La Madonna in campagna (la novità di Lorenzo Lotto)

Maria nei secoli
La Madonna in campagna
la novità di Lorenzo Lotto per San Bernardino
L’opera per la chiesa bergamasca fu dipinta nel 1521. Accanto alla Vergine
con il Bambino, San Bernardino, San Giuseppe, San Giovanni Battista
e Sant’Antonio abate. E c’è anche un angelo che con lo sguardo cerca di
coinvolgere lo spettatore.
L
orenzo Lotto era giunto a Bergamo
nel 1513 attratto da incarico prestigioso: la realizzazione della cosiddetta pala
Martinengo, da collocare nella chiesa
domenicana di Santo Stefano, incorniciata da un’ancona lignea, realizzata dal
migliore architetto bergamasco del momento, Pietro Isabello. L’edificio sacro
fu demolito nel 1561, nella costruzione
delle possenti mura difensive della Città
Alta volute dalla Serenissima Repubblica di Venezia e la pala fu poi ospitata
nella chiesa cittadina di San Bartolomeo.
A Bergamo il Lotto vi rimase fin oltre il
1526, dipingendo pale d’altare, affreschi
e ritratti per personaggi nobili o borghesi
della città orobica e il circondario e approntando, nell’ultima fase del suo soggiorno, una serie di disegni per le tarsie
dell’iconostasi e del coro della Basilica di
Santa Maria Maggiore. Sono da annoverare tra i suoi capolavori di questo periodo gli affreschi di san Michele al Pozzo
Bianco e quelli della cappella Suardi di
Trescore.
Il 1521 fu un anno significativo per il Lotto, perché realizzò due importanti pale, la
prima per un altare della chiesa di Santo
Spirito e l’altra per la chiesa di San Bernardino in Pignolo.
L’inconsueta ambientazione
in campagna
In quest’ultimo lavoro, un autentico opera
innovatrice, il pittore si libera dal tradizio-
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nale apparato architettonico, tanto caro
a Giovanni Bellini e compagni, inserendo
la scena in aperta campagna con la Madonna e il Bambino in una zona d’ombra
data da un tendone che scivola e ricopre i
gradini del trono marmoreo; questa sorta
di baldacchino è teso da quattro angeli
potentemente scorciati. Affiancano l’alto
podio San Bernardino, titolare della chiesa, con il viso rivolto all’insù, tutto preso
nell’estasi della contemplazione, al suo
fianco un anziano San Giuseppe si appoggia al tradizionale bastone. Sul lato
opposto San Giovanni Battista indica ad
un vecchio sant’Antonio abate la Vergine
con il Bambino. Lo sguardo del fedele è
però attratto dall’angelo che, inginocchiato sull’ultimo gradino del trono, è tutto
intento nello scrivere su un libro chissà
quali misteriosi pensieri; si volge e interroga con uno sguardo lo spettatore quasi
a voler stabilire un legame, coinvolgerlo
in una conversazione a cui tutti possono
e sono chiamati a partecipare. Alcuni particolari del dipinto sono cari al pittore: le
rose canine sparpagliate sul nudo marmo
della base, simbolo di passione e il paesaggio, appena accennato
oltre l’alto parapetto, con
un bosco dove alligna un
principio d’incendio. Sovrasta la sacra conversazione un magnifico cielo
che dal tempestoso anello
dorato si va acquietando
verso l’orizzonte illuminato dalle prime luci dell’alba.
Regalava
l’“Imitazione di
Cristo” agli amici
Il Lotto era nato a Venezia
verso il 1480. Non possediamo l’atto iniziale della
sua vita, ma l’estremo: nel
suo testamento del 1546
si dice «pictor veneziano
di circha anni 66». Nulla
sappiamo della sua famiglia, che doveva essere ci
ceto mercantile, né della
bottega dove svolse il suo
primo apprendistato.
Aveva una fede profonda
e non acritica. Conosceva
la Bibbia, Vecchio e Nuovo
Testamento e l’Imitazione
di Cristo.
Tra il 1503 e il 1504 fu a
Treviso dove la sua presenza è fittamente documentata. Dipinse il ritratto
del vescovo Bernardo de’
Rossi e del suo segretario
Broccardo Malchiostro. Il ritratto del prelato era corredato da una coperta con
un vivace soggetto allegorico. Nel 1506
ottenne un arbitrato dal tribunale acclesiastico di Treviso per il pagamento della pala di santa Cristina al Tiverone, una
delle sue prime opere di rilievo.
Tra il 156 e il 1508 è nuovamente nelle
Marche: lavora a Recanati dove esegue
il polittico di San Domenico.
Dopo la parentesi bergamasca tornò alla
nativa Venezia dove rimase fino al 1549,
tra alterne vicende, cimentandosi idealmente con l’altro campione della pittura
lagunare, Tiziano Vecellio.
Prima della triste partenza per Ancona,
affidò al Sansovino la vendita di sei quadri e dei suoi amatissimi cammei. Nelle
Marche lavorò ad Ancona e a Iesi, fino a
che, nel 1554, divenne oblato nella Santa
Casa di Loreto. Il primo luglio del 1557
era già morto: l’amministrazione della Santa Casa vendeva a dei francesi un
materasso “già di Lorenzo Lotto”.
Natale Maffioli
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