuntivo dell’anno precedente. Lo studio, prende avvio da un rapporto fornito alla commissione
dall’ufficio degli affari finanziari e sul quale anche i questori hanno apposto la loro firma. Dopo di che, i membri della commissione
hanno diritto ad accedere a tutti i documenti, tabelle, giustificativi, mandati di pagamento ecc. proprio in ragione dell’esigenza di
certificare ed assicurarsi della corretta gestione intercorsa, nonché di interpellare – per tramite del presidente della commissione – i
questori.
Una volta accertata la correttezza formale dell’esercizio in oggetto, i commissari danno mandato al presidente della
Commissione di controllo e al proprio Ufficio di presidenza di procedere a controfirmare il bilancio. Quest’ultimo atto, sia pur
apparentemente formale, ha invece una fondamentale importanza in quanto ha l’obiettivo di “scaricare” la responsabilità dei
questori e del tesoriere sottoponendola all’Aula così come avviene tipicamente nelle democrazie di tipo parlamentare.
In ultima istanza, per completare la discussione sul controllo di bilancio dell’Assemblea è necessario fare menzione del controllo
eseguito dalla Corte dei conti sul bilancio dello Stato nel suo complesso in quanto, proprio quest’ultimo controllo, potrebbe limitare o
quantomeno intaccare l’autonomia finanziaria riservata ai due rami del Parlamento. In altri termini, il fatto che il capitolo dotations
des pouvoirs publics – contenuto nella legge di bilancio – sia sottoponibile al pari di un qualsiasi altro capitolo di spesa all’esame della
suprema Corte contabile, potrebbe dare adito a qualche perplessità sulla liceità di detto controllo.
Di talché, per eliminare la possibilità di controversie istituzionali o di qualsivoglia altra natura sulla questione, nonché per
evitare l’abuso di potere da parte di un altro organo dello Stato (inteso come altro “potere dello Stato”), il Parlamento ha deciso di
affidare il compito di certificare i propri bilanci ad un organo terzo e super partes, ovvero al Consiglio superiore dell’associazione dei
commercialisti ed esperti contabili (Conseil supérieur de l’ordre des experts-contables). Quest’ultimo, coadiuvato da un gabinetto di
commissari addetti al bilancio e agli affari finanziari, ha il compito di svolgere una vera e propria revisione contabile sul bilancio
interno della Camera; essa deve condurre ad una certificazione definitiva dello stesso che dovrà essere trasmessa dal Presidente del
Consiglio dell’ordine al Presidente della Commissione di controllo dell’Assemblea Nazionale il quale, a sua volta, trasmetterà detta
certificazione alla Corte dei Conti. In questo modo, il legislatore è riuscito nell’intento di preservare la propria indipendenza,
garantendo al contempo un controllo sulla gestione finanziaria del potere costituzionale.
159
RAPPORTO TRA PARLAMENTARE E GRUPPO PARLAMENTARE IN FRANCIA
Una compiuta analisi del rapporto tra singolo deputato o senatore e gruppo parlamentare
non può prescindere dallo studio dei principi costituzionali, per poi addentrarsi nello studio
delle norme regolamentari dell'Assemblée Nationale, principale oggetto di analisi del
presente contributo, ed in seppur minima parte del Sénat per lo meno allo scopo di
evidenziarne la peculiare disciplina rispetto all'altra Camera.
Tenendo fede alle intenzioni appena esposte occorre prendere in considerazione il
principio sul quale si fonda tutta la disciplina successivamente delineata nella Costituzione
e sviluppata nei regolamenti delle Camere, ossia il divieto di mandato imperativo, sancito
dall'articolo 27 della Costituzione francese493.
Comprendere la ratio sottesa a tale principio è fondamentale per capire la concezione
che si è affermata in Francia riguardo al ruolo del singolo deputato e conseguentemente al
suo rapporto con il gruppo cui eventualmente appartenga494.
In Francia il mandato rappresentativo s’impone non come conseguenza logica e tecnica
dell’affermazione della sovranità parlamentare, ma come corollario della teoria della
sovranità nazionale, elaborata com’è noto con la Rivoluzione francese in reazione alla
sovranità regia. In base ad essa la sovranità appartiene esclusivamente alla Nazione, da cui
emanano tutti i poteri e della quale sono rappresentanti l’assemblea legislativa ed il
Sovrano495. Il concetto di “nazione” nasce come risposta al problema teorico-giuridico
della necessaria reductio ad unum delle plurime volontà individuali del popolo su cui
fondare la sovranità dell’Assemblea496.
In ossequio a tale concezione del mandato parlamentare l'articolo 3 della Costituzione
stabilisce che “la sovranità nazionale appartiene al popolo che l'esercita tramite i suoi
rappresentanti ed attraverso la via del referendum”. La sovranità, quindi, spetta al popolo, il
493 L'articolo 27 della Constitution de la République française recita : “Tout mandat
impératif est nul. Le droit de vote des membres du Parlement est personnel. La loi
organique peut autoriser exceptionnelement la délégation de vote. Dans ce cas, nul ne
peut recevoir délégation de plus d'un mandat”.
494 Nell'ordinamento francese, infatti, come verrà esposto più analiticamente nel
prosieguo della trattazione, ogni singolo parlamentare non è tenuto ad iscriversi o a far
parte di un gruppo, a differenza della disciplina vigente nell'ordinamento italiano, in
base alla quale i parlamentari che non facciano parte di alcun gruppo sono tenuti ad
aderire al c.d. gruppo misto.
495
A tal riguardo si esprime l'art. 3 Déclaration des Droit de l’Homme et du Citoyen approvata
dall’Assemblea legislativa francese il 26 agosto 1789 (“Le principe de toute souveraineté réside essentiellement
dans la Nation. Nul corps, nul individu ne peut exercer d’autorité qui n’en émane expressément”) e gli artt. 1
(“La souveraineté est une, indivisible, inaliénable, imprescriptible. Elle appartient à la Nation; aucune section
du peuple ni aucun individu ne peut s’en attribuer l’exercice”) e 2 (“La Nation de qui seule émanent tous les
pouvoirs ne peut les exercer que par délégation. La Constitution française est représentative: les représentants
sont le Corps législatif et le Roi”) del titolo III della Constitution del 3 settembre 1791.
496
SALVATORE CURRERI, Democrazia e rappresentanza politica . Dal divieto di mandato al mandato di
partito, seconda edizione rivista e accresciuta, 2004, Firenze University Press.
160
quale, eleggendo i deputati delega loro tale facoltà e conferisce loro il mandato a
rappresentarli. Il Parlamento rappresenta la Nazione e la sovranità è nazionale.
Tale mandato, nonostante il sostantivo sia rimasto lo stesso che era stato adoperato nel
momento in cui si è affermato il regime rappresentativo, non è un “mandato” ai sensi
dell'articolo 1984 del codice civile francese497, in quanto non riposa su un contratto e non
comporta alcuna relazione soggettiva tra l'elettore e l'eletto, tra i quali non intercorre né un
legame di subordinazione né un accordo di volontà.
Al contrario, l'elezione dei rappresentanti, come la definisce Marcel Prélot, è un atto
espressione della collettività nel quale “più volontà orientate nello stesso senso si
addizionano in vista di produrre un effetto di diritto”498.
Il mandato rappresentativo di cui sono investiti i parlamentari, infatti, consiste nella non
soggezione alle istruzioni di coloro che li hanno eletti poiché essi rappresentano la Nazione
nel suo complesso, senza alcuna limitazione o obbligo giuridicamente vincolante che derivi
da un impegno che avrebbero potuto contrarre prima della loro elezione o da una
manifestazione di volontà espressa in una determinata direzione dai propri elettori durante
lo svolgimento del mandato.
La libertà di ogni singolo parlamentare di svolgere la propria funzione rappresentativa
nell'interesse generale della Nazione, senza alcuna costrizione o condizionamento
proveniente dai propri elettori, è garantita dal divieto di mandato imperativo, che è stato
costituzionalizzato, come già detto, con l'articolo 27 della Constitution française.
Il mandato imperativo si può definire come l'impegno vincolante assunto dal
rappresentante di dimettersi nel caso in cui non si conformi al mandato che ha accettato
prima ed al momento dell'elezione499. Si concretizza, come si può agevolmente desumere
dalla definizione datane or ora, in un'alienazione della libertà dell'eletto500. La tecnica
utilizzata per assicurare questo controllo da parte dell'elettore può essere quella della lettera
497 L'articolo 1984 C. civ. si esprime in questi termini : “Le mandat ou procuration
est un acte par lequel une personne donne à une autre le pouvoir de faire quelque chose
pour le mandant et en son nom. Le contrat ne se forme que par l'acceptation du
mandataire”.
498 MARCEL PRÉLOT, Droit parlementaire français. Le cours de droit, 1958, III,
pag. 44.
499 I rappresentanti eletti con il mandato imperativo sono, di conseguenza, soggetti
alle istruzioni precise e dettagliate dei loro mandanti, di cui loro sono in un certo senso
solo i porta-parola (tale espressione è stata espressamente utilizzata in un testo
pubblicato sul sito dell'Assemblée Nationale, in Accueil, Junior). Un'altra significativa
differenza che è utile evidenziare tra mandato rappresentativo e mandato imperativo
consiste nel fatto che quest'ultimo è di natura puramente personale, dato che i
rappresentanti sono individualmente e personalemente destinatari di di istruzioni
particolari.
500 FRANÇOIS LUCHAIRE, GÉRARD CONAC, XAVIER PRÉTOT (sous la
direction de), La Constitution de la République française, Analyses et commentaires, Ed.
Economica, Paris, 2009.
161
di “dimissioni in bianco”, ossia una lettera di dimissioni firmata dal candidato prima di
essere eletto, senza che sia ivi indicata la data501.
La garanzia costituzionale del divieto di mandato imperativo proibisce una tale prassi e
dispiega i suoi effetti dal punto di vista giuridico sul piano della sanzione che viene
comminata nel caso in cui si verifichi una situazione del genere. Una tale lettera, infatti, è
priva di portata giuridica e non può essere opposta a colui che l'ha sottoscritta; la sanzione
consiste, quindi, nella nullità del mandato imperativo e non nella nullità dell'elezione del
rappresentante. Si tratta, in conclusione, di un principio posto a garanzia dell'indipendenza
del parlamentare durante lo svolgimento del suo mandato, che è di ordine pubblico502 e
non privato contrattualistico.
Il principio rappresentativo fatto proprio dalla Costituzione francese attraverso l'esplicito
divieto di mandato imperativo, dunque, salvaguarda il carattere indivisibile e la sovranità
della Nazione, permettendo all'eletto di determinarsi in piena libertà, senza condizionamenti
derivanti da istruzioni ricevute dai propri elettori, dato che, pur se la sua elezione “è
correlata ad una votazione particolare, non lo è la sua rappresentatività, che è invece riferita
dalla Costituzione alla Nazione nel suo complesso503”.
In ultima analisi bisogna tuttavia sottolineare che il divieto di mandato imperativo riveste
una portata esclusivamente giuridica. In ossequio allo scopo che si propone di realizzare,
ossia quello di tutelare la libertà del parlamentare, esso consente al singolo deputato di
disattendere le istruzioni dategli dal partito di appartenenza o dagli elettori ma anche di
atternervicisi.
A tal riguardo è di particolare interesse prendere in esame la cosiddetta discipline de vote,
intesa come la libertà del singolo deputato o senatore di votare secondo le direttive
impartitegli dal partito o gruppo di appartenenza o, al contrario, di non rispettare le
istruzioni ad esso dirette.
La discipline de vote è la regola all'interno dei gruppi socialisti e comunisti, si applica
solo in alcuni casi, su decisione dell'Ufficio confermata successivamente dal gruppo,
nell'RPR (Groupe du Rassemblement pour la République) e nell'UMP (Union pour un
Mouvement Populaire), mentre la libertà di voto è la regola per l'UDF (Union pour la
démocratie française).
Il fenomeno della disciplina di voto si sostanzia nella decisione del gruppo di assumere
una posizione omogenea e comporta come sanzione per il deputato che non voglia attenersi
501
M. R. JANOT, Commissaire du Governement devant le Comité consultatif
constitutionnel, in Documents pour servir à l'histoire de l'élaboration de la
Constitution du 4 octobre 1958, volume II, Documentation française, 1988, pag. 250.
V. D. DELOYE, Mandat impératif, in P. PERRINEAUe D. REYNIÉ (dir.),
Dictionnaire du vote, PUF, 2001, pag. 611, nel 1958 definisce il mandato imperativo
in questi termini : “le mandat impératif c'est ce qui se produit lorsqu'un député, étant
élu, remet au parti qui l'a fait élire une lettre de démission en blanc, non datée”.
502 PIERRE AVRIL, JEAN GICQUEL, Droit parlementaire, Montchrestien,
Lextenso éditions, Paris, 2010, pag. 33.
503 PASQUALE COSTANZO, La “nuova” Costituzione della Francia, G.
Giappichelli Editore, Torino, 2009, pag. 244.
162
ad essa addirittura l'espulsione dal gruppo, salvo che si tratti di questioni morali e di etica
biomedica504.
Il dovere di attenersi alla disciplina di gruppo per quanto riguarda il voto è una prassi che
è aumentata e si è rafforzata proporzionalmente alla maggiore organizzazione e
compattezza dei gruppi. Il dato, riportato poco sopra, secondo cui la discipline de vote è la
regola nel partito comunista e socialista non è casuale ed anzi è prova della considerazione
appena svolta.
Nel periodo della III Repubblica era piuttosto abituale che deputati facenti parte di uno
stesso gruppo parlamentare votassero in maniera dissimile tra loro; durante la IV
Repubblica, invece, i gruppi erano diventati più compatti e dunque erano sempre meno i
deputati che si discostavano dalla linea del gruppo ed, infine, all'inizio della V Repubblica i
gruppi erano diventati molto più coesi e si poteva riscontrare una forte disciplina in seno ai
gruppi dei partiti in special modo di sinistra, ossia quello socialista e quello comunista.
I gruppi parlamentari sono stati regolamentati e ne è stata formalizzata la disciplina per
la prima volta nel Regolamento della Camera dei deputati il 1 luglio 1910, ma a tal
proposito occorre evidenziare che solo il gruppo socialista era organicamente organizzato e
compatto al suo interno al momento dell'emanazione del Regolamento appena richiamato;
questa è la ragione per cui i partiti di destra hanno impiegato più tempo per giungere ad una
vera e propria disciplina di voto; proprio per il fatto che nel periodo anteriore erano molto
disorganizzati al loro interno e privi di una vera e propria disciplina di gruppo; negli ultimi
anni, tuttavia, si sono anch'essi strutturati in modo solido ed omogeneo.
L'evoluzione nel senso di una sempre maggior coesione all'interno del gruppo e quindi il
progressivo affermarsi di una disciplina di voto in pressoché tutti i maggiori gruppi
parlamentari porta però a pensare che la libertà del singolo parlamentare ed il divieto di
mandato imperativo venga in un certo senso elusa; tale dubbio è avvalorato dal fatto che in
alcune ipotesi in cui siano le stesse disposizioni statutarie a stabilire una simile disciplina la
sanzione per colui che trasgredisca al dettato statutario ed alle decisioni prese dalla
maggioranza degli iscritti si concretizzi anche nell'espulsione dal gruppo stesso. Pur a fronte
dei dati che significativamente orientano l'interprete in questa direzione, tuttavia, bisogna
tener in debito conto la circostanza che il deputato può essere espulso dal gruppo cui
appartiene ma non per questo perde lo status di parlamentare; oltre a ciò occorre altresì
sottolineare che l'eletto nell'ordinamento francese non è obbligato ad appartenere ad un
gruppo, come esamineremo nel dettaglio nel prosieguo della trattazione.
Prima di soffermarci sull'analisi degli statuti di alcuni partiti e sui regolamenti interni di
alcuni gruppi parlamentari a tal riguardo è, tuttavia, doveroso compiere alcune precisazioni
terminologiche in merito alla distinzione tra gruppo parlamentare e partito ed analizzare il
rapporto tra singolo parlamentare e gruppo parlamentare sotto l'angolo visuale della
disciplina costituzionale e regolamentare delle Camere.
504 ROBERTA BIAGI, I gruppi parlamentari in Francia, in Rappresentanza
politica, gruppi parlamentari, partiti: Il contesto europeo (a cura di STEFANO
MERLINI), G. Giappichelli Editore, Torino, 2001, pag. 134; M.L. MADUREIRA (a
cura di), Les statuts des groupes politiques parlementaires au sein des assemblées, in
Informations constitutionneles et parlementaires, n. 172/2, semestre 1996, pag. 261.
163
Nell'ordinamento francese i gruppi parlamentari che, ai sensi dell'articolo 19 del
Regolamento dell'Assemblée Nationale, raggruppano i parlamentari “par affinités
politiques”, dal punto di vista giuridico non hanno alcun rapporto con i partiti politici in
quanto fanno parte di due ordini giuridici distinti.
Da un punto di vista puramente teorico, dunque, non si pone alcun vincolo di necessaria
interdipendenza giuridica tra partiti politici e gruppi: è sul piano concreto della prassi che
nell’Assemblea Nazionale francese i gruppi costituiscono una proiezione dei partiti in
Parlamento. Questa affermazione nasce dalla lettura del testo degli statuti dei partiti; questi
ultimi, infatti, spesso prevedono che i propri membri aderiscano al gruppo espressione
all'Assemblea Nazionale del partito e tale adesione può anche essere formalizzata attraverso
un esplicito impegno preso dal candidato in tal senso ma a tal riguardo occorre sottolineare
che un simile accordo sottoscritto dal candidato lega i soggetti contraenti solo in quanto
persone private e non in qualità di deputati o senatori poiché altrimenti ne risulterebbe
violato il principio di mandato imperativo sancito dall'articolo 27 della Costituzione505.
L'articolo 4 della Costituzione al primo comma recita: “Les partis et groupements
politiques concourent à l'expression du suffrage. Ils se forment et exercent leur activité
librement. Ils doivent respecter les principes de la souveraineté nationale et de la
démocratie”. Nella formulazione di tale articolo i partiti ed i gruppi politici vengono
affiancati ma terminologicamente distinti; da ciò ne discende che sono due entità diverse
caratterizzate, tuttavia, dalla medesima peculiarità di essere espressione del suffragio, in
quanto i propri iscritti hanno il compito di rappresentare coloro che li hanno eletti e sono
entrambi liberi nel costituirsi e nell'esercitare la propria attività.
All'Assemblea Nazionale, nella prassi, la maggior parte dei gruppi riunisce parlamentari
appartenenti allo stesso partito; essi, quindi, sono in stretta relazione con esso e ne prendono
anche la denominazione. Esempi di questa consuetudine affermatasi nella vita parlamentare
francese sono rappresentati dal Groupe socialiste, dal Groupe communiste e di RPR506. Si
può anche verificare l'evenienza che vi sia un gruppo che non rispecchia un solo partito ma
una confederazione507. Al Senato il gruppo può essere costituito da senatori appartenenti a
partiti diversi o anche indipendenti.
505 PIERRE AVRIL, JEAN GICQUEL, Droit parlementaire, cit., pag. 104.
506 ROBERTA BIAGI, I gruppi parlamentari in Francia, in Rappresentanza
politica, gruppi parlamentari, partiti: Il contesto europeo, cit., pag. 121.
507 Un esempio di gruppo parlamentare che rispecchia una confederazione è l'Union
pour la Démocratie Française (UDFC), che all'inizio raggruppava i liberali
indipendenti ed i centristi, sostenitori di Valéry Giscard d'Estaing e poi di Jacques
Chirac, e successivamente si è scisso in due gruppi distinti, l'UDC e l'UDF. Nella
legislatura del 1993, infine il gruppo assume il nome di Union pour la Démocratie
Française et du Centre e raggruppa parlamentari del partito repubblicano, radicale, del
centro democrtico-socialee indipendenti. Il 25 maggio 1998, ancora, i deputati liberali
escono dal gruppo Union pour la démocratie Française-Alliance e creano un nuovo
gruppo denominato Démocratie libérale et indépendants, presieduto da M. Roissì, che
esiste tuttora. Il gruppo Union pour la démocratie Française-Alliance presieduto da
Philippe Douste Blazy, conta solo 66 membri e la nuova UDF è ormai quasi interamente
164
Fatta questa necessaria premessa sulla distinzione di fondamentale importanza riguardo
la natura giuridica dei partiti e dei gruppi politici e, sottolineata, la pur stretta dipendenza
che sussiste nella prassi tra iscritti al partito ed appartenenti al gruppo occorre ora prendere
in considerazione la disciplina costituzionale e regolamentare concernente i gruppi ed i loro
rapporti con deputati e senatori.
La Costituzione menziona espressamente i gruppi parlamentari nell'articolo 51-1,
inserito con la revisione costituzionale del 23 luglio 2008 ed entrato in vigore il 1 marzo
2009.
La novità apportata da questa riforma consiste nella costituzionalizzazione dell'esistenza
dei gruppi parlamentari e nel conseguente onere spettante a ciascuna Camera di definire i
diritti spettanti ai gruppi. A tal fine, nel secondo periodo è specificato che il regolamento di
ciascuna Camera disciplina anche i diritti specifici che sono riconosciuti ai gruppi di
opposizione ed ai gruppi minoritari508; un'esplicita indicazione in tal senso contenuta nel
testo costituzionale è un chiaro indicatore di quale sia la ratio legislativa sottesa alla riforma.
Il legislatore, ha introdotto questo articolo per riconoscere formalmente l'esistenza in seno
all'assemblea di gruppi di maggioranza e di opposizione e minoritari; nella pratica, infatti,
l'alternanza tra gruppi parlamentari di maggioranza e gruppi parlamentari di opposizione si
verificava normalmente ma una tale consuetudine non era mai stata formalizzata ed anzi il
Conseil Constitutionnel (n° 2006-537 del 22 giugno 2006) aveva censurato un'iniziativa
analoga del Regolamento dell'Assemblea Nazionale in favore dell'opposizione sulla base di
una presunta diseguaglianza che si sarebbe verificata in tal caso tra i gruppi parlamentari509.
La revisione costituzionale del 23 luglio 2008 assume, quindi, ancora più rilievo in quanto
supera definitivamente la sopra enunciata pronuncia del Conseil Constituionnel e fuga ogni
dubbio circa l'esistenza di gruppi parlamentari di opposizione e minoritari in seno alle
Camere ed alla necessaria previsione da parte dei regolamenti delle Camere, che si sono già
mossi in tal senso, di specifici diritti per essi. In conseguenza al richiamo operato dalla
Costituzione in favore dei regolamenti assembleari l'articolo 19 del Regolamento
dell'Assemblée Nationale prevede che la dichiarazione politica rimessa al Presidente possa
menzionare l'appartenenza del deputato al gruppo di opposizione. Tale menzione, che può
essere fatta o cancellata in ogni momento, è pubblicata nel Journal officiel. I gruppi
minoritari sono considerati, invece, quelli che non sono dichiarati di opposizione salvo
quello tra essi che consta del numero di deputati più elevato, secondo quanto stabilito dal 4
comma dell'articolo 19 del Regolamento dell'Assemblea Nazionale.
composta ed assoggettata dai centristi di Force Démocrate. In tal senso Chronique
constitutionnelle Française 1° mai-30 juin 1998, in Pouvoirs, n. 87/1998, pag. 183.
508 L'articolo 51-1 della Costituzione così si esprime: “Le règlement de chaque
assemblée détermine les droits des groupes parlmentaires constitués en son sein. Il
reconnaît des droits spécifiques aux groupes d'opposition de l'assemblée intéressée
ainsi qu'aux groupes minoritaires.”
509 Il Conseil Constitutionnel aveva dichiarato (pronuncia n° 537 del 22 giugno
2006) che una tale previsione avrebbe avuto “per l'effetto di instaurare tra i gruppi una
differenza di trattamento ingiustificata”.
165
A seguito dell'introduzione dell'articolo 51-1 della Costituzione e della disciplina
attuativa dettata dall'articolo 19 del Regolamento dell'Assemblea nazionale, il 29 giugno
2009 il presidente dei gruppi socialisti e della sinistra democratica e repubblicana ha rivolto
al presidente dell'Assemblea una dichiarazione di appartenenza all'opposizione; il fatto che
la nuova disciplina sancita dalle disposizioni in esame abbia avuto una così pronta risposta
da parte dei gruppi politici sottolinea la circostanza che la revisione costituzionale ha
tradotto in norma un'esigenza che a livello politico era già molto sentita.
L'articolo 51-1 della Costituzione demanda la determinazione dei diritti propri dei gruppi
parlamentari ai regolamenti delle Camere; occorre, quindi, prendere in esame la
regolamentazione dettata da essi per comprendere il rapporto intercorrente tra singolo
deputato e gruppo parlamentare.
Il Regolamento dell'Assemblée Nationale disciplina i gruppi parlamentari nel capitolo V,
agli articoli da 19 a 23. Nella presente trattazione non verrà presa in considerazione tutta la
disciplina concernente l'organizzazione e la costituzione dei gruppi parlamentari, poiché
non oggetto di analisi, ma solo la disciplina dettata nel Regolamento per quanto attiene al
rapporto tra parlamentare e gruppo.
Il principio che informa di sé tutta la disciplina volta a regolamentare il rapporto tra
parlamentare e gruppo parlamentare è quello di libertà di scelta del singolo deputato o
senatore. Tutta la disciplina dettata dagli articoli 19 e seguenti del regolamento
dell'assemblea Nazionale va, quindi, letta alla luce di questo principio ispiratore.
L'articolo 19 del Regolamento stabilisce al primo comma che “Les députés peuvent se
grouper par affinités politiques”510.
Dalla lettera del primo periodo della disposizione normativa si ricava il principio sopra
enunciato di libertà del deputato di aderire o meno ad un gruppo politico. L'utilizzo del
verbo “possono” (“peuvent” in francese nel testo sopra riportato) indica chiaramente la
volontà del legislatore di lasciare il deputato libero di scegliere se far parte di un gruppo, in
quanto non pone in capo all'eletto alcun obbligo di adesione ad un gruppo piuttosto che ad
un altro. In base a tale principio, dunque, il rapporto che si viene a creare tra deputato e
gruppo si sostanzia in tre situazioni relazionali significativamente diverse tra loro.
Il deputato può iscriversi ad un gruppo, restare non iscritto o “apparentarsi” ad esso. A
tal proposito è interessante sottolineare che il Regolamento del Sénat prevede una quarta
510
L'articolo 19 della Costituzione poi recita: “aucun groupe ne peut comprendre moins de quinze membres,
non compris les députés apparentés dans les conditions prévues à l'alinéa 7 ci-dessous. Les groupes se
constituent en remettant à la Présidence une déclaration politique signée de leurs membres, accompagnée de la
liste de ces membres et des députés apparentés et du nom du président du groupe. La déclaration peut
mentionner l'appartenance du groupe à l'opposition. Ces documents sont publiés au Journal officiel. La
déclaration d'appartenance d'un groupe à l'opposition peut également être faite ou, au contraire, retirée, à tout
moment. Cette déclaration est publiée au Journal officiel ; son retrait y est annoncé. Sont considérés comme
groupes minoritaires ceux qui ne se sont pas déclarés d'opposition, à l'exception de celui d'entre eux qui compte
l'effectif le plus élevé. Les droits spécifiques reconnus par le présent Règlement aux groupes d'opposition ainsi
qu'aux groupes minoritaires sont attribués sur le fondement de la situation des groupes au début de la législature,
puis chaque année au début de la session ordinaire. Un député ne peut faire partie que d'un seul groupe. Les
députés qui n'appartiennent à aucun groupe peuvent s'apparenter à un groupe de leur choix, avec l'agrément du
bureau de ce groupe. Ils comptent pour le calcul des sièges accordés aux groupes dans les commissions par les
articles 33 et 37”.
166
ipotesi di collegamento tra senatore e gruppo, più debole della figura dell'apparentamento, il
cosiddetto rattachement administratif.
Il deputato sceglie di iscriversi ad un gruppo, ex articolo 19 Regolamento Assemblée
Nationale, in base alle proprie affinità politiche; il riferimento esplicito della disposizione
alle “affinità politiche” di ogni singolo parlamentare induce a pensare che i gruppi
parlamentari costituiscano “l’espressione organizzata dei partiti in seno alle assemblee
parlamentari511”. Questa affermazione dal punto di vista pratico, è senz'altro vera poiché la
composizione dei gruppi parlamentari tendenzialmente rispecchia la composizione partitica,
ma in proposito occorre sottolineare la differenza teorico-giuridica fondamentale che
abbiamo preso in considerazione sopra, la quale distingue nettamente i gruppi parlamentari
dai partiti, anche alla luce del principio che abbiamo evidenziato essere il principio
ispiratore di tutta la normativa in questione, ossia il principio di libertà di adesione ad un
gruppo che caratterizza l'ordinamento francese.
Il deputato può anche scegliere di non aderire ad alcun gruppo parlamentare, in quanto
espressamente previsto dalla norma; la figura del non-iscritto è prevista e tutelata nel
regolamento di entrambe le Camere, anche se con modalità differenti. A tal riguardo
occorre sottolineare che, pur se è prevista e disciplinata la possibilità per il deputato di non
iscriversi ad alcun gruppo, a differenza dell'ordinamento italiano, tuttavia i deputati che non
si iscrivono ad alcun gruppo sono svantaggiati sotto alcuni punti di vista in più momenti
della vita parlamentare, tra cui la designazione dei componenti delle commissioni, la
fissazione dell’ordine del giorno e l’organizzazione dei dibattiti parlamentari, con
particolare riguardo al tempo di parola garantito. Gli inconvenienti che possono derivare dal
non appartenere ad alcun gruppo né come iscritto né come apparentato sono collegati
all'importanza che i gruppi rivestono all'interno dei lavori assembleari.
L'importanza del gruppo è maggiore nell'Assemblea Nazionale rispetto al Senato, in cui
il singolo è maggiormente tutelato e gode di quasi tutti i diritti ed i poteri che sono conferiti
ai gruppi.
Il maggior peso conferito ai gruppi nell'Assemblée Nationale è spiegato da Roberta Biagi,
la quale, nel suo contributo illustra come nell'Assemblea Nazionale viga il cosiddetto
“principio gregario”512, in base al quale il gruppo è visto come l'elemento funzionale
essenziale per lo svolgimento delle attività della Camera, con la conseguenza che il noniscritto spesso si trova ad essere emarginato dal dibattito parlamentare, mentre il Senato
privilegia un principio di tipo individualista che rafforza rispetto al regolamento
dell'Assemblea il ruolo del senatore non iscritto ad alcun gruppo, lasciandogli ampi margini
di operatività.
La possibilità di non iscriversi ad un gruppo non è riscontrabile nell'ordinamento italiano,
nel quale ogni deputato deve dichiarare a quale gruppo voglia appartenere; nel caso in cui
511 Ufficio Legislazione Straniera, I gruppi parlamentari in Austria, Francia,
Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Regno Unito e Spagna, paper, Camera dei Deputati,
XVI Legislatura, Servizio Biblioteca, Materiali di Legislazione comparata, n. 1, Maggio
2008.
512 ROBERTA BIAGI, I gruppi parlamentari in Francia, in Rappresentanza
politica, gruppi parlamentari, partiti: Il contesto europeo, cit., pag. 123.
167
non voglia aderire ad alcuno dei gruppi presenti in Parlamento, infatti, il deputato italiano è
costretto a far parte del cosiddetto gruppo misto, il quale raggruppa tutti i deputati che non
abbiano fatto una scelta entro i termini previsti dal Regolamento della Camera.
Nell'ordinamento francese, al contrario, non esiste un gruppo misto che raccolga tutti i
deputati che non vogliano appartenere ad un gruppo parlamentare poiché non vi è ragione
che esista, essendo espressamente prevista la facoltà per il deputato di non appartenere ad
alcun gruppo o di apparentarsi ad esso.
La figura dell'“apparentamento “, sconosciuta all'ordinamento italiano, è espressamente
prevista dal Regolamento dell'Assemblea Nazionale all'articolo 19. La posizione di
apparentato riguarda i deputati che non appartengono ad alcun partito o che sono membri di
un partito che non può formare un gruppo per mancanza del numero sufficiente di eletti513;
una tale evenienza si verificò nel 1978 quando i radicali di sinistra si apparentarono al
partito socialista. La posizione del deputato apparentato è regolamentata e tutelata dal
Regolamento dell'Assemblea in modo tale da risultare vantaggiosa per il deputato e per il
gruppo stesso. Il deputato apparentato, infatti, pur non essendo iscritto, può godere dei
diritti riconosciuti agli iscritti, godendo dell'ulteriore garanzia di non essere soggetto ad
alcuna disciplina di voto dato che il legame che ha con il gruppo si sostanzia in un
collegamento solo di ordine amministrativo, e conta ai fini del calcolo dei seggi assegnati ai
gruppi nelle commissioni parlamentari. I deputati apparentati, tuttavia, non vengono
computati nel numero minimo necessario per costituire il gruppo 514 . Considerata la
rilevanza delle prerogative che sono garantite al deputato ed al gruppo in forza del rapporto
di apparentamento l'articolo 19 del medesimo Regolamento prevede che per apparentarsi ad
un gruppo sia necessario l'assenso dell'Ufficio del gruppo.
Il Regolamento del Sénat, cui si fa cenno solo per completezza espositiva, prevede altresì
una più debole forma di collegamento tra senatore e gruppo, il rattachement admistratif, che
consiste in un'adesione semplicemente amministrativa al gruppo, in un rapporto ancora più
allentato nei confronti del confronti del gruppo cui il senatore si voglia legare rispetto
all'apparentamento, che consente all'eletto di mantenere la propria individualità.
Al fine di comprendere in cosa si distingua lo statuto del deputato iscritto rispetto a
quello del non-iscritto bisogna, a questo punto della trattazione, accennare senza pretese di
completezza, a come si svolgano alcune attività parlamentari fondamentali per il
funzionamento della vita assembleare e che ruolo abbiano i gruppi parlamentari ed i noniscritti in esse.
In primo luogo occorre prendere in considerazione la disciplina inerente l'elezione dei
membri delle Commissioni permanenti e speciali. La normativa di riferimento è contenuta
nel Regolamento dell'Assemblée Nationale nei capitoli VIII e IX, negli articoli da 30 a 39.
513 L'articolo 19 del Regolamento dell'Assemblea Nazionale prevede, infatti, che sia
necessario un minimo di deputati per formare un gruppo, ridotto con l'ultima riforma
legislativa a quindici, senza contare i deputati apparentati.
514 A tal fine, ai sensi dell'articolo 19, 1 comma del Regolamento dell'Assemblea
Nazionale, essi non sono considerati membri del gruppo.
168
L’art. 33515 comma I, dedicato alle commissioni speciali, pone come criterio per la loro
formazione e per la designazione dei membri interni la rappresentanza proporzionale di
ciascun gruppo parlamentare in base alla propria consistenza numerica. I presidenti dei
gruppi, a cui è stata in precedenza notificata la richiesta del Governo o la decisione
dell’Assemblea di creare una commissione speciale, individuano all’interno del loro gruppo,
e poi notificano, i nomi dei candidati da loro proposti, iscritti o apparentati. A tali deputati
possono essere aggiunti due membri scelti tra i parlamentari non appartenenti ad alcun
gruppo, ex articolo 33, 2 comma Regolamento dell'Assemblea Nazionale. È prima facie
evidente come la possibilità per i non-iscritti di far parte di una commissione speciale sia
del tutto marginale e residuale. Parimenti, anche per l'elezione dei membri delle
commissioni permanenti la competenza spetta ai presidenti dei gruppi ed il principio
utilizzato per operare la scelta è quello della rappresentanza proporzionale. In base
all'articolo 37 del Regolamento dell'Assemblea516 i gruppi costituitosi regolarmente hanno
diritto ad ottenere un numero di seggi proporzionale alla loro importanza numerica,
rapportato al numero di membri che compongono l'Assemblea ed ai deputati non-iscritti
vengono riservati solo i seggi che non sono stati coperti dai gruppi ed in caso di mancanza
tra loro, si sceglie il deputato che ricoprirà il seggio in base al principio di anzianità. I
deputati non-iscritti, anche in questo caso, faranno parte delle commissioni permanenti solo
in via residuale e del tutto eventuale. Le norme regolamentari a tal riguardo sono nettamente
svantaggiose nei confronti dei non-iscritti e comunque non paritarie nel trattamento
riservato alle due diverse posizioni di iscritti ed apparentati rispetto ai non-iscritti517.
515 L'articolo 33 del Règlement de l'Assemblée Nationale espressamente statuisce:
“L'effectif des commissions spéciales est égal à soixante-dix membres désignés à la
représentation proportionnelle des groupes suivant la procédure prévue à l'article 34.
Les commissions spéciales ne peuvent comprendre plus de trente-quatre membres
appartenant, lors de leur constitution, à une même commission permanente. Les
commissions spéciales peuvent s'adjoindre au plus deux membres choisis parmi les
députés n'appartenant à aucun groupe”.
516 L'articolo 37 del Règlement de l'Assemblée Nationale espressamente dichiara:
“Les membres des commissions permanentes sont nommés au début de la législature et
chaque année suivante, à l'exception de celle précédant le renouvellement de
l'Assemblée, au début de la session ordinaire, suivant la procédure fixée à l'article 25.
Les groupes régulièrement constitués dans les conditions fixées à l'article 19 disposent
d'un nombre de sièges proportionnel à leur importance numérique par rapport à
l'effectif des membres composant l'Assemblée. Les sièges restés vacants après cette
répartition sont attribués aux députés n'appartenant à aucun groupe. Les candidatures
pour ces sièges font, à défaut d'accord, l'objet d'un choix effectué au bénéfice de l'âge”.
517 A tal proposito è utile ricordare che, nel caso in cui il deputato si dimetta o
venga escluso dal proprio gruppo, egli è tenuto a lasciare immediatamente la
commissione di cui faccia parte ed il gruppo dovrà nominare un altro deputato, la cui
nomina diventerà effettiva dal momento in cui il nome sarà pubblicato sul Journal
Officiel.
169
Un altra funzione molto rilevante dei gruppi dalla quale sono esclusi i singoli deputati
non-iscritti è la fissazione dell'ordine del giorno e dei dibattiti parlamentari. Esse sono
attività settimanali, svolte per il tramite della Conferenza dei Presidenti, la quale decide
mediante una votazione in cui ogni presidente dispone di tanti voti quanti sono i membri del
gruppo d’appartenenza, compresi i deputati apparentati, senza contare i deputati che
facciano parte della conferenza stessa.
Altro importante compito proprio dei gruppi parlamentari è costituito dalla ripartizione
del tempo di parola nelle discussioni dei testi di legge (disciplinata dagli articoli 49 e 49-1
del Regolamento dell'Assemblea Nazionale), e per i dibattiti parlamentari richiesti dal
Governo (disciplinati dall'articolo 132 dell'Assemblea nazionale).
L’art. 49 del Regolamento dell’Assemblea 518 prevede che sia la Conferenza dei
Presidenti a decidere l’organizzazione dell’esame dei testi presentati ed a stabilire la durata
complessiva dell’esame nell’ambito delle sedute all’ordine del giorno; “Questo tempo viene
ripartito tra i gruppi dal presidente dell'Assemblea, in modo da garantire ad ognuno di essi a
518
L'articolo 49 del Règlement de l'Assemblée Nationale si esprime così: “L'organisation de la discussion des
textes soumis à l'Assemblée peut être décidée par la Conférence des présidents. La conférence peut fixer la durée
de la discussion générale dans le cadre des séances prévues par l'ordre du jour. Ce temps est réparti par le
Président de l'Assemblée entre les groupes, de manière à garantir à chacun d'eux, en fonction de la durée du
débat, un temps minimum identique. Les députés n'appartenant à aucun groupe disposent d'un temps global de
parole proportionnel à leur nombre. Le temps demeurant disponible est réparti par le Président entre les
groupes en proportion de leur importance numérique. Les inscriptions de parole dans la discussion générale
sont faites par les présidents des groupes, qui indiquent au Président de l'Assemblée l'ordre dans lequel ils
souhaitent que les orateurs soient appelés ainsi que la durée de leurs interventions, qui ne peut être inférieure à
cinq minutes. Au vu de ces indications, le Président de l'Assemblée détermine l'ordre des interventions. La
conférence peut également fixer la durée maximale de l'examen de l'ensemble d'un texte. Dans ce cas, est
applicable la procédure prévue aux alinéas suivants. Un temps minimum est attribué à chaque groupe, ce temps
étant supérieur pour les groupes d'opposition. Le temps supplémentaire est attribué à 60 % aux groupes
d'opposition et réparti entre eux en proportion de leur importance numérique. Le reste du temps supplémentaire
est réparti entre les autres groupes en proportion de leur importance numérique. La conférence fixe également le
temps de parole réservé aux députés non inscrits, lesquels doivent disposer d'un temps global au moins
proportionnel à leur nombre. La présentation des motions et les interventions sur les articles et les amendements
ne sont pas soumises aux limitations de durée fixées par les articles 91, 95, 100, 108 et 122. Toutes les
interventions des députés, à l'exception de celles des présidents des groupes, dans la limite d'une heure par
président de groupe ou, lorsque le temps réparti en application de l'alinéa 6 du présent article est supérieur à
quarante heures, dans la limite de deux heures par président de groupe, du président et du rapporteur de la
commission saisie au fond et, le cas échéant, des rapporteurs des commissions saisies pour avis, sont
décomptées du temps réparti en application de l'alinéa 6. Est également décompté le temps consacré à des
interventions fondées sur l'article 58, alinéa 1, dès lors que le Président considère qu'elles n'ont manifestement
aucun rapport avec le Règlement ou le déroulement de la séance. Est également décompté le temps consacré aux
suspensions de séance demandées par le président d'un groupe ou son délégué sur le fondement de l'article 58,
alinéa 3, sans que le temps décompté puisse excéder la durée demandée. Selon des modalités définies par la
Conférence des présidents, un président de groupe peut obtenir, de droit, que le temps programmé soit égal à
une durée minimale fixée par la Conférence des présidents. Une fois par session, un président de groupe peut
obtenir, de droit, un allongement exceptionnel de cette durée dans une limite maximale fixée par la Conférence
des présidents. Si un président de groupe s'y oppose, la conférence ne peut fixer la durée maximale de l'examen
de l'ensemble d'un texte lorsque la discussion en première lecture intervient moins de six semaines après son
dépôt ou moins de quatre semaines après sa transmission. Si la Conférence des présidents constate que la durée
maximale fixée pour l'examen d'un texte est insuffisante, elle peut décider de l'augmenter. Chaque député peut
prendre la parole, à l'issue du vote du dernier article du texte en discussion, pour une explication de vote
personnelle de cinq minutes. Le temps consacré à ces explications de vote n'est pas décompté du temps global
réparti entre les groupes, par dérogation à la règle énoncée à l'alinéa 8.
170
seconda della durata del dibattito, un tempo minimo identico. I deputati che non
appartengono ad alcun gruppo dispongono di un tempo globale di parola proporzionale al
loro numero. I tempi che rimangono disponibili sono suddivisi dal Presidente tra i gruppi a
seconda della loro importanza numerica” (art. 49, comma , 2 comma, 2 periodo). Il quarto
comma del medesimo articolo prevede, inoltre, che ciascun deputato potrà chiedere di
parlare all’Assemblea e che la durata dell’intervento non potrà essere inferiore a cinque
minuti; in particolare, è compito dei presidenti dei gruppi designare gli oratori ed iscriverli a
parlare, indicando al Presidente dell'Assemblea l'ordine e la durata degli interventi, che non
può tuttavia essere inferiore a cinque minuti. A tal uopo è necessario rilevare che, seppure il
tempo di cui ogni deputato, iscritto, apparentato o non-iscritto, dispone è identico nel
minimo, complessivamente gli interventi dei non iscritti saranno, quantitativamente, meno
incisivi rispetto agli altri.
L’art. 132 del Regolamento dell'Assemblea Nazionale prende, invece, in considerazione
il caso in cui sia il Governo a richiedere di fare dichiarazioni con dibattito di fronte
all'Assemblea. In tale evenienza è sempre la Conferenza dei Presidenti a fissare il tempo
totale attribuito ai gruppi ed ai deputati non appartenenti ad alcun gruppo. La riforma del 23
luglio 2008 ha aggiunto un periodo al comma dell'articolo che precisa che “il tempo
impartito ai gruppi è attribuito per metà ai gruppi di opposizione e che esso è poi ripartito
tra i gruppi di opposizione da una parte e gli altri gruppi, dall'altra, in proporzione alla loro
importanza numerica. Ogni gruppo dispone di un tempo di parola minimo di dieci minuti
(art. 132 comma , 2 comma Regolamento dell'Assemblea Nazionale519). La revisione
costituzionale del 2008, la quale è intervenuta sulla formulazione di questo articolo, ha,
come si può agilmente osservare, modificato il testo previgente nel senso di regolamentare e
tutelare i diritti dei gruppi di opposizione ma non dei non-iscritti, i quali sono svantaggiati
anche in tale circostanza rispetto a coloro che aderiscano ad un gruppo come iscritti o anche
solo come apparentati.
Esaminata la normativa regolamentare che disciplina il rapporto tra parlamentare e
gruppo parlamentare ed avendo rilevato che, mentre sul piano teorico vi è totale libertà di
scelta da parte del deputato sul fatto se appartenere o meno ad un determinato gruppo
politico, dal punto di vista pratico il deputato che non si iscrive o non si apparenta ad un
519 L'articolo 132 del Règlement de l'Assemblée Nationale si esprime in questi termini: “Le Gouvernement peut
faire une déclaration devant l'Assemblée sur le fondement de l'article 50-1 de la Constitution, le cas échéant à
la demande d'un groupe. Une telle déclaration donne lieu à un débat et peut faire l'objet d'un vote si le
Gouvernement le décide, sans que ce vote engage sa responsabilité. Pour le débat auquel donne lieu la
déclaration du Gouvernement mentionnée à l'alinéa précédent, la Conférence des présidents fixe le temps
global attribué aux groupes et aux députés n'appartenant à aucun groupe. Le temps imparti aux groupes est
attribué pour moitié aux groupes d'opposition. Il est ensuite réparti entre les groupes d'opposition, d'une part,
et les autres groupes, d'autre part, en proportion de leur importance numérique. Chaque groupe dispose d'un
temps minimum de dix minutes. Les inscriptions de parole et l'ordre des interventions ont lieu dans les
conditions prévues par l'article 49, alinéas 3 et 4, du présent Règlement. Le Gouvernement prend la parole le
dernier pour répondre aux orateurs qui sont intervenus. Lorsque le Gouvernement a décidé que sa déclaration
donnerait lieu à un vote, la Conférence des présidents peut autoriser des explications de vote. Dans ce cas, la
parole est accordée, pour cinq minutes, après la clôture du débat, à un orateur de chaque groupe. Le Président
met aux voix la déclaration du Gouvernement. Le scrutin a lieu conformément au II de l'article 66. Le
Gouvernement peut également demander à faire devant l'Assemblée une déclaration sans débat. Dans ce cas,
après la déclaration du Gouvernement, le Président peut autoriser un seul orateur par groupe à lui répondre.
Aucun vote, de quelque nature qu'il soit, ne peut avoir lieu”.
171
gruppo è svantaggiato sotto molteplici profili rispetto chi si iscrive o si apparenta,
riprendiamo in mano il discorso prima interrotto circa la disciplina di voto, l'esclusione o la
dimissione di un parlamentare dal gruppo e la possibilità per un singolo deputato di passare
da un gruppo ad un altro. Per analizzare tali fenomeni che pure riguardano il rapporto tra
singolo parlamentare e gruppo parlamentare bisogna esaminare gli statuti dei partiti ed i
regolamenti interni dei gruppi520 in quanto i regolamenti assembleari a tal riguardo nulla
dispongono.
Risulta oneroso rilevare che il fatto che i regolamenti delle Camere non prevedano
alcuna disciplina in tal senso è già di per sé un importante elemento di studio del fenomeno
in quanto ci permette di asserire che tali comportamenti non sono vietati; passando ad un
gradino ulteriore di conoscenza della fattispecie, occorre, dunque, prendere in
considerazione, come già detto, gli statuti ed i regolamenti interni dei gruppi, oltre a cercare
di capire se nella prassi si siano verificate situazioni di tal genere.
Per quanto concerne la disciplina di voto si rimanda a quanto detto poco sopra, salvo
aggiungere, a riprova di quanto prima affermato che lo statuto del Parti socialiste, nel titolo
IX dedicato alle elezioni politiche, alla nomina dei candidati ed al gruppo socialista in
Parlamento, sebbene l’art. 9.5 ricordi che tutti i membri del gruppo hanno uguale diritto di
discussione e di voto in ogni riunione, sia in Assemblea Nazionale che in Senato, il
seguente art. 9.6, a proposito degli obblighi dei membri dei gruppi parlamentari, statuisce
che i membri del gruppo socialista in Parlamento sono tenuti ad accettare le regole interne
del partito ed a conformarsi alle direttive impartite dallo stesso. In particolare, poi, colpisce
che lo statuto avverta esplicitamente i membri del gruppo che essi dovranno sempre
adeguarsi all’unità di voto del gruppo stesso; in caso di violazione di questa regola, infatti, il
Consiglio Nazionale potrà riferirsi alle disposizioni di cui all'art. 11.12 il quale,
disciplinando i casi di esclusione, regolamenta la possibilità di reintegrazione nel partito
dopo un periodo di due anni. Un’altra previsione statutaria avverte il singolo membro del
partito eletto all’Assemblea dell’obbligo di dimissioni che grava su di lui nel caso in cui,
dopo l’elezione, decida per qualunque ragione di lasciare il partito. Rilevante in tal senso
sono anche le disposizioni del Regolamento interno le quali stabiliscono che la strategia di
gruppo è decisa nelle riunioni interne in cui si mediano anche gli eventuali disaccordi e che
il voto in tale sede è espresso per alzata di mano, salvo che 1/10 dei membri presenti
richiedano il voto per appello nominale. A tal riguardo si osserva che non è possibile per un
iscritto nascondere il proprio disaccordo521 e questo certamente avrà una forte influenza
sulla sua libertà di scelta nell'eventualità in cui voglia disattendere le linee del partito.
520 A tal riguardo bisogna sottolineare che nell'ambito di questa ricerca non è stato
possibile reperire tutti gli statuti dei partiti o i regolamenti dei gruppi stessi in quanto
essi non sempre vengono approvati o comunque non sempre resi pubblici. I dati cui si fa
riferimento sono quindi quelli ricavabili dai regolamenti e gli statuti che è stato
possibile trovare.
521 ROBERTA BIAGI, I gruppi parlamentari in Francia, in Rappresentanza
politica, gruppi parlamentari, partiti: Il contesto europeo, cit., pag. 134 ; D.G.
LAVROFF, Le droit constitutionnel de la V Republique, Paris, 1997, pag. 261.
172
Lo statuto del gruppo RPR è altrettanto esplicito in tal senso; stabilisce, infatti, che il
Presidente del gruppo “assicura la disciplina interna ed esterna ad esso” (articolo 4) e
prevede che le decisioni vengono prese a maggioranza assoluta dei membri dell'Ufficio, se
convocate almeno due ore prima, ed a maggioranza dei presenti se la decisione deve essere
presa subito, oltre a stabilire che in caso di parità di voti prevale il voto del Presidente
(articolo 8). Ogni singolo membro non può intervenire nei dibattiti, firmare proposte di
legge o presentare interventi senza aver prima ottenuto il permesso dell'Ufficio.
Tutti gli altri statuti in genere, pur non essendo espliciti in tal senso, stabiliscono che la
regola è costituita dalla libertà di espressione e di discussione ma allo stesso tempo
sottolineano che le decisioni a maggioranza devono essere sempre rispettate (esempi di ciò
si trovano nello statuto di Les Verts, all’art. 6 comma V ed in in quello del Parti
Communiste Français all’art. 4.2 del capitolo II).
Lo statuto del gruppo parlamentare dell’UMP (Union pour un Mouvement Populaire)
garantisce a ciascun parlamentare la libertà d’espressione e di voto (art. 3) ma subito dopo
stabilisce che a ciascun membro è richiesto di manifestare con le proprie parole, gli scritti
ed anche il voto, solidarietà nei confronti della maggioranza del gruppo e che il gruppo, a
maggioranza assoluta di membri e apparentati, può decidere di istituire una disciplina di
voto per le mozioni di censura e la fiducia (art. 5 commi II e III).
L'ulteriore profilo da prendere in considerazione in questa sede concerne il fenomeno
dell'esclusione di un iscritto o di apparentato da un gruppo. Anche in questo caso la
disciplina da prendere in considerazione per orientarsi circa questa eventualità è il risultato
della lettura combinata di regolamenti interni del gruppo, degli statuti dei partiti e delle
disposizioni contenute nel regolamento dell'Assemblea Nazionale. Il partito può escludere
un iscritto per indisciplina ma questa misura ha effetto solo per quanto riguarda la sua
partecipazione all'associazione privata che è il partito, e non anche la sua presenza
all'interno del gruppo parlamentare che potrà venir meno solo nel caso in cui anche i
membri del gruppo di appartenenza abbiano deciso di escluderlo. In tal senso rileva anche la
disciplina regolamentare poiché l'articolo 21 del regolamento dell'Assemblea Nazionale522
prevede che “le modifiche alla composizione di un gruppo sono portate a conoscenza del
Presidente dell'Assemblea attraverso un documento firmato dal deputato interessato se si
tratta di una dimissione, attraverso un documento firmato dal presidente del gruppo se si
tratta di un esclusione e sotto la doppia firma del deputato e del presidente del gruppo se si
tratta di un'adesione o di un apparentamento. Esse sono pubblicate nel Journal officiel”. A
tal riguardo, quindi, è prevista una disciplina tesa a garantire almeno la pubblicità
dell'accaduto così da tutelare in parte il deputato, pur se il collegamento tra partito e gruppo
parlamentare, come abbiamo visto, è molto forte ed è assicurato dalla presenza dei
principali dirigenti del partito in seno al gruppo, come dei dirigenti del gruppo tra le fila del
522 Il testo integrale dell'articolo 21 del Règlement de l'Assemblée Nationale recita:
“Les modifications à la composition d'un groupe sont portées à la connaissance du
Président de l'Assemblée sous la signature du député intéressé s'il s'agit d'une
démission, sous la signature du président du groupe s'il s'agit d'une radiation et sous la
double signature du député et du président du groupe s'il s'agit d'une adhésion ou d'un
apparentement. Elles sont publiées au Journal officiel”.
173
partito, così da creare una sorta di “union personnelle”523 tra gruppo parlamentare e partito
di cui il gruppo è espressione. Questo legame molto stretto tra partito e gruppo parlamentare,
come è facile immaginare, ha dunque ripercussioni importanti su scelte come quella di
escludere un membro del gruppo parlamentare che abbia avuto dissidi con il partito di
riferimento, pur se giuridicamente non esiste alcun legame tra i comportamenti tenuti
all'interno delle riunioni o delle attività compiute in relazione al partito ed il mandato
rappresentativo che è tenuto a svolgere quale membro di un gruppo parlamentare.
Nell'esperienza parlamentare francese vi è stato un esiguo ricorso all'irrogazione della
sanzione dell'espulsione, ossia la più grave per il parlamentare; cionondimeno, di recente,
ad aprile 2011, un apparentato al partito comunista, Maxime Gremetz, è stato escluso dal
gruppo GDR (comprendente PCF, PG e gli ecologisti). L'espulsione è stata comminata a
causa del “suo comportamento scandaloso ed irresponsabile” durante una riunione pubblica,
a marzo, tenutasi all'Assemblea Nazionale. La conseguenza dell'esclusione dal gruppo
parlamentare, tuttavia, occorre ricordarlo, non comporta l'allontanamento dalla scena
politica in quanto il deputato espulso continuerà nel suo incarico, però sotto la veste di
deputato non-iscritto, con tutti gli inconvenienti che abbiamo sottolineato essere intrinseci a
questa condizione. Questa precisazione è essenziale per capire la portata del principio di
divieto di mandato imperativo sancito dall'articolo 27 della Costituzione, il quale non
verrebbe rispettato nel caso in cui un eletto potesse essere cancellato dalla scena politica a
causa di dissidi verificatosi internamente al proprio gruppo parlamentare. Nel caso di specie
sopra descritto di espulsione di Maxime Gremetz, l'Ufficio dell'Assemblea Nazionale era
inoltre tenuto a decidere se far sedere il deputato escluso tra gli altri non-iscritti, tutti di
orientamento politico di destra, sul lato destro dell'emiciclo o all'estremità sinistra dello
stesso. Questa circostanza dimostra quanto sia importante anche la collocazione spaziale in
cui il singolo deputato possa essere autorizzato a stare.
Il principio di libertà di autodeterminazione di ogni singolo deputato è essenziale anche
per prendere in considerazione il fenomeno del passaggio di un deputato da un gruppo ad un
altro. Nell'ordinamento francese, infatti, in forza del principio ora richiamato è consentito ad
un parlamentare cambiare gruppo politico o dare le dimissioni da quello cui appartenga,
purché ne sia formalmente informato il presidente del gruppo e per il suo tramite il
Presidente di Assemblea.
Tutte le considerazioni finora svolte circa la disciplina costituzionale, regolamentare ed
infine interna ai partiti ed ai gruppi che regola la materia ci permette di trarre delle brevi
conclusioni in merito ai problemi sollevati.
Il voto di ogni singolo deputato, fatta eccezione per le questioni di coscienza e di etica, a
livello pratico è sicuramente influenzato dalle direttive del gruppo e dal pensiero del partito
che inevitabilmente impregna di sé le decisioni degli organi direttivi del gruppo, i quali,
come abbiamo visto, sono spesso gli stessi del partito, ma ad onor del vero bisogna
riconoscere che una simile compenetrazione dei due piani è connaturale alla forma di
governo parlamentare e che il legislatore può solo, attraverso un'attenta disciplina,
regolamentare questi fenomeni ma non estirparli; ne è testimonianza proprio l'esperienza
francese, che ha negli anni formalizzato nei regolamenti parlamentari e nella Costituzione
dei fenomeni che si erano già creati spontaneamente (ne sono un esempio il riconoscimento
523
PIERRE AVRIL, JEAN GICQUEL, Droit parlementaire, cit., pag. 105.
174
dei partiti politici nel 1901 e la formale previsione dei gruppi parlamentari nel 1910),
regolamentandone la disciplina e limitandone il campo di applicazione in aderenza ai
fondamentali principi che ha scelto di porre alla base delle proprie scelte, ossia al principio
di divieto di mandato imperativo ed il principio di libertà di autodeterminazione di ogni
singolo parlamentare. Alla luce di queste linee guida il legislatore francese ha sancito nel
primo comma dell'articolo 23 del Regolamento dell'Assemblea Nazionale il divieto di
costituire, “in seno all'Assemblea Nazionale, nelle forme previste dall'articolo 19 o sotto
qualsiasi altra forma o denominazione” la creazione “di gruppi di difesa di interessi
particolari, locali o professionali e comportanti per i loro membri l'accettazione di un
mandato imperativo” ed ha previsto per i deputati la possibilità di non aderire ad alcun
gruppo, a differenza dell'ordinamento italiano.
In conclusione penso che si possa quindi affermare che sussistono tuttora molti problemi
irrisolti e che il legislatore francese abbia ancora molta strada da percorrere per riuscire a
giungere a garantire al singolo deputato una piena libertà di coscienza nel momento del voto
o una reale possibilità di incidere sulle scelte politiche partorite in seno all'Assemblea
Nazionale nel caso in cui non appartenga ad alcun gruppo politico; al tempo stesso penso
che le ultime riforme e la recente elezione del nuovo Presidente della Repubblica cui si è
assistito in questi giorni siano un importante segnale del fatto che la volontà di cambiare,
presumibilmente in meglio, la propria disciplina sia un problema sentito e presente nel
panorama politico francese.
175
RAPPORTO FRA PARLAMENTARE E COLLEGIO ELETTORALE
SOMMARIO: 1. Il nesso inscindibile col sistema elettorale – 2. Il problema del ritaglio dei collegi, alla ricerca del voto
veramente “eguale” – 3. Una forma di emersione (impropria) degli interessi locali: il cumulo di mandati – 4. I
rimborsi al parlamentare per le spese inerenti al rapporto col collegio elettorale
1. Il nesso inscindibile col sistema elettorale
Per cercare di formulare qualche ipotesi su di un “terreno scivoloso” come quello
dell’effettivo rapporto fra il singolo parlamentare francese e il suo collegio, è d’obbligo un
preliminare cenno al sistema elettorale vigente.
Com’è noto, i 577 deputati dell’Assemblée Nationale sono eletti con scrutinio
maggioritario uninominale a doppio turno: tale sistema, «ormai tradizionale»524 della V
Repubblica, trae le sue origini dall’ordonnance del 13 ottobre 1958, rientrante tra quelle
adottate sulla base dei pieni poteri costituenti (e non solo) accordati al Generale De Gaulle
con la legge del 3 giugno dello stesso anno. Si rileva tuttavia come non si tratti di una
specificità dell’attuale assetto costituzionale, avendo già operato sistemi elettorali simili
nella III Repubblica525, con esiti tuttavia tendenzialmente opposti, tanto che Duverger,
nella sua classica analisi dei sistemi elettorali, arriva ad equipararli alla rappresentanza
proporzionale quanto al favorire il multipartitismo526.
In ogni caso, in sede di predisposizione della Costituzione del 1958, la scelta per un
maggioritario a doppio turno fu adottata in funzione decisamente anti-frammentatoria, con
innegabili accenti anti-partitici: «pour le général De Gaulle et ses principaux
collaborateurs les maux à éviter étaient ceux qui avait affaibli la IVe république: des partis
trop nombreux et des majorités difficiles, sinon impossibles, à trouver. Les théoriciens et les
hommes politiques novateurs pensaient que la représentation proportionnelle était le mal
absolu et que le scrutin majoritaire à un tour serait inapplicabile; ce fut le scrutin
majoritaire à deux tours qui fut choisi, parce qu’il était dans une certaine tradition
française et qu’il devait permettre la constitution de majorités parlementaires après le
second tour»527. Peraltro, circa dieci anni prima, lo stesso Generale – che pure aveva
imposto una forma di scrutinio proporzionale nelle prime tornate successive alla guerra –
ebbe ad esprimersi in maniera recisamente negativa sulla rappresentanza proporzionale
524 Così P. COSTANZO, La “nuova” Costituzione della Francia, Giappichelli, Torino,
2009, p. 238.
525 Cfr. D. TURPIN, Droit constitutionnel, PUF, Parigi, 2007, p. 366 ss.
526 G. SARTORI, Ingegneria costituzionale comparata, il Mulino, Bologna, 20045, p. 41
ss. e 76 ss.
527 D.G. LAVROFF, Feue la Ve République, in B. MATHIEU (a c. di), 1958-2008.
Cinquantième anniversaire de la Constitution française, Dalloz, Parigi, 2008.
176
integrale chiesta dalle sinistre, che avrebbe portato nella sua ottica gli elettori «à désigner
des hommes qu’ils ne connassaient pas du tout» 528 , ma anche contro uno scrutinio
uninominale ad un solo turno, che avrebbe finito per favorire «le candidat séparatiste», i.e.
tipicamente quello comunista529.
Tutto ciò per dire, quindi, come il sistema attualmente vigente non nasca dalla
“democratizzazione” di un parlamento notabilare o da una spontanea razionalizzazione
della rappresentanza, quanto piuttosto da una radicale scelta di opportunità, particolarmente
influenzata dalle circostanze contingenti e da un radicale scetticismo sul ruolo dei partiti,
incolpati del collasso della IV Repubblica. Da ciò si spiega come, per quanto la
rappresentanza parlamentare esca tutt’altro che valorizzata dal disegno gollista, sia stato
comunque ritenuto preferibile un sistema nel quale l’elettore “conosca” il candidato rispetto
ad una forma rappresentativa – per così dire – più “annacquata” ma col pallino in mano ai
partiti.
La domanda da porsi nell’ottica del presente lavoro è quindi questa: ad oggi, un simile
disegno ha funzionato, ovvero gli elettori francesi (alle elezioni legislative) votano una
persona o un partito? La risposta parrebbe senz’altro negativa, con il ruolo dei partiti
tutt’altro che estinto, ma anzi cruciale; è tuttavia dato rinvenire una forma di rappresentanza
personale/territoriale impropria che surrettiziamente si è affermata. Si ritornerà su questo tra
poco: è necessario prima precisare il concreto funzionamento del sistema elettorale.
Esso si articola anzitutto in collegi (circonscriptions), il cui disegno530 non coincide con
le ripartizioni amministrative (départements) ma è ritagliato al loro interno.
Al primo turno possono candidarsi tutti i cittadini francesi che abbiano compiuto il
ventitreesimo anno di età e che godano dei diritti civili e politici; non è previsto alcun
obbligo di risiedere nella circoscrizione all’interno della quale s’intende candidarsi. La
dichiarazione di candidatura dev’essere indirizzata al Prefetto del département al quale
appartiene il collegio; si prevede che debba essere scelto contestualmente un candidato
supplente, destinato non solo a subentrare all’eletto in caso di morte o incompatibilità
sopravvenuta, ma altresì a farlo qualora l’eletto vada ad assumere incarichi ministeriali –
ma solo per la durata di essi, ben potendosi quindi avere un ritorno nel seggio
dell’originario titolare.
Questo sistema, affatto singolare e per certi aspetti stupefacente, riveste una rilevante
importanza ordinamentale ed è stato addirittura “costituzionalizzato” dalla riforma del 2008
(art. 25, comma 2). Si tratta infatti di un meccanismo volto a temperare la rigidissima
incompatibilità fra incarichi parlamentari e ministeriali che era propria dell’originario
disegno gollista, pur senza scadere in un sistema – duole dirlo – all’italiana nel quale si
consente senza batter ciglio l’improbabile cumulo tout court delle due funzioni.
La dichiarazione del legame di un candidato con un partito – di particolare interesse ai
fini della presente ricerca – non è ovviamente obbligatoria, ma è resa pressoché
indispensabile dall’assetto dei finanziamenti pubblici ai partiti, che la legge n. 88-227
528 D. TURPIN, Droit constitutionnel, cit., p. 367.
529 Ibidem.
530 La cui importanza è tutt’altro che trascurabile: si veda infra in proposito.
177
dell’11 marzo 1988, disegna come «molto generoso»531 ma legato in definitiva ai candidati
presentati (e generoso peraltro anche verso i perdenti, il che riequilibra “per vie traverse” il
sistema, per quanto si preveda una soglia minima del 5% affinché il singolo candidato possa
accedere alla quota di rimborso forfettario previsto dalla medesima legge532).
Viene dunque eletto al primo turno il candidato che abbia ricevuto la maggioranza
assoluta dei voti espressi, che debbono però altresì corrispondere ad almeno un quarto degli
iscritti al voto. Se nessun candidato riesce ad ottenere tali risultati, due settimane dopo si
procede al secondo turno, al quale sono ammessi tutti i candidati che abbiano raggiunto un
numero di voti pari ad almeno il 12,5% degli iscritti al voto. A questo punto, è sufficiente la
maggioranza relativa per essere eletti.
La soglia per accedere al secondo turno è un elemento cruciale del sistema, e vale la
pena soffermarvisi per la sua influenza sul “tipo” di rappresentanza parlamentare che, anche
grazie ad essa, s’intende dare. Tale soglia – sempre calcolata, è il caso di ribadirlo, sugli
iscritti e non sui voti espressi – è stata infatti innalzata progressivamente negli anni:
inizialmente fissata al 5% (fino al 1967), è passata al 10% fino al 1973, dopodiché si è
passati a quella odierna del 12,5%533.
Un simile, graduale innalzamento viene considerato sotto una luce positiva da chi, come
Sartori, si pone in una prospettiva di radicale critica a Duverger e pone l’accento sulla
capacità del sistema a doppio turno di ridurre la frammentazione e – al contempo – di
emarginare i partiti anti-sistema; in quest’ottica, l’innalzamento progressivo può essere un
buono strumento per spingere attraverso il sistema elettorale i partiti a ridurre il proprio
numero, senza però evitare traumi improvvisi534.
È tuttavia opportuno mettere in luce come l’innalzamento della soglia sia stato voluto,
almeno nell’ultima occasione, ad uno scopo non proprio coincidente con l’interesse
generale: come è stato notato non senza una buona dose di malizia, «lorsque V. Giscard
d’Estaing, qui avait souhaité voir la France “gouvernée au centre”, a fait élever le seuil de
10 à 12,5% des inscrits nécessaires pour se presente au second tour, il ne pénalisait qu’en
531 Così A. DE PETRIS – C. PINELLI nell’Introduzione a D. NARDELLA (a c. di), La
legislazione sui partiti politici in alcuni paesi dell’Unione Europea, Polistampa, Firenze,
2008, p. 15.
532 Rimborso calcolato su di una quota del plafond delle spese autorizzate, fissato a
38.000 Euro per candidato, al quale si aggiungono 0,15 Euro per abitante della
circoscrizione (art. L. 52-11 del Code électoral). Secondo dati recenti, con una
circoscrizione media di 107.000 abitanti, ogni candidato può spendere al massimo una
cifra pari a 63.800 Euro (si veda L. FAVOREU et al., Droit constitutionnel, Dalloz, Paris,
201013, p. 724).
533 D. TURPIN, Droit constitutionnel, cit., p. 368.
534 «La strategia ottimale è stata, a questo effetto, [ovvero la riduzione del numero dei
partiti] quella francese: cominciare da una soglia di accesso al doppio turno del 5-6 per
cento, per poi aumentarla gradualmente sino al 10-12 percento. A questo modo i partiti
sono gradualmente costretti ad accorparsi; e a questo modo il potere di ricatto dei
partitini viene largamente depotenziato»: così G. SARTORI, Ingegneria costituzionale
comparata, cit., p.81.
178
apparence les partis centristes, les poussant en réalité à s’unir – et à se “giscardiser” – au
sein de l’UDF»535.
Proprio la questione delle modifiche al sistema elettorale introduce ad un ulteriore
elemento di analisi del momento “genetico” della rappresentanza parlamentare (almeno
nell’Assemblée Nationale) in Francia: la legge elettorale, oggi regolata dal Code électoral, è
una legge ordinaria. Dunque, la «pérennité» del sistema elettorale vigente – ad eccezione
della brevissima parentesi proporzionalistica, sulla quale torneremo tra poco – «n’est
cependant pas due à sa force normative puisque le mode de scrutin est prévu par une
simple loi ordinaire. Toutefois, il semble bien qu’il existe aujourd’hui un consensus
politique large pour ne pas remettre en cause cette domination du scrutin majoritaire même
s’il n’est pas exclu de la tempérer quelque peu en le combinant avec une dose de
proportionnel»536.
Con riguardo al sistema costituzionale italiano, si tratta di uno spunto di riflessione de
jure condendo di non poco momento: nel 1958, allorché si opta per un assetto delle fonti
che prevede una legge organica “intermedia” fra il livello ordinario e quello costituzionale,
non le si attribuisce tuttavia la modalità di trasformazione dei suffragi in voti; né del resto si
opera una diretta costituzionalizzazione di tale modalità. La questione appunto di porre in
Costituzione almeno i principi cardine che debbono regolare la materia elettorale si è posta
a più riprese, ma sempre senza esito537. È previsto tuttavia che siano leggi organiche a
stabilire una serie di altre caratteristiche del mandato parlamentare, in primis le indennità e
le incompatibilità.
Si è accennato poco innanzi alla breve parentesi nella quale si è avuta in Francia una
rappresentanza proporzionale: per le sole elezioni del 1986, su mirata iniziativa politica
dell’allora Presidente della Repubblica François Mitterrand, fu introdotto uno scrutinio
proporzionale con liste bloccate in virtù di un calcolo errato quanto spregiudicato da parte
dei socialisti538; si riteneva infatti di poter mettere in difficoltà il centro-destra dando
maggiore spazio al Front National e, per questa via, attenuare la propria prevista sconfitta.
In realtà il risultato fu di dare comunque al centro-destra la maggioranza assoluta, la quale
immediatamente deliberò il ritorno al “tradizionale” sistema a doppio turno.
Il modo attuale d’intendere la rappresentanza proporzionale in Francia è ben sintetizzato
dalle non troppo risalenti parole di un anziano costituzionalista, proprio allorché si andava a
celebrare il cinquantennale della V Repubblica: «la mise en place d’une représentation
proportionnelle autre que symbolique metterai en danger la stabilité gouvernementale qui
est un des très heureux résultats obtenus par la Ve République»539
Tuttavia, lo scetticismo nei confronti dei partiti – sicuro ispiratore di buona parte delle
critiche alla rappresentanza proporzionale – non sembra ad oggi aver “ammazzato la bestia”,
tutt’altro.
535 D. TURPIN, Droit constitutionnel, cit., p. 369.
536 L. FAVOREU et al., Droit constitutionnel, cit., p. 724.
537 Ivi, p. 610.
538 D.G. LAVROFF, Feue la Ve République, cit., p. 40.
539 Ivi, p. 41.
179
Anzi, fin dalla presidenza di Giscard i partiti francesi hanno ripreso ad avere un ruolo
sempre più attivo, per “esplodere” nuovamente con la presidenza Mitterrand: «il avait été
investi par les partis signataires d’un programme commun et il fut élu en tant que tel»540. I
candidati dei partiti di estrema sinistra, ma anche quelli del Front National, sono scelti su
logiche puramente partitiche; al di là di scelte di facciata, anche gli assembramenti maggiori
sono ormai così strutturati e pervasivi da aver vanificato in buona parte il disegno gollista
sulla loro emarginazione. Alle elezioni legislative, i candidati sono sempre scelti dai partiti
(o, almeno, non contro di essi), e i partiti animano le campagne elettorali e formulano i
programmi541.
In realtà, però, la situazione è complessa, e gli eletti sanno bene che una sorta di patina di
scetticismo – soprattutto nella destra gollista – è rimasta nei confronti dell’organismo
partitico.
Resta un caso emblematico il contraddittorio, altalenante rapporto fra Nicolas Sarkozy e
il suo partito (l’UMP), rapporto che ha accompagnato tutto il suo mandato presidenziale: se
all’inizio la politica di ouverture verso personalità provenienti da ben altre aree politiche era
parsa un segno di forza, i “postumi” di essa (e il suo successivo ripudio de facto) hanno
generato lotte intestine dalla portata così ampia da aver sicuramente contribuito alla
mancata rielezione nel 2012.
2. Il problema del ritaglio dei collegi, alla ricerca del voto veramente “eguale”
Tra i “mali francesi” in materia elettorale, uno dei più risalenti e stringenti risulta essere
quello del ritaglio dei collegi elettorali: la distribuzione fortemente ineguale degli abitanti
sul territorio ha prestato il fianco a clamorose operazioni di gerrymandering – o, almeno, al
loro forte sospetto. In particolare, l’uguaglianza del voto, sancita dall’art. 3 della
Costituzione del 1958, è stata gravemente alterata prima da un movimento demografico
dalla campagna alla città, e poi da quello dal centro delle città verso la banlieue542; in
particolare, il découpage operato nel 1958 (e presto divenuto obsoleto) risultava favorire le
aree rurali, tipicamente orientate a destra: all’inizio degli anni’80, occorrevano 186.319
elettori per eleggere il deputato (di sinistra) della terza circoscrizione dell’Essonne, mentre
solo 33.167 per quello (di destra) della seconda del Hautes-Alpes543.
Dopo l’effimera parentesi proporzionalistica e il ritorno al sistema maggioritario a
doppio turno nel 1986, il controllo sul découpage è stato affidato al Conseil Constitutionnel
(anziché, come in precedenza, al Consiglio di Stato, considerato probabilmente troppo
vicino al Governo).
Il Conseil ha quindi avuto modo di formare una sua giurisprudenza in materia, alquanto
dettagliata e articolata: rivestono un particolare rilievo le decisioni 86-208 DC del 1 e 2
luglio 1986 e 86-218 DC del 18 novembre 1986. Sempre fondandosi sul principio
540 D.G. LAVROFF, Feue la Ve République, cit., p. 41.
541 Ibidem.
542 D. TURPIN, Droit constitutionnel, cit., p. 369.
543 Ibidem.
180
dell’eguaglianza del suffragio, lo stesso Conseil ha quindi posto vincoli stringenti alla
discrezionalità del Governo nel delimitare i confini delle circoscrizioni: in particolare, ha
stabilito che non vi possa essere uno scarto maggiore del 20% fra la popolazione della
circoscrizione e la media della popolazione dipartimentale544. Eventuali infrazioni a questo
limite debbono essere sorretti da giustificazioni oggettive d’interesse generale, quali la
necessità di assicurare un legame stretto fra eletto ed elettore oppure la continuità
territoriale545.
Oggi, a séguito della revisione costituzionale del 2008, ogni testo mirante a delimitare le
circoscrizioni deve essere sottoposto al parere pubblico della Commissione indipendente
prevista dall’art. 25, comma 3. La composizione di tale Commissione è stata stabilita con la
legge n. 2009-39 del 13 gennaio 2009; la medesima legge ha autorizzato il Governo a
procedere ad un nuovo découpage tramite ordonnance entro un anno, dettando altresì alcuni
criteri direttivi. Tali criteri, tuttavia, «sono parzialmente incappati nelle censure del
Consiglio costituzionale, il quale, in base al principio dell’uguaglianza del voto, ha
dichiarato incostituzionale sia la previsione per cui il numero dei deputati non avrebbe
potuto essere comunque inferiore a due per ogni dipartimento, sia la possibilità di disegnare
le circoscrizioni elettorali in funzione dell’evoluzione della popolazione degli elettori iscritti
e quindi in maniera diversa per ciascuna circoscrizione»546.
In ogni caso, alla fine l’ordinanza è stata emanata il 29 luglio 2009 e ratificata con legge
nel febbraio del 2010, e – dopo essere stata dichiarata costituzionalmente conforme dal
Conseil constitutionnel – è divenuta definitiva.
3. Una forma di emersione (impropria) degli interessi locali: il cumulo di mandati
Nel 2007, su 577 deputati dell’Assemblée Nationale, solo 54 (!) non erano titolari anche
di mandati locali. Subito prima delle elezioni del 2008, 153 deputati risultavano sindaci, 8
maires d’arrondissement, e 387 consiglieri municipali. Inoltre, 66 erano titolari di un
mandato da consiglieri regionali, 156 consiglieri generali e 28 addirittura vice-presidenti di
consigli generali547.
In pratica, malgrado il regime di incompatibilità che anche in Francia è presente in
maniera non troppo dissimile da altri Paesi, è dato registrare una particolare diffusione della
titolarità di uffici locali da parte di deputati dell’Assemblée Nationale. Questa particolarità,
544 Ivi, 317.
545 L. FAVOREU et al., Droit constitutionnel, cit., p. 597.
546 P. COSTANZO, La “nuova” Costituzione della Francia, p. 238.
547 Dati forniti dalla stessa Assemblée Nationale, riportati da J.P. Duprat, L’influence
de la Constitution sur la vie parlementaire, in B. MATHIEU (a c. di), 1958-2008.
Cinquantième anniversaire de la Constitution française, cit., p. 255.
181
«mal français à éradiquer selon les uns, indispensabile ancrage dans la réalité de terrain
selon les autres»548, appare particolarmente interessante ai fini della presente ricerca.
Si tratta infatti, come si è accennato in precedenza, di una particolare forma di emersione
degli interessi territoriali, impropria ma di proporzioni tali da meritare attenzione. Il
fenomeno è ancora più stupefacente allorché si consideri che – com’è noto – in Francia è
presente una seconda camera eletta a suffragio indiretto, il Sénat, il cui scopo è
precisamente quello di rappresentare in sede parlamentare le collettività territoriali. Ebbene,
malgrado questo è “normale” che un deputato svolga (almeno in teoria) ruoli locali, anche
di rilevanza non meramente simbolica; il fenomeno è del resto solitamente denunciato tra
quelli che finiscono per allontanare – anche fisicamente – i deputati dal loro mandato al
Palais Bourbon.
Del resto, la “scalata” dei gradi della politica, locale prima e nazionale poi, è una forma
di cursus honorum che permette, almeno in teoria, una selezione della classe dirigente
maggiore rispetto a Paesi – come l’Italia – nei quali una simile gradualità sembra quasi
desueta; tuttavia, se da una parte ciò non può giustificare (a tacer d’altro) un’impossibile
pretesa di esercitare appieno funzioni già impegnative se prese separatamente, dall’altra
neppure l’Italia è immune da tale fenomeno, che anzi ha spesso finito per assumere contorni
marcatamente contra legem finché un intervento della Corte Costituzionale non ha fatto
giustizia – o almeno, così sembra.
In definitiva, il rapporto del singolo deputato francese col proprio collegio elettorale
appare oggi pesantemente influenzato dal partito, il quale anzi spesso finisce per
“paracadutarvelo” dichiaratamente, in un’ottica di sintesi nazionale 549 ; tuttavia, è
innegabile la comunissima emersione per altre vie del rapporto, appunto, tra il deputato e il
proprio territorio, destinato anzi a rimanere forte per tutta la carriera politica – anche ai
massimi livelli – dell’interessato550.
4. I rimborsi al parlamentare per le spese inerenti al rapporto col collegio elettorale
548 Così G. BERGOUGNOUS, Constitution et vie parlementaire, in B. MATHIEU (a c. di),
1958-2008. Cinquantième anniversaire de la Constitution française, cit., p. 276.
549 Si pensi, ad esempio, ai casi celebri dei socialisti Ségolene Royale, candidata
presidente nel 2007 e sconfitta da Nicolas Sarkozy, e François Hollande, che di questi è
stato il vincitore nel 2012: entrambi sono stati nel passato inviati dal partito in luoghi
affatto periferici – il Poitou-Charentes (“feudo” del gollista Jean-Pierre Raffarin) nell’un
caso, la cittadina di Tulle in Corrèze (nei luoghi d’appannaggio di Jacques Chirac)
nell’altro – per costruire la propria carriera politica.
550 Tornando sull’esempio di cui alla nota precedente, la sera della sua elezione a
Presidente della Repubblica, François Hollande ha atteso i risultati appunto a Tulle,
recandosi poi a Parigi solo a tarda ora.
Celebri anche i casi di Alain Juppé, dal 2007 al 2012 Ministro dell’Ecologia, poi della
Difesa e infine degli Esteri e contemporaneamente sindaco di Bordeaux o di Martine
Aubry, che sindaco di Lille dal 2001 malgrado ormai la sua lunghissima carriera a
livello nazionale.
182
Non è agevole rintracciare, all’interno del trattamento economico complessivo del
deputato, quali parti possano essere sicuramente ascrivibili al rapporto tra questi e il suo
collegio elettorale; tuttavia, parrebbero da annoverarsi in tale categoria alcune delle parti
“ulteriori” rispetto all’indennità parlamentare propriamente detta. Si considerino in
particolare i 6.000 Euro che la ord. n. 58-1210 del 13 dicembre 1958 fissa come contributo
– defiscalizzato – per le spese inerenti al mandato del deputato. Inoltre, almeno a livello
teorico dovrebbero essere considerate come tali le numerose facilitazioni accordate al
deputato quanto a comunicazioni e trasporti: in particolare, si prevede la gratuità delle
comunicazioni telefoniche, della posta e della circolazione ferroviaria, oltre ad un certo
numero di viaggi aerei tra Parigi e il proprio collegio551.
551 Cfr. P. AVRIL – J. GICQUEL, Droit parlementaire, Montchrestien, Paris, 20043, p. 58.
183
IL LOBBYING
SOMMARIO: 1. Lobbying e conflitto d’interesse – 1.1 Chi sono e cosa fanno – 1.2 Due approcci possibili. 2. Criticità:
regali, colloques, missioni, cumulo di mandati, pantouflage e finanziamento della politica. 3. I “cavalli di Troia”:
gruppi di studio, clubs e assistenti parlamentari. 4. L’attuale legislazione francese – 4.1 La deontologia – 4.2 Le
incompatibilità – 4.3 La trasparenza, il sistema di controllo e le sanzioni – 4.4 Le proposte sul tavolo. 5.
Conclusioni e questioni aperte.
1. Lobbying e conflitto d’interesse.
Il concetto di lobbying, non si esaurisce in una semplice nozione, poiché la sua fluidità
intrinseca supera quei contorni legislativi e definitori con cui lo si potrebbe spiegare.
Recentemente, in Francia sono apparsi numerosi studi su questo tema, anche in seguito a
scandali mediatici coinvolgenti personaggi pubblici e all’avvenuta regolamentazione del
settore. A noi interesserebbe comprendere quale relazione si instaura tra il mondo della
politica e il mondo dell’economia e quali effetti generano queste pratiche. In particolare,
vorremmo capire se le attività di lobbying possono essere definite, come sono percepite sul
piano sociale e politico e, infine, in che modo esercitano la loro influenza.
Spesso, si paragona il lobbying al «traffico d’influenza», nonché al conflitto d’interessi,
cioè alla commistione tra le istanze e i bisogni particolari e quelli generali.552 In realtà,
occorrerebbe distinguere meglio queste due fattispecie, seppure siano fra loro interconnesse.
Il conflitto d’interessi infatti, si realizza in un contesto più ampio della mera arena politica,
costituendo un’interferenza tra un mandato di servizio pubblico e l’interesse privato della
persona che concorre all’esercizio di questa missione553. Al contrario, nelle pratiche di
lobbying, il soggetto influenzante e quello influenzato non coincidono, né sono
obbligatoriamente legati da un qualche legame socio-economico. Il lobbying rappresenta
quell’insieme di pressioni volte a favorire degli interessi economici specifici, intervenendo
nel processo di elaborazione, applicazione o interpretazione di leggi, regolamenti o norme
552 Cfr. D.-C. PREVOST-TESTART, Le lobbying ou l’échiquier des pouvoirs.
Méthodologie à l’usage des entreprises, Editions Liaisons, Paris, 1993, pp. 129ss.
553 Cfr. J. GICQUEL, Rapport du déontologue au bureau de l’Assemblée nationale,
«Bureau
de
l’Assemblée»,
in
www.assembleenationale.fr/qui/rapport_deontologue_2012.pdf, 22 febbraio 2012, pp. 3ss.
184
(politcal-market).554 Perciò, in questo caso, una delle due parti è un soggetto politico che,
in cambio di un vantaggio personale, interviene nel processo di formazione dell’interesse
generale, per favorirne uno settoriale. Il concetto stesso di interesse generale rimanda a
specificazioni ulteriori, degne di essere sviluppate; tuttavia, in questa sede, vorremmo
approfondire soprattutto le relazioni che si instaurano tra i decisori politici e le lobby,
quando questi provvedono a regolamentazioni o a provvedimenti che costituiscono
l’obiettivo e il cuore dell’azione politica.
Secondo alcuni, il lobbying costituisce un nuovo modello sociale, politico ed economico,
volto al miglioramento del dialogo esistente tra il settore pubblico e il mondo
dell’impresa.555 Il fine ultimo del lobbying, sarebbe dunque la semplificazione dei rapporti
con il potere politico, l’aumento delle informazioni in possesso della pubblica
amministrazione, l’accrescimento dell’expertise nel settore pubblico e una maggiore
efficacia dell’azione politica. «Le lobbyisme en tant que tel n’est donc qu’un outil
démocratique et légitime lorsqu’il est utilisé avec éthique». 556 Questa visione guarda ai
gruppi di interesse 557 come a soggetti portatori di istanze sempre legittime, nonché
migliorative del testo in discussione. In realtà, presupposta l’utilità di provvedere
all’allargamento della partecipazione dei soggetti coinvolti, la lobby, come dimostreremo
più avanti, persegue puntualmente un fine privato, spesso economicamente soddisfacente e,
il più delle volte, a detrimento di una o più delle altre parti. Inoltre, le lobby costituiscono
dei gruppi chiusi, il cui accesso non è libero, ma vincolato ai rapporti socio-economici
esistenti (es.: status quo, professione, reddito, ecc.). Portando alle estreme conseguenze
questo ragionamento, si rischia però di avere una visione “oltranzista” del fenomeno, che
guarda al lobbying come al premessa di ogni corruzione, manipolazione e scacco del
concetto liberale e democratico di rappresentanza.
Volendo piuttosto considerare il problema sine ira et studio, ci pare interessante
approfondire le criticità del rapporto tra politica e interessi privati, analizzare i gangli
politici dove il lobbying va ad agire ed esaminare quali davvero possano essere le eventuali
“vie d’uscita” alla questione.
o Chi sono e cosa fanno.
554 Cfr. M. RIVAL, Are firms’ lobbying strategies universal? Comparison of lobbying
by French and UK firms, «Workshop en l'honneur de Arndt Sorge, Groningen :
Netherlands (2010)», pp. 1ss.
555 Cfr. C. POLERE, Lobbying : l’influence des groupes d’intérêt s’accroît, et favorise
une transformation de notre modèle démocratique, Millénaire 3 – le Centre Ressources
Prospectives de Grand Lyon, Juin 2007, Lyon, pp. 11ss.
556 P. LESSARD-BLAIS, Lobbyisme, outil imparfait de la démocratie. Lobbyisme et
intérêt public peuvent-il coexister?, Université du Québec, Montréal, 7 mars 2008, p. 2.
557 Sulla distinzione tra lobby, gruppi di pressione, gruppi d’interesse pubblico e
gruppi d’interesse privato rimando a: C. POLÈRE, Lobbying : l’influence des groupes
d’intérêt s’accroît, cit., p. 5; G. SARTORI, Gruppi di pressione o gruppi di interesse?
(Una discussione sul neopluralismo), in Il Mulino, n.87, 1959, p. 42.
185
Il lobbying è caratterizzato da una grande eterogeneità nelle modalità di approccio, negli
obiettivi, nei soggetti coinvolti, nei luoghi scelti e nei tempi d’azione.558 È bene ricordare
però, come la ratio alla base di ogni azione intrapresa dalle aziende sia il rapporto tra i costi
da affrontare e i benefici attesi.
La Francia, concentrando in una sola città il potere economico, politico e finanziario,
favorisce l’azione dei «cabinet de conseil»559, i quali si concentrano principalmente a
Parigi. Questi svolgono pertanto una funzione di ibridazione tra la politica, il mondo
produttivo e l’opinione pubblica (ora i consumatori, ora gli elettori). Il lobbying si muove
innanzitutto sul piano giuridico, cioè quello legislativo e regolatore, quindi a livello politico,
dovendone conoscere le facce e i meccanismi; infine, ha un ruolo centrale la comunicazione:
il lobbying altro non è che marketing politico.560 I suoi fini possono essere raggruppati in
tre macrocategorie, a seconda del grado di «infiltrazione»: articolazione di interessi puntuali
su singole issues, controllo egemonico dell’informazione su una particolare questione,
accesso al potere politico.
Il lobbying tuttavia si contraddistingue come una «tendence lourde», cioè un fenomeno
in crescita, qualitativa e quantitativa, nonché un «veritable atout stratégique», ossia
un’azione complessa, strutturata e organizzata. 561 Esso risponde infatti ad un’esigenza
concreta: da un lato, la crescente complessità del reale costringe i decisori ad un aumento
delle informazioni, delle regole e delle conoscenze tecniche, dall’altro, le attività
economiche, per primeggiare sul mercato, hanno bisogno di prevedere e prevenire le norme
che le istituzioni pubbliche intendono costituire. Questa grande variabilità di scenari, di
contesti e di protagonisti, connota il lobbysta come un mestiere mutevole, che non si limita
ad applicare una regola o a contattare una persona, ma propone soluzioni, agisce sul piano
delle decisioni possibili, tramite lo “scambio” e la “contrattazione”. Si può dunque
affermare che il lobbysta interviene e prolifica laddove si rende difficile creare un contatto,
stabilire un legame, realizzare un dialogo tra un’impresa e un’istituzione. La sua
professionalità, messa al servizio dei privati va ad agire nei contesti più problematici: in
questo senso, i cambiamenti politici, sociali ed economici ampliano l’importanza e il raggio
d’azione del lobbying professionale come strumento di stabilità e continuità.562 In questo
senso, un ulteriore impulso è stato dato dalla decentralizzazione amministrativa francese e
dal processo di integrazione europea che, sebbene rappresentino due tendenze opposte tra
558 Cfr. M. RIVAL, Are firms’ lobbying strategies universal?, cit., pp. 3ss.
559 Queste sono società di comunicazione politica e/o istituzionale; es.: «EuroRSCG
Corporate & Omnium» di Stephane Fouks, «Harrison & Wolf» diretta da Jean-Claude
Boulet e da Jean-Christophe Alquier, «Publici» gestita da Maurice Lévy; cfr. F. AUTRES,
Les manipulateurs : Le pouvoir des Lobbys, Ed. Denoël, Paris, 2003, pp. 89ss.
560 Cfr. H. CONSTANTY, V. NOUZILLE, Des députés sous influences. Le vrai pouvoir
des lobbies à l'Assemblée nationale, éditions Fayard, Paris, 2006, pp. 436ss.
561 Cfr. Service Central de Prévention de la Corruption, Rapport annuel, in
www.justice.gouv.fr/art_pix/Rapport_scpc_1993-94.pdf, settembre 1994, p. 132.
562 Alcuni studiosi ritengono che in Francia il lobbying si sia sviluppato in risposta alla
vague rose, cioè allo choc politico provocato dalla vittoria socialista di Mitterand nel
1981; cfr. F. AUTRES, Les manipulateurs, cit., p. 79.
186
loro, sono entrambe variabili “destabilizzanti” del sistema poiché, togliendo competenze
allo Stato centrale, aumento i centri decisionali e le fonti normative. «Le lobbying vise
surtout à agir sur le pouvoir législatif et réglementaire des Etats».563
La professionalità si accompagna quindi ad una grande trasversalità: i protagonisti del
lobbying non sono soltanto grandi multinazionali, ma ogni azienda, ente o associazione, di
diritto pubblico e privato, che vede in una determinata scelta politica un pericolo per la
propria esistenza o un’opportunità funzionale al proprio successo economico.
Parallelamente, anche in virtù della proliferazione dei centri decisionali, i referenti politici
sono bipartisan, cioè ogni partito o deputato che ha un potere deliberativo o emendativo
sulle singole issues, può essere l’obiettivo delle pratiche di lobbying. In ambito politico
inoltre, non ha importanza il peso del ministero in sé (cioè l’entità della sua dotazione),
quanto piuttosto il settore di cui si occupa e gli interessi che va a toccare.564
Un’importante differenza, sovente dovuta ai diversi, e spesso elevati, costi da sostenere,
sussiste tra il lobbying interno o diretto, cioè rivolto al contatto personale con il soggetto
coinvolto nella decisione politica, e il lobbying esterno o indiretto, cioè realizzato sfruttando
campagne di stampa, manifestazioni, scandali mediatici e il coinvolgimento della pubblica
opinione.565 Il cuore del lobbying, in termini di efficacia, è costituito però sempre dalle
relazioni umane: le reti di conoscenze, la familiarità con gli «usi e costumi» della politica, i
contatti più o meno diretti con le varie personalità della scena pubblica. Queste «relazioni
amicali» talvolta sono sembrate alquanto opache e ambigue, soprattutto quando hanno
coinvolto personalità di spicco del Governo e dell’imprenditoria nazionale.566 Anche per
questa ragione, prima della regolamentazione (2009, vedi infra), i parlamentari erano molto
restii a parlare della presenza dei lobbisti presso l’Assemblée Nationale. In realtà, la loro
presenza era nota a tutti, come testimoniato da alcuni reportage, 567 ma la generale
«discrezione» spingeva a camuffarli come assistenti o consulenti politici.
563 C. POLERE, Lobbying : l’influence des groupes d’intérêt s’accroît, cit., p. 4.
564 Ad esempio il ministero dell’Ecologia, sebbene abbia a propria disposizione pochi
fondi, va a regolamentare la materia ambientale, riguardante gli interessi di industrie
pesanti, chimiche, dell’autoveicolo e di tutto il loro indotto; cfr. T. COSTE, Un bon
lobbyiste doit être un bon espion avant d'être un manipulateur, «L’internaute», in
www.linternaute.com/actualite/interviews/06/thierry-coste/chat-thierry-coste.shtml, 13
aprile 2006.
565 Cfr. C. POLERE, Lobbying : l’influence des groupes d’intérêt s’accroît, cit., p. 5.
566 Su tutte, l’amicizia che lega Vincent Bolloré e Arnaud Lagardère a Nicolas Sarkozy
è stata oggetto, a più riprese, delle attenzioni della stampa, che ha denunciato i ricchi
“favori” e i “regali” intercorrenti tra il politico e i due noti uomini d’affari; cfr. A.
ROJKOV, Wulff : et la vie des autres en Europe ?, «Cafèbabel.com. Le magazine
européen», in www.cafebabel.fr/article/40334/wulff-et-la-vie-des-autres-en-europe.html,
20 febbraio 2012.
567 Cfr.: N. BOURGOUIN, Les lobbies au cœur de la République, documentario di
«Canal +» e «Planet», 2006, disponibile su video.google.fr/videoplay?docid=7478174410226565624&hl=fr; C. CHIROUX, L'enquête du 20h. Le pouvoir des lobbies,
187
Volendo semplificare il panorama, si possono individuare due classi di attori del
lobbying: da un lato le aziende in senso stretto, che agiscono individualmente o tramite
corporazioni di settore; dall’altro lato le società di consulenza, vere e proprie agenzie
professioniste di lobbying. 568 Il problema che sollevano queste società è strettamente
legato al fatto che i loro legami personali o professionali con la politica potrebbero
presupporre una convergenza tra controllori e controllati, svilendo o addirittura bypassando
la naturale rappresentanza parlamentare.569
La recente normazione francese è perciò figlia anche del grande battage mediatico
suscitato da vari episodi che, nel corso degli ultimi anni, hanno evidenziato la diffusione
delle pratiche lobbistiche. Già alla fine degli anni ’90 se ne vide l’insorgenza, quando la
Pepsi adottò una serie di misure per fare pressioni sul ministro dell’Economia francese,
nonché sul Conseil de la concurrence, per tutelare la sua quota di mercato francese.570
Tuttavia bisogna aspettare il 2005, quando «l’irruzione» a Palais Bourbon delle major
Virgin e Fnac, destò vero scandalo tra i deputati e compromise l’esito della Loi DADVSI,
che tuttavia venne approvata proprio in linea con le richieste dell’industria multimediale.571
Il fenomeno coinvolse anche società pubbliche e partecipate: il progetto di legge
autorizzante la fusione tra Suez e Gaz de France, venne «favorito» da alcuni biglietti per i
«TF1», 9 gennaio 2012, disponible su videos.tf1.fr/jt-20h/l-enquete-du-20h-le-pouvoirdes-lobbies-6924249.html.
568 Una delle più celebri è la società parigina «Perroquet Institutionnel Communication
(PIC) Conseil», fondata nel 1996 da Steven Zunz, Stéphan Denoyés Frédéric Lefebvre.
I primi due sono infatti ex-assistenti parlamentari, mentre Lefebvre, già stretto
collaboratore di Sarkozy, in seguito è diventato prima deputato (2007-2009) e poi
membro del Governo Fillon III (2010). Un’altra famosa società è quella fondata da
Thierry Coste, «Lobbying et Stratégies», che salì alla ribalta nel 2002 quando,
occupandosi della campagna presidenziale del partito CPNT, riuscì a fargli ottenere ben
1.204.689 di voti (il 4,23 % dei suffragi); inoltre Coste era uno dei «assistants de
complaisance», cioè un finto collaboratore parlamentare in possesso di un badge
d’accesso all’Assemblée. Cfr. T. COSTE, Le vrai pouvoir d'un lobby, Bourin Editeur,
Paris, 2006, p. 314.
569 Cfr. C. PLANCHARD, Interview de Patrick Beaudouin: "Tout le monde fait du
lobbying",
«L'internaute»,
in
www.linternaute.com/actualite/savoir/06/lobbiesfrance/interview.shtml, 2009.
570 Alla Coca-Cola venne contestato l’abuso di posizione dominante e l’acquisizione
della società francese Pernod-Ricard non fu autorizzata; cfr. F. AUTRES, Les
manipulateurs, cit., pp. 111ss.
571 Le due società fecero una dimostrazione di download legale nella Salle des quatre
colonnes, regalando anche una carta prepagata di 9.99€ ad ogni deputato; la Loi n°
2006-961, fu adottata poi il 30 giugno 2006; cfr. H. CONSTANTY, V. NOUZILLE, Des
députés sous influences, cit., pp. 155ss.
188
mondiali di calcio regalati a una ventina di deputati.572 Un caso analogo si verificò nel
2007, quando numerose corporation (fra cui TF1 e France Télécom) offrirono ad alcuni
deputati posti gratis per le partite del mondiale di rugby, nei settori «Vip» degli stadi.573
Questa azione, sebbene priva di una finalità particolare o imminente, si inseriva in un
quadro di «avvicinamento» alla politica, per «sensibilizzarne» gli orientamenti.
Il «caso armeno» invece rivelò come il lobbying economico talvolta si possa sostituire a
un deficit politico-diplomatico del Governo. Le imprese transalpine (capitanate dal Medef)
riuscirono infatti a non far inserire il reato di negazionismo del genocidio armeno nel codice
penale francese, per non urtare i turchi e difendere i propri interessi commerciali.574 Sempre
sul fronte del bilanciamento tra principi etici e realismo della politica, si inseriscono le
operazioni di lobbying delle industrie del tabacco, dell’alcol e del nucleare. Sebbene siano
scientificamente provati e universalmente conosciuti i pericoli per la salute generati dal core
business di queste imprese, le battaglie sull’imposizione fiscale, la pubblicità o i
finanziamenti pubblici, hanno da sempre rappresentato fonte di grandi contrasti, e pressioni,
in Assemblée.575
Un’altra fonte di «giochi di potere» interni all’Assemblée è costituita da tutti quei settori
economici che dipendono in misura massiccia dai finanziamenti statali. In primo luogo
sicuramente si colloca la sanità pubblica che, per la quantità di risorse allocate è sempre
oggetto di grandi pressioni politiche di parte.576 Un secondo settore molto legato allo Stato
è la difesa: sebbene rappresenti una lobby molto forte per le risorse finanziarie di cui
dispone, è altresì debole, vista la sua quasi totale dipendenza dalle commesse pubbliche.577
572 L’episodio avvenne nell’estate 2006; la Loi n° 2006-1537 del 7 dicembre 2006,
permise la privatizzazione di GDF. Il processo di fusione, GDF-Suez iniziò il 3
settembre 2007; cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Gaz_de_France.
573 Cfr. D. SERVENAY, Députés tous frais payés au Mondial de rugby, «Rue89», in
www.rue89.com/2007/09/16/deputes-tous-frais-payes-au-mondial-de-rugby,
16
settembre 2007.
574 Il genocidio in sé era già stato riconosciuto, con molte difficoltà, nel 2001, ma la
seduta del 18 maggio 2006, in cui si sarebbe dovuta svolgere la votazione sulla legge
sanzionante i negazionisti, fu interrotta e non più ripresa; cfr. H. CONSTANTY, V.
NOUZILLE, Des députés sous influences, cit., pp. 199ss.
575 Gli interessi in gioco vedono confrontarsi da un lato la tutela della salute, dall’altro
le grandi somme provenienti dalla tassazione del tabacco, necessarie per finanziare la
spesa pubblica, o le pressioni delle confederazioni agricole e dalle comunità territoriali
di produzione vinicola, nonché l’occupazione connessa a queste industrie e i loro indotti;
cfr. H. CONSTANTY, V. NOUZILLE, Des députés sous influences, cit., pp. 279ss.
576 Il documento di finanziamento annuale della sicurezza sociale (PLFSS) deve
rispondere alle richieste, spesso contrastanti, delle varie corporazioni: ospedali, farmacie,
infermieri, medici, laboratori di ricerca, settore agro-alimentare e parafarmaceutico; cfr.
H. CONSTANTY, V. NOUZILLE, Des députés sous influences, cit., pp. 245ss.
577 La famiglia Dassault, leader dell’industria militare francese, ha da tre generazioni
un rappresentante in Assemblée; anche le organizzazioni di settore Gifas e CEIS, grazie
al think-tank «université d’été de la défense» fanno sentire il loro peso in sede di
189
Ad oggi578, nei registri dei questori dell’Assemblée Nationale sono iscritti 152 enti di cui:
21 associazioni, 5 autorità amministrative, 31 imprese private, 58 organizzazioni
professionali (ordini,sindacati, corporazioni,…), 24 organismi pubblici, 16 società di
consulenza.
o Due approcci possibili.
Il legislatore francese, nel momento in cui ha scelto di provvedere alla regolamentazione
del lobbying, aveva come modelli a cui fare riferimento, essenzialmente due esempi
nazionali. Il primo, quello americano, è fondato sulla logica liberista e sulla totale
trasparenza: lascia libero spazio ai “corpi intermedi” perché intervengano pubblicamente in
maniera più o meno diretta nelle scelte politiche e nelle decisioni dei parlamentari. Sul lato
opposto, si colloca il modello europeo, in cui la politica diffida delle influenze esterne,
reputandole un’ingerenza nella ricerca dell’interesse generale e tende a limitare e restringere
il più possibile il loro campo d’azione. Entrambi gli approcci comportano vantaggi e difetti:
se infatti il libero mercato delle lobby rischia di essere una negoziazione tra di diritti tra
classi sociali o, al peggio, tra interessi privati e bene comune, al contrario l’estromissione
formale della partecipazione al processo decisionale, rischia di fomentare fenomeni
corruttivi e un disallineamento tra il paese legale e il paese reale.
Nella rappresentazione reale degli interessi perciò, lo Stato non è assente ma, al contrario,
stabilisce le regole del gioco, cioè il quadro giuridico di riferimento, e le fa rispettare ai
contendenti. Un ruolo essenziale in questo modello, è costituito però dai «contro-poteri»,
cioè dai meccanismi di bilanciamento necessari ai cittadini per un controllo efficace della
vita pubblica: la totale trasparenza delle operazioni, una stampa libera e mordace, un etica
politica molto rigida.579 Tuttavia, bisogna sempre tenere a mente che «When no regulation
exists, only the “strongest” and “most experienced” (collective actors) are likely to achieve
discussione della «Loi de Programmation Militaire»; cfr. H. CONSTANTY, V. NOUZILLE,
Des députés sous influences, cit., pp. 377ss.
578 Dati aggiornati ad aprile 2012, consultabili su: www.assembleenationale.fr/representants-interets/liste.asp. L’Assemblée Nationale è stata sciolta il 7
marzo 2012 in previsione delle elezioni legislative del 10-17 giugno 2012.
579 Secondo la «teoria dell’apparenza», il deputato deve fornire un immagine di sé
indipendente e onesta per ricevere la fiducia dell’elettorato e del partito; a ciò si associa
un sistema di regole comportamentali molto rigido (il manuale etico del Congresso è di
456 pagine) e organi sanzionatori molto severi (Select Commitee on Ethics e Standars
Committee) che si applicano a tutti gli attori politici e para-politici; infine i regolamenti
parlamentari prevedono per i deputati forme di incompatibilità molto ampie e l’obbligo
di regolari dichiarazioni d’interesse. Cfr. J.-J. HYEST, A. ANZIANI, N. BORVO COHENSEAT, [et al.], Rapport d’information fait au nom de la commission des lois
constitutionnelles, de législation, du suffrage universel, du Règlement et
d'administration générale par le groupe de travail sur les conflits d’intérêts, n° 518,
«Sénat», 12 maggio 2011, pp. 33ss.
190
their aims». 580 La rappresentazione virtuale degli interessi al contrario, vede l’interesse
generale come una sintesi suprema, che non coincide con la mediazione tra le istanze
particolari. Questo approccio, tipicamente del continente europeo, presenta una serie di
debolezze sia sul piano delle regole, sia sul concetto stesso di conflitto d’interesse, inteso
staticamente e non come comportamento sempre in divenire. Infine, sul fronte parlamentare,
l’orientamento generale è stato quello di lasciare una gran libertà al deputato, con sanzioni
disciplinari pronunciate sui singoli casi, laddove emergessero.581 «Les Etats européens ont
eu la tendance à considérer le conflit d’intérêts comme une anomalie, comme une déviance
grave à la quelle il convenait de répondre par la sanction, et non par la prévention».582
In virtù della tradizione fedele a Rousseau, sulle modalità di formazione della «volonté
générale», e seguendo un modello politico «étatiste», la Francia ha optato per una
regolamentazione centralizzata (vedi infra). Al contrario, il modello di lobbying prevalente,
data la sua frammentazione amministrativa, e la tipicità delle aziende francesi583, è quello
«a dispersione»: «France has 8,704 municipalities, 95 provinces and 20 regions, compared
to just 490 local administration units in the UK. This fragmentation of French territory
complicates management of local issues by the State and reinforces the value of local
lobbying for French firms».584
2. Criticità: regali, colloques, missioni, cumulo di mandati, pantouflage e finanziamento
della politica
«Matchs, expositions, dîners ou déjeuners : les petits cadeaux aux parlementaires
s’étalent toute l’année. De plus en plus nombreux, alors que l’Assemblée nationale tente de
juguler le phénomène». 585 L’abitudine di fare dei regali ai deputati, per le festività o in
particolari occasioni (donazioni in natura o benefit di vario tipo), è in voga da parte di molte
società, pubbliche e private. 586 Questo comportamento assolve il fine di stabilire e
rinforzare i legami tra il mondo dell’impresa e la politica: si instaurano dei rapporti
particolari per la «battaglia politica», soprattutto con i deputati presenti nelle singole
Commissioni parlamentari. Per lo stesso motivo, sono frequenti anche gli inviti a spettacoli
580 M. RIVAL, Are firms’ lobbying strategies universal?, cit., p. 17.
581 Cfr. J.-J. HYEST, A. ANZIANI, N. BORVO COHEN-SEAT, [et al.], Rapport
d’information, cit., pp. 45ss.
582 J.-J. HYEST, A. ANZIANI, N. BORVO COHEN-SEAT, [et al.], Rapport d’information,
cit., p. 45.
583 La struttura dell’imprenditoria transalpina denota una grande differenziazione tra i
vari core business e una grande vocazione internazionalistica (export molto sviluppato).
584 M. RIVAL, Are firms’ lobbying strategies universal?, cit., p. 17.
585 D. SERVENAY, Dîners, spectacles : les lobbies et leurs cadeaux aux députés,
«Rue89», 26 Giugno 2010, in www.rue89.com/2010/06/26/diners-spectacles-leslobbys-et-leurs-cadeaux-aux-deputes-156503.
586 Cfr. D. SERVENAY, Lobbying : que les députés rendent leurs cadeaux!, «Rue89», in
www.rue89.com/2009/05/28/lobbying-que-les-deputes-rendent-leurs-cadeaux,
28
maggio 2009.
191
di intrattenimento (sport, teatro, ecc.), così come gli inviti a pranzi e cene presso ristoranti
parigini di lusso, in cui i deputati possono dialogare direttamente con membri del Governo o
con esperti di varie materie, per discutere i temi fissati sull’agenda politica.587
Un posto di rilievo ce l’hanno però i cosiddetti colloques, che non si esauriscono nella
sola convivialità estemporanea, ma spesso rappresentano appuntamenti fissi, rinnovati di
anno in anno, e ormai entrati a far parte delle tradizioni parlamentari. Questi incontri infatti,
costituiscono una delle principali modalità attraverso cui le imprese, gli esperti del settore e
i deputati politicamente attivi su determinate materie, si riuniscono per ampliare la loro rete
di contatti, rinsaldare i rapporti già esistenti e costruire relazioni più stabili. I colloques si
configurano come uno strumento di soft power, cioè d’influenza indiretta: l’impresa,
singolarmente o in accordo con altre, finanzia i costi dell’incontro (affitto della sede, pasti,
pubblicità, ecc.), mentre il deputato ha l’occasione di dialogare contemporaneamente con
più personalità in un clima informale, nonché formare dei gruppi tematici poi all’Assemblée
(vedi infra). Il problema che sollevano queste pratiche, in sé legali, riguarda la tutela del
pluralismo: essendo basati su invito, i colloques non prevedono espressamente un confronto
di idee equilibrato ma rispondo a precise esigenze dei finanziatori. Inoltre, il luogo stesso in
cui si svolgono ha suscitato da sempre molte polemiche: è proprio Palais Bourbon infatti, la
sede dell’Assemblée, a ospitare la stragrande maggioranza dei rendez-vous, quasi a
conferirne una certa ufficialità, seppure non formale.588 Infine, sebbene l’affitto delle sale
debba essere effettuato dai singoli deputati, tramite il placet del presidente del proprio
gruppo politico, tutta la parte organizzativa è delegata alle società di consulenza politica,
che offrono veri e propri pacchetti alle imprese interessate, le quali provvedono
esclusivamente a pagarne i costi.589
Un altro oggetto di frequenti polemiche sono le «missioni», cioè i viaggi all’estero dei
deputati finanziati dai vari gruppi d’interesse. Questa forma di diplomazia «economicoparlamentare» può ricoprire diverse finalità: politiche (mantenere o rinforzare le relazioni
tra la Francia e alcuni paesi stranieri), economiche (siglare accordi commerciali,
promuovere le imprese francesi all’estero, fornire supporto alla delocalizzazione avvenuta
in loco, ecc.) oppure meramente amicali e relazionali. Anche in questo caso, la pratica
costituisce certamente una modalità d’influenza indiretta, un modo per «huiler les rouages»,
cioè facilitare gli scambi tra i deputati e gli «sponsor». Il viaggio spesso prevede visite a siti
industriali e incontri con personalità di spicco dell’economia e della politica locale,
587 Cfr. D. SERVENAY, Comment lutter contre les lobbys qui assaillent les députés ?,
«Rue89»,
in
www.rue89.com/2008/10/15/comment-lutter-contre-les-lobbys-quiassaillent-les-deputes, 15 ottobre 2008.
588 Sul punto è intervenuto recentemente anche il Bureau de l’Assemblée; cfr.
Convocations et comptes rendus des réunions du Bureau de l'Assemblée nationale,
Réunion du 22 février 2012, «Assemblée Nationale», in http://www.assembleenationale.fr/13/agendas/cr-bureau.asp#22022012
589 I costi variano in funzione dei contenuti, del numero degli invitati, del calibro degli
interventi e infine dallo spazio, fisico e programmatico, richiesto dall’impresa stessa;
nel 2006 i pacchetti oscillavano da un minimo di 11.500€ ad un massimo di 23.000€ ;
cfr. H. CONSTANTY, V. NOUZILLE, Des députés sous influences, cit., pp. 325ss.
192
costituendo una sorta di diplomazia informale, che talvolta anticipa quella di Stato. Al
contrario, i viaggi ufficiali finanziati dall’Assemblée sono strettamente regolati sia sul piano
economico, sia su quello programmatico.590
Un problema di particolare rilievo, emerso negli ultimi anni in Francia, riguarda il
pantouflage, cioè il passaggio di alti funzionari della Pubblica Amministrazione, diplomati
all’ENA o all’Ecole Polytechnique, al settore privato. Secondo alcuni, è fonte di un rilevante
conflitto d’interessi, andando a sviluppare una certa confusione tra il business privato e
l’interesse generale, tra l’impresa e la politica in senso lato. Si aggiunga che, spesso, la
politica stessa, attraverso i partiti, costituisce poi la meta finale di questo percorso.591 Uno
studio recente ha notato tuttavia come le dimissioni vere e proprie dal settore pubblico siano
in numero ridotto, e come quest’ultimo sia preferito, anche per motivi economici.592
Un’altra peculiarità della politica francese è costituita dai cosiddetti cumulards, cioè i
deputati che posseggono più di un mandato, elettivo o meno, in seno all’amministrazione
pubblica. In particolare, si tratta prevalentemente di deputati che sono anche sindaci di
piccoli comuni o consiglieri di qualche ente locale. Proprio questo aspetto, mette in
discussione il ruolo del parlamentare come rappresentante della Nazione: c’è un pericolo
infatti che siano rappresentate le clientele locali e gli interessi di circoscrizione rispetto alla
cura del bene comune. «Le local, encore le local, toujours le local : les députés n’ont que ce
mot-là à la bouche. C’est souvent l’alpha et l’oméga de leur mandat, au point qu’il se
confond à leurs yeux avec l’intérêt général». 593 In effetti, «le clientélisme local paie»: i
deputati ricevono una maggiore legittimazione, mediatica e politica, nel momento in cui
difendono le istanze locali o di piccoli gruppi; qualcuno infatti li ha definiti gli «assistenti
sociali» della loro circoscrizione. «Les lobbies ont bien compris le bénéfice à tirer de cette
attention de tous les instants que portent les députés aux problématiques locales. Les mieux
organisés d’entre eux savent que, pour être efficace, mieux vaut d’abord mobiliser tous les
relais locaux possible, avant d’engager une action nationale».594 L’interrogativo che ci si
pone è se essi costituiscano un problema o una risorsa: a cosa danno la priorità e quali
vantaggi ne traggono in termini di informazioni, voti ed emolumenti? Le statistiche ci
dicono che, nell’ultima legislatura, su 577 deputati595: 73 avevano un solo mandato, 332
ricoprivano due mandati, 148 rivestivano tre mandati, 23 beneficiavano di quattro mandati.
590 Cfr. H. CONSTANTY, V. NOUZILLE, Des députés sous influences, cit., pp. 405ss.
591 Un caso esemplare è rappresentato da Noëlle Lenoir, la cui carriera ha visto un
continuo intrecciarsi tra funzioni amministrative, ruoli politici, cariche istituzionali e
infine la professione legale. Cfr. F. AUTRES, Les manipulateurs, cit., pp. 101ss.
592 Cfr. B. BOUZIDI (THEMA), R. GARY-BOBO (CREST), T. KAMIONKA, (CNRS,
CREST), A. PRIETO (CNRS, CREST), Le pantouflage des «énarques» : une première
analyse statistique, Université de Cergy-Pontoise, Deuxième version, in http://ces.univparis1.fr/membre/Gary-Bobo/Enarques4bis.pdf, 3 gennaio 2011.
593 H. CONSTANTY, V. NOUZILLE, Des députés sous influences, cit.,, p. 135.
594 H. CONSTANTY, V. NOUZILLE, Des députés sous influences, cit.,, p. 146.
595 XIII legislatura (2007-2012); per mandati s’intende: municipale, parlamentare,
consigli regionali, collectivités locales; cfr. J.-M. AYRAULT, Cumul des mandats : notre
classement des députés, «Le Post» e «Le Monde.fr», in http://archives-
193
Un ultimo aspetto critico, a cui accenniamo soltanto, riguarda il finanziamento delle
campagne elettorali. La disciplina è stata strettamente inquadrata di recente, sia sul piano
della trasparenza, sia sul «plafonnage», cioè il limite massimo di spese elettorali, suddiviso
per tipo di elezione e ampiezza della circoscrizione. Inoltre, tutti i candidati devono
presentare un «compte de campagne», cioè un rendiconto delle spese con tutta la
documentazione annessa, alla Commission nationale des comptes de campagne et des
financements politiques (CNCCFP). Quest’ultima è un’autorità amministrativa indipendente
costituita da membri designati dalle più alte magistrature; essa provvede ai controlli e, nel
caso, alle sanzioni, avendo anche ampia autonomia d’indagine.596
3. I “cavalli di Troia”: gruppi di studio, clubs e assistenti parlamentari.
«Le lobbying s’est infiltré dans toutes les voies d’accès possibles au cœur des lieux de
pouvoir. Bien que officiellement proscrit, il a profité du flou de règlements et des usages
pour devenir omniprésent».597 Al di là delle varie tecniche d’influenza598, alcune delle quali
abbiamo cercato di illustrare nel paragrafo precedente, sussistono almeno altri tre livelli sui
quali una lobby può agire per interferire nel processo decisionale: la proliferazione dei
«groupes d’études», la moltiplicazione dei «clubs parlementaires» e infine il reclutamento
degli assistenti.
I gruppi di studio 599 , sebbene circoscritti nei limiti dell’art. 23 del Regolamento
dell’Assemblée che impedisce la formazioni di gruppi difendenti interessi particolari,600
sono molto numerosi, sia per la facilità di formazione, sia per la volontà dei deputati di
lepost.huffingtonpost.fr/flash/2009/10/06/1728813_cumul-des-mandats-notreclassement-des-deputes.html, 6 ottobre 2009.
596 Per i deputati, il tetto di spesa è di 38.000€, maggiorato di 0,15€ per ogni abitante
della circoscrizione; lo Stato prevede un rimborso forfettario relativo al 47,5% delle
spese effettuate, per coloro che rispettano pedissequamente le regole previste dal codice
elettorale e ricevono più del 5% dei consensi al primo turno; cfr. Code électoral, artt.
L52-4 – L52-18, in http://droit-finances.commentcamarche.net/legifrance/17-codeelectoral/51161/financement-et-plafonnement-des-depenses-electorales.
Sulla
Commission nationale des comptes, cfr. www.cnccfp.fr/.
597 H. CONSTANTY, V. NOUZILLE, Des députés sous influences, cit., p. 153.
598 Cfr. M. CABON, Le Kamasutra du lobbying. Regard sur dix techniques d’influence
modernes, «Lobbycratie», in www.lobbycratie.fr/2010/01/22/le-kamasutra-du-lobbyingregard-sur-dix-techniques-d%E2%80%99influence-modernes/, 22 gennaio 2010.
599 Cfr. H. CONSTANTY, V. NOUZILLE, Des députés sous influences, cit., pp. 217ss.
600 « Est interdite la constitution, au sein de l'Assemblée nationale, dans les formes
prévues à l'article 19 ou sous quelque autre forme ou dénomination que ce soit, de
groupes de défense d'intérêts particuliers, locaux ou professionnels et entraînant pour
leurs membres l'acceptation d'un mandat impératif.
Est également
interdite la réunion dans l'enceinte du Palais de groupements permanents, quelle que soit
leur dénomination, tendant à la défense des mêmes intérêts. ».
194
riunirsi in sedi meno formali. Nell’ultima legislatura, hanno raggiunto quota 124601: essi
coltivano finalità estremamente eterogenee e per la loro costituzione è sufficiente
l’«agrément» del Bureau de l’Assemblée che, consultate le Commissioni parlamentari
permanenti competenti, designa il gruppo politico al quale è attribuita la presidenza. A
seguito della formazione del gruppo, il Bureau appura il rispetto dell’articolo 23 del
Regolamento, potendo indagare sulle sue attività e prevedere sanzioni (fino al ritiro
dell’«agrément»). I vantaggi che i deputati traggono dai gruppi di studio, oltre ad alcuni
servizi (un funzionario con compiti di segretario e la disponibilità delle sale per le riunioni),
risiedono principalmente nel poter lavorare in maniera informale ma approfondita su una
pluralità di temi, costituendo di fatto una sotto-commissione parlamentare, seppure non
ufficiale. D’altra parte, l’accusa che viene rivolta a questi gruppi riguarda l’assenza di
trasparenza: essi nasconderebbero in realtà una modalità di espressione delle lobby. «Les
contrôle des groupes d’études est d’autant plus délicat que la plupart de leur activités –
auditions, missions, visites, voyages – ne sont ni répertoriées ni rendues publiques». 602
Alcuni sostengono addirittura che l’efficacia e il successo dei singoli gruppi, misurabile
attraverso il grado di attivismo, sia direttamente proporzionale proprio al peso delle singole
lobby sottostanti: «ils permettent aux groupes d’intérêts de disposer d’interlocuteurs
désignés au Palais-Bourbon et d’une caisse de résonance pour leur revendication».603
I «clubs parlementaires» 604 invece, sono una forma di colloques che però non è né
mediatizzata, né aperta al pubblico. I clubs sono interamente finanziati dalle imprese e
riguardano politiche di settore molto specifiche (OGM, nucleare, nanotecnologie, ecc.); per
questa ragione coinvolgono un numero di deputati selezionato e i loro incontri hanno una
certa periodicità605. C’è da sottolineare come questi, al pari dei colloques e dei gruppi di
studio, costituiscano uno strumento di carriera politica interna all’Assemblée: l’assunzione
di posizioni di vertice in questi organismi para-politici permette un certo riconoscimento e
un rafforzamento di quel soft power, essenziale nelle relazioni istituzionali e politiche.
L’ultimo ed importate strumento d’ingerenza che le lobby posseggono per addentrarsi
nel cuore della decisione politica, è rappresentato dagli assistenti parlamentari. Definiti
«l’anello debole» 606 , essi rappresentano la vera forza motrice dei lavori dei deputati.
Statistiche recenti sostengono che sono circa duemila, ma lo statuto degli assistenti,
modificato nel 2009 607 , consente ad ogni deputato di regolarizzare fino a cinque
collaboratori personali, totale a cui bisogna aggiungere i vari funzionari dell’Assemblée, gli
assistenti dei gruppi politici e quelli delle cariche istituzionali. Tuttavia, al di là del mero
aspetto numerico, il punto problematico riguarda il vero ruolo che essi ricoprono, nonché la
601 Cfr. www.assemblee-nationale.fr/qui/xml/ge_alpha.asp?legislature=13, sito
consultato il 12 maggio 2012.
602 H. CONSTANTY, V. NOUZILLE, Des députés sous influences, cit., p. 221.
603 H. CONSTANTY, V. NOUZILLE, Des députés sous influences, cit., p. 219.
604 Cfr. H. CONSTANTY, V. NOUZILLE, Des députés sous influences, cit., pp. 343ss.
605 Paul Boury, iniziò questa pratica nel 1987, tramite la sua società di comunicazione
Boury & Associés.
606 Cfr. H. CONSTANTY, V. NOUZILLE, Des députés sous influences, cit., pp. 175ss.
607 Cfr. www.assemblee-nationale.fr/connaissance/assistants.asp#collab.
195
loro deontologia professionale.608 Come hanno svelato varie inchieste, le lobby cercano
sempre più spesso di «ingaggiare» assistenti parlamentari per utilizzarne l’expertise, i
contatti personali e le informazioni, spesso confidenziali, di cui questi sono in possesso.609
«Rien ne remplace la présence et les contacts». 610 In particolare, procedure come la
«distribution», con cui i deputati ripartiscono il carico di lavoro con gli assistenti, possono
configurarsi come uno strumento attraverso il quale le lobby ottengono informazioni e
propongono spunti sugli emendamenti da presentare. Al di fuori del plafond previsto dallo
statuto poi, i deputati possano «assumere» volontari in qualità di loro collaboratori; questi
godono dell’accesso all’Assemblée, agli uffici e alle informazioni, al pari degli assistenti.
Un altro metodo d’azione delle lobby, a cui abbiamo già accennato, è la «veglia
parlamentare», cioè il controllo, per conto di un soggetto esterno, di tutto cioè che accade
all’Assemblée: domande scritte o orali presentate al Governo, riunioni programmate delle
Commissioni, proposte e progetti di legge, interventi dei deputati, emendamenti presentati,
relatori designati, ecc. La domanda che ci si pone, è se gli assistenti siano davvero degli
aiutanti dei parlamentari o piuttosto se rappresentino delle «orecchie attente» e degli
interlocutori per le lobby. Se infatti da un punto di vista deontologico si può parlare
d’incompatibilità assoluta tra il mestiere di assistente e quello di lobbista, in funzione
dell’evidente conflitto d’interessi, sul piano legale ciò non è espressamente vietato, poiché
gli unici limiti posti dallo statuto riguardano le regolarità contrattuali.
4. L’attuale legislazione francese.
Premesso che la legge in sé non può essere garante della probità dei cittadini né dei
deputati, tuttavia può intervenire su una serie di aspetti che, come abbiamo visto, vanno ad
interferire nel processo decisionale. In questo senso, un codice di deontologia professionale,
incompatibilità funzionali e un rigoroso sistema di controlli e sanzioni, possono risultare
degli strumenti efficaci per ridurre le «tentazioni» parlamentari e aumentare la fiducia dei
cittadini nelle istituzioni. Per queste ragioni, il Parlamento francese ha fissato, delle nuove
regole sia in materia di ineleggibilità, sia in materia d’incompatibilità parlamentare, sia sul
fronte della trasparenza611:
608 Nel 2005 uno scandalo coinvolgente il MNEF aveva rivelato i cosiddetti «emplois
fictifs», cioè collaboratori solo formalmente alle dipendenze del deputato ma pagati da
aziende terze; cfr. H. CONSTANTY, V. NOUZILLE, Des députés sous influences, cit., pp.
183ss. Per lo stesso reato è stato coinvolto e condannato, in un altro processo, l’expresidente
Jacques
Chirac
(2011)
cfr.
http://fr.wikipedia.org/wiki/Affaire_des_emplois_fictifs_de_la_mairie_de_Paris
609 Cfr. N. BOURGOUIN, Les lobbies au cœur de la République, cit..
610 H. CONSTANTY, V. NOUZILLE, Des députés sous influences, cit., p. 181.
611 Cfr. «Loi organique n° 2011-410 relative à l’élection des députés et des sénateurs»,
in
www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000023877019&dateText
e=&categorieLien=id, 14 aprile 2011.
196
•
L’obbligatorietà per i deputati di presentare due dichiarazioni patrimoniali alla
Commission pour la transparence financière de la vie politique612: una due
mesi dopo l’entrata in funzione e l’altra un mese prima della fine del mandato; la
mancata presentazione e/o il suo contenuto menzognero sono sanzionati dalla
stessa Commissione con ammende e/o sanzioni civili e penali, fino alla
sospensione dall’incarico.
• Il Conseil constitutionnel può dichiarare ineleggibile il deputato che ha superato
le soglie di spesa per la campagna elettorale (vedi supra) o non ha presentato il
rendiconto, (o se questo è fraudolento); in tal caso il deputato è dichiarato
dimissionario d’ufficio.
• Entro un mese dalla nomina, ogni deputato è tenuto a presentare una
dichiarazione di interessi al Bureau de l’Assemblée che certifichi, sul suo onore,
l’esatta e sincera lista delle attività professionali o di interesse generale, anche
non rimunerate, che intende conservare; ogni cambiamento intervenuto nel corso
del mandato deve essere segnalato. Nei casi di dubbi sull’incompatibilità,
presente o sopravvenuta, delle attività con il mandato parlamentare, il Bureau, il
ministro della giustizia o il deputato stesso si rivolgono al Conseil constitutionnel
che, qualora ne riscontri la veridicità, dà trenta giorni di tempo al deputato per
porvi rimedio, pena la dimissione d’ufficio.
Per quanto riguarda il regolamento dell’Assemblée Nationale invece, l’articolo 79 vieta
ad ogni deputato di avvalersi del proprio status di parlamentare in imprese private o
nell’esercizio di professioni liberali o ancora di usare il proprio titolo per motivi eccedenti
l’esercizio del mandato. Analogamente, al deputato è fatto divieto di aderire ad associazioni
o a gruppi che difendono interessi particolari, locali o professionali, o sottoscrivere degli
impegni nei loro confronti, concernenti la propria attività di parlamentare, nel caso in cui
questa adesione implichi un vincolo di mandato imperativo.613
Più recentemente poi, il Bureau de l’Assemblée ha adottato una serie di provvedimenti
volti a prevenire i conflitti d’interesse, in particolare con una regolamentazione dei
rappresentanti d’interesse.614 Questi, qualora intendano accedere all’Assemblée, devono
registrarsi al Bureau, fornendo informazioni relative alla propria attività e agli interessi che
intendono difendere, firmando altresì il codice di condotta previsto.615 Il badge d’accesso
ha una validità giornaliera e non ne può essere concesso più di uno per ogni ente registrato;
in caso di violazione del codice, il Bureau si riserva il diritto di sospendere o cancellare tali
soggetti dal registro.616
612 Cfr. www.commission-transparence.fr/.
613 Cfr. art. 79, Règlement de l’Assemblée Nationale, in www.assembleenationale.fr/connaissance/reglement.asp#rgt_79.
614 Cfr. riunione del Bureau del 2 luglio 2009, www.assembleenationale.fr/13/agendas/cr-bureau.asp#020709.
615 Cfr. www.assemblee-nationale.fr/representants-interets/#code.
616 Anche al Sénat, è stata approvata, con decisione del 9 novembre 2010, l’istituzione
di un registro pubblico dei rappresentanti dei gruppi d’interesse firmatari del codice
deontologico di condotta.
197
In secondo luogo, il Bureau ha approvato all’unanimità le seguenti proposte617:
• Impegno dei deputati a rispettare il codice deontologico dell’Assemblée618;
• Istituzione di un «deontologo» all’interno dell’Assemblée, figura incaricata di
vegliare al rispetto dei principi del codice di cui sopra e di consigliare i deputati
su tutti i problemi afferenti la deontologia professionale.619
Da ultimo, il Bureau ha ascoltato e approvato il primo rapporto del deontologo,620
rilevandone le principali linee di sviluppo nella prevenzione dei conflitti di interessi:
allargare la trasparenza e la deontologia in materia di colloques, con particolare attenzione
alle società di relazioni pubbliche specializzate nella loro organizzazione. Tuttavia, nella
stessa riunione, è stato deciso di non far figurare, nella dichiarazione d’interessi dei deputati,
la partecipazione a clubs parlamentari e a organismi extra-parlamentari.
4.1 La deontologia.
«La politique devrait être une vocation. (…) Mais pour le plus grand nombre, elle est un
métier».621 I titolari di una funzione pubblica, e più particolarmente coloro che sono deposti
a rappresentare la Nazione, dovrebbero avere a fondamento delle loro azioni dei principi
etici, quali l’onore, la moralità e il senso dello Stato.622 Tuttavia ci si deve porre una
questione preliminare: il deputato, e più ampiamente la politica, è un mestiere, oppure una
vocazione il cui fine è la ricerca del bene pubblico?
In questo senso, la deontologia dovrebbe fare luce su quella «zona grigia», in cui i
comportamenti non hanno rilevanza penale, ma in compenso prevedono una serie di
sanzioni disciplinari o morali. Tuttavia, è difficile fare una distinzione tra ciò che è lecito,
ciò che è eticamente giusto e il realismo politico. Se sotto il profilo penale il codice francese
prevede delle precise fattispecie di reato623, altro discorso può essere fatto in materia di
probità pubblica. Da un lato è indubbio il divieto di mandato imperativo 624 , dall’altro
617 Cfr. riunione del Bureau del 6 aprile 2011, www.assembleenationale.fr/13/agendas/cr-bureau.asp#06042011.
618 Cfr. www.assemblee-nationale.fr/qui/code_deontologie.asp.
619 Cfr. A. GROSSKOST e J.-P. BALLIGAND [et. alia], Groupe de travail sur la
prévention des conflits d'intérêts, «Assemblée nationale» in http://www.assembleenationale.fr/13/controle/groupe-travail-prevention-conflits.asp.
620 Cfr. www.assemblee-nationale.fr/qui/rapport_deontologue_2012.pdf
621 H. CONSTANTY, V. NOUZILLE, Des députés sous influences, cit., p. 10.
622 I sette principi della vita pubblica sono: altruismo, integrità, obiettività,
responsabilità, apertura, onestà e «senso della funzione» (leadership); cfr. M. VAN DER
HULST, Le mandat parlementaire. Etude comparative mondiale, Union
Interparlementaire, Genève, 2000, p. 132.
623 Oltre ai reati di corruzione, concussione e abuso di ufficio, il Codice penale
francese contempla anche il «traffic d’influence» e la «prise illégale d'intérêts» (cfr. artt.
432-11, 432-12, 433-1 e 433-2); questi ultimi due, previsti anche dalla Convenzione
Europea contro la corruzione, in Italia non hanno una fattispecie corrispondente.
624 Art. 27 della Costituzione Francese della V Repubblica (1958).
198
l’influenza che un deputato può subire è difficilmente circoscrivibile e soprattutto
dimostrabile: «en matière de déontologie, la loi peut toujours être contournée et qu’aucune
norme, aussi rigoureuse soit-elle ne peut interdire l’émergence de conflits d’intérêts
réels»625. Il problema che si pone è dunque quello di valutare, caso per caso, l’abuso che il
deputato fa della propria posizione, delle informazioni e delle risorse in suo possesso, per
determinare chi compie e quando si verifica un vizio nel processo decisionale. Preso atto
della diffusione del lobbying e dei suoi metodi d’azione, i codici di condotta possono
rappresentare perciò, sia un mezzo di autolimitazione preventiva, sia degli strumenti
indispensabili per una comunicazione efficace, trasparente e costruttiva tra i parlamentari e
le forze vive della nazione.626 Il fronte della deontologia non riguarda però esclusivamente
il potere pubblico che, a tutti i livelli, ha il dovere di essere d’esempio e stimolo per il resto
della società. Negli ultimi anni infatti, alcune associazioni di categoria che riuniscono le
società di lobbying (ARPP, AFCL) hanno deciso di darsi un proprio codice
deontologico.627 Analogamente i «cabinet» e le varie imprese in linea generale, cercano
sempre maggiormente di fornire un’immagine di sé al pubblico politically correct.
4.2 Le incompatibilità.
Un altro profilo sul quale ci si è a lungo interrogati, ed in seguito intervenuto, è stato
quello delle incompatibilità. Questo aspetto risponde a due domande di fondo: chiunque,
indipendentemente dalla sua professione, può assumere una carica elettiva? Tra funzioni
pubbliche, elettive o meno, esiste una conflittualità? Le incompatibilità derivano dal
principio della divisione dei poteri: si deve assicurare l’autonomia della deliberazione
legislativa, cioè non subire condizionamenti né da interessi privati, né da interessi pubblicolocali (es.: cumulards). La già citata Loi organique n° 2011-410 ha allargato il profilo delle
incompatibilità già esistenti,628 ma permangono tuttavia alcune criticità. Innanzitutto non
viene impedito il doppio incarico elettivo, inoltre, non ci sono limitazioni di mandato per gli
625 J.-J. HYEST, A. ANZIANI, N. BORVO COHEN-SEAT, [et al.], Rapport d’information,
cit., p. 11.
626 Cfr. A. GROSSKOST, P. BEAUDOUIN, M. AURILLAC [et al.], Proposition de
résolution tendant à modifier le Règlement de l’Assemble nationale pour établir des
règles de transparence concernant les groupes d’intérêt, «Assemblée nationale», n°
3399, 30 octobre 2006, p. 3.
627 Cfr. http://afcl.net/?page_id=96 e http://www.arpp.net/charte/default.asp
628 Il deputato è incompatibile con le funzioni di: senatore, deputato europeo, membro
del Conseil constitutionnel o del Consiglio economico, sociale e ambientale, prefetto,
magistrato, funzioni conferite da uno Stato straniero o da una organizzazione
internazionale, funzioni di presidente o di membro del consiglio di amministrazione di
impresse nazionali o di stabilimenti pubblici nazionali o di imprese che lavorano con lo
Stato (concessionarie).
199
organismi di cooperazione tra collettività territoriali (comunità urbane, intercomunali e
d’agglomerazione, o «sindacati di comuni»).629
Sul piano delle incompatibilità tra deputato e professioni liberali, in primo piano si pone
senz’altro un recente decreto, molto discusso, che permette alcune facilitazioni per l’accesso
alla professione forense da parte di deputati, senatori ed ex-ministri.630 Anche gli assistenti
e i collaboratori parlamentari, godono di questi benefici, essendo dispensati dall’ottenere il
CAPA, cioè il certificato d’attitudine alla professione di avvocato. Il punto in questione, già
riguardante gli alti funzionari pubblici (cat. A), concerne, oltre problema del pantouflage, il
rischio di una monetizzazione dei «carnet d’adresses», cioè un’ulteriore, e poco trasparente,
commistione tra interessi privati e funzione pubblica. «Les débats actuels sur les conflits
d’intérêt portent avant tout sur la suspicion de conflit entre l’intérêt général et des intérêts
privés économiques, c’est-à-dire l’influence des intérêts économiques sur la décision
publique et, singulièrement, parlementaire».631
Quali mestieri e professioni sono allora rappresentati nel Parlamento francese? Secondo
le statistiche, i deputati prima della politica erano:632 12,92% quadri, 11,03% insegnanti,
9,45% universitari, 9,40% alti funzionari, 7,61% medici, 7,50% avvocati. In generale, il
43,5% proviene da un settore pubblico, il 28.2% dal settore privato e il 28,3% sono liberi
professionisti. Infine, facendo una ripartizione per settori economici, abbiamo 115
imprenditori o amministratori di società pubbliche e/o private, 90 impiegati o funzionari
pubblici di vario livello, 86 insegnanti di vario grado, 68 deputati provenienti dal settore
medico-sanitario (infermieri, farmacisti, medici,…) e 38 avvocati.
4.3 La trasparenza, il sistema di controllo e le sanzioni.
I recenti sviluppi della regolamentazione dell’Assemblée, riguardante sia i suoi membri,
sia i rapporti di questi con l’esterno, sembrano andare nella direzione di una sempre
maggiore trasparenza. Se l’obiettivo è l’inquadramento e la moralizzazione delle pratiche
pubbliche, rimangono comunque alcuni punti «oscuri». Innanzitutto, gli obblighi
dichiarativi di cui sopra, non presuppongono di per sé l’effettiva separazione tra gli interessi
629 Il deputato può assumere anche una delle seguenti funzioni: consigliere regionale,
consigliere dell’Assemblée de Corse, consigliere di dipartimento, assessore di Parigi,
consigliere municipale di un comune con più di 3500 abitanti; cfr.
www.legifrance.gouv.fr/affichCode.do;jsessionid=D3B51D3C3581CFC4A91B8B7F5D
6F4661.tpdjo17
v_3?idSectionTA=LEGISCTA000006148466&cidTexte=LEGITEXT000006070239&d
ateTexte=20120516.
630 Décret n° 2012-441 del 3 aprile 2012; cfr. http://actudroit.net/nouvelles-passerellesvers-la-profession-davocat/
631 J.-J. HYEST, A. ANZIANI, N. BORVO COHEN-SEAT, [et al.], Rapport d’information,
cit., p. 28.
632
XIII
legislatura
(2007-2012) ;
cfr.
http://www.assembleenationale.fr/13/tribun/xml/cat_soc_prof.asp
200
privati e quelli pubblici (a tal proposito si parla di interessi apparenti o potenziali).633 In
secondo luogo, la registrazione delle società presso l’Assemblée non garantisce la fine
dell’azione extra-parlamentare delle lobby, né che le imprese facciano concretamente
rispettare al loro interno i codici deontologici che si sono dati. Per questo, il vero obiettivo
della trasparenza e dei controlli dell’Assemblée, risiede nella responsabilizzazione degli
eletti e, in seconda battuta, degli elettori che, venendo a conoscenza e valutando l’operato
dei propri rappresentanti, potranno premiarli o sanzionarli.634 Poiché «contre ceux qui n’ont
pas de principes il faut avoir de règles» 635 , il sistema di controlli non è univoco, né
centralizzato. Il Bureau de l’Assemblée è la sede del controllo di merito, circa le
incompatibilità, le ineleggibilità e le violazioni del codice deontologico, dei deputati come
delle imprese. Compito della Commission pour la transparence financière de la vie
politique è invece quello di vagliare le dichiarazioni patrimoniali e d’interessi dei
deputati 636 . In particolare, in caso di dubbi sulla regolarità delle dichiarazioni o su
deficienze nelle risposte alle annotazioni fatte al deputato, la Commission ha il diritto sia di
incrociare i dati con l’amministrazione fiscale, sia di trasmettere il dossier al procuratore
della Repubblica.637 Infine, il Conseil constitutionnel si occupa di sancire le avvenute
violazioni, nonché di applicare le sanzioni.
Questa tripartizione sembra fornire una maggiore garanzia sia ai deputati, sia agli elettori
sebbene, per quanto riguarda il piano sanzionatorio, i «delitti deontologici» siano ancora
poco tipizzati e definiti. Tuttavia, come sottolineato da vari rapporti sul tema, non esiste
alcun regime disciplinatore che sia pienamente efficace nella prevenzione dei conflitti
d’interessi, così come la probità dei parlamentari non è direttamente proporzionale al rigore
delle norme messe in atto o all’invasività dei controlli che vengono effettuati. La questione
dei conflitti d’interessi è innanzitutto legata all’etica individuale e ai costumi politici:
l’influenza della cultura politica nazionale è superiore ad un’eventuale regolazione giuridica,
nell’incitare i responsabili pubblici ad adottare un comportamento esemplare e conforme
alle attese dei cittadini: «Le droit ne suffit pas à créer l’honnêté».638
633 Cfr. J.-J. HYEST, A. ANZIANI, N. BORVO COHEN-SEAT, [et al.], Rapport
d’information, cit., p. 10
634 Cfr. J.-J. HYEST, A. ANZIANI, N. BORVO COHEN-SEAT, [et al.], Rapport
d’information, cit., p. 31.
635 J.-J. HYEST, A. ANZIANI, N. BORVO COHEN-SEAT, [et al.], Rapport d’information,
cit., p. 11.
636 Dal 1989, la Commission ha esaminato 10.500 dossiers.
637 Fino ad oggi sono stati dodici i dossier trasmessi al procuratore della Repubblica,
ma nessuno di essi ha avuto un prosieguo penale. Per questa ragione, la Commission
mantiene delle riserve sull’efficacia di questa procedura; cfr. Quinzième rapport de la
Commission pour la transparence financière de la vie politique, «Journal Officiel», in
www.commission-transparence.fr/rapports/15iemeRapport_joe_20120125.pdf,
25
gennaio 2012, p. 6.
638 J.-J. HYEST, A. ANZIANI, N. BORVO COHEN-SEAT, [et al.], Rapport d’information,
cit., p. 33.
201
4.4 Le proposte sul tavolo.
Nonostante i recenti provvedimenti, da più parti continuano ad essere avanzate proposte
per implementare le norme vigenti, ora allargando il campo d’indagine, ora incrementando
gli strumenti e la legittimazione degli organismi devoluti al controllo.639 Per questa ragione,
sono presenti vari rapports, propositions e progetti di legge, in materia di trasparenza della
vita pubblica640, sulla deontologia e la prevenzione dei conflitti d’interesse, sulla «prise
illégale d'intérêts» degli eletti locali641 e sul cumulo di mandati642.
Sul piano degli organi istituzionali non elettivi, l’SCPC643 richiede un’apposita riforma
del suo statuto per ottenere nuovi e maggiori poteri, e trasformarsi in un organo
pluridisciplinare specializzato nella prevenzione, nel controllo e nell’expertise in materia di
corruzione, a servizio delle autorità politiche, amministrative e giudiziarie. Questo anche
grazie ad un potere consultivo su tutti i testi legislativi e i regolamenti che riguardano il
proprio campo di competenza. La volontà è quella di tracciare in maniera sempre più netta e
precisa il limite tra il lecito e l’illecito, per dare maggiori garanzie all’impianto socioeconomico, allargando il campo d’indagine a livello internazionale.644
L’altro organo di cui abbiamo parlato, la Commission pour la transparence financière de
la vie politique, nell’ultimo rapporto, ha presentato la bozza di un decreto che intende
rinforzare l’effettività dei controlli e ridurre i suoi costi di funzionamento. In particolare, nel
testo proposto, si obbligano tutti gli eletti e i dirigenti di organismi pubblici a presentare, per
639 Sul punto è anche intervenuto il Consiglio Europeo tramite il GRECO:
approvazione della «recommandation X» in riunione plenaria a Strasburgo, 1 aprile
2011; cfr. www.coe.int/t/dghl/monitoring/greco/default_fr.asp.
640 N. BORVO COHEN-SEAT, Proposition de loi visant à mettre en place une
déclaration d’intérêt pour les membres du Gouvernement et du Parlement, n° 801,
«Sénat», 21 settembre 2011 : è ancora in prima lettura al Sénat.
641 B. SAUGEY, Proposition de loi visant à réformer le champ des poursuites de la
prise illégale d'intérêts des élus locaux, n° 268, «Sénat», 17 marzo 2009: si trova
all’Assemblée presso la «Commission des lois constitutionnelles, de la législation et de
l'administration
générale
de
la
République»;
cfr.:
www.assembleenationale.fr/13/pdf/propositions/pion2682.pdf
642 F.-N. BUFFET e G. LABAZEE, Rapport d´information fait au nom de la délégation
aux collectivités territoriales et à la décentralisation sur le cumul des mandats, n° 365,
«Sénat», 14 febbraio 2012; cfr.: www.senat.fr/rap/r11-365/r11-3651.pdf
643 Il Service Central de Prévention de la Corruption, è una divisione a composizione
interministeriale, interna al Ministero della Giustizia, istituita nel 1993 nel quadro delle
misure per la trasparenza e contro la corruzione (Loi n° 93-122 del 29 gennaio 1993);
cfr. www.justice.gouv.fr/le-ministere-de-la-justice-10017/service-central-de-preventionde-la-corruption-12312/
644 Cfr. Service Central de Prévention de la Corruption, Rapport pour l’année 2010,
«La
documentation
française»,
in
www.ladocumentationfrancaise.fr/var/storage/rapports-publics/114000391/0000.pdf, 15
giugno 2011, p. 256.
202
tutti gli anni del loro mandato, alla Commission stessa, la propria dichiarazione dei redditi.
In secondo luogo, il decreto estende i controlli sui redditi e sui patrimoni ai parenti prossimi
(congiunti, partner, minori amministrati). Infine, propone una modifica della dichiarazione
oggi esistente, richiedendo maggiori informazioni (età, professione e altri redditi), utili a
velocizzare i meccanismi di analisi, riducendo i costi funzionali dell’ente e aumentando
l’efficacia dei controlli.645
5. Conclusioni e questioni aperte.
Come abbiamo cercato di evidenziare, né lo sforzo descrittivo, né l’analisi dell’impianto
legislativo esistente, possono fornirci un’immagine esauriente del lobbying, fenomeno
«flou», dalle innumerevoli sfaccettature. Negli ultimi anni però, la Francia ha conosciuto un
grande dinamismo, sia sotto il profilo politico-normativo, sia sul piano del dibattito
pubblico e mediatico.646 In un momento di generale crisi della rappresentanza647 perciò, la
risposta delle istituzioni francesi denota una chiara volontà politica di agire nella direzione
di una maggiore trasparenza, per tutelare gli interessi sociali e collettivi. Senza dubbio, in
capo al cittadino-elettore permangono responsabilità imprescrittibili: «demander des
comptes à nos élus, ne pas leur "signer un chèque en blanc" lorsque nous déposons notre
bulletin dans l'urne. Un citoyen éclairé devrait savoir "pour qui roule" son élu. Il peut en
être ravi ou au contraire estimer que cette cause ne lui convient pas…».648
Un altro punto che rimane problematico riguarda la configurazione dell’interesse
generale. L’intera collettività, ora come insieme di cittadini, ora come gruppo di
consumatori, quali referenti può considerare come «propri» nell’arena politica? Che potere
hanno i deputati, privi di un vincolo di mandato, rispetto alle ricche lobby del mondo
economico? Il rischio è quello di un’esclusione dal dibattito, e quindi dalla decisione, di
quei gruppi che hanno risorse umane e finanziarie ridotte. 649 L’estrema conseguenza di
questo approccio, costituisce una vera minaccia per la democrazia liberale: il passaggio
verso un regime democratico nella selezione, ma oligarchico e plutocratico nella decisione.
645 Ogni anno la Commission richiede chiarimenti al 15-20% dei soggetti posti sotto il
suo controllo; questo numero elevato di domande ha un costo amministrativo-gestionale
(efficienza ed efficacia dei controlli, tempi di analisi) e un costo economico. Cfr.
Quinzième rapport de la Commission., cit., pp. 13ss.
646 Cfr.: J.-M. SAUVE (presidente), Rapport de la Commission de réflexion pour la
prévention des conflits d’intérêts dans la vie publique, in www.conflits-interets.fr, 26
janvier 2011, p. 121; Service Central de Prévention de la Corruption, Rapport pour
l’année 2010, cit.; Commission pour la transparence financière de la vie politique,
Quinzième rapport, in www.commission-transparence.fr/rapports-textes.html, 25
gennaio 2012, p. 20.
647 Cfr. M. VAN DER HULST, Le mandat parlementaire, cit., p. 129-140.
648 C. PLANCHARD, Lobbies : "Les dérapages des députés sont très rarement
sanctionnés, in www.linternaute.com/actualite/interviews/06/helene-constanty/heleneconstanty-chat.shtml, dicembre 2006.
649 Cfr. P. LESSARD-BLAIS, Lobbyisme, outil imparfait de la démocratie, cit., p. 8.
203
Per questa ragione, la tecnocrazia, reputata la risposta al fallimento della rappresentanza
politica, costituirebbe un aumento della lotta intestina tra le lobby, a discapito del bene
comune650. La «volonté générale» si configurerebbe allora come un semplice equilibrio di
mercato, stabilità al di fuori delle regole democratiche e partecipative. Purtroppo però, più
le dinamiche della rappresentazione democratica segnano il passo, più sembra diventare
legittimo superarle. E più le si supera, più queste si infiacchiscono651. Per questa ragione la
politica ha il dovere di riacquistare il suo ruolo centrale, affermando i suoi valori
democratici e inclusivi. La politicizzazione dei deputati infatti è la migliore risposta alle
pressioni economiche delle lobby, in quanto sostituisce a un approccio contabile (i principi
dell’homo oeconomicus), una scelta di bene pubblico, di carattere generale652.
Non bisogna però dimenticare, che l’ultima parola, cioè il voto, resta sempre al deputato,
il quale può scegliere, se cedere alle lobby o coltivare la ricerca del bene pubblico. Al
tempo stesso, non volendo adottare una visione manichea dei deputati, ci sembra piuttosto
evidente che, se non la mala fede, ai parlamentari si possa imputare almeno una certa
deformazione professionale. Lo spirito di corpo (la professione d’origine e le relazioni
precedenti all’elezione), l’origine territoriale e l’ossessione per la rielezione, si configurano
infatti come forti elementi d’influenza politica. Per questa ragione la trasparenza, i controlli
e le sanzioni, permettono all’elettore di giudicare con maggiore lucidità l’operato del
proprio rappresentante: «Je ne cherche pas à laver plus blanc que blanc, mais les rayons du
soleil, c’est le meilleur désinfectant».653
Infine, preso atto che l’etica pubblica e la cultura politica sono tanto necessari alla
democrazia quanto di non immediata realizzazione, si pone il dilemma di come favorire
pratiche virtuose che diano fiato a questi fondamenti del vivere comune. La figura del
deontologo, pensata dall’Assemblée Nationale, può essere quindi un buon punto di partenza.
Se da un lato il Parlamento deve riacquistare la sua centralità e legittimità come luogo della
rappresentanza della nazione, dall’altro il deputato non deve essere lasciato «solo» nel
confrontarsi con una realtà sempre più interconnessa e globalizzata. Il rischio sempre attuale,
soprattutto in un contesto di grave crisi economica, è quello di una «monetizzazione» della
politica, in cui gli eletti si trasformano in manager della cosa pubblica. Bisogna però
ricordare che c’è una profonda differenza tra il fine di un’istituzione pubblica (perseguire il
bene generale) e quello di un’impresa privata (realizzare un profitto).654 Questa è dunque la
vera responsabilità dei parlamentari dalla quale non possono e non devono sottrarsi: «La
lourde responsabilité de prendre la meilleure décision de manière à servir le plus grand
nombre incombe au décideur politique».655
650 Cfr. H. CONSTANTY, V. NOUZILLE, Des députés sous influences, cit., pp. 315.
651 Cfr. F. AUTRES, Les manipulateurs, cit., p. 232.
652 Cfr. C. POLERE, Lobbying : l’influence des groupes d’intérêt s’accroît, cit., p. 6.
653 Intervista a P. BEAUDOIN (deputato UMP), in D. SERVENAY, Lobbying : que les
députés rendent leurs cadeaux!, cit..
654 Service Central de Prévention de la Corruption, Rapport Annuel, cit., pp. 13-51.
655 P. LESSARD-BLAIS, Lobbyisme, outil imparfait de la démocratie, cit., p. 10.
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216
IV
Lo status dei parlamentari in Spagna
di
Alessandra Modica
Luigi Testa
Elisa Tiberi
Emanuele Venzo
217
LE IMMUNITA’ NEL PARLAMENTO SPAGNOLO
di Elisa Tiberi
SOMMARIO: 1. Introduzione – 2. Inviolabilidad (art. 71.1 CE) – 2.1. Concetto e natura giuridica – 2.2. Contenuto - 2.3.
Delimitazione materiale – 2.4. Delimitazione funzionale – 3. Immunità (art. 71.2 CE) – 3.1 Concetto e natura
giuridica – 3.2. Contenuto – 3.3. Ambito temporale – 3.4 Differenza tra i concetti di imputado, inculpado e
procesado – 3.5 Suplicatorio – 3.5.1. Concetto – 3.5.2. Natura giuridica – 3.5.3. Ambito oggettivo – 3.5.4 Incidenza
sul principio di divisione dei poteri – 3.5.5. Incidenza sui diritti fondamentali dei cittadini – 3.5.6. Procedimento –
3.5.7. Effetti.
1. Introduzione
È noto che con l’espressione «prerogative» si intendono in diritto parlamentare quelle
particolari eccezioni o garanzie di cui godono i Deputati ed i Senatori in ordine ad un
migliore esercizio delle loro funzioni. Tali prerogative consistono essenzialmente nella
inviolabilidad per le opinioni manifestate e nella inmunidad e cioè nella garanzia a non
essere detenuto, processato né giudicato senza la previa autorizzazione del corpo legislativo
di appartenenza.
L’origine storica è da rintracciarsi negli avvenimenti rivoluzionari vissuti dalla Francia
nel 1789. La recezione in Spagna si ha in virtù del decreto del settembre 1810, dettato da las
Cortes Generales y Extraordinaries riunite nella isola di Leon in conseguenza
dell’invasione francese656.
Tali prerogative si giustificavano in virtù della lotta per il potere da parte della borghesia
rivoluzionaria a fronte delle pressioni dell’assolutismo. In principio, le assemblee legislative
costituivano infatti solo semplici sovrastrutture, come tali, sottomesse al potere della
monarchia.
La conseguenza di tale impostazione fu che le prerogative in discorso furono costruite
all’interno di una concezione difensiva nelle loro relazioni con gli altri poteri dello Stato.
Oggi, per contro, si pone l’esigenza di un’interpretazione restrittiva delle stesse in quanto si
scontrano inevitabilmente con il principio di uguaglianza dinanzi alla legge. Pertanto, può
considerarsi legittimo il loro esercizio solo se ragionevole e compatibile con il quadro
costituzionale.
Inutile sottolineare che entrambi i privilegi non sono concessi ai parlamentari a titolo
personale, bensì in quanto membri del corpo legislativo. Segnatamente, sono le Camere ad
656 Va segnalato tuttavia che, secondo parte della dottrina, i precedenti storici di tali garanzie vadano rintracciati nel
medioevo inglese e spagnolo. Per una completa disamina cfr. MARTIN DE LLANO M. I., Aspectos constitucionales
y procesales de la inmunidad parlamentaria en el ordenamiento español, Dykinson, Madrid, 2010, pag.25 ss.
218
essere titolari di tali attribuzioni e ciò al fine di mantenere la propria indipendenza ed il
buon funzionamento.
Ne deriva che le menzionate garanzie devono considerarsi complementari. Quanto detto è
stato esplicitato dal Tribunale Costituzionale (organo equivalente alla nostra Corte
Costituzionale) con la sentenza del 19 dicembre 1988, n. 243, ed, a partire da questo
momento, costantemente ribadito657.
Obiettivo comune della inviolabilità ed immunità è garantire la libertà e la indipendenza
dell’istituzione parlamentare in modo da evitare che l’esercizio della libera espressione dei
parlamentari o la manipolazione fraudolenta di azioni penali dirette contro di loro privi il
Congreso di qualcuno dei suoi componenti o della possibilità di adottare le sue decisioni.
Fonte primaria dei privilegi parlamentari non può che rintracciarsi nel dettato
costituzionale spagnolo all’art. 71 - primo comma, per quanto riguarda la
inviolabilidad e secondo comma, per la inmunidad - a norma del quale «1. Los
Diputados y Senadores gozarán de inviolabilidad por las opiniones manifestadas en
el ejercicio de sus funciones. 2. Durante el período de su mandato los Diputados y
Senadores gozarán asimismo de inmunidad y sólo podrán ser detenidos en caso de
flagrante delito. No podrán ser inculpados ni procesados sin la previa autorización
de la Cámara respectiva».
2. Inviolabilidad (articolo 71.1 CE)
2.1 Concetto e natura giuridica
Nello specifico, la inviolabilidad parlamentaria (che corrisponde all’insindacabilità
italiana ed al freedom of speech inglese) consiste in un sistema di irresponsabilità per tutto
quanto deputati e senatori dicano, scrivano o realizzino nell’esercizio delle loro funzioni.
È preordinata alla garanzia della libertà di critica ed ha come effetto una sorta di
irresponsabilità giuridica dei parlamentari nel caso in cui le opinioni o i giudizi da questi
espressi costituiscano delitti tipizzati dall’ordinamento.
Suo fondamento è la libertà ed indipendenza delle Camere attraverso la garanzia offerta ai
suoi componenti. Infatti, assicurare ai parlamentari di formarsi liberamente la propria
volontà circa le determinazioni da assumere nell’esercizio del potere legislativo consente
657 Per usare le parole della Corte «estas dos prerrogativas, aunque tienen distinto contenido objetivo y finalidad
especifica, como mas adelante expondremos, encuentran su fondamento en el objetivo comun de garantizar la libertad
e independencia de la instituciòn parlamentaria, y en tal sentido son complementarias. Al servicio de este objetivo se
confieren los privilegios, no como derechos personales, sino como derechos reflejos de los que goza el parlamentario
en su condición de miembro de la Camara legislativa y que solo se justifican en cuanto son condicion de posibilidad
del funcionamiento eficaz y libre de la instituciòn – ATC 526/1986 – y que, en la medida en que son privilegios
obstaculizadores del derecho fundamental citado, solo consienten una interpretaciòn estricta – STC 51/1985 – tanto
en el sentido logico de sujeciòn a los limites objetivos que les impone la Constituciòn, come en el teleologico de
razonable proporcionalidad al fin al que responden, debiendo rechazarse en su consecuencia, todo criterio
hermeneutico permisivo de una utilizaciòn injustificada de los priviliegios, que conduzca a un resultado de privaciòn,
constitucionalmente ilicita, de la via procesal pertinente prevista en la Ley».
219
all’organo parlamentare di svolgere i suoi compiti costituzionali con indipendenza e
genuinità.
Nonostante qualche parere contrario658, la gran parte della dottrina le attribuisce natura
sostanziale e la qualifica come causa di giustificazione o come causa di esclusione della
punibilità.
2.2. Contenuto
Tale privilegio, come chiarito dal Tribunale Costituzionale con la nota sentenza del 10
aprile 1985, n. 51, non abbraccia ciò che i parlamentari possano dire o fare al di fuori delle
loro funzioni. Tuttavia, né la Costituzione né i regolamenti stabiliscono limiti alla
inviolabilità. Ne deriva un carattere assoluto e perpetuo659 della stessa. Il primo carattere
perché vi si includono tutti gli atti realizzati e le opinioni espresse nello svolgere la carica
parlamentare; il secondo perche produce effetti che si prolungano nel tempo, anche dopo la
fine del mandato.
Segnatamente, il carattere assoluto si manifesta all’esterno del Congreso, vale a dire nei
confronti di terzi e/o di altri poteri dello Stato. Per contro, gli effetti interni sono limitabili
sul piano disciplinare in ordine al canone di continenza delle espressioni660.
In altri termini, l’adozione di misure necessarie a garantire che il privilegio dell’inviolabilità
non sia utilizzato in danno di terzi corrisponde alle Camere stesse attraverso i suoi organi di
governo. Si tratterebbe di una sorta di compensazione giuridica per evitare gli abusi cui una
tale prerogativa potrebbe portare.
È la costituzione stessa che prevede una simile limitazione quando dispone, al suo
articolo 72, c.3°, che «los presidentes de las Cámaras ejercen en nombre de las misma todos
los poderes administrativos y facultades de policía en el interior de sus respectivas sedes».
Corrisponde, dunque, al retto giudizio dei Presidenti delle Camere l’esercizio di tale potestà.
Come criterio di principio può dirsi che le misure disciplinari dovranno applicarsi per
correggere tutti quei comportamenti che non siano richiesti per il normale svolgersi delle
funzioni parlamentari.
Alla luce di quanto detto, è evidente che se la Presidenza della Camera, attraverso
l’esercizio dei suoi poteri disciplinari, non considerasse conveniente adottare misure atte ad
evitare la lesione del diritto all’onore di un privato cittadino, l’offeso nulla potrebbe fare per
difendere il suo diritto.
Si tratterebbe di un’autentica situazione di disuguaglianza, tuttavia voluta dal costituente in
ordine ad interessi pubblici superiori.
Due sono le questioni che si pongono: da un lato, deve precisarsi l’ambito materiale della
prerogativa in discorso; da un altro, preme delinearne l’ambito funzionale.
658 Su cui diffusamente PLACìDO FERNANDEZ-VIAGAS B., La inviolabilidad e inmunidad de los Diputados y
Senadores, la crisis de los “privilegios” parlamentarios, Civitas, Madrid, 1990, pag.24 ss.
659 Nonostante l’affermazione del carattere perpetuo sia tradizionale, la stessa è stata posta in dubbio da parte della
dottrina. Si è specificato che, dal punto di vista del diritto penale, delineando la inviolabilità come causa di
giustificazione, la problematica della sua durata non avrebbe più senso. Si tratterebbe infatti di un caso in cui il reato
non può neanche considerarsi come venuto ad esistenza per difetto di uno dei suoi elementi costitutivi,
l’antigiuridicità.
660 L’articolo 103 RC dispone che i deputati saranno chiamati all’ordine «1.cuando proferien palabras o vertieren
conceptos ofensivos al decoro de la Cámara o de sus miembros, de las Instituciones del Estado o de cualquier otra
persona o entidad». L’art. 101 RS prevede una disposizione praticamente identica.
220
2.3 Delimitazione materiale
La formula utilizzata dall’art. 71, c. 1°, C.E. sancisce l’inviolabilità «por las opiniones
manifestadas en el ejercicio de sus funciones»661. A differenza del corrispondente testo
italiano (cfr. art. 68 Cost.), quello spagnolo allude alle sole «opinioni» e non anche ai «voti».
La posizione così espressa dalla Costituzione Spagnola del 1978 fu rispettata dal
Regolamento del Congresso dei Deputati che, al suo art. 10, non fa che ripetere la
disposizione del testo costituzionale. Diversamente, l’art. 21 del Regolamento del Senato
estende la inviolabilidad anche «a los votos emitidos en el ejercicio de su cargo», in ciò
riprendendo la tradizione storica delle Costituzioni precedenti662. La posizione del Senato
è stata peraltro ripresa anche da vari Regolamenti delle Comunità Autonome. Nonostante
questa apparente differenza, deve segnalarsi che la dottrina è concorde nel ritenere che
anche la norma costituzionale di cui all’art. 71, c. 1°, CE - sebbene non citi letteralmente
«los votos»- sia a questi estendibile. L’emissione di un voto infatti non può che considerarsi
come il risultato dell’espressione della libertà di opinione.
2.4 Delimitazione funzionale
Il maggiore problema pratico dell’inviolabilità è la determinazione di cosa si intende per
«ejercicio de la función parlamentaria». A tal riguardo sono stati elaborati due criteri, uno
speciale ed un altro organico. Rientrerebbe nella funzione parlamentare, dunque, qualsiasi
atto realizzato da Deputati e Senatori all’interno della sede delle Camere o delle sue
pertinenze, sotto la condizione di agire legittimamente come membri del Parlamento nelle
sessioni del plenum, delle commissioni e dei gruppi, che siano state convocate regolarmente.
Dal canto suo, la Corte Costituzionale spagnola ha risolto il problema interpretando
restrittivamente l’articolo 67, c. 3°, CE. Secondo questa norma, nelle riunioni dei
parlamentari svoltesi senza convocazione non può farsi ricorso alle prerogative. La Corte
ha cosi formulato il criterio dell’articolazione organica delle Camere. Solo quando i
parlamentari si riuniscono in maniera collegiata e secondo quanto stabilito dai Regolamenti
esercitano le loro funzioni ed agiscono sotto le garanzie della inviolabilità663. Il Deputato o
il Senatore eserciterebbero, dunque, le loro funzioni solo nella misura in cui partecipassero
agli atti parlamentari ed in seno a qualsiasi delle articolazioni organiche del Parlamento.
Rimangono coperti da tali garanzie, come estensione dell’articolazione organica, anche
quegli atti esteriori alla vita delle Camere che siano una «reproducción literal de un acto
661 STC 51/1985 ha a tal proposito affermato che «parece evidente que la garantia no ampara cualesquiera
actuaciones de los parlamentarios y si solo sus declaraciones de juicio o de voluntad».
662 Infatti, l’art.41 della Costituzione Spagnola del 1837 segnalava che «los senatore y los diputados son inviolables
por sus opiniones y votos en el ejercicio de su cargo». Identica formulazione veniva mantenuta nell’art.57 della
Costituzione del 1869 cosi come nell’art. 46 della Costituzione del 1876, a differenza dell’art. 128 della Costituzione
del 1812.
663 STC 51/1981 afferma che «el nexo entre inviolabilidad y ejercicio de funciones propias a la condición de
parlamentario está claramente expuesto por el proprio articulo 71.1 de la Constitución. A no ser que la expresión funciones- que recoge esta norma se entendiera en un sentido inespecífico (de corte sociológico y no jurídico), las
mismas deberían identificarse en las que son propias del diputado o senador en tanto que sujetos portadores del
órgano parlamentario, cuya autonomìa, en definitica, es la protegida a través de esta garantía individual. [...] Que esto
es así lo confirman los Reglamentos de las Cameras, y específicamente el Reglamento del Senado (art.21)».
221
parlamentario». Le attuazioni dei parlamentari che, per contro, eccedano questi parametri
non sono considerati come funzione parlamentare e, dunque, non sono inviolabili.
Alla luce di quanto detto, la Corte Costituzionale fornisce così un’interpretazione
restrittiva delle prerogative parlamentari per evitare che si trasformino in canali atti a ledere
diritti fondamentali di terzi. Ne deriva che le funzioni rilevanti per l’art. 71, c. 1°, CE non
sono indifferentemente tutte quelle realizzate da chi sia parlamentare, ma soltanto quelle
imputabili a chi, essendo un parlamentare, agisce come tale.
Di norma tali funzioni saranno esercitate all’interno delle Camere, ma nulla impedisce
che si svolgano in altri luoghi. In ogni caso, si escludono gli atti di partito i quali, anche
quando siano connessi alla funzione politica, non sono atti parlamentari.
3. Immunità (art. 71.2 CE)
3.1 Concetto e natura giuridica
La immunità (freedom from arrest per gli inglesi) è la prerogativa di cui godono i
parlamentari, durante il periodo del loro mandato, consistente nel non poter essere detenuti,
processati né incolpati senza la previa autorizzazione della Camera di appartenenza, salvo
siano colti in flagranza di reato. Si tratta di una garanzia per la libertà personale del
parlamentare a fronte di determinate azioni legali che solo avrebbero una evidente
intenzionalità politica. Ciò detto, parte della dottrina ha avanzato dubbi sul configurare tale
prerogativa come un autentico diritto soggettivo di cui sarebbero titolari i parlamentari.
A tal proposito, la Corte Costituzionale spagnola ha, per contro e più volte, affermato che
la immunità non può considerarsi un privilegio o un diritto personale dei parlamentari (ex
multis, sent. del 22 luglio 1985, n. 90; del 19 dicembre 1988, n.243; del 27 novembre 1992,
n. 206). Il destinatario naturale di tale prerogativa c.d. istituzionale è infatti la Camera stessa.
Il parlamentare ne beneficerà, ma come diritto riflesso.
Quanto alla natura giuridica, la dottrina è abbastanza concorde nel delinearla come
condizione di procedibilità, la quale si applica ai soli parlamentari in carica (art. 11
reglamento Congreso e art. 22 reglamento Senado). L’autorità giudiziaria prima di
procedere dovrà dunque chiedere alla Camera di appartenenza l’autorizzazione (c.d.
suplicatorio), mentre l’arresto di un parlamentare è previsto solo in caso di flagranza.
Qualora el suplicatorio venga accolto, si svolge un procedimento innanzi a un foro speciale,
quello della sezione penale della Corte di Cassazione, così come espressamente stabilito dal
terzo comma dell’art. 71 CE («3. En las causas contra Diputados y Senadores será
competente la Sala de lo Penal del Tribunal Supremo»). In caso di diniego, il procedimento
si arresta definitivamente.
3.2. Contenuto
Il contenuto dell’immunità si sostanzia nella protezione riservata ai parlamentari per le
azioni penali contro questi dirette per fatti indipendenti dalla vita parlamentare ma che su
questa potrebbero avere ripercussioni. Dunque, l’immunità garantisce il parlamentare per
atti avulsi dalla sua carica che possono essere commessi da qualsiasi soggetto. In ciò si
differenzia dalla inviolabilidad che copre solo atti tipici della funzione parlamentare.
222
Da qui deriva che i membri del Parlamento possono essere detenuti solo in caso di
flagranza e non possono essere incolpati né processati senza la previa autorizzazione della
Camera di appartenenza. Naturalmente, il contenuto così delineato deve avere
un’orientazione finalista di tal modo che si avrà un abuso quando la prerogativa in parola
sarà utilizzata per fini che non le sono propri. La richiesta di autorizzazione non deve mai
servire a far si che le Camere si sostituiscano ai Tribunali nella loro funzione giudicante (art.
117, c.3°,CE), ma solo per verificare se, dietro le accuse mosse ai parlamentari, non si
nasconda un fine politico manipolatore.
Nella giurisprudenza costituzionale suole rinvenirsi l’affermazione per cui la minaccia,
da cui proteggere i parlamentari, può essere solo di tipo politico e consiste nella eventualità
che la via penale sia utilizzata con l’intenzione di turbare il funzionamento delle Camere o
di alterare la composizione che alle stesse ha dato la volontà del popolo.
L’immunità non può convertirsi in impunità. Non è sufficiente addurre la possibilità che
la composizione della Camera venga alterata per negare l’autorizzazione. Per contro, è
richiesta un’evidente intenzionalità politica.
3.3. Ambito temporale
La disposizione della Costituzione che qui si commenta specifica che l’immunità
protegge i parlamentari durante il periodo del loro mandato (art. 71, c. 2°, CE) il quale,
secondo gli artt. 68, c.4°, e 69, c.6°, CE, dura quattro anni dall’elezione o fino a che non vi
sia la dissoluzione anticipata delle Camere. Non è, dunque, limitata ai soli periodi di
sessione, ma include anche quelli in cui le Camere non si riuniscano.
La limitazione temporale dell’immunità è coerente con le finalità che la stessa persegue
ed evidenzia come non possa essere intesa come una causa di giustificazione o di esclusione
di responsabilità per i delitti in cui un parlamentare possa essere implicato, ma solo come
una protezione della sua indipendenza. La garanzia, dunque, termina con il terminare dello
status di parlamentare (a differenza dell’insindacabilità che ha carattere perpetuo). Ebbene,
se sul momento finale non sorgono particolari problemi, così non è per quanto attiene al
momento iniziale.
Pertanto, si tratta di capire da quale momento opera la garanzia e cioè se a partire
dall’elezione dei parlamentari oppure dall’acquisizione da parte degli stessi della piena
condizione di Deputato o Senatore. La questione sembra essere risolta dall’art. 20, c. 2°,
Regolamento Congreso, a norma del quale i diritti e le prerogative saranno effettivi a partire
dal momento in cui il Deputato sia proclamato eletto664. Tale posizione è invero condivisa
tanto dalla giurisprudenza costituzionale quanto dalla dottrina maggioritaria, seppur non
mancano pareri di segno diverso.
Una problematica che si è posta riguarda il caso in cui un processo penale sia iniziato con
anteriorità rispetto al mandato parlamentare. L’immunità, si è sostenuto nella letteratura
giuridica, avrebbe una sorta di effetto retroattivo. In altri termini, qualora inizi un processo
664 Nel Regolamento del Senato non c’è una previsione simile. Qui può solo richiamarsi l’art. 12, c. 2°, RS il quale
dispone che «hasta tanto no hayan perfeccionado su condición, los Senadores electos y los designados por las
Comunidades Autónomas no devengarán derechos económicos ni podrán participar en el ejercicio de las funciones
constitucionales de la Cámara». Interpretando a contrario la norma, può ricavarsi che tutte le altre garanzie, inclusa
dunque anche l’immunità, sono operative dal momento della elezione al pari di quanto è previsto nel Congreso de
Diputados.
223
contro un cittadino che successivamente acquisisca lo status di parlamentare, è necessario
che la Camera di appartenenza conceda l’autorizzazione a procedere per far si che il
processo continui.
Senza dubbio, l’art. 22, c. 1°, RS si esprime chiaramente in questi termini. Nello stesso
senso dispone anche l’art. 2 della Legge del 9 febbraio 1912665, la quale disciplina la
giurisdizione ed il modo di procedere giudizialmente contro Senatori e Deputati. Per contro,
nulla dicono al riguardo il Regolamento del Congreso né la Costituzione666.
3.4. Differenza tra i concetti di imputado, inculpado e procesado.
Conformemente al disposto costituzionale, per inculpar o procesar un parlamentare è
necessario chiedere alla Camera di appartenenza un’autorizzazione previa.
La costituzione dunque non fa espresso riferimento al concetto di imputado e questo ha
generato un vasto dibattito dottrinale. Ci si è chiesti cioè se anche nel caso in cui si parli di
imputado sia necessaria la previa autorizzazione a procedere.
Il dibattito non è sopito, anzi acuito, dalla scarsità della legislazione sul punto: né la ley
de Enjuiciamiento Criminal né la legge del 9 febbraio 1912 forniscono elementi
chiarificatori al riguardo.
La imputación è la attribuzione ad una persona determinata di fatti che rivestono i
caratteri di reato e che danno luogo alla necessità di svolgere diligencias policiales o
judiciales. El imputado è cioè la parte passiva nel processo penale. L’imputazione si
produce per la semplice ammissione (con conseguente comunicazione al presunto colpevole)
della denuncia o querela presentata da un terzo di cui il giudice istruttore apprezzerà la mera
verosimiglianza dei fatti. In questi casi il giudice è mero trasmittente di una imputazione
fatta dinanzi a sé da parte di un terzo. La comunicazione permette al denunciato o querelato
di esercitare il diritto di difesa sin dai primi istanti dell’inizio del procedimento, ancora
prima che si formuli l’accusa nei suoi confronti.
La coincidenza tra i concetti di imputado ed inculpado potrà aversi solo in alcune limitate
ipotesi, come nel caso di flagranza di reato.
Il Tribunale Supremo, nella vasta gamma di opinioni che si sono avute sul tema, ha
considerato conveniente permettere al Deputato o Senatore imputato in un processo penale
di comparire volontariamente dinanzi al giudice istruttore e solo qualora questi si rifiutasse
665 «…igualmente remitirán los autos que estuverien instruyéndose contra persona que hallándose procesada, fuese
elegida Senador o Diputado, inmediatamente que tuviere noticia de su proclamación».
666 Sul tema, il caso più problematico è rappresentato dal c.d. caso Alcalde il quale si trovava sottoposto alla custodia
cautelare in carcere per il delitto di concorso in banda armata. Durante la IV legislatura Angel Alcalde acquisì, a
seguito della morte di Josu Muguruza, la condizione di “parlamentare eletto” ai sensi dell’art. 164 LOREG (Ley
Orgánica del Régimen Electoral General). Ebbene, il quadro normativo che si presentava era il seguente: da un lato,
l’art. 71 CE sulle prerogative parlamentari e l’art. 22 RCD dove si stabiliva la successione del secondo candidato per
decesso del primo proclamato eletto; dall’altro, l’art. 503 e ss. della Ley de Enjuiciamiento Criminal (L.E.Cr.)
disciplinanti la custodia cautelare anche in relazione alla legge 9 febbraio 1912. Prevalse la tesi del favor libertatis,
per cui il Deputato eletto fu rimesso in libertà. Il giudice chiedeva, dunque, l’autorizzazione a procedere. Nelle more
del procedimento, Alcalde abbandonava il territorio spagnolo e si sottraeva così alla giustizia. Invero, parte della
dottrina propendeva per un’interpretazione più restrittiva in applicazione dell’art. 753 L.E.Cr. ai sensi del quale «en
todo caso, se suspenderán por el Secretario judicial los procedimientos desde el día en que se dé conocimiento a las
Cortes, estén o no abiertas, permaneciendo las cosas en el estado en que entonces se hallen, hasta que el Cuerpo
Colegislador respectivo resuelva lo que tenga por conveniente».
224
sarebbe necessario richiedere il suplicatorio, anche se si ritiene che in quest’ultimo caso
dovrebbero esserci delle ragioni fondate per procedere con la richiesta667.
Con Ley Organica 7/2002 del 5 luglio, si novella la L.E.Cr. introducendo l’art. 118 bis il
quale dispone che «del mismo modo que en el artículo anterior se procederá cuando se
impute un acto punible contra un Diputado o Senador, los cuales podrán ejercitar su derecho
de defensa en los términos previstos en el artículo anterior, y todo ello sin perjuicio de lo
previsto en el artículo 71.2 y 3 de la Constitución española».
La norma non brilla per chiarezza. Si è posto il dubbio infatti che l’inciso «sin perjuicio
de lo previsto en el articulo 71» possa significare che in ogni caso andrebbe richiesto il
suplicatorio. Tuttavia, nella esposizione dei motivi668 che accompagna la legge si indicano
chiaramente quali fossero le intenzioni del legislatore e si apre la strada ad altra
interpretazione. L’autorizzazione a procedere andrebbe richiesta solo per inculpar e non
anche per imputar.
La inculpación o procesamiento pretende che vi sia una maggior ponderazione da parte
del giudice, sebbene il concetto non sia stato definito né da parte della dottrina né della
667 L’art. 118 L.E.Cr. dispone che «toda persona a quien se impute un acto punible podrá ejercitar el
derecho de defensa, actuando en el procedimiento, cualquiera que éste sea, desde que se le comunique
su existencia, haya sido objeto de detención o de cualquiera otra medida cautelar o se haya acordado su
procesamiento, a cuyo efecto se le instruirá de este derecho. La admisión de denuncia o querella y
cualquier actuación procesal de la que resulte la imputación de un delito contra persona o personas
determinadas, será puesta inmediatamente en conocimiento de los presuntamente inculpados. [...]».
668 Per l’importanza che riveste si riporta quasi integralmente: «con frecuencia se advierte que los
Senadores y Diputados no tienen conocimiento previo de procedimientos que les afectan y lo adquieren a
través de la solicitud del suplicatorio o de los medios de comunicación. En otras ocasiones conocen de la
existencia del procedimiento pero no saben exactamente de qué se les acusa, porque no se les ha dado
copia de la denuncia o querella, no se les ha permitido tomar conocimiento de las actuaciones, declarar
ante el Juez, proponer pruebas y ejercer los demás derechos comunes de cualquier imputado. Las
situaciones indicadas hacen de peor condición a los Senadores y Diputados en el ejercicio de los derechos
y garantías de defensa que el artículo 24.2 de la Constitución reconoce a todos en el ámbito penal.
Además, facilita la remisión no justificada al Tribunal Supremo de procedimientos que afectan a los
aforados y la consiguiente elevación de suplicatorios, que podríen evitarse si aquéllos hubieran podido
ofrecer su versión de los hechos. Así, se alienta la presentación de querellas o denuncias maliciosas, que
buscan la repercusión mediática derivada de la solicitud de suplicatorio y de la intervención del Tribunal
Supremo. Los anteriores inconvenientes podrían remediarse estableciendo expresamente la aplicación de
lo establecido en el artículo 118, párrafo segundo, de la Ley de Enjuiciamiento Criminal, a los Senadores y
Diputados, de suerte que deba ponerse inmediatamente en su conocimiento la admisión de una denuncia
o querella y cualquier actuación procesal de la que derive la imputación de un delito. Se establecería
también expresamente la facultad de asumir la condición de parte, tomar conocimiento de todas las
actuaciones y obtener copia de dicha denuncia o querella, en su caso; declarar voluntariamente ante el
Juez, aportar documentos, proponer pruebas y participar en las diligencias probatorias. La anterior
propuesta no vulnera lo dispuesto en el artículo 71.2 de la Constitución española, puesto que la atribución
del estatuto de imputado no requiere de suplicatorio y la autorización parlamentaria se precisa tan sólo
para inculpar o procesar, pero no para imputar. La propuesta tiene un antecedente parcial en la práctica
seguida por la Sala Segunda del Tribunal Supremo de admitir la declaración voluntaria del aforado,
asistido de abogados y representado por procurador, sin necesidad de elevar suplicatorio a las Cámaras».
225
legislazione. È tuttavia necessaria, in quest’ultimo caso, una dichiarazione formale
dell’organo giurisdizionale, dichiarazione la quale dovrà fondarsi su gravi indizi di
colpevolezza. È chiaro che allora sarà necessario condurre delle indagini preliminari che in
alcuni casi implicheranno da parte del giudice un’attività intellettiva complicata che va
dall’analizzare e classificare documenti all’interrogare testimoni.
L’imputación da parte di un terzo non implica necessariamente ed automaticamente una
inculpación penale. Ed in questa fase, primordiale potremmo dire, non si porrebbe
l’esigenza di chiedere il suplicatorio.
Non così secondo altra parte della dottrina, la quale sostiene che il giudizio di
colpevolezza appartiene solamente agli organi giurisdizionali, mentre quello che è svolto
dalle Camere in ordine alla concessione dell’autorizzazione a procedere è un giudizio
meramente politico di loro esclusiva competenza. Per un tale giudizio non sarebbe dunque
necessario conoscere la totalità delle indagini e degli atti realizzati sino alla formulazione
formale delle accuse ed al rinvio a giudizio (auto de procesamiento669). In tal caso, il
suplicatorio dovrebbe formularsi una volta ammessa la denuncia o la querela prima di
compiere ulteriori indagini preliminari. Solo dopo che il giudice si sia espresso in ordine a
tale ammissibilità, infatti, si rientrerebbe nel contesto del dettato costituzionale di cui all’art.
71, c. 2°, CE.
3.5. Suplicatorio
Si tratta di un elemento essenziale nell’ambito della garanzia dell’immunità e va
analizzato prendendo in considerazione varie questioni.
3.5.1. Concetto
Può definirsi come la manifestazione formale della richiesta di autorizzazione alla
Camera affinché si possa procedere penalmente contro uno dei suoi membri.
3.5.2. Natura giuridica
Si contendono il campo due teorie. Alcuni puntano l’attenzione sul suo carattere penale
ed affermano che lo stesso opera in concreto come condizione obiettiva di punibilità. Altri
invece ne sottolineano la natura processuale. La seconda tra le due teorie esposte sembra
essere la prevalente ed in termini si è espressa anche la Corte Costituzionale spagnola (ex
multis STC 206/1992).
3.5.3. Ambito oggettivo
L’ambito di applicazione del suplicatorio è limitato al processo penale, una volta
scomparse dall’ordinamento giuridico spagnolo la prigione per debiti e la privazione di
libertà derivata da atti amministrativi (cfr. STC 243/1988). Ciò che si difende, attraverso lo
strumento in discorso, è infatti la libertà del parlamentare e non avrebbe senso in un
669 Si tratta del decreto con cui il giudice istruttore, a chiusura della fase sommaria e dopo aver condotto delle
indagini per comprovare il delitto ed investigare i fatti, ritenendo esistenti degli indizi di colpevolezza, rimette gli atti
al giudice competente e lo notifica agli organi accusatori, al precesado ed alle altre parti.
226
procedimento civile dove chiaramente il valore della libertà personale non viene messo in
gioco.
Il problema invero si pose in relazione all’art. 2, c. 2°, della Ley Organica n. 1 del 5
maggio 1982 (sulla protezione civile del diritto all’onore, alla intimità personale e familiare
e all’immagine personale) così come modificata dalla legge n. 3 del 29 maggio 1985. La
norma così come novellata esigeva l’autorizzazione anche per i processi civili di protezione
all’onore, alla intimità personale e familiare e all’immagine personale creando un’evidente
estensione delle ipotesi di applicabilità dell’istituto del suplicatorio670. La questione si
chiuse con la STC 9/1990 la quale dichiarò incostituzionale detta disposizione in quanto
introduceva una grave ed eccezionale limitazione al diritto di accedere al processo ed
utilizzava la garanzia del suplicatorio per ipotesi di insindacabilità e, dunque, oltre i limiti
previsti dalla Costituzione671.
3.5.4. Incidenza sul principio di divisione dei poteri
Nella sentenza appena citata, la Corte Costituzionale ha in realtà risolto un conflitto tra
potere legislativo e potere giudiziario e più precisamente tra una delle Camere ed il
Tribunal Supremo (equivalente alla Corte di Cassazione italiana) che è in definitiva
l’organo giudiziario competente a chiedere l’autorizzazione a procedere.
L’immunità non è strumento posto al servizio della divisione tra poteri ed anzi rappresenta
una forma di squilibrio a favore del Parlamento. Ciò è dovuto alle sue origini: come
accennato, l’istituto nasce nella Francia rivoluzionaria per opporre il principio democratico
al principio monarchico ed è funzionale al mantenimento dell’indipendenza e libertà di cui
le Camere necessitano.
3.5.5. Incidenza sui diritti fondamentali dei cittadini
Se il suplicatorio ha riscontro negativo, la persona offesa si trova senza tutela giudiziaria
ordinaria, giacché l’esercizio dell’azione penale nei confronti del preteso reo è paralizzata.
Ma essa può esperire il rimedio dell’amparo constituciónal672 in quanto anche gli atti della
Camera, quando non attengano strettamente al suo funzionamento interno ed entrino in
conflitto con diritti di terzi, sono soggetti al rispetto della Costituzione in ossequio all’art. 9,
c.1°,CE. Diversamente opinando, l’atto adottato così dalla Camera sarebbe del tutto
arbitrario ed al di fuori del quadro tracciato dalla Costituzione.
Suole affermarsi nella letteratura giuridica che l’immunità ed in concreto la mancata
concessione dell’autorizzazione a procedere ledono due diritti fondamentali, l’uguaglianza e
la tutela giudiziaria effettiva.
Quanto al primo aspetto, preme sottolineare che il principio di uguaglianza va inteso sia
in senso materiale che formale. Non c’è dunque conflitto tra gli artt. 71, c. 2°, CE e 14 CE
se si considera che situazioni differenti abbisognano di un trattamento differente.
670 Nel quotidiano El Pais del 27 dicembre 1984 si scriveva che «el proyecto de Ley […] constituye una
monstruosidad jurìdica y una aberración polìtica: significa una tendencia inadmisible a convertir a los diputados en
ciudadanos libres de toda sospecha».
671 Su cui diffusamente MARTIN DE LLANO M. I., Aspectos constitucionales y procesales de la inmunidad
parlamentaria en el ordenamiento español, cit., pag. 50 ss.
672 Su cui vedi infra.
227
Quanto al secondo aspetto, il diritto alla tutela effettiva (di cui all’art. 24, c. 1°, CE) non
risulta leso quando la negazione dell’autorizzazione sia corretta e cioè quando sia conforme
alle finalità che l’immunità intende perseguire (cfr. STC 90/1985). La facoltà riconosciuta
dall’art. 71 CE deve considerarsi soggetta alle norme costituzionali con particolare
riferimento ai diritti fondamentali da queste garantiti e, in ragione di questo, soggetta al
controllo da parte della Corte Costituzionale attraverso il menzionato ricorso de amparo.
3.5.6. Procedimento
L’art. 71, c. 3°, CE prevede che la competenza sui procedimenti a carico di membri del
Congreso e del Senado è del Tribunal Supremo. Dunque, la competenza a chiedere
l’autorizzazione alle Camere per procedere contro uno dei loro membri spetta solo alla
Corte di Cassazione secondo quanto stabilito dalla Costituzione, nonché dall’art. 5 della
legge 9 febbraio 1912. Conseguentemente, quando l’autorità giudiziaria ordinaria riscontra
che l’indagato è un membro del Parlamento, deve trasmettere il fascicolo alla sezione
penale della Corte di Cassazione. Questa individua tra i suoi componenti un istruttore e tre
membri di un collegio giudicante. L’istruttore provvede a chiedere l’autorizzazione al
procedimento alla Camera competente e – eventualmente ottenutala – a raccogliere le prove
e a sostenere l’accusa davanti alla predetta sezione del Tribunale Supremo673.
Il procedimento si svolge senza differenze di rilievo nell’ambito delle due Camere.
Una volta ricevuta la richiesta, nel Congreso dei Deputati il Presidente lo rimette, nel
termine di 5 giorni e previo accordo con l’ufficio di presidenza (la c.d. Mesa), alla
Commissione sullo status dei Deputati (art. 13, c. 1°, RC). Al Senato, il Presidente lo
rimette alla Commissione sulle autorizzazioni a procedere (art. 22 RS).
La Commissione rispettivamente competente in ciascuna delle due Camera presenta,
dopo aver ascoltato l’interessato, un proprio parere sulla questione nel termine massimo di
30 giorni (artt. 13, c.2°, RC; 22, c.2°, RS).
La questione è affrontata poi nel primo Plenum ordinario che si tiene nel Congreso in
seduta segreta (artt. 13, c.3° e 63, c.2°, RC; artt. 22, c. 2° e 3°, RS). Entro 8 giorni, il
Presidente del Congreso trasmette gli atti all’autorità giudiziaria (artt. 14, c.1°, RC e 22, c.
4°, RS).
L’autorizzazione deve considerarsi negata se le Camere non si pronunciano nel termine di
60 giorni calcolati durante il periodo di sessioni ed a partire dal giorno seguente la ricezione
della richiesta (artt. 14, c. 2°, RC e 22, c. 5°, RS)674.
Secondo le determinazioni della Corte Costituzionale, l’autorizzazione a procedere deve
essere negata dopo un attento esame delle circostanze del caso concreto e cioè dopo aver
verificato che vi sia un’intenzionalità politica sufficiente e ragionevole alla base del
giudizio per cui si richiede di procedere.
3.5.7. Effetti
673 Art. 755 Ley de Enjuiciamiento Criminal.
674 Queste disposizioni pongono invero uno dei problemi principali che si sono avuti nella prassi parlamentare. Il
silenzio negativo ivi previsto e tuttora vigente deve infatti essere considerato contrario a Costituzione in base alla
Sentenza del Tribunale Costituzionale 90/1985. La Camera cioè sarebbe obbligata ad una pronuncia espressa che
approvi o neghi l’autorizzazione a procedere. Diverse le proposte di riforma sul punto, ma senza risultati.
228
Come accennato, se il suplicatorio viene accolto, si svolge un procedimento innanzi ad
un foro speciale, quello della sezione penale della Corte di Cassazione675. Il procedimento
penale seguirà il suo corso senza che sia possibile alcuna interferenza da parte del
Parlamento. Va tuttavia precisato che il giudizio cosi instauratosi può avere ad oggetto i
soli fatti su cui la Camera ha concesso l’autorizzazione.
In caso di condanna, il parlamentare può perdere la sua condizione o esserne sospeso,
giacché tra le pene previste dal Codice Penal676 rientrano la inabilitazione assoluta per
cariche pubbliche o la sospensione. Allo stesso modo, l’art. 21, c.2°, RC dispone che «el
Diputado quedará suspendido en sus derechos, prerrogativas y deberes parlamentarios
cuando una sentencia firme condenatoria lo comporte o cuando su cumplimiento implique
la imposibilidad de ejercer la función parlamentaria».
Deve altresì segnalarsi che, indipendentemente dagli effetti di un’eventuale sentenza di
condanna, la semplice concessione del suplicatorio può comportare alcune conseguenze
nella vita interna delle Camere. Così, l’articolo 21, c. 1°, RC dispone che «el Diputado
quedará suspendido en sus derechos y deberes parlamentarios [...] cuando, concedida por la
Cámara la autorización objeto de un suplicatorio y firme el Auto de procesamiento, se
hallare en situación de prisión preventiva y mientras dure ésta». Diversamente, il
Regolamento del Senato non impone obbligatoriamente una tale sospensione, ma lascia
discrezionalità in merito alla Camera stessa. L’art. 22, c. 6°, RS infatti afferma che
«concedido el suplicatorio y firme el auto de procesamiento, la Cámara podrá acordar por
mayoría absoluta de sus miembros, y según la naturaleza de los hechos imputados, la
suspensión temporal en la condición de Senador».
L’autorizzazione negata, per contro, paralizza l’azione penale iniziata e determina la
impossibilità di procedere penalmente contro il parlamentare. In caso di diniego, dunque, il
procedimento si arresta definitivamente. È tuttavia permesso alla persona offesa, in
applicazione dell’art. 24, c.1°,CE, presentare un ricorso c.d. de amparo contro le decisioni
che negano l’autorizzazione. Si tratta di un ricorso diretto alla Corte Costituzionale per
violazione dei diritti costituzionalmente tutelati. Tale possibilità, che in più occasioni ha
visto la Corte porre nel nulla le decisioni delle Camere per non aver rispettato le finalità
proprie dell’istituto dell’immunità, costituisce una deroga all’articolo 7 della legge 9
febbraio 1912 ai sensi del quale la negazione della richiesta produce il c.d. sobreseimiento
libre del parlamentare, vale a dire una chiusura del processo con effetti analoghi a quelli di
una sentenza assolutoria677.
675 L’art. 7 della legge 9 febbraio 1912 su giurisdizione e procedimenti speciali nelle cause contro Senatori e
Deputati dispone che «si la autorización fuese concedida, continuará el procedimiento hasta que recaiga resolución o
sentencia firme, aun cuando antes de dictarla fueren disueltas las Cortes a que perteneciere el Senador o Diputado
objeto del supplicatorio».
676 L’art. 40 c.p. dispone che «la pena de inhabilitación absoluta produce la privación definitva de todos los honores,
empleos y cargos públicos que tenga el penado, aunque sean electivos. Produce, además, la incapacidad para obtener
los mismos o cualquiera otros honores, cargos o empleos públicos, y la de ser elegido para cargo público, durante el
tiempo de la condena”. Ai sensi dell’art. 42 c.p.: «la pena de inhabilitación especial para empleo o cargo público
produce la privación definitiva del empleo o cargo sobre el que recayere aunque sea electivo y de los honores que le
sean anejos. Produce, además la incapacidad para obtener el mismo u otros análogos, durante el tiempo de la condena.
En la sentencia habràn de especificarse los empleos, cargos y honores sobre los que recae la inhabilitación».
677 Ne deriva che il parlamentare implicato va esente da responsabilità penale. In dottrina si è evidenziato come ciò
costituisca una forzatura del principio di temporaneità dell’immunità. È noto che in base a questo, una volta finito il
mandato, l’ex-parlamentare torna ad essere soggetto alla legislazione ordinaria potendo, dunque, essere processato
229
Altrettanto può fare il parlamentare nei cui confronti l’autorizzazione sia stata concessa.
IL TRATTAMENTO ECONOMICO DEI PARLAMENTARI SPAGNOLI.
di Emanuele Venzo
SOMMARIO: 1 Cenni storici - 2. L'attuale quadro normativo- 3. Il fondamento dell'asignación
costituzionale- 4.Caratteristiche giuridiche- 5.Il trattamento economico complessivo del deputato- 6.Il
trattamento previdenziale e assistenziale del parlamentare- 7. Doveri di trasparenza.
-
1. Cenni storici
Il riconoscimento di una prestazione economica a favore dei cittadini spagnoli designati
o eletti nelle assemblee rappresentative è da considerarsi una costante nella storia
parlamentare spagnola.
Infatti, già a partire dal XII secolo, i rappresentanti delle Cortes medievali (c.d.
Procuradores) ricevevano un salario de procuración, ovvero una indennità che aveva la
funzione di rimborsare le spese e gli sforzi economici compiuti dai medesimi678.
Nelle epoche successive rimane sempre presente una forma di retribuzione del
parlamentare ma la sua ratio muta profondamente.
Nel corso dell'Antiguo Régimen è il Monarca Assoluto che corrisponde una provvigione
a favore dei membri del Parlamento al fine di suscitare la benevolenza dei medesimi e, così,
ottenere l'approvazione di decisioni a sé favorevoli, specialmente in materia finanziaria.
Con la Costituzione di Cadice del 1812 vengono mantenute le retribuzioni dei
parlamentari ma, in netta controtendenza rispetto al regime precedente, si stabilisce che
queste siano poste a carico della Provincia di origine dei singoli parlamentari al fine di
evitare condizionamenti da parte della Corona679.
Successivamente, sempre nel corso del XIX secolo, quale conseguenza della progressiva
diffusione del pensiero liberale e della natura censitaria del diritto di voto, anche nel sistema
parlamentare spagnolo viene introdotto il principio della gratuità del mandato.
Tuttavia, già nei primi decenni del XX secolo, nonostante la legislazione elettorale
formalmente continuasse a proclamare la gratuità del mandato parlamentare, sono adottati,
per quegli illeciti penali per cui non poteva, in qualità di parlamentare, essere sottoposto a giudizio. Da qui
l’affermazione per cui, se si concede il suplicatorio, questo si configura come un semplice ostacolo di natura
processuale; diversamente, se si nega, si converte in una causa di esclusione della pena con conseguente
snaturalizzazione dell’istituto dell’immunità e violazione del principio di uguaglianza.
678 Per un approfondimento storico dell’istituto della retribuzione parlamentare in Spagna si consiglia E. JIMÉNEZ
APARICIO , Régimen jurídico de las retribuciónes de los Diputados y Senadores, in Boletín Oficial del Estado,
Centro de Estudios Constitucionales, Madrid, 1994, pp. 13 ss.
679 L’art. 102 della Costituzione di Cadice recitava: «Para la indemnizacion de los diputados se les asistirà por sus
respectivas provincias con las dietas que las Cortes en el segundo ano de cada diputacion general senalaren para la
diputacion que le ha de suceder; y a los diputados de ultramar se les abonarà ademas lo que parezca necessario, a
juicio de sus respectivas provincias, para los gastos de viage de ida y vuelta».
230
in sessioni segrete, una serie di accordi parlamentari che stabiliscono l'erogazione di somme
di denaro a favore dei membri del Parlamento, somme di denaro con funzione
remuneratoria dell’attività svolta e che si aggiungevano alle forme di retribuzione in natura
già pacificamente riconosciute (quali, ad esempio, le franquicias postal y telegrafica).
L’esigenza di prevedere espressamente il diritto ad una remunerazione per l'attività
parlamentare diviene imprescindibile durante il periodo del costituzionalismo democratico,
quando si consente l'accesso alle cariche elettive anche ai soggetti provenienti dai ceti
sociali meno abbienti.
Il principio della retribuzione del mandato fa così ingresso nel testo della Costituzione
del 1931, all'art. 54 che sancisce che «La ley determinará los casos de incompatibilidad de
los diputados, así como su retribución».
Durante la Legislatura Costituente (1977-1979), nel corso dei lavori per la redazione di
un nuovo testo costituzionale, il diritto del parlamentare a ricevere una quantitativo in
denaro, in ragione del proprio mandato parlamentare, non è mai messo in discussione.
Ampiamente dibattuta è, invece, la questione della terminologia da adottare per definire
un simile trattamento economico, questione questa che, evidentemente, incide sulla
funzione svolta da tale istituto.
In una prima fase, il termine utilizzato nella stesura originaria del testo costituzionale è
quello di remuneración680.
La scelta di ricorrere ad un termine del tutto assimilabile al concetto di retribución - già
utilizzato nella Costituzione del 1931 – ha come fondamento l'idea che il parlamentare, alla
stregua di qualsiasi lavoratore, abbia diritto ad un compenso per il servizio prestato.
Secondo questa corrente di pensiero, la somma di denaro percepita dal parlamentare
rappresentava, quindi, una vera e propria «controprestazione« per lo svolgimento della
funzione parlamentare.
Successivamente, è prevalsa l’idea esattamente opposta, ovvero che la condizione di
Deputato o Senatore non possa essere equiparata a quella di un professionista e che,
pertanto, non è suscettibile di remunerazione. Piuttosto, al parlamentare debbono essere
garantiti i mezzi economici per far fronte alle spese necessarie per l’esercizio della funzione
rappresentativa.
In tale ottica, i Costituenti hanno scelto di accogliere il termine, volutamente più
generico e indefinito, di asignación681.
680 L’art. 63, comma 4, della prima bozza di Costituzione stabiliva che «Los Diputados y Senadores percibiran una
remuneracion cuya cuantia serà fijada por la respectivas Cameras».
681 La sostituzione del termine di «retribución» con quello di «asignación» è una conseguenza dell'approvazione
dell'emendamento n. 901, presentato dal Senatore del Gruppo Parlamentare della Unione di Centro Democratico, D.
José Gabriel Sarasa Miquelez, con il seguente contenuto: «Los Diputados y Senadores perciben una asignación que
sarà fijada por las respectivas Camaras». Nella motivazione di accompagnamento a tale emendamento si precisò che
«La condicion de Diputado o Senador no es una profesion y por lo tanto es improprio hablar de remuneracion. La
compensacion economica que perciben tiene por finalidad dotarle de los medios economicos necesarios para hacer
fronte a los gastos que implica su funcion representativa». L'emendamento n. 901 presentato dal Senatore D. José
Gabriel Sarasa Miquelez fu accompagnato dalla seguente giustificazione: «La condicion de Diputado o Senador no es
una profesion y por lo tanto es improprio hablar de remuneracion. La compensacion economica que perciben tiene
por finalidad dotarle de los medios economicos necesarios para hacer fronte a los gastos que implica su funcion
representativa». Per un approfondimento sui lavori della Legislatura Costituente si veda A.A.V.V., Constitucion
Espanola. Trabajos Parlamentarios, Cortes Generales, Madrid, 1980, pp. 2950 ss.
231
2. L'attuale quadro normativo.
L’attuale Costituzione spagnola, entrata in vigore il 29 dicembre del 1978, prevede
espressamente il diritto dei parlamentari a ricevere un trattamento economico, stabilendo,
all’art. 71, comma 4, che «Los Diputados y Senadores percibirán una asignación que será
fijada por las respectivas Cámaras».
I Regolamenti delle Camere, chiamati a dare attuazione ad un simile disposto, non si
sono limitati a disciplinare una assegnazione pecuniaria di base uguale per tutti i deputati e i
senatori682, ma hanno notevolmente arricchito le garanzie economiche poste a tutela del
singolo parlamentare.
L'art. 8 del Regolamento del Congresso, ad esempio, riconosce a favore dei singoli
deputati il diritto agli «ayudas, franquicias e indemnizaciones por gastos que sean
indispensables para el cumplimiento de su función».
Analogamente, l’art. 23 del Regolamento del Senato attribuisce ai suoi membri il diritto
alle «dietas e indemnizaciones por gastos necesarios para el desempeño de su función que
se fijen en el Presupuesto del Senato».
Al di là delle divergenze terminologiche esistenti tra le due disposizioni regolamentari, il
dato comune che emerge è il riconoscimento a favore di deputati e senatori di un complesso
di prestazioni economiche ulteriori, alcune aventi carattere fisso altre variabile in relazione
alla carica ricoperta e ad oneri particolari, oltre, infine, ad un certo numero di servizi gratuiti
e di facilitazioni.
A tal riguardo è bene precisare che la determinazione delle singole voci che
compongono il trattamento economico complessivo corrisposto a deputati e senatori,
nonché l’individuazione dei criteri per calcolare l’ammontare delle prestazioni pecuniarie
che hanno carattere variabile683, sono sempre avvenute di comune accordo tra Congresso e
Senato684.
Più precisamente, la prassi parlamentare ha demandato allo strumento dell’Accordo
dell'Ufficio di Presidenza (Acuerdo de la Mesa) la determinazione del concreto ammontare
delle retribuzioni e delle ulteriori dotazioni previste a favore dei parlamentari.
La materia del trattamento previdenziale ed assistenziale nei confronti degli ex
parlamentari è disciplinata, in via generale, nei Regolamenti del Congresso 685 e del
682 A tal riguardo, il Regolamento del Congresso, all’art. 8, comma 1, stabilisce che i deputati «percibirán una
asignación económica que les permita cumplir eficaz y dignamente su función». Il Regolamento del Senato, invece,
all’art. 23, comma 1, parla di «derecho a la asignación».
683 F. SANTAOLALLA LÓPEZ, Derecho Parlamentario Español, Madrid, 1984, p. 96.
684 Ciò nonostante la previsione dell’art. 71, comma 4, che, nell’attribuire a ciascuna Camera, anziché ad una legge
dello Stato, il compito di fissare l'ammontare delle assegnazioni economiche a favore dei rispettivi membri,
astrattamente consente un differente sistema retributivo per deputati e senatori.
685 Riportiamo il testo integrale dell'art. 9 R.C. che disciplina il trattamento previdenziale dei deputati; «1. Correrá a
cargo del Presupuesto del Congreso el abono de las cotizaciones a la Seguridad Social y a las Mutualidades de
aquellos Diputados que, como consecuencia de su dedicación parlamentaria, dejen de prestar el servicio que motivaba
su afiliación o pertenencia a aquéllas. 2. El Congreso de los Diputados podrá realizar con las Entidades Gestoras de la
Seguridad Social los conciertos precisos para cumplir lo dispuesto en el apartado anterior y para afiliar, en el régimen
que proceda, a los Diputados que así lo deseen y que con anterioridad no estuvieren dados de alta en la Seguridad
Social. 3. Lo establecido en el apartado 1 se extenderá, en el caso de funcionarios públicos que por su dedicación
parlamentaria estén en situación de excedencia, a las cuotas de clases pasivas».
232
Senato686, e, più dettagliatamente, nel Regolamento delle pensioni parlamentari e degli
altri benefici economici per ex-parlamentari, approvato dalla riunione congiunta degli Uffici
di Presidenza del Congresso e del Senato in data 11 luglio 2006 e recentemente modificato
dalle riforme del 18 dicembre 2007 e del 19 luglio 2011.
Per completare il quadro dei riferimenti normativi è opportuno segnalare che ulteriori
disposizioni rilevanti in materia di retribuzioni dei parlamentari sono contenute nella legge
elettorale687 e nella legislazione tributaria688.
3. Il fondamento dell'asignación costituzionale.
Secondo la dottrina tradizionale, la somministrazione di denaro, beni e servizi a favore
dei parlamentari svolge una duplice funzione di garanzia, permettendo l'accesso di tutti i
cittadini al Parlamento in condizioni di eguaglianza e il libero esercizio del mandato
parlamentare689.
Infatti, un simile trattamento economico consente ai cittadini eletti dal popolo di
esercitare degnamente ed efficacemente la funzione demandata loro dagli elettori690 e, allo
stesso tempo, di prendersi cura di sé e della propria famiglia durante tutto il periodo del
mandato parlamentare691.
Peraltro, la previsione di un sostegno economico a favore del singolo deputato o senatore
risulta imprescindibile alla luce del rigoroso regime delle incompatibilità imposto dall'art.
70 C.E. e compiutamente disciplinato dalla Legge Organica in materia elettorale692 e,
686 Il trattamento previdenziale dei senatori è disciplinato all'art. 24, commi 2 e 3, R.S., che recita: «2. Durante el
ejercicio de su mandato, los Senadores que, como consecuencia de su dedicación, causen baja en los regímenes de la
Seguridad Social a los que previamente estuviesen afiliados, podrán solicitar nueva alta en los mismos, corriendo a
cargo del Senado el abono de sus cotizaciones, a cuyo efecto figurará en el Presupuesto de la Cámara la
correspondiente consignación. Igualmente serán a cargo del Senado las cuotas de las respectivas Clases Pasivas y
Mutualidades obligatorias que correspondan a los Senadores, a cuyo fin se consignará la partida presupuestaria que
corresponda. 3. Un sistema de previsión contendrá pensiones de retiro y otras prestaciones económicas en favor de
los Senadores».
687 Gli articoli 155-159 della Ley Organica 5/1985, de 19 de junio, del Régimen
Electoral General, disciplinano i redditi incompatibili con la retribuzione
parlamentare.
688 Ley 35/2006, de 28 de noviembre, del Impuesto sobre la Renta de las
Personas Físicas.
689 N. PEREZ SERRANO, Tratado de Derecho Politico, Civitas, 2a ed., Madrid,
1984, pp. 782 ss.; F. SANTAOALLA, Derecho Parlamentario espanol, Espasa Calpe,
Madrid, 1990, p. 96;
690 L'art. 8, comma 1, R.C. recita così: «Los Diputados percibirán una
asignación económica que les permita cumplir eficaz y dignamente su función».
691 In tal senso, è stato osservato da E. JIMÉNEZ APARICIO (op. cit., pp. 517
ss.), come l'istituto della retribuzione del parlamentare attui i principi
fondamentali che la giurisprudenza del Tribunal Constitucional ha dedotto
dall'art. 23, comma 2, C.E., ovvero il «derecho al acceso al cargo
representativo» e il «derecho a mantenerse en el ejercicio de dicho cargo». In
particolare, si veda la Sentencia del Pleno 5/1983 de 4 de febrero.
692 Su tale questione si veda A. FERNÁNDEZ-MIRANDA, Comentarios al articulo
71.4, CE, in O. ALZAGA (diretto da), Comentarios a las leyes políticas,
Edersa, Madrid, 1989, VI, p. 380. L'autore ritiene che il mandato parlamentare
consista nell'esercizio di una funzione pubblica di interesse generale che
esige una «amplia dedidacion» e una retribuzione «estable y digna». Tale
233
quindi, può senza dubbio considerarsi una conseguenza dell'alto grado di dedicación
absoluta richiesto dalla vita parlamentare693 .
Tuttavia, deve segnalarsi come la recente dottrina sottolinei che l'assegnazione
economica prevista in Costituzione, di fatto, abbia assunto il carattere di una vera e propria
retribuzione della funzione parlamentare, potendo questa essere assimilata ad una
controprestazione sinallagmatica di una attività professionale svolta in modo continuativo
da una categoria particolare di cittadini eletti dal popolo694.
4. Caratteristiche giuridiche.
Prima di passare ad analizzare le singole voci che compongono l'asignación del
parlamentare spagnolo e l'aspetto quantitativo relativo a ciascuna di esse, è opportuno
proporre una panoramica di quelle che sono le sue principali caratteristiche giuridiche.
−
La natura giuridica.
La questione della natura giuridica della asignación costituzionale è stata a lungo
dibattuta in dottrina.
retribuzione è giustificata dall'esigenza di assicurare a tutti i cittadini il
libero accesso al Parlamento e di garantire libero esercizio del mandato
parlamentare. Infatti, solo con un mandato retribuito è possibile stabilire un
rigoroso regime di incompatibilità per garantire l'esigenza di dedicazione
alla funzione che risponda alle necessità attuali.
693 L'art. 157, comma 1, della Legge Organica in materia elettorale dispone
che «El mandato de los Diputados y Senadores se ejercerá en régimen de
dedicación absoluta en los términos previstos en la Constitucion y en la
presente Ley».
694 Secondo Y. GOMEZ SANCHEZ la retribuzione del parlamentare è una mera
conseguenza economica dell'esistenza di un lavoro parlamentare e una
compensazione economica, senza eccezioni, per la funzione realizzata, al pari
di qualsiasi altra funzione pubblica professionalizzata (Y. GOMEZ SANCHEZ,
Sobre las garantías parlamentarias, Revista de Derecho Político, n. 23, UNED,
1986, Madrid, p. 76). Della stessa posizione E. JIMÉNEZ APARICIO, secondo il
quale la retribuzione parlamentare è un elemento sinallagmatico oggettivo di
una relazione di origine legale o, per meglio dire, costituzionale, di
carattere bilaterale e oneroso, la cui essentia iuris è analoga a quella di
qualunque altra retribuzione per la prestazione di un'attività lavorativa o
funzionariale. Tuttavia, sempre secondo lo stesso autore, la specificità della
retribuzione dei parlamentari è precisamente la derivata della speciale natura
giuridica della posizione di questi all'interno del Parlamento, del tutto
diversa da quella di qualunque dipendente o impiegato di quelle (E. JIMÉNEZ
APARICIO, op. cit., pp. 513 ss.).Una simile dottrina, tuttavia, ignora che la
giurisprudenza del Tribunale Costituzionale spagnolo ha chiarito che le norme
che disciplinano le relazioni tra i Parlamenti e i parlamentari non hanno
nulla a che vedere con quelle che vincolano i lavoratori a dette istituzioni.
In particolare, una storica pronuncia del Supremo interprete del testo
costituzionale ha precisato che le norme che regolano l'attività parlamentare
non possono essere assimilate alle norme che disciplinano i rapporti tra la
Camera e i terzi legati a tale istituzione da un contratto o da un pubblico
ufficio (Auto 183/1984 del 21 marzo).
234
Secondo una prima teoria, la retribuzione del parlamentare è da ritenersi una prerogativa
costituzionale, al pari della immunità e della inviolabilità. Tale tesi viene argomentata
assumendo come premessa la funzione di garanzia svolta dall'istituto in esame nonché la
scelta del Costituente di prevedere l'assegnazione economica nello stesso articolo (l'art. 71,
C.E.) che disciplina al comma 1 e 2 le prerogative della immunità e dell'inviolabilità.
L'altra posizione, invece, accorda un maggior rilievo al dato letterale delle disposizioni
regolamentari 695 e qualifica l'assegnazione costituzionale come un vero e proprio
«derecho» del parlamentare696.
Le conseguenze della qualificazione in un senso o nell'altro dell'istituto in esame
involgono il regime giuridico applicabile, in particolar modo riguardano la possibilità di
sottoporre tali prestazioni pecuniarie alle ritenute fiscali previste per il pagamento delle
imposte personali sul reddito nonché alle azioni poste a tutela del credito da parte di terzi .
L'opzione scelta dal Congresso è stata quella di considerare la retribuzione parlamentare
come un diritto e non una prerogativa. Tuttavia, l'applicazione alle assegnazioni
economiche del regime giuridico generale dei diritti di credito, non impedisce che questo
possa subire alcune eccezioni, giustificate dal vincolo diretto esistente tra la retribuzione del
parlamentare e l'esercizio del mandato parlamentare697.
−
Contenuto.
L'asignación del parlamentare ha contenuto misto, in quanto comprende sia prestazioni
pecuniarie, sia in natura, come la somministrazione di beni e servizi.
In ogni caso, trattasi di prestazioni aventi contenuto economico.
−
Modalità di erogazione.
Il diritto all'assegnazione è fruito da tutti i parlamentari in condizioni di eguaglianza.
Le uniche differenziazioni rispetto al quantum sono ammesse nei riguardi di alcune
cariche all'interno delle Camere. Tuttavia, anche in queste ipotesi, ad uguali funzioni
corrispondono trattamenti economici identici.
Le somme di denaro che costituiscono l'oggetto del diritto all'assegnazione
costituzionale vengono versate dalla Camera di appartenenza del parlamentare mediante
bonifico bancario sul conto corrente dal medesimo, indicato all'inizio del mandato
parlamentare.
Tuttavia, deve segnalarsi una prassi che concerne i gruppi parlamentari del PSOE del
Congresso e del Senato, secondo la quale le retribuzioni dei rispettivi membri non sono
versate dalla Camera direttamente sul conto corrente dei medesimi, bensì su un conto
corrente intestato al Gruppo parlamentare di appartenenza698.
695 L'art. 23, comma 1, R.S. parla espressamente di «derecho a la asignación».
696 Sulla questione in esame e sul relativo dibattito dottrinale si veda E. JIMÉNEZ APARICIO, op. cit, pp. 578 ss.
697 Sul tema della possibilità di sottoporre l'asignación alle ritenute fiscali, ai sequestri e ai pignoramenti si veda
infra.
698 Lo Statuto del PSOEl, all'art. 78, dispone che «las asignaciónes económicas y emolumentos que perciban las
personas miembro del Grupo parlamentario se ingresan automáticamente en la cuenta corrente que a tal efecto
designe la Comisión Ejecutiva Federal».
235
E' il gruppo, quindi, dopo aver trattenuto una parte dell'importo ricevuto, che provvede a
corrispondere la restante parte dell'asignación ai singoli parlamentari699.
Secondo la dottrina, una simile prassi è compatibile con i caratteri di irrinunciabilità e
intrasferibilità della retribuzione parlamentare, in quanto l'operazione descritta altro non è
che una mera domiciliazione bancaria, basata sulla libertà del singolo parlamentare che, in
ogni momento, può sempre revocare il proprio consenso700.
•
Personalità, irrinunciabilità e inalienabilità del diritto all'assegnazione.
Il diritto all'assegnazione costituzionale è personale, inalienabile e irrinunciabile da parte
del parlamentare.
In altre parole, il diritto alla retribuzione parlamentare non può essere oggetto di
operazioni negoziali di nessun tipo, perché si tratta di un diritto finalizzato alla salvaguardia
di una funzione costituzionale.
Tuttavia, nel momento in cui il denaro entra a far parte del patrimonio del parlamentare,
questo può essere oggetto di qualsiasi tipo di operazioni negoziale, sia inter vivos che mortis
causa.
Diverso è il caso delle prestazioni di natura diversa da quella pecuniaria.
In questa ipotesi, i beni e i servizi somministrati al parlamentare mantengono un fattore
preminentemente personale che impedisce il trasferimento ad un terzo a qualsiasi titolo,
anche dopo che sono entrati nella disponibilità del parlamentare.
A titolo esemplificativo, si pensi alla targeta per la libera circolazione sui taxi, alla
polizza assicurativa, all'uso del veicolo ufficiale, alla residenza del Presidente del Congreso.
Il trasferimento o la cessione a terzi di questi benefici comporterebbe una alterazione
della destinazione prevista per gli stessi, ovvero permettere al parlamentare lo svolgimento
della sua funzione701
5) Possibilità di sottoporre l'asignación a ritenute fiscali, pignoramenti e sequestri.
L'assegnazione economica del parlamentare può essere sottoposta alle ritenute fiscali, ai
pignoramenti e sequestri secondo il regime generale previsto dall'ordinamento per
retribuzioni, stipendi e salari702.
In primo luogo, infatti, deve precisarsi come il carattere «irretenible» delle prestazioni
erogate a favore dei parlamentari, sancito dall'art. 23, comma 1, del Regolamento del Senato,
non significa che l'assegnazione economica non sia sottoposta alla imposizione fiscale sul
reddito delle persone fisiche.
699 La prassi richiamata è un indice significativo del forte condizionamento che il gruppo parlamentare è in grado di
esercitare nei confronti del singolo deputato o senatore. Peraltro, anche lo Statuto del Partido Popular considera la
retribuzione individuale del parlamentare come una fonte di finanziamento del partito, prevedendo all'articolo 54,
comma 2, che «Los recursos del Partido estarán constituidos (...) por las contribuciones económicas de los cargos
públicos en el porcentaje que se determine por el Comité Ejecutivo Nacional».
700 Sul tema del finanziamento dei partiti politici e dei gruppi parlamentari si veda M. HOLGADO GONZÁLEZ, La
financiación de los partidos políticos, Tirant lo Blanch, Valencia, 2003.
701 Sul punto si veda E. JIMÉNEZ APARICIO, op. cit., pp. 579 ss.
702 E. JIMÉNEZ APARICIO, op. cit., pp. 590 ss.
236
Per quanto concerne l'assoggettamento delle retribuzioni parlamentari alle azioni
previste dall'ordinamento civile a tutela dei creditori, occorre richiamare il parere
pronunciato dai Servizi Giuridici della Segreteria Generale del Congresso dei deputati del
17 febbraio 1984, relativo alla possibilità di sottoporre a sequestro le assegnazioni
economiche dei deputati e le sovvenzioni a favore dei Gruppi Parlamentari703.
Secondo tale autorevole pronunciamento, mentre le sovvenzioni ricevute dai Gruppi
parlamentari non sarebbero in ogni caso sottoponibili a sequestro perché trattasi di fondi
pubblici, per le retribuzioni dei parlamentari occorrerebbe distinguere tra l'assegnazione
costituzionale, disciplinata dall'art. 8, comma 1, R.C., alla quale si applica il regime
generale di sequestrabilità delle retribuzioni, e gli altri «ayudas, franquicias y
indemnizaciones por gastos», previsti dall'art. 8, comma 2, R.C., ai quali invece tale regime
non è applicabile in quanto non rientrano nel concetto generale di retribuzione previsto dalle
leggi processuali704.
6.
Sanzioni disciplinari.
Le assegnazioni economiche dei parlamentari possono essere colpite da sanzioni
disciplinari nei casi previsti dalle norme regolamentari705.
Tali provvedimenti non rappresentano una sanzione autonoma ma sono la conseguenza
della sospensione della condizione di deputato e senatore e del diritto di assistere alle
sessioni dell'Assemblea e delle Commissioni.
Pertanto, l'ammontare della somma decurtata dalla assegnazione è calcolato in base al
numero di giorni e delle sessioni durante i quali il destinatario della misura disciplinare non
ha potuto svolgere la propria funzione perché sospeso dalla sua condizione di
parlamentare706.
•
Competenza in caso di contenzioso.
In conformità ai principi dell'Autonomia parlamentare, sancita dall'art. 72 C.E., spetta
agli organi giurisdizionali interni di ciascuna Camera la decisione sulle controversie inerenti
le retribuzioni parlamentari ed i suoi elementi economici specifici, ivi comprese le questioni
riguardanti le sanzioni disciplinari incidenti sull'assegnazione economica dei singoli
senatori e deputati.
Tuttavia, è anche ammesso il recurso de amparo al Tribunal Constitucional, ma solo per
quelle controversie che involgono in maniera immediata e diretta il nucleo o il contenuto
703 SECRETARIA GENERAL DEL CONGRESO DE LOS DIPUTADOS, Dictamen sobre la posibilidad de
embargar las asignaciónes economicas de los diputados y las subvenciones de los grupos parlamentarios, Revista de
las Cortes Generales, n. 1. Madrid, 1984, pp. 157-158.
704 Contra J. M. MORALES ARROYO, Los Grupos Parlamentarios en las Cortes Generales, Centro de Estudios
Constitucionales, Madrid, 1990, pp. 360-361
705 L'articolo 22, comma 6, R.S. stabilisce che la Camara potrà accordare la privazione dell'assegnazione del
Senatore colpito dalla sospensione temporanea della sua condizione di senatore.
706 P. DIEZ LAGO, El deber de asistencia de los parlamentarios a las sesiones y el derecho al ejercicio del cargo
(articulo 23, c. 2, C.E.), Revista de las Cortes Generales, n. 23, Madrid, 1991, pp. 38 ss.
237
essenziale della retribuzione posto in relazione con l'esercizio della funzione
parlamentare707.
5. Il trattamento economico complessivo del deputato.
Nel presente paragrafo si tenterà di esaminare, sotto il profilo qualitativo e quantitativo,
le singole voci che compongono il trattamento economico complessivo del parlamentari
spagnoli708.
In particolare, il nostro lavoro si concentrerà sulle prestazioni in denaro, sui beni e sui
servizi somministrati ai membri del Congreso de los Diputados.
1) Prestazione pecuniaria di base.
La prima voce del trattamento economico del parlamentare spagnolo è costituita da una
prestazione pecuniaria di base, riconosciuta in misura uguale a favore di tutti i parlamentari.
Essa è corrisposta mensilmente con due mensilità straordinarie nei mesi di luglio e
dicembre.
Per tutti i deputati e i senatori, in virtù degli accordi raggiunti il 1 giugno 2010 dagli
Uffici di Presidenza del Congresso e del Senato, tale prebenda ammonta ad €. 2.813,87.
Come già anticipato in precedenza, un simile importo è sottoposto alla ritenuta fiscale
per le Imposte sul reddito delle Persone Fisiche, nella misura prevista dalla legislazione
tributaria.
-
Complemento per i membri dell'Ufficio di Presidenza del Congresso.
I membri dell'Ufficio di Presidenza del Congresso, ovvero il Presidente, i quattro
Vicepresidenti e i quattro Sottosegretari percepiscono, in ragione della carica ricoperta
all'interno della Camera, un trattamento economico integrativo che si aggiunge a quello di
base erogato a tutti i parlamentari.
Tale importo è corrisposto mensilmente, con due mensilità straordinarie nei mesi di
luglio e dicembre, ed è sottoposto alla ritenuta fiscale per le Imposte sul reddito delle
Persone Fisiche, nella misura prevista dalla legislazione tributaria.
Per fare un esempio, il Presidente del Congresso, oltre alla prestazione pecuniaria di
base percepita come semplice deputato, riceve un complemento pari a €.3.064,57, mentre
per i Vicepresidenti del Congresso hanno diritto ad un esborso monetario pari ad €.
1.209,60.
Riportiamo di seguito una tabella riepilogativa con l'ammontare del complemento
economico mensile corrisposto ai membri della Mesa.
707 Si veda E. JIMÉNEZ APARICIO, op. cit., pp. 596 ss.
708 I dati quantitativi relativi alle singole voci che compongono il trattamento economico complessivo di deputati e
senatori sono consultabili sul sito internet istituzionale del Congresso (www.congreso.es) e del Senato
(www.senado.es).
238
Carica ricoperta
all'interno della Mesa
Complemento mensile
Presidente del Congresso
€. 3.064,57
Vicepresidente del Congresso
€. 1.209,60
Segretario dell'Ufficio di Presidenza
€. 944,49
•
Indennità per le spese di alloggio e mantenimento
Come già anticipato in precedenza, i Regolamenti delle Camere hanno ampliato la
portata della disposizione dell'art. 71, comma 4, cost. e hanno previsto ulteriori trattamenti
economici a favore dei singoli parlamentari.
Per quanto concerne i deputati, l'art. 8, comma 2, del Regolamento del Congresso
stabilisce che a questi, oltre alla assegnazione economica di base, debbono essere
riconosciute «las ayudas, franquicias e indemnizaciones por gastos que sean indispensables
para el cumplimiento de su función».
Tra gli ayudas che consentono al deputato di esercitare la funzione di parlamentare è
prevista la corresponsione di una indennità per le spese di alloggio e mantenimento a
Madrid.
Si tratta, in altre parole, di un retaggio delle antiche dietas parlamentarias709.
Oggi il concetto di dietas è mutato e la somma concretamente erogata non è calcolata in
funzione della distanza della circoscrizione in cui risiede il parlamentare rispetto alla sede
del Parlamento, né dal numero di giorni durante i quali questo assiste alle sessioni della
Camera, bensì varia a seconda che il deputato sia stato eletto o meno nella circoscrizione di
Madrid.
Pertanto, tale indennità è erogata in misura fissa ed ammonta ad €. 1.823,86 per i
deputati eletti in una circoscrizione diversa da Madrid e a €. 870,56 per i parlamentari eletti
a Madrid.
Peraltro, un simile importo è percepito indipendentemente dalla concreta attività svolta
dal parlamentare e dalla presenza o meno dell'interessato alle sessioni in Aula e in
Commissione.
Gli importi sopra richiamati sono erogati mensilmente a ciascun deputato e, anche in
questo caso, sono previste due mensilità aggiuntive a luglio e a settembre.
« Questa forma di indennità è fiscalmente esente 710.
709 La «dieta» è nata nel periodo medievale e ha rappresentato la prima forma di retribuzione del parlamentare in
Spagna. Essa consisteva nella somma percepita dal Procurador per ogni giorno trascorso presso la sede della Cortes
per assistere alle sedute dell'assemblea e per ogni giorno di viaggio. La sua funzione originaria, quindi, era di tipo
indennitario delle spese di viaggio e soggiorno sostenute dal deputato. Peraltro, l'art. 23, comma 1, R.S. parla ancora
espressamente di «dietas».
239
d) Indennità per spese di rappresentanza e per spese ulteriori.
Nella voce «gastos de representacion y de gastos de libre disposicion» sono ricomprese
ulteriori indennità che alcune cariche all'interno della Camera ricevono in aggiunta alle
prestazioni pecuniarie fin qui elencate.
La terminologia utilizzata induce a pensare che si tratti di un semplice rimborso che la
Camera corrisponde a determinati deputati per le spese da questi sostenute in ragione della
carica ricoperta.
In realtà, anche queste somme di denaro sono percepite mensilmente in misura fissa e
vengono erogate senza che il destinatario debba esibire alcun documento giustificativo delle
spese effettivamente sostenute.
Sono sottoposte al regime fiscale previsto per i redditi delle persone fisiche al pari delle
altre retribuzioni parlamentari.
710 Così ai sensi dell'art. 17, comma 2, della Ley 35/2006, de 28 de noviembre, del Impuesto sobre la Renta de las
Personas Físicas.
240
Nella tabella sottostante sono riportate le entità di tali esborsi economici.
Carica ricoperta
Indennità
per
spese
rappresentanza
Indennità
di per spese ulteriori
Presidente del Congresso €. 3.327,89
€. 2.728,57
Vicepresidente
Congresso
€. 707,10
del €. 1.010,83
Segretario dell'Ufficio di €. 818,46
Presidenza
€. 677,35
Portavoce
€. 1.741,19
€. 926,31
Portavoce aggiunto
€. 1.424,62
€. 662,45
Presidente
Commissione
di €. 1.431,31
non prevista
Vicepresidente
Commissione
di €. 1.046,48
non prevista
Segretario
Commissione
di €. 697,65
non prevista
Portavoce
Commissione
di €. 1.046,48
non prevista
Portavoce aggiunto di €. 697,65
Commissione
non prevista
Tutti i parlamentari, infine, possono domandare la corresponsione di una ulteriore
indennità per alcune spese imprescindibili e fondamentali che hanno sostenuto in ragione
del proprio mandato e che non sono coperte dalla diaria o da altre forme di indennità.
Il rimborso è ammesso dal Congresso solo dopo una valutazione della situazione
concreta che ha occasionato tale spesa, valutazione effettuata sulla base dei documenti
giustificativi dell'esborso esibiti dal parlamentare.
e)
Spese per viaggi e trasporti.
I deputati hanno diritto di viaggiare gratuitamente sui mezzi di trasporto pubblico
(autobus, aerei, navi e treni).
241
Il parlamentare non riceve alcuna somma di denaro per tali spese poiché è il Congresso
che corrisponde il costo del biglietto direttamente alla impresa di trasporti.
Inoltre, a partire dal mese di maggio del 2006, la Camera ha messo a disposizione di
ciascun deputato, privo di una autovettura ufficiale, una tessera personale che consente di
viaggiare gratuitamente in taxi nella città di Madrid.
Tale tessera ha un limite massimo di credito pari ad €. 250 mensili.
Inoltre, qualora i deputati decidano di viaggiare con il proprio veicolo privato hanno
diritto ad un rimborso forfettario pari ad €. 0,25 per ogni chilometro effettuato.
In quest'ultima ipotesi, i deputati devono giustificare la richiesta di rimborso.
f)
Diaria per missioni ufficiali.
E' prevista anche una diaria di €. 150 per i deputati che si recano in missione ufficiale
all'estero e di €. 120 per coloro che viaggiano all'interno del territorio nazionale.
g)
Dotazione informatica.
Per quanto concerne la dotazione informatica, ciascun parlamentare a inizio mandato
riceve un tablet (iPad) e un telefono portatile di ultima generazione (iPhone).
Inoltre può essere domandata l'installazione della linea ADSL nella propria abitazione.
h)
Ufficio del deputato.
Il Congresso mette a disposizione di ciascun deputato un ufficio con computer, internet e
telefono, comprensivi di traffico dati e voce.
i)
Assistenti.
Alcuni deputati (membri della Mesa e Presidenti di Commissione) hanno la possibilità di
disporre di personale di fiducia per lo svolgimento del proprio incarico.
Nella IX legislatura il Gabinetto di Presidenza contava 11 unità di personale711.
Gli altri membri dell'Ufficio di Presidenza (vice-presidenti e segretari) dispongono di
due assistenti ciascuno, mentre i Presidenti di Commissione uno ciascuno.
711 I dati per la X legislatura non sono ancora disponibili.
242
Gli altri deputati dispongono globalmente di 204 assistenti da distribuire secondo il
criterio riportati nella tabella sottostante.
Gruppo
parlamentare
Numero
di deputati
Numero
di assistenti
Rapporto
Assistenti/Deputati
Gruppo
Parlamentare
Populare
185
91
0,49
Gruppo
Parlamentare
Socialista
110
72
0,65
Gruppo
Parlamentare
Cataláno
(Convergencia i
Unió)
16
11
0,68
9
0,81
11
Gruppo
Parlamentare di
IU, ICV-EUiA,
CHA: La Izquierda
Plural
Gruppo
Parlamentare di
Unión Progreso y
Democracia
6
4
0,66
Gruppo
Parlamentare di
Vasco (EAJ-PNV)
5
4
0,8
13
0,76
17
Gruppo
Parlamentare Misto
j)
Beni e servizi somministrati ad alcuni deputati.
Oltre alle prestazioni economiche fin qui esaminate, a favore di alcune cariche del
Congresso, sono somministrati ulteriori beni e servizi712.
712 E. JIMÉNEZ APARICIO, op. cit., p. 483.
243
Il Presidente di Assemblea, ad esempio, ha diritto ad una residenza ufficiale da utilizzare
come abitazione per sé e per la propria famiglia.
Il palazzo dove risiede il Presidente è di proprietà dello Stato e le spese di conservazione
e mantenimento sono poste a carico del Congresso.
Il Presidente dispone, inoltre, di una autovettura ufficiale che può utilizzare per gli
spostamenti necessari allo svolgimento delle attività istituzionali ma anche per attività
estranee alla propria funzione.
Tale autovettura è a servizio permanente ed esclusivo del Presidente e i suoi costi di
manutenzione sono posti interamente a carico della Camera.
Anche i Vice-presidenti e i Segretari della Mesa e i Portavoce dei gruppi parlamentari
hanno a disposizione un autovettura ufficiale al proprio esclusivo servizio.
Tuttavia, mentre per le prime due cariche, i conducenti dell'autovettura appartengono al
personale al servizio del Congresso, per i portavoce dei Gruppi parlamentari, si tratta di
personale al servizio del Gruppo parlamentare.
In questo ultimo caso, la Camera assume a proprio carico solo le spese di manutenzione
del veicolo.
Infine, ciascun gruppo parlamentare ha diritto ad una ulteriore autovettura ufficiale, che
il gruppo mette a disposizione dei suoi membri, con costi di manutenzione a carico del
Congresso.
Per quanto riguarda ulteriori servizi erogati all'interno del Congresso, a beneficio di tutti
i parlamentari, occorre segnalare la presenza di un presidio medico e di assistenza sanitaria
immediata713, di servizi di ristorazione e bar, bancomat e una agenzia di viaggi.
k)
Sovvenzioni ai Gruppi Parlamentari.
L'articolo 28 del Regolamento del Congresso dei Deputati mette a disposizione dei vari
Gruppi Parlamentari uffici, locali e strumenti materiali adeguati per lo svolgimento della
propria funzione.
Inoltre, assegna loro una sovvenzione economica, composta da un importo fisso erogato
in misura uguale per tutti i gruppi parlamentari, pari ad €. 28.597,08 mensili, ed un importo
variabile in relazione al numero dei deputati che compongono il singolo gruppo, pari ad
€.1.645,49 mensili per ciascun deputato.
6. Il trattamento previdenziale e assistenziale del parlamentare.
Il Regolamento delle pensioni parlamentari e degli altri benefici economici per exparlamentari, approvato dalla riunione congiunta degli Uffici di Presidenza del Congresso e
del Senato dell'11 luglio 2006 e oggetto di diverse modifiche successive, disciplina il
trattamento previdenziale e pensionistico degli ex parlamentari.
E' bene, fin da subito, precisare che una recente riforma di suddetto Regolamento,
approvata con un accordo degli Uffici di Presidenza del Congresso e del Senato in data 19
luglio 2011 ed entrata in vigore con la X legislatura, ha profondamente mutato il sistema
713 Da non confondersi con l'assistenza medica di cui beneficiano i singoli parlamentari che esamineremo nel
paragrafo relativo al trattamento previdenziale e assistenziale del deputato.
244
previdenziale e assistenziale degli ex parlamentari, sopprimendo gran parte dei trattamenti
previsti714.
Tuttavia, riteniamo opportuno richiamare il quadro normativo previgente poiché tuttora
applicabile nei confronti di quegli ex deputati ed ex senatori che hanno acquistato i diritti
previdenziali e assistenziali prima dell'entrata in vigore della riforma.
Deve segnalarsi, inoltre, come tutti gli esborsi effettuati a favore degli ex parlamentari
sono sottoposti al regime fiscale generale.
a)
Pensione parlamentare.
Ai sensi dell'art. 1 del Regolamento delle pensioni parlamentari715, l'ex parlamentare
spagnolo matura il diritto alla pensione in presenza delle seguenti condizioni: a) aver
mantenuto la condizione di deputato o senatore per almeno 7 anni716; b) aver compiuto 65
anni di età e aver maturato il diritto alla pensione di vecchiaia, oppure aver compiuto 60
anni di età con 40 anni di anzianità oppure aver ottenuto la dichiarazione di invalidità
permanente717.
L'importo della pensione parlamentare è dato dalla differenza tra l'importo della
pensione che il deputato riesce a maturare nel corso della sua vita lavorativa e la pensione
massima raggiungibile in Spagna.
Il 100% del beneficio viene raggiunto con 11 anni di mandato, mentre se il mandato ha
avuto una durata compresa tra i 9 e 11 anni oppure tra i 7 e i 9, il beneficio viene corrisposto
rispettivamente nella misura del 90% o dell'80%.
L'importo annuale della pensione parlamentare è erogato in dodici mensilità718.
Come già anticipato, a partire dalla X legislatura719, a seguito dell'accordo adottato
dalla riunione congiunta degli Uffici di Presidenza del Congresso e del Senato in data 19
luglio 2011, la pensione parlamentare è stata soppressa 720.
Tuttavia, restano salvi i diritti già acquisiti.
b)
Pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali.
714 Si veda Acuerdo de las Mesas del Congreso de los Diputados y del Senado, de 19 de julio 2011, BOLETÍN
OFICIAL DE LAS CORTES GENERALES, n. 455, IX legislatura, 22 de julio de 2011.
715 Come già ricordato, oggi abrogato dalla riforma del Regolamento pensionistico del 19 luglio 2011. Si veda infra.
716 Una simile disposizione subisce una eccezione nel caso degli ex parlamentari della Legislatura Costituente e
della Prima legislatura, i quali hanno diritto alla pensione anche se hanno esercitato il mandato parlamentare per
meno di 7 anni.
717 La dichiarazione di invalidità permanente ha come presupposti alternativi una condizione di incapacità
permanente totale ai fini dello svolgimento della professione abituale, di incapacità permanente assoluta oppure una
grande invalidità.
718 Secondo quanto riportato nel documento pubblicato dal Congresso dei deputati nel marzo 2012, attualmente sono
79
gli ex parlamentari che percepiscono una pensione parlamentare. L'importo ricevuto da questi ex parlamentari
oscilla tra un minimo di €. 48,60 ed un massimo di €. 2.877,23.
719 La X legislatura è iniziata il 20 novembre 2011.
720 Si veda Acuerdo de las Mesas del Congreso de los Diputados y del Senado, de 19 de julio 2011, BOLETÍN
OFICIAL DE LAS CORTES GENERALES, n. 455, IX legislatura, 22 de julio de 2011. Detto accordo ha stabilito
«(..) la supresión, a partir del inicio de la X Legislatura, del complemento de pensiones establecido en los artículos 1
a 6 del vigente Reglamento. Esta medida se adopta con salvaguardia de los derechos adquiridos hasta ese momento».
245
L'art. 9, comma 1, R.C. pone a carico del Bilancio di ciascuna Camera il versamento dei
contributi previdenziali e assistenziali obbligatori.
L'art. 16, comma 1, del Regolamento delle pensioni parlamentari fissa l'ammontare di
tali contributi nella misura del 10% dell'assegnazione economica di base del
parlamentare721.
Il pagamento di tali contributi garantisce il diritto ad una assicurazione sulla vita, sugli
infortuni, il diritto all'assistenza medica e il diritto alla pensione.
Anche in questo caso, una recente riforma approvata il 25 gennaio del 2012 con un
accordo degli Uffici di Presidenza del Congresso e del Senato, ha disposto la sospensione
del pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali da parte delle Camere722.
c)
Mantenimiento en alta en el Régimen General de la Seguridad Social.
L'art. 7 del Regolamento delle pensioni parlamentari stabilisce che l'ex parlamentare che
ha compiuto 55 anni al momento della conclusione del mandato parlamentare, nella ipotesi
in cui non riesca ad ottenere una nuova occupazione lavorativa o professionale a tempo
indeterminato, può fare richiesta di ricevere il pagamento dei contributi previdenziali da
parte del Parlamento fino alla maturazione del diritto alla pensione.
Attualmente un simile trattamento è assicurato a favore di un solo ex parlamentare.
La riforma regolamentare del 19 luglio 2011 ha abrogato la disposizione appena
esaminata a partire dalla X legislatura723.
c)
Complemento del reddito.
Qualora gli ex parlamentari che si trovano nella condizione contemplata dall'art. 7 del
Regolamento pensionistico, dimostrino di versare in una situazione patrimoniale e
reddituale particolarmente disagiata, possono domandare anche la corresponsione di una
ulteriore sovvenzione economica, pari al 60% dell'assegnazione di base prevista per tutti i
parlamentari ai sensi dell'art. 71, comma 4, C.E.
Tale erogazione verrà effettuata fino al momento in cui i beneficiari avranno maturato i
contributi necessari per andare in pensione724.
Anche il complemento del reddito, disciplinato dall'art. 8 del Regolamento pensionistico,
è stato soppresso dalla riforma regolamentare del 19 luglio 2011, a partire dalla X
legislatura725.
d)
Ulteriori aiuti economici per ex parlamentari e loro familiari.
721 Il contributo corrisposto dalle Camere per ciascun parlamentare ammonta a circa €. 280 mensili.
722 Si veda Acuerdo de las Mesas del Congreso de los Diputados y del Senado, de 25 de enero de 2011.
723 Si veda Acuerdo de las Mesas del Congreso de los Diputados y del Senado, de 19 de julio 2011, BOLETÍN
OFICIAL DE LAS CORTES GENERALES, n. 455, IX legislatura, 22 de julio de 2011.
724 Così prevede l'art. 8 Regolamento delle pensioni parlamentari.
725 Si veda Acuerdo de las Mesas del Congreso de los Diputados y del Senado, de 19 de julio 2011, BOLETÍN
OFICIAL DE LAS CORTES GENERALES, n. 455, IX legislatura, 22 de julio de 2011.
246
Ai sensi dell'art. 9 Regolamento delle pensioni parlamentari, gli ex parlamentari che non
hanno raggiunto il numero di anni di mandato sufficienti ad ottenere la pensione
parlamentare, così come i coniugi rimasti vedovi e i figli minori di 25 anni, possono
domandare la concessione di aiuti economici corrisposti nella misura e nei casi previsti
dall'Ufficio di Presidenza di Camera e Senato.
Salvo che non sia stata scelta l'opzione prevista dall'art. 9, in caso di morte dell'ex
parlamentare con meno di 7 anni di mandato, il coniuge rimasto vedovo e, nell'ipotesi in cui
non siano rimasti coniugi vedovi, i figli minori di 25 anni possono domandare la
corresponsione di un aiuto economico pari a due mensilità dell'assegnazione costituzionale
di base del parlamentare per ciascun anno di mandato726.
Quest'ultima previsione, contenuta nell'art. 10 del Regolamento delle pensioni
parlamentari, è stata abrogata recentemente a seguito della Riforma regolamentare
approvata dagli Uffici di Presidenza del Congresso e del Senato in data 19 luglio 2011.
e)
Indennità provvisoria.
Al momento della fine del mandato parlamentare, i deputati e i senatori uscenti
continuano a percepire una prestazione pecuniaria 727 che gli permetta di far fronte al
periodo di transizione intercorrente tra lo scioglimento della Camera uscente e
l'insediamento di quella nuova728.
f)
Indennità di fine mandato.
I membri del Parlamento che cessano di svolgere la funzione parlamentare hanno diritto
ad una indennità di fine mandato, pari ad una mensilità per ogni anno di mandato o frazione
superiore a sei mesi, con un limite massimo di 24 mensilità.
Tale somma di denaro è corrisposta con cadenza mensile e non può essere percepita
dagli ex parlamentari rimasti in carica meno di due anni.
L'indennità di fine mandato è incompatibile con qualsiasi altro tipo di retribuzione,
salario, diaria, pensione o indennità di qualunque natura, sia pubblica che privata729.
Peraltro, fintanto gli ex parlamentari percepiscono l'indennità di fine mandato, non
possono ottenere la corresponsione della pensione o degli aiuti economici previsti
all'articolo 8.
7. Doveri di trasparenza.
726 Si veda l'art. 10 del Regolamento delle pensioni parlamentari.
727 C.d. indemnización de transición.
728 Art. 11 del Regolamento delle pensioni parlamentari.
729 Quest'ultima previsione è stata inserita per effetto della riforma dell'art. 12 del Regolamento delle pensioni
parlamentari approvata il 19 luglio 2011. Si veda Acuerdo de las Mesas del Congreso de los Diputados y del Senado,
de 19 de julio 2011, BOLETÍN OFICIAL DE LAS CORTES GENERALES, n. 455, IX legislatura, 22 de julio de
2011.
247
A fronte dei numerosi trattamenti economici e benefits loro concessi, i deputati e i
senatori sono tenuti, ai sensi dell'art. 160 della Legge Organica in materia elettorale, ad
adempiere ad alcuni doveri di trasparenza730.
Essi, infatti, sia al momento dell'acquisto che della perdita della condizione di parlamentare sia nel caso di mutamenti della
propria situazione economica, sono tenuti a presentare una dichiarazione indicante la propria situazione patrimoniale, le attività
svolte che possono rappresentare una causa di incompatibilità731 e qualsiasi altra attività che comporta o può comportare entrate
economiche.
Un recente Accordo dell'Ufficio di Presidenza di Camera e Senato del 19 luglio 2011, allo scopo di assicurare la maggiore
trasparenza possibile a tali dati, ha stabilito che le suddette dichiarazioni devono essere pubblicate sia sul Bollettino Ufficiale del
Parlamento, sia in formato elettronico sul sito istituzionale del Congresso e del Senato732
AUTONOMIA CONTABILE E BILANCIO INTERNO
di Emanuele Venzo e Luigi Testa
SOMMARIO: 1. Le fonti sul bilancio interno del Congresso – 2. Il procedimento di approvazione e l’inserimento nel
Bilancio dello Stato – 3. Cenni sull’esecuzione e sul controllo
1. Le fonti sul bilancio interno del Congresso
Lo studio del bilancio interno del Parlamento spagnolo (rectius, per quel che ci riguarda,
della Camera bassa) e del suo procedimento di approvazione si scontra innanzitutto con un
significativo dato, che è quello della scarsezza di indicazioni normative in merito. La fonte
primaria in materia è evidentemente costituita dall’art. 66 della Costituzione, laddove, al
secondo comma, sinteticamente si prevede che le Corti Generali approvino il proprio
bilancio interno in piena autonomia contabile. E si noti che questa disposizione è
pacificamente letta in senso più che estensivo, sembrando implicare non solo «la potestad
de la Càmaras para elaborar y aprobar sus presupuestos sin intromisiòn del Ejecutivo, sino
que tambièn se estiende a su ejecutiòn y control»733. Va da sé che la tutela costituzionale di
questa autonomia è presidio significativo dell’autonomia generale del Parlamento, così
come nel modello italiano: non è necessario soffermarsi oltre, infatti, sulla considerazione
730 L'artícolo 160 della legge Organica in materia elettoriale prevede che «Los Diputados y Senadores, con arreglo a las determinaciones
de los respectivos reglamentos de las Cámaras, están obligados a formular declaración de todas las actividades que
puedan constituir causa de incompatibilidad conforme a lo establecido en esta Ley Orgánica y de cualesquiera otras
actividades que les proporcionen o puedan proporcionar ingresos económicos, así como de sus bienes patrimoniales,
tanto al adquirir como al perder su condición de parlamentarios, así como cuando modifiquen sus circunstancias».
731 Ai sensi dell'art. 159, comma 2 della legge elettorale.
732 Acuerdo de las Mesas del Congreso de los Diputados y del Senado, de 19 de julio 2011, BOLETÍN OFICIAL
DE LAS CORTES GENERALES, n. 455, IX legislatura, 22 de julio de 2011.
733 E. ARANDA ALVAREZ, Los actos parlamentarios no normativos y control jurisdicional, Centro de Estudios
Polìticos y constitucionales, Madrid, 1998, p. 233
248
della stretta funzionalità dell’autonomia finanziaria con il ruolo generale del Parlamento,
che altrimenti sarebbe sotto il continuo ricatto dell’esecutivo.
Scendendo al livello inferiore della gerarchia delle fonti, interessano il nostro discorso
alcune disposizioni del Regolamento del Congresso, che costituiscono lo scarno scheletro
normativo della disciplina di bilancio, di cui si dirà immediatamente sotto. In effetti, il
quadro delle fonti sembra così esaurirsi qui, e pure la Legge Generale di Bilancio dello
Stato cede dinanzi all’autonomia delle Camere, non applicandosi alla fase di elaborazione
del presupuesto parlamentario. La normativa contabile generale, infatti, trova margini di
applicazione soltanto quanto ai principi (o ad alcuni dei principi) generali della legislazione
finanziaria dello Stato. Tra questi principi regolatori – sempre più influenzati dalle esigenze
di cooperazione europea – si situa certamente in posizione centrale quello di stabilità
finanziaria: la Legge Generale di Stabilità Finanziaria (RDLeg 2/2007) include, infatti, tra i
soggetti del proprio campo di applicazione quegli organi costituzionali che sono titolari di
una dotazione differenziata nel Bilancio Generale dello Stato (art. 2.1.a)734. D’altro lato, è
opinione dominante che pure i principi di unità e universalità, consacrati dall’art. 134.2
della Costituzione in relazione al Bilancio Generale dello Stato, siano di applicazione per i
bilanci interni dei diversi organi costituzionali titolari di autonomia contabile. Infine, a parte
i comuni principi di trasparenza, efficienza, e «asignación y utilización de los recursos
públicos», il bilancio interno della Camera è retto da un particolare principio di specialità
qualitativa, quantitativa e temporale – dopo l’approvazione della Legge di Bilancio da parte
delle Camere. «Lo contrario implicaría negar enteramente el valor de aquella regla que
supone un necesario grado de especificación y vinculación de los créditos autorizados para
las concretas finalidades a las que sirven y convertiría al presupuesto parlamentario en un
cajón de sastre disponible enteramente por las Mesas de las Cámaras. Lo mismo sucede con
los demás órganos constitucionales, aunque deba tenerse en cuenta que en relación al
presupuesto de la Casa Real sí se da una exclusión constitucional del principio de
especialidad cualitativa, dado que la transferencia corriente que percibe es global, sin
vinculación a fines o programas concretos»735.
2. Il procedimento di approvazione e l’inserimento nel Bilancio dello Stato
Già le prime valutazioni sul catalogo delle fonti fanno intuire come il procedimento di
approvazione del bilancio interno si configuri, in realtà, come una procedura senza
ingessature formali, per lo più lasciato ad una regolazione in via di prassi. Il primo dato
fondamentale – e quasi auto-evidente – è l’assoluto carattere interno della procedura. Né,
del resto, potrebbe essere altrimenti; l’autonomia di bilancio della Camera, infatti, «si
manifesta […] essenzialmente nella capacità di non subordinare al parere di nessun altro
organo le decisioni concernenti le spese delle assemblee, che vengono pertanto stabilite da
queste in piena autonomia, ed in questa fase non tollerano limitazioni e controlli di sorta,
ma non significa anche che debba essere negata la trasparenza alle operazioni contabili delle
734 Tra questi soggetti, oltre al Parlamento nelle sue due Camere, si enumerano: la Casa Reale, il Tribunal de
Cuentas, la Corte Costituzionale, il Consiglio di Stato e il Consiglio Generale del Potere Giudiziario.
735 M. Á. MARTÍNEZ LAGO, Principios que rigen el presupuesto parlamentario, in Cuadernos de Polìtica Fiscal, 1
dicembre 2011
249
Camere»736. L’art. 31.1.2 del Regolamento camerale prevede che ad elaborare il bilancio
interno sia l’Ufficio di Presidenza, ma, posta la natura tecnico-politica di questo particolare
atto, non risulta difficile comprendere come, in realtà, la redazione sia de facto affidata alla
Direcciòn de Presupuestos y Contratación, che dipende direttamente dal Segretariato
Generale della Camera. Naturalmente, l’Ufficio di Presidenza mantiene comunque il potere
esclusivo di approvazione, come una sorta di formale sanzione finale. E questo nonostante,
in realtà, una diversa lettura della norma potrebbe far credere che solo l’elaborazione sia di
titolarità dell’Ufficio di Presidenza, residuando l’attuazione a favore dell’assemblea. In
realtà, però, concentrare l’approvazione nelle mani dell’Ufficio di Presidenza «evita una
doble votaciòn por parte della Càmara, no se ha de olvidar que dichos presupuestos se
incorporan a los Presupestos Generales del Estado»737 . Così approvato, il bilancio è
trasmesso al Ministero dell’Economia e della Finanza, che provvede ad integrarlo nel
progetto di bilancio generale dello Stato, al pari di quanto avviene per il bilancio interno
degli altri organi costituzionali dotati di autonomia contabile. A questo punto, il
procedimento può quasi ritenersi concluso, posto che il recepimento da parte dell’esecutivo
sembra, secondo taluni, essere un atto meramente formale; «la inclusiòn en los Presupuestos
Generales del Estaso no es màs que una manera de hacer posible la ejecuciòn de las
previsiones de las Càmaras»738. Stando così le cose, dunque, il nodo problematico della
vicenda è costituito dalla possibilità o meno per il governo di intervenire in melius o in
peius sulle cifre presentante dall’Ufficio di Presidenza della Camera, ed appare subito
evidente come la principale preoccupazione, qui, sia quella di non compromettere
l’autonomia della Camera. Come si diceva prima, infatti, tutta questa materia è retta
dall’esigenza di impedire una «asfissia finanziaria» del Parlamento. Si capisce, quindi,
come il combinato disposto degli artt. 72.1 e 134.1 della Costituzione spagnola quasi
imponga l’automatica inclusione dei bilanci interni delle camere senza alcun intervento
modificativo da parte del Governo. Evidentemente, tuttavia, neanche è accettabile una
interpretazione strettamente formale del divieto di modifiche governative: come qualcuno
ha osservato, il bilancio presentato dall’Ufficio di Presidenza non ha un valore quasi di res
judicata, e possono ben ipotizzarsi ipotesi di contrasto tra Parlamento ed Esecutivo. È
innanzitutto il buon senso a suggerire che queste ipotesi ben potranno concludersi con
modifiche che attengano al profilo non sostanziale, ma meramente quantitativo della
proposta di derivazione parlamentare. «No suponemos que las alteraciones pudieran
centrarse en el detalle de los objetivos y finalidades de los créditos, pues aquí la facultad
autónoma de decisión del Parlamento de emplear las sumas en una u otra atención, siempre
dentro de lo posible y no comprometido, primaría frente a cualquier otra
consideración»739. Dunque, secondo una certa impostazione – naturalmente contrastata
non da pochi – l’esecutivo potrebbe intervenire sul dato meramente quantitativo (per lo
meno in ipotesi di particolari esigenze di bilancio generale), senza spingersi tuttavia fino a
736 M. L. MAZZONI HONORATI, Osservazioni su alcune discusse prerogative parlamentari: L’autonomia contabile e
la Giustizia domestica, in Quaderni di Diritto Pubblico, Giuffrè Editore, 1987, p. 49
737 E. ARANDA ALVAREZ, Los actos parlamentarios no normativos y control jurisdicional, cit., p. 234
738 S. MONTEJO VELILLA, El règimen econòmico del parlamento desde el punto di vista de la autonomìa financiera,
in AA. VV., El Parlamento y sus transformaciones actuales, Tecnos, Madrid, 1990, p. 365
739 M. Á. MARTÍNEZ LAGO, Elaboración y aprobación del presupuesto parlamentario, in Cuadernos de Polìtica
Fiscal, 1 dicembre 2011
250
riallocare le risorse in maniera diversa dalla distribuzione approvata dall’Ufficio di
Presidenza.
Non meno problematica è la questione circa l’ammissibilità o meno di emendamento del
disegno di bilancio – nella parte relativa al bilancio interno di una Camera – da parte di
esponenti dell’altra Camera. Qui, evidentemente, il problema non è tanto quello
dell’autonomia del Parlamento rispetto all’Esecutivo, quanto piuttosto quello di garantire
l’autonomia di ciascuna Camera, all’interno di un sistema di parlamentarismo bicamerale.
Si tratta, in pratica, mutatis mutandis, di una situazione che è interessata dalle stesse
esigenze che presidiano l’approvazione monocamerale del Regolamento di assemblea – in
Spagna come nel nostro ordinamento.
Come si è inteso, si è dinanzi ad un procedimento complesso e delicato, in cui, oltre
che l’elemento giuridico, è presente una forte componente politica. In fondo, i cortocircuiti
istituzionali di cui sopra spesso saranno evitati solo passando per una vita di informale
dialettica politica tra l’esecutivo e l’Ufficio di Presidenza. «Habrán de ser, por tanto, los
Presidentes de las Comisiones de Presupuestos y de ambas Cámaras los que cuiden por que
ese equilibrio no se rompa en el caso de enmiendas que supongan aumento de créditos en
las secciones presupuestarias de las Cortes y de los restantes órganos constitucionales,
exigiendo su presentación compensada con una disminución de gastos en otros conceptos
de la misma sección»740. Una soluzione in questo senso diplomatica è tanto più necessaria
quando il rischio è quello di mancare l’approvazione del bilancio entro i termini ad hoc. Nel
caso in cui l’accordo non dovesse trovarsi e dovesse scadere inutilmente il termine per
l’approvazione definitiva, il Congresso si vedrà prorogato il bilancio dell’esercizio
precedente – così come accade per il bilancio generale dello Stato (art. 134.4, CE).
Quanto all’intrinseco dell’atto, il Regolamento Parlamentare individua un contenuto
minimo necessario. Ai sensi dell’art. 28, innanzitutto, sono a carico del bilancio del
Congresso le sovvenzioni – in parte fisse, in parte variabili in funzione del numero di
deputati – ai diversi gruppi parlamentari presenti in assemblea, come determinati
dall’Ufficio di Presidenza «dentro de los límites de la correspondiente consignación
presupuestaria». Inoltre, a carico del bilancio interno sono pure le indennità a favore dei
deputati di cui all’art. 8 del Regolamento; anzi, proprio queste costituiscono forse la voce
più importante di esso – almeno da un punto di vista quantitativo. Come è stato notato in
alcuni studi analitici741, «el peso de èstas en el conjunto de los gastos de las Càmaras es del
todo determinante, de manera que hay una vinculacion directa e inmediata entre los
aumentos en los presupuestos de la Cortes y los incrementos en las retribuciones de los
parlamentarios»742. La fonte regolamentare non sembra chiedere di più, e la struttura
interna del bilancio è, quindi, lasciata alla prassi di ciascuna delle due Camere. Con
riferimento alla prassi attuale, è previsto un primo capitolo dedicato al costo del personale,
in cui sono incluse le retribuzioni dei deputati743; un secondo capitolo è dedicato ai costi
740 ibidem
741 Tra tutti, E. JIMENÈZ, Règimen jurìdico de las retribuciones de los Diputados y Senadores, Boletìn Oficial del
Estado – Centro de Estudios Constitucionales, Madrid, 1994, pp. 333 ss.
742 E. JIMENÈZ, Règimen jurìdico de las retribuciones de los Diputados y Senadores, cit., p. 385
743 Con riferimento al bilancio per il 2012, il capitolo relativo al costo del personale ha subito una riduzione del
5,48%, attualmente consistendo in € 35.454.916,35, anche a motivo della decisione di congelare – per la quarta volta
consecutiva – le retribuzioni dei deputati.
251
correnti per beni e servizi744; ulteriori capitoli sono riservati ai “trasferimenti correnti”, di
cui la voce più importante è quella del contributo ai gruppi parlamentari 745 , e agli
investimenti reali746.
3. Cenni sull’esecuzione e sul controllo
«Si corrisponde a los Presidentes de las Càmaras, en nombre de las mismas, el ejercicio
de todos los poderes administrativos, no es lògico pensar que la ejecuciòn del Presupuesto
[…] sean proprias de òrganos externos a las mismas»747 . Autonomia contabile della
Camera non significa soltanto potere di approvazione interna, ma necessariamente si
estende anche alla fase di esecuzione e di controllo. Entrambe queste fasi sono assegnate
dall’art. 31 agli autentici protagonisti sostanziali dell’autonomia contabile della Camera:
all’Ufficio di Presidenza è assegnata la direzione e il controllo sul bilancio, oltre che il
potere di disporre le spese della Camera; mentre al Presidente d’assemblea è assegnato il
potere di ordinare i pagamenti, oltre che una serie di altre funzioni minori di esecuzione.
La stessa disposizione regolamentare prevede che proprio l’Ufficio di Presidenza, al
termine di ogni esercizio finanziario, presenti all’assemblea un’informativa sull’esecuzione
del bilancio, sebbene in realtà, almeno ad oggi, non si incontra di quest’atto governativo
nessun riscontro nei lavori parlamentari pubblicati. Se confermata, si tratta di una mancanza
grave: nessun controllo esterno è, infatti, previsto per la gestione contabile della Camera.
L’unica forma di controllo «corresponde a la Intervenciòn748 propria de cada Càmara, que
està orgànicamente incorporada a casa Secreterìa General, por lo tanto, se excluye la
actuaciòn de la Intervenciòn General del Estado y del Tribunal de Cuentas»749. Anche da
questo punto di vista, dunque, l’autonomia contabile del Congresso conosce una protezione
certamente fortissima. Una iper-protezione che ha, come controversa conseguenza, una
certa mancanza di trasparenza che non può mancare di suscitare critiche – o almeno
perplessità – da diverse parti dell’opinione pubblica750.
DEPUTATO E GRUPPO NELLA CAMERA BASSA
di Luigi Testa
744 Sempre con riferimento al 2012, il capitolo sui beni e i servizi ammonta a € 37.557.031,11, con una riduzione
significativa della parte desinata alle spese di rappresentanza (-45,69 %), agli spostamenti dei mebri di commissioni o
di delegazioni ufficiali (-14,55%) e ai costi di trasporto in generale (-8,32%).
745 Nel 2012, la parte sui trasferimenti correnti aumenta del 2,34 %, in conseguenza dell’aumento dei gruppi
parlamentari nella legislatura in corso. La cifra totale ammonta a € 10.567.538,42.
746 Il capito relativo agli investimenti reali per il 212 prevede una spesa di € 3.363.965,08, subendo una diminzuione
dell’11,5 % rispetto all’anno precedente.
747 S. MONTEJO VELILLA, El règimen econòmico del parlamento desde el punto di vista de la autonomìa financiera,
cit., p. 367
748 Si tratta dell’organo di controllo interno della gestione economico – finanziaria.
749 E. ARANDA ALVAREZ, Los actos parlamentarios no normativos y control jurisdicional, cit. , p. 236
750 Del resto, anche per compilare l’essenziale ricerca che si è fatta sul tema, notevole è stata la difficoltà, posto il
quasi sempre inutile sforzo di trovare materiale chiaro e completo sia sul dato procedurale che su quello sostanziale di
questa autonomia contabile del Congresso.
252
SOMMARIO: 1. Alcuni cenni storici - 2. Il quadro normativo vigente - 3. La disciplina regolamentare sulla formazione
dei gruppi - 4. Il deputato e la disciplina di gruppo - 5. Disciplina di gruppo e « carattere resistente » del manda
1. Alcuni cenni storici
L’istituto del gruppo parlamentare trova pieno riconoscimento nella storia del
costituzionalismo spagnolo nel corso della Seconda Repubblica (1931 – 1939), pur non
essendo del tutto sconosciuto nella storia costituzionale precedente, almeno in via di prassi.
Il nuovo corso che si istaura dopo l’esperienza di Primo de Rivera, pretendendo di
presentarsi come regime di natura parlamentare751, non può, evidentemente, trascurare di
confrontarsi con quello che è ormai il modello strutturale e funzionale di ogni Parlamento
liberale contemporaneo. Non si tratta, tuttavia, di un riconoscimento solenne. I gruppi –
inizialmente fracciones polìticas – entrano nell’ordinamento attraverso la previsione dell’art.
62 della Costituzione repubblicana del 1931, il quale provvede ad istituzionalizzare la
cosiddetta Diputaciòn Permanente presso le Cortes Generales. Quest’organo avrebbe
dovuto essere composto, al massimo, da dodici rappresentanti delle distinte formazioni
politiche secondo un criterio proporzionale rispetto alla loro forza numerica in aula. La
portata della citata disposizione è certamente rilevante almeno per due ragioni. Non solo
essa – come è stato già notato – introduce un primo riconoscimento dei gruppi parlamentari
proprio a livello costituzionale, ma, rilievo non meno fondamentale, il riferimento al criterio
di proporzionalità di cui si è detto configura il regime parlamentare che si andava a costruire
come fondato «sobre la vigencia de un pluralismo partidista dentro de la instituciòn del
Parlamento» 752 . Alla previsione costituzionale dell’art. 62 fa seguito il Regolamento
provvisorio delle Corti Costituenti del 1931, che, in maniera più diretta ed esplicita di
quanto visto per la Costituzione 753 , consacra la funzione (oltre che, evidentemente,
l’esistenza) dei gruppi soprattutto nelle dinamiche di formazione delle commissioni
parlamentari. In realtà, a parte gli entusiasmi per il primo riconoscimento formale, gli artt.
11 e 12 del Regolamento provvisorio ancora faticano a cogliere la reale portata del ruolo dei
751 «Cuando los hombres de 1931 se encontraron ante la oportunitad de levantar un nuevo sistema politico, existìa
un punto sobre el cual apenas hubo lugar a debate: el caràcter parlamentario de las relaciones de poder en el nuevo
sistema. La vocaciòn parlamentaria de los nuevos artìfices de la Segunda Repùblica era algo que estaba por encima
de cualquier discrepancia ideològica», C. VARELA, Partidos y Parlamento en la II Repùblica, Fundaciòn Juan March
y Ed. Ariel, Barcellona, 1978, p. 80
752 J. M. MORALES ARROYO, Los grupos parlamentarios en las Cortes Generales, Centro de Estudios
Constitucionales, Madrid, 1990, 90; cfr. pure L. SÀNCHEZ AGESTA, El reconocimiento constitucional de los partidos
en España, in PEDRO DE VEGA (a cura di), Teorìa y pràctica de los partidos polìticos, Cuadernos para el Diàlogo,
Madrid, 1977, p. 241
753 «Hay que reconocer, sin embargo, que de hecho el reconocimiento de los grupos parlamentarios, y, por ende de
los partidos polìticos, en la pràctica existìan ya en tempos de la monarquìa en los escaños del Parlamento español […];
pero, en realidad, la verdad, no tuvieron una validez plena hasta el Reglamento provisional», M. CILLÀN GARCÌA DE
ITURROSPE, Historia de los Reglamentos parlamentarios en España, vol. I, Universidad Complutense, Madrid, 1985,
p. 356
253
gruppi nella vita dell’assemblea parlamentare. La regola generale da cui si parte è quella
della corrispondenza tra gruppo parlamentare e partito nelle cui liste si è stati eletti; è
certamente riconosciuta la possibilità di un gruppo di indefinidos o indipendientes che sia il
collettore di quei parlamentari che non si siano iscritti a nessun gruppo, ma
un’interpretazione restrittiva del terzo comma dell’art. 11 porta a ritenere questa opzione
valida soltanto per i membri delle Corti Generali che non siano già iscritti ad alcun
partito754. Inoltre, senza volersi addentrare troppo nell’analisi della disciplina del ’31, pare
quasi che i gruppi, in primo piano nel procedimento di formazione delle Commissioni, poi
siano dimenticati dal Regolamento provvisorio in tutto il resto dei lavori delle Camere,
tanto che c’è chi ha osservato come la disciplina in questione resti comunque improntata ad
un carattere pressoché presidenzialista ed individualista755.
Un passo avanti è fatto dal Regolamento parlamentare approvato il 29 novembre 1934.
La regola della corrispondenza tra gruppo e partito di appartenenza appare qui fortemente
attenuata, tanto che pare da ritenersi che il Regolamento non obbligasse l’iscrizione ad un
determinato gruppo, prevendo espressamente la possibilità di «diputados no adscritos a
ningùn grupo parlamentario» (v. ad esempio, l’art. 73.3 del Regolamento, il quale rimodula,
in minus, il diritto per questa categoria di presentare emendamenti in aula). Rispetto alla
disciplina del Regolamento provvisorio, è da notare, inoltre, la previsione di un consenso
condizionante del gruppo già costituito cui si chiede di aderire (art. 11.3), mentre
particolarmente rilevante – anche alla luce delle posizioni oggigiorno tenute dal Tribunale
Costituzionale, di cui plus ultra – è la previsione per cui l’abbandono del gruppo di
appartenenza comporta la decadenza automatica dagli incarichi parlamentari di cui l’eletto
era titolare in forza della designazione del gruppo. Come è stato notato, «la trascendencia de
esta ùltima disposiciòn no necesita ser resaltada: simplemente supone reconocer que los
cargos y lo puestos en comisiòn son del grupo, no del diputado»756.
Ovviamente, la storia dei gruppi parlamentari è sospesa tout court con la lunga parentesi
franchista. Non ha senso, evidentemente, parlare di gruppi o frazioni parlamentari
all’interno di un Parlamento che, ai sensi della Ley Constitutiva de Cortes del 1942, non
disponeva di autonomia normativa, dovendo approvare il proprio regolamento «de acuerdo
con el Gobierno». Il discorso riprende – come un heri dicebamus già collaudato in Italia –
con la fine del regime di Franco, e, come nell’esperienza della Seconda Repubblica,
appartiene sin da subito al sentire comune la necessità di provvedere ad una regolazione dei
gruppi parlamentari. Nei lavori costituenti, infatti, «se discute el còmo constituir los grupos,
sobre què criterios, no si deben o no existir los grupos»757. Nel marzo del 1976, intanto,
arriva un Disposiciòn del Presidente della Camera, cui il Regolamento del 1971 – ancora
provvisoriamente in vigore – assegnava una sorta di potere pretorio in caso di dubbi o
lacune regolamentari. La Disposiciòn, in breve, autorizzava la costituzione di gruppi
parlamentari, con un numero minimo derogabile di cinquanta, ma, di fatto, lasciava loro un
ruolo marginalissimo nella vita del Parlamento, non intervenendo ad una modifica dei
754 Testualmente, la norma recita: «Aquellos Diputados que no pertenecieran a partido alguno, podràn unirse entre sì
o manifestar a qué fracciòn màs afìn desean ser incorporados para los efectos del règimen polìtico de la Càmara».
755 J. M. MORALES ARROYO, Los grupos parlamentarios en las Cortes Generales, cit., p. 93
756 J. M. MORALES ARROYO, Los grupos parlamentarios en las Cortes Generales, cit., p. 97
757 J. M. MORALES ARROYO, Los grupos parlamentarios en las Cortes Generales, cit., p. 102
254
Regolamenti delle Corti Generali. Come ha notato un autore, «la reculaciòn no contemplaba
grupos parlamentarios, sino meros agregados ocasionales de procuradores»758.
2. Il quadro normativo vigente
La scelta del 1978 è, dunque, quella di costituzionalizzare i gruppi parlamentari, che
fanno la loro comparsa in ben due disposizioni della norma fondamentale del Paese.
Innanzitutto, l’art. 99 prevede che, al pari di quanto accade nel nostro ordinamento, il Capo
dello Stato, al momento dell’incarico per la formazione del nuovo governo, consulti, tra gli
altri, anche i rappresentanti dei «grupos polìticos con representaciòn parlamentarìa», che
quindi acquistano una dignità sui generis. Forse, però, ancora più rilevante è l’art. 78, dove,
di nuovo, come all’inizio della nostra parabola, ritroviamo la composizione di una
Diputaciòn Permanente formata da un numero di rappresentanti dei gruppi parlamentari,
secondo il solito criterio della proporzione rispetto alla loro consistenza numerica in aula.
Non si tratta, evidentemente, di una cosa da poco. Va infatti considerato preliminarmente
come la Diputaciòn Permanente sia un organo, necessario, «de especial trascendencia pera
nuestra forma de gobierno»759: si tratta di un organo con funzioni suppletive e in un certo
senso emergenziali rispetto ai poteri delle Camere760. Proprio il carattere necessario di
quest’organo, per relationem, fonda il carattere necessario dei gruppi parlamentari, i quali
proprio in forza della loro partecipazione alla Diputaciòn Permanente non potranno essere
vietati761, se non mercé una fonte di rango costituzionale762.
Gli effetti di un riconoscimento così importante – nonostante quello che prima facie
potrebbe apparire – si riflettono in misura rilevante nei Regolamenti del parlamento
democratico (per quel che qui ci riguarda: nel Regolamento del Congresso dei Deputati).
Come è stato non senza ragione notato, «la disyuntiva entre adoptar un reglamento de
grupos o un reglamento de parlamentarios se resuelve en la Càmara baja en favor del primer
tipo mediante el otorgamiento de una mayor relevancia y presencia en la vita de la Càmara
a los sujetos colectivos frente a los individuales» 763 . In effetti, nelle dinamiche del
Congresso dei Deputati, si può dire davvero che «el Diputado apenas existe considerado
758 A. TORRES DEL MORAL, Los grupos parlamentarios, in RDP, 9, 1981, p. 30
759 A. SAIZ ARNAI, Los grupos parlamentarios, Congreso de los Diputados, Madrid, 1988, p. 92
760 art. 78, Costituzione Spagnola: «1. En cada Cámara habrá una Diputación Permanente compuesta por un mínimo
de veintiún miembros, que representarán a los grupos parlamentarios, en proporción a su importancia numérica. 2.
Las Diputaciones Permanentes estarán presididas por el Presidente de la Cámara respectiva y tendrán como funciones
la prevista en el artículo 73, la de asumir las facultades que correspondan a las Cámaras, de acuerdo con los artículos
86 y 116, en caso de que éstas hubieran sido disueltas o hubiere expirado su mandato, y la de velar por los poderes de
las Cámaras cuando éstas no estén reunidas. 3. Expirado el mandato o en caso de disolución, las Diputaciones
Permanentes seguirán ejerciendo sus funciones hasta la constitución de las nuevas Cortes Generales. 4.Reunida la
Cámara correspondiente, la Diputación Permanente dará cuenta de los asuntos tratados y de sus decisiones».
761 cfr. A. SAIZ ARNAI, Los grupos parlamentarios, cit., p. 92
762 In realtà, probabilmente neanche una fonte di rango costituzionale potrebbe, almeno secondo taluni, vietare i
gruppi parlamentari, posto che essi concretano quel principio di pluralismo politico che è uno dei valori supremi
dell’ordinamento spagnolo [cfr. J. CAPÒ, Consideraciones sobre los nuevos Reglamentos de las Càmeras en sus
aspectos organizativos, in Anuario de Derecho Politico 1983, Barcellona, 1984, p. 117].
763 J. M. MORALES ARROYO, Los grupos parlamentarios en las Cortes Generales, cit., p. 108
255
como tal individualmente»764. Al singolo membro del Congresso è lasciato uno spazio di
iniziativa davvero marginale, a cominciare dal profilo dell’iniziativa legislativa.
Diversamente da quanto stabilisce la Costituzione Italiana all’art. 71, il costituente spagnolo
ha scelto di conferire l’iniziativa legislativa, tra gli altri, al Congresso ed al Senato, e non a
ciascuno dei suoi membri. Così, ai sensi dell’art. 126 del Regolamento della Camera bassa,
un deputato può presentare con successo un disegno di legge soltanto se accompagnato da
quattrodici firme, il che significa, al di là della formula di stile, che potrà presentare un
disegno di legge soltanto se con il sostegno del proprio gruppo parlamentare765. Addirittura,
anche la sola presentazione di un emendamento da parte del singolo deputato dovrà essere
accompagnata dalla firma del portavoce del gruppo (art. 110, RCD). Al singolo
parlamentare resta la possibilità di presentare autonomamente interpelaciones (art. 180) e
preguntas (art. 185) al Governo e a ciascuno dei suoi membri, ma «esta laxitud, como bien
se sabe, choca frontalmente con una realidad en la que la tramitación de esas preguntas e
interpelaciones está sometida de hecho a la voluntad del grupo parlamentario. Si el grupo no
la asume como propia, no llegará a tramitarse nunca ya que no se inclurá en el orden del día
correspondiente. Ningún instrumento garantiza al Diputado la tramitación de su
iniciativa»766. Del resto, le interpelaciones e le preguntas di cui sopra sono inserite in un
calendario che tiene conto dell’appartenenza politica dell’interpellante, come, d’altronde,
tutti i tempi e le modalità di intervento nelle discussioni in aula sono prevalentemente
lasciati alla concertazione tra Presidente e portavoce dei gruppi, e la ripartizione dei tempi
assegnati a ciascun gruppo, nel contingentamento degli interventi, è materia di esclusiva
risoluzione interna767. Infatti, «i tempi della discussione sono rigidamente predeterminati
ed assegnati non ai singoli ma ai gruppi e al loro interno ripartiti dal Portavoz. In particolare,
ciò accade per i dibattiti di particolare importanza politica, come quelli che precedono la
fiducia del Governo (art. 171.3 RCD) o seguono la presentazione da parte di quest’ultimo
della questione di fiducia (art.174.3 RCD). Solo se si tratta di una mozione di sfiducia
presentata non da uno o più gruppi ma da un decimo dei deputati (art. 113.2 CE), questi
ultimi, nella loro qualità di firmatari, hanno diritto d’intervenire ad apertura del dibattito,
che però prosegue con l’intervento dei rappresentanti dei gruppi (art. 177.1 e 177.2
RCD)»768.
Senza timore di esagerare, si può quindi asserire che il deputato non è mai verso sciolto.
Egli, senza il gruppo, praticamente non esiste. Del resto, diversamente dalle esperienze pre1978 di cui si è fatto cenno sopra, il modello parlamentare oggi vigente in Spagna prevede
764 J. TUDELA ARANDA, La posición del Diputado en el Parlamento español desde un estudio de los reglamentos
internos de los Grupos Parlamentarios, in Revista parlamentaria de la Asamblea de Madrid, n. 20, Madrid, 2009, p.
170
765 Il gruppo parlamentare nel suo insieme, invece, può presentare un disegno di legge con la sola firma del
portavoce.
766 J. TUDELA ARANDA, La posición del Diputado en el Parlamento español desde un estudio de los reglamentos
internos de los Grupos Parlamentarios, cit., p. 169
767 «Si parece plausible un reparto de intervenciones en función de los grupos parlamentarios, lo que ya no está
escrito en ninguna parte es la for- ma de determinar la designación de los intervinientes por estos. Se trata de una
cuestión de notable importancia ya que de ella dependerá la visibilidad y por ende la posibilidad de cualquier
protagonismo político del Diputado», J. TUDELA ARANDA, La posición del Diputado en el Parlamento español desde
un estudio de los reglamentos internos de los Grupos Parlamentarios, cit., p. 170.
768 S. CURRERI, Partiti e gruppi parlamentari nell’ordinamento spagnolo, Firenze University Press, Firenze, 2005, p.
209
256
l’obbligatorietà dell’iscrizione ad un gruppo: senza incorporazione in un gruppo, il deputato
tamquam non esset. Ecco perché, come si anticipava in parte sopra, il Parlamento spagnolo
è essenzialmente un Parlamento di gruppi, molto più di quanto questo non sia vero per il
Parlamento italiano. Anzi, come è stato da qualcuno notato, forse si tratta di un «Parlamento
di capogruppi»: un sistema basato non sui rappresentanti, ma sui «rappresentanti dei
rappresentanti»769.
3. La disciplina regolamentare sulla formazione dei gruppi
Come si è visto, dunque, «al di là della stringatezza del Testo fondamentale, i gruppi
ricevono ampia considerazione nei regolamenti delle Cortes»770. Innanzitutto, in apertura
del Titolo II del Regolamento del Congresso, è chiarito che un gruppo parlamentare potrà
essere costituito: da un numero non inferiore a cinque deputati; oppure, da un numero di
deputati della stessa formazione politica inferiori a cinque, ma che abbiano ottenuto almeno
il 15% dei suffragi nella circoscrizione in cui avevano presentato la candidatura; o ancora,
da un numero di deputati inferiori a cinque, ma che abbiano ottenuto almeno il 5% dei voti
nazionali (art. 23.1). La costituzione dei gruppi parlamentari dovrà avvenire entro cinque
giorni dalla sessione costitutiva del Congresso, con una formalizzazione scritta inviata
all’Ufficio di Presidenza della Camera e firmata da tutti i deputati che intendono far parte
del gruppo nascente; tale documento costitutivo, oltre ai nominativi di tutti i membri,
indicherà anche un portavoce e un numero non determinato di parlamentari che lo possano,
all’occorrenza, sostituire (art. 24). Allo stesso modo, il deputato che entri nella sua titolarità
quando i gruppi siano già regolarmente costituiti dovrà aderire ad uno di essi entro cinque
giorni, previa l’accettazione da parte del portavoce del gruppo cui si chiede l’incorporazione
(art. 26). Nel caso in cui questa accettazione manchi, o, più comunemente, nel caso in cui il
termine di cinque giorni decorra inutiliter – per colpa o con l’intenzione del deputato – il
parlamentare si considererà ipso jure iscritto al gruppo cosiddetto misto771. È chiaro,
dunque, che la disciplina in materia non abbia più come regola di partenza quella della
coincidenza tra gruppo parlamentare e partito di appartenenza – diversamente da come
accadeva nell’esperienza della Seconda Repubblica772.
Cercando di essere il più analitici possibile, ciò che il deputato può fare è, innanzitutto,
iscriversi al gruppo parlamentare corrispondente al partito di appartenenza: è questa
l’ipotesi più normale, se si vuole; certamente, è l’ipotesi più incentivata dalla normativa
regolamentare in materia. Addirittura, nel Reglamento provisional del Congreso de los
Diputados del 1977, l’iniziativa della costituzione dei gruppi – e dell’iscrizione ad esso dei
suoi membri – non era nella disponibilità dei parlamentari, ma spettava alle forze politiche e
alle coalizioni di appartenenza. Nel nuovo regime, invece, «il gruppo si pone come
769 M. B. SANTAOLALLA LÒPEZ, Mandato representativo, estatuto del parlamentario y partidos. España, in AA. VV.,
Democracia representativa y parlamentarismo, Secretarìa General del Senado, Marid, 1994, p. 182 ss.
770 A. CIANCIO, I gruppi parlamentari, Bonanno, Acireale - Roma, 2008, p. 54-55
771 Giustamente il gruppo misto può ritenersi un « gruppo necessario », posta l’obbligo di aggregazione di cui si è
appena visto (cfr. A. CIANCIO, I gruppi parlamentari, cit., p. 55)
772 Sostiene l’opinione contraria, inter alios, S. CURRERI, Partiti e gruppi parlamentari nell’ordinamento spagnolo,
Firenze University Press, Firenze, 2005.
257
tendenziale emanazione, ma non come automatica trasposizione del partito»773, per cui
nulla impedisce al parlamentare di iscriversi ad un gruppo diverso da quello di riferimento.
C’è da dire, tuttavia, che l’iscrizione del deputato appena eletto ad un gruppo diverso è
fenomeno invero assai raro (mentre più frequente è il passaggio da un gruppo ad un altro, di
cui però di ci occuperà oltre). «La prassi parlamentare dimostra che si tratta di casi
sporadici, motivati non da ragioni di dissenso individuale – alquanto improbabili, dato il
breve intervallo che intercorre tra l’elezione e il termine di cinque giorni dalla seduta
costitutiva della Camera entro cui i gruppi devono costituirsi – ma da precise scelte
politiche. Per lo più si tratta, infatti, di permettere la costituzione in gruppo di un partito
politicamente affine o ‘amico’ attraverso il ‘prestito temporaneo’ di alcuni parlamentari,
cosicché esso possa godere delle prerogative connesse all’acquisizione di tale status»774. Il
parlamentare, poi, ha una terza possibilità: quella di passare al gruppo misto – questo
«gruppo amorfo»775, come è stato definito, o «gruppo simulato»776 , «una specie di
purgatorio politico»777. Si noti, tra l’altro, che, diversamente da quanto accade in Italia,
nell’ordinamento spagnolo vige il divieto di costituire raggruppamenti politici all’interno
del gruppo misto, sebbene, almeno in un caso, a questa regola si sia derogato senza
particolare scandalo 778 . Vi è, infine, una quarta strada: ai sensi dell’art. 24.3 del
Regolamento camerale, i deputati che non siano membri di nessun gruppo parlamentare
potranno associarsi a qualcuno di essi, previo l’assenso del portavoce. I deputati asociados,
dunque, pur non essendo membri a pieno titolo del gruppo, si impegnano ad esprimere una
posizione politica vicina a quella scelta, senza tuttavia essere vincolato alle indicazioni di
voto impartite.
Visto, con una sintesi necessaria, ciò che il deputato può fare, è opportuno chiedersi ora,
invece, cosa il deputato non possa fare. Certamente, innanzitutto, il deputato non può restare
monade: non può pretendere di non essere iscritto, o associato, a nessun gruppo. Si è già
visto come l’iscrizione ad uno di essi – in un termine che dai più è ritenuto perentorio e non
meramente ordinatorio – sia condizione necessaria per poter essere «cittadino del
Parlamento con pienezza di diritti»779. Diversamente da quanto visto per il Regolamento
del 1934, il nuovo regime non prevede la figura del parlamentare non iscritto, per il «timore
che all’interno delle Cortes potessero emergere individualismi e personalismi in grado di
minacciare l’intero assetto costituzionale democratico»780. Ovviamente, nessun deputato
potrà neanche essere inscritto a più di un gruppo parlamentare (art. 25), mentre più
interessante, almeno ai nostri fini, è la previsione del secondo comma dell’art. 23 del
773 S. CURRERI, Partiti e gruppi parlamentari nell’ordinamento spagnolo, op. cit., p. 217
774 S. CURRERI, Partiti e gruppi parlamentari nell’ordinamento spagnolo, op. cit., p. 226. Prassi comunque censurata
dalla giurisprudenza costituzionale; v. soprattutto la sentenza del Tribunale Costituzionale n. 64 dell’11 marzo 2002.
775 J. M. MORALES ARROYO, Los grupos parlamentarios en las Cortes Generales, op. cit., p. 130 e 180 ss.
776 G. U. RESCIGNO, Corso di diritto pubblico, Zanichelli, Bologna, 1982, p. 395
777 N. PÉREZ-SERRANO JÀUREGUI, Los grupos parlamentarios, Tecnos, Madrid, 1989, p. 71
778 Nel corso della III legislatura, con la Resoluciòn del la Presidencia del 9 settembre 1986, si autorizzava la
costituzione di raggruppamenti parlamentari all’interno del gruppo misto, che era diventato, per composizione
numerica, il terzo più grande in aula, riconoscendo loro alcuni dei medesimi diritti spettanti ai gruppi costituitisi
regolarmente all’inizio della legislatura (e.g. la nomina di un portavoce).
779 E. OBERMANN, Alter und Konstanz von Fraktionen, Veränderungen in deutschen Parlamentsfraktionen seit dem
Jahre 1920, Meisenheim am Glam, 1956, p. 101
780 E. CANITANO, Rappresentanza politica e gruppi parlamentari nella Costituzione spagnola del 1978, in Nomos,
2001, p. 58
258
Regolamento del Congresso, il quale vieta ai parlamentari di uno stesso partito di costituire
un gruppo parlamentare autonomo. Anticipando in parte quello che si andrà a vedere a
proposito del vincolo di mandato, «il divieto di costituire nuovi gruppi parlamentari in corso
di legislatura, che sarebbe incostituzionale se ci si limitasse ad un’interpretazione della
rappresentanza politica dell’eletto fondata esclusivamente sul divieto di mandato imperativo,
è, invece, pienamente legittimo perché non viola (anzi tutela) sia il diritto dei cittadini di
essere rappresentati ex art. 23.1 CE da coloro che sono stati eletti perché candidati dai
partiti politici, sia il diritto degli eletti d’accedere e d’esercitare il loro mandato in
condizioni d’eguaglianza ex art. 23.2 CE»781. In pratica, dunque, in corso di legislatura il
deputato che voglia lasciare il proprio gruppo ha una sola possibilità: quella di chiedere
l’iscrizione ad un gruppo diverso e già esistente, pur nello stringente limite temporale
previsto dall’art. 27.1 del Regolamento, di cui si dirà meglio oltre782.
4. Il deputato e la disciplina di gruppo
Posta, come si è cercato di dimostrare, la natura gruppo-centrica del Congresso spagnolo,
si comprende facilmente come, nell’analisi del rapporto tra parlamentare e gruppo di
appartenenza, acquisti rilevanza specifica la questione sulla natura e sui limiti della
disciplina interna al gruppo stesso. Gli stringenti limiti regolamentari, infatti, lasciano che,
in parte prevalente, sia la disciplina interna del gruppo a definire la geometria
dell’autonomia del singolo deputato, con il rischio che il Parlamento diventi niente altro che
una «cassa di risonanza» delle decisioni prese, a monte, dai partiti783. «El Diputado elegido
bajo la premisa de la prohibición del mandato imperativo, sujeto de unos derechos
fundamentales ligados a su condición de representante, se ve condicionado por una norma
casi desconocida. De esta forma, es fácil ver en la misma la expresión máxima de la
781 S. CURRERI, Partiti e gruppi parlamentari nell’ordinamento spagnolo, cit., 256
782 Molto critico rispetto all’impianto generale della normativa esaminata è il già citato S. CURRERI, secondo il quale
sarebbe ravvisabile una certa « schizofrenia » istituzionale: « I regolamenti parlamentari spagnoli […] per un verso
vogliono che i gruppi siano espressione di partiti politici presentatisi alle elezioni, ed a tal fine vietano a ciascun
partito di frazionarsi in più gruppi; per altro verso consentono tale frazionamento ai loro parlamentari, i quali restano
liberi d’iscriversi ad inizio legislatura al gruppo di un partito diverso da quello in cui è stato eletto. Si tratta, quindi, di
una normativa contraddittoria in cui il principio democratico prevale sulla libertà del parlamentare di costituire nuovi
partiti, di modo che la volontà sovrana del popolo, cioè l’indirizzo politico approvato, trovi attuazione all’interno
dell’ordinamento parlamentare. Nel contempo, però, tale principio viene abbandonato allorquando si ammette la
libertà del parlamentare di iscriversi al gruppo preferito, alterando in tal modo i rapporti di forza tra maggioranza ed
opposizione scaturiti dalle urne e, di conseguenza, la volontà del corpo elettorale. In quest’ottica, la disciplina
regolamentare vigente costituisce un notevole passo indietro rispetto alla precedente la quale, conferendo ai partiti
l’iniziativa per la formazione dei gruppi ed obbligando i parlamentari di uno stesso partito a aderire al relativo gruppo,
appare certamente più conforme ai principi costituzionali sulla rappresentanza politica e sulla sovranità popolare » [S.
CURRERI, Partiti e gruppi parlamentari nell’ordinamento spagnolo, cit., 232]
783 «No faltan […] crìticas a este fenòmeno, la principal de las cuales serìa el riesgo de convertir al parlamento ne
mera caja de resonancia de las decisiones previas de los partidos, si esa heterodisciplina de la que hablàbamos
sobrepasa un ‘grado razonbale’. Tambièn se suele recordar el mandato representativo de los diputados y la soberanìa
del parlamento, que no puede ser teledirigido por organizaciones externas a èl. Hay tambièn quien se pregunta què
sentido puede tener el hecho mismo de efectuar votaciones, aduciendo que bastarìa sumar el nùmero de mandatos que
cada grupo posee para conocer de antemano el resultado», P. REQUEJO RODRÌGUEZ, Fracciones y grupos: evoluciòn
històrica, naturaleza y regulaciòn juridìca del grupo parlamentario, in AA. VV., Los sujetos del derecho
parlamentario, EUSRO, Bilbao, 2001, p. 249
259
concentración de poder en los grupos con la correspondiente desaparición del
parlamentario»784.
Tra le questioni che possono porsi rispetto a questo profilo, se ne esamineranno
principalmente tre, in un unico percorso argomentativo: la possibilità di lasciare il gruppo di
appartenenza per approdare ad uno diverso; l’opzione di voto espressa contro le direttive del
gruppo; e, infine, il potere sanzionatorio nei confronti del deputato ‘dissidente’.
Si è, in realtà, già data ragione sopra di come il Regolamento camerale disincentivi, nelle
sue previsioni, il passaggio ad un gruppo diverso da quello di prima appartenenza –
probabilmente, come notava il citato Curreri, prediligendo una soluzione di coincidenza tra
gruppo parlamentare e partito di elezione. È sufficiente il richiamo al primo comma dell’art.
27 del Regolamento, a mente del quale il passaggio da un gruppo parlamentare ad un altro –
con eccezione del passaggio al gruppo misto – può avvenire soltanto nei primi cinque giorni
di ciascuna sessione parlamentare. D’altra parte, questo passaggio – come si è visto – può
esserci solo verso un gruppo parlamentare già costituito, posto il divieto di costituire un
gruppo nuovo in corso di legislatura. Nonostante questa tensione contenitiva, quello della
mobilità parlamentare, o del transfuguismo politico, ha rappresentato a lungo, in Spagna, un
problema di rilevanza notevolissima785, al punto che secondo taluni «se puede afirmar que
no existe ningùn àmbito representativo en el Estado español que no se haya visto infectado
de esta plaga»786. Di fatto, per quanto il Regolamento del Congresso possa spingersi in là,
una fonte di rango diverso da quello costituzionale non potrebbe mai arrivare ad impedire
tout court il passaggio ad un gruppo diverso, posto il divieto di mandato imperativo di
previsione costituzionale787. Come ha affermato il Tribunale Costituzionale nel 2006,
infatti, «la Constitución española protege a los representantes que optan por abandonar un
determinado grupo político y que de dicho abandono no puede en forma alguna derivarse la
pérdida del mandato representativo»788.
A conclusioni simili si arriva qualora ci si interroghi sul secondo problema sollevato:
quello, cioè, della possibilità di contravvenire alle indicazioni di voto che vengano dal
gruppo. L’art. 89 del Regolamento della Camera bassa, secondo una lettura, prevede che le
dichiarazioni di voto siano soltanto «di gruppo» e non singole: «In tale sede, infatti, i
deputati intervengono non a titolo personale, ma in qualità di rappresentanti dei gruppi per
esprimerne la posizione politica ufficiale, nei confronti della quale non sono ammesse
critiche. […] Non c’è spazio, quindi, per le dichiarazioni di voto in dissenso (consentite,
invece, nelle nostre Camere: v. gli artt. 85.7 RC e 109.2 RS)»789. Tuttavia, le stesse ragioni
che portano ad escludere la possibilità di un divieto di trasferimento ad altro gruppo
784 J. TUDELA ARANDA, La posición del Diputado en el Parlamento español desde un estudio de los reglamentos
internos de los Grupos Parlamentarios, cit., p. 174
785 Si veda, per avere una dimensione, il caso già citato della III legislatura, in cui il gruppo misto divenne il terzo
per composizione numerica, a causa della confluenza in esso della maggior parte dei parlamentari transfughi.
786 J. DE ESTEBAN, El fenòmeno español del transfuguismo polìtico y la jurisprudencia constitucional, in Rev. est.
Pol., 1990, p. 10
787 «Desde el momento en que el mandato parlamentario libre se encuentra constitucionalmente garantizado, una
previsiòn normativa en la que se vincula la pèrdida del escaño al abandono voluntario del partido o a la expulsiòn del
mismo, ùnicamente puede preverse en la Constituciòn, pero no en una norma legal», C. ORTEGA SANTIAGO, El
mandato representativo de los diputados y senadores, Congreso, Madrid, 2005, 169. V. pure S. CURRERI, Partiti e
gruppi parlamentari nell’ordinamento spagnolo, cit., p. 307.
788 STC 298/2006; cfr. pure STC 185/1993
789 S. CURRERI, Partiti e gruppi parlamentari nell’ordinamento spagnolo, cit., p. 210-211
260
conducono a ritenere ragionevolmente che soltanto un intervento di rango costituzionale
potrebbe vietare un voto “dissidente”. Ed è, del resto, da ritenersi che un simile intervento
forse neanche sarebbe ammissibile, posti i limiti dei principi fondamentali dello Stato tra i
quali si ritrova senz’altro il pluralismo democratico.
Nonostante queste (residue) libertà lasciate ai singoli deputati, i regolamenti interni dei
gruppi chiedono ai propri membri comunque una fedeltà quasi assoluta. Secondo uno di
questi regolamenti, ad esempio, «los componentes del grupo parlamentario se dedicarán a la
acción parlamentaria y política en régimen de dedicación exclusiva»790, e l’art. 77 dello
Statuto del Partido Socialista Obrero Español stabilisce che «en todos los casos, las
personas miembros del Grupo Parlamentario Federal están sujetas a la unidad de actuación
y disciplina de voto». Come è stato correttamente commentato, i gruppi parlamentari «han
olvidado la singularidad, constitucionalmente reconocida, otorgada por los electores, que
corresponde a los diputados, para reivindicar y ejercer en la medida en que les es posible,
una visión del Parlamento y de sus miembros como un trasunto perfecto de la relación interpartidos»791. A questo punto, c’è dunque da chiedersi quale strumento sanzionatorio i
gruppi abbiano a disposizione in caso di inosservanza della disciplina interna. E questo
discorso apre la riflessione ad un respiro maggiore, portandola al livello superiore
dell’indagine sul divieto di mandato imperativo e sulla sua fenomenologia nella normativa e
nella giurisprudenza spagnola.
5. Disciplina di gruppo e «carattere resistente» del mandato
L’approccio allo studio del divieto di mandato imperativo nell’ordinamento spagnolo
non può che partire dalla lettura combinata degli artt. 66 e 67 della Costituzione del 1978,
che disgiungono l’endiadi di cui, invece, all’art. 67 della Costituzione Italiana. Nel testo
spagnolo, infatti, prima si precisa che «las Cortes Generales representan al pueblo español»,
e solo nella disposizione successiva si pone il divieto de quo792. In questo modo, il
legislatore spagnolo «ha voluto evidenziare la non necessaria complementarietà tra
rappresentanza generale e divieto di mandato, stabilita, invece, dall’art. 67 della nostra
Costituzione»793 . Del resto, già la precisazione che sia il Parlamento – e non «ogni
membro del Parlamento» – a rappresentare la Nazione, o il popolo, orienta la riflessione in
una direzione meno ingessata di quello che potrebbe apparire. «In quest’ottica, la libertà di
mandato di ciascun parlamentare non è assoluta perché non spetta a lui, ma alle Cortes nel
loro complesso rappresentare il popolo spagnolo. I cittadini, pertanto, non sono
790 Il dato è tratto da J. TUDELA ARANDA, La posición del Diputado en el Parlamento español desde un estudio de los
reglamentos internos de los Grupos Parlamentarios, cit., p. 174. In nota, l’Autore spiega che «la razón de no
mencionar el grupo parlamentario al que pertenecen estas normas estriba en la confidencialidad por la que se tuvo
acceso a las mismas. En todo caso, tampoco tiene relevancia para el trabajo. Lo importante es que los estatutos de los
grupos parlamentarios llegan a contener normas de gran significado y posible repercusión».
791 J. TUDELA ARANDA, La posición del Diputado en el Parlamento español desde un estudio de los reglamentos
internos de los Grupos Parlamentarios, op. cit., 178
792 Diversamente, il progetto originario della Costituzione prevedeva, all’art. 58.3, un’unica disposizione quasi
identica all’art. 67 della Costituzione Italiana: «Los miembros de las Cortes Generales representan al pueblo español
y no estàn ligados por mandato imperativo».
793 S. CURRERI, Partiti e gruppi parlamentari nell’ordinamento spagnolo, cit., p. 132
261
rappresentati unitariamente dal singolo parlamentare, ma dall’insieme di coloro che sono
stati eletti tramite i diversi partiti politici, attraverso la cui disciplina essi possono
manifestare coerentemente la loro volontà nello Stato»794.
In realtà, però, la giurisprudenza costituzionale spagnola, più che sul divieto di mandato
imperativo, fonda la geometria dell’autonomia del parlamentare su un valore più alto,
ovvero sull’insieme dei diritti fondamentali che discendono dall’art. 23, a mente del quale
«los ciudadanos tienen el derecho a participar en los asuntos públicos directamente o por
medio de representantes»795. Proprio il diritto dei cittadini a partecipare (in questo caso,
indirettamente) alla vita politica del Paese pretende che nessuno possa intervenire a limitare
i rappresentanti da essi designati; in fondo, «la violaciòn del derecho de los representantes
es tambièn una violaciòn de los derechos de los representados»796. Posto il discorso in
questi termini, la relazione che sembra rilevare è dunque quella tra eletto ed elettore,
piuttosto che quella tra eletto e gruppo di appartenenza. E su questa base si può costruire
una riflessione su quello che potrebbe essere definito il carattere resistente del mandato
parlamentare: secondo questa ricostruzione, infatti, «poiché […] il mandato proviene non
dal partito, ma dagli elettori attraverso il partito, spetta a costoro conferire un nuovo
mandato attraverso apposite elezioni suppletive»797. Soltanto gli elettori potranno – o alla
successiva tornata elettorale o, dove previsti, attraverso meccanismi di recall – sanzionare il
deputato che si sia discostato dalle indicazioni del partito di appartenenza (eventualmente
‘tradendo la fiducia’ del suo elettorato). È chiaro, allora, che la eventuale sanzione del
gruppo di appartenenze nei confronti del deputato ‘dissidente’ non potrà spingere fino a
pregiudicare lo svolgimento del mandato parlamentare, di cui l’eletto è titolare in maniera
personalissima ed esclusiva. È proprio questo, se pur in via di approssimazione, il percorso
argomentativo seguito da una giurisprudenza costituzionale che, dagli anni Ottanta ad oggi,
è stata costante, e costantemente è intervenuta a bilanciare quel disequilibrio tutto a favore
del gruppo rispetto al singolo di cui si è cercato di dire sopra, portando – come è stato detto
– lo « Stato di diritto » in Parlamento798.
Il primo – e, finora, fondamentale – riferimento resta la sentenza del Tribunale
Costituzionale n. 5 del 1983. L’oggetto della censura è l’art. 11.7, Ley de Elecciones
Locales del 17 luglio 1978, n. 395, il quale sanzionava con la perdita del titolo di
consigliere comunale chi avesse cessato, per dimissioni, sospensione o espulsione, di
appartenere al partito di elezione; una previsione normativa che, secondo la Corte,
contrasterebbe addirittura con il principio della sovranità popolare, di cui all’art. 1.2 della
Costituzione. Proprio glossando il citato art. 23, il collegio giudicante afferma che «el
794 S. CURRERI, Partiti e gruppi parlamentari nell’ordinamento spagnolo, cit., p. 134
795 «La autonomìa del representante no descansa en la prohibiciòn del mandato imperativo sino […] en el màs valor
de los derechos fundamentales. Unos derechos fundamentales, los del artìculo 23 de la CE, que el Tribunal conecta
inmediatamente – sobre todo a partir de le STC 32/1985 – con los conceptos de soberanìa popular y pluralismo
democràtico, lo que le lleva a afirmar que la adscripciòn polìtica de los representantes tiene relevancia jurìdica y no
sòlo polìtica, toda vez que la consagraciòn constitucional de los partidos los configura como ese cauce idòneo para la
formaciòn y manifestaciòn de la volutad popular», F. CAAMAÑO DOMÌNGUEZ, El mandato parlamentario, Congreso
de los Diputados, Madrid, 1991, p. 93.
796 J. GARCÌA ROCA, Representaciòn politica y transfuguismo: la libertad de mandato, in P. S. MACHETTI - J. M. C.
FERRERO, Transfuguismo polìtico: escenarios y respuestas, Thomson Reuters, Navarra, 2009, p. 60
797 S. CURRERI, Partiti e gruppi parlamentari nell’ordinamento spagnolo, cit., p. 145
798 cfr. F. CAAMAÑO DOMÌNGUEZ, El mandato parlamentario, cit., p. 94
262
derecho a participar corresponde a los ciudadanos, y no a los partidos, que los
representantes elegidos lo son de los ciudadanos y no de los partidos, y que la permanencia
en el cargo no puede depender de la voluntad de los partidos, sino de la expresada de los
electores a través del sufragio expresado en elecciones periòdicas. […] La permanencia de
los representantes depende de la voluntad de los electores que la expresan a travès de
elecciones periòdicas, come es proprio de un Estado democràtico de Derecho, y no de la
voluntad del partido politico. En definitiva, y sin perjuicio de las incompatibilidades que
pueda regular la Ley, el cese en el cargo pùblico representativo al que se accede en virtud
del sufragio no puede depender de una voluntad ajena a la de los electores, y eventualmente
a la del elegido» 799 . Nello stesso anno, con la sentenza numero 10, il Tribunale
Costituzione afferma come inequivocabilmente l’elezione dei cittadini riguardi persone
specifiche nella loro determinatezza, e non impersonali partiti o liste800: si tratta di un voto
di preferenza espresso in maniera individuale e personale, così che anche il mandato
rappresentativo non potrà che essere pienamente individuale e personale. In questo modo, è
facile comprendere come titolari dei seggi parlamentari siano i singoli deputati, non i partiti,
tanto che l’art. 10 della Ley Orgánica 6/2002 sui partiti politici, laddove prevede lo
scioglimento dei partiti in alcuni gravi casi, non produce alcuna conseguenza sul
mantenimento delle cariche pubbliche: il parlamentare eletto nelle liste di un partito sciolto,
in pratica, continua a svolgere a tutto campo il proprio mandato elettorale. Insomma, «la
titularidad individual del escaño se sustenta en la relaciòn representativa que se establece
entre parlamentarios y electores, vedada a la voluntad del partido politico o coaliciòn
electoral»801. La conseguenza è, evidentemente, che mai il gruppo parlamentare potrà
sanzionare il deputato con la perdita del mandato elettorale, posto che esso nasce in forza di
e si basa su un rapporto bilaterale tra eletto ed elettore di cui il partito sembra essere
soltanto il (pur indispensabile) veicolo802.
Questa giurisprudenza costituzionale, confermata in numerosi interventi successivi803 –
che, secondo taluni, costruisce un nuovo divieto di mandato imperativo oltre quello dell’art.
799 STC 5/1983
800 STC 10/1983: «De acuerdo con la Constituciòn (arts. 6, 23, 68, 69, 70 y 140) es inequìvoco, sin embargo, que la
elecciòn de los ciudadanos sòlo puede recaer sobre personas determinadas y no sobre los partidos o asociaciones que
los proponen al electorado».
801 J. M. MORALES ARROYO, Los grupos parlamentarios en las Cortes Generales, cit., p. 302
802 Si comprende come eguale impedimento riguardi quegli espedienti che realizzano tuttavia lo scopo di far
decadere dal mandato il deputato dissenziente: si pensi, soprattutto, alle dimissioni in bianco o al contratto preventivo
di rinuncia all’incarico. In relazione a quest’ultimo, «nada se puede objetar a la carencia de efectos de este tipo de
contrato, ya que se trate de un contrato con causa ilìcita por ir en contra de la prohibiciòn de mandato imperativo y,
en consecuencia, las obligaciones en èl contenidas no pueden hacerse valer ante los tribunales», C. ORTEGA
SANTIAGO, El mandato representativo de los diputados y senadores, cit., p. 205. Più complesso da gestire è, invece, il
caso delle dimissioni in bianco, dove sarà necessario che l’Ufficio di Presidenza indaghi, per quanto può,
sull’effettiva volontà del deputato: «La renuncia al cargo posee un valor iuris tantum, de manera que se entiende que
la voluntad contenida en ella es correcta, a menos que el parlamentario ponga en evidencia una discordia efectiva
entre la manifestaciòn formalizada y su actual voluntad. En este sentido, la cuestiòn se reduce a la obligaciòn que
tiene la Mesa de comprobar si la voluntad recogida en el documento de dimisòn que se le presenta resulta adecuada a
los autènticos deseos del diputado o senador, optanto por lo màs correcto », J. M. MORALES ARROYO, Los grupos
parlamentarios en las Cortes Generales, cit., p. 301.
803 Si veda, più di recente STC 298/2006: «Una vez trabada la relaciòn de representaciòn, su ruptura no puede
producirse – al margen de los supuestos de fallecimiento, incapacidad o renuncia de elegido – sino por la voluntad de
los electores o per resoluciòn de los poderes pùblicos competentes».
263
67 della Costituzione804 – non ha evidentemente mancato di sollevare diverse osservazioni
polemiche. Tra le altre, particolare attenzione richiede quella secondo cui una impostazione
del genere introduca «un decisivo elemento de ruptura que, a la sazòn, convertirà en
inoperantes los viejos paradigmas representativos heredados del Estado liberal,
introduciendo una irremediable contradicciòn entre realidad polìtica y orden jurìdicoconstitucional a la que no podra poner remedio su mero reconocimiento en la Norma
Suprema. Mientras que, polìtica y sociològicamente, son los partidos los autènticos titulares
del mandato electoral, jurìdicamente esta titularidad se atribuye intuito personae al
representante»805. Qui sarebbe necessaria, in realtà, un’analisi più sociologica che giuridica
sulla modalità di espressione del voto da parte del cittadino, per definirlo un ‘voto di
partito’ piuttosto che un ‘voto di persona’ o viceversa. A prescindere, tuttavia, dal risultato
di questa indagine – per cui questa non può essere, evidentemente, la sede –, ci pare che le
conclusioni cui giunge il Tribunale Costituzionale siano certamente condivisibili, almeno se
si vuole restare nell’alveo di uno stato di democrazia pluralista. Anche se dall’indagine di
cui sopra dovesse risultare che il voto dei cittadini è essenzialmente un ‘voto di partito’ – e,
almeno per le elezioni al Parlamento, questo non è da escludere (soprattutto in un sistema
elettorale a liste bloccate come quello vigente mentre si scrive in Spagna) –, ciò nulla
toglierebbe di verità all’affermazione per cui titolare del seggo è in maniera esclusiva e
personalissima il deputato, pur costretto nella sua autonomia dalle previsioni regolamentari
e dalla disciplina di gruppo nei limiti già indagati. Se è vero, come si è scritto prima, che il
deputato praticamente non esiste al di fuori del gruppo, questo è certamente vero a livello
organizzativo, ma smette di essere vero quando si arriva al nucleo del mandato
parlamentare, che è libero per espressa opzione del Costituente. Se così non fosse, in fondo,
«i dibattiti delle assemblee legislative potrebbero allora ridursi, con più economia e rapidità,
a dei semplici colloqui fra i dirigenti dei diversi partiti che avessero ottenuto un certo
numero di suffragi alle elezioni»806. «Le assemblee rappresentative si trasformerebbero
così in collegi ristretti, composti da pochi rappresentanti per ciascun partito – al limite uno
soltanto – e chiamati a decidere con voto ponderato, senza spreco di tempo»807. È, in
definitiva, il pluralismo democratico – principio fondamentale dello Stato spagnolo come di
ogni Rechtsstaat – a pretendere che il mandato parlamentare sia quanto più libero possibile
(e che sia necessariamente libero almeno riguardo alla sua titolarità). Certo, non può negarsi
che il ‘tradimento’ del proprio partito è, forse il più delle volte, ‘tradimento’ pure di quella
fondante relazione con i propri elettori: il parlamentare sarà, in questo caso, un
rappresentante senza rappresentatività. E questo assume un peso certamente notevole in un
contesto in cui ad avere la rappresentanza del popolo – o della Nazione – è il Parlamento nel
suo insieme, e non ogni singolo parlamentare come in Italia, ma poiché a spezzarsi è,
appunto, quella relazione con gli elettori che sta alla base del mandato, soltanto gli elettori
‘traditi’ potranno ‘sanzionare’ il deputato ‘dissidente’, negando il sostegno alle elezioni
804 J. L. GARCÌA GUERRERO, Democracia representativa de partidos y grupos parlamentarios, Madrid, Congreso de
los Diputados, 1996, p. 153
805 F. CAAMAÑO DOMÌNGUEZ, El mandato parlamentario, cit., p. 92
806 P. BISCARETTI DI RUFFÌA, Su alcune recenti procedure e tendenze contrarie al principio dell’irresponsabilità
politica parlamentare, in Rassegna di diritto pubblico, 1947, II, p. 92 ss.
807 S. CURRERI, Democrazia e rappresentanza politica. Dal divieto di mandato al mandato di partito, Firenze
University Press, Firenze, 2004, p. 113
264
successive. Almeno fino a quando il legislatore non dovesse prevedere dei meccanismi di
recall popolare808.
IL RAPPORTO DEPUTATO-COLLEGIO IN SPAGNA
di Alessandra Modica
SOMMARIO:: 1. Il concetto di mandato rappresentativo- 2. I partiti di ambito no estatal- 3. Le conseguenze della legge
elettorale spagnola- 4. Los PANEs e la loro rappresentazione in Parlamento- 5. Conclusioni.
-
1. Il concetto di mandato rappresentativo.
Nella democrazia spagnola la sovranità appartiene al popolo, come affermato nell'art.1
CE 2° comma, «La soberanía nacional reside en el pueblo español, del que emanan los
poderes del Estado».
Per cui il mandato dei parlamentari è generale e rappresentativo: generale perché i
parlamentari rappresentano la totalità della nazione e non un gruppo di elettori, e
rappresentativo in quanto i parlamentari rappresentano gli elettori in Parlamento.
Il mandato rappresentativo si conferisce, infatti, all'intero organo legislativo, e non al
singolo deputato. In virtù di ciò, il corpo elettorale esercita un controllo sulla Camera e sui
suoi membri, in virtù di una relazione di fiducia. Per questo i deputati non sono
rappresentanti del popolo in senso stretto, ma davanti al popolo, di cui devono interpretare
gli interessi, le necessità, le aspirazioni, per essere rieletti809.
808 Altre soluzioni sono state proposte o affrontate, sia di natura giuridica che di natura meramente politica. Tra
quelle di natura giuridica si segnala il tentativo di configurare le dimissioni dal gruppo parlamentare come illecito
penale, ai sensi dell’art. 163 (oggi abrogato) del Codice Penale, il quale puniva ogni atto diretto, con qualsiasi
strumento, a « sustituir por otro el gobierno de la Naciòn o cambiar ilegalmente la organizaciòn del Estado ». In
questa fattispecie, particolarmente aperta, avrebbero potuto farsi rientrare i casi di mobilità parlamentare volti a
destabilizzare le maggioranze di governo, anche se « appare difficile che possa configurarsi in tale fattispecie una
vera e propria ribellione, trattandosi dell’esercizio di facoltà consentite dall’ordinamento costituzionale » [S. CURRERI,
Partiti e gruppi parlamentari nell’ordinamento spagnolo, cit., p. 313]. In ogni caso, l’abrogazione della disposizione
de qua risolve in maniera definitiva ogni dubbio.
Tra le iniziative di natura politica, invece, si segnala l’accordo tra i principali partiti e il Ministro delle Pubbliche
Amministrazioni (del 7 luglio 1998, poi riproposto in termini più o meno simili il 23 maggio 2006) volto a prendere,
da entrambi i lati, misure per combattere il transfuguismo, « patologia politica del sistema » spagnolo. Tra le altre
cose, i partiti aderenti si impegnavano a: rifiutare e non ammettere nel loro gruppo politico il consigliere incluso nelle
candidature di un’altra formazione, qualora mantenga l’incarico conseguito nel partito originario; non impiegare
transfughi per costituire, mantenere o cambiare le maggioranze di governo delle istituzioni pubbliche, non appoggiare
nessuna iniziativa proveniente dai medesimi, e disincentivare il transfuguismo politico attraverso l’adozione di
misure dissuasive di carattere economico, regolamentare e protocollare; espellere dal loro organigramma il
consigliere transfuga, previa eventuale modifica degli statuti partitici [Acuerdo sobre un còdigo de conducta polìtica
en relaciòn con el transfuguismo en las corporaciones locales, in Cuadernos de Derecho Pùblico, 1998, n. 4, 265 ss.;
consultabile anche, nella versione del 2006, in www.map.es/prensa/notas_de_prensa/notas/2006].
809 J. RODRIGUEZ-ZAPATA, Teoria y practica del derecho costitucional, Tecnos, Madrid, 1996, p. 409
265
Nell'ordinamento spagnolo la rappresentatività generale del mandato del parlamentare è
desumibile dagli artt. 66-67 CE, e dalla sentenza n° 10/1983 del Tribunal Constitucional,
che ha affermato che «una volta eletti, i rappresentanti non sono di chi li ha votati, ma di
tutto il corpo elettorale, per cui sono titolari di una funzione pubblica che non può essere
conclusa in anticipo, se non per decisione di organi dello Stato nel senso più ampio del
termine»810.
2. I partiti di ambito «no estatal».
Una delle caratteristiche più singolari del sistema politico spagnolo è la presenza sulla
scena partitica, oltre ai classici partiti di ambito statale (PAE), di quelli che vengono definiti
Partidos de ámbito no estatal (PANE), sin dall'inizio della storia democratica del Paese. Si
tratta di partiti che, secondo la definizione classica, hanno un ambito di «solidarietà
comunitaria di base territorialmente distinta (e inferiore) a quella dello Stato»811.
Los PANEs possono seguire strategie diverse e porsi sia come rappresentanti del
particolarismo politico e degli interessi di una comunità autonomica, da cui hanno
storicamente origine, senza per questo mettere in dubbio l'esistenza di una nazione più
ampia; sia negare l'esistenza della nazione spagnola, e quindi sostenere anche
l'indipendenza della propria comunità di appartenenza.
Fanno parte della categoria dei partiti di ambito non statale tutti quelli che presentano
candidature in una sola o in alcune regioni e ottengono rappresentanti in alcune delle arene
politiche nazionali e non. Non sempre los PANEs rappresentano un territorio coincidente
con quello delle Comunidades autonomicas ufficiali, ma possono avere anche frontiere
trasversali, come già accade anche in altri Paesi europei.
Il risultato elettorale e parlamentare ottenuto dai nazionalisti baschi e dai catalani nelle
prime elezioni democratiche influì molto sulla stesura della Constitución
Española,soprattutto nella scrittura del Titolo VIII, quello che ha dato vita allo sviluppo
dell'Estado autonómico, che ha permesso la nascita e il rafforzamento de los PANEs, e del
pluralismo politico nell'arena regionale.
3. Le conseguenze della legge elettorale spagnola.
Il Congreso de los Diputados spagnolo è composto da 350 membri, eletti a suffragio
universale diretto (art. 68 CE), in base a una legge elettorale rimasta pressoché invariata
dalla sua approvazione nel 1985.
810 Sentencia nº 10/1983 de Tribunal Constitucional, Pleno, 21 de Febrero de 1983
811 MOLAS, I.: 1977, “Los partidos de ámbito no estatal y los sistemas de partidos” en DE VEGA, P. (ed.): Teoría y
práctica de los partidos, Madrid, Cuadernos para el Diálogo.
266
La legge elettorale spagnola, la ley orgánica 5/
1985, del 19 giugno, riguardante il
regime elettorale generale, suddivide il territorio in circoscrizioni elettorali, rappresentati
dalle province (47) più le isole Canarie (che costituiscono 2 circoscrizioni) e le enclavi di
Ceuta e Melilla, che costituiscono circoscrizione a sé, per un totale di 51 circoscrizioni.
Nell'attuare il dettato costituzionale, l'art. 162, co. 2° della ley orgánica 5/
1985
stabilisce che a ogni provincia siano assegnati un minimo iniziale di 2 deputati (eccetto per
Ceuta e Melilla, alle quali spettano 1 deputato ciascuna), mentre i restanti seggi devono
essere assegnati tra le province in proporzione alla rispettiva popolazione 812 (a ogni
provincia viene attribuito un numero di deputati pari al numero intero risultante dalla
divisione della cifra della popolazione provinciale per la quota di riparto). I seggi restanti
sono distribuiti tra le province il cui quoziente abbia una frazione decimale superiore.
Questo implica un sistema che riflette in maniera approssimativa in realtà la consistenza
demografica delle province, dato che la quota di seggi attribuita in applicazione al criterio
della rappresentanza territoriale sono molto numerose. Da qui la sottorappresentazione delle
aree urbane rispetto a quelle rurali.
I seggi vengono attribuiti in base alle seguenti regole813:
− le liste dei candidati che, nell'ambito della circoscrizione, non ottengano almeno il
3% dei voti validi sono escluse dal riparto per l'assegnazione dei seggi;
− il totale dei voti ottenuti da ciascuna delle restanti liste viene ordinato, dalla cifra
maggiore alla minore, su una colonna;
− il totale dei voti ottenuti da ciascuna candidatura si divide per 1, 2, 3 e così via, sino
ad un numero uguale a quello dei seggi spettanti alla circoscrizione;
− i seggi sono assegnati con sistema proporzionale e formula D'Hondt.
La legge elettorale, infine, ha previsto due sistemi di presentazione dei candidati alle
elezioni: da indipendenti, con l'obbligo di avere una lista appoggiata almeno dall'1% della
popolazione della provincia in cui ci si presenta (e di presentarsi con un minimo di 500 mila
firme); o facendosi includere nelle liste preparate dai partiti politici legalmente riconosciuti.
In entrambi i casi le liste saranno chiuse e bloccate. Questo significa che l'elettore non può
scegliere né i candidati da votare, né il loro ordine, ma può votare l'intera lista, così come
viene presentata.
Con questo sistema si assicura ai dirigenti della macchina elettorale (partiti politici e gruppi
indipendenti) un forte potere decisionale, visto che a loro spetta il compito di presentare i
candidati scegliendo di fatto quali andranno a occupare i seggi del futuro Congreso.
Le liste chiuse e bloccate, però, hanno l'inconveniente di allontanare i deputati dagli
elettori, in quanto il loro mandato dipende più dalle scelte di partito che dalla volontà dei
cittadini, che si vedono obbligati a confidare ciecamente nelle liste presentate dalle
organizzazioni politiche, pur non conoscendo la maggior parte dei nomi delle persone che
vi compaiono.
812 Art. 162, co. 3° ley orgànica 5/1985
813 Art. 163 ley orgànica 5/1985
267
Se a ciò aggiungiamo che, come già detto nel paragrafo 1. i deputati eletti non hanno
alcuna responsabilità in relazione alla circoscrizione in cui sono eletti, è chiaro che il
rapporto deputato-collegio elettorale è poco rilevante dal punto di vista della politica
nazionale.
Quello che invece influenza notevolmente il risultato elettorale è il radicamento del
partito sul territorio. Le circoscrizioni su base provinciale, infatti, danno maggiori
possibilità di vittoria ai partiti maggiori (per questo il sistema elettorale spagnolo, pur
essendo proporzionale, ha effetti maggioritari), e penalizza i partiti minori i cui elettori non
siano geograficamente concentrati.
4. Los PANEs e la loro rappresentazione in Parlamento.
Una delle conseguenze più evidenti del sistema di assegnazione dei seggi appena
descritto è stata la crescita del protagonismo del regionalismo e dell'indipendentismo, che
per alcuni costituisce una minaccia all'unità del Paese. Una volta capito che l'unico modo
per i partiti minori di entrare in Parlamento è quello di concentrare elettori in un'unica
provincia, la strategia più diretta per conseguire seggi è diventata la creazione di PANEs con
programmi regionali, e priorità specifiche di un determinato territorio, piuttosto che
dell'intera nazione.
Sin dal 1977, anno delle prime elezioni democratiche, los PANEs hanno sempre ottenuto
dei seggi in entrambe le Camere de las Cortes Generales (il Parlamento spagnolo), e hanno
avuto nel corso della storia, un ruolo fondamentale per la governabilità del Paese, sebbene
non siano mai entrati nel Governo, anche quando alcuni dei partiti di ambito non statale
erano dotati di un forte potenziale di coalizione.
5. Conclusioni.
La natura del mandato parlamentare è stata sempre tema di dibattiti animati nella
dottrina giuridica e politologica, anche in Spagna, nonostante la pronuncia del Tribunal
Constitucional nel 1983814 abbia chiarito il tipo di rapporto che dovrebbe esserci tra
deputato e suoi elettori.
I deputati spagnoli si trovano ad agire in un triangolo di interessi: gli interessi del partito,
quelli dei propri elettori e i suoi propri interessi personali. Interessi che deve cercare di
conciliare con l'interesse generale della nazione nel processo decisionale in Parlamento815.
E mentre si è discusso molto sul rapporto tra deputato e partito, la dottrina si è occupata
poco delle pressioni che i deputati ricevono dalla propria circoscrizione e dei meccanismi
per l'ottenimento delle informazioni sugli interessi del proprio elettorato, e in generale sul
modo in cui il deputato nella pratica è legato al proprio distretto elettorale816.
814 Sentencia nº 10/1983 de Tribunal Constitucional, Pleno, 21 de Febrero de 1983
815 M. VAN DER HULST, El mandato parlamentario- Estudio comparativo mundial, Unión Interparlamentaria,
Ginebra, 2000
816 Ibidem
268
LA REGOLAMENTAZIONE DELLE LOBBY IN SPAGNA
di Alessandra Modica
SOMMARIO: 1. L’assenza di una normativa specifica- 2. Alcuni riferimenti normativi- 3. Le proposte di
regolamentazione- 4. Le norme attualmente applicabili- 5. Conclusioni.
-
1. L'assenza di una normativa specifica.
Il dibattito sui gruppi di pressione (lobby) in Spagna ha radici lontane, predemocratiche,
e si basa sulla convenienza o meno di regolare in qualche modo l'attività di lobbying. Le
risposte date alla questione, però, sono cambiate in base all'epoca e alla cultura del
momento, senza che si sia mai arrivato a significativi risultati.
La posizione adottata dalla dottrina nel momento di affrontare la legislazione sui gruppi
di pressione ricorda il dibattito che inizialmente suscitò la nascita dei partiti politici.
Ma per capire meglio in che modo si è sviluppato il dibattito nella penisola iberica, è
necessario ricordare gli spunti chiave forniti da García Pelayo817 che presenta gli elementi
fondamentali di cui tener conto quando si parla di partiti politici, ma che possono essere
traslati agevolmente nella discussione legata alle lobby.
García Pelayo parte da Kelsen 818 e dall'importanza che egli dà ai partiti per la
formazione della volontà popolare, come parte "essenziale della formazione della volontà
collettiva" e guida di quella volontà, all'interno di un processo che, "alimentato dagli
impulsi dei partiti politici e da molte altre fonti anonime, arriva in superficie soltanto
nell'Assemblea nazionale, o in Parlamento". Stesse considerazioni possono essere fatte
anche per le lobby, dato il ruolo che ormai da tempo hanno assunto in quella che viene
definita da Kelsen819 "democrazia reale". Proprio per questo, data l'importanza dei gruppi
di pressione per il sistema democratico, sarebbe auspicabile una loro regolamentazione, un
loro "per creare la possibilità di democratizzare la formazione della volontà collettiva.
Soprattutto se si considera quanto amorfa è la situazione in questo ambito".820 Infatti, è
innegabile che i gruppi di pressione oggi siano degli attori politici che partecipano nelle
decisioni statali e non solo, fino a essere diventati parte "di un meccanismo necessario per il
funzionamento della società e dello Stato"821.
Le proposte di regolamentazione delle lobby sono state diverse, dalla creazione di un
Registro de lobbys all'imposizione di alcune norme di base, attraverso un codice di
comportameno, fino a coloro che ritengono che non vi sia alcuna necessità di
regolamentazione, e che si possano lasciare le cose così come stanno, con il codice penale
come unico limite all'azione del lobbysta, la cui deontologia dovrebbe formarsi in
automatico. E' opinione generale, però, tra gli attori implicati nel processo di lobbying, che
817 GARCÍA PELAYO, MANUEL,El Estado de partidos, Madrid, 1986, pp. 30-46.
818 H. KELSEN, Esencia y valor de la democracia, Labor, Barcelona, 1977. pp. 35-45.
819 Ibidem
820 Ibidem pp. 43-44
821 GARCÍA PELAYO, MANUEL, Constitución y grupos de presión en América Latina. UNAM, México, 1977. p.
22.
269
sia indispensabile creare le condizioni idonee che permettano ai cittadini e alle imprese di
partecipare al processo decisionale in maniera chiara e strutturata, in modo da garantire
comunque l'indipendenza dei parlamentari e la salvaguardia dell'interesse generale.
2. Alcuni riferimenti normativi.
Già nel dibattito sulla costituente per la stesura della Constitución Española del 1978 si
parlava di gruppi di pressione. Fu presentata una proposta da Alianza Popular per ampliare
l'art.77 CE, che regola il Diritto di petizione davanti alle Camere ai gruppi di pressione. Con
tale proposta si cercava di istituire una via istituzionale per l'azione di tali gruppi, con i
seguenti punti:
«77.3 Le Commissioni potranno ricevere delegazioni di gruppi legittimi di interessi, in
sessioni che avranno sempre carattere pubblico.»
«77.4 Una legge organica stabilirà un sistema di controllo e la costituzione di un registro
per i gruppi di interresse che agiscono in maniera permanente.»
Entrambi i commi, però, furono abrogati, portando al fallimento del tentativo di inserire
in Costituzione una regolamentazione delle lobby.
3. Le proposte di regolamentazione.
Nel corso della storia democratica spagnola sono stati fatti 3 tentativi di
regolamentazione dell'attività di lobbying, il primo dei quali arrivato 15 anni dopo
l'approvazione della Costituzione.
Nel 1990 è stato il gruppo parlamentare Popular a presentare un disegno di legge
relativo alla regolamentazione degli uffici che gestiscono gli interessi particolari confluenti
con gli interessi pubblici822. La proposta fu approvata con un emendamento presentato dal
gruppo Socialista823.
L'anno successivo, il gruppo parlamentare CDS presentò in seduta plenaria una
proposición no de ley che chiedeva con urgenza al governo di legislare in materia di gruppi
di pressione824. Questa proposta si inseriva in un quadro politico e storico particolare, dopo
l'emergere di tutta una serie di casi di corruzione, che avevano reso più sensibile il
Parlamento sull'argomento. Forse proprio grazie a ciò, e grazie alla proposta costituzionale
di Alianza Popular, la proposición no de ley fu approvata con ampia maggioranza.
Una seconda proposición no de ley fu presentata nel 1993, e si sviluppava in questo
modo: cominciava con la constatazione dell'azione dei gruppi sociali sui poteri pubblici,
difendendo la loro esistenza come «segno del dinamismo della società civile, all'interno di
uno Stato sempre più complesso e in grado di intervenire nella maggioranza delle attività
umane» per stabilirne i limiti e «i principi che regolano la società democratica,
armonizzando i suoi interessi e leregole di partecipazione nel sistema democratico»825. Nel
valorizzare l'operato di questi gruppi e il loro ruolo di mezzi di scambio di informazioni, la
822
823
824
825
Número de expediente 162/000032.
Diario del Congreso, 460, 8 de febrero de 1990. Num.13.
Número de expediente 162/000244
artt. 9.2, 23.1 o 77 CE
270
proposta sottolineava la necessità che questo scambio si realizzasse sulla base dei principi di
trasparenza e pubblicità, con regole specifiche e separando l'attività degli operatori sociali
dal tráfico de influencias punibile a livello penale, in quanto difensori pubblici di alcuni
interessi specifici. Infine, la proposición no de ley invocava l'implementazione dell'art.105
CE, con una legge e con la creazione di una Commissione, all'interno di quella sul
Regolamento, incaricata di formare un Registro Público de Grupos de Interés e di regolarne
il funzionamento.
In un secondo momento, poi, il governo avrebbe dovuto presentare un progetto di legge
per la regolamentazione del tema, nel quale si sarebbe dovuto approvare il Registro Público
e il codice deontologico per il funzionamento dei gruppi826.
Anche in questo caso, dopo l'approvazione quasi all'unanimità della proposición no de
ley sull'argomento è caduto il silenzio, fino allo scorso febbraio, quando nuovamente il
gruppo parlamentare formato da Izquierda Unida, Iniciativa per Catalunya Verds- Esquerra
Unida i Alternativa, Chunta Aragoneista e Izquierda Plural ha presentato alla Comisión de
Hacienda y administraciones públicas una proposición no de ley per la creazione di un
registro delle lobby e dei gruppi di interesse827.
La proposición no de ley era volta a riaprire il dibattito parlamentare sull'argomento.
Secondo il gruppo che ha posto la questione, infatti, «i cittadini hanno diritto a sapere a
quali interessi rispondono i legislatori e il Governo. Per questo è necessario che vi sia
maggior trasparenza nell'azione delle lobby, intese come gruppi di pressione che difendono
interessi particolari e non generali. Questi importanti poteri di fatto, per la loro posizione
dominante, dispongono di capacità di influenza nel processo decisionale pubblico, senza
però che vi sia alcun controllo democratico al riguardo. [...] Per questo, consideriamo
necessario che i rappresentanti pubblici e tutti i gruppi di pressione mostrino le proprie
relazioni con trasparenza, affinché la cittadinanza abbia piena conoscenza di quali gruppi di
interesse appoggiano determinati partiti»828.
Con la proposición no de ley si chiedeva:
1. la creazione di una Comissione parlamentare per il controllo e la fiscalizzazione delle
lobby;
2. l'impegno, da parte del Congreso de los Diputados a delegare al Governo la
presenzatione, entro 6 mesi, di un progetto di Legge per la creazione di un registro e di un
controllo delle lobby e dei gruppi di interesse, per regolare, anche attraverso la costituzione
di un codice di condotta comune, l'attività di promozione, difesa e rappresentanza degli
interessi di persone e/o organizzazioni pubbliche e private, esercitata da persone naturali o
giuridiche con lo scopo di influenzare le decisioni prese dal governo stesso.
Il 20 marzo il gruppo Popular, però, ha bloccato i lavori della Comisión de Hacienda y
administraciones públicas e la proposición no de ley definendo inaccettabile l'idea che le
lobby possano essere sottomesse al controllo del Parlamento. Nonostante ciò, il Partido
Popular ha riconosciuto la necessità di migliorare il funzionamento dell'attività politica e il
ruolo fondamentale di alcuni gruppi di pressione nelle decisioni politiche.
826 Proposición no de Ley relativa al establecimiento por el Congreso de los Diputados de un Registro Público de
grupos de interés y un Código Deontológico de los mismos. Congreso. 4 de febrero de 1993. Serie D. Número 375.
827 BOLETÍN OFICIAL DE LAS CORTES GENERALES del Congreso de los diputados 13 febbraio 2012,
161/000168
828 Ibidem
271
4. Le norme attualmente applicabili.
In assenza di legislazione specifica, le uniche norme applicabili per regolare il rapporto
lobby- parlamentari sono quelle legate alle incompatibilità e al cosiddetto tráfico de
influencias, che si trovano rispettivamente tra le norme che trattano lo status del
parlamentare, e all'interno del Codice Penale.
Il regime delle incompatibilità persegue «l'indipendenza dei parlamentari in relazione ad
altri poteri dello Stato e a concrete forze politiche e sociali»829. Con questo obiettivo l'art.
70 CE rimanda alla legge elettorale per quanto concerne il regime di incompatibilità dei
parlamentari, che dunque è regolato dalla Legge organica del Regime elettorale generale
(5/85). Al capitolo II, titolo II, art. 159, si stabilisce che il mandato dei Deputati e Senatori è
incompatibile con lo svolgimento di attività private. In particolare, è incompatibile con:
4.
attività di gestione, difesa, direzione, di qualunque organismo o impresa del settore
pubblico, statale, autonomico o locale, che abbiano a che fare con la realizzazione di servizi
pubblici o che siano volti all'ottenimento di sovvenzioni pubbliche;
5.
qualunque attività che viene pagata con fondi di organismi di impresa del settore
pubblico;
6.
attività legate a cariche di direzione o rappresentanza di imprese e società
monopoliste;
7.
attività di qualisasi entità in favore di organismi e imprese del settore pubblico;
8.
la partecipazione superiore al 10% acquisita dopo l'elezione, in imprese o società
che abbiano contratti di opere, servizi, ecc., pagate con fondi di organismi o imprese del
settore pubblico statale, autonomio o locale;
9.
le funzioni di presidente del consiglio di amministrazione, di consigliere
amministrativo, direttore generale, dirigente o altre cariche in enti di credito o assicurativi;
10.
qualunque altra attività che per sua natura sia incompatibile con gli obblighi
parlamentari contenuti nei rispettivi regolamenti830.
Il Regolamento del Congreso de los Diputados stabilisce che «deputati e senatori sono
obbligati a dichiarare tutte le attività che potrebbero essere fonte di incompatibilità con la
propria carica, in conformità con quanto stabilito dalla legge, e qualuque attività che porta o
può portar loro altri ingressi economici, così come i propri beni patrimoniali, sia all'inizio
della carica, che alla fine della legislatura, e ogni qualvolta cambino le circostanze»831.
Un'ultima importante fonte giuridica per quel che riguarda la legislazione sul rapporto tra
potere legislativo e gruppi di pressione, è la Ley de incompatibilidades de Altos Cargos del
26/12/1983, la 25/1983, modificata dalla legge del 22/03/1991 e sostituita dalla legge
dell'11/05/1995, la 12/1995 sulle incompatibilità dei membri del Governo della nazione e
delle alte cariche dell'amministrazione generale dello Stato, nonché del Real Decreto
1410/1995, che regola i registri delle attività e dei beni e il diritto patrimoniale delle alte
cariche.
829 Fernández Segado, Francisco. El sistema constitucional español. Dyckinson, Madrid, 2000. p. 592. ref.
Santaolalla, Fernando. Derecho Parlamentario español. Espasa, Madrid, 1990. p.113.
830 Art. 159.2, Ley Orgánica 5/1985, de 19 de junio, del Régimen Electoral General
831 Art. 160, Ley Orgánica 5/1985, de 19 de junio, del Régimen Electoral General.
272
Per quanto concerne quello che viene definito tráfico de influencias, il Codice Penale se
ne occupa negli artt. 428, 429 e 430 Cap. VI, Titolo XIX. Qui con tráfico de influencias si
intende qualunque tipo di azione riconducibile alla corruzione, commessa dal funzionario
che sollecita o accetta prestazioni economiche in cambio della realizzazioni di atti relativi
alla propria carica, che favoriscano terzi particolari. Ma anche la prevaricazione che
commette il funzionario pubblico che, consapevolmente o per negligenza, agisce in maniera
da favorire terzi o imprese di cui è partecipe.
Il legislatore, dunque, ha voluto proteggere con queste norme l'interesse generale e il
principio di imparzialità della pubblica amministrazione, aggiungendo, con l'art. 430, la
penalizzazione della condotta basata sulla sollecitazione di ricompense o remunerazioni,
dell'accettazione di offerte o promesse in cambio della realizzazione di atti contro la legge.
E proprio qui molti hanno visto l'unica arma del legislatore di fronte all'azione delle lobby,
dato che le pene per questo tipo di reato possono includere anche la sospensione delle
attività o addirittura la chiusura della società, dell'impresa, dell'ufficio, per un tempo che va
dai 6 mesi ai 3 anni. Di più difficile applicazione, sebben legata, secondo una parte della
dottrina, al lobbying, è la norma inclusa nei delitti contro le istituzioni statali, tipizzata
nell'art. 495, libro II, Titolo XXI, che stabilische che «coloro che con armi o strumenti
pericolosi, tenteranno di entrare nelle sedi del Congreso de los Diputados o nel Senado per
rappresentare individualmente o in gruppo petizioni e interessi particolari, incorreranno a
una pena dai 3 ai 5 anni»832. E ancora, all'art. 494 «incorreranno a pene dai 6 mesi a 1 anno
coloro che promuoveranno, dirigeranno o presiederanno manifestazioni o altri tipi di
riunione davanti alle sedi parlamentari o davanti all'assemblea legislativa di una Comunidad
Autónoma, quando è in corso una riunione, alternado il normale funzionamento
dell'assemblea»833 e «coloro che impigheranno la forza, la violenza, l'intimidazione o la
minaccia grave per impedire a un membro del Parlamento o dell'assemblea legislativa di
una Comunidad Autónoma di assistere alle riunioni, impedendone la libera manifestazione
delle proprie opinioni e l'emissione del proprio voto verranno puniti»834.
Infine, risultano di notevole interesse pratico la parte del Codice Penale che regola
l'utilizzo indebito e segreto di informazioni privilegiate835 (attività che molte volte ha a che
fare con quella dei gruppi di pressione). L'art. 442 punisce «l'autorità o il funzionario
pubblico che faccia uno di un segreto di cui è a conoscenza per motivi legati alla sua carica,
o di un'informazione privilegiata, con lo scopo di ottenerne beneficio economico per sé
stesso o per terzi».
5. Conclusioni
L'azione dei gruppi di pressione in Spagna è un dato di fatto, constatabile giornalmente.
Per questo sorprende la scelta del governo di continuare nella totale assenza di leggi al
riguardo, anche di fronte alla crisi della democrazia e alle richieste di maggior
partecipazione politica da parte della cittadinanza. L'assenza di forme di partecipazione
832 Art. 495, Código Penal, Ley Orgánica 10/1995 de 23 de noviembre
833 Art. 494, Código Penal, Ley Orgánica 10/1995 de 23 de noviembre.
834 Art. 498, Código Penal, Ley Orgánica 10/1995 de 23 de noviembre.
835 Capitolo IV, Título XIX, “De la infidelidad en la custodia de documentos y de la violación de secretos”
273
istituzionali in Spagna hanno trasformato le lobby in elementi imprescindibili del processo
legislativo, il che rende ancora più evidente la necessità di una legislazione che ne regoli il
funzionamento. Il fenomeno, infatti, può essere considerato come «espressione del
dinamismo e della diversità degli interessi economici e sociali di ciascuna comunità, il che
giustifica il bisogno di norme, visto che costituiscono un elemento fondamentale
dell'ingranaggio che fa funzionare una società democraticamente avanzata»836.
L'assenza di regolamentazione comporta il rischio di condotte poco consoni alla
democrazia, ma impunibili in quanto non riconducibili alle attuali norme giuridiche. Inoltre,
l'attività di lobbying oggi è vista come negativa dalla società, proprio per la sua mancanza di
trasparenza e di norme che la regolino. Secondo molti, i gruppi di pressione, senza un
quadro giuridico che ne regoli l'attività, minacciano la democrazia, proprio per il ruolo
essenziale che hanno assunto all'interno del processo decisionale del Parlamento e del
Governo.
L'assenza di una legislazione obbliga in un certo senso questi gruppi ad agire in maniera
informale, il che implica che il loro accesso al Parlamento si basi su relazioni di amicizia e
convenienza. Infine, le attività di pressione di solito non tengono conto dell'opinione
dell'elettorato, della legittimazione sociale, delle questioni politiche, ma si riferiscono a
questioni tecniche e di profitto.
836 Parole del deputato del CDS, Martínez-Campillo García, Martínez-Campillo Garcia. Diario del Congreso, 12590,
23 de febrero de 1993. Num 248.
274
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los Diputados, 17 gennaio 2012
279
280
V
Lo status del parlamentare italiano
di
Lisa Borghi
Federico De Lucia
Marco Labbate
Claudia Pennacchietti
Francesca Socci
281
LO STATUS DI PARLAMENTARE
SOMMARIO: 1. Premessa - 2. Acquisto e perdita dello status di parlamentare. 3. Le disposizioni costituzionali e
regolamentari sullo status di parlamentare
1. Premessa
In considerazione degli equilibri complessivi che sorreggono le attuali forme di Stato e
di governo, la disciplina dello status del parlamentare rappresenta, in concreto, uno dei
fattori più significativi ed incidenti dell’esercizio della sovranità.
Per status di parlamentare si intende la posizione complessiva in cui i deputati e senatori
vengono a trovarsi, in ragione della loro appartenenza, alle Camere elettive; in altri termini,
è quella serie di poteri, competenze e garanzie previste essenzialmente da norme di rango
costituzionale, talvolta integrate da disposizioni legislative ordinarie, nonché da disposizioni
di regolamenti parlamentari837.
Certamente, un ordinamento costituzionale e democratico, quale è il nostro, necessita di
tutte queste garanzie per conservare un elevato tasso di democraticità e per consentire, come
si vedrà, un libero, effettivo ed efficace esercizio delle funzioni parlamentari. Infatti, se da
un lato comportano limitazioni di diritti, costituzionali e non, dall’altro, assumo un ruolo di
notevole rilevanza in quanto la loro presenza è tale da bandire qualsiasi rischio di approdare
ad una democrazia meramente formale.
Per quanto concerne, specificatamente, l’ordinamento costituzionale italiano, gli
elementi che definiscono lo status del parlamentare possono essere così sinteticamente
riassunti: disciplina ordinaria e tassativa delle cause di ineleggibilità e incompatibilità (art.
65 Cost.); riserva di competenza delle Camere nella verifica dei titoli di ammissione dei
loro componenti (art. 66 Cost.); rappresentanza nazionale e divieto di mandato imperativo
(art. 67 Cost.); immunità parlamentari (art. 68 Cost.); indennità parlamentari (art. 69 Cost.);
garanzia di conservazione del posto di lavoro e divieto di promozione per i pubblici
impiegati se non per anzianità (artt. 51, comma 3, Cost.; art. 98, comma 2, Cost.)
837 L. CIAURRO, Parlamentare (status di), in Dizionario di diritto Pubblico, Vol. V,
diretto da Sabino Cassese, Giuffrè, Milano, p. 4093.
Così anche C. DE CARO, Lo status di parlamentare, in Diritto parlamentare, II ed.,
Maggioli, Rimini, 2005, p. 51.
282
2. Acquisto e perdita dello status di parlamentare
Lo status di parlamentare si acquista dal momento dell’assunzione dell’ufficio di
deputato o senatore, vale a dire con la proclamazione e con la comunicazione della nomina
per i senatori a vita. Parte autorevole della dottrina sostiene che, sulla base del diritto
positivo, si verrebbe a creare una sorta di «premandato elettorale» già con la sola
candidatura alle elezioni838. In altri termini, il primo rapporto con gli elettori si traduce
attraverso la candidatura la quale, a seconda dell’esito elettorale, è suscettibile di
trasformarsi nel vero e proprio mandato e quindi nell’entrata in carica del parlamentare.
Curioso è notare come la proclamazione, cioè il momento di acquisto dello status,
rimanga discosta dal compimento effettivo delle funzioni del parlamentare che si esercitano
con la prima seduta della rispettiva Assemblea della nuova Legislatura839.
La cessazione dall’ufficio di parlamentare, invece, sia ha, per sua natura, con il termine
della legislatura, ossia, come poc’anzi accennato dal giorno della prima riunione delle due
Camere. Tuttavia, può avvenire, in via anticipata, nelle diverse ipotesi tassativamente
indicate dalla legge. In particolare, sei sono i presupposti in virtù dei quali si perde lo status
di parlamentare: per morte; per annullamento dell’elezione da parte della Camera di
appartenenza, con decorrenza dalla data dell’annullamento stesso, a causa dell’accertamento
di situazioni di ineleggibilità o di irregolarità avutesi nello svolgimento delle operazioni di
voto o di scrutinio 840 ; per dichiarazione di decadenza da parte della Camera di
appartenenza, in seguito al persistere di una situazione di incompatibilità parlamentare non
rimossa, oppure all’insorgere di una situazione di incapacità elettorale passiva841; per
dichiarazione di decadenza da parte della Camera di appartenenza, a seguito
dell’accertamento della violazione della legge del 10 dicembre 1993, n. 515, in materia di
disciplina delle campagne elettorali, sempre con decorrenza dalla pronuncia di tale
decadenza; per dimissioni volontarie, con decorrenza dalla data in cui la Camera di
appartenenza accoglie le dimissioni stesse, o ne prende semplicemente atto, nel caso in cui
838 L. CIAURRO, Parlamentare (status di), cit., p. 4092.
839 Si tratta dell’applicazione del principio costituzionale dell’art. 61 c. 2°, Cost., per
cui i poteri delle due Camere risultano prorogati fino al giorno immediatamente
precedente. Recita «Finchè non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri
delle precedenti».
840 A tal fine, L. CIAURRO, Parlamentare (status di), cit., p. 4092, richiama XIV Leg.
Atti Senato, sedute del 20 novembre 2002 e del 6 febbraio 3002.
841 Così, L. CIAURRO, Parlamentare (status di), cit., p. 4093, richiama XIII Leg. Atti
Camera, seduta del 13 aprile 1999, mentre per le problematiche connesse ad una
condanna definitiva alla pena accessoria della perdita del godimento dei diritti politici,
richiama XIII, Leg. seduta della Giunta delle elezioni della Camera del 12 luglio 2000.
283
siano rassegnate per motivi di incompatibilità842; per accettazione della candidatura per
altra Camera ai sensi dell’art. 24 del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533.
Da ultimo, con riferimento al parlamentare eletto in virtù delle elezioni suppletive,
l’ufficio di parlamentare cessa, parimenti, con la scadenza costituzionale della legislatura o
con il suo anticipato scioglimento, senza quindi alcuna possibilità di allungarne la
permanenza fino alla durata quinquennale.
3. Le disposizioni costituzionali e regolamentari sullo status di parlamentare
Lo status di parlamentare è disciplinato da norme costituzionali, oltre che dai regolamenti
delle due Camere. Si tratta di disposizioni che, come si vedrà, non si esauriscono in soli
diritti e privilegi, ma anche in consistenti divieti e preclusioni, tutti egualmente diretti a
salvaguardare la libertà del parlamentare nei confronti delle influenze esterne o a mettere
l’eletto in condizioni di svolgere il suo mandato, senza condizionamenti di carattere
economico che porterebbero allo svilimento del suo impegno, come rappresentante del
popolo843.
In questo quadro si collocano le disposizioni costituzionali che disciplinano lo status di
parlamentare ed in particolare l’articolo 68 che tratta della «insindacabilità e delle immunità
parlamentari» e l’articolo 69 secondo cui «i membri del Parlamento ricevono una indennità
stabilita dalla legge».
In ogni caso, al di là di rigide elencazioni, si tenterà di fornire, nei capitoli seguenti, una
breve analisi concettuale e storica sui dibattiti che, per lungo tempo, hanno caratterizzato i
delicati temi delle immunità e delle indennità parlamentari, rinunciando a qualsiasi
proposito impositivo e pretestuoso, ma restando ai confini di una modesta criticità.
LE IMMUNITÀ DEI PARLAMENTARI IN ITALIA
SOMMARIO: 1. Inquadramento generale delle immunità parlamentari italiane. - 1.1. Il difficile bilanciamento tra valori
costituzionalmente protetti. - 1.2. Le fonti e il catalogo delle immunità. - 2. L’insindacabilità. Breve rassegna di
giurisprudenza costituzionale. - 2.1. La nozione di “nesso funzionale”. - 3. L’inviolabilità. Breve rassegna di
842 Analogamente, L. CIAURRO, Parlamentare (status di), cit., p. 4093, richiama XIII,
Leg. Atti Senato, seduta del 4 novembre 1999 e XIV Leg., Atti Camera, seduta del 26
aprile 2005.
843 La genesi del complesso contenuto di diritti e divieti a cui è soggetto il
parlamentare va ricercata nel periodo storico legato al crollo delle monarchie assolute
del XVIII e XIX secolo in cui lo status dell’eletto consisteva nel portato necessario
della rappresentanza politica nei regimi nei quali questa era timidamente collegata alla
sovranità popolare. Così . DE CARO, Lo status di parlamentare, in Diritto
parlamentare, cit., p. 56.
284
giurisprudenza costituzionale e prassi parlamentare. - 3.1. Le perquisizioni dei parlamentari. La nozione di
“domicilio”. – 3.2. I criteri per un “uso corretto della prerogativa dell’inviolabilità”. - 3.2.1. I parametri di
valutazione della richiesta di autorizzazione all’arresto. - 3.2.2. L’autorizzazione all’acquisizione di tabulati
telefonici. – 4. Considerazioni conclusive.
1. Inquadramento generale delle immunità parlamentari italiane
1.1. Il difficile bilanciamento tra valori costituzionalmente protetti
Già all’indomani dell’entrata in vigore della Costituzione italiana appariva chiaro che
l’istituto dell’immunità parlamentare sarebbe stato bersaglio di pungenti critiche e foriero di
problematiche esegetiche e applicative844. La ragione era – ed è tuttora – da rintracciare
nella sua natura di guarentigia chiamata a opporre “resistenza” 845 al potere punitivo dello
Stato per la tutela dell’indipendenza della funzione parlamentare.
La sottrazione dalle interferenze di “tutti gli altri poteri” – in primis quello giudiziario –
si scontrava inevitabilmente con il principio della parità di trattamento di tutti i cittadini
davanti alla giurisdizione. L’art. 68 doveva quindi esprimere l’esatto punto di equilibrio tra
due valori costituzionalmente protetti: autonomia e indipendenza delle Assemblee
legislative da una parte, legalità e suoi corollari (eguaglianza dei cittadini davanti alla legge
e alla giurisdizione, diritto di agire e di difesa in giudizio, ecc.) dall’altra. Il rischio della
“perdita di equilibrio” consisteva nel superamento di quella linea di confine che separa la
legittimità della prerogativa dall’illegittimità del privilegio, con la conseguenza di creare
arbitrarie zone franche dall’esercizio della giurisdizione. Proprio a questo difficile
bilanciamento è da ricondurre la problematica applicazione che da sempre accompagna le
immunità, più volte piegate a strumento di difesa della posizione del singolo membro delle
Camere dall’esercizio di azioni giudiziarie. Nonostante la deprecabile prassi, dettata dalla
condotta di singoli parlamentari di «non specchiata moralità»846, mai si è dubitato del nesso
844 V., tra tutti, V. G. LOJACONO, Le prerogative dei membri del Parlamento (art. 68
della Costituzione), Milano, Giuffré, 1954, p. 31 ss. V. anche G. ARCOLEO, Trattato di
diritto costituzionale, Napoli, 1890, in Le opere di G. Arcoleo, G. PAULUCCI – C.
BARONE – A. CASULLI (a cura di), Milano, 1935, p. 306 già in relazione alla disciplina
dello Statuto albertino (il cui art. 51 prevedeva l’insindacabilità dei deputati e senatori
per le opinioni espresse e i voti dati nelle Camere; l’art. 37 la giurisdizione domestica
del Senato per i reati imputati ai suoi membri; l’art. 45 stabiliva che nessun deputato
poteva essere arrestato – fuori dell’ipotesi di flagranza – nel tempo della sessione
parlamentare, o tradotto in giudizio, in materia penale senza previo consenso della
Camera; l’art. 46 vietava il mandato di cattura per debiti durante la sessione e nelle tre
settimane precedenti e nelle tre successive).
845 M. CERASE, Anatomia critica delle immunità parlamentari italiane, Rubbettino,
2011, p. 13.
846 R. MORETTI, Sui limiti delle immunità parlamentari, in Giur. cost., Parte I, 1976, p.
751 ss.
285
imprescindibile tra ampiezza e solidità degli istituti immunitari, corroboranti lo status del
parlamentare, e livello di democraticità dell’ordinamento.
A testimonianza dell’attualità di tali temi si può portare il dibattito politico instauratosi
intorno a una recente vicenda giudiziaria che ha visto coinvolto il deputato N. Cosentino
(Pdl). Il 12 gennaio 2012, in occasione della bocciatura alla Camera847 della richiesta di
arresto nei confronti del deputato (a fronte del parere favorevole della Giunta delle
Autorizzazioni), nelle reazioni dell’Aula, ricorreva il riferimento alla conflittualità tra valori
di cui si sarebbe fatta portatrice la deliberazione: a chi sosteneva che il Parlamento,
concedendo l’autorizzazione, avrebbe preso una «decisione giusta, in linea con la
Costituzione», si opponeva chi affermava che così operando, il Parlamento avrebbe sancito
«che la legge non è uguale per tutti e che per i potenti non valgono le stesse regole che
valgono per i cittadini»848.
Riflessione a parte, ma lungo la stessa linea volta a individuare le criticità che ruotano
attorno alle prerogative immunitarie, potrebbe farsi in merito allo spinoso problema
dell’utilizzazione delle intercettazioni e della divulgazione del contenuto delle stesse. Due
temi che, sebbene distinti, sono inestricabilmente connessi dal punto di vista del difficile
bilanciamento dei valori che vi convergono. Le vicende che vanno dal “caso Petrella” del
settembre del 2005, al “caso Consorte-Fassino” comparso sulle pagine dei giornali nel
gennaio del 2006, e ancora ai più recenti “casi” Sircana, Papa e Cosentino, rivelano
l’ulteriore interconnessione che sussiste tra immunità parlamentare e altri temi, come quello
relativo al segreto istruttorio, alla tutela della riservatezza degli intercettati, alla libertà di
stampa e di informazione.
Infine, alla criticità dell’istituto connaturata alla sua ratio, si aggiungono anche
“interferenze esterne”, ma fortemente incidenti sulle prerogative immunitarie. In particolare,
l’irrompere del fattore mass media, modificando le modalità di propaganda politica italiana,
ha originato un’evoluzione nella nozione di “funzione parlamentare”, così incidendo sul
momento di verifica dei presupposti di insindacabilità; ma più in generale ha contribuito ad
amplificare le vicende della cronaca giudiziaria alimentando il sentimento di antipolitica –
già forte dell’attuale debolezza partitica –, che si fa portatore di un processo di crescente
insofferenza nei confronti degli istituti immunitari.
Nel presente studio si intende prendere in esame, senza alcuna pretesa di esaustività, solo
alcuni dei profili di problematicità che ruotano intorno alla disciplina delle immunità dei
parlamentari. La limitazione del campo di indagine è imposta dalla complessità applicativa
della disciplina immunitaria dovuta sia all’assenza in Costituzione di punti di riferimento su
cui fondare orientamenti stabili e condivisi, sia alla scarsa incidenza delle normative di
attuazione (v., ad es., la l. n. 140 del 2003) e dei regolamenti parlamentari sulla risoluzione
dei “conflitti” che sorgono laddove “la logica difensiva politico-corporativa” del
847
Il 12 gennaio 2012, la Camera dei Deputati con voto segreto chiesto dal PdL ha
respinto la relazione Samperi (Pd) negando l'autorizzazione all'arresto con 309 deputati
contrari e 298 favorevoli. Sulla vicenda giudiziaria relativa all’on. N. Cosentino, F.
PARMIGIANI, Il “caso Cosentino”, in Associazione italiana dei costituzionalisti, 2/2012.
848 Le prime parole sono da attribuire al deputato S. Berlusconi, le successive ad A.
Bonelli, presidente dei Verdi.
286
Parlamento, entra in contatto con il “naturale corso della giustizia” portatrice dei principi di
uguaglianza e del diritto di difesa, oltre che delle sfumature fattuali e processuali che
caratterizzano le vicende che vedono coinvolti membri del parlamento. Si osserverà come –
soprattutto in materia di inviolabilità – i rapporti tra le due “visioni”, vengono poi “regolati”,
in seno ai giudizi per conflitto di attribuzioni, dalla Corte costituzionale, nella logica che le
è propria, di garanzia di equilibrio dei sacrifici che inevitabilmente richiede l’applicazione
delle prerogative immunitarie (alla libertà e all’autonomia del Parlamento, come al diritto di
difesa dei soggetti terzi coinvolti e al principio di parità di trattamento di fronte alla legge).
Dunque, quando si tratta delle prerogative immunitarie, molti sono i soggetti coinvolti e di
conseguenza molte sono le istanze di tutela di cui ciascuno di essi si fa portatore. L’analisi
che segue, verrà compiuta omettendo le dinamiche evolutive che hanno portato alla
configurazione attuale della prerogativa, così come i profili procedurali e alcuni dei temi più
complessi (tra tutti, quello delle intercettazioni).
Ciò che interessa è osservare lo stato della dinamica relazionale tra i soggetti coinvolti
nell’interpretazione e applicazione delle prerogative. Per far ciò si selezioneranno vicende
tratte dalla recente prassi parlamentare e casi di cronaca giudiridico-parlamentare, alcuni dei
quali hanno costituito la base fattuale a conflitti di attribuzione tra Camere e magistratura.
L’esame di questi ultimi verrà condotta partendo dalle argomentazioni delle parti in
giudizio – autorità giudiziaria e Camere – per poi arrivare alle motivazioni della pronuncia
della Corte. Attraverso l’analisi dell’iter logico e delle istanze che guidano le parti, nonché
degli orientamenti del Giudice delle leggi in merito ai principi regolatori dell’applicazione
delle prerogative, si cercherà di comprendere in che termini si pone oggi il rapporto tra i
tentativi di applicazione estensiva degli istituti propri della prassi parlamentare e gli
interventi della giurisprudenza costituzionale (e, a partire dal 2003, della Corte europea dei
diritti dell’uomo849) volti ad arginarli.
Nel paragrafo 2 saranno esaminate, a partire da tre casi inerenti deliberazioni di
insindacabilità portati all’attenzione della Corte in ricorso per conflitto di attribuzione, le
tendenze interpretative più recentemente formatisi sulla nozione di “nesso funzionale”. Nei
successivi paragrafi si osserveranno alcuni sviluppi della prassi parlamentare e della
giurisprudenza costituzionale sui due versanti critici dell’applicazione delle autorizzazioni
ad acta: la nozione di “domicilio” e la definizione dei criteri su cui dovrebbe fondarsi la
valutazione delle Camere in merito alle richieste di autorizzazione all’arresto e
all’acquisizione e utilizzazione di tabulati telefonici riferiti (direttamente o indirettamente) a
utenze di un membro del Parlamento.
1.2. Le fonti e il catalogo delle immunità
849 La CEDU ha condannato l’Italia sette volte in procedimenti di violazione dell’art. 6
della Convenzione sulla base del concetto di “proporzione del sacrificio” del diritto dei
terzi di far valere la lesione da dichiarazioni di parlamentari innanzi a un giudice. V. i
casi “Cordova vs. Italy” nn. 1 e 2 del 2003, “De Jorio vs. Italy” del 2004, “Jelo” del
2005, “Patrono” del 2006 e “Cofferati” nn. 1 e 2 del 2009.
287
L’art. 68 Cost. (come modificato dalla l. cost. n. 3 del 1993), la l. n. 140 del 2003 e i
regolamenti parlamentari (art. 18 del regolamento della Camera, art. 135 del regolamento
del Senato) costituiscono le sedi della disciplina delle immunità che si presenta con una
struttura bipartita che vede, accanto a un’immunità sostanziale di tipo funzionale, una serie
di immunità processuali.
La prerogativa della cd. insindacabilità o irresponsabilità prevista dal primo comma
dell’art. 68 Cost. «sostanzia il diritto di critica e di dissenso e – al limite – di cambiare idea
e partito»850 (ponendosi come corollario del divieto di mandato imperativo sancito dall’art.
67 Cost.); riconosce ai parlamentari un’immunità sostanziale di tipo funzionale 851 ;
protegge quanti sono parlamentari al momento del fatto per cui sono chiamati a rispondere
da tutti i poteri che non siano la stessa Assemblea rappresentativa; ha carattere permanente.
L’inviolabilità prevista dal secondo e terzo comma dell’art. 68 Cost. si sostanzia in
quattro autorizzazioni ad acta che garantiscono il parlamentare nel processo penale
limitatamente al periodo in cui egli è in carica. Si tratta dunque di immunità processuale di
natura temporanea.
Un’altra forma di condizionamento del processo, l’autorizzazione parlamentare per la
sottoposizione a procedimento penale, fu eliminata dalla l. cost. n. 3 del 1993. L’inchiesta
cd. “mani pulite” e l’aumento vertiginoso della richiesta di autorizzazioni all’inizio dell’XI
legislatura, accompagnato dalla costante negazione della stessa anche per gravi reati di
traffico di denaro e dalla discutibile prassi della cd. “insindacabilità indiretta o impropria”
resero urgente una revisone in un contesto sociale in cui, già da tempo, l’autorizzazione era
sentita come un “privilegio di casta”.
Sul versante dell’insindacabilità, la medesima percezione, nelle parti private offese e
nella magistratura, del ricorrere di abusi perpetrati tramite un utilizzo incontrollato delle
deliberazioni di irresponsabilità condusse la Camera nel 2007 e nel 2009 ad un’operazione
di self restraint estrinsecatasi in due documenti contenenti criteri generali per l’applicazione
dell’insindacabilità parlamentare 852 . Prima di questi, l’interpretazione estensiva nella
prassi parlamentare della nozione di nesso funzionale di cui all’art. 68, c. 1° Cost. trovava
850 M. CERASE, Anatomia critica delle immunità parlamentari italiane, cit., p. 59.
851 In merito al profilo della natura e dell’operatività temporale delle prerogative si
rinvia, tra gli altri, a M. CHIAVARIO, Lessico essenziale delle immunità politiche, in
Immunità politiche e giustizia penale, R. ORLANDI – A. PUGIOTTO (a cura di),
Giappichelli Editore, Torino, 2005, p. 13 ss.; M. C. GRISOLIA, Immunità parlamentari e
Costituzione. La riforma del primo comma dell’art. 68 Cost., Cedam, 2000, p. 25 ss.; G.
LASORELLA, F. POSTERARO, Prerogative parlamentari, in Enc. giur., XXIV, Roma,
1991, 1 ss.; V. LIPPOLIS, Le immunità penali dei parlamentari in Italia, in Rass. Parl.
52 (2010), n. 4, p. 833 ss.
852 Si tratta dei criteri elaborati dalla Giunta della Camera nella XV e XVI legislatura e
pubblicati nei resoconti parlamentari rispettivamente del 4 aprile 2007 e del 19 gennaio
2009. Per i contenuti, si rinvia a M. CERASE, Anatomia critica delle immunità
parlamentari italiane, cit., p. 72 e a F. SEMERARO, Criteri generali di applicazione
dell'insindacabilità delineati dalla giunta per le autorizzazioni della Camera dei
deputati, in Quad. cost., 2007, p. 848 ss.
288
giustificazione, secondo la Camera, nell’evoluzione della natura del mandato parlamentare
che, a seguito dell’irrompere del fattore mediatico nella comunicazione politica, sarebbe
venuto a coincidere con tutti gli aspetti di vita pubblica portando con sé un ampliamento
degli atti connessi alla funzione e quindi, insindacabili853: «le trasmissioni divennero fora
politici per eccellenza, […] il linguaggio divenne patrimonio raramente valorizzato […] lo
strascico giudiziario divenne inevitabile e costante» 854 , e portò con sé un aumento
vertiginoso di richieste di garanzia immunitaria. I documenti suddetti, pur rappresentando
per alcuni «sintomo di una volontà dell’organo parlamentare di adottare per il futuro un
orientamento più restrittivo nella ricognizione dell’insindacabilità» 855 , non hanno
contribuito in modo significativo a mitigare il “dibattito” tra magistratura e Camere in sede
di conflitto tra poteri.
Uno dei problemi applicativi ancora oggi irrisolti in materia di insindacabilità ex art. 68,
c. 1° Cost., è rappresentato dall’individuazione dei concetti di “voto dato” e di “opinione
espressa”856; ma il nodo senz’altro più controverso è costituito dall’individuazione dei
confini da riconoscere alla nozione di funzione parlamentare e dei criteri di valutazione
della sussistenza del “nesso” tra attività giudizialmente contestata e esercizio del mandato
parlamentare, al fine di fondare l’applicabilità della garanzia (e con essa la deroga al
principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge).
Quanto all’art. 68, c. 2° Cost., non altrettanto agevole è apparsa sin dall’inizio la
definizione dei confini applicativi degli strumenti delle autorizzazioni e soprattutto dei
criteri su cui le Assemblee potessero fondare la valutazione sulla sussistenza dei requisiti
che giustificavano l’operatività della prerogativa.
2. L’insindacabilità. Breve rassegna di giurisprudenza costituzionale
2.1. La nozione di “nesso funzionale”
Una fonte utile per la selezione dei casi da cui scaturiscono ancora oggi i maggiori
problemi interpretativi in materia di insindacabilità è rappresentata dalla giurisprudenza
della Corte costituzionale chiamata a pronunciarsi in sede di conflitto di attribuzione tra
853 Senz’altro anche l’abrogazione dell’autorizzazione a procedere che decretò la fine
della prassi dell’insindacabilità indiretta influenzò l’”impennata” nell’utilizzo delle
delibere di insindacabilità.
854 M. CERASE, Anatomia critica, cit., p. 72.
855 F. SEMERARO, Criteri generali di applicazione dell'insindacabilità delineati dalla
giunta per le autorizzazioni della Camera dei deputati, in Quad. cost., 2007, p. 848 ss.
856 Diversamente, durante la vigenza dello Statuto albertino, non si posero problemi in
ordine ai confini della prerogativa dell’insindacabilità, poiché questa accoglieva
espressamente il cd. “criterio spaziale o topografico”: per i comportamenti o le opinioni
esterni ai luoghi tradizionali del Parlamento non operava la copertura della guarentigia,
e la dottrina tendeva ad escluderla anche laddove, in concreto, potesse rinvenirsi il –
tanto oggi dibattuto – “nesso funzionale”.
289
camere e magistratura. Come già accennato, il nodo interpretativo su cui si concentrano le
argomentazioni delle parti e attraverso la cui soluzione passa il pronunciamento della Corte,
attiene alla nozione, da sempre dai dubbi confini, di “nesso funzionale”, ovvero del rapporto
che deve sussistere tra le “opinioni espresse” e l’attività parlamentare affinché quest’ultima
costituisca valida “copertura” per l’operare dell’insindacabilità.
Si può prendere le mosse da una recente sentenza della Corte Costituzionale resa in un
giudizio di attribuzione tra poteri dello Stato857.
Il 19 dicembre 2008 la Camera dei deputati, recependo la proposta della Giunta per le
autorizzazioni a procedere858, adotta una deliberazione di insindacabilità859 delle opinioni
espresse dal senatore M. Gasparri, deputato all’epoca dei fatti, nei confronti del magistrato
H. J. Woodcock. Il Tribunale di Roma, seconda sezione penale, solleva conflitto di
attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, contestando che
non spettava alla Camera affermare che le dichiarazioni rese, per le quali pendeva il
procedimento penale, costituiscono opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni di
membro del Parlamento, e chiedendo conseguentemente l’annullamento della deliberazione.
La condotta ascritta al parlamentare consisteva nell’aver rilasciato un’intervista, poi
pubblicata su un quotidiano, in cui, a giudizio del ricorrente, venivano offesi l’onore e la
reputazione del magistrato. Dichiarata l’ammissibilità del conflitto e intervenuta in giudizio
la Camera dei deputati, si apriva il giudizio nel merito860.
Le argomentazioni si concentrano sulla sussistenza del cd. “nesso funzionale”, che
rappresenta la condizione di fatto legittimante l’operatività della prerogativa: è
individuabile un atto tipico della funzione parlamentare cui ricondurre l’intervista che si
assume diffamatoria? Le dichiarazioni oggetto di procedimento penale sono riferibili alla
funzione parlamentare del deputato?
Il Tribunale ricorrente rileva che né dalla relazione della Giunta per le autorizzazioni a
procedere, né dalla deliberazione della Camera dei deputati emerge alcun atto tipico della
funzione parlamentare cui ricondurre l’intervista che si assume diffamatoria e ne deduce
l’impossibilità di riferire le dichiarazioni oggetto del procedimento penale alla funzione
parlamentare dell’on. Gasparri.
La Camera premette all’analisi fattuale un ragionamento volto a dare una definizione
quanto più ampia possibile del concetto di “funzione parlamentare” a cui, “la prerogativa
sancita dall’art. 68, primo comma, Cost. è volta ad assicurare il pieno e libero esplicarsi, sul
presupposto per cui più dilatata è la nozione di “funzione parlamentare” più ampio sarà il
margine di manovra di cui disporranno le Camere per ricondurre la condotta del proprio
componente nell’alveo dell’insindacabilità. Pertanto, la Camera auspica che la “funzione
857 C. cost., 23 febbraio 2012 n. 39.
858 Doc. IV-ter, n. 12.
859 doc. IV-quater, n. 3.
860 In merito all’evoluzione della giurisprudenza della Corte sulla natura e i confini del
sindacato sulle delibere camerali, si rinvia, tra gli altri, a S. M. CICCONETTI, Diritto
parlamentare, Giappichelli, 2010, p. 89 ss. e a E. FURNO, L’insindacabilità
parlamentare. Ascesa, declino e trasformazione di un prerogativa, Edizioni Scientifiche
Italiane, 2009, p. 137 ss.
290
parlamentare”, intesa quale «apporto essenziale ed irrinunciabile [...] al processo di
formazione della decisione politica» sia «considerata come funzione complessa non limitata
alla sola sede parlamentare, ma esercitabile anche e soprattutto nelle sedi di diretto ed
immediato contatto con i cittadini». Inoltre, l’interpretazione dell’istituto
dell’insindacabilità dei parlamentari, «[dovrebbe] necessariamente tener conto della
evoluzione delle forme della rappresentanza politica che, in una democrazia pluralistica, si
connota per una dimensione pubblica e comunicativa che trascende le sedi e gli atti formali
delle Camere». Sarebbe necessario – continua la Camera – addivenire a «una concezione
della funzione parlamentare maggiormente sensibile alla contestualizzazione all’interno del
tessuto politico sociale attuale», che tenga conto delle «diversità di struttura, dimensione e
modi di funzionamento che sono esclusivi e tipici del processo politico dei nostri giorni».
Alla luce di queste considerazioni, a parere della Camera, le dichiarazioni del
parlamentare coinvolto nella vicenda in esame, «non possono che essere interpretate quali
espressione della funzione parlamentare intesa nella sua accezione più moderna di
strumento che prima concorre alla formazione dell’opinione pubblica e, poi, si preoccupa di
trasporla nel processo decisionale politico». È chiaro che tale nozione “evolutiva” di
“funzione parlamentare” veicolerebbe una più agevole configurabilità del nesso funzionale.
Nel caso di specie, infatti, la Camera, pur ammettendo l’assenza di una corrispondenza tra
contenuti dell’intervista e precedente attività parlamentare del deputato861, sostiene la
sussistenza della connessione funzionale, che si esplica nella corrispondenza tra le
dichiarazioni rese e l’attività politica svolta dal gruppo parlamentare di appartenenza862 .
Per arricchire ulteriormente il quadro delle argomentazioni che caratterizza il più recente
dibattito sull’insindacabilità, merita considerazione un’altra vicenda, portata all’attenzione
della Corte, anche questa volta, tramite la levata di un conflitto tra poteri.
Si tratta del caso che vede la Corte chiamata a giudicare in conflitto di attribuzione
sollevato con ricorso del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze nei
confronti del Senato della Repubblica863, in riferimento alla deliberazione assunta dalla
Assemblea il 12 febbraio 2009, con la quale è stato stabilito che le dichiarazioni pubblicate
in un libro, diffuso anche tramite internet, rese dal senatore G. Stracquadanio, oggetto di
861 Assenza motivata dalla Camera di appartenenza sulla base di due considerazioni: la
prima atteneva al fatto che le dichiarazioni erano state rese a poca distanza dall’inizio
della legislatura; la seconda alla circostanza per cui nella legislatura precedente, il
parlamentare ricopriva la carica di Ministro, cui è preclusa «l’effettuazione di attività di
sindacato ispettivo che rientrerebbe invece a buon diritto nelle prerogative proprie del
mandato parlamentare».
862 Nel caso di specie, la Camera vi ricomprendeva gli atti di sindacato ispettivo
sull’attività inquirente del magistrato predisposti da deputati e senatori di Alleanza
Nazionale, nonché le numerose proposte di legge riguardanti la riforma
dell’ordinamento giudiziario – e, in particolare, la separazione delle carriere tra
magistratura giudicante e requirente – presentate da deputati appartenenti al medesimo
gruppo.
863
Si tratta del ricorso del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di
Firenze del 10 dicembre 2009, pervenuto alla Corte il 4 gennaio 2010.
291
querela proposta dal dott. G. De Michelis di Slonghello, costituivano opinioni espresse da
un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni e ricadevano, pertanto, nella
ipotesi di immunità di cui all’art. 68, primo comma, della Costituzione.
Il querelante sosteneva che le dichiarazioni vertevano su circostanza «non vera e
comunque non accertata»; il tribunale le riteneva idonee a costituire «un forte attentato al
bene della dignità personale».
Il Senato, nel resistere al ricorso, evoca, quale atto “tipico” che fungerebbe da copertura
per l’insindacabilità delle affermazioni contenute negli scritti del senatore un’interrogazione
parlamentare tra i cui firmatari vi era lo stesso G. Stracquadanio, nella quale si ravviserebbe
una sostanziale identità di contenuto rispetto alla dichiarazione oggetto del procedimento
penale 864 . Inoltre, l’atto di sindacato parlamentare a sua volta riguardava i risultati
dell’attività istituzionale svolta da una Commissione parlamentare di inchiesta
(Commissione “Mitrokin”). La ricaduta di questa “catena di connessioni contenutistiche”
tra atti determina, a parere del Senato, l’inquadramento dei comportamenti contestati allo
Stracquadanio alla stregua di atti «preordinati alla diffusione di testi ufficiali del Parlamento
italiano» e dunque meramente divulgativi dei contenuti degli stessi. Alla circostanza che il
sen. Stracquadanio non facesse parte della Commissione “Mitrokin” e che pertanto non
potesse essere considerato “autore” del documento conclusivo, il Senato replica adducendo
l’orientamento per cui i risultati di qualsivoglia Commissione devono ritenersi riferibili non
ai singoli membri, ma alla Camera di appartenenza (o ad entrambe le Camere, nel caso si
tratti di commissione bicamerale); ciò in quanto la natura stessa delle Commissioni
comporta che i risultati che ne derivano entrino nella «piena e permanente disponibilità
delle Camere – dunque, di ciascuno dei loro membri»865. Da qui la correttezza della
delibera di insindacabilità oggetto di ricorso, dato che la condotta ascritta al parlamentare
sarebbe coincisa con la divulgazione del contenuto di atti riferibili alle Camere nel loro
complesso e, come tali, anche al sen. Stracquadanio.
Una notazione particolare merita anche il modo in cui la Giunta delle elezioni e delle
immunità del Senato, nella relazione di proposta della delibera di insindacabilità 866 ,
affronta il problema relativo al lasso di tempo che separa la pubblicazione delle espressioni
ritenute offensive e l’interrogazione parlamentare che dovrebbe fungere da “atto di
copertura” ai fini dell’operatività dell’insindacabilità. Ebbene, la Giunta, pur riconoscendo
che la seconda sia stata depositata in un momento chiaramente successivo alla prima,
prospetta la lettura per cui «occorrerebbe pervenire ad un “salto interpretativo”, volto a
ritenere sussistente il nesso funzionale in tutte le occasioni in cui il parlamentare raggiunga
il cittadino, illustrando la propria posizione», così dando maggiore preminenza alla
864 Interrogazione n. 3-00439 presentata il 28 febbraio 2007 da P. Guzzanti ed altri (fra
i quali lo Stracquadanio) al Ministro dell’interno.
865 Prosegue: “[…] pertanto, non possono essere considerati alla stregua di fatti storici
cronologicamente riferibili a una data determinata (tanto più nel periodo successivo
immediatamente più prossimo alla produzione di quei risultati), né subire le “cesure”
delle attività parlamentari connesse con la scadenza delle Legislature”.
866 Doc. IV-ter, n. 12.
292
valutazione sul parametro oggettivo-contenutistico piuttosto che su quello cronologico e –
come si vedrà – soggettivo.
Pertanto, riassumendo la posizione della Camera, le dichiarazioni del senatore sarebbero
connesse ad un documento – la relazione della Commissione Mitrokin – che costituirebbe
atto tipico, espressione di un organismo parlamentare addirittura testualmente
corrispondente alle dichiarazioni del senatore, rispetto alle quali, dunque, è idoneo a fungere
da “veicolo di insindacabilità”.
Argomentazione analoga è addotta dalla Camera in altro giudizio per conflitto di
attribuzione sollevato dalla Corte di cassazione, terza sezione civile, in relazione alla
delibera adottata dall’Assemblea, il 10 febbraio 2005 867 , in cui si affermava che le
dichiarazioni rese dal deputato V. Sgarbi nel corso di una trasmissione televisiva
coinvolgente, fra gli altri il dott. G. Colombo, magistrato all’epoca dei fatti, concernevano
opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni e
dovevano, pertanto, ritenersi insindacabili a norma dell’art. 68, c. 1° Cost. La Camera
sollecita la declaratoria di infondatezza del ricorso in quanto si tratterebbe di opinioni già
espresse dall’on. Sgarbi nell’esercizio delle sue funzioni parlamentari, nella specie, in vari
atti di sindacato ispettivo (interrogazioni, interpellanze, ecc.) «presentati dai colleghi di
partito» e relativi alla stessa vicenda riportata dal parlamentare nella trasmissione. Anche in
questo caso, dunque, si nota come nelle affermazioni della Camera, ricorra il profilo
dell’identità soggettiva: la persona del parlamentare che divulga all’esterno il contenuto
degli atti tipici e deve essere la stessa cui questi ultimi sono riferibili.
In ciascuno dei tre casi analizzati, la Corte costituzionale ha ritenuto fondato il ricorso,
dichiarando che non spettava alla camera affermare che i fatti per cui è in corso il
procedimento davanti all’autorità giudiziaria costituiscono opinioni espresse da un membro
del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni868.
Si procede ora al vaglio delle posizioni sostenute dalla Corte a fronte delle
argomentazioni svolte dalla Camera per ricavarne l’orientamento attuale sulla
conformazione del “nesso funzionale”.
Si premette che il ruolo della Corte, in quanto giudice del conflitto, è andato assumendo i
contorni di un controllo sul nesso funzionale mediante l’esame analitico e concreto degli
«elementi desumibili dalla delibera di insindacabilità [e] dalla relazione della Giunta […] [e
perfino] dalle deduzioni svolte dalla difesa della Camera»869.
867 Doc. IV-quater, n. 48.
868 Nell’ordine di esposizione: C. cost., 23 febbraio 2012 n. 39; C. cost., 12 marzo
2011 n. 82; C. cost., 24 giugno 2011, n. 194.
869 C. cost., n. 289/1998, Punto 5.1 del Cons. dir. Si tratta della sentenza con cui la
Corte, senza tradire lo schema procedimentale scaturito dalla storica sentenza n. 1150
del 1988 (e oggi anche previsto all’art. 3, c. 4 e 7 della l. n. 140 del 2003), si riconosce
il compito non più di una mera verifica esterna ed a posteriori sulla “non arbitrarietà” e
“plausibilità” (Cfr. C. cost. n. 443 del 1993) della delibera parlamentare, bensì un
controllo dell’iter logico seguito dalle Camere e degli elementi di fatto posti a
fondamento della motivazione parlamentare.
293
Si rileva inoltre, alla luce della ricostruzione delle vicende, che la logica seguita dalle
Assemblee nel dimostrare la sussistenza dei presupposti per l’insindacabilità si concentra su
tre profili che contribuiscono insieme a configurare il “nesso funzionale”: rapporto
contenutistico, legame temporale tra condotta e “atto parlamentare di copertura” e identità
soggettiva nella riferibilità degli stessi. La Corte riprende di volta in volta i tre profili,
scardinandone l’iter logico e la sottesa pretesa di fondo di portare all’ampliamento dei
confini di configurabilità del nesso.
Sul rapporto contenutistico: la Corte rammenta, nella sentenza n. 39 del 2012,
richiamando sue precedenti pronunce870 che, «ai fini della garanzia di insindacabilità di cui
all’art. 68, c. 1° Cost. non basta una generica identità di argomento o di contesto politico,
ma è necessario un legame specifico tra l’atto parlamentare e la dichiarazione esterna volta
a renderlo noto ai cittadini», legame che deve concretizzarsi in una vera e propria «identità
sostanziale di contenuti» 871 . «Il riferimento all’attività parlamentare o comunque
l’inerenza a temi di rilievo generale (pur anche dibattuti in Parlamento), entro cui le
dichiarazioni si possono collocare, non vale in sé a connotarle quali espressive della
funzione. Esse infatti, non costituendo la sostanziale riproduzione di specifiche opinioni
manifestate dal parlamentare nell’esercizio delle proprie attribuzioni, sono non già il
riflesso del peculiare contributo che ciascun deputato e ciascun senatore apportano alla vita
parlamentare mediante le proprie opinioni e i propri voti (come tale coperto
dall’insindacabilità, a garanzia delle prerogative delle Camere e non di un «privilegio
personale [...] conseguente alla mera “qualità” di parlamentare»: sentenza n. 120 del 2004),
bensì un’ulteriore e diversa articolazione di siffatto contributo, elaborata e offerta alla
pubblica opinione nell’esercizio della libera manifestazione del pensiero assicurata a tutti
dall’art. 21 Cost.»872
Inoltre, nella “vicenda Sgarbi”, la Corte aggiunge che, in occasione del vaglio della
sussistenza di una corrispondenza contenutistica, la Camera non dovrebbe omettere di
svolgere uno scrutinio sul “contesto” in cui le opinioni sono espresse, in quanto se è
pacifica la non automatica esclusione dalla copertura dell’insindacabilità di espressioni rese
extra moenia, in particolare attraverso i mezzi di comunicazione pubblica, è vero anche che
un contesto meramente “privatistivo” 873 avulso da qualsiasi connotazione istituzionale
pone inevitabilmente la condotta del parlamentare fuori dall’alveo protettivo
dell’insindacabilità.
La Corte costituzionale ha riconfermato, nelle citate sentenze, l’orientamento di cui si è
fatta portatrice nelle storiche pronunce nn. 10 e 11 del 2000 e con cui fa proprio il criterio
cd. della “divulgazione o riproduzione”, vale a dire del riconoscimento dell’insindacabilità
«a tutte le manifestazioni di opinione che siano espressione di un’attività divulgativa del
contenuto di atti parlamentari tipici». Perché vi sia divulgazione «vi deve essere sostanziale,
anche se non letterale, identità di contenuto tra quanto espresso nell’atto parlamentare e
870 Tra le altre, C. cost. n. 98 del 2011 e n. 82 del 2011.
871 Cfr. anche, C. cost. nn. 10 e 11 del 2000.
872 La Corte richiama, ex multis, le sentenze nn. 98, 96 e 82 del 2011, le sentenze nn. 320 del 2007 e 330 del
2008.
873 C. cost. n. 194 del 2011, cons dir. 1.
294
quanto divulgato all’esterno»874 ma anche – aggiunge, così introducendo la trattazione, in
questa sede, del profilo temporale –, un legame cronologico tra i due elementi da
confrontare. Infatti, sostiene la Corte875, «l’attività parlamentare deve necessariamente
precedere la manifestazione d’opinione esterna, il nesso funzionale deve intercorrere tra
l’attività divulgativa all’esterno e le opinioni “già espresse o contestualmente espresse”
nell’esercizio di funzioni parlamentari, risultando irrilevanti opinioni manifestate
nell’esercizio delle funzioni, ma successivamente»876. Inoltre, la distanza temporale tra i
due elementi di confronto non deve essere talmente ampia da escludere il carattere
divulgativo dell’espressione resa dal parlamentare. Sono proprio l’anteriorità o la
contestualità, nonché la reciproca collocazione temporale i presupposti che la Corte, nella
sentenza del 2012, assume carenti in alcuni degli atti parlamentari indicati dalla Camera a
sostegno della delibera di insindacabilità, così escludendo l’esistenza del nesso agli effetti
della garanzia dell’insindacabilità, in quanto «risulterebbe davvero eccentrico evocare il
concetto di divulgazione […] ove la relativa attività, espletata anche fuori del Parlamento, si
realizzasse in un momento antecedente alla opinione espressa dal parlamentare
nell’esercizio delle funzioni tipiche» o «a una distanza temporale talmente ampia da
escluderne il carattere divulgativo»877.
Infine, il profilo forse più critico e senz’altro più ricorrente nelle argomentazioni su cui si
concentrano i tentativi delle Assemblee di “aprire un varco” nelle interpretazioni della Corte
è quello soggettivo: un “nesso” insindacabile sussiste solo laddove il parlamentare divulghi
all’esterno opinioni espresse nelle camere da lui personalmente o anche laddove riferisca di
contenuti di attività compiute da colleghi o dal gruppo di appartenenza? Le pronunce
testimoniano che non si ha un adeguamento della Camera ai principi stabiliti dalla Corte
costituzionale, né un’apertura della Corte alle sollecitazioni provenienti dalle Assemblee
verso una revisione della sua giurisprudenza. Nel caso che coinvolge l’on. Gasparri, la
difesa della Camera sostiene che le dichiarazioni ricadono nell’ambito di efficacia dell’art.
68, c. 1° Cost. perché sarebbero riconducibili all’attività politica svolta dal suo gruppo
parlamentare. La Corte risponde, in continuità con la sua costante giurisprudenza878, che la
verifica del nesso funzionale deve essere effettuata con riferimento agli atti della stessa
persona, mentre «sono irrilevanti gli atti di altri parlamentari», non potendosi configurare
una sorta di insindacabilità di gruppo; se è vero, infatti, che «le guarentigie previste dall’art.
68 Cost. sono poste a tutela delle istituzioni parlamentari nel loro complesso e non si
risolvono in privilegi personali dei deputati e dei senatori, non si può trarre, tuttavia, la
conseguenza che esista una tale fungibilità tra i parlamentari da produrre effetti giuridici
sostanziali nel campo della loro responsabilità civile e penale per le opinioni espresse al di
fuori delle Camere» 879 . D’altra parte, secondo la Camera, un’eccessiva
874 F. SEMERARO, Criteri generali di applicazione dell'insindacabilità, cit., p. 848 ss.
875 C. cost., n. 289 del 1998 e n. 347 del 2004.
876 V. LIPPOLIS, Le immunità penali, cit., p. 833 ss.
877 C. cost. n. 410 e 135 del 2008.
878 C. cost., n. 98, n. 82 e n. 81 del 2011, nonché n. 134 e n. 28 del 2008.
879 Prosegue la Corte, nella sentenza del 2012: «la divulgazione di atti o lavori parlamentari non inerenti alle
proprie, dirette funzioni, può inquadrarsi “nella normale attività di critica politica che il parlamentare è libero di
svolgere al pari di qualunque cittadino, senza fruire, peraltro, di specifiche clausole di immunità che finirebbero per
295
«“personalizzazione” del nesso funzionale» potrebbe dare luogo a «conseguenze
discriminatorie» nei confronti di quei parlamentari che, una volta chiamati a ricoprire
incarichi di governo, sarebbero esclusi dalle garanzie previste dall’art. 68, c. 1° Cost880.
Le vicende esaminate e il loro esito in pronuncia confermano come la giurisprudenza si
sia consolidata intorno al concetto di “nesso funzionale” tra esercizio delle funzioni
parlamentari ed espressione di opinioni e anche come tale criterio operi ancora alla stregua
di «limite estremo della prerogativa dell’insindacabilità, […][che] non può mai trasformarsi
in un privilegio personale, quale sarebbe una immunità dalla giurisdizione conseguente alla
mera “qualità” di parlamentare». Per tale ragione «solo il cd. “nesso funzionale” consente di
discernere le opinioni del parlamentare riconducibili alla libera manifestazione del pensiero,
garantita ad ogni cittadino nei limiti generali della libertà di espressione, da quelle che
riguardano l’esercizio della funzione parlamentare». Per essere tale, il nesso funzionale
deve qualificarsi come “identificabilità” della dichiarazione quale espressione di attività
parlamentare881. Saranno dunque coperte dalla prerogativa le attività tipiche della funzione
parlamentare, ma anche quelle “innominate” o atipiche che rappresentino proiezione
“esterna” ai luoghi del Parlamento degli atti tipici e che abbiano con questi una
corrispondenza sostanziale di contenuto. «Si deduce da ciò che il criterio della
localizzazione dell’atto non è di per sé decisivo, sicché non possono ritenersi ricoperti
dall’insindacabilità gli atti non “di funzione” anche se compiuti all’interno della sede di
Camera e Senato»882, così come ben possono essere insindacabili atti extra moenia, purché
siano divulgazione e rappresentazione successiva dei contenuti esatti di atti tipici883. L’art.
coinvolgere e compromettere – senza una specifica relazione con la logica di garanzia sottesa all’art. 68, primo
comma, Cost. – i diritti dei terzi a veder tutelata in sede giurisdizionale la propria immagine e la propria onorabilità”
(sentenza n. 82 del 2011)». V. C. cost. n. 304 e n. 302 del 2007; nello stesso senso, ex multis, sentenze n. 151 e n. 97
del 2007.
880 Nel “caso Sgarbi”, la Camera sostiene che l’orientamento della Corte secondo il quale l’atto di un
parlamentare non può fungere da copertura costituzionale per tutti gli altri iscritti al medesimo gruppo può originare
«talune incongruenze». La Corte, nella sentenza 194/2011, riporta il percorso argomentativo della Camera, per la
quale siffatta restrittiva interpretazione “porta alla conseguenza che, ammettendo un sindacato sulla dichiarazione
“esterna,” dello stesso si risolverebbe in un sindacato su quella “interna” da parte di un altro potere, compromettendo
in tal modo l’esercizio del mandato parlamentare, che la Costituzione vuole, invece, “libero” (art. 67 Cost.)”, nonché
la ratio della garanzia di cui all’art. 68 Cost., la quale mira a tutelare le istituzioni rappresentative, e non l’interesse
dei singoli parlamentari. A parere della Camera, dunque, ciò che dovrebbe rilevare è la oggettiva correlazione tra le
dichiarazioni “esterne” e quelle “interne,” la quale «verrebbe meno ove l’attivazione della garanzia costituzionale
fosse collegata alla forma (e non alla sostanza) della manifestazione del pensiero».
881 C. Cost. n. 10/2000.
882 F. SEMERARO, I criteri generali di applicazione dell’insindacabilità, cit. V. anche C.
Cost. n. 509/2002 che annullò la delibera di insindacabilità della camera dei deputati
relativa ad una conversazione privata tra due parlamentari avvenuta alla buvette.
883 Come potrebbero esserlo opinioni espresse da parlamentari che partecipano ad attività esterne di commissioni
di inchiesta o che fanno parte di delegazioni delle camere.
Inoltre, la Corte, ha ritenuto “non esservi una sorta di automatica equivalenza tra l’atto
previsto dai regolamenti parlamentari e l’atto estraneo alla funzione parlamentare,
dovendosi verificare in concreto, riguardo al contesto in cui l’atto è posto in essere,
l’esistenza del nesso idoneo a renderlo qualificabile quale esercizio della funzione
parlamentare”. V. LIPPOLIS, Le immunità penali, cit., p. 845.
296
3 della l. n. 140 del 2003 – sebbene non risolutivo in seno al dibattito sulla nozione di
funzione parlamentare –, nel definire l’ambito applicativo dell’art. 68, c. 1°, affianca
all’elenco degli atti tipici parlamentari, «ogni altra attività di ispezione, di divulgazione, di
critica e di denuncia politica, connessa alla funzione di parlamentare, espletata anche fuori
del parlamento»; se ne ricava pertanto la riconducibilità entro questa categoria delle
dichiarazioni rese alla stampa o in televisione in quanto, ad esempio, divulgativi di un
disegno di legge o degli argomenti sviluppati in una interrogazione.
L’orientamento più recente della Corte per quanto attiene al profilo temporale e
soggettivo del “nesso funzionale” vede la garanzia non sussistente «quando le opinioni
manifestate al di fuori del Parlamento trovino solo un’eco successiva in atti parlamentari
tipici, oppure siano connesse ad opinioni manifestate nella sede parlamentare in un tempo
eccessivamente anteriore rispetto all’esternazione extra-moenia» 884 ; inoltre, torna a
ribadire il principio dell’identità soggettiva per cui, perché via sia insindacabilità il
parlamentare deve divulgare all’esterno opinioni espresse nelle camere da lui personalmente
e non da colleghi.
Qualche dubbio sull’atteggiamento di così netta chiusura da parte della Corte, può
sollevarsi in merito, ad esempio, alle interrogazioni a risposta immediata (nel cd. Question
time). La procedura prevede il deposito delle stesse solo nel numero di una per gruppo,
sicché solo uno dei parlamentari che vi appartengono e che intendessero intervenire in Aula
su un certo argomento, possono considerarsi “coperti” dalla interrogazione di Question time,
mentre gli altri non potrebbero servirsene per fondarvi l’operare dell’insindacabilità su
quanto espresso885.
Altrettanto critico è il problema che attiene alla configurabilità di un nesso funzionale
quando si è in presenza di atti parlamentari cd. atipici o innominati, ovvero quegli atti non
previsti dai regolamenti parlamentari. Anche la Corte ha mostrato orientamenti oscillanti in
merito: nel 2003 aveva affermato sussistere il “nesso funzionale” tra le dichiarazioni rese da
un parlamentare in una conferenza stampa e i contenuti di una lettera inviata dallo stesso al
Presidente della Commissione parlamentare antimafia di cui era membro, in quanto questa
presentava tutte le caratteristiche necessarie per poter essere configurata come atto tipico di
esercizio della funzione parlamentare. In primo luogo, «non era una comunicazione privata»
perché indirizzata al presidente dell’organismo parlamentare da un componente dello stesso
nella qualità di rappresentante – e quindi di “portavoce” – del gruppo di Forza Italia in seno
alla Commissione, così connotandosi «come “atto ufficiale” […] destinato a confluire nella
documetazione dell’attività dell’organismo; in secondo luogo, il contenuto dell’atto era
inerente ai lavori “istituzionali” dell’organismo; in terzo luogo si inseriva in un «contesto
Sulla teoria della divulgazione, cfr. M. CERASE, per il quale “la ratio della teoria della divulgazione è quella di
consentire a un parlamentare di sostenere extra moenia quello che ha già affermato intra moenia. Tale ratio appare
corretta: nelle formali sedi parlamentari le espressioni usate dagli oratori (…) sono soggette alle regole di correttezza
dei regolamenti parlamentari, fatte applicare dai presidenti di assemblea e di commissione. Sicché è ragionevole
ritenere che esse saranno in qualche misura filtrate e moderate”.
884 C. cost. n. 65/ 2007.
885 Ma le stesse perplessità suscita l’esclusione dagli atti che possono fungere da
copertura degli interventi di un deputato “a nome del gruppo” sull’ordine dei lavori e
ancora, come più volte rilevato dalle Camere, i risultati dei lavori di Commissioni
d’inchiesta contenuti nella relazione divulgata dalla persona del relatore.
297
cronologico unitario»886. Ciò che importa maggiormente ai fini del discorso sul nesso
funzionale è l’affermazione per cui la «tipizzazione, che rileva agli effetti della garanzia di
insindacabilità, non è quella che scaturisce dal nomen […] ma è quella che, secondo un
paradigma di effettività, deriva dalla riconducibilità degli atti all’esercizio delle attribuzioni
proprie – anche se attuate in forma “innominata”, sul piano regolamentare – dei componenti
i due rami del Parlamento». Sulla questione la Corte ritorna nella sentenza n. 120 del 2004,
in cui, in occasione della trattazione della questione di legittimità dell’art. 3, c. 1°, l. n. 140
del 2003, ribadisce che gli atti innominati possono ben costituire fondamento per un nesso
funzionale tra espressioni contestate e esercizio del mandato parlamentare purché esista un
«nesso che consenta di identificare l’atto in questione come «espressione di attività
parlamentare», ovvero come «esercizio in concreto delle funzioni proprie dei membri delle
Camere», in quanto costituisca uno strumento o una procedura rientrante nel campo di
applicazione del diritto parlamentare» e «che il membro del parlamento è in grado di porre
in essere e di utilizzare proprio solo e in quanto riveste tale carica887». È da rilevare che
non poche sono le perplessità che sorgono in merito all’ammissione che la Corte fa degli
atti atipici tra quelli potenzialmente idonei a fungere da copertura di insindacabilità,
soprattutto alla luce della teoria della divulgazione la cui ragion d’essere sta nella
controllabilità dell’atto su cui fondare l’insindacabilità delle opinioni. Le lettere, in
particolare, si collocano sicuramente al di fuori del controllo operato dalle procedure interne
alle camere che sono strumentali ad «evitare, ad esempio, nel testo delle mozioni,
interpellanze o interrogazioni, l’utilizzazione di espressioni lesive “dell’onorabilità dei
singoli” o comunque “sconvenienti”888». Pertanto, la riconducibilità della lettera tra gli atti
(latamente) tipici della funzione lascerebbe impregiudicati (e anzi solleciterebbe) potenziali
abusi889. Il deputato Tizio potrebbe «scrivere al suo presidente di gruppo, ingiuriando un
terzo e poi dare copia della lettera alla stampa»890.
Alla luce dei più o meno recenti interventi della Corte, ciò che rileva maggiormente è
che, sebbene la quasi costante giurisprudenza costituzionale abbia visto più volte
soccombenti le Camere, queste ultime hanno persistito nell’applicazione estensiva
dell’insindacabilità conducendo la Corte a pronunciarsi spesso su fattispecie molto simili tra
loro. Ciò nonostante può dirsi consolidata, almeno allo stato attuale, nei termini suddetti, la
linea interpretativa della Corte in materia di nesso funzionale, che in dottrina è considerato
«parametro certo» ai fini dell’operazione di riconduzione delle opinioni espresse nell’alveo
dell’insindacabilità, salvo rilevare che talvolta lo stesso, tacciato di eccessivo
886 C. cost. n. 219/ 2003, in particolare, Punti 2 e 3, Cons. dir.
887 C. cost. n. 120/2004, punto 5, Cons. dir. Con la sentenza la Corte si pronuncia
rigettando una questione di legittimità dell’art. 3, c. 1°, l. n. 140 del 2003 e chiarisce che
l’articolo impugnato non ha inteso estendere – né poteva, in quanto norma di rango
ordinario – la lettera dell’art. 68, c. 1°, Cost.
888 Art. 139-bis del Regolamento della Camera dei deputati.
889 P. VERONESI, I parlamentari, in Immunità politiche e giustizia penale, R. ORLANDI
– A. PUGIOTTO (a cura di), Giappichelli Editore, Torino, 2005, p. 113.
890 M. CERASE, Anatomia critica, cit., p. 82.
298
formalismo891, ha condotto ad indebiti utilizzi da parte delle Camere, soprattutto laddove il
previo esercizio di attività parlamentare tipica venga strumentalizzata al fine di poter
utilizzare determinate opinioni nel circuito mediatico (evenienza non rara, dato il sempre
più forte condizionamento dell’agone politico da parte dei mass media)892.
3. L’inviolabilità. Breve rassegna di giurisprudenza costituzionale e prassi parlamentare
3.1. Le perquisizioni dei parlamentari. La nozione di “domicilio”
I problemi esegetici che si associano alla prerogativa dell’inviolabilità si sviluppano su
due versanti: l’interpretazione dei confini da attribuire ad alcune nozioni del dettato
costituzionale e, soprattutto, l’individuazione dei criteri relativi al corretto uso delle
autorizzazioni, vale a dire dei parametri cui le camere devono attenersi nel valutare le
richieste provenienti dall’autorità giudiziaria.
Per entrambi i profili soccorrono, sebbene mai in termini dirimenti, gli orientamenti della
prassi parlamentare che scaturiscono dalle dichiarazioni rese in seduta o in documenti delle
Giunte competenti nei due rami dell’Assemblea 893 e le pronunce della Corte
costituzionale894.
Nel prosieguo, si porteranno alcuni esempi dei problemi applicativi recentemente
riscontrati dalle Camere intorno alla definizione della nozione di “domicilio”, per poi dar
conto di un caso di cronaca giuridico-parlamentare portato all’attenzione della Corte per il
tramite di un ricorso in conflitto di attribuzione, che fornirà l’occasione per trarre lo stato
attuale della giurisprudenza costituzionale in riferimento alla complessa questione delle
autorizzazioni aventi ad oggetto tabulati telefonici, direttamente o indirettamente riferibili a
parlamentari.
Premesso che non risultano precedenti nella prassi relativi a richieste di autorizzazione a
891 G. VASSALLI, Punti interrogativi sulla estensione della irresponsabilità dei membri
del Parlamento, in Studi in onore di G. Chiarelli, vol. IV, Milano, 1974, p. 4286 ss.
892 Si richiamano, ad esempio, le vicende che originarono le sentenze C. cost. nn. 347 e
348 del 2004, relative ad un articolo apparso su un quotidiano e ad un’intervista nei
quali il presidente del senato M. Pera, riprendeva argomenti in materia di giustizia che
erano stati oggetto di dibattiti nell’assemblea del senato e di una sua interpellanza
presentata successivamente.
893 Al Senato, la Giunta delle elezioni e delle immunità; alla Camera, la Giunta per le
autorizzazioni.
894
Si rileva però come la giurisprudenza costituzionale in tema di inviolabilità sia ben
più rara rispetto a quella sviluppatasi intorno alla prerogativa dell’insindacabilità. Ciò si
spiega col fatto che sono stati infrequenti i conflitti di attribuzione sollevati in merito
dalla magistratura.
299
eseguire perquisizioni personali a carico di parlamentari895, tuttavia nella XIV legislatura
si è imposto all’attenzione delle Assemblee il problema dei controlli aeroportuali sulle
persone e sul bagaglio. La Giunta delle autorizzazioni del Senato, nel 2004896, ha escluso
che i parlamentari possano sottrarvisi, laddove siano generalizzati e svolti per motivi di
sicurezza, salvo dimostrazione di un «intento pretestuoso o persecutorio e comunque
rinunziando al viaggio aereo»897.
Senz’altro più cospicue sono invece le vicende che chiamano in causa la nozione di
“domicilio”. Ci si limita qui a rilevare che, ai fini dell’applicazione dell’art. 68, c. 2°, la tesi
ora prevalente ricostruisce i contorni del concetto di “domicilio” sulla base del concorso di
due aspetti: uno strutturale e uno finalistico. Il primo è definito dalla Cassazione a S.U. 28
marzo 2006 n. 26795, per la quale domicilio non è qualunque luogo che tenda a garantire
intimità e riservatezza, ma «il luogo che, generalmente chiuso alla vista altrui, sottrae chi lo
occupa da altrui ingerenze». Il secondo si estrinseca nella relazione con il mandato
parlamentare. Anche in tal caso – come avviene, seppur in termini e con esiti diversi, per
l’operare dell’art. 68, c. 1° – sorge un problema di “connessione”. La Corte costituzionale,
in relazione ad una vicenda che aveva visto oggetto di perquisizione non autorizzata una
sede di partito (la sede della Lega Nord in via Bellerio, Milano) e, in essa, una stanza la cui
porta recava un cartello con la scritta “ufficio dell’on. Maroni”, pronunciandosi su conflitto
elevato dalla Camera dei deputati898, censurò la perquisizione evidenziando che l’art. 68
«intende garantire al parlamentare l’inviolabilità della sua residenza e anche di spazi
ulteriori identificabili come domicilio, in vista della tutela dell’interesse del Parlamento al
pieno dispiegamento della propria autonomia, esplicantesi anche nel libero esercizio del
mandato parlamentare, rispetto agli altri poteri dello Stato». Pertanto, in virtù della ratio che
permea l’inviolabilità del domicilio, «una sede di partito ben può – come nella specie –
ospitare il domicilio di un parlamentare». Dalla pronuncia in oggetto, sebbene non è dato
inferire una tutelabilità incondizionata delle sedi di partito, può dedursi la riconducibilità
delle stesse alla nozione di cui all’art. 68, c. 2° Cost., laddove nel caso concreto, ospitino
«luoghi che di fatto costituiscano domicili di parlamentari»899. Una questione simile, ma
contraddistinta da una ben più forte eco mediatica, si pose nel gennaio del 2011 allorquando,
nell’ambito di un’indagine condotta dalla procura della Repubblica di Milano, fu avanzata
domanda di autorizzazione a perquisire un ufficio ritenuto pertinente all’allora Presidente
del Consiglio S. Berlusconi, nella sua qualità di deputato. La Giunta per le autorizzazioni e
poi la Camera avrebbero dovuto stabilire se l’ufficio – presso cui l’on. S. Berlusconi
risultava, sulla base di atti d’indagine difensiva, non svolgere alcuna attività – potesse
considerarsi suo domicilio. Il confronto parlamentare portò sul tavolo molte argomentazioni
895 Il motivo sta nella contraddizione insita nel sottoporre atti, per natura “a sorpresa”,
ad un’autorizzazione che inevitabilmente ne frustrerebbe il senso e ne pregiudicherebbe
l’efficacia.
896 V. le sedute della Giunta delle autorizzazioni del 23 settembre e del 27 ottobre 2004.
897 M. CERASE, Anatomia critica, cit., p. 121
898 C. cost., n. 58/2004.
899 M CERASE, Anatomia critica, cit., p. 126.
300
sulle quali però non intervenne una parola definitiva900 in quanto non si ebbe una decisione
nel merito, ma la restituzione degli atti, poiché si ritenne il fascicolo attinente a reato
ministeriale e di conseguenza la proposizione della domanda di competenza del collegio per
i reati ministeriali e non della procura di Milano.
Altra questione, che appare di recente aver trovato definizione, verteva sulla necessità o
meno di autorizzazione per procedere al sequestro di cassette di sicurezza o conti correnti
bancari. Preliminarmente occorreva stabilire quale fosse la natura delle due tipologie di
“luogo” bancario. Ebbene, nel caso delle cassette di sicurezza l’orientamento delle autorità
giudiziarie e la prassi parlamentare – di recente confermata in occasione di una vicenda che
vede concessa dalla Camera l’autorizzazione, richiesta901 dalla procura di Napoli, per il
sequestro di cassette di sicurezza del deputato Milanese – appaiono concordi nell’intendere
la cassetta come una sorta di «proiezione esterna del domicilio»; e ne fanno conseguire che,
in assenza di autorizzazione, il sequestro di cassetta di un parlamentare è legittimo, mentre
illegittima ne è la perquisizione (attività che si sostanzia nell’apertura della cassetta). Al
contrario, il sequestro dei conti correnti bancari è stato considerato dalla prassi parlamentare
non riconducibile alla nozione di perquisizione domiciliare. Pertanto si ritiene legittimo il
sequestro del conto di un deputato pur in assenza di autorizzazione.
Questo, in sintesi, lo “stato dell’arte” su una delle nozioni – quella del “domicilio” del
parlamentare – di più problematica e ricorrente applicazione nell’ambito della disciplina
dell’inviolabilità.
Le vicende che ora si esamineranno, serviranno a comprendere alcune delle difficoltà
interpretative che ruotano attorno all’art. 68, c. 2° e 3°, oltre che ad osservare, anche questa
volta nel contesto di un giudizio per conflitto di attribuzione, l’orientamento attuale di
autorità giudiziarie e Camere, nonché la posizione della giurisprudenza costituzionale sulla
questione dei criteri sulla base dei quali devono essere valutate le richieste di autorizzazione
all’arresto e le richieste di autorizzazione all’acquisizione o utilizzazione di tabulati
telefonici riferibili a parlamentari.
3.2. I criteri per un “uso corretto della prerogativa dell’inviolabilità”
3.2.1. I parametri di valutazione della richiesta di autorizzazione all’arresto
Nel silenzio della Costituzione, il criterio cui la dottrina fa solitamente riferimento su cui
le Camere dovrebbero fondare l’esame delle richieste di autorizzazione all’arresto si
compone di due parametri valutativi: un primo, relativo alla sussistenza del cd. fumus
persecutionis, inteso sia in senso soggettivo, come “sentore” di un intento personale del
giudice di intimidire, perseguitare, interferire indebitamente nell’esercizio del potere; sia in
senso oggettivo, come pretestuosità, di cui possono rappresentare “sintomi”, ad esempio,
carenze nelle indagini condotte dall’autorità giudiziaria; un secondo, consistente nella
verifica dell’avvenuto bilanciamento tra interesse al libero corso della giurisdizione penale e
900 Si vedano le sedute della Giunta per le autorizzazioni della Camera del 19, 25, 26 e
27 gennaio 2011, i Docc. IV, n. 13/A ss. – XVI legislatura.
901 Doc. IV, n. 21 – XVI legislatura.
301
interesse dell’Assemblea a vedere preservata l’integrità del proprio plenum (nel caso
dell’arresto) o garantito da ogni invadenza il libero esercizio del mandato parlamentare902.
Questi due aspetti valutativi si sono scontrati – e si scontrano tuttora – con una prassi
parlamentare in cui la richiesta di arresto era sempre respinta se non si trattava di gravi fatti
di sangue; il medesimo approccio era poi seguito a fronte di richieste che avessero ad
oggetto atti caratterizzati da vizi procedurali o logici. La ratio di tutela del plenum e la
verifica della presenza di un intento persecutorio passavano in secondo piano; il secondo
poi, veniva prestato ad usi pretestuosi e ricondotto nei termini di un mero «chiaro intento
soggettivamente persecutorio».
A conferma di questo atteggiamento, nella storia giuridico parlamentare, le uniche
eccezioni alla prassi sistematica del rigetto di richieste d’arresto sono rappresentate da
quattro vicende attinenti a gravi fatti di sangue903, alle quali si aggiunge solo di recente la
“svolta” del luglio 2011, rappresentata dalla concessione dell’autorizzazione alla custodia
cautelare in carcere del deputato A. Papa. In quest’ultima vicenda, nelle sedute della Giunta
della Camera sulla domanda di autorizzazione, emerge quanto sia complesso, in un contesto
di lotta politica condurre valutazioni che, – in quanto volte ad incidere sul bilanciamento
tra due esigenze opposte ma di pari rilievo costituzionale, ovvero garanzia che la giustizia
faccia il suo corso e tutela del libero svolgimento delle funzioni parlamentari – siano il più
possibili avulse da intenti puramente di tutela corporativa. Infatti, nei resoconti delle sedute,
è inevitabilmente duplice la tipologia di approccio alla richiesta: da una parte, i componenti
il gruppo di appartenenza del destinatario tentano di ergersi a giudici del provvedimento
(sindacando la produzione investigativa, la consistenza documentale e motivazionale), e a
far leva sull’impatto che una scelta nel senso della concessione al di fuori dell’ipotesi di
gravi reati di sangue possa avere sui canoni tradizionali, determinando un’estensione dei
tentativi di ingerenza persecutoria della magistratura sulla vita parlamentare; dall’altro, gli
schieramenti avversi adducono la completezza delle indagini e l’insussistenza di elementi di
persecutorietà, scendendo anche nel merito delle imputazioni che, in quanto attinenti a
condotte gravi, risultano sintomatiche di un’«attitudine a delinquere»904.
902 Tale ricostruzione sembra trovare conferma nel dettato dell’art. 68, c. 2° in cui, le
eccezioni alla necessità dell’autorizzazione all’arresto, ovvero l’ipotesi di flagranza e di
condanna irrevocabile, escludono un intento persecutorio dell’autorità giudiziaria; è
però da rilevare che, se ciò è indiscusso nel caso della flagranza, altrettanto non lo è per
la condanna irrevocabile, ipotesi in cui non si può escludere in assoluto un intento
persecutorio del potere giudiziario. Ma si ritiene che il legislatore abbia ritenuto
sufficienti a sanare questa perplessità i rimedi endoprocessuali a disposizione del
parlamentare imputato. Si veda, al riguardo, M. CERASE, Art. 68, in Commentario alla
costituzione, R. BIFULCO – A CELOTTO – M. OLIVETTI (a cura di), Torino 2006, 1304 e V.
LIPPOLIS, Le immunità penali, cit., p. 852.
903 V. i casi degli on. Moranino, I e II legislatura, Saccucci, VI e VII legislatura e Toni
Negri e Abbatangelo, IX legislatura.
904 Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla domanda di autorizzazione a
eseguire la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato Papa.
Doc. IV, N. 18-A, – XVI legislatura.
302
3.2.2. L’autorizzazione all’acquisizione di tabulati telefonici
Non dissimili rispetto a quelli che si presentano in tema di autorizzazione all’arresto,
sono i problemi applicativi connessi alla disciplina delle intercettazioni a carico di
parlamentari905. La sua ratio risiede nella tutela del parlamentare nell’esercizio della sua
libertà da interferenze indebite dell’azione giudiziaria, anche se le è chiaramente sottesa – e
lo era anche e soprattutto nell’animo dei riformatori del 1993 – anche la preoccupazione
principale di sottrarre i membri delle Assemblee dai “ricatti mediatici” e da
strumentalizzazioni condotte da avversari politici.
Quanto alle intercettazioni indirette, ovvero quelle in cui compare un parlamentare pur
essendo state sottoposte a controllo utenze o ambienti di altri soggetti, la ratio suddetta e il
rischio, palese sin da subito, che si potessero prestare a fungere, in concreto, da
intercettazione “fraudolenta” o “mirata” del parlamentare (si pensi ai casi in cui, ad esempio,
ad essere intercettati siano il coniuge, i figli, collaboratori, ecc.), hanno originato
un’interpretazione dell’art. 68, c. 3° come fonte contenente un obbligo di autorizzazione
preventiva per le intercettazioni dirette, ma anche, implicitamente, di una successiva per le
indirette al fine di consentire l’utilizzazione del materiale captato.
Non pochi problemi posero sia l’interpretazione della disposizione costituzionale, sia
l’art. 6 della l. n. 140 del 2003. In occasione della sentenza che lo ha dichiarato
costituzionalmente illegittimo 906 , la Corte, pur non risolvendo tutti i profili
problematici 907 , ha chiarito che il vero criterio per affrontare il problema delle
intercettazioni indirette è tener conto della distinzione tra intercettazione “casuale” o
“fortuita” (perciò non rientrante nell’applicazione del 68, 3 co. e dell’art. 4 della legge del
2003) e “mirata” o “voluta”; precisando che è la «concreta direzione dell’atto», ovvero la
circostanza che il parlamentare sia o meno il «destinatario individuato in anticipo»
dell’intercettazione a far comprendere se si rientra nella prima ipotesi o nella seconda.
Anche nell’ambito della disciplina delle intercettazioni, il silenzio della Carta
costituzionale ha determinato il sorgere della questione dell’individuazione del criterio che
dovrebbe guidare le Camere nella decisione in merito all’autorizzazione all’utilizzo delle
stesse. La prassi parlamentare ha fatto ricorso al criterio del fumus persecutionis, ma è
evidente che la valutazione sulla persecutorietà perde di valore laddove l’utilizzo delle
intercettazioni sia rivolto ad un terzo intercettato, né la domanda di rigetto di richiesta di
autorizzazione vale a tutelare da ingerenze mediatiche o da inevitabili strumentalizzazioni a
905 Una delle novità della riforma del 1993 è costituita dal terzo comma dell’art. 68,
con il quale, per sottoporre i membri del parlamento a intercettazioni, in qualsiasi forma
telefonica o ambientale che sia, (cfr. sent. 390/2007), di conversazioni o comunicazioni
e a sequestro di corrispondenza, si prevede l’autorizzazione. L’art. 4, c. 1°, della l. 140
estende la necessità dell’autorizzazione anche all’acquisizione di tabulati di
comunicazioni.
906 C. cost. n. 390/2007.
907 Si vedano le considerazioni di M. CERASE, in Anatomia critica, cit., p. 168 ss.
303
fini di lotta politica, in quanto le intercettazioni risulteranno, a quel momento, già
pubblicate, quanto meno presso la Camera interessata908.
Come si è avuto modo già di vedere, se non si registrano casi di richieste di
autorizzazione per perquisizioni personali o domiciliari, sequestro di corrispondenza e
intercettazioni dirette su utenze riferibili a parlamentari, il motivo risiede nella palese
bizzarria di aver sottoposto ad autorizzazione atti che fondano la loro natura e la loro
efficacia investigativa sull’“effetto sorpresa”. Pertanto, i casi di cui si dispone per osservare
come i soggetti coinvolti operano di fronte a vicende che chiamano in causa l’art. 68, c. 2° e
3°, attengono per lo più a richieste di autorizzazione per l’utilizzazione di intercettazioni
indirette, e per l’utilizzazione o acquisizione di tabulati telefonici del parlamentare o di terzi
da cui risultino transitate sue chiamate909. Di conseguenza, è in ordine a tali ipotesi che si
sono sviluppate le maggiori difficoltà interpretative e applicative.
Può costituire valido strumento di esame di queste la vicenda in occasione della quale, la
Corte 910 , si trova a pronunciarsi in un’unica decisione – «in ragione di evidente
connessione» – su due giudizi relativi a due conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato
aventi ad oggetto una deliberazione del Senato della Repubblica del 21 dicembre 2007911,
con la quale, ai sensi dell’art. 68, c. 3° Cost., si negava sia l’autorizzazione all’utilizzazione,
nei confronti del senatore G. Valentino, di tabulati telefonici relativi ad un’utenza in uso a
M. Sinibaldi, nella parte relativa ai contatti con utenza in uso al senatore sia
l’autorizzazione all’acquisizione dei tabulati telefonici riferibili al medesimo; autorizzazioni
richieste con ricorsi rispettivamente del GIP del Tribunale di Roma e della Procura della
Repubblica presso il Tribunale di Roma. Entrambe le richieste furono esaminate
congiuntamente dalla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari in quanto attinenti
ad atti probatori ritenuti da compiere nello stesso procedimento nel quale la medesima
persona – il senatore G. Valentino – era sottoposto (insieme a M. Sinibaldi) ad indagine per
il delitto previsto dall’art. 378 del c.p.p.912 .
908 Quando infatti interviene domanda di autorizzazione in materia di intercettazioni,
l’ordinanza di cui all’art. 6 c. 2° l. n. 140 del 2003 viene pubblicata, e pubbliche
diventeranno anche le intercettazioni in essa contenute. Laddove invece il testo sia
incluso in allegati, questi ultimi sono messi a disposizione dei soli membri della Giunta
delle autorizzazioni (ciò che evidentemente non servirà ad escludere “fughe di notizia”).
909 La necessità di autorizzazione parlamentare per l’acquisizione di tabulati telefonici
del telefono del parlamentare o dell’utenza altrui su cui siano transitate chiamate di
quest’ultimo è prevista dagli artt. 4 e 6 della l. n. 140 del 2003 che ha operato
un’assimilazione dei tabulati alle intercettazioni, derogando dunque al dettato testuale
dell’art. 68, c. 3°, nonostante la disciplina delle prerogative sia considerata di stretta
interpretazione (v. anche C. cost. nn. 225 del 2001 e 263 del 2003).
910 C. cost. 28 maggio 2010, n. 188
911 Doc. IV, n. 1.
912 Nello specifico, il Sinibaldi, in relazione alle cui utenze il GIP chiede l’utilizzo dei
tabulati telefonici, e il sen. Valentino, avrebbero “aiutato G. Fiorani ad eludere le
indagini sul medesimo condotte (…), riferendogli l’esistenza di operazioni di
intercettazione telefonica a suo carico, per il tramite di S. Ricucci” (procedimento
304
La deliberazione del Senato avvenne in conformità alla proposta adottata all’unanimità
dalla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari e, in relazione alla stessa, le
ricorrenti in conflitto di attribuzione chiedono che la Corte dichiari che non spettava al
Senato pronunciarsi e annulli, di conseguenza, la deliberazione impugnata. D’altra parte, il
Senato, in persona del suo Presidente, si costituiva chiedendo il rigetto del ricorso, in quanto
inammissibile, improcedibile e comunque infondato.
Entrambi i ricorrenti sostengono che il Senato, con la delibera impugnata, si sarebbe
attribuito compiti che trascendono l’ambito del sindacato previsto dall’art. 68, c. 3° Cost.,
andando a esprimere valutazioni sulla necessità di acquisire a fini probatori i tabulati già
presenti in atti, in rapporto «allo sviluppo attuale del procedimento e alle sue prospettive
future», e così interferendo sulla «gestione processuale di una prova già formata» e
sull’«andamento del procedimento in corso». L’art. 68, c. 3°, Cost., sarebbe finalizzato
unicamente a stabilire se la richiesta di autorizzazione denoti un atteggiamento persecutorio
nei confronti del parlamentare interessato, o miri a realizzare un’indebita – in quanto
immotivata – ingerenza nella sua sfera privata; o ancora, se l’intero procedimento penale
costituisca un mero “pretesto” per esercitare un indiretto condizionamento sull’esercizio del
mandato parlamentare. La Procura della Repubblica richiedente aggiunge che, non solo il
Senato, così agendo, avrebbe invaso le attribuzioni riservate dall’art. 112 Cost. al giudice,
ma avrebbe anche introdotto, a garanzia della riservatezza dei parlamentari, una «tutela
speciale e ulteriore» rispetto a quella assicurata dalla legge ai consociati, in contrasto con
l’art. 3 Cost. e con quanto affermato dalla Corte nella sentenza n. 390 del 2007 che riserva
alla Camera di appartenenza del parlamentare interessato dalla richiesta un sindacato
finalizzato esclusivamente alla protezione della funzione parlamentare da iniziative che
celino un fumus persecutionis e non anche valutazioni di natura processuale che spettano
invece all’autorità giudiziaria. Non solo, ma il Senato avrebbe fatto uso di due criteri
valutativi impropri, ovvero la «decisività», ai fini della conferma o meno della ricostruzione
accusatoria, dell’atto investigativo da autorizzare e la «assoluta indispensabilità» dello
stesso configurabile nell’assenza di alternative investigative: due criteri che nulla hanno a
che vedere con il potere delle Assemblee, che sarebbe unicamente quello di vagliare la
«necessità» dell’atto investigativo, nonché la «congruità e pertinenza» della richiesta.
Dunque, osservate le argomentazioni delle ricorrenti, si passa ora ad esaminare le
posizioni contenute nella Relazione della Giunta la cui proposta di diniego di autorizzazione
è stata poi recepita dall’Assemblea. La Giunta sostiene che il richiedente non avrebbe dato
adeguatamente conto della «necessità di utilizzazione» dei tabulati, limitandosi a rilevare la
«mera pertinenza» degli stessi rispetto al fatto oggetto di indagine utilizzando quindi un
parametro valutativo che non consentirebbe all’organo parlamentare di «individuare un
iscritto al n. 32200/06 del registro delle notizie di reato). La notizia del reato era stata
attinta da dichiarazioni rese dal Fiorani nel corso di interrogatori svoltisi davanti al GIP
e al PM presso il Tribunale di Milano. Su tale notizia la Procura della Repubblica presso
il Tribunale ordinario di Roma aveva svolto indagini, sulla base delle quali aveva
ritenuto assolutamente necessario acquisire anche i tabulati di tutte le utenze fisse e
mobili in uso al senatore”. Di qui, la richiesta della Procura al Senato che si andava ad
aggiungere a quella del GIP del Tribunale di Roma.
305
collegamento inequivoco» con il fatto. Su questa linea, la Giunta rimarca come
l’acquisizione di tabulati telefonici, incidendo in modo penetrante sulla sfera di riservatezza
del parlamentare, implichi rilevanti rischi «di interferenza con aspetti e circostanze inerenti
all’esercizio della funzione parlamentare». A fronte di ciò, la relativa richiesta di
autorizzazione – «per evidenti ragioni di tutela della libertà di svolgimento del mandato
parlamentare» – potrebbe essere accolta «solo se la necessità della stessa ai fini della
ricostruzione dell’ipotesi accusatoria non solo corrisponde ad un’esigenza attuale e non
meramente potenziale […] ma emerge in modo palese e stringente dalle prospettazioni
dell’Autorità giudiziaria che, coerentemente con quanto imposto dalle esigenze di leale
collaborazione fra i poteri dello Stato, deve dar conto di aver esperito le soluzioni
alternative ragionevolmente ipotizzabili rispetto alla formulazione di tale richiesta ovvero
della presumibile impraticabilità delle medesime». Il Senato, in una memoria depositata in
giudizio, rivendica come il potere di autorizzazione parlamentare non sia «mero strumento
di controllo automatico e formalistico su situazioni residuali di “conclamata finalità
persecutoria” o “strumentale”, ma debba invece assumere i connotati di verifica sulla
motivazione della richiesta, che a sua volta dovrà contenere “elementi” idonei a giustificarla
e renderla accoglibile alla stregua dei requisiti di legittimità dell’atto stesso e delle esigenze
di tutela della libertà e dell’indipendenza della funzione parlamentare». Nel caso concreto,
il diniego opposto dal Senato è infatti giustificato dalla «carenza di motivazione circa la
necessità delle acquisizioni documentali richieste, tanto se considerata in sé, quanto in
rapporto a possibili attività alternative aventi minore tasso di invasività e, dunque, di
incidenza sui connotati di quella funzione».
La vicenda rappresenta l’occasione per la Corte di ritornare su alcuni importanti principi
che regolano l’istituto dell’inviolabilità. Innanzitutto, ricorda che la sua attuale
conformazione, non più caratterizzata da un’autorizzazione a procedere ma da
autorizzazioni a singoli atti del procedimento penale si giustifica in quanto, non più tutto il
procedimento, «ma solo alcuni atti sono considerati idonei a incidere sulla libertà e
l’indipendenza della funzione parlamentare», le quali sono suscettibili di sacrificio «nei
limiti in cui il compimento in concreto di taluno di essi – in relazione alla sua attitudine
tipica – corrisponda alle specifiche esigenze procedimentali e, in particolare, investigative».
Tali esigenze si esplicano in un criterio di “necessità” (in tal senso dovendosi intendere
l’espressione «quando occorre», recata dal comma 1 dell’art. 4) sulla cui sussistenza –
commisurata all’esigenza di un sacrificio minimo dei valori di libertà e indipendenza della
funzione parlamentare – interviene la valutazione dell’autorità giudiziaria che dovrà dar
conto delle ragioni corredandola di una motivazione che consenta alle Camere di verificarne
la condizione di legalità sostanziale nella sua duplice articolazione di requisito “negativo”,
ovvero dell’assenza di intenti persecutori o strumentali della richiesta, e “positivo”
consistente nella affermata “necessità” dell’atto, motivata in termini di non plausibilità.
Nella valutazione poi, continua la Corte, un riguardo particolare è da riservare alla natura
dell’atto da compiere. Nel caso in esame sia l’utilizzazione, nei confronti di un parlamentare,
di tabulati già acquisiti e relativi ad una utenza di un diverso indagato, sia l’acquisizione di
tabulati di conversazioni telefoniche relativi ad apparecchiature in uso all’indagato
parlamentare sono attività investigative di per sé dotate di notevole capacità intrusiva e
fortemente confliggente con l’art. 15 Cost. in materia di limitazioni della libertà e
segretezza di ogni forma di comunicazione. Tanto più però lo sono laddove le utenze siano
306
nella disponibilità di un parlamentare, data la loro potenzialità ad «aprire squarci di
conoscenza sui suoi rapporti, specialmente istituzionali, di ampiezza ben maggiore rispetto
alle esigenze di una specifica indagine e riguardanti altri soggetti (in specie, altri
parlamentari) per i quali opera e deve operare la medesima tutela dell’indipendenza e della
libertà della funzione» 913. Alla luce di quelle che per la Corte costituiscono le condizioni
imprescindibili per fondare una pronuncia di accoglimento, conclude che entrambe le
richieste risultano carenti dal punto di vista della motivazione in merito al requisito della
necessità dell’atto investigativo. L’adeguatezza delle motivazioni si misura sulla «qualità e
sull’estensione degli atti potenzialmente lesivi dei valori costituzionali da sacrificare e sulla
congruità del sacrificio […] da rendere palesi e, perciò, apprezzabili dall’organo
parlamentare». Nello specifico, le richieste non contengono elementi per apprezzare la
sussistenza di un bilanciamento tra esigenze di investigazione e esigenze di “contenere” nei
limiti della necessità il sacrificio dei valori costituzionalmente tutelati. E a contribuire a
rendere carente la motivazione sulla necessità incide anche l’assenza di riferimenti alla
concreta indisponibilità o impraticabilità o anche solo difficoltà di indagini alternative.
L’autorità giudiziaria è venuta meno al suo compito, tramite un adeguato corredo di
motivazioni, di consentire all’organo parlamentare di valutare «l’avvenuto
contemperamento degli interessi in gioco». La Corte pertanto dichiara le due richieste di
autorizzazione non corrispondenti ai principi enunciati, pronunciandosi per l’infondatezza
del ricorso.
Occorre rilevare che tale pronuncia ha sollevato non poche perplessità, per due ordini di
motivi: il primo, attiene al suo rappresentare conferma dell’orientamento della Corte
nell’assimilare – così “sconfinando” dal dettato costituzionale - alle intercettazioni i tabulati
e i criteri in base ai quali valutare le richieste giudiziarie sui primi a quelli utilizzati sui
secondi (necessità, presenza di alternative investigative, esigenza di bilanciamento di
sacrifici dei valori); il secondo attiene al rischio di strumentalizzazioni politiche del potere
autorizzatorio: ben può realizzarsi l’ipotesi in cui un membro del parlamento, parte offesa
del reato per indagare sul quale occorre acquisire i tabulati, veda esposta la sua possibilità di
usufruire di efficaci mezzi di prova alla decisione – non politicamente neutra – della
Camera interessata. Guardando al dato reale, possono dedursi due tendenze: la prima
consiste nell’accertata assenza di un atteggiamento costante (nel senso, ad esempio, di una
prevalenza di dinieghi sulle concessioni) delle Camere di fronte alle non infrequenti
richieste di autorizzazione inerenti intercettazioni indirette o tabulati; la seconda è da
rintracciare nella frequente concessione dell’autorizzazione in casi in cui sussiste un
interesse del parlamentare ad utilizzare i mezzi di prova per i quali è avanzata la richiesta.
4. Considerazioni conclusive
913 C. cost. n. 188/2010, Punto 4, Cons. dir. La Corte rintraccia il motivo della
“pericolosità intrusiva dello strumento dei tabulati nella loro idoneità ad “apprendere e
individuare non solo di tutti i contatti con altre utenze e la loro collocazione temporale,
ma – se si tratta di apparecchi mobili – anche il cosiddetto “tracciamento”, vale a dire le
localizzazioni e gli spostamenti dei soggetti detentori dell’apparecchio”.
307
L’analisi casistica sin qui svolta evidenzia alcuni grandi nuclei di problematicità della
disciplina delle immunità dei parlamentari italiani.
Innanzitutto, si è visto come i conflitti di attribuzione tra Camere e magistratura che
sorgono (soprattutto) in tema di inviolabilità trovino la loro causa originaria nella incertezza
dei confini dell’ambito materiale di applicazione dell’art. 68, c. 1° Cost. È peraltro riduttivo
ricondurre la causa di tale incertezza alla scarsità dei riferimenti normativi che anzi,
risponde alla difficoltà di ricondurre in rigidi parametri valutativi un concetto, come quello
di “nesso funzionale”, esposto all’evoluzione delle modalità della comunicazione e del
“fare” politica e terreno di battaglia tra opposti e parimenti rilevanti istanze di tutela. In
realtà, è proprio il difficile bilanciamento dei principi su cui dovrebbe fondarsi una corretta
applicazione dell’art. 68, c. 1° a determinare l’estrema duttilità dei limiti dell’insindacabilità
che, pertanto, si prestano ai “fisiologici” tentativi di interpretazione estensiva delle Camere,
cui la Corte tenta di porre argine.
Nel decennio che va dal 1996 al 2006 si è registrata un’esplosione di delibere di
insindacabilità da parte delle Camere cui ha fatto seguito una risposta altrettanto imponente
della Corte con pronunce di annullamento. La ragione dell’impennata delle delibere era da
ricondurre a due circostanze: l’incidenza che la Riforma del 1993 e prima ancora la
sentenza della Corte costituzionale 1150/88 avevano avuto sull’equilibrio parlamentomagistratura914 nel senso di determinare nel primo un maggiore senso di “vulnerabilità”
rispetto alla seconda; e il significativo impatto della comunicazione di massa sui toni della
lotta politica determinante una pressoché costante esposizione all’opinione pubblica,
volontaria o involontaria, dei membri delle Camere; tendenza che rendeva ormai
palesemente inopportuno legare la nozione di funzione parlamentare alle sole attività tipiche
o addirittura ai soli atti che si svolgevano nelle “mura” delle Aule parlamentari.
Al martellante ricorso a deliberazioni di insindacabilità cui facevano seguito levate di
conflitti di attribuzione, sembra oggi sostituirsi una stabilizzazione quantitativa di questi
ultimi915 e, di contro, un’acuirsi dello scontro sotto il profilo sostanziale tra i soggetti che
ne prendono parte. In altri termini, la costante soccombenza delle Camere in seno ai
conflitti del passato, ha determinato attualmente un disincentivo ad avvalersi della
prerogativa laddove fosse palesemente inconsistente il nesso tra condotta e atto di copertura;
ma alla registrata “regressione quantitativa” delle delibere e dunque dei conflitti, non ha
corrisposto un atteggiamento di apertura delle Camere verso i canoni interpretativi della
Corte (e viceversa, un affievolimento del rigore delle impostazioni di quest’ultima).
Esempio ne è la circostanza per cui quest’ultima si trova, negli ultimi anni, costantemente
chiamata a pronunciarsi in merito a situazioni di fatto molto simili portando pressoché
identiche argomentazioni per scardinare i tentativi delle Camere di aprire varchi sempre più
ampi alla tutela della propria autonomia (come si è visto, nelle tre vicende analizzate,
costante è la ricerca di rendere più flessibili i criteri contenutistici, soggettivi e cronologici
su cui si fonda la valutazione sul nesso). Dunque, trova riscontro nella realtà dei numeri e
914 M. CERASE, Le immunità dei parlamentari in Italia, cit., p 836. L’abolizione
dell’autorizzazione a procedere
915 V. al riguardo, i dati annuali delle Relazioni sulla giurisprudenza costituzionale
elaborati dal Servizio studi della Corte costituzionale.
308
dei contenuti l’affermazione per cui si sarebbe «stabilizzata una situazione di conflitto con
la magistratura che non trova sbocco in un adeguamento ai principi stabiliti dalla corte
costituzionale […]. Una situazione che certo non giova al corretto funzionamento delle
istituzioni»916.
Passando alle autorizzazioni ad acta, – non disponendosi di una giurisprudenza
costituzionale per l’infrequenza dei conflitti di attribuzione sollevati in merito – per una
ricognizione delle maggiori criticità, bisogna rifarsi ai criteri che sorreggono le motivazioni
delle autorità giudiziarie sulle autorizzazioni, ai dibattiti nelle Aule e in occasione delle
sedute presso le Giunte competenti, e ai contributi dottrinari che hanno segnato l’evoluzione
di alcuni punti problematici, tra i quali, la definizione di alcuni concetti del dettato
costituzionale e dei criteri che dovrebbero guidare le Camere nella decisione sulla
concessione. Come si è avuto modo di vedere, dalla ratio della prerogativa, potrebbero ben
dedursi i criteri che magistratura e Camere sono chiamate a seguire, rispettivamente nel
decidere di avanzare richiesta e di concederla (la sussistenza di un fumus persecutionis, di
un minimo sacrificio alle istanze coinvolte, la “necessità” degli atti investigativi invasivi,
ecc.). Se è auspicabile che Camere e magistratura vi provvedano nei limiti delle proprie
attribuzioni917, la realtà delle concrete vicende giudiziarie rivela come le prime tendano ad
ampliarli, esorbitando dal proprio ruolo di “giudici” della “legalità sostanziale” 918 e
assumendo decisioni fortemente orientate politicamente, sia in senso corporativo (nei casi,
ad esempio, in cui si invochi la “tradizione del rigetto dell’autorizzazione all’arresto salvo
che per gravi fatti di sangue”) sia in una prospettiva di lotta politica tra schieramenti opposti
a fini di delegittimazione; mentre la seconda, si sia spesso prestata a dubbi, più o meno
fondati, di parzialità e partigianeria politica. Al connotato inevitabilmente politico che
assume ogni decisione sulle prerogative si aggiungono infatti altre variabili che
contribuiscono a rendere attuale una riflessione su possibili interventi di riforma. Ne è un
esempio l’innegabile influenza che i ricorrenti attacchi alla “magistratura politicizzata”
hanno avuto sul rivitalizzarsi della preoccupazione per il “debordare dell’azione penale di
alcune Procure” 919 e della consapevolezza dell’assenza di un automatismo tra il principio,
costituzionalmente sancito, dell’indipendenza organica della magistratura e l’imparzialità
soggettiva del singolo giudice; e ancora, il dibattito sul problema della divulgazione delle
intercettazioni e dell’incidenza del potere cronistico sul nascere di scandali che colpiscono
parlamentari, dibattito che vede contrapporsi al principio della libertà di esplicazione del
mandato920, il ruolo fondamentale – e preminente per la CEDU921 – di una stampa libera
perché sia mantenuto un apprezzabile livello di democrazia922.
916 M. CERASE, Le immunità dei parlamentari in Italia, cit., p. 850.
917 V. sul punto, in materia di autorizzazione all’acquisizione e all’utilizzazione di
tabulati telefonici, il Paragrafo 3.2.2. in questo scritto.
918 C. cost., n. 188/2010.
919 Si veda, N. ZANON Per una forma ragionevole di immunità parlamentare, in L'ircocervo: la rivista della
libertà , 2009, n. 12 e in www.forumcostituzionale.it, e V. LIPPOLIS, Le immunità penali, cit., p. 861.
920 La stessa Corte costituzionale, nega che l’art. 68, c. 3° rappresenti veicolo per una
tutela rafforzata della privacy del parlamentare, il quale, anzi, in quanto personalità
pubblica può godere solo di una pretesa attenuata di riservatezza in virtù della
necessaria trasparenza a garanzia di apprezzabili livelli di democrazia.
309
Dunque, si è di fronte a un intreccio fortemente problematico di questioni e istanze, a cui
appare improbabile che possa fornire un apporto chiarificatore il mero richiamo ai principi
di collaborazione, bilanciamento e reciproco controllo tra i poteri dello Stato o al senso di
responsabilità delle istituzioni politiche nell’applicazione ragionevole delle prerogative.
Si conclude registrando che, tra le idee di riforma, si inseriscono, accanto a proposte
volte a ripristinare sistemi di immunità dall’azione penale923, ipotesi di inserimento nei
regolamenti parlamentari di obblighi per le Giunte di prevedere, in via preventiva (ad
esempio a inizio legislatura), criteri di orientamento sulle tipologie di reato da “coprire” o
indici sintomatici dell’intento persecutorio 924 . Infine, c’è chi, pur consapevole delle
difficoltà di configurazione, auspica la previsione di un controllo sulle decisioni delle
Camere ad opera di un organo imparziale, come la Corte, ritenendolo, – evidentemente alla
luce del forte apporto chiarificatore in seno a conflitti di attribuzione in tema di inviolabilità
– l’unico vero strumento di garanzia da abusi delle prerogative925.
L’INDENNITA’ PARLAMENTARE
SOMMARIO: 1. Nozione e disciplina giuridica alla luce delle recenti modifiche - 2. Il dibattito storico sull’indennità di
carica: dal principio della assoluta gratuità della funzione parlamentare a oggi - 3. Natura giuridica. - 3.I I suoi
caratteri essenziali: incompatibilità economico- giuridiche - 4. Il regime fiscale dell’indennità parlamentare - 4.I
Disciplina delle aspettative per i pubblici dipendenti e differenze di trattamento rispetto ai dipendenti privati: uno
sguardo generale - 5. La previdenza dei parlamentari in senso stretto: l'assegno vitalizio - 5.I Previdenza in senso
lato: l'assegno di fine mandato - 6. Osservazioni conclusive
1. Nozione e disciplina giuridica alla luce delle recenti modifiche
921 Sentenza “caso Dupuis vs. France”, III sezione, 2007 e sentenze nei casi Craxi vs.
Italie nn. 1 e 2 rispettivamente del dicembre 2002 e del luglio 2003.
922 Senza trascurare poi l’innegabile pregiudizio che la circolazione di notizie può
recare all’efficacia delle indagini.
923 V. il disegno di legge costituzionale Chiaromonte e Compagna, Atti senato, XVI
legisl., n. 1942.
924 Sulla scorta dell’esperienza del Bundestag.
925 Sulle criticità insite nella previsione di un controllo da parte della Corte, si rinvia a
N. ZANON, Per una forma ragionevole di immunità parlamentare, cit. Sul tema delle
ipotesi di riforma, si veda anche V. LIPPOLIS, Le immunità penali, cit., p. 862 per il
quale, sebbene condivisibili e meritevoli di riflessione, queste sono destinate a rimanere,
almeno per ora, «su un piano accademico, in quanto, la classe politica sembra, senza
distinzioni di schieramenti, pur ritenendola nel proprio intimo auspicabile […], non
[avere] il coraggio e [sentire] di non aver l’autorevolezza per proporla effettivamente al
paese».
310
L’articolo 69 della Costituzione afferma: «I membri del Parlamento ricevono una
indennità stabilita dalla legge».
Da sempre, l’istituto dell’indennità parlamentare è, per definizione, uno dei componenti
principali dello status del parlamentare che l’ordinamento italiano ha previsto al fine di
tutelare l’indipendenza degli eletti e delle Assemblee rappresentative nel loro complesso.
L’istituto, insediato, attualmente, in tutti i paesi dell’Unione Europea si è
progressivamente introdotto nella quasi totalità delle moderne democrazie pluraliste.
Come è noto, l’espressione «indennità parlamentare» è stata interpretata secondo diverse
accezioni: in un senso ampio, come complesso di utilità attribuite ai parlamentari; in un
senso intermedio, come profitto in danaro a qualunque titolo erogato; in un senso restrittivo,
che è quello che a noi interessa, come trattamento economico corrisposto ai membri delle
due Camere chiamati a ricoprire cariche pubbliche, al fine di tutelare la libertà di accesso
alle medesime e il loro mantenimento926.
Così formulata, l’indennità si configura come funzionale all’esercizio di un mandato
libero da qualsiasi tipo di condizionamento, assurgendo a «prerogativa di funzione»927
garante dell’indipendenza non solo del singolo, ma dell’istituzione parlamentare nel suo
complesso.
La Carta Costituzionale stabilisce, quindi, una esplicita riserva di legge per la
regolamentazione della materia. L’articolo 69, però, non costituisce una disposizione isolata,
ma fa sistema, in primis, con l’art. 51 Cost., che riconosce il diritto dei cittadini ad accedere
alle cariche pubbliche elettive in condizioni di uguaglianza, ed in secundis, con l’art. 67
Cost. introduttivo del principio di rappresentanza nazionale e del divieto di mandato
imperativo928.
Riconsiderando la vecchia formula dello Statuto Albertino sul principio della gratuità
delle cariche parlamentari929, la riserva di legge ha dato attuazione, prima alla legge del 9
agosto 1948, n. 1102, abrogata, e poi alla legge 31 ottobre 1965, n. 1261, che, attualmente
regola la materia.
Ora, la legge attuativa prevede un struttura dualistica dell’indennità parlamentare, in
particolare, all’art. 1 parla della vera e propria indennità quale componente principale dello
status economico del parlamentare, mentre all’art. 2 si occupa della figura della diaria di
soggiorno.
In vista della molteplicità di utilità economiche che caratterizzano attualmente
l’indennità, si espongono in rassegna, le copiose voci che la legge attuativa e le delibere
degli Uffici di Presidenza considerano, per sua natura, integranti.
Relativamente all’indennità, intesa come componente principale, l’ultimo capoverso
dell’art. 1 della legge del 1965, afferma che è costituita da «quote mensili determinate dagli
Uffici di presidenza delle due Camere, in misura tale da non superare il dodicesimo del
926 G. CONTINI, Indennità parlamentare, in Enc. Dir., XXI, 1971, p. 106.
927 S. TABACCHI, Indennità parlamentari, in Rass. Parl., 2008, p. 458.
928 I. PIVETTI, L’indennità parlamentare come garanzia costituzionale, in Dike, 2002,
p. 19 ss.
929 Del principio di gratuità delle cariche parlamentari e della sua evoluzione si tratterà
nel paragrafo successivo, n. 2.
311
trattamento complessivo massimo annuo lordo dei magistrati con funzioni di presidente di
Sezione della Corte di Cassazione ed equiparate».
In questo modo il legislatore ha voluto stabilire un criterio preciso per la determinazione
dell’indennità, rispettando, così, la riserva di legge, ma al tempo stesso ha lasciato alle
Camere la possibilità di scegliere un livello più basso rispetto all’ammontare massimo
possibile in conformità alla legge.
Infatti, tale discrezionalità è stata impiegata dagli Uffici competenti per individuare un
parametro stipendiale di gran lunga inferiore rispetto al trattamento complessivo dei
magistrati su indicato930. Sicché, in considerazione dell’esigenza di contenimento delle
spese, l’Ufficio di Presidenza della Camera e del Senato è intervenuto in più occasioni con
misure volte a ridurre il trattamento economico931.
Ora, a decorrere dal 1° gennaio 2012, l’importo dell’indennità lorda, per un parlamentare
deputato è pari, mediamente, a circa € 10.400,00 a cui devono essere sottratte le detrazioni
delle addizionali regionali e comunali che sono variabili in relazione al domicilio eletto dal
deputato; i contributi obbligatori per il trattamento previdenziale; i contributi per l’assegno
di fine mandato e, infine, le ritenute per l’assistenza sanitaria integrativa.
Per i parlamentari senatori il discorso è analogo. Al lordo delle ritenute fiscali e
previdenziali, l’ammontare complessivo mensile è di € 10.400,00 circa a cui va applicata
l’ulteriore riduzione lorda annuale di € 1.300,00, approvata il 31 gennaio 2012 dal
Consiglio di Presidenza del Senato.
In conclusione, l’importo netto dell’indennità mensile per un parlamentare deputato e
senatore risulta pari circa a € 5.000,00; più precisamente, per i senatori, può essere
leggermente superiore a seconda della Regione e del Comune di residenza. Non è tutto.
L’importo netto scende ulteriormente a € 4.750,00 per i deputati e a poco più per i senatori
che svolgono un’altra attività lavorativa.
930 A tal fine, i Consigli di Presidenza delle due Camere hanno scelto di parametrare l’indennità al sedicesimo
scatto dell’ottava classe stipendiale dei magistrati di riferimento: quindi, ben al di sotto del trentesimo scatto, che
corrisponde al trattamento massimo.
931 L’entità del trattamento economico dei parlamentari italiani con le recenti riforme
intervenute dal 2000 all’attuale Governo Monti è consultabile sul sito web:
www.camera.it/deputatism/4385/documentotesto.asp;
www.senato.it/composizione/21593/132051/genpagina.htmm. Ogni dato numerico
riferibile al quantum del trattamento economico dei parlamentari deputati e senatori è
riprodotto nei siti web sucitati.
In particolare, nel 2006, l’importo dell’indennità parlamentare è stato ridotto del 10%.
Dal 2007 è stata disposta, per 5 anni, la sospensione degli adeguamenti retributivi. Tale
misura è stata successivamente prorogata fino a tutto il 2013. Per il triennio 2011-2013,
ai sensi dell’art. 13 del decreto legge n. 138 del 2011, l’indennità è stata di nuovo e
ulteriormente ridotta nella misura del 10% per la parte eccedente i 90.000,00 euro, e del
20% per la parte eccedente i 150.000,00 euro lordi annui. Tale riduzione è raddoppiata
per i parlamentari che svolgono un’attività lavorativa per la quale percepiscono un
reddito uguale o superiore al 15% dell’indennità parlamentare. Una ulteriore riduzione è
stata da ultimo deliberata dall’ufficio di Presidenza in data 30 gennaio 2012.
312
A fianco all’indennità va aggiunta una diaria a titolo di rimborso delle spese di soggiorno
a Roma, la cui determinazione è rimessa agli Uffici di Presidenza sulla base di 15 giorni di
presenza per ogni mese ed in misura non superiore all’indennità di missione giornaliera,
prevista per i magistrati con funzioni di presidente di Sezione della Corte di Cassazione ed
equiparate. In particolare, l’attuale diaria mensile per i deputati, a seguito della riduzione
operata il 27 luglio 2010 dall’ufficio di Presidenza della Camera, è pari a € 3.503,11 a cui
vengono decurtati € 206,58 per ogni giorno di assenza del deputato, dalle sedute
dell’Assemblea in cui si svolgono votazioni con il procedimento elettronico; la decurtazione
si applica sia per il deputato che per il senatore che non partecipa al 30% delle votazioni
svolte nell’arco della giornata.
Per i parlamentari senatori l’importo della diaria è stato periodicamente aggiornato in
funzione del costo della vita e, nel periodo compreso tra il 2001 e il 2010, si era stabilizzato
a € 4.003,00 mensili, fino a ridursi, a decorrere dal 1° gennaio 2011932 al medesimo
importo corrisposto ai deputati. Non è tutto. L’Ufficio di Presidenza della Camera, nelle
riunioni del 25 ottobre 2011 e del 30 gennaio 2012, ha deliberato l’applicazione di una
ulteriore decurtazione fino a € 500,00 mensili in relazione alla percentuale di assenza dalle
sedute delle Giunte, delle Commissioni permanenti e speciali, del Comitato per la
legislazione, delle Commissioni bicamerali e d’inchiesta, nonché delle delegazioni
parlamentari presso le Assemblee internazionali.
In conclusione, la somma erogata a titolo di rimborso per le spese di soggiorno a Roma è
equivalente sia per deputati che per senatori e ammonta a € 3.500,00 mensili circa.
Distinte dall’indennità parlamentare, ma funzionali ad essa, sono la carta libera di
circolazione sulle linee autostradali, ferroviarie, marittime ed aeree dello Stato, per i
trasferimenti sul territorio nazionale, che consentono la totale gratuità del trasporto sia per i
deputati che per i senatori.
Per i parlamentari deputati, i trasferimenti dal luogo di residenza all’aeroporto più vicino e
tra l’aeroporto di Roma Fiumicino e Montecitorio, richiedono una spesa trimestrale pari a €
3.323,70 ovvero a € 3.995,10933 per ogni parlamentare.
Per i senatori il discorso è differente. A decorrere dal 1° gennaio 2011, al bilancio del
Senato non esiste più una voce unica, ma è previsto un rimborso forfetario di circa €
1.650,00 al mese, che va a sostituire le voci relative alle «spese di viaggio» e alle «spese
telefoniche»934.
In conclusione, al deputato spetta una somma pari a € 1.170,00 mensili per le spese di
viaggio, ma escluse le spese telefoniche, parimenti € 1.650,00 per i senatori.
932 Così prevede la Deliberazione del Consiglio di Presidenza del Senato del 25
novembre 2011 reperibile sul sito web del Senato della Repubblica suindicato.
933 L’ammontare della somma del rimborso varia a seconda dei Km che il deputato
deve percorrere tra l’aeroporto più vicino al proprio luogo di residenza: se la distanza da
percorrere rimane entro i 100Km è corrisposta la prima spesa, mentre se la distanza
supera i 100 Km allora si verserà la seconda somma indicata.
934 L’importo è stato determinato dal Collegio dei Senatori Questori, nell’ambito del riordino delle competenze
economiche dei Senatori, mantenendo invariato l’onere complessivo che gravava sul bilancio del Senato per i due
rimborsi soppressi, ovvero le «spese accessorie di viaggio» e le «spese telefoniche».
313
Per i parlamentari italiani è prevista anche una forma di rimborso delle spese sostenute
dagli stessi nello svolgimento del mandato che va a sostituire, a seguito della riunione del
30 gennaio 2012, il precedente contributo per le spese inerenti al rapporto tra eletto ed
elettore.
L’importo, rimasto invariato rispetto al precedente, è pari a € 3.690,00, dopo la riduzione
di € 500,00 nel luglio 2010. Esso è erogato direttamente al deputato tramite il gruppo
parlamentare in una duplice modalità. Per un 50%, comprende il contributo per le spese
inerenti il collaboratore935. Nell’importo sono comprese anche altre categorie di spesa,
previamente documentate, come attività di consulenza, ricerche, gestione dell’ufficio,
utilizzo di reti pubbliche e di consultazione dati, convegni e sostegno delle attività politiche.
Per il restante 50% il rimborso viene versato forfettariamente. In particolare, per le spese
telefoniche, il rimborso è pari a € 258,23 mensili, ovvero € 3.098,74 annuali senza alcuna
dotazione di telefoni cellulari da parte delle Camere. Infine, si menzionano le spese di
informatica, il cui rimborso è pari a € 2.500,00 per legislatura, ossia € 500,00 annuali.
I senatori, a decorrere dal mese di marzo 2012, ricevono un importo mensile di €
2.090,00 a titolo di rimborso delle spese effettivamente sostenute nella loro attività
parlamentare e politica, con obbligo di rendicontazione a cadenza quadrimestrale936.
Diversamente dalla Camera, come si è poc’anzi accennato, le spese telefoniche sono
contemplate in un’unica voce comprensiva delle spese generali.
In questa sede, con riferimento al trattamento pensionistico ed assistenziale del
parlamentare, è intenzione dello scrivente fornire solo un brevissimo inquadramento
generale, in quanto il tema verrà approfondito nel prosieguo.
Con le recenti deliberazioni degli Uffici di Presidenza di Camera e Senato937 si è
realizzata una profonda trasformazione del regime previdenziale dei parlamentari, col
conseguente superamento dell’istituto del precedente assegno vitalizio. Le novità normative
hanno portato ad una progressiva equiparazione del trattamento economico dei deputati e
dei senatori così riassunta: il regime previdenziale si basa su un sistema di calcolo
935 Infatti, al riguardo, si precisa che la Camera non instaura un rapporto giuridico
diretto con tutti i collaboratori dei deputati, ma solo con quelli che i deputati intendono
far accedere agli uffici siti presso tali sedi. La deliberazione dell’Ufficio di Presidenza
del 23 aprile 2009 prevede, infatti, che ciascun deputato possa chiedere il rilascio di un
titolo di accesso alle sedi della Camera dei deputati valido per la durata della legislatura,
per un numero massimo di due collaboratori, con i quali abbia instaurato, direttamente o
attraverso un soggetto terzo, un rapporto di lavoro a titolo oneroso.
936 Si precisa poi, che nell’esercizio del mandato sono inclusi non solo gli atti e gli
adempimenti direttamente collegati alle funzioni svolte nella sede del Senato e nella
circoscrizione in cui il Senatore è eletto, ma anche tutte le iniziative politiche, sociali,
culturali che assume quale rappresentante della Nazione ed in ossequio al principio
dell’art. 67 Cost.
937 A tal fine sono da menzionare le deliberazioni del 14 dicembre 2011 e del 30
gennaio 2012 degli Uffici di Presidenza della Camera, nonché le delibere del 1 e 31
gennaio 2012 degli Uffici di Presidenza del Senato.
314
contributivo, sostanzialmente analogo a quello per i pubblici dipendenti, e si applica a tutti i
parlamentari eletti successivamente al 1 gennaio 2012.
Diversamente, il sistema sarà pro rata per tutti coloro che attualmente esercitano il
mandato.
Infine, come si vedrà, è previsto il versamento, una tantum dell’assegno di fine mandato
che è determinato attraverso una procedura analoga, sia per deputati che per senatori938. Si
tratta di una somma di denaro pari all’80% dell’importo mensile dell’indennità lorda e
moltiplicato per gli anni di mandato effettuati. L’assegno viene corrisposto sulla base dei
contributi, interamente e mensilmente, versati a carico dei parlamentari nel Fondo di
solidarietà.
Non è tutto. Il Fondo di solidarietà eroga un rimborso parziale di determinate spese
sanitarie (Assistenza Sanitaria Integrativa) nei limiti fissati da uno speciale Tariffario, sia
per deputati che per senatori. Previa iscrizione obbligatoria, il parlamentare, per ottenere il
rimborso, versa un contributo di circa 4,5% dell’indennità lorda mensile.
Per completezza, si aggiunge un ulteriore indennità d’ufficio per i parlamentari che
ricoprono le cariche di Presidente di Assemblea, membro dell’Ufficio di Presidenza,
Vicepresidente o Segretario di Giunta o Commissione.
2. Il dibattito storico sull’indennità di carica: dal principio della assoluta gratuità della
funzione parlamentare a oggi
Il quadro politico- costituzionale nel quale si colloca la vicenda trattata riguarda un
ampio periodo storico che va dalla prima concessione dello Statuto Albertino all’età
giolittiana, fino ad arrivare ai giorni nostri. Tutta la prima parte di questo vasto arco
temporale ha subito profondissimi cambiamenti.
Al netto della consistente bibliografia presente sull’argomento, lo scrivente intende
fornire una breve schematizzazione della storiografia, restando molto al disotto degli
eccellenti piani di lettura già esistenti, per compiere una preliminare indagine storica
meramente ricostruttiva.
L’art. 50 dello Statuto Albertino sanciva il principio della totale gratuità della funzione
parlamentare che rappresentava, all’epoca, il riflesso del pensiero del Re e del Consiglio di
Conferenza, che concepivano un Parlamento composto da membri senza alcuna
preoccupazione di ordine economico939. Tale proibizione aveva una natura squisitamente
938 Più precisamente: dagli ultimi dati forniti dalla Presidenza di Camera e Senato, il
parlamentare deputato versa, mensilmente, al Fondo di solidarietà, una quota pari a
circa € 784,14; il parlamentare senatore, analogamente una somma pari al 6,7 %
dell’indennità lorda, ossia circa € 780,00.
939 Emblematiche, a tal fine, furono le parole di Cesare Balbo secondo il quale
«L’elettore più ricco è meno corruttibile, più indipendente, più colto; e sono, per vero
dire, tre qualità così preziose, da decidere la questione». C. BALBO, Della monarchia
rappresentativa in Italia. Saggi politici di Cesare Balbo. Della politica nella presente
civiltà, abbozzi del medesimo autore, Felice le Monnier, Firenze, 1857, p. 268.
315
logica perché conseguenza di un sistema elettorale elitario nel quale la Camera elettiva era
composta da deputati scelti dai Collegi elettorali, conformemente alla legge. La legge
elettorale, che caratterizzò l’ordinamento italiano fino al 1882, era, infatti rigidamente
censitaria, limitando ad una ristretta èlite il pieno godimento dei diritti politici940. In altri
termini, la ratìo dell’esclusione trovava espressione nel modello costituzionale tipico del
liberalismo moderato europeo della prima metà dell’Ottocento, che considerava il ruolo del
parlamentare come riservato ad esponenti di quei gruppi sociali che, godendo del requisito
dell’indipendenza personale ed economica, erano in grado di esercitare responsabilmente la
funzione di legislatore.
L’esclusione dimostrava che, nonostante l’introduzione di un criterio capacitario,
l’elemento censitario era di gran lunga prevalente: il censo era la condizione necessaria per
partecipare alla vita politica del paese, per rappresentare organicamente l’intera società e
per garantire al «notabilato», di conseguenza, la dovuta egemonia nel regime
parlamentare941.
Il tema del compenso dell’attività legislativa era, quindi, perentoriamente risolto nello
Statuto, ma riemerse ben presto in diverse occasioni.
La prima opportunità di dibattito affiorò, nel periodo compreso tra il 1848 e il 1860, alla
Camera. In particolare, deputati democratici e radicali volevano introdurre l’indennità
parlamentare, considerandola indispensabile per tre ordini di motivi: per rendere effettivo il
principio dell’eleggibilità universale, per ampliare e rinnovare i quadri della dirigenza
politica e per realizzare le basi per un vero e proprio regime parlamentare. Curioso è notare
che, un concreto motivo che spingeva i deputati savoiardi a chiedere la corresponsione di
Così, P. MARSOCCI, Art. 69, in Commentario alla Costituzione, a cura di Bifulco,
Celotto, Olivetti, 2006, p. 1325 ss.
940 La Commissione presieduta dal conte Cesare Balbo, incaricata di preparare,
contemporaneamente alla stesura dello Statuto, anche la legge elettorale fu concorde
nell’introdurre ilo suffragio attivo basato su due criteri, censo e capacità, e su una loro
combinazione. La legge elettorale, infatti, stabiliva che, per esercitare il diritto di voto
occorreva l’età dei venticinque anni e la capacità di leggere e scrivere; includeva nel
corpo elettorale sia quanti pagassero annualmente 40 lire di imposte dirette (“censitari”),
sia quanti fossero dotati di particolari qualifiche professionali, intellettuali ed
istituzionali (“capacitari”). Per l’elettorato passivo, la Commissione aggiunse altre
condizioni oltre a quelle minime fissate, poi, all’art. 40. Le testimonianze dei lavori
della Commissione sono riportate da A. MANNO, Ricordi di Ercole Ricotti, Torino,
Roux e Favale, 1886, p. 160. La legge fu pubblicata con Regio Editto n. 680/1848.
941 Come scriveva Federico Scoplis, Ministro della Giustizia e membro della
Commissione elettorale: «Retribuire i parlamentari significava, al contrario, allargare il
suffragio e perciò snaturare la funzione stessa della rappresentanza, per andare verso il
trionfo della demagogia, ossia la tirannide del numero». In A. COLOMBO, Dalle
riforme allo Statuto di Carlo Alberto, Casale, Tip. Cooperativa, 1924, p. 190.
316
un’indennità per l’adempimento del mandato era l’eccessiva distanza tra le loro sedi e
quella del neonato Parlamento942.
La seconda occasione di confronto apparve nel 1850 a proposito della discussione di una
petizione sostenitrice della retribuzione, in realtà piuttosto bizzarra e di estremo interesse
sotto il profilo storico costituzionale. I termini della proposta erano i seguenti: con una
semplice sottoscrizione, gli elettori avrebbero fornito ai deputati un’indennità ovvero, con
semplici stanziamenti nei bilanci, i Comuni avrebbero garantito appositi fondi per i propri
rappresentanti 943 . In tal senso, era impossibile applicare il principio democratico
dell’elettorato passivo esteso a tutti i cittadini senza introdurre la possibilità di una qualche
forma di retribuzione. La Camera, dopo una lunghissima discussione di ben tre giorni, si
rifiutò e non prese in considerazione minimamente l’idea di introdurre un’indennità,
facendo proprie le conclusioni dell’onorevole Giuseppe Sappa, all’epoca Presidente della
Commissione delle petizioni944.
Sicché, nella totalità dei dibattiti sollevati, la maggioranza parlamentare respinse le
proposte di accordare un’indennità perché ritenute, dalla prevalente dottrina costituzionale
del tempo, implicite abrogazioni dell’art. 50 dello Statuto Albertino945.
Tuttavia, prevalente opinione ritenne che il vincolo rappresentato dallo Statuto poteva
essere facilmente aggirato dalla presenza, nella Camera, di impiegati per i quali non era
942 F. DE DOMINICIS, L’indennità parlamentare in Italia, Milano, Codara, 1913, p. 7
ss. Raccontò il breve frangente sostenendo che il Parlamento fu investito del problema,
una prima volta in occasione del progetto di legge per l’Unione della Lombardia e delle
provincie venete agli Stati sardi. Cosi, F. MUSSO, Il dibattito parlamentare
sull’indennità di carica ai deputati (1848-1912), in Il Politico, 2000, p. 285 ss.
Richiama la circostanza in cui Ferdinando Palluel propose, in quell’occasione, la
corresponsione ai membri della futura Assemblea costituente di un’indennità di 15 Lire
al giorno. La maggioranza della Camera respinse la proposta che, avanzata pochi giorni
dopo al Senato, venne bocciata nuovamente.
943 F. MUSSO, Il dibattito parlamentare sull’indennità di carica ai deputati (18481912), cit., p. 292. La petizione dei deputati savoiardi richiedeva per i parlamentari una
corresponsione di 10 Lire al giorno e il rimborso delle spese di viaggio. In particolare
dagli Atti parlamentari si disse che nel corso della discussione i deputati savoiardi Leon
Brunier e Giuseppe Jacquier- Chatrier, per aggirare il divieto costituzionale,
argomentarono che la norma contenuta nello Statuto non aveva natura proibitiva, ma
negativa, ossia l’art. 50 era semplicemente «negati et non prohibitif».
944 F. MUSSO, Il dibattito parlamentare sull’indennità di carica ai deputati (18481912), cit., p. 293. Risultò approvata la conclusione del Sappa di non dare luogo ad
alcuna retribuzione od indennità con 87 voti favorevoli e 44 contrari.
945 Per quanto riguarda la dottrina I. SANTANGELO SPOTO, Parlamento, in Il
Digesto italiano, XVIII, Utet, Torino, 1906-1910, p. 347. Richiamando i lavori
preparatori, evidenziò come emergeva, con violenza, l’idea che la legge, nell’assegnare
un’indennità od un rimborso, stabiliva cosa contraria a quella dello Statuto, dimostrando
con ciò che «la legge non debba farsi».
317
prevista alcuna forma di incompatibilità946. Ossia, tale categoria prevedeva ministri, sotto
ufficiali, professori, magistrati, medici ecc. che non era minimamente colpita da alcun
profilo di inconciliabilità. Infatti, la legislazione elettorale ammetteva il principio
dell’eleggibilità dei funzionari pubblici che potevano conservare lo stipendio, finendo per
configurarlo come vera e propria indennità indiretta947. Naturalmente, ciò scatenò l’ira
della maggioranza dei parlamentari progressisti che non esitarono a proporre di cancellare il
supposto privilegio di questi rappresentanti stipendiati dallo Stato948.
In altri termini, l’introduzione dell’indennità parlamentare avrebbe per tutti costituito il
mezzo naturale ed efficace per correggere le disuguaglianze fino a quel momento accennate,
ma tuttavia, la proposta di retribuzione del mandato continuava, e continuò come si vedrà,
ad essere fortemente ostacolata da difficoltà di ordine politico- istituzionale.
A partire dalla fine dell’Ottocento si registrarono numerose iniziative di legge miranti a
sospendere lo stipendio dei parlamentari funzionari, ma già dalla seconda metà iniziarono i
veri tentativi per superare la rigida formulazione dell’art. 50. In particolare, ad ausilio dei
parlamentari furono progressivamente introdotti due istituti che, in un qualche modo
incrinavano il principio della gratuità del mandato: la franchigia postale, insinuatasi in via
amministrativa già nel 1848, e la franchigia ferroviaria, anch’essa inserita con una serie di
atti amministrativi tra il 1860 e il 1861. Nonostante il loro carattere di sovvenzione, tali
istituti non furono mai assimilati a forme particolari di indennità, ma considerati come
semplici strumenti funzionali all’esercizio del mandato.
Nel rispetto dei presupposti iniziali di fornire una breve schematizzazione della ricca
storiografia già esistente, non si dilunga l’attenzione sulle interessanti proposte di legge
avanzate in questi anni da importanti esponenti parlamentari progressisti, ma ci si limita
solo a ricordare che, in veste di baluardi del principio della onerosità del mandato
parlamentare, raggiunsero il loro culmine nel 1882, scardinando violentemente l’assetto
raggiunto949.
946 G. MELIS, Storia dell’amministrazione italiana, Il Mulino, Bologna, 1996, p. 49.
947 G. MELIS, Storia dell’amministrazione italiana, cit., p. 49.
948 A rimarcare le tesi a sostegno si possono ricordare alcune concezioni ottocentesche
della rappresentanza politica: per Hegel i funzionari dello Stato, proprio perché
svincolati da interessi che non fossero dello Stato stesso, potevano costituire i deputati
ideali. La tesi è ripresa da F. MUSSO, Il dibattito parlamentare sull’indennità ai
deputati (1848-1912), cit., p. 294, che richiama pure W. Wilson il quale, nella sua opera
degli anni Ottanta, «The study of Administration» (1887), afferma che «i cittadini sono
egoisti, ignoranti, timidi, ostinati e insensati, …, a bene vedere dunque l’indennità
corrisposta ai deputati di alta estrazione avrebbe rappresentato un elemento coessenziale
e determinante di un nobile adempimento della funzione».
949 F. MUSSO, Il dibattito parlamentare sull’indennità ai deputati (1848-1912), cit., p.
297, secondo il quale degni di nota furono gli interventi del deputato Crispi e di altri
senatori come Robespierre. Ad avviso del parlamentare siciliano un buon
funzionamento della Camera elettiva chiedeva rappresentanti senza legami di servizio,
senza vincoli burocratici, ma con la corresponsione di un’indennità.
318
Il clima cambiò notevolmente nei primi anni del Novecento con il tramonto delle èlite
nobiliari borghesi, sicché il bisogno di persone che vivessero per la politica e nella politica
era sempre più forte e l’indennità concessa ai parlamentari diventava il mezzo con cui il
deputato traeva il proprio reddito, per esercitare la professione in maniera del tutto
specialistica. La ratìo era una sola: rimuovere la gratuità del mandato cosìcché la
retribuzione avrebbe permesso l’ingresso in Parlamento di candidati rappresentanti di una
classe fino a quel momento invisibile, la classe operaia950.
Questo nuovo orientamento si insediava nella cosiddetta «età cerniera», ossia l’età
giolittiana, in cui non era ancora ben chiara la valorizzazione della politica come
professione e garanzia di efficienza del lavoro parlamentare; si continuava ad essere
diffidenti verso tale forma di professionismo e di conseguenza verso anche qualsiasi forma
di retribuzione. Infatti, nell’«età della cerniera» l’Italia era uno dei pochissimi paesi civili a
non aver ancora accolto il principio democratico dell’indennità parlamentare, ma i tempi
erano già certamente maturi perché dal dibattito polemizzato si passasse, finalmente, alle
realizzazioni.
Con il ritorno di Giolitti alla Presidenza del Consiglio, il Parlamento era ormai ben
pronto ad introdurre il suffragio universale maschile e, quindi, a portare a compimento il
processo di democratizzazione del paese: il professionismo politico segnò la svolta
definitiva dalla gratuità del mandato e fu sanzionata con la legge di riforma elettorale del
1912, n. 665 che, all’art. 11 sanciva «I deputati percepiscono una somma di Lire duemila
annua per compenso spese di corrispondenza e di Lire seimila a compenso di altri titoli».
Questo è il lungo cammino dell’istituto dell’indennità parlamentare il cui ingresso, ha
portato, nell’aula di Montecitorio, alla creazione di una nuova classe politica che farà della
politica e dell’attività parlamentare una professione retribuita.
3 Natura giuridica
Come risulta dal breve excursus storico, la natura giuridica dell’indennità parlamentare è
stata, da sempre, estremamente controversa ed è rimasta, tutt’ora, senza alcuna soluzione
definitiva.
Del resto, il suo stesso nomen iuris si collega ad una notevole serie di polisemie ed
ambiguità concettuali, per cui il termine indennità finirebbe per abbracciarsi ad «una tale
varietà di significati da indurre a ritenere che esso non abbia un preciso valore
scientifico»951.
950 F. MUSSO, Il dibattito parlamentare sull’indennità ai deputati (1848-1912), cit., p.
299 ss. Si evidenzia come la proposta fu del deputato Pietro Chimienti che riprese
totalmente la tesi giolittiana di poco precedente. Disse che egli non apparteneva né alla
scuola di pensiero secondo la quale l’indennità era il rimedio di tutti i mali del regime
parlamentare, né all’altra che identificava nell’indennità la rovina morale delle
istituzioni.
951 L. CIAURRO, Regime fiscale e natura retributiva dell’indennità parlamentare, in
Nuovi Studi politici, 1997, p. 103. Nella definizione, l’autore riprende l’espressione
utilizzata da una parte della dottrina, ad esempio il Pubusa.
319
L’indeterminatezza di riferimento ha, da sempre, portato alla configurazione di nozioni
tra loro diverse, avendo ottenuto, di volta in volta, attribuzioni differenti: da emolumento
compensativo dei sacrifici legati all’esercizio del mandato è stata qualificata come sorta di
«controprestazione pecuniaria in un rapporto temporaneo di pubblico impiego»952.
Alla luce di quanto è stato argomentato sin d’ora ed in considerazione della disciplina
vigente, l’indennità è corrisposta per garantire il libero esercizio del mandato, pertanto
riveste una duplice funzione: in via principale da un lato, quella di reddito percepito dai
componenti delle Camere in ragione della carica ricoperta ed in via residuale dall’altro, la
funzione di rimborso delle spese sostenute in forza del mandato.
In sostanza, si riconosce all’indennità parlamentare natura sostanzialmente retributiva in
quanto corrispettivo dell’attività svolta dai membri delle Camere, titolari di una funzione
pubblica.
Per simili motivi, non essendo configurabile come un mero rimborso spese è stata
progressivamente assoggettata ad imposta, mentre la diaria, come si vedrà a breve, in
quanto somma corrisposta a titolo forfettario (come qualsiasi altra forma di rimborso spese)
resta esente.
3.1 I suoi caratteri essenziali: incompatibilità economico- giuridiche
A riprova della sua natura sostanzialmente retributiva, l’indennità parlamentare è distinta
da una serie piuttosto cospicua di incompatibilità economiche e giuridiche.
A proposito delle prime, si è soliti fare riferimento ai caratteri principali della
incumulabilità, irrinunciabilità ed incedibilità dell’indennità953.
Con riferimento al primo elemento, l’art. 3, 1° comma, stabilisce la non cumulabilità
dell’indennità parlamentare con assegni, indennità, medaglie o gettoni di presenza derivanti
da incarichi di carattere amministrativo conferiti dallo Stato, da enti pubblici e da enti
privati aventi rapporti di tipo pubblicistico.
Al riguardo, si ricorda la sentenza della Corte Costituzionale, n. 454 del 30 dicembre
1997 che, in riferimento al secondo comma dell’art. 14 della legge 27 dicembre 1985, n.
816, sulle «Aspettative, permessi e indennità degli amministratori locali», ha ribadito il
divieto di cumulo di indennità parlamentare con riferimento all’indennità di carica
assessorile. La Consulta, infatti, escluse qualsiasi logica di illegittimità costituzionale della
disposizione in oggetto, precisando che «la finalità precipua dell’indennità è quella di un
ristoro economico per le funzioni svolte e non quella di un trattamento sostitutivo del
mancato stipendio»954.
952 A. MANZELLA, Il parlamento, il Mulino, Bologna, III ed., 2003, p. 206.
953 L. CIAURRO, Regime fiscale e natura retributiva dell’indennità parlamentare, cit.,
p. 113. Le incompatibilità economiche tra emolumenti legati all’esercizio delle cariche
elettive ha una condivisibile ratìo di «moralità pubblica» ed un suo opportuno valore
simbolico, in un periodo di difficoltà della finanza pubblica come il nostro.
954 Il giudice rimettente aveva fondato la sollevata questione giuridica di illegittimità
costituzionale sul presupposto che l’indennità di carica assessorile e quella parlamentare
avessero entrambe natura retributiva e, pertanto, irragionevole era il divieto di cumulo;
320
Il concetto di indennità così inteso, ossia come mancata possibilità di sommare l’utilità
economica ad altre somme corrisposte dalla Pubblica amministrazione, potrebbe porsi in
contrasto con l’art. 67 Cost. perché, implicitamente, sembrerebbe ammettere la liceità di
compensi derivanti da enti privati non rientranti nelle categorie citate dall’art. 3.
Potrebbero porsi, altresì, profili di incompatibilità con l’art. 69 Cost. che, nel prevedere
l’indennità quale garanzia di indipendenza economica del parlamentare, sottrae
quest’ultimo dall’influenza di enti, gruppi o soggetti da lui sostenuti economicamente.
Tali rischi sono da escludersi per i motivi che si espongono.
Come si è più volte accennato, la ratìo dell’istituto de quo è quella di garantire il libero
svolgimento del mandato parlamentare e la sua disciplina deve, pertanto, essere dettata in
vista di tale maggior protezione. Non a caso, l’ultimo comma dell’art. 5 così recita:
«L’indennità mensile e la diaria non possono essere sequestrate o pignorate»; si tratta di un
inevitabile risvolto logico delle incompatibilità economiche che la caratterizzano.
Al riguardo, si è posto il problema della legittimità costituzionale di questo divieto
assoluto e, quindi, dell’eventuale sufficienza della garanzia generale disposta dal codice di
rito (che limita alla misura di un quinto gli atti di esecuzione sugli stipendi e le indennità).
La riflessione sull’opportunità di una simile proibizione, trae la propria origine da una
famosa pronuncia della Corte Costituzionale del 1995 in cui, brevemente, ma in maniera
piuttosto densa, sollevò problematiche procedurali e di merito circa i privilegi parlamentari
portando, come sempre, ad una rivisitazione critica i concetti chiave.
Si tratta della sentenza n. 245 del 16 giugno 1995, con cui la Corte dichiarò l’illegittimità
costituzionale di una disposizione regionale siciliana, ricordando come «la Regione non
possa introdurre agevolazioni o esoneri tributari che non abbiano riscontro in un
corrispondente tipo della legislazione statale. La disposizione esaminata era da considerarsi
illegittima per evidente esorbitanza dei limiti delle attribuzioni regionali ed incidenza sulla
sfera dei rapporti di diritto privato»955 , ammettendo, implicitamente, la legittimità di
intervento del solo legislatore statale sul divieto di atti cautelari.
ciò era giustificato alla stregua degli artt. 3, 36 e 51 Cost. Così, C. cost., 30 dicembre
1997, in Giur. Cost., 1998, p. 305 ss.
955 C. cost., 16 giugno 1995, n. 245, in Giur. Cost., 1995, p. 4483 ss. La questione,
decisa in via incidentale, riguardava la legittimità costituzionale di una l. reg. Sicilia n.
44/1965, nella parte in cui realizzava il richiamo all’art. 5 poc’anzi citato, rendendo non
sequestrabile l’indennità e la diaria dei parlamentari in Sicilia, anziché prevedere il
sequestro o pignoramento nella misura di un quinto. A quest’ultimo riguardo, la
Consulta si domandò se occorresse riconsiderare, eventualmente, il divieto di sequestro
e di pignoramento per le indennità corrisposte ai parlamentari italiani, prevedendolo a
tutela delle funzioni anche dei legislatori regionali e, quindi, se sussistesse una
differenza di trattamento tra parlamentari regionali e nazionali. In effetti, a sostegno di
tale impostazione metodologica, si potrebbe richiamare l’art. 51 c. 1°, Cost., nella parte
in cui tutela il diritto di accesso alla una carica elettiva, in condizioni di eguaglianza.
Infatti, si potrebbe ritenere che proprio quest’ultimo principio costituzionale esiga il
divieto assoluto di sequestro e pignoramento anche per i legislatori regionali, in
321
Pertanto, ben fatta è stata l’opera della Consulta di rifarsi ad una nozione rigida dei
requisiti e alla ridotta considerazione della concretezza degli interessi dedotti in giudizio, i
quali devono collocarsi in un ragionevole punto di equilibrio con le prerogative poste a
tutela della carica elettiva. Si legge nella pronuncia che «L’esenzione dell’indennità
parlamentare dal sequestro rientra tra le prerogative di funzione, ed è quindi diretta a fornire
particolari garanzie, non all’individuo, ma alla struttura di cui egli fa parte, precisando che
le prerogative sono tassativamente indicate nella Costituzione e fra queste non figura la
insequestrabilità dell’indennità»956, ed accennando, quindi, che i dubbi di costituzionalità
non riguarderebbero solo quelle previste per i parlamentari regionali. Tuttavia, come ribadì
nella successiva ordinanza n. 221 del 1 giugno 1995957, è legittima la discrezionalità del
Legislatore di disciplinare differentemente gli strumenti di esecuzione civile.
Sia consentito porsi ora, alla luce delle conclusioni sostanziali della Corte,
l’interrogativo sull’opportunità costituzionale del divieto assoluto del pignoramento e del
sequestro dell’indennità parlamentare; ciò si rivela ancor più doveroso in vista della
delicatezza dell’argomento e dei recentissimi dibattiti sollevati sul trattamento economico
privilegiato dei parlamentari.
Con riferimento all’aspetto dell’irrinunciabilità ed incedibilità, di cui all’art. 91 del d.P.R.
n. 361 del 1957, si è posta la questione della legittimità delle deliberazioni degli Uffici di
Presidenza delle Camere riguardanti la delegabilità, ad altri soggetti, quali i gruppi
parlamentari di appartenenza, nella riscossione diretta di quote della indennità
parlamentare958.
Tuttavia, una volta affermata la natura retributiva, potrebbe ritenersi legittimo l’atto di
libera disposizione concernente i redditi percepiti come corrispettivi di una attività
liberamente prestata e non come rimborso spese. A sostegno di ciò, ben si potrebbe far leva
sul concetto di «autorizzazione» a fronte del quale gli uffici delle Camere esercitano un
servizio amministrativo di esazione semplificata a livello centralizzato959.
mancanza del quale sarebbe, inevitabilmente, compromessa l’indipendenza economica
necessaria per il mantenimento e lo svolgimento del mandato elettivo
956 C. cost., n. 245/1995, p. 4487 ss.
957 C. cost., 1 giugno 1995, n. 221, in Gazzetta Ufficiale del 7 giugno 1995, 1° serie
speciale, n. 24.
958 La delegazione ai gruppi parlamentari di appartenenza della riscossione diretta delle
quote dell’indennità di ciascun parlamentare è stata criticata da più parti della dottrina.
In tal senso Silvano Tosi che l’ha definita come «tributo partitico» e «privata
imposizione fiscale» avversato, invece, da quella parte della dottrina, come Contini e
Zampetti che, al contrario e in difesa, definiva la delegazione quale «atto di libera
disposizione» e non legato a pretese azionabili nell’ambito dell’ordinamento generale
dello Stato. Le definizioni sono citate dall’autore L. CIAURRO, Regime fiscale e natura
retributiva dell’indennità parlamentare, cit., p. 112. Così, U. ZAMPETTI, Articolo 69,
in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca. Le Camere, ZanichelliBologna, Soc. Ed. del Foro Italiano- Roma, Vol. II, p. 241 ss.
959 L. CIAURRO, Regime fiscale e natura retributiva dell’indennità parlamentare,
cit., p. 113. L. CIAURRO, Indennità parlamentare, in Enc. Giur., 1996, p.3.
322
Infine, con riferimento alle incompatibilità di tipo giuridico, si assiste al proliferare di
numerose disposizioni che confermano il carattere non solo «professionale» del mandato
parlamentare, ma anche «tendenzialmente esclusivo e assorbente»960 rispetto alle altre
attività. Tra queste961, a titolo semplificativo, si ricordano le più recenti quale l’art. 17 del
decreto legislativo 10 novembre 1993, n. 470 sulla razionalizzazione dell’organizzazione
delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego
il quale, nel predisporre la creazione della Agenzia per la rappresentanza negoziale, al
comma 4, esclude tra i suoi membri «persone che rivestono cariche pubbliche elettive,
ovvero cariche in partiti politici o in sindacati dei lavoratori, nonché coloro che abbiano
avuto nel biennio precedente od abbiano incarichi direttivi o rapporti continuativi di
collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni».
L’art. 13 della legge 10 dicembre 1993, n. 515, che disciplina le campagne elettorali per
le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, prevede l’istituzione un
Collegio regionale di garanzia elettorale, a cui non può partecipare «il parlamentare
nazionale ed europeo, i consiglieri regionali, provinciali e comunali, nonché i componenti
delle rispettive giunte».
Ancora, l’art. 13 della legge 29 dicembre n. 580, per il riordinamento delle Camere di
Commercio, industria, artigianato e agricoltura, esclude, tra i membri del Consiglio «I
parlamentari nazionali ed europei, i consiglieri regionali, provinciali, i sindaci e gli assessori
dei comuni».
Infine, l’art. 18 della legge 18 febbraio 1994, n. 109 che, nel riordinamento delle Camere
di commercio, ribadisce il medesimo principio.
4. Regime fiscale dell’indennità parlamentare
Il regime fiscale dell’indennità parlamentare ha subito nel tempo profondi cambiamenti.
Sicché, in ossequio ai principi generali del diritto, se intesa come mero rimborso spesa,
l’indennità sarebbe del tutto esente da imposte, viceversa, laddove avesse carattere anche
parzialmente retributivo, verrebbe assoggettata normalmente a tassazione.
Nell’ambito del trattamento tributario dell’indennità parlamentare ed in forza della sua
natura sostanzialmente retributiva, è emersa nel tempo una crescente tendenza alla
fiscalizzazione, fino alla recente soppressione totale di qualsiasi regime fiscale privilegiato,
configurando definitivamente l’indennità come «figura dal carattere esclusivamente ed
interamente retributivo»962.
Idonea è questa sede a rammentare che l’esenzione totale dal regime fiscale non era già
più prevista nel decreto luogotenenziale del 1946, pur ricomparendo, per poco, nella legge
960 L. CIAURRO, Regime fiscale e natura retributiva dell’indennità parlamentare,
cit., p. 114.
961 Ad esse se ne aggiungono tante altre meno recenti quali: art 43, l. n. 146/1990; art.
6, l. n. 223/1990; art 10, l. n. 287/1990; art 8, l. n. 374/1991; art 3, n. 9 d.leg. n.502/1992;
art 4, d.leg. n. 39/1993; art 2 l. n. 206/1993.
962 L. CIAURRO, Regime fiscale e natura retributiva dell’indennità parlamentare, cit.,
105. L. CIAURRO, Indennità parlamentare, cit., p. 1.
323
del 9 agosto 1948, n. 1102 nella quale l’indennità e la diaria erano esenti da ogni tributo e
non potevano essere computati agli effetti dell’accertamento del reddito imponibile e
dell’aliquota per qualsiasi tributo dovuto, sia allo Stato che agli altri enti963.
In quest’ottica, l’esenzione fiscale era stata considerata da una parte della dottrina964
viziata da grave incostituzionalità, mentre altra965, in difesa, aveva sottolineato la più
ampia libertà nella configurazione tecnica dell’indennità, lasciata al Legislatore dalla
Costituzione.
Nel periodo successivo e con l’attuale legge del 1965, emerse un processo di crescente
fiscalizzazione. In particolare, l’art. 5 della presente disciplina prevedeva originariamente
che l’indennità mensile, limitatamente ai quattro decimi del suo ammontare e detratti i
contributi per la Cassa di previdenza, fosse soggetta ad un’imposta unica, sostitutiva di
quelle di ricchezza mobile, complementari e relative addizionali, con aliquota globale pari
al 16%966.
Successivamente, a seguito dell’entrata in vigore della riforma tributaria, le indennità
parlamentari sono state assimilate al reddito da lavoro dipendente e sono state considerate
costituenti reddito solo nella misura del 40% del loro ammontare al netto dei contributi
previdenziali.
In seguito, la legge del 24 aprile 1980, n. 146, ha elevato la percentuale dell’indennità
soggetta ad imposizione tributaria al 70% e la legge dell’11 agosto 1991, n. 268, l’ha
ulteriormente aumentata all’82% fino ad arrivare alla successiva legge del 23 dicembre
1994, n. 724, che ha soppresso qualsiasi regime fiscale particolare concernente
l’indennità967.
Da ultimo, si ricorda l’art. 1 bis della legge 8 agosto 1995, n. 349, che prende in
considerazione un residuale privilegio fiscale, in base al quale non concorrono a formare
reddito imponibile le somme erogate ai titolari di cariche elettive pubbliche «a titolo di
rimborso spese, purché l’erogazione di tali somme ed i relativi criteri siano disposti dagli
963 Art. 3, l. n. 1102/1948 per cui «L’indennità mensile e la diaria di cui all’art. 1 sono
esenti da ogni tributo e non possono essere computate agli effetti dell’accertamento del
reddito imponibile e della determinazione dell’aliquota per qualsiasi tributo dovuto sia
allo Stato che ad altri enti».
964 G. CONTINI, Indennità parlamentare, cit., p. 106 ss..
965 S. FURLANI, Indennità parlamentare, in Novissimo digesto italiano vol. VIII, Utet,
Torino, 1962, p. 597 ss.
966 Era, altresì, prevista un’imposta sostitutiva dell’imposta di famiglia per la quota di reddito imponibile al suo
ammontare netto, con aliquota forfetaria pari all’8%. In questa prospettiva, si era prevista una franchigia tributaria per
i sei decimi dell’indennità, mentre i restanti quattro decimi erano soggetti ad imposte uniche sostitutive. In altri
termini, in questa fase l’indennità parlamentare assumeva un carattere «misto», ossia in parte era rimborso spese ed
in parte vera e propria retribuzione.
967 In questo quadro, la soppressione è stata guidata dai più generali principi della
universalità degli obblighi tributari e della progressività dell’imposizione fiscale, vale a
dire, incostituzionale per il mancato rispetto del principio della universalità degli
obblighi tributari. Così, C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, Vol I, Cedam,
Padova, p. 502 ss. Definita, poi, come illegittima per la violazione al principio della
progressività dell’imposizione fiscale. Così, U. ZAMPETTI, Articolo 69, cit., p. 241 ss.
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organi competenti a determinare i trattamenti dei soggetti stessi». In tal senso, il residuo
però non concerne l’indennità parlamentare propriamente detta968.
Da ciò, quindi, la cessazione di qualsiasi forma di esenzione tributaria e l’accoglimento
della nozione di indennità quale corrispettivo derivante da vera e propria attività di lavoro
parlamentare.
4.1 Disciplina delle aspettative per i pubblici dipendenti e differenze di trattamento rispetto
ai dipendenti privati: uno sguardo generale
Nel paragrafo precedente, si è parlato a lungo dell’aspetto relativo alla fiscalizzazione
dell’indennità parlamentare e alla sua evoluzione sempre più crescente e spiccata. Tale
genesi ha evidenziato un carattere impositivo, così da generare, per coloro che sono eletti in
Parlamento, un regime delle aspettative piuttosto peculiare e severo969.
Al di fuori delle determinazioni, è doveroso sottolineare come la disciplina
dell'aspettativa per elezione a funzioni pubbliche risulti dal concorso di un pluralità di fonti
normative.
Com'è noto la norma cardine è l'art. 51, comma 3, della Costituzione in base al quale
«chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al
loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro»; in tal modo si è data risposta
all'esigenza di garantire ai lavoratori il diritto di elettorato passivo e consentire loro
un'effettiva partecipazione alla vita politica.
Sempre nella Costituzione, all'articolo 98 vi è un altro postulato che si preoccupa di
dettare un principio per il caso particolare del pubblico impiegato eletto al parlamento,
stabilendo che questi, durante il mandato parlamentare, non potrà conseguire promozioni se
non per anzianità.
968 Al fine di giustificare alcune pronunce giurisprudenziali, la disposizione de qua è
frutto di un emendamento del senatore Zaccagna, del 27 luglio 1995. Esso, in ogni caso,
riveste una portata generale tale da riguardare, oltre alla diaria mensile a titolo di
rimborso spese per il soggiorno, anche qualsiasi altra somma corrisposta secondo criteri
predeterminati in correlazione a spese comunque qualificate e sostenute per
l’espletamento del mandato. L. CIAURRO, Regime fiscale e natura retributiva
dell’indennità parlamentare, cit., 108.
969 Tuttavia, si è da più parti sostenuto che la sua totale sottoposizione al prelievo
fiscale non sarebbe sufficiente ad inquadrare la figura del parlamentare nella categoria
dei lavoratori pubblici impiegati, giacché per essi continuerebbe a sussistere con lo
Stato un rapporto di servizio onorario desumibile dall’originalità delle funzioni svolte,
dalla temporaneità dell’incarico e dal carattere elettivo del mandato. Diversamente
sostiene G. CONTINI, Indennità parlamentare, cit., p. 107, il quale ha affermato che i
parlamentari sono da considerarsi «dei pubblici funzionari che sempre più vanno
avvicinandosi alla categoria dei veri e propri dipendenti dello Stato»; così A.
MANZELLA, Il parlamento, cit., p. 260, che parla di «rapporto temporaneo di pubblico
impiego».
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Come si tenterà di esporre, i principi generali contenuti in queste norme di rango
costituzionale, per quanto concerne l'elezione al parlamento nazionale, hanno avuto
compiuta attuazione sia nel settore dell'impiego privato, attraverso l'art. 31 dello Statuto dei
lavoratori, sia nel settore dell’impiego pubblico, attraverso, da ultimo, l’art. 68, comma 1,
del decreto legislativo del 30 marzo 2001, n. 165.
La concorrenza delle fonti su citate si è mostrata tendenzialmente fertile circa l’assidua
proposizione della disputa relativa alla differenza di trattamento, tra lavoratore privato e
lavoratore pubblico eletto in Parlamento: una vexata questio che tutt’ora non ha trovato
soluzione970.
Ora, bandendo ogni tentativo dello scrivente di dilungarsi eccessivamente sull’analisi
dell’excursus legislativo e giuridico che ha portato ad una diversa considerazione del
lavoratore pubblico, rispetto al dipendente privato, si rammenta che il collocamento in
aspettativa per mandato elettorale nell’impiego pubblico, ha ricevuto una prima svolta con
l’articolo 71 del decreto legislativo n. 20 del 1993 che ha smontato l’intera impalcatura
legislativa precedente, introducendo, espressamente e senza eccezioni, il collocamento in
aspettativa e senza assegni971.
970 Si deve rendere nota quella preva
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