Il nome-Teoria dei Giochi- potrebbe far pensare a una parte della matematica in cui i ricercatori sono persone leggere e forse anche sfaticate, che si occupano di problemi poco rilevanti. Nulla di più sbagliato! Bastano due semplicissime osservazioni per convincersene. La prima. Chi passa più tempo a giocare? I bambini che, tra l’altro, lo fanno molto seriamente: sono attenti, concentrati, e difficilmente qualcosa li può distrarre, nemmeno il bisogno di mangiare o andare in bagno (con qualche arrabbiatura conseguente dei genitori). La seconda. Tutti o quasi gli avvenimenti più importanti proposti dalla televisione, a livello mondiale, sono riproduzioni di giochi. Tra gli avvenimenti più seguiti al mondo in diretta ci sono manifestazioni sportive, giochi per eccellenza. Il motivo per cui i bambini giocano così tanto e gli adulti si appassionano allo sport è lo stesso: il gioco è una rappresentazione simbolica molto efficace di quella che è la vita di ogni giorno di tutti gli esseri viventi. I bambini giocano con lo scopo di allenarsi per essere meglio preparati per il gioco della vita, il più importante di tutti. Una partita di calcio ci attira perché rappresenta un simbolo tangibile delle lotte che affrontiamo ogni giorno quando ci alziamo dal letto. E dunque la Teoria dei Giochi è una parte della matematica molto seria, che studia problemi reali, e che può aiutare ad affrontarli meglio. Voglio in queste poche righe presentare alcune delle applicazioni più recenti della teoria, senza soffermarmi su quelle più naturali e classiche, che sono quelle economiche. Del resto per capire quanto essa sia importante per l’economia, basta ricordare il notevole numero di Premi Nobel assegnati a teorici dei giochi, compreso quello di quest’anno. Il primo esempio che vorrei illustrare riguarda un’applicazione alla medicina. In particolare, a un problema connesso col trapianto dei reni. Sempre più persone necessitano di un rene nuovo, che può cambiare radicalmente la qualità della vita di un malato (un paio di giocatori americani hanno vinto il titolo NBA, il famoso anello, dopo aver subito un trapianto di rene). Per questo motivo i reni prelevati da cadaveri non bastano, e sono destinati, anche se le donazioni aumentassero, a coprire una percentuale sempre minore di necessità. D’altra parte si vive bene anche con un rene solo, e quindi è possibile ricevere il rene da un donatore vivente. Ecco che così si formano potenziali coppie paziente-donatore. Il problema sorge però quando essi sono incompatibili: questo succede spesso, e dipende da motivi biologici. Diventa quindi naturale pensare a scambi tra donatori: le coppie paziente-donatore (A,B) e (C,D) potrebbero essere incompatibili, ma è possibile che (A,D) e (B,C) siano coppie compatibili. Perché dunque non organizzare uno scambio? E perché limitarsi a uno scambio tra coppie? Non potrebbe essere possibile e più efficiente organizzare scambi multipli? Credo non ci sia bisogno di dilungarsi a spiegare la quantità di problemi che sorgono per mettere in pratica queste procedure, che sono molto reali e concrete, visto che questi scambi avvengono da parecchi anni e che si è arrivati a farne che coinvolgevano sette coppie contemporaneamente… Su questi problemi il teorico dei giochi può dare contributi molto interessanti. Non solo per studiare il modo più efficace di organizzare gli scambi (questo vuol dire, per esempio, fare in modo che il numero più grande possibile di pazienti riceva un rene), ma anche per analizzare aspetti collaterali; ad esempio, in molte situazioni gli scambi massimali possibili possono essere più di uno. In questo caso allora è interessante individuare dei meccanismi di priorità che selezionino lo scambio più socialmente equo (questi scambi, di solito, privilegiano i pazienti con gruppo sanguigno 0, che sono coloro che hanno in assoluto meno donatori compatibili). Un altro aspetto rilevante riguarda quanto i sistemi di scambio possano indurre a mentire (ad esempio i pazienti e i loro medici) per ottenere vantaggi, e quali invece incentivano a dire la verità. Il premio Nobel dell’anno scorso è andato a due americani che hanno portato contributi fondamentali allo studio di queste meccanismi. Un’altra applicazione sorprendente riguarda un problema di genetica molecolare, con applicazioni mediche. Occorre una piccola premessa. Ci sono situazioni in cui è interessante capire quale è la forza relativa di un giocatore in un dato gioco. Un tipico esempio riguarda i partiti di un parlamento. E’ chiaro che un partito che ha più voti in genere si pensa che abbia più potere, ma è altrettanto chiaro che guardare alle percentuali può portare a valutazioni insensate. Può succedere che un partito con 4% sia cruciale in un parlamento (ad esempio se ci sono altri due partiti col 48%, che sono ideologicamente incompatibili), oppure del tutto irrilevante (se c’è già una maggioranza che non li comprende). La teoria dei giochi ha introdotto degli indici di potere per valutare la forza relativa dei giocatori in una determinata situazione. Con questi sono state fatte analisi per determinare quanti seggi assegnare alle singole nazioni nel parlamento europeo, o anche per stabilire se un azionista di una certa società non abbia in mano troppo potere, per cui in base a una legge potrebbe essere obbligato a cedere parte delle sue azioni. Uno dei pregi della matematica è di prendere oggetti che sono stati sviluppati per certi scopi, e rendersi conto che sono molto utili anche in contesti del tutto differenti. Ecco allora che si è pensato di applicare indici di potere per capire l’importanza di certi geni nell’insorgenza di malattie di tipo genetico. L’idea è di creare un modello di gioco in cui un gene più importante degli altri per lo sviluppo di una malattia sia un giocatore con grande potere. Il modello è stato fatto, e poi è stato applicato sia a casi di studio, sia a dati reali. In particolare abbiamo analizzato un certo tipo di tumore al colon-retto, malattia di cui si sa l’origine genetica, prendendo i dati dalle analisi di un certo numero di malati, e di persone sane, che servivano da riferimento. Questi dati sono disponibili in Internet, e sono anche in quantità enormi, quindi vanno trattati al computer. Abbiamo finalmente prodotto la “nostra” classifica dei geni. A questo punto siamo andati a controllare nella letteratura medica se erano segnalati dei geni come potenzialmente responsabili della malattia. Ne abbiamo trovato sette; di questi sei erano ai primissimi posti della nostra classifica, che ne comprendeva alcune migliaia! Quindi un risultato simile non può essere considerato casuale. La nostra idea è che i medici, con altre tecniche, potrebbero controllare se anche altri geni, ben classificati nella nostra lista, siano rilevanti nell’insorgenza della malattia: trovare al buio è molto più difficile che trovare sapendo quel che si cerca. La vita e la scienza moderna sono molto complicate da analizzare. Occorrono molti esperti, in discipline differenti, per portare contributi significativi ad un problema complesso. Nel caso dei trapianti, c’è ovviamente bisogno dei chirurghi, di équipes medico-infermieristiche molto sofisticate, di manager, di matematici, di informatici, di bioetici e di filosofi, perché le tematiche coinvolte sono molteplici. Il teorico dei giochi è uno dei matematici che lavora maggiormente in équipe, e gli piace molto farlo.