Concerti 2002 - Programma Eventi

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F3
Una volta tanto il titolo dato a un ciclo di concerti – un piccolo ciclo di concerti in
questo caso, e invece il titolo è grande: “Il Viaggio e la Memoria” – non è pretestuoso, e
nemmeno culturalistico.
Il modo di far musica di questi giovani musicisti e studenti ha una freschezza che dà
gusto anche a chi giovane non è più e, comunque, non ha smesso di studiare.
Il modo di congegnare i programmi, di distribuirsi gli spazi – vale a dire il modo di
intendersi – di porgere se stessi e le musiche prescelte, ha qualcosa di curioso e di spericolato. Non chiede nemmeno condivisioni globali: piuttosto una globale simpatia. Lasciamoli
lavorare.
Sfida e scommessa sono parole che si sprecano.
Qui, piuttosto che provocazione – altra parola inflazionata – c’è un forte desiderio di
suscitazione, c’è il desiderio di tentare una presa diretta e pronta – necessariamente ed
esplicitamente soggettiva – con le musiche e con gli ascoltatori.
E c’è tanto riguardo per i valori: c’è cultura, dunque, spesso al grado di trepida ricerca, dove l’entusiasmo entra – oltre che a superare le quotidiane difficoltà di gestione – a
bruciare le tentazioni intellettualistiche.
C’è un culto sincero per i miti che la grande storia lascia germinare e per quanto di
moderno, di particolare (l’attenzione a Schnittke, ribadita dall’anno scorso a quest’anno),
e per quanto di nuovo si presenti davvero interessante – non per via di mode – e quindi
assimilabile entro quell’idea di amicizia, che sentiamo come idea portante di questa iniziativa micro-eroica. Essa è nata spontanea, “giusta”, nel clima della Badia Fiesolana. E’ la voce
musicale delle nuove leve. E l’amicizia è il segno della sua giovinezza generosa.
Luciano Alberti
Il programma 2002 di Nuovi Eventi Musicali è stato pensato dalla direzione artistica come un viaggio attraverso la memoria. Memoria della musica, memoria dei personaggi che hanno vissuto di musica,
memoria di personaggi che hanno dato vita alla musica. E memoria di esperienze che a loro modo hanno
dato musica alla vita. Questo il significato di inserirsi nel programma ampio della Fondazione nell’anno
delle manifestazioni dedicate alla figura preziosa e grande di Ernesto Balducci. Il Comune di Fiesole ha
lavorato affinché questo viaggio nella memoria potesse essere anche un viaggio nei luoghi fiesolani: i concerti si terranno infatti nelle sale che si affacciano sulla Piazza di Fiesole, sulle terrazze dei giardini che guardano Firenze, nelle chiese che hanno ospitato da sempre una passione per il dialogo e il confronto tra musica, cultura, credo e politica. Ci è sembrato di dare un contributo concreto e costruttivo a un gruppo di musicisti che sanno unire alla passione e alla tecnica uno spirito di iniziativa raro e prezioso, al quale ci sentiamo di voler dare gambe attraverso un rapporto intelligente tra istituzioni e territorio.
La Direzione artistica di questa stagione marzo-giugno 2002 è composta di giovani
musicisti dotati di una professionalità consolidata, una simpatia sincera e una geniale capacità di coinvolgimento, alle quali Fiesole non vuole sfuggire. Buon ascolto
Beatrice Biagini
Assessore alla Cultura
Comune di Fiesole
Mercoledì 27 marzo 2002, ore 21.00
SALA EST- OVEST
Via Ginori 12
“IN RICORDO DI DINO CIANI”
Ludwig van Beethoven
GLORIA D’ATRI
pianoforte
Sonata op. 27 n. 1 in Mi bemolle maggiore
Andante – Allegro – Tempo I
Allegro molto e vivace
Adagio con espressione
Allegro vivace
Johann Sebastian Bach
F4
Fantasia cromatica e Fuga BWV 903
Johannes Brahms
Sonata n. 3 op. 5 in fa minore
Allegro maestoso
Andante espressivo
Scherzo (Allegro energico)
Intermezzo (Rückblick): Andante molto
Finale (Fuga)
Concerto in collaborazione con la Provincia di Firenze
Gloria d’Atri
È nata a Firenze nel 1976. Ha ricevuto le prime lezioni da sua madre, proseguendo gli
studi al Conservatorio di Milano, diplomandosi nel 1992.
Nel 1995 ha conseguito alla Musikhocschule di Zurigo il Konzertreifeprufung e nel
1996 il Solistendiplom. Successivamente ha studiato presso la Scuola di Musica di Fiesole
sotto la guida di Maria Tipo. Ha debuttato a dodici anni nella Sala Grande del
Conservatorio Verdi di Milano: da allora si è esibita in prestigiose sale quali la Filarmonica
di Colonia, la Herkulessaal di Monaco di Baviera, la Tonhalle di Zurigo, il Mozarteum di
Salisburgo, e per stagioni quali il Festival di Brescia e Bergamo, il Festival di Rovereto,
l’Associazione A. Scarlatti di Napoli. Si è esibita con orchestre quali la Rai di Milano,
l’Orchestra della Svizzera Italiana, l’Orchestra da Camera di Coloina e la European
Community Chamber Orchestra, con la quale ha inciso il concerto di Haydn in Re magg.
Impegnata attivamente nella musica da camera è stata vincitrice di diversi concorsi
nazionali e internazionali.
F6
“Una straordinaria ricchezza umana, un amore e una conoscenza approfondita della musica, una cultura vasta e articolata che escludeva nel modo più assoluto ogni forma di pedanteria, facevano di Dino una
persona singolare con la quale un rapporto non poteva essere che intenso e importante […]. Quello che
forse ricordo con maggiore intensità sono le lunghe preparazioni ai concerti, con tutte le nostre ricerche,
scambi di idee, discussioni, scoperte... I dischi testimonieranno sempre il valore di Dino pianista. A me
rimane soprattutto il ricordo del suo grande slancio lirico.”
Claudio Abbado
Brezze e vele sul mare:
dei pensieri da nulla.
Ma che spinta imparare
cos’è mai una fanciulla.
G. Caproni
Ultimi a morire
gli occhi delle fanciulle
che danzano una danza di farfalle
in riva al mare
D. M. Turoldo
“…Oggi in carrozza ho parlato di te ed ho ripetuto a mio padre che può dire quello
che vuole, ma io non ti lascerò mai e lo ripeto anche a te. Il mio amore è troppo immenso
e se tu oggi mi chiedessi la vita, te la darei…fra quattro o sei settimane saremo a Lipsia – oh
Dio, mi viene da piangere e da ridere – potremo parlarci da soli? come sarà il nostro incontro? Dio solo lo sa. La lontananza è così penosa! Scusa l’orribile scrittura, non riesco altrimenti. Ma in fretta
tua Clara
sì, sì, la tua Clara
è una è in terra e in cielo
non so neppure cosa voglio
Alla fine non dovrebbe mancare l’intermezzo.”
Clara a Robert, 3 aprile 1838
“Un interprete inconfondibile, dalla vividissima immaginazione, capace di grandi entusiasmi e slanci:
in realtà, con una visione tragica della condizione umana: un cuore ricco e generoso, che ricordo con tenerezza infinita.”
Martha Del Vecchio
“…Devo scrivere ancora a mio padre – oggi ho tanto da fare e le Kinderszenen sembrano guardarmi con impazienza, qui davanti a me; oggi voglio abbandonarmi ai sogni! Le
ho sempre nella mente e nel cuore e la loro commovente semplicità, il sentimento sincero
– tu mi ami così, vero?[…]
Ricevi ora il più caldo bacio dalla tua Clara
Scusa i miei scarabocchi.”
Clara a Robert, 22 marzo 1839
“Amavo il suo Mozart, di suono puro ma di fervida animazione, cantato; dove anche nelle "agilità"
veniva rilevata, illuminata la melodia interna...E il ritmo, nel Mozart di Dino, seguiva gli impulsi inventivi;
seguiva il movimento organico dell'arte creatrice. "Il sentimento nel tempo", la definizione epistolare di
Mozart. Fu, con Dino Ciani, la mia ora mozartiana. Chiusa l'ora di Mozart con Ciani non ho più desiderato né cercato continuarla con altri. Perché so che non potrei rinnovare quell'esperienza: lo studio preliminare ai concerti, le conversazioni intermedie, le soste conviviali.
E certo non conoscerei quella tenera e serena gentilezza d'anima che dava luce alla sua amicizia, ai
suoni del suo pianoforte.”
Gianandrea Gavazzeni
“…Una sera andai al cimitero di Lipsia per cercare il luogo di pace di un Grande: cercai per molte ore a destra e a sinistra, ma non trovai nessun J. S. Bach…e quando interpellai in proposito il becchino, costui scosse la testa facendomi intendere che il nome gli era
del tutto sconosciuto e disse: Di Bach ce ne sono molti. Sulla via del ritorno mi dissi: Quale poesia nel modo in cui il caso ha qui operato! Affinché noi non pensiamo alla polvere fugace, affinché non ci
compaia innanzi alcuna immagine della comune morte, il caso ha disperso la cenere al vento, e così io voglio
per sempre pensare a lui, seduto all’organo, nel suo abito più elegante, e mentre lo strumento vibra sotto le
sue dita i fedeli guardano devotamente in su e forse gli angeli verso il basso…”
R. Schumann
7B
Giovedì 4 aprile 2002, ore 21.00,
CATTEDRALE DI FIESOLE
Lorenza Borrani
violino
Lorenzo Falconi
viola
Edoardo Rosadini
viola
Giovanni Prosdocimi
viola
Alice Gabbiani
violoncello
Giuseppe Di Martino
contrabbasso
Carlo Facondini
chitarra
Claudia Bucchini
flauto
Simone Ori
organo
Matteo Fossi
pianoforte e clavicembalo
“BACH FRA VIAGGIO E MEMORIA”
Johann Sebastian Bach
Concerto Brandeburghese n. 6 in Si bemolle maggiore BWV 1051
Contrappunto dall’Arte della Fuga BWV 1080
Ciaccona dalla Partita n. 2 in re min. BWV 1004 per violino solo
Contrappunto dall’Arte della Fuga BWV 1080
Sarabanda dalla Suite BWV 995 in sol minore per chitarra sola
Contrappunto dall’Arte della Fuga BWV 1080
AAAATAAAA
György Ligeti
Ciaccona cromatica dalla Sonata per viola sola
Johann Sebastian Bach
Corrente dalla Partita BWV 1013 in la minore per flauto solo
Maurice Ohana
Tiento per chitarra sola
Johann Sebastian Bach / Alfred Schnittke
Preludio BWV 861 in Sol minore dal Clavicembalo ben temperato I libro, Pantomima dalla
Suite in Stile Antico per violino e pianoforte, Fuga BWV 873 in do # minore dal Clavicembalo
ben temperato II libro, Contrappunto dall’Arte della Fuga BWV 1080
Johannes Brahms
Corale op.122 per organo
Paul Hindemith
Gli adattamenti dei contrappunti dall’Arte della Fuga sono a cura di Lorenzo Falconi
“L’approccio alla trascrizione per questo organico di strumenti di alcuni contrappunti da L’arte della fuga, è stato
in principio un dilemma fra l’alternativa “filologica” e quella “Emozionale”. Ovviamente ho scelto la seconda.
Così è stato perché in ogni contrappunto (ad esclusione di quello incompiuto) si fondono pezzi suonati precedentemente, dando un carattere unitario non solo ai contrappunti stessi, ma a tutto il programma.”
Lorenzo Falconi
Allegro dalla sonata n°2 per organo
Johann Sebastian Bach
Preludio BWV 546 in do minore per organo
Contrappunto
F 10
Tutti caddero dal mio grembo,
il giardino, il cortile, la casa, le voci, le stanze,
il bambino: nelle sue mani una rondine ed un pesce,
caddero sulla terra
che respingeva pietre.
Sono una stanza vuota,
intorno i punti cardinali,
e alberi avvolti di neve,
freddi, freddi, vuoti.
Ma dalla mia mano
Si erge tutto ciò che ho amato,
il cortile, le rose, la casa come vaso d’argilla,
perfetta,
la casa come un nocciolo, semi silenziosi,
nel loro ordito è morte e movimento,
il piccolo pozzo, piccolo cane, collana invisibile.
Stanza piccola, piccoli scuri, piccole veloci scarpe a stringhe
per il cuore, per la corsa.
Le scarpe corrono dal ventricolo all’atrio
e dita di bambino
costruiscono nel sangue l’approdo di pietra
per i rematori di pietra.
La conta dei sogni
in profondità,
come pietre, dedicate alla morte.
E dalla finestra svolazzano
uccelli accordati
sorriso nei becchi,
gocce di mozart
zart zart
Eeva-Liisa Manner
… Ponga il problema come preferisce, ma arriverà sempre a un punto in cui la Sua saggezza lascerà il posto al sogno…
G. Mahler ad un critico viennese
… la sognante penombra nella stanza, con fiori alla finestra, o quella azzurro chiaro
con il pianoforte e le incisioni – noi ci ameremo e ci saremo sempre fedeli – tu mi farai da
guida quando ne avrò bisogno, ed io farò altrettanto con te, mi dirai dove ho sbagliato e
dove ho creato qualcosa di bello – tu amerai Bach in me ed io Bellini in te – suoneremo
spesso a quattro mani – nel crepuscolo della sera improvviserò delle fantasie per te e tu le
accompagnerai con un lieve canto, e poi ti abbandonerai sul mio cuore e dirai: “Non pensavo che sarebbe stato così bello”.
da una lettera di Robert a Clara
…Un allievo deride poi un maestro che parla soltanto di morte: “Continuamente parli
della morte, eppure non muori”. “Eppure morirò. Vedi, sto recitando il mio ultimo canto.
Il canto di uno è più lungo, il canto dell’altro è più breve, ma la differenza non può essere
che di qualche parola.”
Ciò è esatto e non è giusto sorridere dell’eroe che, ferito a morte, giace sul palcoscenico e canta un’aria. Noi giaciamo e cantiamo per anni…
Franz Kafka
… anzi, di recente ho sentito (ma solo in sogno) una musica angelica, piena delle più
celestiali quinte; e ciò succedeva (come mi hanno assicurato gli angeli stessi) solo perché essi
non avevano mai avuto bisogno di studiare l’armonizzazione del basso continuo. I giusti
capiranno senz’altro il significato di questo sogno.
Robert Schumann
11 B
Venerdì 17 aprile 2002, ore 21.00
VILLA DI MAIANO
Via di Maiano
Dmitri Shostakovich
QUARTETTO KLIMT
Matteo Fossi
Lorenza Borrani
Edoardo Rosadini
Alice Gabbiani
F
12
Daniela Marinucci
violino
Giuseppe di Martino
contrabbasso
Quintetto per pianoforte,2 violini viola e violoncello op.57
Preludio (Lento)
Fuga (Adagio)
Scherzo (Allegretto)
Intermezzo (Lento)
Finale (Allegretto)
AAAATAAAA
Franz Schubert
Quintetto in La maggiore D 667 “La Trota”
Allegro vivace
Andante
Scherzo (Presto)
Tema con variazioni
Finale (Allegro giusto)
AAAATAAAA
Lorenzo Falconi
“Bisconcertante” per pianoforte e quintetto d’archi
Si prega di prenotarsi presso il numero della Segreteria della Fondazione Balducci 055599147.
Si accettano prenotazioni fino ad esaurimento posti.
Concerto in collaborazione con la “Fattoria di Maiano”
Racconto allegorico
13 luglio 1822
F 14
Il mio sogno
“Eravamo tanti fratelli e sorelle. Papà e mamma buoni come il pane. A tutti volevo un
gran bene. Un giorno papà ci portò ad un banchetto, con grande sollazzo dei miei fratelli.
Io ero però triste. Allora papà mi guardò fisso, ordinandomi di gustare tutto quel ben di
Dio. Al mio rifiuto, si adirò, cacciandomi dalla sua vista. Girai sui tacchi, e, il cuore pieno
di un amore per coloro che mi disprezzavano, me ne andai molto lontano. Per anni vissi
con l’animo diviso fra il dolore e l’amore più intensi. Poi mi giunse la notizia che mia
madre era morta. Mi precipitai a casa per poterla ancora rivedere e mio padre, intenerito
dal dolore, non mi impedì di entrare. Vidi il suo corpo freddo. Gli occhi mi si riempirono di lacrime. Riposava là, come faceva una volta, in quel buon tempo antico nel quale
avrebbe desiderato che vivessimo.
Seguimmo il feretro nella desolazione. La bara sparì nella fossa. Da quel momento
restai di nuovo nella nostra casa. E di nuovo mio padre mi portò un giorno nel suo giardino preferito. E mi chiese se mi piaceva. Ma il giardino mi faceva orrore e non osavo aprire
bocca. Allora mi domandò per la seconda volta, rosso di collera, se il giardino mi piaceva.
Tremando, dissi di no. Allora mio padre mi picchiò ed io fuggii. E per la seconda volta, il
cuore gonfio di infinito amore per coloro che mi disprezzavano, partii per un paese lontano. Vissi e cantai per anni, tanti anni. Se volevo cantare l’amore, cantavo il dolore, e viceversa. Così mi divisi, fra l’amore e il dolore…”
F. Schubert
“Voglio andare a casa. Ma dov’è la mia casa?”
P. I. Tchaikovsky
Siete impazienti. Capisco.
Vi lascio il posto. Vo via.
Dove, non lo so. Sparisco.
G. Caproni
Nostalgia profonda
sacro timore
voglia di mondi più belli
riempire gli spazi oscuri
di un immenso sogno d’amore…
F. Schubert
15 B
“…Non ho però la minima energia per tutti questi obblighi, non posso portare il
mondo sulle spalle, vi reggo a malapena il cappotto d’inverno…”
F. Kafka
“…Dopo esserci faticosamente arrampicati su un gran monte ci siamo trovati altre terribili montagne davanti e ai due lati come se il mondo terminasse lassù contro quello sbarramento di pareti rocciose. D’improvviso, raggiunta la cima del monte, ai nostri occhi si è
presentato un precipizio vertiginoso, roba da farti venire un arresto cardiaco. Passata la
prima emozione, nel vedere quei giganteschi muraglioni di pietra convergere a distanza
come in un vicolo cieco, ci siamo chiesti invano dove fosse la via d’uscita…”
F. Schubert
GRUPPO MARKAHUASI
Wilmer “Wilo” Cortéz
Kena, siku, tarka, italaque, kenacho,
toyo, percussioni, cori
Antonio Di Virgilio
basso, percussioni
Silvio “Chivo” Contolini
Kena, siku, tarka, italaque, kenacho,
toyo, percussioni, cori
Gabriele Savarese
chitarra, violino
Riccardo Pini
charango, voce, italaque, tarka
José “Pepe” Yañez
chitarra, voce, percussioni
QUARTETTO D’ASTI
Marco Silletti
Gianni Nuti
Maria Grazia Reggio
Gianpaolo Bovio
Chitarre
Venerdì 26 aprile 2002, ore 21.00
BADIA FIESOLANA
Via Badia dei Roccettini 11
“MUSICHE ATTRAVERSO I POPOLI”
Concerto in memoria di Ernesto Balducci
Takirari
Gruppo “Markahuasi”
F.Farkas: “Piccola musica da concerto”
D. Bogdanovic: “Introduction and dance”
Quartetto d’Asti
R. Shankar: “L’aube enchantée sur le Raga Todi”
Duo Mirò
B. Bartok: “Duetti per 2 violini”
L. Borrani - P. Lambardi
“El Testament d’Amelia” - “La nit de Nadal”
Canzoni popolari catalane trascritte da E. Becherucci
L. Brouwer: “Paisaje cubano con rumba”
DUO MIRÒ
Quartetto d’Asti
Claudia Bucchini
flauto
Martina Mattioli
chitarra
“Encuentros” - “El Pastor” - “Yamor” - “Pampa Lirima”
Lorenza Borrani
violino
Paolo Lambardi
violino
Gruppo “Markahuasi”
G. Santorsola: “Valsa chorosa” -“Danza del gaucho fiero”
A. Piazzolla: “Libertango”
Quartetto d’Asti
“Chan Chan” - “La Partida” - “Takirari”
Gruppo “Markahuasi”
Le musiche saranno intervallate da letture tratte da scritti di Ernesto Balducci.
F 18
“…Per rendere conto della straordinaria presenza di Francesco d’Assisi nella memoria
“Il momento in cui nasce in un giovane la convinzione che esistono ideali per i quali
dell’Umanità non basta chiamare in causa l’apparato propagandistico della chiesa cattolica,
merita vivere, che stiano al di là degli interessi personali, è un momento luminoso e insie-
bisogna per forza ricorrere ai misteriosi processi dell’affinità elettive con i quali l’umanità
me drammatico. E’ luminoso, perché è proprio in questa scoperta che la vita si illumina di
nel suo cammino colloca nell’orizzonte del suo dover essere coloro nei quali le è possibile
significato, che le tribolazioni personali sono riscattate da soddisfazioni più alte, quelle che
vedere, come in uno specchio, il senso recondito del proprio destino. Ciò che l’uomo
scaturiscono dal profondo della coscienza morale, ma è un momento drammatico perché
riesce a realizzare di se stesso nella storia non è la propria totalità: la totalità è affidata alla
dà inizio ad un conflitto destinato a non chiudersi più: il conflitto tra l’ideale ed il reale,
speranza, che attraversa la storia nella direzione del futuro e sorpassa i confini che, tappa
tra il progetto di vita e le leggi inesorabili che governano invece la storia di cui facciamo
dopo tappa, è possibile percepire. La storia dà torto ai profeti e, quando sono morti, tenta
parte. E’ proprio in ragione di questo conflitto, a volte acutissimo, che è molto facile smar-
di reintegrarli in sé, canonizzandoli. Ma i profeti continuano a dare torto alla storia e
rire quel che si chiama equilibrio, o adattandosi con rinuncia amara alle leggi di tutti – e
hanno le prove: solo che quelle prove sono riposte nello scrigno del futuro. […]
quanti fanno così – oppure chiudendosi in un ostinato rifiuto del mondo […] Oggi noi
Nel tracciare questa nuova immagine dell’uomo che sta drammaticamente districan-
comprendiamo bene – lo si dichiara da ogni parte – che il fine a cui dobbiamo tendere
dosi dagli involucri della vecchia immagine ho tenuto presenti, uno dopo l’altro, i messag-
come collettività, come nazioni, come società delle nazioni, è quello della pace. Dobbiamo
gi fondamentali di Francesco d’Assisi che ho distintamente analizzato in queste pagine. E
superare definitivamente le sicurezze di ieri, quelle basate sulla forza. Questo è il fine [ …
nel fare questo ho percepito con forza che la misura del tempo che più si adatta a stabilire
] Questo è il dramma della storia che si apre dinanzi a noi, appena lo guardiamo. Allora mi
le strategie del nostro adempimento non è quella che la cultura occidentale ci ha abituato a
viene a mente, e credo in un taglio consolatorio, questa semplice parola di Gesù: <Non tutti
scandire orizzontalmente in secoli e millenni. C’è un tempo qualitativo che si misura ver-
possono capire> e non perché ci sia una discriminazione da parte di Dio, ma perché chi ha
ticalmente lungo l’asse che segna il movimento dell’essere umano dalla sua condizione di
reso il suo spirito omogeneo a questo mondo non può capire. Coloro che per professione
bruta forza competitiva alla condizione di centro cosciente degli intrecci cosmici, chiama-
sono quelli che capiscono, non possono capire; i piccoli e i semplici che non sono del tutto
to a provvedere, senza violenza, ma con amore, alla piena maturazione della creazione.
integrati nella robusta sapienza istituzionale possono capire. Così fu e così è sempre […]
Secondo questa misura, Francesco non è un uomo del passato, è un uomo del futuro.”
Ernesto Balducci
Non ci affidiamo ai potenti, non ci esaltiamo degli alberi verdi, perché domattina
saranno secchi, non ci sconsoliamo degli alberi secchi, perché forse domattina verdeggeranno. Teniamo l’animo disposto a questo e scegliamo personalmente la forza che non stritola nessuno, ma che vuole essere soltanto una potenza suscitatrice di coscienze. L’unica via
per cui si trasmettono ideali senza umiliare e annientare nessuno è quella con cui una fiamma accende una fiamma, con cui il polline feconda i fiori: con la mitezza, la spontaneità
dell’amore, la forza dell’evidenza e con questa grande fede. Certo, ci vuole fede. Credere
vuol dire esser certi che si avvererà quello che secondo la logica precostituita non potrà mai
avverarsi.”
Ernesto Balducci
19 B
“…Non siamo forse, noi uomini alle soglie del terzo millennio, nella necessità stori-
“Per realizzare una civiltà veramente planetaria, senza egemonie coattive, noi dobbia-
ca di confrontarci con tutte le tribù della terra? Ogni giorno abbiamo a che fare, perfino
mo risolvere quei conflitti non attraverso l’uso della forza, ma cogliendo la verità parziale
nelle nostre città, con culture che ci propongono modelli di vita sicuramente arcaici e tut-
che in ogni situazione si nasconde”.
tavia ostinatamente sicuri di sé, niente affatto disposti a lasciarsi integrare nella nostra cultura. La quale, ed è questo un dato nuovo, è attraversata da brividi di insicurezza, da un’o-
“…Avere dentro una disposizione al cambiamento in vista di una fraternità universa-
scura voglia di fuggire dalla modernità perfino in città come Firenze dove non si contano le
le vuol dire avere un cuore libero, una coscienza abile che vibra, che non ragiona della sto-
comunità orientaleggianti. Sotto le trame della civiltà tecnologica riaffiora un mondo anti-
ria con i vecchi concetti adatti al Congresso di Vienna. Non se ne può più, perché gli affa-
co e ci ripropone valori che corrispondono a quelli che la gente dell’Amiata ha deposto
mati sono alle nostre spalle e premono e il giudizio di Dio è su di noi, un giudizio che salta
nella mia memoria.”
su anche dal selciato. E’ questo il sentimento che dobbiamo avere. Questa gratitudine, questa disposizione ad avvertire anche lo stupore dell’esistenza è una qualità umana ed educa-
F 20
“…Ecco perché il silenzio è gremito di richiami. Se appena appena lo lasciamo ravvi-
tiva fondamentale. Vedete come i figli del benessere non si stupiscono più di nulla perché
vare da questa simpatia cosmica che ci ha partorito, può avvenirci di ascoltare il linguaggio
sono cresciuti in culla con le impressioni le più sbalorditive: hanno visto tutto, saputo tutto.
delle cose, come avveniva a Francesco di Assisi, di cui il suo primo biografo, Tommaso da
Ma non hanno capito nulla perché manca questo stupore dell’inizio. Non si sono commossi
Celano, dice che <conosceva i segreti delle cose>. Se le cose attorno a noi sono mute, è per-
dinanzi ad un fiore, dinanzi ad un albero, dinanzi ad un agnello, dinanzi ad una stella. I
ché noi le stordiamo con i nostri rumori, è perché noi ci accostiamo ad esse con il piglio
neon parano le stelle, le macchine scacciano le greggi…, noi siamo in un mondo dove tutto
del dominio: allora le cose si ritraggono, chiudono le ciglia e serrano le labbra, quasi in un
è scontato e imprevisto, manca il palpito dello stupore per cui la qualità del conoscere è
istinto di difesa. Se il nostro silenzio è l’espressione di un atteggiamento di ascolto, allora
impoverita e insterilita nel suo intimo. Non si conosce più nemmeno l’amico, nemmeno la
giunge a noi un messaggio corale, e noi siamo in grado di accoglierlo, anche se non siamo
moglie e il marito si conoscono, perché l’occhio che conosce è un occhio sprovveduto di
in grado di tradurlo in parole… Tutto sembra ordinato a impedirci il silenzio, anche come
simpatia e di stupore. Abbiamo perso la condizione primordiale. Ci sta bene! Abbiamo
momento fisico. E difatti esso potrebbe essere pericoloso, perché potrebbe far rinascere dal
molte armi e non abbiamo più cuore. E’ quello che dovevamo avere!…”
profondo la nostalgia per la parola. Se davvero potessimo risalire la china del peccato
potremmo ritrovare la grammatica universale perduta e potremmo ancora, come fece
Francesco, parlare con gli uccelli o con il lupo.”
Ernesto Balducci
“L’uomo del futuro o sarà uomo di pace, o non sarà.”
Ernesto Balducci
21 B
Elogio Dei Sogni
“C’è, al fondamento dell’umanità, un sogno, che si trasmette di generazione in generazione, ora sviluppandosi sotto la soglia delle consapevolezze come una istintiva brama di
un mondo diverso, ora assorgendo ai livelli della lucida consapevolezza e della progettazione razionale: è un sogno che noi potremo definire – utilizzando i termini che la Scrittura
ci suggerisce e che, in questo caso, coincidono con le categorie elaborate dalla ragione dell’uomo – la congiunzione tra la giustizia e l’amore. Se volessimo dare voce al sogno, che
sicuramente è dentro ad ogni uomo che non abbia del tutto annientato la propria dignità
umana, diremo che c’è l’ansia di un mondo in cui gli uomini si amino ed amino le creature tutte che sono intorno a lui. Questo amore però non può realizzarsi se non si realizza la
giustizia dato che la giustizia è il presupposto fondamentale dell’amore. Eppure, se ci pen-
F 22
siamo bene. Questo sogno che sempre rinasce, ora in stretti confini magari interni ad una
città, ad una tribù, ora dilatandosi in una nazione, ora in continenti, in questo tempo
all’umanità intera, questo sogno non può finire…chi rinuncia a questo sogno ha perduto
le misure autentiche della dignità umana.”
“…Senza stare a condannarci gli uni e gli altri, in nome delle diverse ideologie o dei
diversi orientamenti, dobbiamo esaminarci per scoprire se nella nostra radice siamo di
quelli che hanno tanta fede da voler spostare le montagne. Le montagne che ho davanti
sono tante, se ho fede devo essere certo che le potrò spostare, le potremo spostare. Forse
non ci riuscirò ma io vivo nell’indugio, in questo spazio, in questo intermezzo, che sta tra
la mia decisione e l’evento dell’avveramento. Non so quanto durerà. Aver fede significa non
preoccuparsi troppo di sapere quanto durerà. Preoccuparsi invece nel perseguire l’adempimento. Il resto – lo possiamo dire allora con purezza d’animo – è nelle mani di Dio. Questa
messa a fuoco degli atteggiamenti fondamentali della coscienza mi sembra il modo più giusto di rispondere alle esigenze evangeliche nel tempo in cui viviamo.”
Ernesto Balducci
In sogno
Dipingo come Vermeer van Delft.
Parlo correntemente il greco
e non solo con i vivi.
Guido l’automobile,
che mi obbedisce.
Ho talento,
scrivo grandi poemi.
Odo voci
non peggio di autorevoli santi.
Sareste sbalorditi
dal mio virtuosismo al pianoforte.
Volo come si deve,
ossia con le mie forze.
Cadendo da un tetto
so cadere dolcemente sul verde.
Non ho difficoltà
a respirare sott’acqua.
Non mi lamento:
sono riuscita a trovare l’Atlantide.
Mi rallegro di sapermi svegliare sempre
prima di morire.
Non appena scoppia una guerra
mi giro sul fianco preferito.
Sono, ma non devo
esserlo, una figlia del secolo.
Qualche anno fa
ho visto due soli.
E l’altro ieri un pinguino
con la massima chiarezza.
Wislawa Szymborska
23 B
Mercoledì 8 maggio 2002, ore 21.00
BADIA FIESOLANA
Via dei Roccettini n°11
“IN MEMORIAM ALFRED SCHNITTKE”
Alfred Schnittke
IRINA SCHNITTKE
Pianoforte
ALEXANDER IVASHKIN
Violoncello
F 28
DUO
Lorenza Borrani
Matteo Fossi
Violino e Pianoforte
Sonata n.2 per Pianoforte
Allegro
Adagio con espressione
Allegro vivace
Sonata n.1 per Violoncello e Pianoforte
Largo
Presto
Largo
AAAATAAAA
Sonata n.1 per violino e pianoforte
Andante
Allegretto
Largo
Allegretto scherzando
Epilogo dal balletto “Peer Gynt” per Violoncello Pianoforte e Nastro Magnetico
Concerto in collaborazione con la Fondazione “Romualdo Del Bianco”
Irina Schnittke
F 30
Irina Schnittke, vedova di Alfred, è nota alle platee Europee grazie ai suoi concerti al fianco
di celebri solisti quali M. Rostropovich e M. Lubotsky. Irina Schnittke è una delle più interessanti pianiste della sua generazione: il suo repertorio è incentrato sulle più importanti composizioni della Russia del Novecento, da Shostakovich a Schnittke. Riconosciuta come una delle migliori esecutrici della musica del marito, è altresì dedicataria di molte sue composizioni. Ha preso
parte alle prime esecuzioni della Seconda Sonata per violoncello, dell’Epilogo per violoncello,
pianoforte e nastro magnetico, della Terza Sonata per violino, del Trio, e, con V. Postnikova, del
Concerto per pianoforte a quattro mani e orchestra da camera (dedicato a questo duo). Irina
Schnittke tiene regolarmente concerti in Russia, Germania, Austria, Italia, Giappone, Finlandia,
Francia USA e Regno Unito.
Shostakovich aveva espresso in modo unico il pensiero e il sentimento di quelle generazioni
di Russi il cui destino era stato segnato dal giogo del totalitarismo. Schnittke viene spesso considerato “un uomo preso in mezzo”1. Ambedue gli autori infondono nella loro musica una grande quantità di energia latente e la pervadono di un pessimismo estremo che si traduce, in molte
opere di Schostakovitsch ma soprattutto di Schnittke, in finali che “muoiono”, si dissolvono nel
mondo, si consumano lentamente nei recessi del tempo. Tali caratteristiche risentono innegabilmente degli influssi della storia; chiunque vorrà ascoltare, anche in futuro, la musica di Schnittke
non potrà fare a meno di avvertire questi segni del tempo. Oltre ad essi, tuttavia, Schnittke assorbe interamente l’intenso flusso di energia trasportato dalla musica, facendone parte del suo essere, del suo pensiero, del suo linguaggio.
Alexander Ivashkin
Schnittke è “un uomo preso in mezzo” fra tradizioni diverse. Egli afferma: “Anche se nelle
mie vene non scorre sangue russo io sono legato alla Russia, perché da sempre vivo in questa terra.
D’altro canto, molto di ciò che ho scritto ha un legame con la musica tedesca ed è una logica conseguenza del mio essere tedesco, anche se non ho fatto nulla per volerlo... Come i miei antenati
vivo in Russia, mi esprimo in russo molto meglio che in tedesco, ma non sono russo... Ho poi
una metà ebrea che non mi dà pace: non conosco nessuna lingua o dialetto ebraico, eppure ho il
tipico aspetto di un ebreo”.
Schnittke è stato uno dei compositori più prolifici del ventesimo secolo. I suoi lavori fanno
ormai parte del repertorio di orchestre, gruppi da camera e solisti di tutto il mondo. Nel ventennio ’70-80 il compositore aveva raggiunto in Russia una straordinaria popolarità. “La sua musica era diventata il nostro linguaggio, un linguaggio più perfetto di quello parlato” ha scritto un
critico russo. A Mosca, Leningrado e Novosibirsk gli organizzatori dei concerti erano costretti a
richiedere l’intervento della polizia per arginare gli effetti del sovraffollamento che regolarmente si verificava in occasione delle esecuzioni della musica di Schnittke. I concerti nei quali si eseguiva Schnittke erano considerati degli autentici eventi: gli ascoltatori sovietici trovavano nella sua
musica quei valori spirituali che erano venuti a mancare negli anni interminabili che videro susseguirsi il terrore, il disgelo, la guerra fredda e la stagnazione.
Dalla fine degli anni Ottanta in poi le opere di Schnittke cominciarono a diffondersi anche
in Occidente, a partire dalla Germania per raggiungere Stati Uniti, Sudamerica e Nuova Zelanda.
Attualmente esistono in commercio di più di un centinaio di registrazioni di musiche di
Schnittke su CD di varie case discografiche.
Vorrei a questo punto ricordare la frase di Charles Ives: “La natura crea le montagne e le
valli, l’uomo costruisce steccati e mette etichette”. È impossibile dire tra quanto tempo le composizioni di Schnittke verranno universalmente riconosciute come parte della storia. Non si può
comunque negare che Schnittke è riuscito ad esprimere tutta l’essenza di un secolo frenetico e tragico ed ha avuto il coraggio di strappare la musica dal proprio isolamento, demolendo tutte le
artificiose barriere entro le quali era stata rinchiusa.
Come solista e in gruppi da camera Alexander Ivashkin ha suonato in più di trenta Paesi. E’
ospite fisso di molti importanti festival in Europa, Stati Uniti, Giappone, Australia e Nuova
Zelanda; appare di frequente come solista con le orchestre più prestigiose. Alexander Ivashkin è
dedicatario e primo esecutore di molte opere di grandi compositori contemporanei: assieme a M.
Rostropovich e a N. Gutman è il violoncellista per cui ha scritto Alfred Schnittke. I suoi dischi per
le etichette Chandos, BMG e Naxos, dedicati all’opera completa per violoncello di Prokofiev,
Shostakovich e Schnittke hanno vinto i più importanti premi della critica internazionale. E’
attualmente Professore di Musica e Direttore degli Studi sull’Esecuzione all’Università di Londra,
ed è direttore artistico dell’Adam International Cello Festival & Competition. Alexander Ivashkin
suona su un Giuseppe Guarneri del 1710.
AAAATAAAA
Alfred Schnittke: Un uomo preso in mezzo
di Alexander Ivashkin
Alfred Schnittke morì ad Amburgo il 3 agosto 1998 in seguito al quinto di una serie di ictus
che avevano iniziato ad affliggerlo sin dal 1985. Le onoranze funebri, celebrate a Mosca il 10 agosto, videro la partecipazione di migliaia di persone, accorse per onorare il più grande compositore russo dai tempi di Shostakovich. La stampa parlò “dell’ultimo Genio del ventesimo secolo”
ed un tardivo riconoscimento arrivò anche dall’establishment...
Schnittke segna probabilmente il punto d’arrivo di un grande percorso che porta da Mahler
a Shostakovich, amplificando tutti i contrasti ed esplicitando le forti ambivalenze della loro musica, trascinando la potente tradizione post-romantica verso gli estremi assoluti del tardo ventesimo secolo, il nostro fin-du-siecle.
1
A man in between nel testo originale inglese.
31 B
Epilogo
Questo brano è la trascrizione per violoncello, pianoforte e coro (su nastro magnetico) fatta
dallo stesso Schnittke (1992) della scena finale del balletto Peer Gynt (1986) e dedicata a Mstislav
Rostropovitch e Irina Schnittke, che furono anche i protagonisti della prima esecuzione (Evian,
25 maggio 1993). Nel balletto, l’Epilogo getta nuova luce sugli avvenimenti della vita di Peer Gynt,
da lui rivisitati nel ricordo. Il continuo, “eterno” accordo in re maggiore tenuto dal coro nella
registrazione su nastro crea un sottofondo mistico e surreale, una sorta di “quarta dimensione”
per i principali temi del balletto che qui si susseguono e si sovrappongono in modo del tutto inatteso. L’Epilogo si conclude con una salita ad altezze indefinite, i cui “gradini” – una fila di armonici sopracuti – si dissolvono gradualmente nello splendente accordo finale in re maggiore.
(trad. a cura di Sandro Fossi)
AAAATAAAA
F 32
“ …Il tema della mia Quinta sinfonia è l’evoluzione di un uomo. Vidi l’uomo con
tutte le sue esperienze al centro della composizione, che è di forma lirica dall’inizio alla
fine. Nel finale gli impulsi tragici e pieni di tensione dei movimenti precedenti vengono
risolti con ottimismo e gioia di vivere…”
Dmitri Shostakovich, 1937
“…Penso che debba essere chiaro a tutti che cosa accade nella Quinta…è come se
qualcuno ti stesse bastonando dicendo <E’ tuo dovere celebrare, è tuo dovere celebrare>,
e tu ti alzi, tremante, e te ne vai mormorando ”E’ mio dovere celebrare, è mio dovere
celebrare…”
Dmitri Shostakovich, 1974
“…Erano per lo più giovani musicisti quelli che all’inizio si erano uniti per collaborare, tutti con lo stesso entusiasmo e con pari autorità. Andate a rivedere il primo volume
della rivista: la lieta ed energica vitalità che vi si trova ci commuove ancora oggi; ci sono stati
anche degli errori, ma ciò è naturale in tutte le iniziative giovanili. Ciascuno contribuiva
con ciò che aveva. La materia sembrava allora infinita; tutti eravamo consapevoli della
nobiltà della nostra aspirazione; anche chi era titubante veniva trascinato dall’entusiasmo
collettivo; si trattava di erigere statue di nuovi dei, abbattere gli idoli stranieri; si lavorava
giorno e notte. Ciascuno vedeva come magnifica meta della propria aspirazione l’ideale di
una grande confraternita artistica il cui scopo primo fosse quello di esaltare la più profonda arte. Ed essendo la nostra rivista nata in un momento e in circostanze favorevoli – un po’
perché si cominciava ad essere stufi del passo di lumaca con cui procedeva la vecchia critica
musicale, un po’ perché stavano effettivamente sorgendo nuovi astri nel cielo musicale, e
perché il caso aveva voluto riunire numerosi giovani musicisti animati dalle stesse idee – per
tutti questi motivi il nostro foglio si è rapidamente affermato e diffuso in tutte le regioni.”
Robert Schumann
33 B
Sabato 18 Aprile 2002, ore 21.00
AULA MAGNA DEL SEMINARIO DI FIESOLE
Piazza Mino da Fiesole n°1
J. J. Froberger
Lamento in Mi bem. magg.
(dalla Suite n°12 per clavicembalo)
J. K. Mertz
Elegia
ANDREA LANZA
Chitarra
J. Turina
Fandanguillo
M. de Falla
F 34
Homenaje pour le tombeau de Claude Debussy
R. Gerhard
Fantasia
AAAATAAAA
B. Britten
Nocturnal after John Dowland
A. Gilardino
dagli Studi di virtuosità e tracendenza
Elogio di un albatro (Omaggio a G. F. Ghedini)
El Rosario (Omaggio a M. de Falla)
Embarquement pour Cithere (Omaggio a J. A. Watteau)
Passacaglia (Omaggio a O. Respighi)
Il Valore Dell’Opera
In dialogo con Angelo Gilardino
F 36
Nato a Torino nel 1969, Andrea Lanza si è diplomato con il massimo dei voti al
Conservatorio "A. Vivaldi" di Alessandria sotto la guida del chitarrista e compositore
Angelo Gilardino con il quale ha conseguito successivamente il diploma di perfezionamento presso l'Accademia Internazionale "L. Perosi" di Biella. Segue i corsi annuali internazionali di perfezionamento tenuti dal maestro Angelo Gilardino. Partecipa inoltre ad altri
corsi internazionali di perfezionamento tecnico e interpretativo con celebri maestri, fra i
quali David Russel, e ha seguito dei corsi di specializzazione sulla musica barocca con
Tillman Hoppstock e sull'improvvisazione con il chitarrista compositore Dusan
Bogdanovic.
Risulta vincitore di diversi premi nazionali e internazionali. Comincia la carriera concertistica nel 1992, sia come solista sia in formazioni cameristiche. Invitato da numerose
associazioni, è impegnato in un'attività concertistica che lo vede suonare spesso in importanti festival.
AAAATAAAA
La giraffa ha il cuore
lontano dai pensieri
si è innamorata ieri
e ancora non lo sa.
Stefano Benni
“…Penso che l’ultimo approdo dell’anima sia un luogo con un suono, e questo pensiero mi tiene occupato in continuazione. Si lavora, ma si pensa sempre a quello. Non c’è
altro”. Non c’è altro, e c’è tutto Gilardino, in queste parole. C’è la sua musica e il suo pensiero: pensiero che si fa musica, pensiero che non è se non tensione assoluta verso la forma
musicale e che solo in essa si acquieta, si fa luogo di composizioni, trova l’ ”ultimo”, forse
il solo possibile, “approdo dell’anima”. Sì, perché se devo indicare un tratto essenziale e
decisivo dell’esperienza artistica di Angelo Gilardino, questo direi: la sua è autentica alchimia della conoscenza, è trasformazione in pura musicalità di tutti quei materiali ancora
spuri e non sufficientemente decantati che sono, non meno che le nostre passioni, le nostre
idee. Era piena di libri la casa di Angelo, quando lo conobbi nell’agosto del 1962. Io, studente liceale, trovai in lui, di soli due anni maggiore, la guida che con mano straordinariamente sicura mi introdusse nel labirinto della grande cultura novecentesca: Joyce, Mann,
Musil, Kafka, erano i “suoi” (i “nostri”, vorrei aggiungere) autori, che leggevamo come
fosse in gioco, né più né meno, la vita e il suo senso…[…].
Né posso fare a meno di rilevare come per questa sua strada Gilardino raggiunga una
prospettiva che è singolarmente in sintonia con gli esiti più significativi e più problematici
dell’estetica contemporanea. […].
Che cosa ci dice, infatti, il suo progetto, se non che un suono, un accento, una modulazione stilistica, sono il luogo stesso della verità e dell’anima, le quali non si trovano a casa
propria se non su quella soglia estrema?…”
Sergio Givone
37 B
Venerdì 24 Maggio 2002, ore 21.00
BADIA FIESOLANA
LORENZO FALCONI
“Bisconcertante” per flauto e chitarra
LUCIANO ALBERTI
Voce recitante
MARTINA MATTIOLI
Chitarra
CLAUDIA BUCCHINI
Flauto
PINO TEDESCHI
EMANUELE PACIFICI
Violini
LORENZO FALCONI
Viola
ANTONINO PULIAFITO
Violoncello
GIUSEPPE DI MARTINO
Contrabbasso
Via dei Roccettini n.11
Mario Castelnuovo-Tedesco
Platero y yo op.190 per narratore e chitarra
Platero
El loco
Angelus
El pozo
La Primavera
La luna
Ronsard
La Muerte
Melancolia
A Platero en el cielo de Moguer
Salvatore Sciarrino
Quartetto n° 2 per archi
AAAATAAAA
Angelo Gilardino
“La casa delle ombre”
Concerto per flauto, chitarra e archi
(riduzione per flauto, chitarra e quintetto d’archi)
Andante
Scherzo (Allegretto)
Ninna nanna (Adagio)
Passacaglia (Grave)
Per studiare composizione e per esercitare il mestiere di compositore in Italia bisogna
“Sono un malato, sono un malvagio […].”
Fedor Dostoeevskij
anzitutto pianare. Non siete un Casella, un Castelnuovo-Tedesco, cioè un compositore che
suona il pianoforte? E come farete mai, o benedetti figlioli, a leggere le partiture? Wagner,
Berlioz, l’orecchio assoluto, l’audizione interiore? Strade impervie, malsicure: meglio pianare. Ecco di scena il florido, pasciuto pianaio Gian Giaggiolo, membro di una conta e stu-
“In verità due vite non bastano per fare ciò che si desidera.”
Piotr Il’ic Tchaikovsky
diosa giuria della quale lui, il radioso e piroettante pestaio, è il centravanti: ex bimbo prodigio solista, ora crasso e salivante, nonché vagamente apoplettico, maturo accompagnatore di solisti, risucchia tutte le “c”, aspirandole in ringhiose, melodiche “h” – che diamine,
“22 settembre. Nulla.”
Dai Diari di Franz Kafka, 1917
non è l’italiano la lingua dei pianisti come dei fiaccherai? - e, accertatosi di avere su di sé
la smarrita attenzione dei tre chitarristi che hanno appena eseguito un pezzo composto da
un altro chitarrista, procede alla decapitazione dell’autore (che, inutile a dirsi, non è pre-
F 40
sente). “O perché non homponi tu un pezzo per tre hitarre?”, domanda scodinzolante al
“In Beethoven tutto può diventare tutto, perché non <è>; nel romanticismo tutto può
rappresentare tutto, perché si individua.”
Theodor W. Adorno
compositore “vero” - quindi un po’ pianottato pure lui - che sta in giuria nel ruolo silenzioso del difensore sulla fascia destra, e che risponde esibendo i denti in un rictus di ardua,
pregevole fattura pitecantropica - ‘Sti hitaristi he hompongono a me mi fanno ridere - e
difatti si produce in una risata grondante, quattro crome in anacrusi che cadono su una
minima, il tutto ripetuto tre volte (il massimo concesso dai manuali all’uso della progressione) e posa giungendo dinanzi al plesso solare le due candide, solari giovenche che da
decenni affermano la sua gloria agli occhi del mondo. I tre se ne vanno mogi. Ma lo zelo
dello stagionato pastorello è senza limiti: li rincorre, trabocca, li rincuora, promette, fa
capire che con un genio come il suo si potrebbe anche giungere a riattaccare la testa e il
“Come mette i brividi leggere che Cristo, il Maestro dell’amore, è tradito con…un
bacio.”
Soeren Kierkegaard
“Mio Robert,
non ne posso più dalla nostalgia, devi sapere ancora una volta che penso sempre a te.
Sono così triste che non ce la faccio più.”
Clara a Robert, 24 luglio 1838
tronco del compositore decollato (non si sa mai, di questi tempi infidi un chitarrista che
compone potrebbe pure dirigere un festival o far parte di una commissione che elargisce
“Muss es sein? Es muss sein!”
Ludwig Van Beethoven
finanziamenti). Resta ai tre sconfitti il rammarico per il premio mancato che va, ovviamente, a un trio con pianoforte che ha eseguito musiche di un pianista.
“La Legge è uguale per tutti.
…Farabutti!”
Angelo Gilardino
Giorgio Caproni
41 B
22 Giugno 2002, ore 21.00
AULA MAGNA DELL’UNIVERSITÀ DI FIRENZE
Piazza San Marco, 1
Franz Schubert
Sonata D537 Op. Post.164 in La min.
Allegro ma non troppo
Allegretto quasi andantino
Allegro Vivace
Ludwig Van Beethoven
PIER NARCISO MASI
Pianoforte
Sonata op.27 n.2 in Do# min. “Al Chiaro di Luna” Adagio sostenuto
Allegretto
Presto
AAAATAAAA
Ludwig Van Beethoven
Sonata op.57 in Fa min. “Appassionata”
Allegro Assai
Andante con moto
Allegro ma non troppo
AAAATAAAA
Pier Narciso Masi è considerato oggi uno dei più autorevoli pianisti sia come solista, sia nel campo della musica da camera.
Vincitore di importanti premi internazionali ha al suo attivo una lunga, felice carriera svolta in ogni parte del mondo attraverso recital, collaborazioni con gruppi da
camera di livello internazionale e con grandi orchestra sinfoniche e da camera.
La sua formazione ebbe quali principali maestri Carlo Zecchi, Guido Agosti, Edwin
Fischer.
Richiestissimo docente tiene regolarmente corsi di pianoforte e di musica da camera
presso le più prestigiose Accademie di perfezionamento italiane e straniere.
F 44
Dio, la luna!
Dio, la luna!
Dio, che luna:
fra cipresso e cipresso
dalla punta di Montalbano.
E io a vederla dalla finestra
del mio monastero
di mille anni!
Una luna mai vista!
monaci si affacciano al poggiolo:
monaci di mille anni, guardate!
Dio mai si ripete
le cose sono sempre nuove:
nuova è la luce, nuova
la notte, il giorno
questo giorno
mai vissuto sulla terra!
Questa non è una luna,
è un globo di luce
portato da invisibili
mani di angeli
in un cielo
da riempire di grida e di canti […].
David Maria Turoldo
“Carissimo papà,
non so scrivere in modo poetico: non sono un poeta. Non so distribuire le frasi con
tanta arte da far loro gettare ombre e luci: non sono un pittore. Non so neppure esprimere i miei sentimenti e i miei pensieri con i gesti e con la pantomima: non sono un ballerino. Ma posso farlo con i suoni: sono un musicista. […].”
Wolfgang Amadeus Mozart
“Anche se l’autunno ci ricorda il tramonto, tuttavia è esso la stagione più bella.
Quando anche per me verrà il momento del tramonto, vorrei qualcuno che mi amasse come
io ho amato l’autunno.”
Sören Kierkegaard
Scrivere Il Curriculum
Che cos’è necessario?
E’ necessario scrivere una domanda
e alla domanda allegare il curriculum.
A prescindere da quanto si è vissuto
e bene che il curriculum sia breve.
E’ d’obbligo concisione e selezione dei fatti.
Cambiare paesaggi in indirizzi
e malcerti ricordi in date fisse.
Di tutti gli amori basta quello coniugali,
e dei bambini solo quelli nati.
Conta di più chi ti conosce di chi conosci tu.
I viaggi solo se all’estero.
L’appartenenza a un che, ma senza un perché.
Onorificenze senza motivazioni.
Scrivi come se non parlassi mai con te stesso
e ti evitassi.
Sorvola sui cani, gatti e uccelli,
cianfrusaglie del passato, amici e sogni.
Meglio il prezzo che il valore
e il titolo che il contenuto.
Meglio il numero di scarpa, che non dove va
eolui per cui ti scambiano.
Aggiungi una foto con l’orecchio in vista.
E’ la sua forma che conta, non ciò che sente.
Cosa si sente?
Il fragore delle macchine che tritano la carta.
45 B
Wislawa Szymborska
“…Andai da Schumann per il suo compleanno (l’8 Giugno). Lo trovai stranamente cambiato dall’ultima volta, così, all’improvviso. Poi la signora Clara tornò dall’Inghilterra. […]
. Schumann era sempre a letto, non prendeva più nulla se non qualche cucchiaio di vino e
di gelatina di frutta. Ma in quei giorni il tormento della Signora Clara era tale che sabato
sera le dovetti proporre di tornare laggiù ancora una volta per vederlo.
Ora e sempre ringrazio Dio che lo abbiamo fatto, è assolutamente necessario per la sua
tranquillità di spirito. […]. Credo che non assisterò mai più a qualcosa di tanto commovente come l’incontro di Robert e Clara.
Dapprima egli rimase a lungo con gli occhi chiusi e lei stava in ginocchio davanti a lui, più
calma di quanto si sarebbe creduto possibile. Ma poi egli la riconobbe, e anche il giorno
seguente. Una volta mostrò chiaramente il desiderio di abbracciarla e abbozzò il gesto con
un braccio. Già da tempo non poteva più parlare, si potevano capire solo singole parole (o
forse ci si voleva piuttosto immaginare di capirle). E bastava questo per renderla felice.
Spesse volte rifiutava il vino che gli veniva porto, qualche volta lo succhiava avidamente e a
lungo dal suo dito e con tale ardore che si capiva con certezza che conosceva il dito. Martedì
a mezzogiorno Joachim da Heidelberg, il che ci trattenne un po’ più a lungo a Bonn, altrimenti saremmo arrivati prima che spirasse, così arrivammo una mezz’ora dopo. Mi avvenne come a te quando l’hai letto; avremmo dovuto tirare un sospiro di sollievo per la sua
liberazione, e non potevamo crederlo. Era spirato molto dolcemente, tanto che quasi non
ci se n’era accorti. Poi, da morto, appariva in pace e ciò fu di grande sollievo. Nessuna
donna l’avrebbe potuto sopportare più a lungo.
Giovedì sera è stato inumato. Io precedevo la bara con la corona, Joachim e Dietrich mi
accompagnavano, i membri di una società corale portavano la bara, si suonò e si cantò.”
J. Brahms
47 B
Bibliografia
Pag. 7
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D.M. Turoldo, O sensi miei… Poesie 1948-1988¸ BUR 2000
Il cielo ha versato una lacrima: Robert e Clara Schumann, lettere 1832-1840, a c. di C. De
Incontrera, Ed. Teatro Comunale di Monfalcone 1998
Pag. 10
E. L. Manner, Sulla punta delle dita, poesie dal 1956 al 1977, Filema 2001
H. L. De la Grange, Il suono degli spazi infiniti, Amadeus n°35¸ De Agostini- Rizzoli
Periodici, 1992
Pag. 11
F. Kafka, Lettere a Milena, Mondadori 1999
R. Schumann, Gli scritti critici, Ricordi – Unicopli, 1991
Il cielo ha versato una lacrima…, op.cit
F 48
Pag.14
F. Schubert, Notte e Sogni, a c. di L. Della Croce, Akademos & Lim 1996
A. Orlova, _ajkovskij, un autoritratto, EDT 1993
G. Caproni, Tutte le poesie, op.cit.
Pag.15
F. Kafka, Lettere a Milena, op.cit.
F. Schubert, Notte e Sogni, op.cit.
Pag.18
E. Balducci, Francesco d’Assisi, Edizioni Cultura della Pace 1989
Pag.19
E Balducci, Il Vangelo della Pace, Vol. 2 Anno B, Boria 1987
Pag.20
E. Balducci, Il sogno di una cosa, dal villaggio all’età planetaria, ECP 1993
Pag.21
E. Balducci, in Testimonianze, n°2 Febbraio 1992
E. Balducci, L’Altro, ECP 1996
Pag.22
E. Balducci, Il Tempo di Dio, ECP 1996
Pag.23
W. Szymborska, Vista con granello di sabbia, Adelphi 1998
Pag.33
A. Huth, D. Shotakovich, Le Sinfonie, dal libretto del cofanetto DECCA 444 430-2
R. Schumann, Gli scritti critici, op.cit.
Pag. 36
S. Benni, Prima o poi l’amore arriva, Feltrinelli 1981
Pag. 37
AA.VV., Angelo Gilardino, l’anima esacorde, Edizioni Zeisciu 2001
Pag.41
F. Dostoevskij, Memorie dal sottosuolo, Mondadori 1987
F. Kafka, Diari, Mondadori 1988
A. Orlova, _ajkovskij, un autoritratto, op.cit.
G. Caproni, Tutte le poesie, op.cit.
T.W.Adorno, Beethoven, Einaudi 2001
S. Kierkegaard, Diario, op.cit.
Il cielo ha versato una lacrima…, op.cit
Pag. 44
D. M. Turoldo, O sensi miei…, op.cit
W.A.Mozart, Lettere, Ugo Guanda Editore 1981
Pag.45
S. Kierkegaard, Diario, Morcelliana 1963
W. Szymborska, Vista con granello di sabbia, op.cit.
Pag.47
Johannes Brahms, Lettere, a cura di Hans Gal, Discanto Edizioni 1985
Pag.51
W. Hildesheimer, Mozart, BUR-Amadeus 1997
Pag.52
A.Poggi – E.Vallora, Brahms, signori il catalogo è questo!, Einaudi 1997
49 B
LAVORAZIONE ARTIGIANA DI MARMI - GRANITI - PIETRE
www.marmistinfiesole.it
Laboratorio
Centro Artigiano “La Maddalena”
Via Faentina - 50010 Caldine
Tel/Fax 055 540405
UNA REALTÀ APERTA
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www.pvm.it
Tel. 055541290
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