I.T.C. Istituto di Terapia Cognitiva e Comportamentale Tesi di Specializzazione in Psicoterapia Comportamentale e Cognitiva Supervisore Specializzando Dott.ssa Silvana Cilia Dott. Marco Vicentini A.I.A.M.C. Associazione Italiana Analisi e Modificazione del Comportamento Anno Accademico 2010 – 2011 8. La realtà virtuale in psicoterapia .............................................. 227 L’utilizzo della realtà virtuale all’interno di un protocollo d’intervento di psi-­‐
coterapia cognitiva e comportamentale è una possibilità che fino a pochi anni fa era riservata a pochi centri di ricerca. Essa permette processi di ap-­‐
prendimento all’interno di un ambiente virtuale protetto e controllato (Ri-­‐
va, 1999, 2007). Lo sviluppo tecnologico permette ora di introdurre tali pro-­‐
tocolli anche al contesto ambulatoriale. La letteratura riportata evidenza l’efficacia degli ambienti di realtà virtuale nel trattamento dei principali disturbi d’ansia. Vengono inoltre riportati ri-­‐
scontri dalla letteratura per un utilizzo della realtà virtuale anche per il trat-­‐
tamento di differenti disturbi clinici. Di seguito è descritto un protocollo clinico d’intervento strutturato per l’ambito psichiatrico residenziale validato secondo le norme ISO 9001 e già impiegato con più di 120 pazienti. Sono riportati riscontri clinici avuti dai pazienti, colleghi e dalla stampa medica. 1. Introduzione ..................................................................................................... 227 2. Apprendimento virtuale ................................................................................... 229 Il ruolo dei neuroni specchio ........................................................................................ 230 Il concetto di presenza ................................................................................................. 230 3. Evidenze scientifiche e cliniche ........................................................................ 231 I disturbi d’ansia .......................................................................................................... 232 Fobia di volare ............................................................................................................. 233 Fobia sociale ................................................................................................................ 234 Agorafobia ................................................................................................................... 235 Fobie specifiche ............................................................................................................ 235 Disturbo post-­‐traumatico da stress ............................................................................. 236 Disturbo ossessivo compulsivo ..................................................................................... 237 Disturbi del comportamento alimentare ..................................................................... 237 Disturbi sessuali ........................................................................................................... 238 Trattamento del dolore ................................................................................................ 239 4. Protocollo di intervento in ambito clinico residenziale .................................... 239 Modello teorico di riferimento ..................................................................................... 239 Articolazione delle sessioni .......................................................................................... 240 Criteri di inclusione ...................................................................................................... 242 Prerequisiti ................................................................................................................... 242 Misure di efficacia ........................................................................................................ 242 Investimento tecnologico ............................................................................................. 243 5. Riscontri clinici ................................................................................................. 244 Riscontri dai colleghi .................................................................................................... 246 Riscontri dalla stampa medica ..................................................................................... 247 6. Riferimenti bibliografici .................................................................................... 248 Realtà virtuale (VR) e psicoterapia .............................................................................. 248 -­‐ disturbi d’ansia .......................................................................................................... 249 -­‐ disturbo ossessivo-­‐compulsivo ................................................................................... 250 -­‐ disturbi del comportamento alimentare .................................................................... 251 -­‐ disturbi sessuali ......................................................................................................... 251 -­‐ trattamento del dolore .............................................................................................. 252 Ulteriori riferimenti bibliografici ................................................................................... 252 7. Materiale allegato ............................................................................................. 253 Protocollo di utilizzo della realtà virtuale in psicoterapia ............................................. 254 Rassegna stampa ......................................................................................................... 257 Bibliografia Generale ................................................................... 265 Classificazione psicodiagnostica ........................................................................... 265 Strumenti per la valutazione psicodiagnostica ..................................................... 265 Manuali e guide interpretative ............................................................................. 266 Introduzione Cinque anni fa partecipai alla prima lezione di psicoterapia cognitiva comportamentale (CBT) presso la sede storica dell’Istituto. Mi aspettavo di imparare a svolgere una profes-­‐
sione, studiando tecniche e protocolli. Quello che affrontai negli anni successivi fu un’esperienza molto più ampia della mia immaginazione. Al di là dello studio dei principi teorici dell’apprendimento, dei criteri di valutazione, del-­‐
la formulazione dei casi e della progettazione di un intervento iniziai a svolgere una pro-­‐
fessione molto differente da quella che viene descritta in un manuale o in un articolo di ricerca. Mi avvicinai al mondo quotidiano dell’intervento psicologico, soprattutto nell’ambito clinico ambulatoriale e psichiatrico. Qui sono richieste abilità “artigianali” basate su competenze relazionali: l’empatia, l’utilizzo della suggestione e la metodologia con cui si approccia il disagio psicologico sono fattori importanti tanto quanto la cono-­‐
scenza teorica e la capacità di formulazione concettuale di un caso. Durante le attività di tirocinio e nel lavoro ambulatoriale mi avvicinai a situazioni di disa-­‐
gio e storie di vita che in precedenza conoscevo solo come una classificazione diagnosti-­‐
ca. Ricostruendo la complessità del disagio esperito e affrontando i tanti circoli viziosi entro cui le persone si trovavano bloccate iniziai a conoscere un mondo popolato da comportamenti disfunzionali, pensieri irrazionali ed emozioni talmente intense da esse-­‐
re anche travolgenti e ingestibili. Trovai sostegno in tre alleati che ritengo oggi imprescindibili: l’approfondimento e l’aggiornamento continuo, il confronto con colleghi e un atteggiamento “curioso” co-­‐
struito assieme ai clienti rispetto al disagio esperito. È stato imprescindibile lo studio ap-­‐
profondito dei grandi e piccoli Maestri che si sono dedicati all’approfondimento e all’insegnamento della CBT. È stato di fondamentale aiuto il confronto anche quotidiano con colleghi coetanei e più maturi. Ed è stato ugualmente importante continuare a cre-­‐
sce cercando di affrontare ogni nuova richiesta portata da un cliente come una scom-­‐
messa da affrontare in due. Assieme ai clienti ho imparato a condividere la ricerca di una strategia ottimale d’intervento, costruendo una relazione di fiducia in cui mi ponevo come obiettivo, per quanto possibile, di sostenere l’autonomia e l’autoefficacia della persona che mi chiedeva aiuto. Queste pagine sono il frutto di ore ben spese con persone importanti, persone che ho aiutato nell’affrontare una situazione di blocco psicologico, persone che mi hanno co-­‐
stretto ad imparare ogni volta come affrontare e superare grandi e piccole difficoltà, a pazientare e a non smettere di credere che è sempre possibile un cambiamento, magari piccolo, nel proprio comportamento o nei processi cognitivi, emotivi e regolativi. Ai miei genitori che mi hanno dato fiducia A Paola con cui godermi la vita e il nostro futuro Ai colleghi dai quali imparare e con i quali crescere ogni giorno Ai miei pazienti che mi hanno insegnato il perdono La realtà virtuale in psicoterapia Evidenze scientifiche e cliniche per l’introduzione di uno strumento nella pratica clinica ambulatoriale 1. Introduzione La realtà virtuale (VR) è descritta dai media come una particolare dotazione tecnologica, soprattutto con riferimento all’hardware: un computer capace di proporre una anima-­‐
zione 3D in tempo reale, un visore montato a caschetto, uno o più sensori di movimento e di posizione, un eventuale guanto per la mano o per il busto, capaci di fornire un ritor-­‐
no di forza. Questa descrizione popolare è alquanto limitata per chi progetta ambienti VR, per chi conduce ricerche nel settore, e per chi utilizza tali ambienti in ambito clinico come industriale. La VR è definita da Riva (1999, 2002, 2005, 2006, 2007) come uno strumento che per-­‐
mette una forma specifica di comunicazione e di presenza. È un ambiente complesso, definito da una interfaccia grafica immersiva che permette di sperimentare l’esperienza di essere fisicamente presente in un mondo virtuale, al punto da poter interagire con es-­‐
so, con sensazioni, emozioni e valutazioni tipiche della quotidiana interazione con il mondo. Sebbene le prime postazioni di VR fossero state ideate da grosse industrie per ricreare ambienti professionali, con scopi formativi e operativi, attualmente gli ambienti VR sono largamente diffusi, arrivando ormai nell’ambiente domestico del home entertainment. Un ambito professionale di particolare applicazione è il mondo della sanità, primaria-­‐
mente in campo medico, chirurgico ed estetico, ma anche in ambito psicologico e psico-­‐
terapeutico (Botella, Quero et al., 2006). Solo sul finire dello scorso millennio gli ambienti VR sono stati introdotti come strumen-­‐
to terapeutico nel trattamento di disturbi psicologici, dapprima in ambito di ricerca e poi in contesti clinici afferenti ai differenti servizi sanitari nazionali. Una ricerca sulla banca dati EBSCO nella collezione “Psicologia e Scienze del Comportamento” con la parola chiave “virtual reality” riporta 2 articoli fino al 1990, 29 al 1995, 135 al 2000, 454 al 2005 e 859 ad oggi. Posti a confronto con i tradizionali protocolli terapeutici, gli ambienti VR mostrano nu-­‐
merosi vantaggi. In primis offrono sono un ambiente protetto per il paziente, dove è possibile avere ripetute e controllate esperienze della situazione che crea disagio. Vi so-­‐
no già in letteratura evidenze circa l’efficacia di questa tecnologia nel trattare differenti disturbi psicologici. In particolare è stata posta attenzione al trattamento dei disturbi d’ansia, disturbi del comportamento alimentare e anche vi sono alcune evidenze relative al trattamento dei disturbi dell’immagine corporea, e dei disturbi sessuali. Allo stato dell’arte, l’ambiente VR in psicoterapia è definito uno strumento utile capace di mediare tra lo studio del terapeuta e il mondo reale (Vincelli & Riva, 2007). In tale prospettiva si capisce come la VR non sia una terapia, ma rappresenti primariamente uno “strumento” che può essere usato in psicoterapia; non è in alcun modo un sostituti-­‐
vo che escluda gli elementi essenziali di qualsiasi psicoterapia. I vantaggi di tale stru-­‐
mento possono essere identificati in due principali possibilità innovative: 1. Lo psicoterapeuta può ricostruire, con il paziente, una gerarchia degli stimoli cri-­‐
tici che sono alla base del disturbo in esame, e pianificare un programma di de-­‐
sensibilizzazione, esponendo il soggetto all'esperienza di tali condizioni ricreate dalla realtà virtuale. 2. Le diverse componenti dell'ambiente virtuale sono suscettibili di un ampio con-­‐
trollo da parte del terapeuta, così da consentirgli di stabilire, di volta in volta, quale grado di difficoltà presentare al paziente, in relazione a un'attenta valuta-­‐
zione dei progressi del trattamento. I protocolli sperimentali e clinici stessi non possono prescindere dall’orientamento teo-­‐
retico e dalla relazione terapeutica che si instaura con il paziente, e dalle necessità del paziente stesso. La VR è uno strumento che permette di superare alcuni degli ostacoli della terapia cognitiva e comportamentale (CBT) standard, soprattutto nelle forme basa-­‐
te sull’esposizione, permettendo esperienze altrimenti quasi impossibili, se non in modo immaginifico (come recarsi ad un aeroporto e salire su di un aereo, trovare una platea che ascolta, controllare l’esposizione allo stimolo temuto). Quella che Riva (1999) definì Experiential Cognitive Therapy (ECT) rappresenta una integrazione ai protocolli standard all’interno dei quali vengono proposte modalità di presenza intermedie tra l’esposizione in-­‐vivo e quella immaginativa o puramente verbale. La realtà virtuale mette il paziente nella condizione di diventare un attivo partecipante del mondo virtuale ricreato dallo psicoterapeuta. Il senso di presenza che vi si avverte, pur nella consapevolezza della simulazione, può ricreare atmosfere e far riprovare emo-­‐
zioni molto più vivide di quanto potrebbe avvenire con il ricorso al semplice ricordo o alla sola immaginazione (Galeazzi & Di Milo, 2011). La verosimiglianza dell’ambiente virtuale si pone tra lo studio dello psicoterapeuta (con il più elevato livello di protezione) e l'ambiente esterno (dove il rischio è massimo). Nell'ambiente simulato è possibile riprodurre e sperimentare situazioni particolarmente problematiche e minacciose per l’utente sotto il diretto controllo del terapeuta, che può intervenire in qualunque momento, modificando o sospendendo le caratteristiche dell'ambiente. Grazie quindi alla possibilità di programmare l'ambiente e variarne le ca-­‐
ratteristiche si può realizzare il graduale processo di esposizione agli stimoli minacciosi e ansiogeni (Toso, 2008). L'utente si confronterà con le situazioni temute e imparerà a gestirle in modo graduale, secondo un programma di esposizione concordato. L’ambiente virtuale diventa così la base sicura dalla quale partire per esplorare, provare sentimenti, immaginare, rivivere sensazioni e pensieri presenti o passati. Negli ambienti VR si realizza una speciale forma di role-­‐playing: al soggetto, che non ha ancora trovato una modalità di interazione adeguata con l'ambiente, viene offerta la possibilità di apprendere e sperimentare nuove strategie di fronteggiamento. La persona è messa in condizione di sperimentare che l'idea che ha di sé e del mondo non è qualco-­‐
sa di assoluto ma un'interpretazione cognitiva che può essere modificata. 2. Apprendimento virtuale La principale caratteristica degli ambienti VR risiede nella relazione inclusiva che è pos-­‐
sibile creare fra utente e ambiente virtuale. La scuola di Riva (1999, 2007) considera la realtà virtuale un medium comunicativo in grado di generare esperienza e favorire l'ac-­‐
quisizione di conoscenza: il movimento corporeo diviene l'informazione che interagisce con l'ambiente e crea nuovi scenari comunicativi. Attraverso questa modalità di essere presenti si sviluppa il senso soggettivo di esperienza. A livello cognitivo ed emotivo, l'utente passa dal ruolo di osservatore di un'esperienza (come succede guardando un filmato) a quello di protagonista della stessa esperienza; egli non è più solo un passivo ricettore di informazioni, ma ha la possibilità agendo di creare la propria esperienza. La realtà virtuale permette di conoscere il mondo mediante un apprendimento di tipo percettivo-­‐motorio più naturale per l'essere umano, rispetto all'apprendimento di tipo simbolico-­‐ricostruttivo mediato dalla scrittura o dalla tastiera di un computer (Galeazzi e Di Milo, 2011). L'apprendimento motorio è caratterizzato da una ripetizione ciclica di percezione e azio-­‐
ne, dove l'utente osserva i fenomeni, interviene con la propria azione, osserva gli effetti della propria azione in un ciclo anche infinito basato sull’apprendimento per prove ed errori. In un ambiente VR la componente percettiva (visiva, uditiva e aptica) interagisce col mondo circostante: è possibile conoscere gli oggetti e imparare a utilizzarli attraver-­‐
so l'esperienza diretta e in tempo reale delle reazioni alle proprie azioni. Questo modello postula che la conoscenza acquisita negli ambienti VR sia essenzialmente prodotta da un fare esperienza (Wann & Mon-­‐Williams, 1996). Tali aspetti dell’apprendimento esperienziale sono stati particolarmente studiati in am-­‐
bito riabilitativo, dove è necessario che il paziente si riappropri di modalità di esecuzione e controllo di sequenze comportamentali complesse (Jack et al., 2001). Il mondo simulato, riconosciuto tale da chi lo sperimenta, diventa fonte di conoscenza nel momento in cui l’utente interagisce con esso non come un oggetto esterno, la cui conoscenza avviene mediante un processo rappresentazionale, ma come un ambiente con cui l'individuo interagisce attraverso un processo percettivo-­‐motorio, che è alla base della conoscenza che abbiamo di esso. In questa prospettiva un ambiente simulato di-­‐
venta semplicemente uno dei tanti mondi possibili da cui apprendere interagendo in es-­‐
so (Morganti e Riva, 2006). Il ruolo dei neuroni specchio Un importante contributo alla comprensione di come la presenza in un ambiente virtua-­‐
le possa produrre conoscenza è stato fornito recentemente dal modello di Rizzolatti e Sinigaglia (2006) secondo il quale percezione e azione sono basate sullo stesso codice di tipo motorio: durante l'osservazione di un'azione il soggetto attiva una simulazione mo-­‐
toria collegata al contesto in cui si svolge o svolgerà l'azione, producendo una rappre-­‐
sentazione interna degli stati corporei come se stesse compiendo un'azione simile. Tale modello si basa sullo studio di due particolari tipi di neuroni bimodali percettivo-­‐
motori presenti nell'area FS della corteccia premotoria: i neuroni canonici e i neuroni specchio. I primi hanno la caratteristica di attivarsi, oltre che durante l'esecuzione di un'azione, anche quando si osserva l'oggetto verso il quale sarà diretta l'azione. I secon-­‐
di si attivano sia quando si effettua una determinata azione, sia quando si osserva un al-­‐
tro individuo compiere un'azione simile. Alcuni aspetti affascinanti quanto sorprendenti di questi neuroni vengono messi in evidenza da due esperimenti descritti nel testo di Rizzolatti e Sinigaglia (2006), i quali ci mostrano come esista un meccanismo specchio anche per la modalità uditiva, e come durante una stessa azione i meccanismi specchio possano attivarsi in un modo diverso, a seconda del gesto da compiere, dunque del fine da raggiungere: in questo caso portare il cibo alla bocca o portare il cibo in un contenito-­‐
re. L’estensione di tale modello arriva anche ad includere una spiegazione neurale della comprensione delle emozioni e dell'empatia. Anche qui entrano in gioco i neuroni spec-­‐
chio della corteccia premotoria, che, consentendo di comprendere le espressioni del vol-­‐
to di un soggetto e quindi di interpretarne le emozioni, ci permettono di riviverle nel nostro sistema emotivo. È dimostrato che osservare un’espressione di dolore attiva le stesse connessioni neurali che si attivano quando siamo noi stessi a provare quel dolore. Si può quindi riconoscere come le modalità di funzionamento dei neuroni specchio raf-­‐
forzano la teoria secondo la quale la conoscenza degli oggetti e dello spazio, ma anche delle relazioni e delle emozioni altrui, avvenga in modo pragmatico, cioè attraverso pro-­‐
cessi di simulazione (Galeazzi & Di Milo, 2011). Il concetto di presenza Come ricordato da Riva (2006a), il concetto di presenza è nato a partire dalla metà degli anni Settanta come strumento per valutare la qualità dell’interazione mediale. Il livello di presenza all’interno di una comunicazione mediata era dato dall’illusione percettiva di non mediazione della tecnologia. Tale definizione si riferisce ad un livello di esperienza dove la tecnologia e l’ambiente fisico esterno scompaiono dalla consapevolezza feno-­‐
menologica dell'utente. L'esperienza di presenza è una percezione complessa e multidimensionale, formata da un intreccio di molteplici dati sensoriali grezzi e vari processi cognitivi (Riva, 2006b). Gli individui possono percepire un maggior grado di presenza nelle diverse situazioni in fun-­‐
zione del significato e delle possibilità di interazione che vi possono sperimentare. In tale contesto diventa rilevante la capacità individuale di giudicare la rilevanza di un evento vissuto nel mondo esterno rispetto alla propria esistenza. Tale giudizio, chiamato anche presenza estesa, influenza la possibilità che un’esperienza di presenza diventi rilevante per la propria esistenza. Questo modello di presenza e di presenza estesa sembra deri-­‐
vare dalla impostazione filosofica heideggeriana che parla di un “momento di interru-­‐
zione rispetto alle modalità abituali, la percezione di essere-­‐nel-­‐mondo”. Recentemente Riva (2008) definisce la presenza come «la sensazione di essere in un ambiente reale o virtuale, risultato della capacità di mettere in atto nell'ambiente le proprie intenzioni attraverso le opportunità che offre». Il senso di presenza è pertanto connesso con il livello d’interattività e coinvolgimento del soggetto in un determinato ambiente, reale o virtuale, più che con la resa realistica della simulazione visiva o aptica. Nell’ambiente VR fondamentale diviene l'interfaccia, cioè l’insieme delle caratteristiche, grazie alle quali l'utente può servirsi dell'ambiente in cui è immerso e raggiungere in es-­‐
so la propria intenzione. Il senso di presenza in un ambiente VR è legato alla possibilità di sfruttare al meglio le opportunità che esso offre. L'utente può concentrarsi sull'obiet-­‐
tivo finale e non sulle azioni che deve svolgere per raggiungerlo. Perché questo avvenga, l’interfaccia deve disporre di due caratteristiche fondamentali: trasparenza e stabilità (Lawrence, 1993). Un'interfaccia con queste caratteristiche è effi-­‐
cace, è in grado di incanalare con successo l'azione del soggetto verso i suoi obiettivi. Lo studio ormai trentennale sull’interazione interfacciata da ambienti virtuali ha mostrato come è spesso preferibile realizzare un'interfaccia che faciliti l’interazione, piuttosto che una caratterizzata per un eccessivo realismo grafico. È stato recentemente dimostrato come ambienti graficamente primitivi caratterizzati per un alto livello di interazione permettono di acquisire pattern motori e cognitivi ottimali negli adolescenti come negli adulti (Vidotto et al. 2011). 3. Evidenze scientifiche e cliniche Numerose ricerche in diverse aree geografiche hanno dimostrato l’efficacia dell’applicazione di ambienti VR nel trattamento del disagio psicologico. Gli ambienti ri-­‐
creati mediante tale tecnologia possono rappresentare una possibilità di interazione so-­‐
ciale attraverso i quali è possibile sperimentare emozioni e azioni, per far rivivere ai pazienti le proprie paure, le difficoltà, i comportamenti disfunzionali, e per far risaltare, nel contesto protetto di uno studio clinico, il materiale cognitivo ed emozionale che ne sta alla base. Oggi anche la psicologia clinica, così come ormai da decenni la medicina, può avvalersi degli ambienti VR come strumento per l’assessment, la diagnosi e l’intervento. I trial clinici controllati, di cui di seguito si daranno alcuni riferimenti, evidenziano che la psicoterapia del trattamento delle fobie assistita mediante la VR consente di ottenere risultati efficaci come e in tempi inferiori rispetto ai protocolli di trattamento CBT stan-­‐
dard. Differenti review e meta-­‐analisi, anche pubblicate all’interno della Cochrane Library, hanno considerato gli studi condotti su fobie specifiche, tra le quali, in particolare, la paura di volare, l’agorafobia, la paura di guidare, la claustrofobia, la paura dei ragni. Ul-­‐
teriori studi sono stati pubblicati relativi all’uso della VR come strumento per la psicote-­‐
rapia basata sull’esposizione per il trattamento del disturbo da ansia sociale, disturbo post-­‐traumatico da stress, disturbo da panico con o senza agorafobia. Questi studi mo-­‐
strano evidenze cliniche e riscontri quantitativi che la psicoterapia basata sull’esposizione in ambiente VR sia uno strumento promettente per il trattamento dei molteplici disturbi d’ansia (Pull, 2005; Riva, 2005; Wiederhold & Wiederhold, 2006). I disturbi d’ansia Una modalità d’elezione nel trattamento dei disturbi d’ansia è l’intervento cognitivo-­‐
comportamentale basato sull’esposizione allo stimolo temuto accompagnato da una rie-­‐
laborazione dei processi cognitivi disfunzionali (Andrews et al., 2003). In tale tipologia di interventi di interviene sui processi cognitivi dei pazienti con l’obiettivo di modificarli e produrre comportamenti più adeguati. Per arrivare a questi obiettivi sono possibili espo-­‐
sizioni in-­‐vivo o in immaginazione dello stimolo ansiogeno (ad esempio è possibile porta-­‐
re un paziente su un aereo o fargli visualizzare le esperienze ansiogene). L’utilizzo degli ambienti VR comporta una ulteriore possibilità. Non è necessario disporre dell’ambiente reale (che può risultare inaccessibile o eccessivamente dispendioso) come nell’esposizione in vivo. Non ci si affida unicamente alle capacità immaginative del pa-­‐
ziente, non necessariamente sviluppate né controllabili. Si permette di avere un ambien-­‐
te strutturato e controllato, condiviso tra paziente e psicoterapeuta. Gli ambienti VR permettono allo psicoterapeuta di controllare attivamente molteplici aspetti degli stimoli presentati, identificare i parametri correlati alla risposta disfunzio-­‐
nale. Tali ambienti garantiscono inoltre la riservatezza e la sicurezza dei pazienti, rappre-­‐
sentando uno stimolo ad intraprendere la terapia stessa (Wiederhold & Wiederhold 2001; Vincelli & Riva, 2007). Numerose meta-­‐analisi (Parsons & Rizzo, 2008; Powers & Emmelkamp, 2008) hanno mostrato come: •
•
•
•
gli ambienti VR sono in grado di evocare le medesime reazioni ed emozioni della situazione vissuta nel mondo reale; il senso di presenza può essere esperito anche in ambienti caratterizzati da un realismo grafico non particolarmente curato; il senso di presenza è fortemente correlato con la possibilità di interagire con le componenti dell’ambiente virtuale, favorendo la concentrazione e il coinvolgi-­‐
mento del paziente; vi è una generalizzazione di attribuzioni e credenze di un soggetto dall’esperienze guidate negli ambienti virtuali verso le situazioni dell’ambiente reale. Fobia di volare La aerofobia – paura di volare – è stato uno dei primi disturbi specifici d’ansia ad essere trattato con l’utilizzo degli ambienti VR, forse perché uno degli ambienti dove da più di cinquant’anni è stato largamente introdotto il concetto di simulatore virtuale per l’addestramento dei piloti. Essendo una fobia specifica che disturba un’ampia parte della popolazione dei frequent flyer (alcuni studi riferiscono che più del 30% della popolazione utilizza abitualmente ansiolitici), lo studio del trattamento di tale disturbo è stato larga-­‐
mente finanziato dalle compagnie aeree. Figura 1: Ambiente VR per il trattamento dell’aerofobia Gli studi di Rothbaum et al. (2008) hanno mostrato risultati più che incoraggianti del trattamento di tale disturbo tramite un protocollo basato sull’esposizione alle differenti fasi del volo. Inoltre hanno mostrato come un protocollo basato sulla VR permetta di raggiungere e mantenere i medesimi risultati di un protocollo basato sull’esposizione in-­‐
vivo, con una riduzione dei tempi di intervento e dei costi dell’intervento medesimo. Fobia Sociale La fobia sociale è uno dei disturbi psichiatrici più frequenti. Alcuni autori parlano che dal 3 al 13% della popolazione soffre nel corso della vita di tale disturbo (Vincelli & Riva, 2007). Allo stato attuale i trattamenti scientificamente e clinicamente validati sono dati i farmaci anti-­‐depressivi e le psicoterapie cognitivo-­‐comportamentali. Questi ultimi pro-­‐
tocolli si strutturano attorno ad una esposizione graduale alle situazioni sociali temute (in vivo o immaginando le situazioni). Tale pratica è fondamentale per ottenere un mi-­‐
glioramento dei sintomi ansiosi. Il trattamento prevede il fronteggiamento dei pensieri ansiogeni, l’acquisizione di abilità sociali specifiche tramite un percorso psicoeducativo e l’abbandono delle condotte di evitamento. Gli ambienti VR offrono ulteriori possibilità rispetto alle tecniche di esposizione standard e sembrano portare vantaggi significativi, consentendo l'esposizione controllata e pro-­‐
tetta a numerose e svariate situazioni di interazione sociale. Figura 2: Ambienti VR per il trattamento della fobia sociale I lavori di Klinger (2006) mostrano un protocollo basato sulla realtà virtuale per il trat-­‐
tamento della fobia sociale. Presentano un protocollo strutturato su quattro principali situazioni che vengono riconosciute come minacciose dai soggetti che soffrono di tale disturbo: la richiesta di prestazioni, le situazioni di intimità, il giudizio e l’assertività. Con l’aiuto del terapeuta, il paziente impara ad adottare comportamenti e stili cognitivi con cui affrontare tali situazioni sociali, con l'obiettivo di ridurre la propria ansia nelle corri-­‐
spondenti situazioni della vita reale. Il gruppo di lavoro di North (vedi Harris, Kemmerling & North 2002) ha utilizzato la realtà virtuale nel trattamento della paura di parlare in pubblico, che rappresenta solo una pic-­‐
cola parte della sintomatologia della maggior parte dei pazienti fobici sociali. Il protocol-­‐
lo proposto è molto specifico, e per questo molto breve, permette alla maggior parte dei pazienti di raggiungere risultati effettivi. Agorafobia Il trattamento dell’agorafobia (nelle sue forme diagnostiche di disturbo di panico con agorafobia o nella forma di agorafobia senza anamnesi di disturbo di panico) prevede come intervento d’elezione un protocollo cognitivo-­‐comportamentale (Andrews et al., 2003). Evidenze scientifiche (Vincelli, 2000; Botella, Villa et al., 2006; Vincelli, Riva & Molinari, 2007) mostrano che l’utilizzo degli ambienti VR siano efficaci strumenti aggiuntivi nel trattamento di tale disturbo. Considerando il grande numero di situazioni e attività che i pazienti agorafobici evitano, gli ambienti VR consentono di esporsi gradualmente a tali situazioni con un’ottimizzazione del tempo e del costo dell’intervento. L’esperienza clinica sembra mo-­‐
strare che l’esposizione in VR è un compromesso accettabile per quei pazienti con scarse capacità immaginative e che rifiutano l'esposizione in vivo, in quanto la sola idea di af-­‐
frontare realmente le situazioni temute è percepita come eccessivamente minacciosa. Altre fobie specifiche Gli ambienti VR sembrano adeguati in generale per il trattamento di molteplici fobie specifiche. Sono stati proposti protocolli e ambienti per il trattamento della fobia di gui-­‐
dare e i disturbi connessi (Walshe et al, 2003; Vidotto et al., 2011), l’acrofobia (Coelho et al., 2009) e per l’aracnofobia (Garcia-­‐Palacios et al., 2002). Spesso tali interventi preve-­‐
dono sistemi di realtà aumentata tramite i quali vi è una sovrapposizione di un elemento virtuale rispetto al contesto ambientale reale. Figura 3: Ambiente VR per il trattamento dell’aracnofobia Disturbo post-­‐traumatico da stress Il disturbo post-­‐traumatico da stress è uno dei disturbi psicologici più invalidanti per i soldati e i veterani esposti alla guerra e alla guerriglia. Come risaputo, tale disturbo non colpisce solo la popolazione esposta alla guerra, ma anche tutti coloro che sono esposti ad eventi drammatici in cui la vita è effettivamente minacciata. Tra i trattamenti abitualmente impiegati vi è il debriefing psicologico, ultimamente criti-­‐
cato per la sua discutibile efficacia, e l’esposizione in immaginazione, che risulta forte-­‐
mente problematica per i soggetti che soffrono di tale disturbo, che solo raramente sono in grado di attivare una immaginazione tale da suscitare una attivazione emotiva Virtual Reality as a Tool in Early Interventions
cosciente. Figura 4: Ambiente VR per il trattamento del PTSD per veterani (da Wiederhold & Wiederhold 2006) Un protocollo di intervento presentato da Difede & Hoffman (2002) è stato utilizzato con superstiti agli eventi dell’11 settembre 2001 per aumentare il coinvolgimento emo-­‐
tivo e trattare il ricordo degli eventi drammatici, associati ad un dolore emotivo non di-­‐
rettamente raggiungibile. Nonostante la povertà del disegno sperimentale utilizzato, gli autori evidenziano come la forte esposizione coinvolgente ottenuta con la VR abbia permesso un trattamento promettente per un disturbo acuto. La metodologia presentata è stata rielaborata in uno studio pubblicato da Wiederhold & Wiederhold (2006) che 2:ha mostrato che è Adaptable
possibile utilizzare la VR anche per il tratta-­‐
Figure
Examples
of VR Content
to PTSD
Scenarios.
mento precoce di tale disturbo. I riscontri clinici riportati dagli autori mostrano come gli ambienti ricreati virtualmente siano in grado di trattare i soggetti con un disturbo con-­‐
5.0
REFERENCES
clamato, e anche operare efficacemente nella prevenzione del disturbo. [1]
NIH. A real illness: Post-traumatic stress disorder (PTSD).
[2]
Litz, B. T. (2004). National Center for PTSD, National Public Radio.
[3]
Hoge, C. W., Castro, C. A., Messer, S. C., McGurk, D., Cotting, D. I., & Koffman, R. L. (2004). Combat
duty in Iraq and Afghanistan, mental health problems, and barriers to care. The New England Journal of
Medicine, 351(1): 13-22.
45 - 6
RTO-MP-HFM-134
Disturbo ossessivo compulsivo L’applicazione della realtà virtuale per il trattamento del disturbo ossessivo compulsivo nasce con i lavori di Clark et al. (1998) in cui si è proposta una esposizione vicaria agli stimoli ansiogeni (spesso legati alle contaminazioni) con prevenzione del rituale compul-­‐
sivo. Fin da quei primi risultati si è potuto osservare come un intervento caratterizzato per l’esposizione vicaria può avere un ruolo coadiuvante nella terapia comportamentale (Lack & Storch, 2008). Figura 5: Ambiente VR per il trattamento del disturbo ossessivo compulsivo Il gruppo di lavoro di Kim (Kim et al. 2008; Kim et al. 2010) ha proposto di utilizzare am-­‐
bienti VR selezionati come stimoli di riferimento per ottenere una valutazione compor-­‐
tamentale dei comportamenti di controllo compulsivi. L’obiettivo di questi Autori è arrivare a formulare una misura interattiva dei comportamenti compulsivi di controllo specifici del disturbo ossessivo compulsivo. Disturbi del comportamento alimentare La terapia cognitivo comportamentale è considerata una delle modalità di elezione per il trattamento dei disturbi del comportamento alimentare. Emergono anche in tale ambito delle limitazioni legate ai costi delle procedure comportamentali (come l’esposizione e la desensibilizzazione) o la difficoltà di tecniche cognitive (come l’immagine relativa agli scenari di quotidiana). Dalla fine degli anni novanta il gruppo di lavoro di Riva (1998,1999; Riva Bacchetta Cesa et al. 2006) ha proposto di integrare i protocolli per il trattamento di tali disturbi con gli strumenti offerti dagli ambienti VR, in quella che gli Autori chiamano la Terapia Cogniti-­‐
vo-­‐Esperienziale. I primi lavori pubblicati (Riva, 1998, 1999) erano fondamentalmente studi di casi singoli in cui si utilizzava un approccio integrato orientato al paziente che si concentrava sulla esperienza della scoperta individuale del proprio corpo, dei propri comportamenti e del-­‐
le relazioni. In aggiunta al trattamento farmacologico e alle tecniche cognitive (discus-­‐
sione socratico, ristrutturazione cognitiva, interpretazione alternativa, spostamento nell’etichettamento, disattivazione delle credenze disfunzionali) si affiancavano delle tecniche attuate nel contesto virtuale: esposizione alle tentazioni con prevenzione della risposta (vedi Figura 6b), percezione delle distorsioni corporee, modificazione dell’immagine del corpo. Figura 6: (a) Gli ambienti VR permettono di porre a confronto il proprio corpo (definito nelle sue dimensioni costitutive) con l’immagine percepita del proprio corpo (b) Ambiente “ristorante” sviluppato per la modifi-­‐
cazione del comportamento alimentare in luoghi pubblici. Come illustrato in Figura 6a, tramite gli ambienti VR è possibile porre a confronto due immagini corporee: quella reale, ottenuta dalla misurazione oggettiva del corpo del pa-­‐
ziente, e quella percepita, derivante da come il paziente si vede e si percepisce. La con-­‐
sapevolezza della distorsione percettiva è un elemento basilare nel riuscire a ripristinare, o almeno correggere, l’immagine del corpo in funzione di elementi relazio-­‐
nali o secondari all’assunzione di cibo. Il protocollo è stato consolidato con la pratica clinica (Riva, Bacchetta, Baruffi, et al. 1999; Riva, Bacchetta, Baruffi, et al. 2000). Recentemente tale protocollo è stato appli-­‐
cato anche al trattamento dell’obesità (Riva, Bacchetta, Cesa et al., 2004; Riva, Bacchet-­‐
ta, Cesa et al., 2006). Disturbi sessuali Un unico lavoro (Optale et al., 2006) descrive un trattamento psicodinamico che integra l’utilizzo di un ambiente VR per il trattamento della disfunzionale erettile di origine psi-­‐
cologica o mista e l’eiaculazione precoce. Gli autori propongono un trattamento breve dove alle ordinarie sessioni sono alternate sessioni definite per una immersione multi-­‐
mediale. L’idea terapeutica è che l’immersione virtuale faciliti l’elusione delle difese co-­‐
gnitive stimolando direttamente il subconscio. Gli stimoli presentati sono dapprima neutri e rilassanti, poi offrono un attraversamento di un bosco, un incontro con elementi tipici dell’infanzia e della preadolescenza, e infine una interazione nel mondo dell’adolescenza dove vi sono i primi interessi verso una re-­‐
lazione sessuale con il sesso opposto. In questi ambienti gli autori offrono ostacoli che il paziente ha dovuto superare nell’ontogenesi dell’identità sessuale maschile. Trattamento del dolore Gli ambienti VR sono stati recentemente utilizzati in ambito medico per il trattamento del dolore acuto. Askay et al. (2009) ritengono che gli ambienti VR possano essere un va-­‐
lido strumento per l’utilizzo delle tecniche ipnotiche a fini algici. Gli ambienti VR vengo-­‐
no utilizzata per facilitare l’attivazione di suggestioni, fornendo direttamente molti degli stimoli che i pazienti dovrebbero altrimenti immaginare tramite i suggerimenti verbali da parte del terapeuta. Gli autori sostengono di aver raccolto evidenze incoraggianti per poter introdurre le tecniche ipnotiche a fini analgesici tramite l’utilizzo dei sistemi VR. Il gruppo di lavoro di Patterson (vedi Wismeijer & Vingerhoets, 2005; Hoffman et al. 2011) ritiene che gli ambienti VR possano fungere da funzionali distrattori e promettenti analgesici nella riduzione del dolore e del disagio anche durante le procedure mediche. Per ridurre la percezione del dolore, gli Autori suggeriscono di indirizzare l’attenzione dei pazienti verso il mondo virtuale, lasciando meno risorse cognitive per gli stimoli neu-­‐
rali attivati dai recettori del dolore. Inoltre tale tecnologia si apprezza soprattutto per la scarsità di effetti collaterali negativi segnalati. 4. Protocollo di intervento in ambito clinico residenziale Di seguito si discute un protocollo di intervento per il trattamento dei disturbi d’ansia attraverso l’utilizzo di ambienti VR all’interno di un contesto clinico di tipo residenziale. Tale protocollo è stato integrato all’interno di un sistema di gestione della qualità con-­‐
forme al modello proposto dalla norma UNI EN ISO 9001 (VISION 2000). Il protocollo qui presentato è basato sul protocollo di intervento formulato da Vincelli (2000) e da Botella, Villa et al. (2006) già sperimentalmente validato. Modello teorico di riferimento Il principio terapeutico su cui si basa l’intervento è quello della Desensibilizzazione Si-­‐
stematica (DS), definito come “progressiva esposizione allo stimolo fobico e prevenzione del comportamento compulsivo” (Andrews et al., 2003). È questa la tecnica più consoli-­‐
data nel tempo e più utilizzata nell’ambito della terapia comportamentale. È stata svi-­‐
luppata dallo psichiatra sudafricano Joseph Wolpe (1972). Viene utilizzata soprattutto per il trattamento delle fobie e consiste nell’aiutare il paziente ad affrontare gradual-­‐
mente la situazione o gli oggetti temuti, a partire da livelli di esposizione a bassa e media intensità, da incrementare con il procedere delle sedute. La DS ha l’obiettivo di associare (o condizionare) una risposta antagonista all’ansia, come per esempio il rilassamento muscolare o la respirazione profonda, in presenza degli stimoli ansiogeni, in modo da indebolire il legame tra la reazione d’ansia e gli stimoli ansiogeni stessi. Psicoterapeuta e paziente compilano una lista degli stimoli ansiogeni, ponendo nelle prime posizioni quelli che procurano maggior disagio e nelle ultime quelli più innocui. Il terapeuta insegna al paziente ad affrontare prima le situazioni che procurano poca an-­‐
sia, permettendogli di avvicinarsi progressivamente alle situazioni descritte nelle prime posizioni della lista. Lo psicoterapeuta costruisce quindi con il paziente una gerarchia degli stimoli critici che sono alla base del disturbo in esame, e pianifica un programma di desensibilizzazione, esponendo il soggetto all’esperienza di tali condizioni, ricreate in ambiente VR, così co-­‐
me in ambiente reale. Le diverse componenti dell’ambiente virtuale sono suscettibili di un ampio controllo da parte del terapeuta, così da consentirgli di stabilire, di volta in vol-­‐
ta, quale grado di difficoltà presentare al paziente, in relazione ad una attenta valutazio-­‐
ne dei progressi del trattamento. Articolazione delle sessioni L’intervento è pensato per esse proposto ai pazienti in regime di ricovero. Tenendo con-­‐
to che la durata media di un ricovero in ambito psichiatrico è di circa quaranta giorni (cinque/sei settimane), si è voluto offrire un protocollo strutturato in 8/10 sedute a fre-­‐
quenza bisettimanale, della durata di 50 minuti ciascuna. Non vi sono in letteratura dati relativi alla frequenza, che in ambito ambulatoriale è solitamente considerata settima-­‐
nale. Non sono riportate controindicazioni per frequenze superiori. Il contesto clinico residenziale favorisce le possibilità di valutazione del caso, con una diagnosi formulata dal medico psichiatra e una raccolta di informazioni sul disturbo del paziente che attinge a molteplici fonti (personale sanitario, psicologi ed educatori). Di-­‐
venta possibile attivare un intervento riducendo drasticamente il tempo necessario per la valutazione psicologica e la programmazione dell’intervento. Il contesto residenziale permette inoltre di affidare l’addestramento alle principali tecniche di rilassamento (re-­‐
spirazione diaframmatica lenta, rilassamento muscolare progressivo, tecniche immagi-­‐
native legate alla Mindfulness) al altri operatori della struttura. Durante la prima seduta verrà effettuato con il paziente una classificazione degli stimoli fobici attraverso una scala SUD (Subjective Units of Distress) e verrà definita una gerar-­‐
chia tra gli stimoli stessi. Nella prima seduta verrà effettuata una esposizione ad una scena neutra finalizzata all’ambientazione con la navigazione nell’ambiente VR. Vengono riportate eventuali sensazioni soggettive di insofferenza all’esposizione all’ambiente VR (ad es. nausea, vertigini). Ciascuna sessione si vuole comporre da esercizi di rilassamento seguiti da esercizi di esposizione alle sensazioni interne e agli stimoli esterni utilizzando l’ambiente VR. Quando possibile viene fatta seguire all’esposizione virtuale l’esposizione allo stimolo ansiogeno nel contesto reale ma protetto definito dall’ambiente residenziale. Le emozioni provate durante l’avvicinamento allo stimolo fobico sono oggetto di analisi e confronto, al fine di favorire la rielaborazione delle stesse e della rete mnestica con-­‐
nessa; si presta attenzione ad identificare con il paziente i comportamenti disfunzionali e a progettare comportamenti più funzionali attraverso gli strumenti classici della psicote-­‐
rapia cognitiva. Al termine di ciascuna sessione viene concordato con il Paziente un compito reale o im-­‐
maginativo di esposizione con prevenzione della risposta (di evitamento o compulsiva), relativa agli stimoli affrontati nel corso della sessione. 1. Sessione n. 1: a. Valutazione del quadro sintomatologico b. Somministrazione di strumenti psicometrici per la misura della gravità del quadro sintomatologico c. Iniziale classificazione degli stimoli fobici. d. Introduzione al principio dell’esposizione: definizione e vantaggi 2. Sessione n. 2: a. Analisi di alcune sensazioni o situazioni evitate: svantaggi derivanti dall’evitamento b. Ordinamento degli stimoli fobici attraverso una scala SUD (subjective units of distress) e definizione di una gerarchia c. Esercizi di rilassamento d. Regole per effettuare una esposizione e. Esposizione ad una scena neutra finalizzata all’ambientazione con la na-­‐
vigazione nell’ambiente VR f. Compiti inter-­‐sessioni: pratica di esercizi di rilassamento 3. Sessioni successive: a. Esercizi di rilassamento b. Esercizi di esposizione alle sensazioni interne e agli stimoli esterni utiliz-­‐
zando l’ambiente VR c. Analisi delle emozioni provate durante l’avvicinamento allo stimolo fo-­‐
bico; rielaborazione delle stesse e dei pensieri connessi; identificazione dei comportamenti disfunzionali e individuazione di comportamenti più funzionali. Discussione cognitiva delle interpretazioni catastrofiche d. Compiti inter-­‐sessioni: esposizione con prevenzione della risposta com-­‐
pulsiva / di evitamento per gli stimoli affrontati nella sessione Criteri di inclusione L’analisi della letteratura vede come primi destinatari del protocollo di intervento sog-­‐
getti con diagnosticato un disturbo d’ansia sull’asse I, secondo la classificazione del DSM-­‐IV-­‐TR. Tra di essi rientrano a pieno diritto le fobie specifiche e sociali, l’agorafobia con o senza disturbo da attacco di panico. Il disturbo ossessivo-­‐compulsivo, che attual-­‐
mente è classificato tra i disturbi d’ansia, può essere validatamente trattato, tenendo però in opportuna considerazione la peculiarità di tale disturbo per quanto riguarda i comportamenti compulsivi e rituali. Sebbene in letteratura non siano presenti studi capaci di definire criteri di esclusione per l’utilizzo della DS laddove applicata tramite un ambiente VR, si suggerisce di tenere strettamente monitorata l’adeguatezza del protocollo con pazienti che attualmente pre-­‐
sentino un episodio di depressione maggiore, o che abbiano una psicosi in atto, una di-­‐
pendenza da alcool o droghe conclamata, o una grave malattia fisica. Si è suggerito di applicare particolare cura, soprattutto per quanto riguarda la durata dell’esposizione in ambiente VR, con quei soggetti, soprattutto di genere femminile, che mostrano una soggettiva insofferenza all’esposizione all’ambiente VR, riportando, ad esempio, sensazioni di nausea o di “mal di mare”. Prerequisiti La DS prevede come prerequisito l’acquisizione, almeno iniziale, di alcune competenze di tecniche di rilassamento. Non ne è richiesta una in particolare, ma è necessario effet-­‐
tuare l’esposizione graduale in una condizione di rilassamento. È importante che i pa-­‐
zienti abbiano partecipato ad un corso di rilassamento, di tipo muscolare (Jakobson), legato al respiro, o di tipo meditativo. Un addestramento particolarmente utile ed efficiente è legato al training di respiro lento (Meuret et al., 2003). Tale addestramento risulta particolarmente efficace in soggetti con disturbo da attacco di panico, in quanto il controllo del respiro associato al test dell’iperventilazione possono diminuire notevolmente le aspettative catastrofiche legate all’attacco di panico stesso. Tale tecnica di respiro prevede di assumere un ritmo molto lento durante il quale compiere una respirazione, con un ritmo molto inferiore ai 10 re-­‐
spiri al minuto. Solitamente i pazienti possono usare tale tecnica per controllare i sinto-­‐
mi d’ansia. Misure di Efficacia Allo stato dell’arte non vi è un accordo su come concettualizzare e misurare l’esperienza dell’interazione all’interno di un ambiente VR. Non è quindi possibile proporre una misu-­‐
ra standard del grado di immersione all’interno di un ambiente VR, né è possibile misu-­‐
rare l’auto-­‐consapevolezza del sé all’interno dell’ambiente VR, né tanto meno l’auto-­‐
percezione del corpo virtuale (Riva, 2007). Al fine di misurare l’efficacia del protocollo di intervento, in aggiunta alla necessaria va-­‐
lutazione clinica soggettiva, sembra opportuno far uso di strumenti di misura collaudati e validati per la lingua italiana. Tra di essi si propongono: a. Misura dell’ansia di stato (STAI-­‐X-­‐1), versione italiana dello State-­‐Trait Anxiety Inventory (STAI) di Spielberger, tratto dalla Scheda 2 del CBA-­‐2.0 -­‐ Scale primarie (Zotti et al., 1985) b. Misura della gravità delle paure (IP), tratto da Scheda 7 del CBA-­‐2.0: valuta le paure del soggetto, riprendendo la Fear Survey Schedule, che chiarisce le rela-­‐
zioni che intercorrono tra le situazioni-­‐problema e le reazioni emozionali, cogni-­‐
tive e comportamentali. c. Misura delle ossessioni e compulsioni (Padua Inventory), di Sanavio (1988). Permette di misurare la presenza e gravità di sintomi e comportamenti di tipo ossessivo-­‐compulsivo, con particolare riferimento a: Mancanza di Controllo sulla propria attività mentale; Cleaning (venir contaminati); Checking (comportamenti di controllo); Impulsi e preoccupazioni di perdere il controllo del proprio com-­‐
portamento motorio. d. Inventario psicodiagnostico per la valutazione degli stili di personalità e i disturbi sintomatici (Millon Clinical Multiaxial Inventory – III; ed. it. Millon et al., 2008). Investimento tecnologico Per realizzare un sistema VR sono necessari strumenti in grado di ricreare ambienti 3D, rilevare i movimenti dell'utente ed elaborarli di conseguenza, restituendo la sensazione di essere realmente all' interno dell’ambiente generato. Occorrono quindi degli stru-­‐
menti di input (da un semplice joystick ad accelerometri e sensori di forza), che hanno il compito di rilevare il movimento dell’utente. I dati così raccolti sono restituiti mediante strumenti di output (un monitor, un visore “a caschetto”, strumenti aptici per il ritorno di forza). La sensazione di realtà è data dalla capacità del sistema di processare le informazioni ri-­‐
cevute e produrre un conseguente ritorno visivo, sonoro ed eventualmente aptico. Se-­‐
condo Galimberti et al. (2006) il senso di realtà è proporzionale sia alla corrispondenza tra movimento compiuto e modificazione dell'ambiente, sia alla velocità con cui tale operazione è effettuata. Fino a pochi anni fa solo alcuni centri specializzati, solitamente afferenti al mondo della ricerca, erano in grado di proporre a pazienti “reali” la possibilità di utilizzare ambienti VR per il trattamento di disturbi psicologici. Lo sviluppo tecnologico recente permette di implementare il protocollo di psicoterapia con la realtà virtuale con un investimento economico volendo anche modesto (come attraverso i dispositivi illustrati in Figura 7). Figura 7: Strumentazione minima per poter offrire una proposta di psicoterapia con l’utilizzo della realtà virtuale. Nelle immagini visore HDM Vuzix iWer VR920 e dispositivo di input Logitech Cordless RumblePad. La creazione di un ambiente VR prevede quindi l’elaborazione di un programma in grado di articolare queste componenti: acquisizione dei dati in ingresso, elaborazione del mo-­‐
dello fisico tridimensionale, generazione di un corrispondente ritorno visivo ed even-­‐
tualmente sonoro e aptico. Tale programma dovrebbe riuscire ad elaborare le informazioni relative al modello tridimensione in tempo “percettivamente” reale. Al momento sono disponibili numerosi prodotti software, per lo più proprietari, in grado di svolgere le funzioni pocanzi illustrate e produrre differenti ambienti interattivi. Per un approfondimento si consiglia di riferirsi al sito http://cybertherapy.info che offre una panoramica critica dei prodotti offerti sul mercato. 5. Riscontri clinici Il protocollo qui presentato è stato applicato con più di 120 pazienti in regime residen-­‐
ziale in un periodo di trenta mesi, in abbinamento a un’appropriata terapia farmacologia e ad altri interventi psicoeducativi, espressivi e di gruppo. Allo stato attuale non è possi-­‐
bile produrre dei dati scientificamente rilevanti in quanto la metodologia di intervento non permette di identificare i fattori principali dell’efficacia dell’intervento. Inoltre l’eterogeneità del campione psichiatrico non permette una generalizzazione dei risultati ottenuti. È possibile quindi riportare solamente alcuni riscontri dalla valenza aneddotica, che verranno costruiti attorno a tre valenze peculiari degli ambienti VR: 1. La capacità suggestive 2. Il ruolo dell’esposizione 3. L’importanza della relazione terapeutica Anzitutto i pazienti psichiatrici, abituati da lunga data ad interventi psicoterapeutici di differente matrice culturale, vedono nell’utilizzo della realtà virtuale un elemento nuo-­‐
vo, suggestivo, che permette di avvicinarsi ad un percorso psicoterapeutico con rinnova-­‐
to interesse. In un ambiente VR, rassicurati dalle possibilità di controllo e dalla presenza del terapeuta, i pazienti tendono ad adottare delle strategie relazioni più spontanee, con delle ridotte strategie di controllo. Il paziente psichiatrico avverte la possibilità di “la-­‐
sciarsi andare” ed esprimere fantasie e immagini, ricordi e progetti, pensieri altrimenti non facilmente accessibili. Il paziente arriva ad esprimere espressioni per lui abitualmen-­‐
te censurate e, talora, quasi si stupisce della produzione verbale emersa e riferita duran-­‐
te la sessione virtuale. La tecnologia porta all’espressione di emozioni con modalità originali rispetto alla co-­‐
municazione verbale (Optale et al., 2006). Il paziente immerso nel contesto VR sembra quasi dimenticare lo studio entro cui si svolge la relazione terapeutica e si immerge in un mondo dove l’operatore, come in un drammatizzazione operata tramite un role-­‐play, diventa compagno nell’esplorazione del mondo, con i suoi aspetti di sicurezza e con gli elementi che creano disagio. La persona è libera di avvicinarsi agli avatar presenti sulla scena (le persone virtuali) e interagire con esse. Solitamente è l’operatore ad “animare” in una sorta di role-­‐playing queste figure, ma è possibile programmare la presentazione di registrazioni di reali inte-­‐
razioni. L’utente esprime senza mediazioni le proprie modalità comportamentali di rela-­‐
zionarsi con estranei e familiari e l’operatore può interagire correggendo o modificando tali modalità. Ancora di più l’utente può verbalizzare la propria percezione delle emozio-­‐
ni e intenzioni del comportamento altrui (teoria della mente). Nei quadri diagnostici di disturbi su Asse II emergono evidenti i limiti nelle capacità di interpretare i segnali non verbali altrui, le false credenze e gli stereotipi legati all’aspetto, alla postura e all’immagine altrui. Sarebbe molto interessante riuscire a formalizzare tale processo re-­‐
lazionale offrendo uno strumento interattivo per la valutazione delle capacità empati-­‐
che, soprattutto legate alla percezione delle emozioni e intenzioni altrui. L’elemento cardine delle sessioni di psicoterapia con l’utilizzo di ambienti VR rimane la possibilità di superare gli evitamenti comportamentali. Il paziente si espone alle situa-­‐
zioni temute (da quelle relazionali, a luoghi e contesti, a oggetti e sporcizia). Il protocollo si basa come razionale sull’efficacia di un intervento basato sull’esposizione. Il paziente, soprattutto se con delle capacità immersive adeguate, sperimenta la navigazione nell’ambiente VR come se fosse nel mondo reale: il paziente con disturbo ossessivo-­‐
compulsivo di contaminazione si terrorizza al solo vedere uno scopino da water, il pa-­‐
ziente agorafobico fugge dalla sola vista di una piazza deserta, il paziente fobico sociale si paralizza al vedere un auditorio pronto ad ascoltare le sue parole. Al tempo stesso questi pazienti imparano gradualmente a ridurre la loro attivazione simpatica con una esposizione prolungata allo stimolo virtuale. Distratti dalle parole dell’operatore, questi utenti si immergono per un tempo prolungato ad osservare i dettagli degli oggetti temu-­‐
ti, riducendo fisiologicamente lo stato di distress. L’immagine temuta diventa familiare e l’utente è ora in grado di interagire con essa. Una peculiarità del protocollo implementato consistente nel far seguire, immediatamen-­‐
te o nelle sessioni successive, all’esposizione virtuale l’esposizione reale. Così la paziente che teme di rimanere contaminata camminando scalza sull’erba sperimenta per più ses-­‐
sioni l’immersione VR in un ampio prato e poi, quando il livello di distress è tollerabile, accompagnata dall’operatore che svolge sempre la funzione di modello, cammina real-­‐
mente a piedi nudi sulla tanto temuta erba del prato. Così avviene per gli oggetti del ba-­‐
gno o i coltelli della cucina. All’interno del contesto residenziale i pazienti percepiscono il protocollo implementato come una modalità di psicoterapia immersiva e intensa. Abituati a colloqui della durata di mezz’ora alla settimana, sperimentano una modalità inedita di confrontarsi ed essere sostenuti da uno psicologo per due sessioni dalla durata di quasi un’ora ciascuna. Il pro-­‐
tocollo implementato permette alla maggior parte dei pazienti residenziali di riuscire ad attivare una relazione terapeutica basata sulla fiducia. Molti pazienti riferiscono di sen-­‐
tirsi accolti e compresi, sostenuti ed aiutati ad affrontare almeno una difficoltà delle tan-­‐
te che caratterizzano i motivi che li hanno portati a chiedere un ricovero in una struttura psichiatrica. In questa prospettiva il protocollo VR rappresenta non una psicoterapia completa e ter-­‐
minante, ma un inizio di modalità differenti di interagire con un operatore del disagio psicologico. Si offre al paziente disponibilità, tempo e duttilità nel riprogrammare ogni volta il progetto terapeutico sulle specifiche esigenze riportate. Ci si confronta prima-­‐
riamente sul “tanto che sta sotto la luce del sole” e si cerca di trasmettere modalità più funzionali per organizzare la propria esistenza. L’idea è che la persona sofferente, che per lo più sperimenta un cedimento complessivo nelle sue capacità relazionali e di auto-­‐
nomia, possa almeno essere aiutata a ridiventare autonoma in aspetti puntuali della sua vita, per permettergli di affrontare con rinnovata determinazioni aspetti centrali che ri-­‐
chiedono un trattamento che accolga una dinamicità a più ampio spettro del sistema cognitivo-­‐emotivo-­‐comportamentale, allargando la prospettiva ad elementi diacronici e sincronici. Al tempo stesso si chiede al paziente una collaborazione differente da modali-­‐
tà solamente espressive o passive. Al paziente viene richiesto un atteggiamento attivo e collaborante, sia durante la sessione che nello spazio tra le sessioni. I pazienti hanno im-­‐
parato che il protocollo VR prevede dei “compiti”, degli esercizi di allenamento, chiara-­‐
mente di matrice CBT, che possano prolungare l’efficacia della sessione stessa. Riscontri con i colleghi I colleghi di differente formazione (medici psichiatri e psicologi sistemici e dinamici) guardano con interesse al protocollo che prevede l’utilizzo di ambienti VR. Oltre agli evi-­‐
denti casi di disturbi d’ansia (fobie, ossessioni) e ai disturbi del comportamento alimen-­‐
tare, si prescrivono quei casi solitamente considerati non trattabili con le modalità del colloquio ordinario: ci si aspetta che un approccio eminentemente comportamentale possa aprire possibilità di intervento altrimenti non accessibili. Viene apprezzata la stret-­‐
ta aderenza alle situazioni della vita reale (cosa succede in un appartamento, al super-­‐
mercato, in piazza, in vacanza o in un ufficio) e l’impronta strettamente orientata ad ri-­‐
durre il disagio nella vita quotidiana. I colleghi riconoscono come questo protocollo permetta di acquisire una serie di infor-­‐
mazioni comportamentali e cognitive altrimenti difficilmente raggiungibili. Grazie all’ambiente VR i pazienti si avvicinano a situazioni della vita reale che altrimenti risulta-­‐
no molto lunghi da essere indagati tramite colloquio. I colleghi vedono negli ambienti VR uno strumento oggettivo di indagine che potrebbe meritare un’operazione di standardizzazione qualitativa se non psicometrica. L’esperienza personale permette di identificare dei dettagli comportamentali dell’interazione dell’utente all’interno dell’ambiente virtuale che aiutano a formulare una diagnosi. Sarebbe molto interessante che il lavoro iniziato dal gruppo di Kim (2008, 2010) riuscisse a fornire delle linee guida per la definizione di un protocollo di valutazio-­‐
ne degli aspetti sintomatologici del disturbo ossessivo-­‐compulsivo o di altri disturbi d’ansia. Riscontri con la stampa medica I riscontri clinici fin qui evidenziati sono stati interpretati dalla stampa medica specializ-­‐
zata e divulgativa soprattutto nell’ottica dello strumento innovativo che innalza l’efficacia della cura. Quindi è l’elemento della discontinuità, della novità, a prevalere. Come evidenziato negli articoli allegati (per una rassegna stampa più completa si veda il materiale disponibile all’indirizzo http://marcovicentini.it/vr) si propongono al pubblico specialista e non solo gli aspetti innovativi dei protocolli di intervento VR senza mostrar-­‐
ne il razionale di intervento fondato su una pratica clinica almeno cinquantennale. Pre-­‐
sentato come uno strumento puramente informatico, un protocollo che utilizza gli ambienti VR è posto a confronto con simulazioni grafiche e 3D ben più accattivanti e ri-­‐
schia di essere percepito dai lettori come un “gioco”, peraltro con una grafica non parti-­‐
colarmente accelerata. Ancora di più, presentare solo l’aspetto tecnologico di tali protocolli riduce il percorso psicoterapeutico a mero metodo tecnico nel quale la rela-­‐
zione diventa un elemento trascurabile. Tale riduzione viene percepita come inaccetta-­‐
bile da tutti quegli operatori che ben riconosco l’importanza primaria della relazione in ogni protocollo psicoterapeutico (Norcross, 2011). L’utilizzo di ambienti VR può rappresentare un’effettiva occasione per gli psicoterapeuti, soprattutto se di formazione CBT, per attivare protocolli di intervento basati sulla espo-­‐
sizione, utilizzando uno strumento intermedio tra le tecniche immaginative e l’esposizione in vivo. Implementare nella pratica ambulatoriale tale metodologia richiede una competenza ulteriore rispetto alle abilità cliniche e relazionali: allo psicoterapeuta è richiesta una fa-­‐
miliarità con gli strumenti tecnologi e le offerte multimediali in continuo sviluppo. Ancor più è richiesta una flessibilità mentale nel seguire un protocollo predefinito di esposizio-­‐
ne. Ai fini di una esposizione virtuale possono essere utilizzati strumenti ulteriori rispet-­‐
to agli ambienti 3D prodotti e sviluppati per il contesto clinico. Ritengo possibile utilizzare ogni fonte multimediale offerta dallo sviluppo informatico e da internet. Stru-­‐
menti quali images.google.com o maps.google.com, con le opzioni di navigazione 3D, possono rappresentare validi ausili per sostenere l’utente nell’affrontare le difficoltà e le situazioni della vita ordinaria. Gli strumenti di intervento proposti dai protocolli VR permettono allo stato attuale di affrontare efficacemente i principali disturbi d’ansia. Pur presentati in contesti speri-­‐
mentali, molto deve essere ancora fatto per offrire dei protocolli e degli strumenti validi per il trattamento dei disturbi dell’immagine corporea, dei disturbi del controllo degli impulsi (come il gioco d’azzardo) e delle nuove dipendenze legate al mondo di internet. 6. Riferimenti bibliografici Realtà Virtuale e Psicoterapia •
•
•
•
•
Botella C., Quero S., Banos R.M., Perpina C., Garcia Palacios A., Riva G. (2006). Virtual Reality and Psychotherapy, in Riva, G., Botella, C., Legeron, P., & Optale, G. (Eds.), Cybertherapy: Internet and Virtual Reality as Assessment and Rehabili-­‐
tation Tools for Clinical Psychology and Neuroscience (cap. 3). IOS Press, Am-­‐
sterdam. Difede J., & Hoffman H.G. (2002). Virtual Reality Exposure Therapy for World Trade Center Post-­‐traumatic Stress Disorder: A Case Report. CyberPsychology & Behavior, 5(6), 529-­‐535. Galeazzi A., Di Milo G. (2011). Nuove frontiere in psicoterapia: la realtà virtuale. Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale, 17(1), 31-­‐52. Galimberti C., Belloni G., Cattaneo A., Grassi M., Manias V., Menti L. (2006). An Integrated Approach to the Ergonomic Analysis of VR. In Psychotherapy: Panic Disorders, Agoraphobia and Eating Disorders, in Riva, G., Botella, C., Legeron, P., & Optale, G. (Eds.), Cybertherapy: Internet and Virtual Reality as Assessment and Rehabilitation Tools for Clinical Psychology and Neuroscience (cap 12). IOS Press, Amsterdam. Jack D., Boian R., Merians A.S., Tremaine M., Burdea G.C., Adamovich S.V., Recce M., Poizner H. (2001). Virtual reality-­‐enhanced stroke rehabilitation. IEEE Trans-­‐
actions on Neural Systems and Rehabilitation Engineering, 9(3), 308-­‐318. •
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Lawrence D.A. (1993). Stability and Transparency in Bilateral Teleoperation. IEEE Transactions on Robotics and Automation, 9(5), 624-­‐637. Morganti F., Riva G. (2006). Conoscenza comunicazione e tecnologia: Aspetti cognitivi della realtà virtuale. LED Edizioni Universitarie, Milano. Riva G. (2006a). Comprendere la mente multiculturale: Embodiment, presenza e presenza sociale. Giornale italiano di psicologia, 33(2), 315-­‐318. Riva G. (2006b). Virtual Reality. In M. Akay (Ed.) Wiley Encyclopedia of Biomedi-­‐
cal Engineering (1:17). John Wiley & Sons. Riva G. (2008). Psicologia dei nuovi media. Il Mulino, Bologna. Riva, G. (1999). Virtual Reality as Communication Tool: A Sociocognitive Analy-­‐
sis. Presence, 8(4), 462-­‐468. Riva, G. (2002). Virtual Reality for Health Care: The Status of Research. Cy-­‐
berPsychology & Behavior, 5(3), 219-­‐225. Riva, G. (2005). Virtual Reality in Psychotherapy: Review. CyberPsychology & Be-­‐
havior, 8(3), 220-­‐240. Riva, G. (2007). Virtual Reality and Telepresence. Science, 318(5854), 1240-­‐1242. Vidotto G., Bastianelli A., Spoto A., & Sergeys F. (2011). Enhancing hazard avoid-­‐
ance in teen-­‐novice riders. Accident Analysis & Prevention, 43(1), 247-­‐252. Vincelli, F., & Riva, G. (2007), La Realtà Virtuale come supporto alla psicoterapia cognitivo-­‐comportamentale, in Vincelli, F., Riva, G., & Molinari, E. (Eds.). La realtà virtuale in psicologia clinica. Nuovi percorsi di intervento nel disturbo di panico con agorafobia (pp. 67-­‐92). McGraw-­‐Hill, Milano Wann J., & Mon-­‐Williams M. (1996). What does virtual reality NEED?: human factors issues in the design of three-­‐dimensional computer environments. Inter-­‐
national Journal of Human-­‐Computer Studies, 44(6), 829-­‐847. Wiederhold B.K., & Wiederhold M.D. (2006). Virtual Reality as a Tool in Early In-­‐
terventions. In Human Dimensions in Military Operations: Military Leaders’ Strategies for Addressing Stress and Psychological Support (pp. 45-­‐1 – 45-­‐8). Neuilly-­‐sur-­‐Seine, France. Realtà Virtuale e Disturbi d’Ansia •
•
Botella, C., Villa, H., Garcia-­‐Palacios, A., Quero, S., Banos, R. M., and Alcaniz, M. (2006). The use of VR in the treatment of panic disorders and agoraphobia, in Riva, G., Botella, C., Legeron, P., & Optale, G. (Eds.), Cybertherapy: Internet and Virtual Reality as Assessment and Rehabilitation Tools for Clinical Psychology and Neuroscience (cap. 5). IOS Press, Amsterdam. Coelho C.M., Waters A.M., Hine T.J., and Wallis G. (2009). The use of virtual real-­‐
ity in acrophobia research and treatment. Journal of Anxiety disorders, 23(5), 563-­‐574. •
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Garcia-­‐Palacios A., Hoffman H., Carlin A., Furness T.A., & Botella C. (2002). Virtu-­‐
al reality in the treatment of spider phobia: a controlled study. Behaviour Re-­‐
search and Therapy, 40(9), 983-­‐993. Harris S.R., Kemmerling R.L., & North M.M. (2002). Brief Virtual Reality Therapy for Public Speaking Anxiety. CyberPsychology & Behavior, 5(6), 543-­‐550. Klinger E., Legeron P., Roy S., Chemin I., Lauer F., & Nugues P. (2006). Virtual re-­‐
ality exposure in the treatment of social phobia. In Riva, G., Botella, C., Legeron, P., & Optale, G. (Eds.), Cybertherapy: Internet and Virtual Reality as Assessment and Rehabilitation Tools for Clinical Psychology and Neuroscience (cap. 6). IOS Press, Amsterdam. Parsons T.D., & Rizzo A.A. (2008). Affective outcomes of virtual reality exposure therapy for anxiety and specific phobias: A meta-­‐analysis. Journal of Behavior Therapy and Experimental Psychiatry, 39(3), 250-­‐261. Powers M.B., & Emmelkamp P.M.G. (2008). Virtual reality exposure therapy for anxiety disorders: A meta-­‐analysis. Journal of Anxiety Disorders, 22, 561-­‐569. Pull, C. B. (2005). Current status of virtual reality exposure therapy in anxiety disorders. Current Opinion in Psychiatry, 18(1), 7-­‐14. Rothbaum B.O., Anderson P., Zimand E., Hodges L., Lang D., Wilson J. (2006). Virtual Reality Exposure Therapy and Standard (in Vivo) Exposure Therapy in the Treatment of Fear of Flying. Behavior Therapy, 37(1), 80-­‐90. Vincelli F., Choi Y.H., Molinari E., Wiederhold .B.K., & Riva G. (2000). Experiential Cognitive Therapy for the treatment of panic disorder with agoraphobia: Defini-­‐
tion of a clinical protocol. CyberPsychology & Behavior, 3(3), 375-­‐385. Vincelli, F., Riva G., & Molinari E. (2007). Come si cura il panico con la Realtà Vir-­‐
tuale: la Terapia Cognitivo-­‐Esperienziale. In Vincelli, F., Riva, G., & Molinari, E. (Eds.). La realtà virtuale in psicologia clinica. Nuovi percorsi di intervento nel dis-­‐
turbo di panico con agorafobia (pp. 133-­‐178). McGraw-­‐Hill, Milano Walshe D.G., Lewis E.J., Kim S.I., O’Sullivan K., Widerhold B.K. (2003). Exploring the Use of Computer Games and Virtual Reality in Exposure Therapy for Fear of Driving Following a Motor Vehicle Accident. CyberPsychology & Behavior, 6(3), 329-­‐334. Wiederhold B.K., & Wiederhold M.D. (2001). Virtual reality technology in the treatment of anxiety disorders. In M. Akay & A. Marsh (Eds.), Information Tech-­‐
nologies in Medicine, Volume II (Chapter 2). John Wiley & Sons, London Realtà Virtuale e Disturbo ossessivo compulsivo •
•
Clark A., Kirkby K.C., Daniels B.A., and Marks I.M. (1998). A pilot study of com-­‐
puter-­‐aided vicarious exposure for obsessive-­‐compulsive disorders. Australian and New Zealand Journal of Psychiatry, 32, 268-­‐275. Kim K., Kim C.H., Cha K.R., Park J. Han K., Kim Y.K., Kim J.J., Kim I.Y., Kim S.I. (2008). Anxiety Provocation and Measurement Using Virtual Reality in Patients •
•
with Obsessive-­‐Compulsive Disorder. CyberPsychology & Behavior, 11(6), 637-­‐
641 Kim K., Kim S.I., Cha K.R., Park J., Rosenthal M.Z., Kim J.J., Han K., Kim I.Y., & Kim C.H. (2010). Development of a computer-­‐based behavioral assessment of check-­‐
ing behavior in obsessive-­‐compulsive disorder. Comprehensive Psychiatry, 51, 86-­‐93. Lack C.W., & Storch E.A. (2008). The use of computers in the assessment and treatment of obsessive-­‐compulsive disorder. Computers in Human Behavior, 24, 917-­‐929. Realtà Virtuale e Disturbi del Comportamento Alimentare •
•
•
•
•
•
Riva G., Bacchetta M., Baruffi M., & Molinari E. (2001). Virtual Reality–Based Multidimensional Therapy for the Treatment of Body Image Disturbances in Obesity: A Controlled Study, CyberPsychology & Behavior, 4(4), 511-­‐526. Riva G., Bacchetta M., Baruffi M., Rinaldi S., & Molinari E. (1999). Virtual reality based experiential cognitive treatment of anorexia nervosa, Journal of Behavior Therapy and Experimental Psychiatry, 30(3), 221-­‐230. Riva G., Bacchetta M., Baruffi M., Rinaldi S., Vincelli F., & Molinari E. (1998). Ex-­‐
periential Cognitive Therapy: A VR based approach for the assessment and treatment of eating disorders. In G. Riva, B.K. Wiederhold, E. Molinari (Eds) Vir-­‐
tual environments in clinical psychology and neuroscience: Methods and tech-­‐
niques in advanced patient-­‐therapist interaction (pp. 120-­‐135). IOS Press, Amsterdam. Riva G., Bacchetta M., Baruffi M., Rinaldi S., Vincelli F., & Molinari E. (2000). Vir-­‐
tual reality-­‐based experiential cognitive treatment of obesity and binge-­‐eating disorders. Clinical Psychology and Psychotherapy, 7(2), 1:24. Riva G., Bacchetta M., Cesa G., Conti S., Castelnuovo G., Mantovani F., & Moli-­‐
nari E. (2006). Is severe obesity a form of addiction? Rationale, clinical approach and a controlled clinical trial. CyberPsychology & Behavior, 9(4), 457-­‐479. Riva G., Bacchetta M., Cesa G., Conti S., Molinari E. (2004). The use of VR in the treatment of Eating Disorders. Studies in Health Technologies and Informatics, 99, 12-­‐163. Realtà Virtuale e Disturbi Sessuali •
Optale G., Pastore M., Marin S., Bordin D., Nasta A., Pianon C. (2006). Male Sex-­‐
ual Dysfunctions: immersive Virtual Reality and multimedia therapy. In Riva, G., Botella, C., Legeron, P., & Optale, G. (Eds.), Cybertherapy: Internet and Virtual Reality as Assessment and Rehabilitation Tools for Clinical Psychology and Neu-­‐
roscience (cap. 8). IOS Press, Amsterdam. Realtà Virtuale e trattamento del dolore •
•
•
Askay S.W., Patterson D.R., & Sharar S.R. (2009). Virtual reality hypnosis. Con-­‐
temporary Hypnosis, 26(1), 40-­‐47. Hoffman H.G., Chambers G.T., Meyer III W.J., Arcenaux L.L., Russel W.J., Seibel E.J., Richards T.L., Sharar S.R., & Patterson D.R. (2011). Virtual reality as an Ad-­‐
junctive non-­‐pharmacologic analgesic for acute burn pain during medical proce-­‐
dures. Annals of Behavioral Medicine, 41(2), 183-­‐191. Wismeijer A.A.J., & Vingerhoets J.J.M. (2005). The use of virtual reality and au-­‐
diovisual eyeglass systems as adjunct analgesic techniques: A review of the liter-­‐
ature. Annals of Behavioral Medicine, 30(3), 268-­‐278. Ulteriori riferimenti bibliografici •
•
•
•
•
•
•
•
Andrews, G., Creamer, M., Crino, R., Hunt, C., Lampe, L., & Page, A.(2003). Trat-­‐
tamento dei disturbi d’ansia. Guida per il clinico e manuali per chi soffre del di-­‐
sturbo. Torino: Centro Scientifico Editore. Meuret, A. E., Wilhelm, F. H., Ritz, T., & Roth, W. T. (2003). Breathing Training for Treating Panic Disorder. Behavior Modification, 27(5), 731-­‐754. Millon T., (2008). MCMI-­‐III Millon Clinical Multiaxial Inventory III: Una rivoluzione nell'assessment clinico della personalità. Ed. It. a cura di A. Zennaro, S. Ferracuti, M. Lang, & E. Sanavio. Giunti Organizzazioni Speciali, Firenze. Norcross J.C. (2011). Psychotherapy relationships that work. Oxford University Press, New York. Rizzolatti G., & Sinigaglia C. (2006). So quel che fai: Il cervello che agisce e i neu-­‐
roni specchio. Raffaello Cortina, Milano. Sanavio E. (1988). Obsession and Compulsions: The Padua Inventory, Behaviour Research and Therapy, 26, 169-­‐177. Toso E. (2008). Il potere terapeutico dell’esposizione. Per la sessualità e altre paure. Ecomind, Salerno. Zotti A.M., Bertolotti G., Michielin P., Sanavio E., & Vidotto G. (1985). CBA Cogni-­‐
tive Behavioural Assessment 2.0: Scale primarie. Giunti Organizzazioni Speciali, Firenze. 7. Allegati Nelle seguenti pagine è riportato il protocollo approvato secondo le norme UNI EN ISO 9001 (VISIO 2000) e una breve rassegna stampa relativa a come la stampa specializzata e non ha acquisito la proposta della realtà virtuale: 1.
2.
3.
4.
5.
Protocollo di utilizzo della realtà virtuale in psicoterapia Italia Salute (sito web di informazione medica) Medicina Oltre (sito web di informazione medica) Confidenze (mensile a tiratura nazionale) Verona Fedele (settimanale a tiratura provinciale) Protocollo per il trattamento del Disturbo Ossessivo Compulsivo [F42.8]
tramite l’utilizzo della realtà virtuale
CAMPO DI APPLICAZIONE
Il presente protocollo si applica alle attività di somministrazione della psicoterapia cognitiva
e comportamentale in ambiente di realtà virtuale con pazienti con diagnosi su Asse I di
Disturbo Ossessivo Compulsivo [F42.8].
1
2
2.1
ATTIVITÀ
Generalità
L’utilizzo in psicoterapia della Realtà Virtuale (VR) è una metodologia terapeutica
impiegata nei Disturbi d’Ansia e dell’Immagine corporea. La psicoterapia in ambiente VR,
secondo le evidenze cliniche riconosciute dalla letteratura, è indirizzata a pazienti con
diagnosi di: Fobia Specifica, Fobia Sociale, Agorafobia, Disturbo Ossessivo – Compulsivo,
Disturbo dell’Immagine Corporea.
La psicoterapia in ambiente di VR è indicata nel trattamento di questi disturbi in
associazione con i comuni trattamenti farmacologici o psicoterapeutici.
La psicoterapia in ambiente di VR permette di presentare al Paziente un contesto di
interazione sociale ed esposizione agli stimoli ansiogeni attraverso il quale è possibile
sperimentare emozioni e azioni, allo scopo di far rivivere ai Pazienti le proprie paure, le
difficoltà, i pensieri ossessivi, i comportamenti disfunzionali, e far risaltare in contesto
protetto e controllabile il materiale cognitivo ed emozionale che ne sta alla base.
Il principio terapeutico su cui si basa l’intervento è quello della Desensibilizzazione
Sistematica, definito come “progressiva esposizione allo stimolo fobico, in un contesto di
rilassamento, con prevenzione del comportamento compulsivo”.
All’interno della Casa di Cura la psicoterapia in ambiente di VR è utilizzata come ausilio
nel trattamento del Disturbo d’Ansia e dei Disturbo Ossessivo – Compulsivo, secondo le
linee guida descritte in Botella et al. (2006).
2.2
Prescrizione
L’esecuzione di un ciclo di psicoterapia in ambiente di VR è prescritta dal medico
psichiatra o dallo psicologo sulla “Scheda Attività Psicoterapeutiche/Somatiche”, tramite la
voce “Terapia Virtuale”.
In ogni caso il medico, prescrive di volta in volta nella “Scheda terapie e accertamenti” la
prosecuzione dei trattamenti in base alla situazione clinica del paziente e alla sua reazione
alla terapia.
In caso di termine della prescrizione prima del completamento del ciclo, provvede a
registrare lo Stop sulla “Scheda attività psicoterapeutiche/Somatiche”.
Pag. 1 di 3
Al fine di aumentare l’efficacia del trattamento, è conveniente che alla psicoterapia in
ambiente VR venga prescritta congiuntamente la Terapia di Rilassamento.
2.3
2.3.1
Fasi
Indagine clinica
Non sono necessarie particolari indagini cliniche oltre la normale routine di entrata e
l’inquadramento diagnostico effettuato dal medico, essendo tale terapia priva di effetti
collaterali.
2.3.2
Consenso Informato specifico
Non è richiesto consenso informato specifico. Per questa terapia fa fede il consenso
generale al trattamento richiesto all’ingresso.
2.3.3
Preparazione
Non serve preparazione specifica per eseguire questa terapia, tuttavia il Medico Curante o
l’operatore provvederà ad illustrare al paziente lo scopo, le indicazioni della terapia ed i
suoi effetti.
2.3.4
Piano terapeutico
Il protocollo di intervento si struttura in 8 sedute a frequenza bisettimanale, della durata di
50 minuti ciascuna.
2.3.5
Esecuzione
Prima della prima sessione un Medico della Casa di Cura o l’operatore incaricato illustrerà
a ciascun paziente cui è stato prescritto il trattamento il significato e le modalità di
svolgimento della terapia. Il numero giornaliero dei partecipanti è definito di volta in volta
sulla base delle prescrizioni. All’orario concordato, l’operatore passerà dai reparti per
accompagnare il paziente verso lo spazio dedicato alla terapia.
2.3.6
Prima Seduta
Durante la prima seduta verrà effettuato con il paziente una classificazione degli stimoli
fobici attraverso una scala SUD (Subjective Units of Distress) e verrà definita una
gerarchia tra gli stimoli stessi. Nella prima seduta verrà effettuata una esposizione ad una
scena neutra finalizzata all’ambientazione con la navigazione nell’ambiente VR. Eventuali
sensazioni soggettive di insofferenza all’esposizione all’ambiente VR (ad es. nausea,
vertigini) saranno riportate nell’apposito modulo.
Pag. 2 di 3
2.3.7
Sedute Successive
Ciascuna sessione si compone di esercizi di rilassamento seguiti da esercizi di
esposizione alle sensazioni interne e agli stimoli esterni utilizzando l’ambiente VR. Le
emozioni provate durante l’avvicinamento allo stimolo fobico sono oggetto di analisi e
confronto, al fine di favorire la rielaborazione delle stesse e dei pensieri connessi; si presta
attenzione ad identificare con il Paziente i comportamenti disfunzionali e a progettare
comportamenti più funzionali.
Al termine di ciascuna sessione verrà indicato al Paziente un compito reale o
immaginativo di esposizione con prevenzione della risposta compulsiva o della risposta di
evitamento, relativa agli stimoli affrontati nel corso della sessione.
Le registrazioni relative all’andamento della seduta sono effettuate dall’operatore sulla
scheda personale del Paziente. Ogni singola seduta, anche se sospesa, è documentata
dall’animatore sul modulo Attività psicoterapeutiche.
Non è necessaria nessuna particolare osservazione nei confronti del Paziente, una volta
che questi è rientrato in reparto.
2.3.8
Monitoraggio
Al fine di monitorare l’efficacia clinica della terapia verranno somministrate prima del
trattamento e al termine dello stesso una scala di valutazione circa la gravità delle paure
(Inventario Paure di Wolpe, IP, ed. it. Sanavio et al., 1988), due scale per misurare la
presenza e gravità di sintomi e comportamenti di tipo ossessivo – compulsivo (Padua
Inventory, PI, Sanavio 1988; Yale-Brown Obsessive-Compulsive Scale, Y-BOCS), e un
inventario psicodiagnostico per la sintomatologia su Asse I e un profilo di personalità su
Asse II (Millon Clinical Multiaxial Inventory – III, di Millon, ed. it. 2008).
2.4
Addestramento
Gli operatori che operano nell’applicazione della psicoterapia in ambiente di VR si
possono individuare negli psicologi e psicoterapeuti; la qualifica necessaria alla
conduzione dell’attività si riconduce alla formazione specifica per l’applicazione della
Desensibilizzazione Sistematica, di tecniche immaginative e di tecniche di rilassamento.
Pag. 3 di 3
Cerca...
TROVA
HOME
BENESSERE
Sezioni medicina
Analisi cliniche
Andrologia
Balbuzie
Cardiologia
Chirurgia
Chirurgia Estetica
Dermatologia
Diabete
Ematologia
Endocrinologia
Farmacologia
Flebologia
Gastroenterologia
Genetica
Geriatria
Ginecologia
Gravidanza
Handicap
Malattie infettive
Malattie renali
Medicine naturali
Neurologia
Oculistica
Odontoiatria
Orecchie e gola
Ortopedia
Pediatria
Psichiatria
Psicologia
Sclerosi
Trapianti
Tumori
Urologia
Viaggi
Prontuario A L
Prontuario M Z
BELLEZZA
FITNESS
GRAVIDANZA
PEDIATRIA
FARMACIA
ENCICLOPEDIA
FORUM
TECNO
INFO
Bulimia e anoressia, l'aiuto della realtà
virtuale
Una nuova forma di comunicazione, capace di mediare fra terapeuta e mondo
reale
Contro i disturbi del comportamento
alimentare ecco la Virtual Reality, una
metodica avveniristica che, abbinata alla
seduta psicoterapica, riesce a far ottenere
risultati incoraggianti e in tempi più brevi.
Mentre negli USA e in molti paesi d’Europa la
Realtà Virtuale è già, da una decina d’anni,
uno strumento consolidato nella pratica clinica, in Italia ha tardato ad
apparire. La Casa di Cura Villa Santa Chiara, centro d’eccellenza nella cura
dei disturbi psichici e sempre aperta a tutte le innovazioni realmente
efficaci, già alcuni anni fa, credette e investì in questa tecnica che, da ormai
tre anni, fa parte di un protocollo consolidato di intervento. Villa Santa
Chiara è, infatti, la prima clinica in Italia a offrire, un protocollo
terapeutico che si avvale della Realtà Virtuale con risultati molto
incoraggianti nella cura di disturbi psichici di vario tipo. La clinica è
...(Continua) leggi la 2° pagina
FORUM
Accesso
LEGGI
Pwd
ENTRA
anoressia 10/02/2011 22.22.47
Medico: dott.ssa Ronchi
vorrei solo raccontare brevemente la mia esperienza con
l'anoressia anche se la mia è stata una [...]
Anoressia e canoni di
bellezza 10/02/2011 21.54.11
K E Y W O R D S | anoressia, bulimia, virtuale,
Medico: dott.ssa Ronchi
secondo me va da caso a caso. forse i media offrono un
possibile modello ritenuto di successo e i [...]
Anoressia 11/08/2010 16.59.11
Alimentazione: anoressia, bulimia e
Anoressia: un problema in
Anoressia e alta moda
aumento tra i giovani
Pubblicità
I sintomi dei disturbi
alimentari
Dalla salute dei denti si
scoprono bulimia e
iperalimentazione
L'anoressia è una malattia mentale grave. Detto questo ci
sono alcuni messaggi fuorvianti. Chi ne [...]
Inserisci la tua domanda
Inserisci Commento
Commenta con facebook
Facebook box
Attiva
Vodafone
ADSL
Scopri l'offerta
Web di Vodafone:
ADSL a 19€ per
un anno!
www.vodafone.it/offerte-adsl
Viking Prodotti Ufficio
Cancelleria,
Carta, Toner,
Cartucce Arredo:
Consegna Gratis
da 75€!
www.Vikingop.it
Dott.ssa
Valentina Fusa
Psicologa
Psicoterapeuta Ottieni
cambiamenti in
tempi brevi
www.psicocitta.it/fusa-valentina/
Anoressia,
Bulimia?
Soffri di disturbi
animentari e del
comportamento?
Scoprilo con il
test
www.testsalute.it/anoressia_bulimia
Tutti i TEST di ItaliaSalute.it
Nei preliminari
sessuali non
bisogna
tralasciare...
Che cosa?
VOTA | RISULTATI
Tutti i SONDAGGI di ItaliaSalute.it
Redazione e negozio TEL. 06 33.33.437 FAX 1786064458 Via A. Serra 81/b (Fleming), 00191 Roma
Negozio e Centro medico TEL. 06 200.61.24 Centro Commerc.Le Torri, via F.Conti 66, 00133 Roma P.I
06442601008
Mail redazione Copyright © 2000-2011 Italiasalute s.r.l. Riproduzione riservata anche parziale
NOTIZIE CORRELATE
Notizie più lette
IL SESSO DEL NASCITURO SI SCOPRE A DUE MESI
I CIBI DA EVITARE IN GRAVIDANZA
PIÙ RISCHI PER IL NASCITURO CON CARENZA DI VITAMINA B12
L'ACQUAGYM DURANTE LA GRAVIDANZA È SICURA
IL COLLO DELL'UTERO PREDICE NASCITE PREMATURE
Leggi tutte le notizie
Leggi tutte le copertine
Le informazioni di medicina e salute non
sostituiscono l'intervento del medico
curante
PATOLOGIE
CONTATTI
PUBBLICITA'
CREDITS
HOME
RICERCA NEGLI ARTICOLI:
TUTTI GLI ARTICOLI:
Specialita' :
DIZIONARIO MEDICO
vai
cerca
RICERCA ARTICOLI
cerca
Dietologia (Comunicati stampa - 2011-06-24 12:00:17)
Disturbi alimentari, bulimia e anoressia: i risultati promettenti
della realtà virtuale
Una nuova forma di comunicazione, capace di mediare tra il terapeuta e il mondo reale.
«Ormai avevo rinunciato a combattere, avevo rinunciato a sperare di poter guarire da queste mie
paure. E oggi sono qui, dove non avrei mai creduto» – Questo il commento di molti pazienti curati
nella Casa di Cura Villa Santa Chiara (Quinto di Valpantena – Verona), e il merito, in parte, è anche
della Virtual Reality, una metodica avveniristica che, abbinata alla seduta psicoterapica, riesce a far
ottenere risultati incoraggianti e in tempi più brevi, nella cura dei disturbi alimentari e dei disturbi
ossessivo-compulsivi.
Mentre negli USA e in molti Paesi d’Europa la Realtà Virtuale è già, da una decina d’anni, uno
strumento consolidato nella pratica clinica, in Italia ha tardato ad apparire. La Casa di Cura Villa
Santa Chiara, centro d’eccellenza nella cura dei disturbi psichici e sempre aperta a tutte le
innovazioni realmente efficaci, già alcuni anni fa, credette e investì in questa tecnica che, da ormai
tre anni, fa parte di un protocollo consolidato di intervento.
«Anni fa, in visite di aggiornamento scientifico presso centri di eccellenza Nord-europei, ho potuto
assistere alle prime sperimentazioni cliniche della Realtà Virtuale» – spiega il Dott. Mario Giacopuzzi,
primario della Casa di Cura – «ne ho subito colto le potenzialità e la possibilità di integrazione con il
nostro modello di cura centrato sul malato e non sulla malattia. Ho quindi avviato un progetto di
sperimentazione, in collaborazione con ricercatori dell’Università Cattolica di Milano e, dopo un lungo
e costoso percorso di prove e aggiustamenti vari, la Realtà Virtuale è diventata pratica consolidata».
Villa Santa Chiara è, infatti, la prima clinica in Italia a offrire, un protocollo terapeutico che si avvale
della Realtà Virtuale con risultati molto incoraggianti nella cura di disturbi psichici di vario tipo. La
clinica è accreditata con il Servizio Sanitario Nazionale, pertanto il trattamento è fruibile anche dietro
presentazione d’impegnativa del medico curante.
Il mezzo è la Virtual Reality; l’obiettivo è valutare, in tempo reale, le sensazioni percepite e le azioni
messe in atto dal paziente. Il terapeuta, seduto accanto, lo “accompagna” e ne valuta le emozioni, le
scelte d’azione, le reazioni, le espressioni. Il paziente, indossato il caschetto, viene a contatto con
una realtà virtuale che lo proietta in diversi contesti, all’interno dei quali deve interagire,
confrontandosi con elementi che – nel vissuto reale – gli creano ansie e difficoltà che costituiscono,
cioè, l’elemento critico del disturbo sofferto. Entrare in un ristorante, vedere gente che mangia,
seduta ai tavoli: in che modo si muove il paziente in questo ambiente? Trovarsi in una cucina con il
cibo che cuoce, quali sensazioni scatena e come le gestisce? Una gita al parco, con tanto di pic-nic:
cosa c’è nel cestino e come si svolgerà l’esperienza di mangiare all’aperto? Entrare in un
supermercato e scegliere i prodotti: quali sensazioni scatena la vista di un barattolo di cioccolata e
quali cibi si mettono nel carrello? E ancora, cercare di far emergere la percezione di sé, quella più
“fisica”, nella scena ambientata in spiaggia, o al bordo di una piscina, dove il paziente incontra
virtualmente persone in costume: uomini e donne, magri e meno magri. Qual è l’elemento che
genera ansia? Quali sensazioni scatena la vista di una ragazza in forma?
E’ questo il prezioso “materiale” che aiuta il terapeuta nella sfida quotidiana di trovare strumenti
sempre più rapidi ed efficaci per il trattamento delle patologie psichiatriche, in questo caso legate ai
disturbi dell’alimentazione. Metodo che permette di raggiungere risultati efficaci in tempi inferiori,
rispetto ai protocolli classici, nella lotta contro anoressia nervosa e bulimia. Una speranza in più per
migliaia di giovani e giovanissimi (in prevalenza femmine) che soffrono di questo grave disturbo
psicologico.
Campi di applicazione
L’abbinamento della Realtà Virtuale ai classici protocolli di psicoterapia, sta dando ottimi risultati in
diversi campi di applicazione, comprendendo tutte le forme di disturbi fobici (fobie specifiche o
sociali), nel disturbo post traumatico da stress e nel disturbo ossessivo-compulsivo (comportamenti
ripetitivi).
Ma sembra essere il disturbo alimentare, nelle sue diverse forme, il campo di applicazione di più
stringente attualità. Definite disturbi dell’immagine corporea, Anoressia e Bulimia, sono in netto
aumento in Italia, specialmente tra le adolescenti. Si stimano 6000 nuovi ammalati di anoressia
nervosa (legata, cioè ad un vero e proprio disturbo psicologico) all’anno in Italia, prevalentemente
donne (1 maschio su 10 malati), in maggioranza tra i 12 e i 25 anni. Per quanto riguarda la bulimia,
nel nostro Paese oltre 10 mila persone si ammalano ogni anno, in prevalenza verso i 18-19 anni.
In totale, nel nostro Paese, queste gravi patologie psicologiche legate all’immagine corporea, si
stima colpiscano circa 65000 persone, in prevalenza giovani e giovanissimi.
L’Anoressia Nervosa è, difatti, causata da un vero disturbo psicologico il cui esordio è
prevalentemente in ragazzine tra i 14 e i 18 anni. Il paziente continua a vedersi in sovrappeso anche
in presenza di un importante dimagrimento. Questo porta la persona a diminuire sempre di più il
cibo ingerito (spesso rimesso) oltre che a smaltire il peso attraverso un’ossessiva routine fisica e con
l’aiuto di diuretici e lassativi, con gravi conseguenze fisiche e psicologiche, che, nei casi più gravi e
persistenti può condurre alla morte.
La Bulimia si manifesta, invece, con la sensazione di fame incontrollata e conduce a gravi forme di
obesità. La Bulimia Nervosa ha una matrice ansiogena ed è contraddistinta da episodi di “Bingeeating”, ossia, abbuffate esagerate e incontrollate, seguite da meccanismi di compensazione
(induzione del vomito, uso eccessivo di lassativi).
I quadri clinici delle diverse forme di Anoressia e Bulimia, comportano gravi conseguenze, sia sul
piano psicologico, sia sul piano fisico.
L’obiettivo del terapeuta è aiutare il paziente a correggere la distorsione d’immagine che la persona
ha di sé e di “disinnescare” le forme di ansia che accompagnano i disturbi del comportamento
alimentare. E la Realtà Virtuale lo aiuta, non poco, in questo compito, grazie a sofisticati software
che offrono molteplici situazioni modulabili a seconda delle caratteristiche e dei bisogni del malato.
COME FUNZIONA LA VIRTUAL REALITY
La Realtà Virtuale (VR) viene prodotta con un computer corredato da un caschetto che il paziente
indossa, che gli consente di immergersi nella realtà virtuale tridimensionale generata da un
software, in cui interagisce grazie a differenti strumenti di input – joystick, sensori di posizione,
guanti e tute – e di output come monitor, sistemi di suono surround, simulatori olfattivi, ecc., a
seconda dei casi da trattare. Il paziente sperimenta, così, la sensazione di essere realmente lì, nella
situazione in cui è proiettato. Gli ambienti ricreati in RV rappresentano un ulteriore contesto di
interazione sociale controllata, attraverso il quale è possibile sperimentare emozioni e azioni, per far
rivivere al paziente le proprie paure, le difficoltà, i comportamenti disfunzionali, e per far risaltare,
nel contesto protetto di un laboratorio, il materiale cognitivo ed emozionale che ne sta alla base.
I VANTAGGI
La Realtà Virtuale (VR) mostra numerosi vantaggi rispetto ai tradizionali protocolli terapeutici poiché
permette al paziente di immergersi e agire in una realtà percepita fisicamente ed emotivamente;
realtà in cui è messo in contatto con la situazione “temuta” o con l’immagine di sé, percepita o
desiderata, nel caso dei disturbi del comportamento alimentare. Al tempo stesso consente allo
psicoterapeuta, che lo accompagna nel percorso virtuale, di ricostruire con il paziente una gerarchia
di stimoli critici che sono alla base del disturbo lamentato, in maniera graduale, sicura e controllata,
per poi pianificare un programma di “desensibilizzazione”.
Il principio terapeutico sui cui si basa, infatti, è quello della “Desensibilizzazione Sistematica (DS)”,
definito come “progressiva esposizione allo stimolo fobico e prevenzione del comportamento
compulsivo” ed è la tecnica più consolidata nel tempo e più utilizzata in ambito di psicoterapia
comportamentale. Il terapeuta ha ampie possibilità di manipolazione delle esperienze da sottoporre
al paziente, in relazione alla gravità del suo disturbo e dei suoi bisogni.
Grazie alla tecnologia virtuale il terapeuta può osservare “dal vivo” il paziente mentre si trova di
fronte alla situazione critica. Migliora così la comprensione reciproca che permette una più efficace
individuazione del percorso curativo.
La VR è, infatti, un ottimo strumento per superare alcuni degli ostacoli tipici della pratica
terapeutica. Tradizionalmente, viene chiesto al paziente di immaginare più e più volte gli aspetti che
gli provocano ansia, per poi procedere alla cosiddetta “esposizione in vivo”, ossia provare, in certi
casi con il terapeuta, ad affrontare l’esperienza temuta dal vero.
Questo approccio presenta alcune importanti criticità: in primo luogo il terapeuta non può sapere
cosa immagina realmente il paziente; il paziente, dal canto suo, può non essere in grado di
immaginare in modo vivido lo stimolo ansiogeno, inoltre può avere troppa paura per procedere con
l’esposizione in vivo, che, tra l’altro, non può essere controllata, causando svantaggi al processo
terapeutico (si pensi per esempio alla paura di volare o di guidare).
Tutti questi limiti sono superati tout court dalla realtà virtuale, collocandola nell’ambito terapeutico
come un potente strumento utile a integrare il quadro d’intervento tradizionale basato su
presupposti teorici ampiamente riconosciuti.
Detto tutto ciò, si può comprendere come la VR può, a ragione, essere considerata una nuova ed
efficace frontiera nel panorama della psicoterapia. Una metodica aperta alla più ampia evoluzione,
sia in termini di raffinatezza informatica sia per la modulabilità in un infinito ventaglio di varianti, da
personalizzare secondo il caso trattato.
A Villa Santa Chiara è stato adottato, con ottimi risultati, un protocollo “integrato” ideato dal Prof.
Giuseppe Riva (docente di Psicologia della Comunicazione all’Università Cattolica di Milano e
coordinatore del progetto Miur Firb NeuroTiv dell’Istituto Auxologico Italiano, già premiato con
l’eContent Award per “Dream Island”, un sistema multimediale per la riduzione dell’ansia).
Il processo terapeutico, prevede, dunque, l’affiancamento della Realtà Virtuale al percorso
psicoterapico, con molteplici declinazioni preparate ad hoc per ogni paziente. Per gestire questo
protocollo “integrato” è, difatti, necessaria una duplice competenza: psicologica, di formazione
cognitiva e comportamentale, e tecnica, con una solida esperienza informatica e di programmazione
grafica.
A Villa Santa Chiara questo compito è affidato al Dott. Marco Vicentini (psicologo e professore a
contratto all’Università di Padova, facoltà di psicologia).
«Negli ultimi due anni - spiega il Dott. Vicentini - più di 120 pazienti con differenti disturbi hanno
potuto beneficiare di questo innovativo protocollo psicoterapeutico. Siamo molto soddisfatti perché i
benefici si vedono e sono documentabili per la maggior parte dei pazienti. In un numero limitato di
sessioni si riesce ad avvicinarsi a risultati che altrimenti richiedono mesi di lavoro. Anche se –
continua Vicentini – non devono mai mancare il dialogo, l’ascolto empatico del paziente e la
creatività psicoterapeutica»
Fonte: Clab Comunicazione
Torna alla lista degli articoli
Bibliografia generale Di seguito sono riportati i riferimenti bibliografici generali per la valutazione psicodiagnostica e i riferimenti generali per l’intervento in psicoterapia cognitiva e comportamentale cui è stato fatto riferimento all’interno dei diversi capitoli. Classificazione psicodiagnostica •
Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders, 4th Edition, Text Revised (DSM-­‐IV-­‐TR, 2000). American Psychiatric Association. Washington. Ed. It. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (2002) a cura di V. Andreoli, G.B. Cassano, & R. Rossi. Masson, Milano. Strumenti per la valutazione psicodiagnostica •
•
•
•
•
•
•
Carver C.S., Scheier M.F., & Weintraub J.K. (1989). Assessing coping strategies: A theoretically based approach. Journal of Personality and Social Psychology, 56, 267-­‐283. Michielin P., Bertolotti G., Sanavio E., Vidotto G., & Zotti A.M. (2009). CBA-­‐
VE Un test per valutare l’efficacia nella pratica dei trattamenti psicologici e psicoterapeutici. La professione di Psicologo, 3, 8-­‐11. Millon T., (2008). MCMI-­‐III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III: Una rivoluzione nell'assessment clinico della personalità. Ed. It. a cura di A. Zennaro, S. Ferracuti, M. Lang, & E. Sanavio. Giunti Organizzazioni Speciali, Firenze. Sanavio E. (1988). Obsession and Compulsions: The Padua Inventory, Behaviour Research and Therapy, 26, 169-­‐177. Sica C., Ghisi M., Altoè G., Sighinolfi C., Chiri L.R., & Franceschini S. (2008). Coping Orientation to Problems Experienced-­‐Nuova Versione Italiana (COPE-­‐
NVI): uno strumento per la misura degli stili di coping. Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale, 14(1), 27-­‐53. Sica C., Novara C., Dorz S., & Sanavio E. (1997). Coping Orientations to Problems Experienced: traduzione e adattamento italiano. Bollettino di Psicologia Applicata, 223, 25-­‐34. Soresi S., Sica C., Sanavio E., Nota L., & Arrindell W.A. (2004). Test SIB -­‐ Valutazione del comportamento interpersonale e assertive. Centro Studi Erickson, Trento. •
•
•
•
Wells A. (2002). MCQ Metacognition questionnaire, in Disturbi emozionali e metacognizione: Nuove strategie di psicoterapia cognitive. Centro Studi Erickson, Trento. Wells A. (2002). TCQ Thought Control Questionnaire, in Disturbi emozionali e metacognizione: Nuove strategie di psicoterapia cognitive. Centro Studi Erickson, Trento. Young J.E., Klosko J.S., & Wishaar M.E. (2007). YSQ-­‐3 Young Schema Questionnaire, in Schema Therapy. La terapia cognitivo-­‐comportamentale integrata per i disturbi della personalità. Eclipsi, Firenze. Zotti A.M., Bertolotti G., Michielin P., Sanavio E., & Vidotto G. (1985). CBA Cognitive Behavioural Assessment 2.0 -­‐ Scale primarie. Giunti Organizzazioni Speciali, Firenze. Manuali e Guide interpretative •
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Andrews G., Creamer M., Crino R., Hunt C., Lampe L., & Page, A. (2003). Trattamento dei disturbi d'ansia. Guide per il clinico e manuali per chi soffre del disturbo. Centro Scientifico Editore, Torino. Bara B.G. (2009). Nuovo manuale di psicoterapia cognitiva (3 voll.). Bollati Boringhieri, Torino. Choca J.P., & Van Denburg E. (2004). Interpretative Guide to the Millon Clinical Multiaxial Inventory. Third Edition. APA, Washington DC. Craig R.J. (2005). New Directions in Interpreting the Millon Clinical Multiaxial Inventory III. John Wiley & Sons, New Jersey. Davidson K. (2008). Cognitive Therapy for Personality Disorders. A Guide for Clinicians. Routledge, London. Eifert G.H., & Forsyth J.P. (2005). Acceptance & Commitment Therapy for Anxiety Disorders. A practitioner’s treatment guide to using mindfulness, acceptance, and values-­‐based behavior change strategies. New Harbinger Publications, Oakland. Ellis A. (1993). L'autoterapia razionale-­‐emotiva. Come pensare in modo psicologicamente efficace. Centro Studi Erickson, Trento. Freeman A., Pretzer J., Fleming B., & Simon K.M. (2004). Clinical Applications of Cognitive Therapy. Springer, New York. Gilbert P., & Leahy R.L. (2007). The Therapeutic Relationship in the Cognitive Behavioral Psychotherapies. Routledge, London. Hayes S., Strosahl K.D., Wilson K.G. (1999). Acceptance and Commitment Therapy. An experiential approach to behavior change. Guilford Press, New York. Lorenzini R., & Sassaroli S. (2000). La mente prigioniera. Strategie di terapia cognitiva. Raffaello Cortina Editore, Milano. •
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Miller W.R., & Rollnick S. (2004). Il colloquio motivazionale. Preparare la persona al cambiamento. Centro Studi Erickson, Trento. Millon T., & Grossman S. (2007). Overcoming Resistant Personality Disorders. John Wiley & Sons, Hoboken NJ. Morosini P., Piacentini D., Leveni D., McDonald G., & Michielin P. (2004, 2008). La depressione: Che cosa è e come superarla. Manuale di psicoterapia cognitivo-­‐comportamentale per chi soffre di depressione, per chi è a rischio di soffrirne e per i suoi familiari. Avverbi Edizioni, Grottaferrata. Norcross J.C. (2011). Psychotherapy Relationships That Work: Evidence-­‐
Based Responsiveness. Oxford University Press, New York. Sanavio E. (2002). Le scale CBA. Cortina Raffaello, Milano. Segal Z.V., Williams J.M.G, & Teasdale J.D. (2006). Mindfulness. Al di là del pensiero, attraverso il pensiero. Bollati Boringhieri, Torino. Sperry L. (2006). Cognitive Behavior Therapy of DSM-­‐IV-­‐TR Personality Disorders (II Ed). Routledge, New York. Taylor S. (2006). Disturbi di panico. Monduzzi Editore, Bologna. Wells A. (1997). Cognitive Therapy of Anxiety Disorders: A Practical Guide. Wiley-­‐Blackwell, New Jersey. Young J.E., Klosko J.S., & Wishaar M.E. (2007). Schema therapy. La terapia cognitivo-­‐comportamentale integrata per i disturbi della personalità. Eclipsi, Firenze.