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sezione 3 Gesù Cristo
UdA 2 Il racconto dei Vangeli
La figura di Maria
nell’arte
L’iconografia mariana
SEZIONE 3
Dogmi
Dal greco dogma,
opinione. Sono le
verità di fede alla
base del credo
cristiano.
Quello della Madonna è il tema iconografico
più ricco di tutta l’arte cristiana.
Con l’espressione “iconografia mariana” si
intende tutta quella serie di tipologie con cui
l’immagine della Madonna è stata rappresentata nei secoli dalla storia dell’arte. La maggior produzione di opere figurative su Maria
si è avuta tra il Medioevo e il secolo seguente
a quello della Riforma cattolica, cioè tra il
Duecento e il Seicento, secondo due filoni
fondamentali di immagini: quelle legate alla
descrizione di singoli episodio della sua vita
e quelle con un intento più simbolico, intesa
a rappresentare dei dogmi teologici o delle
credenze legati alla figura mariana.
Le prime rappresentazioni
in Occidente
Trionfo dell’Impero
cristiano, particolare della
porta lignea della basilica
di Santa Sabina, Roma.
In questo pannello ligneo
vediamo in alto Gesù
racchiuso nella
caratteristica struttura a
mandorla. La Madonna
sta sotto, al centro, tra
san Pietro e san Paolo,
e tiene le braccia alzate
nella posizione dell’orante.
La più antica immagine conosciuta è quella
della catacombe di Priscilla a Roma, risalente alla metà del III secolo: essa ritrae la
Madonna seduta che tiene in braccio il Bambino Gesù. Le pitture murali delle catacombe
poi si evolveranno anche sotto forma di mosaici, intagli lignei ecc. Maria viene rappresentata sotto due forme principali, una che
deriva dall’arte romana, dalla cosiddetta figura dell’Orante, cioè di una persona in
piedi che prega levando le braccia al cielo.
La seconda tipologia, invece, è di derivazione orientale, e Maria vi appare reggendo
in braccio il Bambino Gesù. Questi due tipi
di figurazione, tuttavia, non vedono mai la
Madonna rappresentata autonomamente, secondo un culto proprio, ma la inseriscono in
rappresentazioni simboliche, o nel contesto
di episodi narrativi. Ad esempio tipica è la
rappresentazione della Madonna con il Bambino nella scena dell’adorazione dei Magi.
Adorazione dei Magi, particolare del mosaico
dell’arco trionfale, prima metà del V secolo, Santa
Maria Maggiore, Roma. Vediamo Maria che mostra ai
Magi il Bimbo sollevandolo sulle braccia. Benché
inserito in un contesto narrativo, questo tipo di
immagine ha anche un valore simbolico, poiché
intende mettere in rilievo il ruolo di Maria
nell’incarnazione di Cristo.
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Madre di Dio orante,
mosaico del X secolo,
chiesa di Santa Sofia,
Kiev. L’immagine della
Madonna orante appare
anche in Oriente, fin dal
IV secolo, e si tramanda
in quelli successivi,
mantenendo uno
schema rigido e fissato
dalla tradizione, come è
tipico per la produzione
delle icone, per le quali
l’abilità dell’artista non
risiede nelle sue capacità
inventive, bensì in quella
di mantenersi fedele ad
un modello originale.
Joas van Cleve,
L’adorazione dei Magi,
pannello del trittico del
1515, chiesa di San
Donato, Genova.
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Maria nelle Scritture:
la tradizione orientale
Viaggio a Betlemme,
Santa Maria Foris.
Portas, Castelseprio.
Nelle prime
rappresentazioni
occidentali, come in
questo affresco, che
alcuni studiosi fanno
risalire al VI secolo, e che
mostra Giuseppe e Maria
in viaggio per Betlemme,
dove nascerà Gesù, non
appare mai da sola, ma
sempre inserita in un
contesto di cui è soltanto
partecipe.
Il fatto che in questo periodo Maria non
goda quasi mai di rappresentazioni esclusivamente proprie deriva dal fatto che nei
Vangeli canonici la sua figura non ci appare mai come descritta autonomamente,
ma appare sempre come personaggio che
ha la propria ragione di esistere solo in funzione del farsi uomo di Dio, nell’incarnazione in Gesù Cristo.
La prima menzione di Maria si trova nell’episodio dell’annunciazione narrato da Luca
(1, 26-389, e poi successivamente in episodi
quali la visitazione (Luca 1, 39-56), la natività (Luca 2, 1-7), l’adorazione dei pastori
(Luca 2, 8-20) e dei Magi (Matteo 2, 9-12), la
presentazione di Gesù al Tempio (Luca 2,
22-35), la fuga in Egitto (Matteo 2, 13-15), il
ritrovamento di Gesù tra i dottori (Luca
2, 41-50), le nozze di Cana (Giovanni 2,
1-11), la crocifissione (Giovanni 19, 25-27),
e poi negli Atti degli apostoli nell’episodio
della pentecoste (1, 12-14).
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UdA 2 Il racconto dei Vangeli
Tuttavia, in un contesto come quello del
bacino del Mediterraneo, le cui diverse
culture e religioni
avevano sempre avuto la figura di una
dea-madre di notevole rilievo, anche i
cristiani dei primi secoli ereditarono quest’esigenza, trasferendola appunto in un
culto mariano a se
stante, che andò sviluppandosi nel II e III
secolo. L’ampia diffusione di questo culto
rendeva insufficienti
agli occhi dei fedeli le
scarse notizie fornite
dagli scritti canonici:
Rogyer van der Weiden, 1435-1438, Museum of Fine
Arts, Boston. Secondo una leggenda sorta in Oriente nei
primi secoli del cristianesimo san Luca avrebbe dipinto un
ritratto della Madonna.
così in Oriente, in
quegli stessi secoli, apparvero una serie di
testi incentrati specificamente su Maria. Si
tratta di testi che fanno
parte dei cosiddetti
Vangeli apocrifi dal
carattere aneddotico
e fiabesco, cui la
Chiesa ha negato
qualsiasi origine divina, ma che tanta
parte hanno avuto nel
formarsi dell’immaginario, anche iconografico, che riguarda
la figura di Maria.
Proprio riguardo all’iconografia gli scritti
più importanti sono il
Proto-vangelo di Giacomo, scritto in greco
intorno al 200, e il
Vangelo dello PseudoMatteo, redatto in la-
tino nel VII-VIII secolo. Possiamo così leggere
che Maria nacque a Gerusalemme, da
Gioacchino e Anna, coppia rimasta prima a
lungo sterile, tanto da meritare la condanna
dei sacerdoti del Tempio; vediamo poi un
angelo che annuncia contemporaneamente
ai due coniugi, l’uno nel deserto l’altra in
città, la nascita di una figlia, la quale passa
con i genitori i primi tre anni della sua vita,
ed è successivamente accolta nel Tempio,
dove vive fino ai dodici anni, nutrita da un
angelo. Esce dal Tempio solo per sposare
l’anziano Giuseppe, prescelto tra gli scapoli
della comunità in seguito a un miracolo:
tutti i pretendenti avevano infatti portato ai
sacerdoti del Tempio una verga, cioè un
ramo secco, ma solo quello offerto da Giuseppe era fiorito.
Un’altra serie di testi trattò specificamente
della morte e dell’assunzione in cielo di
Maria; si tratta di testi che ebbero un certo
peso anche per l’elaborazione della dottrina
mariana da parte dei Padri della Chiesa : ci
limitiamo a ricordare il Transitus sive Dormitio beatae Mariae Virginis dello pseudo-
Vangeli
apocrifi
Vedi a p. 83.
Padri della
Chiesa
È un titolo che a
partire dal IV secolo
la Chiesa attribuì
ad alcuni pensatori
e scrittori di
materia religiosa, le
cui dottrine erano
ritenute conformi
alla retta
interpretazione dei
testi sacri. La
letteratura che essi
produssero, la
cosiddetta
“patristica”, rispose
anche alla
necessità della
Chiesa di
confrontarsi con la
tradizione filosofica
che si ereditava dai
classici
dell’antichità,
provando a
rileggere il pensiero
greco, come quello
platonico, in modo
da rintracciarvi un
senso cristiano.
Eutichio e Michele
Astrapas, Natività di
Maria, 1295 ca., chiesa
di San Clemente,
Ochrida (Grecia).
Gli episodi rimastici in
Oriente dell’infanzia di
Maria risalgono a partire
dal IX secolo, poiché i
dipinti precedenti erano
stati cancellati dalla furia
dell’eresia iconoclasta,
condannata
definitivamente nel
Concilio di Nicea del 385.
Vedi a p. 288.
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Giovanni, del 400 ca. Tratti dalla Dormitio,
sempre in Oriente, e a partire dall’XI secolo,
si affermano due tipi di rappresentazioni
pittoriche. In primo luogo la scena della
morte della Vergine, detta Dormitio Virginis. Questa scena unica verrà via via affian-
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cata da altre scene degli ultimi giorni di
Maria (come l’Annuncio di morte, la Preghiera, la Morte, il Funerale, la Deposizione
nel sepolcro) fino a costituire nel XIII secolo
dei veri e propri cicli pittorici che prendono
il nome di Kòimesis.
Le Storie di Maria nell’arte
occidentale
In Occidente l’attenzione al carattere narrativo
della vita di Maria si afferma a partire dal IX secolo, sotto la dinastia dei carolingi, che dedicarono ad essa numerosi edifici di culto. Ma
grande diffusione ebbero gli episodi mariani
anche nella produzione di libri miniati, come
nel Graduale di Prüm e nell’Evangeliario di Artois. Altri momenti attenzione agli aspetti più
umani di Maria si ebbero nell’arte italiana del
XII secolo, ma una specifica iconografia dell’intero ciclo della vita della Vergine si afferma
solo al partire dal XIII secolo, quando, tramite
le crociate, furono maggiormente conosciuti in
Occidente i Vangeli apocrifi , sulla base dei
quali vennero prodotti molti testi che raccontavano la vita di Maria, come la Legenda aurea,
di Jacopo da Varagine , della metà del XIII secolo. Sulla scia di queste opere letterarie nacquero una serie di cicli di affreschi dedicati appunto alle Storie della Vergine, da quello di
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Pietro Cavallini in Santa Maria in Trastevere a
Roma, del 1291, a quelli di Paolo Uccello nel
duomo di Prato (1440 ca), di Filippo Lippi
nella cattedrale di Spoleto (1469), di Domenico Ghirlandaio in Santa Maria Novella a Firenze (1486-1490), fino a quello di Federico
Zuccari nella basilica della Santa Casa a Loreto
(1582-83), senza tralasciare la splendida vetrata a forma di rosone di Duccio di Buoninsegna nel duomo di Siena, del 1288.
Giotto, La presentazione di Maria al Tempio,
1303-1305, Cappella degli Scrovegni, Padova.
Si deve a Giotto il primo grande ciclo di affreschi con
le storie complete della vita di Maria, che nei diversi
riquadri della cappella degli Scrovegni propone prima
gli episodi della vita di Gioacchino e sant’Anna, fino al
loro matrimonio, e poi la nascita della Vergine con gli
episodi della sua giovinezza seguiti dalla nascita di
Gesù e dalle Storie di Cristo. Qui vediamo il momento
in cui Maria bambina viene presentata da Gioacchino
e Anna ai sacerdoti del Tempio.
Vangeli
apocrifi
Vedi a p. 83.
Bottega di Vittore Carpaccio, La morte della Vergine, 1502-1507, Ca’ d’oro, Venezia.
Venezia, per via dei suoi traffici commerciali col Mediterraneo orientale, ha fatto da ponte tra la cultura figurativa
bizantina e quella europea, trasportando in questa numerose figurazioni tipiche dell’arte orientale. Questo
dipinto, ad esempio, fa parte di un ciclo con Storie della vita di Maria realizzato per la scuola degli albanesi di
Venezia. Nella scena sono presenti tutti gli elementi costitutivi tipici della Dormitio Virginis vera e propria. Maria è
raffigurata distesa, in mezzo agli Apostoli, tra cui hanno posizione di rilievo Pietro e Paolo. Accanto stanno anche
gli angeli, mentre in cielo volteggiano piccoli cherubini, sopra i quali, nella tipica struttura a mandorla, è posto
Gesù, che reca l’anima della madre, raffigurata nelle sembianze di un neonato rivestito di fasce bianche.
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L’annunciazione
Lo sposalizio della Vergine
L’arte occidentale predilige comunque la
rappresentazione di singoli episodi di vita
mariana, raffigurati in prevalenza sui grandi
dipinti su tavola o su tela che sovrastano l’altare (le cosiddette pale). Vediamo così in prevalenza la nascita di Maria, ma soprattutto
l’annunciazione, in cui l’angelo appare a
Maria impugnando un bastone, simbolo di
autorità, che nel XIV secolo si trasformerà nel
giglio, simbolo di purezza. Maria è ritratta in
compagnia di un libro, segno della sua vita
intenta alla preghiera. Ulteriore elemento
dell’iconografia dell’annunciazione è il
Verbo divino, simboleggiato da una colomba
o da un fascio di luce che si dirige verso l’orecchio della Vergine, in quanto si riteneva
che ella avesse concepito Gesù per aver
ascoltato l’annunzio divino.
Le nozze di Maria non sono menzionate nei
Vangeli, ma appaiono per la prima volta nel
Libro di Giovanni (uno degli apocrifi) e poi
nella Legenda Aurea. La scena si svolge solitamente dinanzi al Tempio presso il quale la
Vergine fu allevata, col sacerdote che congiunge le mani dei due sposi. Giuseppe è
rappresentato come un uomo di età matura,
ma non vecchio e con la barba bianca come
appare di solito nella scena della natività.
Spesso alle spalle di Maria si trovano le vergini sue compagne di giovinezza, mentre
Giuseppe è accompagnato dagli altri pretendenti sconfitti.
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Annibale Carracci, Pietà, 1599-1600, Museo di
Capodimonte, Napoli. A differenza della famosa
statua di Michelangelo in San Pietro, del 1500, e
quindi precedente la Riforma cattolica (vedi a p. 345),
col corpo di Gesù in braccio alla Madonna, questo
dipinto, successivo alla Riforma, vede in braccio a
Maria soltanto il capo del cadavere del Cristo.
Filippo Lippi, Annunciazione, 1445, Galleria Nazionale
d’Arte Antica, Roma.
In questo dipinto è presente una variante singolare:
Gabriele porge direttamente il giglio a Maria.
La pietà
Dante Gabriel Rossetti,
Ecce Ancilla Domini,
1850, Tate Gallery,
Londra. L’iconografia
dell’Annunciazione si
mantiene pressoché
costante nei secoli,
come ci dimostra
questo dipinto
ottocentesco.
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Si tratta di un’immagine che deriva da
quella del Compianto sul Cristo morto (celebre quello di Giotto nella cappella degli
Scrovegni a Padova), in cui una serie di figure, principalmente la Madonna, la Maddalena e san Giovanni piangono sul corpo
di Cristo appena deposto dalla croce e disteso per terra. Nella scena della Pietà
resta soltanto più Maria, che regge in
grembo il corpo del figlio morto. Il soggetto non ha riscontro nei Vangeli, ma deriva dalla letteratura bizantina e da quella
mistica dei secoli XIII e XIV, come le Revelationes di santa Brigida di Svezia. Durante
la Riforma cattolica l’immagine si trasforma: Cristo ha il corpo steso a terra sul
sudario e solo il suo capo è in grembo alla
Madonna.
Perugino, Sposalizio
della Vergine, 15001504, Musee des BeauxArts, Caen.
In ambito italiano si
rappresenta il momento
in cui Giuseppe infila la
fede al dito di Maria,
poiché si riteneva che
l’anello fosse conservato
come reliquia nella
cappella del Sacro Anello
della cattedrale di
Perugia, in cui
originariamente si trovava
anche questo dipinto, di
cui, negli stessi anni,
diede una celebre
versione Raffaello, ora
conservata a Milano,
nella Pinacoteca di
Brera.
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La morte e l’assunzione
UdA 2 Il racconto dei Vangeli
Caravaggio, Morte della Vergine, 1606, Museo del
Louvre, Parigi.
Caravaggio ci dà qui una rappresentazione di estremo
ed emozionante realismo. Per meglio descrivere le
fattezze di una moribonda, infatti, egli aveva sottratto il
cadavere di una popolana annegata nel Tevere,
passando la notte a ritrarla, episodio che fece molto
scandalo. Il catafalco sul quale è riversa la Vergine è
circondato dagli apostoli, di cui è descritto mirabilmente
l’intenso dolore, in particolare quello di san Giovanni,
che porta la mano alla guancia, secondo un gesto tipico
di dolore che era già proprio dell’arte antica.
Relativamente meno frequente nelle pale d’altare è la scena della Morte della Vergine Questo tema viene anche definito della Dormitio
Virginis, poiché secondo la tradizione Maria
non era realmente morta, ma dormì per tre
giorni prima della sua assunzione in cielo, effettuata sotto forma di rapimento di anima e
corpo. Il termine di assunzione, infatti, indica
che ella fu portata in cielo, a differenza di
Gesù, che vi salì da solo. Celebrata per molti
secoli come festa della Chiesa, l’assunzione
venne proclamata articolo di fede da Pio XII nel
1950. Tale credenza, tuttavia, non trova riscontro nei Vangeli canonici, ma solo in quelli apocrifi e nei testi ad essi ispirati. Nelle Legenda
aurea, ad esempio, si legge che mentre gli apostoli sedevano presso il sepolcro di Maria, il
terzo giorno dopo la sua morte, Gesù apparve
loro insieme a san Michele, che reggeva l’anima della Vergine: “Ed ecco l’anima tornò al
corpo di Maria, e uscì gloriosamente dalla
tomba, e così fu ricevuta nella camera celeste,
e una grande compagnia di angeli con lei.”
Beato Angelico, Incoronazione della Vergine, 14341435, Convento di San Marco, Firenze.
L’Incoronazione è l’atto finale che segue
all’assunzione. Nella versione più
comune la Vergine siede
accanto a Cristo che le
pone in capo una
corona; talvolta ella è
inginocchiata, e,
insieme a Gesù, è
presente anche
Dio padre. La
variante della
Madonna da
sola con
l’attributo della
corona (Regina
Coeli) appare
nel XIII secolo
nelle sculture
delle cattedrali
francesi, e
costituisce la
personificazione
della Chiesa.
L’evoluzione simbolica:
Maria, madre della Chiesa
Tiziano, Assunzione, 1516-1518, basilica di Santa
Maria dei Frari, Venezia. Nel Rinascimento la scena
viene rappresentata su tre livelli: in quello superiore
Dio attende l’arrivo in cielo della Vergine, che sta al
centro sollevata verso l’alto su una nuvola dagli
angeli. Nel livello inferiore gli apostoli circondano il
sepolcro vuoto e levano sgomenti gli occhi al cielo.
Abbiamo già detto come accanto a quello
delle immagini di taglio narrativo l’iconologia mariana sviluppi nel corso dei secoli un
filone più funzionale a esigenze devozionali,
alla necessità della Chiesa e dei fedeli di venerare una figura materna. L’evoluzione della
teologia mariana accompagnò quella cristologica: il concilio di Nicea (325) assunse a
dogma la divinità della maternità mariana,
mentre il concilio di Efeso (431) e quello di
Calcedonia (451) ribadirono il ruolo di
Theotókos, cioè “madre di Dio” (già evidenziato peraltro nei Vangeli canonici) della Madonna, la cui verginità venne affermata invece nel concilio di Costantinopoli, del 553.
Contemporaneamente i Padri della Chiesa
svilupparono la riflessione su Maria come
madre dell’umanità, al pari di Eva, e nel contempo madre della Chiesa. A seguito di questi impulsi teologici nacquero sul piano delle
immagini delle rappresentazioni simboliche
di Maria, che si fissarono in tipologie particolari. Vediamone alcune.
La Vergine sul portale della facciata ovest della
cattedrale di Reims.
Bernardo di Chiaravalle, che riprese con vigore
l’identificazione di Maria con la sposa del
Cantico dei Cantici, diede impulso
fortissimo a una devozione
mariana che, per la sua
intensità, fu definita
“mariolatria”. Egli pose
l’accento anche sul carattere
della Madonna come “sede
di sapienza”, simboleggiata
dal libro che ella tiene in
mano. Questa rinascita del
culto mariano si tradusse nella
ricca serie di immagini scultoree
della Madonna che decorano le
cattedrali gotiche francesi.
Padri della
Chiesa
Vedi a p. 219.
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La Madonna con il Bambino
La Vergine Maria
circondata dagli angeli,
VI secolo, Sant’Apollinare
Nuovo, Ravenna.
Questa interpretazione
dell’Odighitria è la più
fedele al dettato proprio
del monastero degli
Hodigoi: infatti si tratta
della Vergine che indica il
bimbo il quale a sua volta
indica con la manina la
via da seguire
all’umanità. Come
spesso accade la
Madonna non appare
sola: in questo caso è
accompagnata dagli
angeli.
Dopo la definizione del dogma della Vergine
Theotókos (madre di Dio) tale immagine domina nelle absidi delle chiese bizantine e si
diffonde nelle icone, dove, a partire dal VI secolo, si fissa in alcune tipologie, come quella
dell’Odighitria, che prende il nome dal monastero degli Hodigoi (“coloro che indicano la
via”), presso Costantinopoli, in cui si venerava
fin dal VI secolo il prototipo di questa icona,
ritrovata in Palestina, attribuita dalla tradizione
a san Luca e distrutta dai turchi nel 1453, a seguito della conquista della città. L’Odighitria
rappresenta la Vergine che regge sul braccio
La Madre di Dio tra i Santi Teodoro e Giorgio, VI secolo,
Monastero di Santa Caterina del Sinai. Questa è in
assoluto una delle icone più antiche che ci siano rimaste.
Notiamo il rotolo di pergamena tenuto nella manina
sinistra dal Bambino, a simbolo della sua sapienza
divina; la destra è atteggiata a benedire l’umanità.
UdA 2 Il racconto dei Vangeli
sinistro il bambino, indicandolo con la mano
libera. Il bimbo regge nella manina destra un
rotolo di pergamena, simbolo di sapienza,
mentre con la sinistra benedice gli astanti.
Evoluzione dell’Odighitria è la Eleusa, cioè la
Madonna “della tenerezza”, caratterizzata
dalla Vergine e il Bambino coi volti accostati,
in seguito dal Bambino che accarezza la
guancia della madre in un gesto di intensa tenerezza. Questo motivo passò direttamente
dall’area bizantina a quella italiana, dove inizialmente fu reso mantenendo l’impostazione
rigida e frontale delle icone, ma, a partire dal
Duecento, l’immagine, pur mantenendo stilemi orientali, si fece più mossa e commovente, come nelle Madonne col Bimbo di
Coppo di Marcovaldo, Cimabue, Duccio di
Boninsegna, Pietro Lorenzetti, fino a Raffaello.
Madre di Dio della tenerezza, XV secolo, Galleria di
Palazzo Leoni Montanari, Vicenza. Le icone orientali
(questa proviene da Novgorod) mantengono
inalterato fino ai nostri giorni lo schema del bimbo che
bacia la guancia della Madonna. Anche gli
atteggiamenti rimangono rigidi, fissati nel tempo.
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Sandro Botticelli, Madonna col Bambino, XV secolo, Gemäldegalerie der Akademie
der Bildenkunst, Vienna. Passando al Rinascimento il tema della Madonna con il
bimbo si umanizza sempre di più, gli atteggiamenti si fanno più naturali, più
commoventi: lo spettatore partecipa alla scena come avesse sotto gli occhi una
qualsiasi madre del suo tempo con il braccio il figlioletto.
Duccio di Buoninsegna,
Madonna di Crevole,
XIII secolo, Museo
dell’Opera del Duomo,
Siena. Nel passaggio
all’arte occidentale gli
atteggiamenti si fanno
più sciolti e naturali, col
bimbo che accarezza,
anziché baciare, la
madre.
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Le variazioni sul tema della Vergine con il
Bambino sono infinite, spesso accompagnate nel Cinquecento e nel Seicento da
oggetti simbolici sorretti dai protagonisti,
come la mela. che allude all’albero del
bene e del male e dunque al mistero della
Raffaello, Madonna del Cardellino, 1506, Galleria degli Uffizi, Firenze.
Questa è forse la più famosa delle Madonne con il bimbo provviste di
un senso allusivo: la ciotola legata alla cintola si san Giovannino allude
al futuro battesimo di Gesù, mentre il cardellino tenuto dai due bimbi ne
prefigura la passione.
UdA 2 Il racconto dei Vangeli
redenzione; le spighe di grano; l’uva o la
brocca che contiene il vino, simbolo eucaristico; la ciliegia, frutto del paradiso, la
melograna, simbolo della risurrezione; la
noce, che allude alla doppia natura di Cristo; il cardellino, simbolo della passione.
SEZIONE 3
Giovanni Pisano,
Madonna col Bambino,
1298-1299, Museo
dell’Opera del Duomo,
Pisa. In questa scultura
il Bambino Gesù tiene
in mano il globo
terracqueo
sormontato dalla
croce, a
simbolo della
redenzione da
Lui compiuta
del mondo e
del dominio
universale
della Chiesa.
La Madonna in trono
L’immagine della Madonna assisa sul trono
passa dall’arte bizantina a quella europea,
dove, a partire dal IX secolo, acquista una
propria peculiarità, venendo denominata
“Maria in Maestà” (Majestas Mariae) a similitudine dell’immagine già diffusa del Cristo in
trono (Majestas Domini) che appariva nelle
absidi delle chiese e che ricalcava l’immagine romana dell’imperatore seduto in trono.
La Majestas Mariae nasce in Francia, nella
regione dell’Alvernia: prototipo ne sarebbe
stata una statua dorata della Vergine fatta realizzare dal vescovo di Clermont sul modello
di un’icona bizantina.
Simone Martini, Maestà, 1312-1315, Palazzo Pubblico,
Siena. Le prime semplici immagini della Madonna in
trono si arricchiscono col tempo dell’accompagnamento
di angeli e santi. Il trono viene inoltre posto sotto una
struttura a baldacchino, simbolo della Chiesa come
edificio e come Ecclesia universale.
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La Madonna del latte
Tra i vari tipi di icona che i crociati portarono dall’Oriente, particolare fortuna ebbe
in Occidente il tipo della Galaktotrophousa,
cioè della Madonna che nutre col suo latte
il Bambino, un tema diffuso dal XII a tutto il
XVIII secolo. Viene rappresentata la Madonna che, appunto, talvolta in compagnia
di angeli. allatta il Bambino, il quale è ritratto in modo del tutto naturalistico mentre
succhia il latte, oppure è rivolto verso lo
spettatore sulle ginocchia della Madre col
seno scoperto.
Nicola Pisano, Madonna
del latte, 1260 ca.,
Museo Nazionale di San
Matteo, Pisa. Questa
scultura appartiene alla
variante in cui il Bambino
succhia direttamente il
latte da Maria.
Jean Fouquet, Madonna
col Bambino, 1450,
Musee Royal des Beaux
Arts, Anversa.
UdA 2 Il racconto dei Vangeli
A sinistra: Masolino da Panicale, Madonna dell’umiltà,
1415-1420, Galleria degli Uffizi, Firenze.
Ulteriore versione della Madonna del latte è la
Madonna dell’umiltà, figurazione particolarmente
venerata nel periodo della “cattività avignonese” dei
papi (vedi a p. 331), e che mostra la Vergine mentre
allatta il Bambino non assisa in trono, ma umilmente
in terra, con o senza cuscino.
La Déesis
La Déesis (intercessione, preghiera) si sviluppò in ambito bizantino a seguito del
concilio di Nicea del 787, che approvò la
dottrina dell’intercessione dei santi e degli
angeli. In questo tipo di immagine Cristo,
al centro, è affiancato da Maria a sinistra e
da san Giovanni Battista a destra, i quali intercedono a favore dell’umanità. A partire
dal XII secolo questo gruppo, in virtù del
suo significato misericordioso, divenne
parte integrante delle raffigurazioni del
Giudizio universale, con la figura del Battista spesso sostituita da quella di san Giovanni evangelista.
Fin dal Medioevo il latte aveva una valenza
simbolica di dispensa delle grazie, essendo
visto come elemento di mediazione tra la
sfera divina e quella terrena. Nacquero così
raffigurazioni della Vergine intenta a far sgorgare dal seno rivoli di latte, talvolta con
l’aiuto del Bambino stresso: sono le cosiddette Madonne delle Grazie, che rientrano in
quella famiglia di immagini della Madonna
come mediatrice tra Dio e uomo, intercedendo per quest’ultimo. Si tratta di un’iconografia particolarmente diffusa dopo la
Riforma cattolica, impegnata a ridare forza al
ruolo della Vergine nella vicenda della redenzione anche attraverso al suo ruolo di dispensatrice di indulgenze nei confronti delle
anime del purgatorio, per cui la Madonna
del latte appare anche tra le anime purganti.
Una variante ulteriore ne è la Madonna del
suffragio, che appare ad assistere gli angeli i
quali, a loro volta, sono intenti a liberare
dalle fiamme le anime del purgatorio. Particolarmente venerato questo tipo di immagine fu nella prima metà del XIV secolo, in
concomitanza dell’epidemia di peste che
colpì l’Europa.
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Lorenzo Monaco,
La doppia intercessione,
inizi del XV secolo,
Metropolitan Museum of
Art New York.
Qui la Vergine intercede
per il gruppo di fedeli ai
suoi piedi (raffigurati a
scala ridotta, secondo la
convenzione medievale)
chiamando in causa
l’intera Trinità. La scena
si svolge secondo un
andamento circolare: la
Vergine, impugnando
una mammella per
ricordargli di averlo
nutrito, si rivolge a Cristo,
il quale a sua volta si
rivolge al Dio Padre, con
la colomba dello Santo a
fare da legame tra Padre
e Figlio.
Stephan Lochner,
Madonna del pergolato di
rose, 1450 ca., WallrafRichartz-Museum,
Colonia. La Madonna
dell’umiltà nel XIV secolo
diede vita a una variante
particolare, quella della
Madonna seduta su un
prato fiorito o su un
giardino chiuso, simbolo
della Chiesa (L’“hortus
conclusus” descritto nel
Cantico del Cantici), per
divenire poi la Madonna
del roseto, frequente nel
periodo rinascimentale,
che raffigura la Madonna
col Bambino sotto un
roseto a forma di
pergola.
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SEZIONE 3
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sezione 3 Gesù Cristo
La Madonna del parto
La Madonna della misericordia
Questo tipo di immagine esprime il concetto
di Maria strumento della redenzione a partire
già dal momento iniziale della vicenda terrena del Cristo. La Vergine è mostrata col ventre rigonfio, segno della gravidanza; talvolta
tiene in grembo un libro, simbolo della sapienza divina del Bimbo che sta per nascere,
oppure può essere posta sotto una struttura a
tabernacolo, allusione alla Vergine come ricettacolo di Cristo.
Questo tipo di immagine contempla la Vergine in piedi con le braccia allargate a sorreggere un ampio mantello sotto il quale
trovano protezione i fedeli. Il mantello fin
dall’antichità era simbolo di protezione, e
già dal X secolo il culto della Vergine col
mantello era diffuso in ambiente bizantino.
I monaci cistercensi e quelli domenicani ne
fecero in Occidente un’iconografia di
grande successo, particolarmente amata
dalle comunità dei fedeli. La Madonna è infatti Mater omnium, “madre di tutti” e sotto
il suo mantello trova rifugio la comunità dei
fedeli, distinti spesso per categorie: generalmente gli uomini e gli ecclesiastici stanno a
destra e le donne e i laici a sinistra. Ma si
può trattare anche di singole confraternite o
corporazioni di mestieri, che spesso facevano dipingere a loro protezione degli stendardi con questa immagine.
UdA 2 Il racconto dei Vangeli
Domenico Ghirlandaio,
Madonna della
Misericordia, 1472-1473,
Chiesa di Ognissanti,
Firenze. In questo tipo di
immagine le mani della
Vergine, talvolta ingrandite,
in modo innaturale giocano
un ruolo fondamentale,
poiché, come sostiene san
Bernardo “nelle mani
risiede la grazia della
misericordia”. Spesso,
come in questo caso, il
mantello è sollevato da due
angeli, proprio per mettere
in rilievo la gestualità delle
mani della Madonna.
Piero della Francesca,
La Madonna del Parto,
1476-1483, Museo della
Madonna del Parto,
Monterchi. Notiamo il
carattere fortemente
realistico con cui è descritta,
come in tutta l’arte
rinascimentale, la gravidanza
della Madonna, in
particolare il gesto
popolaresco di portare la
mano sopra il grembo, ad
evidenziarne il rigonfiamento.
La posizione di Maria sotto
la tenda aperta dagli angeli
allude anche al suo ruolo di
Madre della Chiesa.
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Madonna lignea di area
germanica, XV secolo.
Nell’Europa
settentrionale, a partire
dai secoli XIII e XIV, si
scolpivano particolari
statue di culto, che
volevano definire la
Vergine come mistero
della redenzione. Si
trattava di statue che
sulla parte anteriore del
corpo della Madonna
avevano uno sportello,
che, aprendosi, lasciava
vedere ciò che era
contenuto all’interno
della statua, solitamente
immagini scolpite o
dipinte con la Trinità,
oppure scene della
passione o della vita di
Maria.
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SEZIONE 3
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sezione 3 Gesù Cristo
La funzione soccorritrice della Vergine fu
celebrata anche in altre iconografie, come
quella della Madonna del rosario, affermatasi alla fine del XV secolo per opera dei domenicani, poiché la tradizione domenicana
riteneva che il rosario, sotto forma di corona di rose bianche e rosse, fosse stata donato a san Domenico in una notte del 1208.
La prima formulazione con le rose bianche
e rosse venne poi sostituita dai grani del rosario, cui si attribuivano proprietà miracolose, in particolare contro le eresie e contro
l’Iislam, tanto che a merito della Madonna
del rosario venne ascritta la vittoria contro i
turchi nella battaglia di Lepanto, nel 1571,
in onore della quale papa Pio V istituì la
festa del Rosario.
Dogma
Vedi a p. 216.
L’immacolata
concezione
Questo tema presenta un’iconografia
molto varia. Benché
la relativa festa sia
stata approvata da
papa Sisto IV già nel
1476 (ma in Oriente
veniva celebrata fin
dal VII secolo), il
dogma fu proclamato solo nel 1854
da Pio IX, con la
bolla Ineffabilis Deus,
a sostegno della tesi
(punto di arrivo di
dotte dispute teologi-
Tiberio d’Assisi, Madonna del soccorso, 1510, Museo
Comunale, Montefalco. Fra i tanti tipi di iconografie
che si richiamano alla facoltà protettrice della
Madonna particolarmente suggestiva è quella della
Madonna del soccorso, protettrice dei bambini, che si
richiama a uno dei tanti miracoli citati nelle raccolte
medievali di episodi della vita della Vergine e di suoi
successivi miracoli: in questo caso ella scaccia con
un bastone un diavolo che cerca di rapire un bambino
dopo che la madre, esasperata dalla sua vivacità,
aveva esclamato “Che il diavolo ti porti”, vedendo poi
arrivare davvero il Maligno.
UdA 2 Il racconto dei Vangeli
che sorte già nel Medioevo) che Maria sia
stata concepita esente dal peccato originale.
A causa delle difficoltà incontrate nel fissare
uno schema iconografico apposito per un
tema così astratto, esso venne reso dapprima
ricorrendo ad altre scene mariane, come
quelle dell’assunzione e dell’incoronazione.
Alla metà del Seicento venne fissata un’iconografia specifica dallo spagnolo Francisco
Pacheco (la Spagna era stata posta dall’inizio di quel secolo sotto la protezione dell’Immacolata), nel trattato El arte de Pintura,
del 1649, in cui si traeva ispirazione da un
passo dell’Apocalisse che parla di della
donna incinta “vestita di sole, con la luna
sotto i piedi e sul suo capo una corona di
dodici stelle”.
Un’infinità di immagini
Oltre a quelle presentate qui sopra, la devozione mariana si è espressa in una serie infinita di immagini, da quelle legate ai culti locali, come quella di Loreto, o quelle nere di
Oropa e Czestokowa, tanto cara a Giovanni
Paolo II , fino a quelle di Fatima, di Lourdes,
o in varianti come la Madonna della cintola,
quella del Buon Consiglio, la Mater dolorosa, e, in ambito orientale, la Madre di Dio
del Don, infine in ambito occidentale, la Madonna degli alberetti , di Giovanni Bellini
(1487), la Madonna del lucherino, di Albrecht Dürer (1506), e così via in un elenco
pressoché infinito.
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Bartolomé Esteban
Murillo, L’Immacolata
Concezione, 1678 ca.,
Museo del Prado,
Madrid.
In Spagna, a metà del
Seicento, venne
codificata l’immagine
della Vergine vestita di
bianco e azzurro, con il
capo cinto da dodici
stelle e la falce della luna
sotto i piedi, le mani
giunte sul petto o in
preghiera, resa famosa
dai pittori spagnoli del
Seicento, come Murillo
e Zurbaràn.
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