I GIOCHI PSICOLOGICI: “ESERCITAZIONI ESPERIENZIALI” Cosa sono i giochi psicologici? MODALITA’ DIDATTICA che utilizza l’ESPERIENZA DIRETTA dei partecipanti come PARTE FONDAMENTALE DELL’APPRENDIMENTO. Condizioni affinché i giochi psicologici siano efficaci a. L’analogia è un elemento costituente il gioco psicologico, in quanto permette la trasmissione di un messaggio simbolico per via indiretta. L’analogia fa sentire qualcosa che poi deve trovare una connessione con il logico, essa non esiste in sé, ma nella tensione che si crea tra l’analogico e il logico. Perché la formazione sia efficace, è cruciale il ruolo del conduttore che faciliterà il legame tra logico ed analogico facendo così da ponte e restituendo un senso al gioco. Solo così il gioco farà cogliere ai partecipanti un sentimento di realtà, farà scoprire loro delle parti di sé, insomma si può esplicare nella sua valenza costruttiva. Nel caso in cui questo non avvenga, si cadrà nel grottesco, ossia non si avrà una valenza costruttiva ma un celare di significati. b. La simulazione, come accennato, si basa sul “far finta di” e tende a prendere contatti progressivi con la realtà per renderla così padroneggiabile. Da un lato quindi deve rimanere situazione artificiale ma portando degli elementi di realtà, in maniera tale da portare alla considerazione “se qui è così anche là forse potrebbe essere così”. Il conduttore partecipa all’efficacia della formazione permettendo un’utilizzazione ottimale della simulazione. Affinché il gioco abbia una validità tecnica il conduttore deve considerare alcuni aspetti della situazione simulata, per poter raggiungere un livello di sensazione ottimale di realtà: - La distanza/vicinanza psicologica della situazione simulante rispetto alla situazione simulata (realtà dell’organizzazione). - La limitatezza e/o ampiezza psicologica nello spazio e nel tempo c. Altro aspetto fondamentale per l’efficacia del gioco (attraverso l’utilizzazione ottimale della simulazione) è che il trainer(conduttore) snodi le situazioni in cui il gruppo per difendersi blocca il processo o sullo strumento o sull’elaborazione, non evitando tali passaggi ma favorendo la consapevolezza (uno degli scopi dei giochi psicologici). In particolare deve considerare una serie di aspetti più tecnici che siano coerenti tra loro: • Validità del gioco in rapporto al gruppo e al programma di formazione, il gioco infatti deve rispondere ad obiettivi di un progetto formativo più ampio. • La comprensione dello strumento (obiettivi, scopi, modalità, materiale, tecniche etc..); • Il livello del gruppo (maturità/cultura rispetto ad esperienze didattiche). d. le regole, dettate dagli elementi che costituiscono il gioco stesso (obiettivi, fase del gruppo, dimensione gruppo, durata etc..) e dalle modalità di svolgimento. Le regole contribuiscono, insieme alla simulazione, ad abbassare le difese dei partecipanti permettono loro di dedicarsi completamente alla sperimentazione e all’esplorazione dell’esperienza. Esse sono contemporaneamente repressive ed espressive, ed è solo grazie alla loro presenza che si può giocare. Tre tipologie di comportamenti Secondo Castagna (2001) possiamo distinguere i comportamenti in 3 macro-categorie: 1. Comportamenti agiti dalla persona, ma non per lei particolarmente significativi. Ad esempio acquisiti per imitazione di colleghi più anziani e quindi non collegati ad atteggiamenti profondi, né ad esigenze psicologiche radicate, né a bisogni interni. In merito a tali comportamenti la formazione sicuramente può modificare tali comportamenti e, con le dovute metodologie didattiche, insegnarne di nuovi e di più efficaci. Tre tipologie di comportamenti 2. Comportamenti abituali che, non sono particolarmente significativi per l’individuo, ma essendo praticati dallo stesso da molto tempo sono consolidati. Qui la formazione, agendo, otterrà risultati nettamente inferiori rispetto ai comportamenti su citati. Infatti un lavoro mirato a comportamenti divenuti ormai automatizzati, richiede più tempo e complessità Tre tipologie di comportamenti 3. Alla terza macro-categoria appartengono quei comportamenti importanti e significativi per la persona, in quanto sono psicologicamente legati a bisogni interni individuali, ad atteggiamenti e convinzioni profonde. In quest’ultimo caso la formazione può fare poco in quanto tali comportamenti, possono diventare territorio della psicoterapia che ha tempi ben più lunghi per approfondire e setting decisamente diversi. La formazione modifica i comportamenti? È importante un’analisi preliminare all’intervento formativo in quanto uno stesso comportamento può avere una valenza diversa a seconda della modalità in cui si presenta nell’individuo. Facciamo un esempio con il comportamento collaborativo. La formazione modifica i comportamenti? Delle persone che hanno lavorato in proprio per un paio di anni e hanno sempre fatto il lavoro da sé, nel momento in cui si trovano a lavorare insieme in un’azienda possono essere restii nel collaborare, non in quanto prevaricatori, ma perché hanno assunto tale atteggiamento nell’esperienza maturata. Se tali persone, dopo un paio di anni che hanno assunto il nuovo ruolo in azienda, partecipano ad un corso di formazione teso a fornire loro i vantaggi della collaborazione e delle modalità efficaci per attuarla, è molto probabile che ottengano ottimi risultati. Se tale corso lo facessimo alle stesse persone, però dopo un periodo ben più lungo di assunzione in azienda (ad esempio dopo 15 anni), molto probabilmente i risultati inerenti al comportamento di collaborazione sarebbero nettamente inferiori. In questa situazione per avere un discreto successo formativo, si dovrebbe stimare e prevedere un notevole sforzo in termini di tempo, e comunque la situazione sarebbe diversa. Ancora meno risultati si avrebbero nel caso in cui le persone a cui il corso è diretto avessero (ad esempio) un’intima e profonda convinzione di essere i migliori e gli unici a svolgere in maniera efficace tale ruolo. Essendo una convinzione radicata della persona, un intervento formativo potrebbe fare poco visto le tempistiche e il setting in cui si svolge. Oltre alla modificazione di comportamenti, l’intervento formativo è altrettanto utile per l’acquisizione di nuovi comportamenti. Il cervello umano è plastico. La Formazione è l’acquisizione di nuovi comportamenti I comportamenti insegnati dal formatore saranno tanto più efficaci se coerenti con gli atteggiamenti, valori, principi ed emozioni dei partecipanti. Se i nuovi comportamenti sono dissonanti a tali aspetti della persona, il formatore troverà resistenze, distorsioni percettive ed interpretative e quindi la probabilità di un’effettiva applicazione e trasferimento nella pratica lavorativa saranno molto basse o addirittura nulle. La necessità di un’analisi preliminare all’intervento formativo Secondo Righi (1997) i giochi psicologici rappresentano delle esercitazioni esperienziali che consentono un “allenamento alla vita”. Ossia permettono di sperimentare, in una situazione protetta, le difficoltà e le possibilità delle relazioni esistenti tra individuo e le varie situazioni nelle quali si può trovare (in particolare l’organizzazione lavorativa). In particolare, l’esistenza di un rapporto tra noi e la nostra società può suscitare desideri e paure che ci portano ad assumere determinati comportamenti. Questi possono essere analizzati, riuscendo a prendere distanza psicologica dal rapporto stesso, per poi “rientrarci” con maggiore consapevolezza. Questo è un grande vantaggio dei giochi psicologici, in quanto permettono la sperimentazione, anche di paure, senza rischi o comunque rischi controllabili. A questa categoria di giochi appartengono tutti gli “stimoli” strutturati che coinvolgono in modo, più o meno elevato la dimensione soggettiva della persona che gioca. Infatti l’azione che prevedono tali tipi di giochi è il “giocar-si” non il giocare, proprio perché prevedono lo stimolare la parti soggettive della persona e il mettere se stessi all’interno del gioco stesso. A livello formativo i giochi si praticano in gruppo e verranno utilizzati stimoli diversi a seconda che lo scopo sia più centrato sugli atteggiamenti o sui comportamenti. L’apprendimento attraverso i giochi è di due livelli: • Individuale, • l’individuo nella collettività, rispetto a come si sente (atteggiamento), ma anche rispetto a cosa fa (comportamento) da solo e con gli altri. In base all’obiettivo che ha la formazione si utilizzeranno determinati stimoli. Dimensione individuale rispetto al sentire: giocar-si • Giochi di atteggiamento sono dei giochi che psicologici hanno come focus l’individuo e il suo mondo interiore all’interno dell’organizzazione. Lo scopo è migliorare l’atteggiamento (+ sentire) verso la dimensione micro individuale: chi sono io (identità); chi voglio essere (motivazione); chi posso essere (potere). I giochi psicologici che possono essere usati vanno dalla dimensione introspettiva alla dimensione del piccolo gruppo come giochi psicointrospettivi e relazionali (es. comunicazione, percezioni etc..). Gli stimoli dei giochi consentono al partecipante di aumentare la consapevolezza tramite un’analisi dei propri bisogni, motivazioni e atteggiamenti. Esempi di giochi di atteggiamento • Percezione: Sherlock (la prima impressione), l’impressione..etc • Creatività: Il cammino, come risolvere..etc • Negoziazione/conflitto: l’eredità, facciamo 13..etc • Rischio (esperienze di rischio che fanno emergere l’aiuto): Esperienze..etc • Comunicazione psicologica: feedback..etc • Ansia: Questionario 5 A (gestione ansia) Dimensione individuale rispetto al fare • Giochi di ruolo sono giochi che si focalizzano sull’individuo (io) e il suo ruolo professionale, mettendo in evidenza le problematiche connesse al comportamento operativo di ruolo. Si basano su tali aspetti: “cosa faccio” (identità), “cosa voglio fare” (motivazione) e “cosa posso fare” (potere). I giochi utilizzati sono, quindi, di tipo organizzativo, centrati sul ruolo, con specifico riferimento a ciò che si fa (comportamento). Lo scopo è quello di migliorare il comportamento di ruolo all’interno del proprio microsistema. Gli stimoli sono giochi di allenamento a valenza addestrativa (casi, esercizi, role playing etc..) che portino ad una consapevolezza dell’individuo in merito ad aspetti che possono essere collegati alla modalità di comunicazione interpersonale, allo stile di leadership ecc.. Esempi di giochi di Ruolo • Ruolo: scelta di un colore (conflitto tra le richieste del proprio ruolo organizzativo e le tendenze personali)..etc • Lavoro di gruppo: relazione interpersonali (es. relazione intersettoriale: sviluppare una comunicazione efficace a partire dalle relazioni intersettoriali reali). • Motivazione: analisi delle motivazioni (individuali, del piccolo gruppo, plenaria) • L’integrazione: la relazione d’aiuto (spesso viene utilizzata per preparare i partecipanti al “ritorno a casa” fornendo loro un’esperienza di relazione d’aiuto analizzandola e rilevando i vantaggi di chiedere aiuto nella risoluzione del problema, così come le modalità che emergono nel farlo) etc.. • Leadership: I fattori personali di successo per un capo-leader (si traccia un profilo di come è il leader e di come dovrebbe essere, si parte dalle esperienze soggettive fino ad arrivare all’espressione di esperienze comuni) etc.. Dimensione dell’individuo nella collettività rispetto al sentire nell’organizzazione • I Giochi macro-organizzativiconsiderano un sé collettivo e pongono l’attenzione su tali aspetti: “come sto con gli altri”, “che valori ci sono”, “che tipo di cultura”, infatti mirano ad una maggiore comprensione dell’organizzazione, del clima e della cultura all’interno del contesto lavorativo. Il focus è il benessere sociale (integrazione soft). I giochi psicologici utilizzati sono di tipo organizzativo auto-etero-centrati in termini soggettivi poiché lo scopo è migliorare l’atteggiamento, il sentire, verso la dimensione macro-organizzativa. Tali giochi psicologici consentiranno l’esplorazione dei rapporti tra sé e l’organizzazione, tentando di identificare come si percepisce e comprende il clima organizzativo, i valori e la cultura. Esempi di Giochi macroorganizzativi • Diagnosi: Check-up organizzativo etc.. (rilevare i fattori centrali dell’organizzazione); • Cultura e clima: Aforismi (diagnosi del clima organizzativo attraverso una modalità originale quale quella dell’uso dei proverbi. I partecipanti devono indicare i proverbi più vicini alla descrizione del clima organizzativo attuale) etc.. • Bisogni organizzativi: I bisogni individuali/organizzativi (analisi dei bisogni individuali e dell’azienda, correlazione e spunto per migliorare l’azione organizzativa) etc..; • Valori: I valori vincenti e l’immagine (mettere in relazione il processo autorealizzativo personale con quello professionale attuale, in modo da capire meglio il proprio ruolo agito nell’azienda e dirigere in modo più consapevole il processo di realizzazione). • Comunicazione organizzativa: Limonata (permette di esplorare l’impatto che hanno i leader quando prendono decisioni nel gruppo, gli effetti che hanno le comunicazioni nascoste e verificare una situazione di comunicazione con più ruoli coinvolti) etc.. Dimensione dell’individuo nella collettività rispetto al fare nell’organizzazione • Giochi di metodo hanno una valenza maggiormente “addestrativa”, sono giochi di ricerca-intervento di tipo organizzativo centrati sulla dimensione macro. L’attenzione è posta sulla relazione io e gli altri, auto-etero oggettiva e gli aspetti trattati saranno di tipo tecnico: “cosa faccio con gli altri”, “quali meccanismi integrativi”, “quali risultati”, “quali metodi”. Attraverso l’uso, ad esempio, di problem solving, decision making, tecniche di riunione etc.., si vuole raggiungere un miglioramento del comportamento di ruolo all’interno e all’esterno del proprio sistema di appartenenza. Esempi di giochi di metodo • Comunicazione pubblica: Lo sviluppo (l’obiettivo è proporre una autovalutazione su aspetti chiave del parlare in pubblico; il conduttore specificherà che chi prepara un discorso lo fa in vista della soddisfazione di alcuni bisogni) etc..; • Comunicazione tecnica: Albatros (verificare la struttura progressiva di una rete di comunicazioni, scambi tra equipe concorrenti quando si trovano a cooperare forzatamente)etc..; • Uso tempo: Caccia al ladro (si ricercano i ladri del tempo, ossia tutti quei comportamenti che non sono né desiderati né utili ai fini degli obiettivi da raggiungere) etc..; • Problem solving: Stanza 703 (uno degli scopi è esplorare gli effetti che hanno competizione e/o collaborazione nella risoluzione di problemi di gruppo) etc..; • Decision making: Selezione (analizzare le modalità in cui i partecipanti prendono la decisione, proporre e sperimentare il metodo di presa di decisione) etc..; Il Gioco: NASA È un gioco di metodo dove l’attenzione è posta sulla relazione io e gli altri, “cosa faccio con gli altri”, “quali metodi”. In particolare tale esercizio esperienzale si baserà sulla presa di decisione in gruppo, nel quale si adotterà il “metodo” del consenso, infatti gli oggetti da portare con sé per la sopravvivenza dovranno essere accettati da tutti per entrare a far parte della graduatoria finale. OBIETTIVI E ASPETTI SIGNIFICATIVI Confrontarsi con la dinamica della presa di decisione nel gruppo Verificare che il processo decisionale nel gruppo necessita di: - comunicare efficacemente (tutti possono con fiducia reciproca esprimersi) - ascoltare le opinioni ed i contributi di tutti i membri • - non fermarsi alle prime ipotesi ma andare avanti per cercare soluzioni soddisfacenti • - scegliere ciò che meglio riesce ad esprimere il bisogno di ciascun membro del gruppo • - individuare corrette modalità per la presa di decisioni - non fermarsi alle prime ipotesi ma andare avanti per cercare soluzioni soddisfacenti - scegliere ciò che meglio riesce ad esprimere il bisogno di ciascun membro del gruppo - individuare corrette modalità per la presa di decisioni MATERIALE OCCORRENTE • Copia delle Istruzioni del gioco”; per ciascun partecipante, in allegato a seguito • Modulo di decisione per ciascun gruppo, in allegato a seguito. PROCEDURE Il conduttore consegna la parte delle ”Istruzioni del Gioco Nasa”. Legge quindi il testo in cui è descritta la situazione nella quale bisogna immedesimarsi e le istruzioni per eseguire il compito ivi riportate. Assegna prima un tempo di circa 10 minuti per concentrarsi individualmente sul lavoro, nel corso del quale ciascun componente redige un elenco individuale degli oggetti da scegliere (di cui le istruzioni del gioco forniscono i dettagli). Il Gioco: L’Eredità È un gioco di atteggiamento dove il focus è “io e il mio mondo interiore”. Lo stimolo di tale gioco consente al partecipante di aumentare la consapevolezza tramite un’analisi dei propri bisogni, motivazioni e atteggiamenti. OBIETTIVI E ASPETTI SIGNIFICATIVI • Fare capire come in una specifica situazione conflittuale si possa ottenere il massimo risultato cercando di agire in termini negoziali e ricorrendo ad elementi oggettivi e ad abilità relazionale. • Può consentire delle considerazioni sulla capacità creativa, che nel caso specifico è identificabile nella costruzione delle “argomentazioni” capaci di influenzare ma anche di pensare a delle soluzioni utili e vantaggiose per tutti. PROCEDIMENTO Si presenta la situazione generale ai partecipanti socializzando i dati comuni, quindi si consegnano le istruzioni di ruolo, dopo averli definiti o a caso o a auto candidatura, arricchendole eventualmente con altre notizie. Si lascia un quarto d’ora per la preparazione e si fa quindi incontrare il gruppo in situazione acquario. Si consiglia di procedere al termine con un giro di feed back fornito dai partecipanti osservatori prima del commento dei trainer. Successivamente vengono formati dei sottogruppi composti da un minimo di 4 ad un massimo di 7 persone. Ciascuno di essi, in un tempo di circa 25 minuti, dovrà redigere un unico elenco degli oggetti secondo il “modulo di decisione”. Per farlo i componenti di ciascuna squadra discutono tra loro gli elenchi individuali precedentemente redatti. Il conduttore dichiara che esiste una soluzione al gioco (in allegato) con un elenco esatto, che sarà svelata alla conclusione del lavoro di gruppo. La conduzione del gioco può essere suddivisa in tre fasi: 1. Nella prima fase il conduttore presenta il gioco esplicitandone le regole e le modalità di svolgimento. 2. La seconda fase prevede lo svolgimento vero e proprio in cui vi è la partecipazione dinamica del gruppo che agisce in base alle regole ricevute. 3. La terza fase è costituita dal debriefing che è un momento di chiusura che prevede la discussione dell’esperienza. Chiaramente tutte le fasi del gioco sono fondamentali poiché l’una è costitutiva dell’altra, ma il debriefing è una parte molto significativa di tutte le attività esperenziali, in quanto permette ai partecipanti l’analisi e la comprensione dell’esperienza vissuta. Alla fine della simulazione è dovere del conduttore aprire una discussione in merito a ciò che è accaduto. Le domande stimolo hanno l’obiettivo di condurre i partecipanti attraverso tre livelli di riflessione: - l’autoriflessione sull’esperienza (“come mi sento ora”?); - focalizzazione sull’esperienza (i partecipanti vengono guidati alla lettura di ciò che è accaduto); - generalizzazione dell’esperienza ( è il momento in cui l’esperienza viene messa a confronto con il mondo reale, consentendo l’individuazione di modelli di comportamento, di possibili ampliamenti e applicazioni, delle conseguenze). In merito a ciò possiamo specificare infatti che il gioco non è mai solo uno spazio protetto in cui sfogarsi o mettere in atto la propria creatività, ma un modo di sperimentarsi che sviluppa competenze e analizza abilità e/o vissuti (a livello micro e/o macro) da applicare poi alla propria esperienza professionale. Gioco e formazione nel lavoro Perché scegliere un gioco psicologico? Attraverso la simulazione e l’analogia il gioco, in particolare quello psicologico, permette un allenamento alla vita in una situazione protetta. Questo però non si chiude in un circuito ludico fine a se stesso, ma lo riapre all’apprendimento. L’apertura del gioco all’apprendimento è data dal fatto che il partecipante investe delle parti proprie, soggettive (giocar-si) che si sperimenteranno e che quindi avranno senso anche dopo il gioco. In definitiva il giocare, l’illusione del reale, diventa un allenamento per agire meglio nel reale stesso. La simulazione è un diaframma tra due realtà: quella prima della simulazione e quella dopo, che cambia, nella percezione di chi ha giocato, per effetto dell’aumento di consapevolezza che si è determinato. Ogni gioco a seconda dello stimolo che lo costituisce fornirà una consapevolezza differente (in coerenza agli obiettivi e al progetto formativo). Quindi possiamo concludere che il gioco psicologico nella formazione viene scelto perché contribuisce ad un apprendimento di abilità ed atteggiamenti che si instaura gradualmente, toccando delle parti soggettive di sè, prima nascoste e poi rese consapevoli grazie alla giusta distanza tra situazione simulante e azione simulata. Il vantaggio di tale modalità formativa è che permette la sperimentazione di sé in un ambiente protetto (il gioco è perciò liberatorio) e l’acquisizione di conoscenze attraverso il collegamento, in fieri, tra il simbolico del gioco e il logico della realtà. Il gioco psicologico si può articolare secondo tre sensi: un senso didattico preliminare che è una sorta di conoscenza (di concetti); un senso-sapere che è fornito dalla sperimentazione (prassi con la realtà). E infine il senso-vissuto (senso utile al proprio sviluppo professionale). La capacità del soggetto di usare ciò che si è appreso genera un cambiamento che porterà all’applicazione di nuove modalità di relazionarsi e di atteggiarsi così come di comportarsi. • Bibliografia di riferimento: Castagna, M. (2001). Role Playing, autocasi ed esercitazione esperenziali. Come insegnare comportamenti interpersonali. Franco Angeli, Milano. Righi, U. (1997). Giocarsi. Giochi psicologici per la formazione. Celuc libri, Milano Spaltro, E. & Righi, U. (1980). Giochi psicologici. Celuc libri, Milano.