Stagione
2009-10
Monteverdi
Vespro della Beata Vergine
Martedì 18 maggio 2010, ore 20.30
Sala Verdi del Conservatorio
Amsterdam Baroque
Orchestra & Choir
Ton
Koopman
direttore
21
Consiglieri di turno
Direttore Artistico
Andrea Kerbaker
Antonio Magnocavallo
Paolo Arcà
Con il contributo di
Aiutiamo il Quartetto
Rinnoviamo l’invito ad aiutare il Quartetto
sostenendo il costo dei programmi di sala
con un contributo di 500 Euro, detraibile
dall’IRPEF. Alcuni Consiglieri e Soci hanno
già generosamente aderito. Confidiamo che
l’esempio ne sia seguito, sicché si possa
coprire il costo totale di 25.000 Euro, così da
consentirci di mantenere ampia e gratuita la
distribuzione del programma di sala la sera
del concerto.
Ringraziamo: Socio anonimo,
Alberto Conti, Alberta Deiure, NdT,
Angelo Fabbrini, CG, SG, GFG,
Mario Lampertico, Federico Magnifico,
Giovanni Scalori, M.D. Watts,
Ruth Westen Pavese,
Sergio Dragoni in memoriam,
Maria Teresa Bazzi in memoriam,
Paola Amman in memoriam,
Annamaria La Rotonda in memoriam,
Associazione Amici di Edoardo Onlus.
Soggetto di rilevanza regionale
Con il patrocinio di
Sponsor istituzionali
È vietato, senza il consenso dell’artista, fare
fotografie e registrazioni, audio o video, anche con
il cellulare.Iniziato il concerto, si può entrare in sala
solo alla fine di ogni composizione.
Anche per rispetto degli artisti e del pubblico, si
raccomanda di:
• spegnere i telefoni e ogni altro apparecchio con
dispositivi acustici;
• evitare colpi di tosse, fruscii del programma e
ogni altro rumore;
• non lasciare la sala fino al congedo dell’artista.
Claudio Monteverdi
(Cremona 1567 – Venezia 1643)
Vespro della Beata Vergine
da concerto, composto sopra canti fermi
I. Domine, ad adiuvandum
II. Dixit Dominus
III. Nigra sum
IV. Laudate pueri
V. Pulchra es
VI. Laetatus sum
VII. Duo seraphim
VIII. Nisi Dominus
IX. Audi coelum
X. Lauda, Jerusalem
XI. Sonata sopra "Sancta Maria"
XII. Ave maris stella
XIII. Magnificat
Anno di pubblicazione: Venezia, 1610
Il concerto si svolge senza intervallo
(ca. 85’)
responsorio a 6 voci e 6 strumenti
salmo a 6 voci e 6 strumenti
mottetto per tenore
salmo «a 8 voci sole nell’organo»
mottetto a 2 voci
salmo a 6 voci
mottetto a 3 voci
salmo a dieci voci (divise in due cori)
mottetto a una e sei voci
salmo a 7 voci
per soprano e 8 strumenti
inno a 8 voci (divise in due cori)
e 5 strumenti
cantico a 7 voci e 6 strumenti
In un anno già pullulante di anniversari ricorre anche il quarto centenario della
pubblicazione del Vespro della Beata Vergine di Monteverdi, una delle massime
espressioni musicali della cultura cristiana e della nuova sensibilità del mondo
barocco. L’imponente lavoro di Claudio Monteverdi, allora maestro di cappella
del Duca di Mantova e del Monferrato Vincenzo Gonzaga, fu pubblicato infatti
nel 1610 a Venezia, presso lo stampatore Ricciardo Amadino. I torchi di
Amadino avevano stampato l’anno prima un altro lavoro di Monteverdi destinato a occupare un posto eccezionale nella storia, la favola in musica L’Orfeo, rappresentata nel palazzo ducale di Mantova nel 1607. Con il nuovo libro il musicista cremonese mostrava invece al pubblico un lato meno noto della sua produzione, quello della musica sacra, che fino ad allora era rimasto in ombra. L’unica
raccolta religiosa risaliva infatti alle Sacrae cantiuncolae tribus vocibus
(Canzonette sacre a tre voci), pubblicate a Venezia nel 1582. L’autore, ancora
adolescente, si presentava come “egregii Ingegnerii discipulus” (allievo dell’egregio [Marc’Antonio] Ingegneri). Negli anni successivi la fama di Monteverdi
si diffuse nell’Italia settentrionale e oltre grazie ai vari Libri di madrigali, che
suscitarono scalpore per lo stile originale della musica e per la maniera nuova di
trattare i testi poetici. I madrigali pubblicati dall’editore Amadino a cavallo del
Seicento (Libro III, 1592; Libro IV, 1603; Libro V, 1605) alimentarono una lunga
e caparbia polemica del monaco bolognese Giovanni Maria Artusi, che imputava
all’autore e alla musica moderna in genere d’ignorare le regole corrette dello
stile vocale. Il fratello di Monteverdi, Giulio Cesare, rispose infine alle ripetute
critiche dell’Artusi con una Dichiaratione, nella quale affermava la necessità di
sacrificare qualche regola in nome di un’espressione più autentica dei moti dell’animo, rivendicando la superiorità della “seconda pratica” rispetto allo stile antico.
Il successo della musica di Monteverdi però non era in armonia con la sua vita
professionale. Il primo decennio del Seicento fu un periodo massacrante di lavoro, svolto in condizioni poco soddisfacenti alla corte dei Gonzaga. Gli oltre
vent’anni di servizio a Mantova, dal 1590 circa al 1612, procurarono amarezze e
disagi a Monteverdi, insoddisfatto per il trattamento economico e per il carico
eccessivo di lavoro. Il duca Vincenzo teneva una corte di stampo ancora rinascimentale, attribuendo alla musica un ruolo di rilievo nel cerimoniale e nei rapporti diplomatici con le altre potenze. Per esempio ordinò a Monteverdi e altri cantori della cappella di accompagnarlo nella spedizione militare contro i Turchi in
Ungheria del 1595 e in altri viaggi intrapresi in quello scorcio di secolo.
Monteverdi, maestro della musica di corte dal 1601, non aveva soltanto il compito d’intrattenere i signori con la sua arte (“novello Orfeo col suono della sua
viola, di cui non ebbe pari”, secondo la descrizione del poeta Matteo Caberlotti)
e di fornire nuovi lavori, ma anche quello di mantenere alto il livello delle esecu-
zioni della cappella, scegliere i nuovi musicisti e cantori, procurare gli strumenti necessari, partecipare all’organizzazione degli spettacoli. Come se non bastasse, Monteverdi si occupava anche della musica sacra privata del Duca e di eventi liturgici eccezionali, malgrado la basilica palatina, intitolata a Santa Barbara,
avesse un proprio maestro di cappella. La situazione insomma era tale da spingere il musicista, dopo la fatica dei festeggiamenti per le nozze del principe
Francesco con Margherita di Savoia nel maggio 1608, a cercare al più presto un
nuovo incarico. Lasciare Mantova tuttavia non era possibile senza il consenso
del Duca o almeno senza un congedo onorevole. Monteverdi intraprese in quegli anni una serie di viaggi, in particolare a Milano e a Roma, nella speranza d’intessere una rete di rapporti al di fuori della cerchia dei Gonzaga, che non avevano intenzione di rinunciare ai servigi del loro prestigioso musicista.
Nell’autunno del 1610, munito del libro di musica sacra fresco di stampa,
Monteverdi si recò a Roma per offrirlo con le proprie mani al papa Paolo V, il
romano Camillo Borghese, al quale era dedicato il lavoro. Sperava di tenere
segreto a corte il viaggio, ma ebbe la cattiva sorte d’imbattersi a Roma in un ufficiale mantovano, che lo costrinse a lasciare la locanda e prendere alloggio in quanto servitore del Duca nel palazzo del cardinale Ferdinando, fratello del Gonzaga.
Com’era successo a Milano, il soggiorno romano procurò a Monteverdi molti complimenti da parte dei cardinali della Curia, ma nessuna offerta di lavoro.
La pubblicazione del Vespro della Beata Vergine andrebbe collocata sullo sfondo di queste vicende biografiche, che rappresentano l’unico tenue spiraglio per
illuminare le circostanze della sua composizione. Le numerose copie della prima
edizione sparse nelle biblioteche d’Europa costituiscono l’unica fonte d’informazione sulle origini del lavoro. Non esistono infatti elementi sicuri per stabilire a
quando risalga la composizione del Vespro, né per quale circostanza sia stato
scritto, ammesso che il lavoro abbia avuto origine per un’occasione specifica.
Siamo di fronte a un vero rebus, del quale probabilmente non conosceremo mai
la soluzione. La mancanza di documenti da un lato e il carattere eccezionale del
lavoro dall’altro, tuttavia, hanno procurato agli studiosi il piacere di mettere alla
prova la propria perspicacia. Sono state avanzate le ipotesi più disparate per
spiegare il contenuto e la forma di questo libro monumentale, che offre solo indizi e non risposte precise.
Il volume innanzitutto non comprende solo il Vespro, ma anche una Messa di
stile fiammingo basata sul mottetto In illo tempore di Nicolas Gombert.
L’iscrizione latina del frontespizio recita: Sanctissimae/ Virgini/ Missa senis vocibus/ Ac vesperae pluribus/ Decantandae,/ Cum nonnullis sacris concentibus,/ ad
Sacella sive Principum Cubicula accomodata. L’interpretazione della scritta
lascia qualche punto controverso, ma il titolo esprime in maniera abbastanza
chiara gli scopi principali del lavoro. Si tratta di una Messa a sei voci e di parti
dei Vespri musicate a più voci, con l’aggiunta di qualche ‘concerto’ sacro, adatte
anche alle cappelle e alle sale della corte (ad Sacella sive Principum Cubucula),
offerti in onore della Vergine Maria. Sebbene dunque sia lecito scorporare l’esecuzione dei Vespri da quella della Messa, per una visione esatta del lavoro è indispensabile tener conto dell’intero progetto della pubblicazione. Con questo libro
infatti Monteverdi offriva un apparato completo dei servizi liturgici connessi al
culto di Maria, musicando i testi principali del rito dedicati alla Vergine. Le celebrazioni solenni, dov’è probabile che la musica sia impiegata, riguardano per lo
più i Vespri, antichissimo ufficio liturgico codificato nel VI secolo da San
Benedetto. Nel rito romano i Vespri comprendono la lettura dei Salmi e altre
preghiere, tra le quali spicca il cantico evangelico del Magnificat. Gli studiosi
hanno a lungo dibattuto se la musica del Vespro avesse un carattere organico e
un disegno artistico unico o no, portando argomenti interessanti a sostegno
delle tesi contrapposte. La possibilità di documentare che il testo di Monteverdi
sia nato in occasione di una celebrazione sarebbe un elemento decisivo a favore
di una o dell’altra ipotesi, ma una tale prova non è stata ancora trovata. Vari indizi tuttavia lasciano supporre che una circostanza del genere sia avvenuta a
Mantova, forse in occasione della visita di Paolo V nel 1607, culminata con l’indulgenza concessa alla città e consacrata da un grande rito celebrato nella chiesa di Sant’Andrea. La dedica del libro sarebbe il segno di un rapporto stabilito
in precedenza con Paolo V grazie a un grande evento musicale, che celava forse
un intreccio di significati simbolici. La figura della Vergine infatti era al centro
di una rete di relazioni non solo religiose, ma anche politiche. Il culto mariano
era stato alimentato con forza dalla Chiesa di Roma dopo il Concilio di Trento
(1545 – 1563), per contrastare la diffusione della Riforma. Tanto Mantova quanto Venezia, inoltre, avevano conferito alla Beata Vergine un ruolo preminente
nella protezione della città e degli ordinamenti dello Stato. La visita del Papa a
Mantova nel 1607, in un momento di acuta crisi politica tra Roma e la
Repubblica di Venezia, aveva inoltre un preciso significato politico. Non sarebbe improprio immaginare un ruolo diplomatico anche della Vergine Maria nel
delicato gioco di minacce reciproche e offerte di pace tra il Papa e il Doge, in una
disputa che coinvolgeva gli equilibri politici dell’intera Europa.
La prima raccolta di musica sacra monteverdiana manifestava una concezione
grandiosa e una perfetta padronanza di ogni stile di scrittura. Lasciando da
parte la Messa a sei voci, composta secondo i canoni tecnici dell’antica polifonia
fiamminga, le Vesperae erano formate da quattordici numeri, che comprendevano i testi principali delle festività in onore della Madonna. I salmi e il Magnificat
erano previsti dal canone benedettino del Vespro, mentre i mottetti e la Sonata,
formalmente estranei alla liturgia del Vespro, sostituivano - secondo la maggior
parte degli studiosi - la salmodia contemplata dall’Ordinario del rito romano. Il
responsorio Domine ad adiuvandum completava la parte antifonale e infine
l’inno Ave Maris Stella, una delle più antiche preghiere cristiane, rappresentava un elemento caratteristico dell’ufficio della Beata Vergine. Come specificava
l’autore, le composizioni polifoniche erano basate su vari canti firmi tratti dal
repertorio liturgico monodico. A volte la melodia era distribuita a note lunghe
tra le varie voci, in altri casi veniva mescolata alla trama contrappuntistica della
scrittura. Solo nell’inno Ave Maris Stella il cantus firmus è stato trattato in
maniera più melodica, sbalzando a tratti con un ruolo solistico dallo sfondo corale. Monteverdi mostrava in questo lavoro non solo una ricca varietà di forme, ma
anche una fervida fantasia nel maneggiare i diversi stili musicali. La scrittura
prevede infatti lo sfruttamento pieno dell’intera gamma di suoni a disposizione
del musicista, dalla voce pura del cantus firmus alle sprezzature dei mottetti
solistici, dalla semplicità del canto omofonico al colorismo elaborato della tecnica veneta dei cori spezzati. L’estrema varietà di stile e di forme all’interno di un
lavoro omogeneo corrispondeva alla ricerca di una maggior tensione espressiva,
che scaturiva dalla contrapposizione di elementi eterogenei. Il contrasto essenziale consisteva nella convivenza dello stile arcaico del gregoriano con i processi compositivi moderni, fondati sul principio del concentus. La filosofia barocca
del concerto trovava forse la sua espressione perfetta nell’episodio della
Gerusalemme liberata di Tancredi e Clorinda, la coppia di amanti forse più dissonante dell’intera letteratura. La musica delle Vesperae mostrava una scrittura in grado di cambiare in continuazione metro e ritmo, organico e misura, stile
e carattere, altrettanto mutevole di quella del Tasso. Non risulta sorprendente
dunque trovare la musica della toccata dell’opera L’Orfeo nella parte strumentale del Responsorio, con un décalage stilistico dal profano al sacro allo stesso
tempo molto antico e molto moderno. La parodia musicale infatti, una delle tecniche predilette dai compositori del Rinascimento, assume in questo caso un
significato nuovo e diverso, introducendo un episodio di carattere concertante
all’interno di una struttura di natura tradizionale e statica.
La stesura di parti per strumenti obbligati in alcuni numeri rappresenta un elemento di particolare interesse. La scrittura strumentale era infatti il primo veicolo del nuovo stile concertante, che mostra tutta la sua forza espressiva nella
Sonata sopra Sancta Maria. La litania del cantus firmus nella voce angelica
del soprano solo crea una tensione sorprendente a contatto con la scrittura nervosa e cangiante della parte strumentale, come se uno spirito sereno si librasse
sopra un mare agitato e in tempesta. L’esperienza maturata in quegli anni nel
campo della musica rappresentativa si rifletteva in misura analoga nei quattro
mottetti per voci soliste. Lo stile di canto richiedeva interpreti agili, di tecnica
sicura, capaci di rendere in maniera espressiva le sfumature del testo. Duo
seraphim, per esempio, mostra un eccezionale virtuosismo, con le colorature dei
tre tenori scritte per esteso. Il mottetto del resto contiene la dossologia della
Trinità, espressa con un vorticoso gioco di spirali sonore. Allo stesso modo,
Nigra sum per tenore solo coglie con grande finezza nella costruzione melodica
e armonica della parola ‘surge’, alzati, il concetto chiave del famoso passo del
Cantico dei cantici.
La presenza di due versioni del Magnificat, una con strumenti obbligati e l’altra per sole voci e continuo, avvalora l’idea che l’autore prevedesse varie situazioni. Il testo viene musicato come un articolato brano polifonico a sette voci e
sei parti strumentali obbligate, che prendono parte allo sviluppo musicale in
molteplici maniere. Gli strumenti infatti gareggiano con le voci nel colorare di
effetti virtuosistici la linea melodica, ma provvedono anche a fornire elementi
strutturali della composizione, come i ritornelli o certe parti contrappuntistiche
generate dal cantus firmus. La parte strumentale insomma non si limita ad
accompagnare o a raddoppiare le voci, ma integra i processi compositivi tradizionali con un linguaggio sonoro più ricco. Ciò non significa che la scrittura vocale sia povera e conservatrice rispetto a quella mista, come dimostra per esempio il salmo Laetatus sum. Il testo del Salmo 121 è articolato in una sequenza di
undici sezioni, che sviluppano una serie di tecniche compositive sempre diverse:
basso ostinato, polifonia imitativa, omofonia accordale, assoli virtuosistici, parti
concertate e falsibordoni. Il cantus firmus lega le molteplici forme di scrittura,
comparendo sotto diversi aspetti nei punti nodali della composizione. Più che la
parola singola, Monteverdi aveva in mente la struttura musicale nella sua interezza, adattando di volta in volta i testi e il linguaggio strumentale all’equilibrio
generale della forma.
Il Vespro della Beata Vergine rappresenta da un lato una sintesi delle molteplici tradizioni presenti nella musica sacra italiana all’inizio del Seicento, dall’altro
manifesta la discontinuità dell’autore rispetto al passato. Il pensiero di
Monteverdi interpretava i testi sacri all’interno di un orizzonte spirituale diverso, indagando con la varietas degli stili le sottili dinamiche interiori dei sentimenti religiosi. La ricerca di una “via naturale all’immitatione” conferiva alla
musica sacra di Monteverdi un accento nuovo e un’espressione emotiva immediata, sconosciuta alla polifonia cristiana del Rinascimento.
Oreste Bossini
Claudio Monteverdi
Vespro della Beata Vergine
Deus, in adiutorium meum intende.*
I. DOMINE, AD ADIUVANDUM
Domine, ad adiuvandum me festina.
Gloria Patri, et Filio, et Spiritui Sancto.
Sicut erat in principio, et nunc, et semper, et in saecula saeculorum. Amen.
Alleluia.
Laeva eius sub capite meo, et dextera illius amplexabitur me.
Saeculorum Amen.
II. DIXIT DOMINUS (Psalmus 109)
Dixit Dominus Domino meo: sede a dextris meis,
donec ponam inimicos tuos scabellum pedum tuorum.
Virgam virtutis tuae emittit Dominus ex Sion:
dominare in medio inimicorum tuorum.
Tecum principium in die virtutis tuae
in splendoribus sanctorum ex utero ante luciferum genui te.
Iuravit Dominus et non poenitebit eum;
tu es sacerdos in aeternum secundum ordinem Melchisedech.
Dominus a dextris tuis, confregit in die irae suae reges.
Iudicabit in nationibus, implebit ruinas, conquassabit capita
in terra multorum.
De torrente in via bibet, propterea exaltabit caput.
Gloria Patri, et Filio, et Spiritui Sancto. Sicut erat in principio, et nunc,
et semper, et in saecula saeculorum. Amen.
III. NIGRA SUM
Nigra sum sed formosa filiae Jerusalem.
Ideo dilexit me Rex et introduxit in cubiculum suum et dixit mihi:
Surge amica mea, surge et veni: Iam hiems transiit, imber abiit et recessit,
flores apparuerunt in terra nostra. Tempus putationis advenit.
Iam hiems transiit, imber abiit et recessit: surge amica mea, et veni.
Saeculorum Amen.
* In corsivo i testi delle Antifone gregoriane.
IV. LAUDATE PUERI (Psalmus 112)
Laudate, pueri, Dominum, laudate nomen Domini.
Sit nomen Domini benedictum ex hoc nunc, et usque in saeculum.
A solis ortu usque ad occasum laudabile nomen Domini.
Excelsus super omnes gentes Dominus, et super coelos gloria eius.
Quis sicut Dominus Deus noster, qui in altis habitat, et humilia respicit
in coelo et in terra?
Suscitans a terra inopem, et de stercore erigens pauperem,
ut collocet eum cum principibus populi sui.
Qui habitare facit sterilem in domo, matrem filiorum laetantem.
Gloria Patri, et Filio, et Spiritui Sancto. Sicut erat in principio, et nunc,
et semper, et in saecula saeculorum. Amen.
V. PULCHRA ES
Pulchra es, amica mea suavis et decora filia Jerusalem.
Pulchra es, amica mea suavis et decora sicut Jerusalem terribilis
ut castrorum acies ordinata.
Averte oculos tuos a me, quia ipsi me avolare fecerunt.
Dilectus meus, candidus et rubicundus: comae capitis eius sicut purpura
regis vincta canalibus. Saeculorum Amen.
VI. LAETATUS SUM (Psalmus 121)
Laetatus sum in his, quae dicta sunt mihi: in domum Domini ibimus.
Stantes erant pedes nostri, in atriis tuis, Jerusalem.
Jerusalem, quae aedificatur ut civitas: cuius participatio eius in id ipsum.
Illuc enim ascenderunt tribus, tribus Domini testimonium Israel
ad confitendum nomini Domini.
Quia illic sederunt sedes in iudicio, sedes super domum David.
Rogate, quae ad pacem sunt Jerusalem: et abundantia diligentibus te:
Fiat pax in virtute tua: et abundantia in turribus tuis.
Propter fratres meos et proximos meos, loquebar pacem de te:
Propter domum Domini Dei nostri, quaesivi bona tibi.
Gloria Patri, et Filio, et Spiritui Sancto. Sicut erat in principio, et nunc,
et semper, et in saecula saeculorum. Amen.
VII. DUO SERAPHIM
Duo Seraphim clamabant alter ad alterum:
Sanctus Dominus Deus Sabaoth.
Plena est omnis terra gloria eius.
Tres sunt, qui testimonium dant in coelo:
Pater, Verbum, et Spiritus Sanctus, et hi tres unum sunt.
Sanctus Dominus Deus Sabaoth.
Plena est omnis terra gloria eius.
Quo abiit dilectus tuus, o pulcherrima mulierum? quo declinavit dilectus
tuus? et quaeremus eum tecum. Saeculorum Amen.
VIII. NISI DOMINUS (Psalmus 126)
Nisi Dominus aedificaverit domum, in vanum laboraverunt,
qui aedificant eam.
Nisi Dominus custodierit civitatem, frustra vigilat, qui custodit eam.
Vanum est vobis ante lucem surgere: surgite, postquam sederitis,
qui ducatis panem doloris.
Cum dederit dilectis suis somnum: ecce haereditas Domini filii, merces,
fructus ventris.
Sicut sagittae in manu potentis: ita filii excussorum.
Beatus vir, qui implevit desiderium suum ex ipsis: non confundetur, cum
loquetur inimicis suis in porta.
Gloria Patri, et Filio, et Spiritui Sancto. Sicut erat in principio, et nunc,
et semper, et in saecula saeculorum. Amen.
IX. AUDI COELUM
Audi coelum verba mea, plena desiderio, et perfusa gaudio.
(- audio)
Dic quaeso mihi: quae est ista, quae consurgens ut aurora rutilat,
ut benedicam.
(- dicam)
Dic nam ista pulchra, ut luna electa ut sol replet laetitia terras, caelos, maria.
(- Maria)
Maria Virgo, illa dulcis, praedicata de Prophetis Ezechiel porta orientalis.
(- talis)
Illa sacra et felix porta, per quam mors fuit expulsa, introduxit autem vita.
(- ita)
Quae semper tutum est medium inter homines et Deum pro culpis remedium.
(- medium)
Omnes hanc ergo sequamur quae cum gratia mereamur vitam aeternam.
Consequamur.
(- sequamur)
Praestet nobis Deus Pater hoc et Filius et Mater, cuius nomen invocamus
dulce miseris solamen.
(- Amen.)
Benedicta es, Virgo Maria, in saeculorum saecula.
Dum esset rex in accubitu suo, nardus mea dedit odorem suavitatis.
Deo gratias.
X. LAUDA, JERUSALEM (Psalmus 147)
Lauda, Jerusalem, Dominum, lauda Deum tuum, Sion. Quoniam conforta vit
seras portarum tuarum, benedixit filiis tuis in te. Qui posuit fines tuos pacem,
et adipe frumenti satiat te. Qui emittit eloquium suum terrae, velociter currit
sermo eius. Qui dat nivem sicut lanam, nebulam sicut cinerem spargit. Mittit
cristallum suam sicut bucellas, ante faciem frigoris eius quis sustinebit?
Emittet verbum suum, et liquefaciet ea; flabit spiritus eius, et fluent aquae.
Qui annunciat verbum suum Jacob, iustitias, et iudica sua Israel.
Non fecit taliter omni nationi: et iudicia sua non manifestavit eis.
Gloria Patri, et Filio, et Spiritui Sancto. Sicut erat in principio, et nunc,
et semper, et in saecula saeculorum. Amen.
XI. SONATA SOPRA “SANCTA MARIA”
Sancta Maria, ora pro nobis.
XII. AVE MARIS STELLA
Ave maris stella,
Dei Mater alma,
atque semper Virgo,
felix coeli porta.
Sumens illud Ave
Gabrielis ore,
funda nos in pace,
mutans Evae nomen.
Solve vincla reis,
profer lumen caecis,
mala nostra pelle,
bona cuncta posce.
Monstrate esse matrem,
sumat perte preces,
qui pro nobis natus,
tulit esse tuus.
Virgo singularis,
inter omnes mitis,
nos culpis solutos
mites fac et castos.
Vitam praesta puram,
iter para tutum,
ut, videntes Jesum,
semper collaetemur.
Sit laus Deo Patri,
summo Christo decus,
Spiritui Sancto,
tribus honor unus.
Amen.
Sancta Maria, succurre miseris iuva pusillanimes refove flebiles: ora pro
populo, interveni pro clero, intercede pro devoto femineo sexu: sentiant
omnes tuum iuvamen quicumque celebrant tuam sanctam festivitatem.
Saecolorum Amen.
XIII. MAGNIFICAT
Magnificat anima mea Dominum.
Et exultavit spiritus meus in Deo salutari meo.
Quia respexit humilitatem ancillae suae:
Ecce enim ex hoc beatam me dicent omnes generationes.
Quia fecit mihi magna, qui potens est, et sanctum nomen eius.
Et misericordia eius a progenie in progenies timentibus eum.
Fecit potentiam in brachio suo, dispersit superbos mente cordis sui.
Deposuit potentes de sede, et exaltavit humiles.
Esurientes implevit bonis et divites dimisit inanes.
Suscepit Israel puerum suum, recordatus misericordiae suae.
Sicut locutus est ad patres nostros, Abraham et semini eius in saecula.
Gloria Patri, et Filio, et Spiritui Sancto. Sicut erat in principio, et nunc,
et semper, et in saecula saeculorum. Amen.
Benedicamus Domino. Deo gratias.
PRESENTAZIONE DELLA STAGIONE DI CONCERTI 2010-2011
Domani, 19 maggio, alle ore 11 al Museo Poldi Pezzoli in via Manzoni 12,
Antonio Magnocavallo presidente e Paolo Arcà direttore artistico presenteranno la Stagione di concerti 2010-2011.
Saranno presenti molti amici del Quartetto, tra i quali Ton Koopman, Arnoldo
Mosca Mondadori presidente del Conservatorio, il Quartetto di Cremona e
Annalisa Zanni direttrice del Museo Poldi Pezzoli. Secondo tradizione, Carlo
Sini esporrà le sue riflessioni di filosofo-musicista.
Per informazioni si prega di rivolgersi alla segreteria della Società
(tel. 02.795.393, e-mail: [email protected]).
TON KOOPMAN
La poliedrica personalità musicale di Ton Koopman lo pone oggi fra i più
interessanti protagonisti della musica antica. Strumentista, si è formato alla
scuola organistica di Simon Jansen e a quella clavicembalistica di Gustav
Leonhardt. Dopo aver ricevuto il “Prix d’Excellence” per l’organo e per il clavicembalo e il primo premio al Concorso Internazionale di Clavicembalo di
Bruges, ha intrapreso la carriera solistica.
Musicologo, noto per il suo costante lavoro di ricerca sulle fonti storiche, ha
lavorato all’edizione completa dei Concerti per organo di Händel, ha curato
l’edizione del Messiah di Händel e del Giudizio Universale di Buxtehude. È
docente di clavicembalo al Conservatorio Reale dell’Aia, professore
all’Università di Leiden e membro onorario della Royal Academy of Music di
Londra. Nel 2000 è stato insignito della laurea honoris causa dall’Università
di Utrecht. Ha inoltre meritato il premio Silver Phonograph delle case discografiche olandesi. È presidente dell’“International Dietrich Buxtehude
Society” e direttore artistico del festival francese “Itinéraire Baroque”.
Ha fondato il complesso “Musica Antiqua” e, nel 1979, The Amsterdam
Baroque Orchestra. Le sue incisioni per Erato hanno raggiunto record di vendita. Dal 1994 al 2004 ha eseguito e registrato l’integrale delle Cantate sacre e
profane di Bach con Amsterdam Baroque Orchestra & Choir, progetto al quale
si è affiancata la pubblicazione, in collaborazione con il musicologo Christoph
Wolff, dell’opera editoriale Il mondo delle Cantate di Bach, pubblicata in italiano a cura de I Concerti del Quartetto in collaborazione con EDT. Dal 2005
lavora alla registrazione dell’integrale dell’opera di Dietrich Buxtehude.
Ton Koopman svolge un’intensa attività come direttore ospite con le principali orchestre in Europa, negli Stati Uniti e in Giappone. Dal 2011 sarà “artist
in residence” della Cleveland Orchestra.
Ton Koopman e l’Amsterdam Baroque Orchestra & Choir sono stati ospiti
delle Settimane Bach nel maggio e nel novembre 1994 (1º e 2º ciclo), nel maggio e dicembre 1995 (3º e 4º ciclo), 1997 (7º ciclo), 1998 (10º ciclo), 1999 (12º
ciclo, per le Cantate e l’Oratorio di Natale), 2000 (13º ciclo - Passione secondo
Marco e 14º ciclo), 2001 (16º ciclo), 2002 (18º ciclo), 2004 (22° ciclo), e nel 2007
e 2008.
AMSTERDAM BAROQUE ORCHESTRA & CHOIR
L’Amsterdam Baroque Orchestra comprende alcuni fra i migliori specialisti
del barocco inglesi e olandesi, ai quali si aggiungono musicisti provenienti da
Francia, Germania, Belgio, Italia e Stati Uniti che si riuniscono con regolarità sotto la direzione di Ton Koopman per provare nuovo repertorio, dare con-
certi e completare le loro registrazioni. Sin dalla sua fondazione, l’Amsterdam
Baroque Orchestra si è dedicata allo stile antico, con strumenti autentici (o
copie fedeli), e si è esibita preferibilmente in sale e chiese dall’acustica favorevole al repertorio d’elezione, oltre che nelle maggiori sale concertistiche delle
capitali musicali in tutto il mondo.
Koopman e Simon Schoutens hanno fondato, per completare l’attività
dell’Amsterdam Baroque Orchestra, l’Amsterdam Baroque Choir. Il coro ha
debuttato nel 1992 al Festival di Musica Antica di Utrecht ottenendo grande
successo con il Requiem per 15 voci e i Vespri per 32 voci di Biber entrambi eseguiti in prima moderna e registrati per Erato meritando il Cannes Classical
Award.
Dal 1994 al 2044 Ton Koopman e l’Amsterdam Baroque Orchestra & Choir
hanno realizzato il più importante progetto discografico degli anni ’90: l’esecuzione e la registrazione integrale di tutte le Cantate bachiane sacre e profane che ha meritato il Deutscher Schallplattenpreis Echo Klassik 1997 e il Prix
de l’Académie du Disque Lyrique. Nel 2008 hanno ricevuto il BBC Award e nel
2009, di nuovo l’Echo Klassik per il settimo volume dell’Opera-Omnia Edition
di Buxtehude.
Catherine Manson, David Rabinovich violini
Werner Matzke violoncello
Mike Fentross liuto
Michele Zeoli contrabbasso
Bruce Dickey, Doron Sherwin, Judith Pacquier cornetti
Catherine Motuz, Keal Couper, David Yacus tromboni
Wouter Verschuren dulciana
Kathryn Cok basso continuo
Dorothee Wohlgemuth, Heike Heilmann, Caroline Stam, Vera Lansink,
Els Bongers, Susan Jonkers soprani
Hugo Naessens, Peter de Groot, Stephen Carter, Annette Stallinga,
Anne-Marieke Evers Lester Lardenoye alti
Marco van de Klundert, Otto Bouwknegt, Henk Gunneman, Guido Groenland,
Jörg Krause, Oliver Uden tenori
Hans Wijers, Donald Bentvelsen, Johan Lippens, Joachim Brackx,
David Greco, Julian Clarkson bassi
SOLISTI
Dorothee Wohlgemuth, Heike Heilmann soprani
Jörg Dürmüller, Marco van de Klundert, Otto Bouwknegt tenori
Hans Wijers, Donald Bentvelsen bassi
Prossimo concerto:
Martedì 25 maggio 2010, ore 20.30
Sala Verdi del Conservatorio
András Schiff pianoforte
Yuuko Shiokawa violino
Hariolf Schlichtig viola
Christoph Richter violoncello
La stagione del Quartetto si chiude con una visita a Casa Schumann, in omaggio
al bicentenario della nascita del musicista. La guida d’eccezione in questo itinerario è il pianista ungherese András Schiff, che in compagnia di eccellenti colleghi
illustra vari aspetti della musica da camera di Schumann. Le sottili vibrazioni del suo
animo s’incarnano nel meraviglioso Quartetto con pianoforte op. 47, espressione
connaturata dell’incessante dialogo di voci interiori. Il pianoforte di Schiff dialoga
poi con ciascun strumento, mettendo in risalto elementi cari al musicista romantico come la fiaba, la musica popolare e il racconto appassionato.
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