Recensioni teatrali | Teatro.Persinsala.it
Laura Sestini
settembre 29, 2015
A Livorno, nello spazio occupato e autogestito, Teatrofficina Refugio, va in scena la figura di Pietro
Gori con Idea d’amor, nell’anniversario del 150° dalla nascita, nel cuore della città-simbolo della
tradizione anarchica toscana.
«Venite! Venite nello spazio segreto! Uno spazio che non vi immaginereste mai…». Alessandra Falca, in veste di
direttore di un immaginario circo, introduce gli spettatori nel piccolo teatro del Refugio, affacciato sui fossi del
caratteristico quartiere Venezia di Livorno, all’interno dello spazio autogestito dal Comitato di Occupazione.
Un’anticamera buia aveva precedentemente ospitato il pubblico per alcuni minuti che, come uno sciame di api, si
muoveva in massa dietro ai movimenti dell’ape regina/Alessandra Falca/direttore del circo, illuminati da una sola
lampada a petrolio che penzolava dalla sua mano destra.
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L’Orchestra Sghemba – tromba, chitarra e tamburino – accompagna con sensuali melodie le presentazioni dei
fantomatici personaggi del circo. C’è il condannato e c’è la veggente, perché: «Tutti hanno strane idee di libertà, di
verità e di giustizia». Incalza il presentatore del circo: «Proprio dei personaggi fuori dal comune… ma il più assurdo
di tutti ve lo devo ancora mostrare. Venite! Venite nella stanza segreta!»
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La breve performance, che anticipa lo spettacolo vero e proprio, affonda ironicamente nella cupa realtà dei tempi
in cui visse il leader anarchico, avvocato e poeta, Pietro Gori, nato nel 1865, quando, chi aveva idee di libertà e di
giustizia sociale era incriminato o rinchiuso in manicomio e paragonato a personaggi improbabili, proprio come le
strambe figure del circo.
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Infine si passa, attraverso un tendone nero e uno stretto corridoio, in un locale più interno, decisamente
mimetizzato – come preannunciato a chi non è avvezzo a frequentare l’ambiente. Uno spazio che odora di mistero,
protetto, lontano da occhi indiscreti, che ricorda gli spazi dove si incontravano clandestinamente gli anarchici di
fine Ottocento e inizio Novecento. Paolo Spartaco Palazzi intrepreta Pietro Gori, talora in frammenti di vita
carceraria, tal altri in esilio, o mentre teneva discorsi nei comizi nazionali e internazionali. Grandi baffoni neri a
caratterizzare il volto di un gran bell’uomo, a quanto si dice, che si mormorava non avesse mai avuto un amore.
Perché la sua unica passione era la lotta per la libertà, la giustizia e l’ideale di uguaglianza. Un gigante sognatore
dallo spirito forte e dal cuore onesto e sensibile. Leader politico, avvocato laureato a Pisa, assistente di Filippo
Turati a Milano, ma anche poeta e compositore di inni alla libertà divenuti famosi, come Inno del Primo Maggio,
scritto da detenuto nel carcere di San Vittore a Milano; Addio Lugano bella; o ancora, il canto dedicato al giovane
compagno di lotta Sante Caserio, ghigliottinato appena ventenne, nel 1894, per aver ucciso il Presidente francese
Sadi Carnot. «Sarò l’avvocato dei più deboli, dei diseredati, dei sognatori che vogliono cambiare il mondo».
Sui pochi metri quadrati del palcoscenico gli attori e gli orchestrali si alternano in una mìs en scène a tratti musical,
in altri urlata in coro attraverso gli slogan delle manifestazioni operaie dei tempi che furono. Alessandra Falca,
poliedrica e incisiva nei sui diversi personaggi è, insieme, ironica nella parte dello psichiatra che condanna gli
anarchici al manicomio, accorata mentre interpreta alla chitarra le ballate da lei stessa composte. Emiliano
Dominici, il regista, funge anche da tecnico luci, poche, ma molto ben mirate e articolate. La tromba accompagna
spesso la performance richiamando l’attenzione del pubblico con le sue note suadenti.
Idea d’amor è, per la prima volta, uno spettacolo completamente autoprodotto e la sfida può dirsi vinta. Gli
spettatori, in piedi, applaudono calorosamente. Uno spettacolo autentico, che sprizza di livornesità in un’atmosfera
intima e familiare. Le battute non sono in italiano standard, bensì nella vulgata livornese corrente. Livornese come
era Pietro Gori, che la sorte, nei sui forzati esilii e numerose incarcerazioni, aveva riportato infine, esule e malato,
sull’Isola d’Elba – luogo di nascita del di lui padre – dove moriva l’8 gennaio 1911 a soli 46 anni.
Il Teatrofficina Refugio, ormai dal 2006, è un punto fermo in questa Livorno di forte tradizione anarchica e
antifascista e si rifà, nei suoi spettacoli e microfestival, proprio ai principi fondamentali di libertà e uguaglianza e
agli ideali di questi movimenti politici e intellettuali, come già preannunciato dall’insegna esterna dei locali
occupati nel popolare e romantico quartiere Venezia.
Lo spettacolo è andato in scena:
Teatrofficina Refugio
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Laura Sestini
settembre 29, 2015
Scali del Refugio, 8 – Livorno
sabato 26 settembre, ore 22.00
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Idea d’amor – Libere visioni dell’anarchico Pietro Gori
regia Emiliano Dominici
testi Pietro Gori
con Paolo Spartaco Palazzi, Alessandra Falca, Emilia Trevisani, Assad Zaman e Giacomo La Rosa
studio e ricerche a cura di T.o.r e F.a.l
adattamento Emiliano Dominici e Patrizia Nesti
musiche originali Alessandra Falca
aiuto regista Elisabetta Cipolli
luci Martina Di Domenico
Orchestra Sghemba: Chiara Lazzerini, tromba; Romeo Domilici, chitarra classica; Riccardo Prianti,
tamburino
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