Paola Sorge. Guida all'italiano corretto. Avere dei dubbi su come si scrive o si pronuncia correttamente una parola della propria lingua d'origine, non essere sicuri di un participio passato, esitare nel mettere una i formando il plurale di un nome o coniugando un verbo, può facilmente provocare un vago senso di vergogna: ci si sente colpevoli, «diversi»; non si ha il coraggio di confessare i propri dubbi nemmeno a se stessi, tanto meno di andare a consultare una grammatica - sarebbe ancora più frustrante. Eppoi la maggior parte degli adulti iI libro di grammatica l'ha buttato da un pezzo e mai piU ricomprato: le leggi che regolano la lingua italiana si ritengono acquisite per l'eternità, si pensa di non essere mai soggetti a distrazioni o a dimenticanze. E invece tutti, anche e soprattutto chi scrive per abitudine e per professione, possono essere colti da mille dubbi. E allora ci vuole il «coraggio» di ripassare le vecchie regole che sono il fondamento della nostra lingua. Questa piccola guida dell'italiano corretto non pretende di essere una grammatica completa, anche se esamina tutte le parti del discorso nelle loro particolarità: sono state infatti omesse le regole e le nozioni grammaticali universalmente note, per dare invece spazio a tutto quello che può ingenerare dubbi e incertezze in chi parla o scrive: dalla formazione del plurale dei nomi e degli aggettivi, alle concordanze, alla punteggiatura. L'accento Tutte le parole hanno l'accento o si appoggiano a quello della parola vicina. Alcuni monosillabi, come gli articoli ad esempio, sono atoni e si servono dell'aeeento della parola che segue: - il cane, la strada, oppure di quello della parola ehe li preeede: - dimmi, vederci. Nel primo caso si tratta di monosillabe atone proclitiche; nel secondo caso di enelitiehe. Nel pronunciare una parola la voee si appoggia eon più forza su una sillaba, che si chiama tonica (dal greco tònos = forza), mentre le altre sillabe si dicono àtone. Secondo la posizione dell'accento le parole si dividono in: - tronche con l'accento sull'ultima sillaba: virtù, maestà. In realtà sono parole che sono state «troncate», derivando da nomi piani a cui è stata tolta una sillaba (da virtude: virtù). - piane con l'accento sulla penultima sillaba: pane, mela, dolore. Si chiamano piane, ossia lisce, perché si pronunciano senza difficoltà. Costituiscono la maggior parte delle parole della nostra lingua. - sdrucciole con l'accento sulla terz'ultima sillaba: pòpolo, Màntova. Si chiamano sdruccioie perché la voce «sdrucciola», ossia «scivola» sulle due sillabe che seguono quella tonica. - bisdrùcciole con l'accento sulla quart'ultima sillaba: càpitano, consìderano. Le bisdrucciole sono tutte forme verbali alla terza persona plu~rale. - trisdrucciole con l'accento sulla quint'ultima sillaba: rècitamelo, fàbbricamene. Anche queste sono forme verbali, con l'aggiunta dell'enclitica. Nella lingua scritta l'accento si segna solo in casi particolari. E d'obbligo sulle parole tronche: andrò, farà, ecc. e su quei monosillabi che vanno distinti dai loro omofoni di diverso significato. I principali monosillabi che vanno accentati sono: - è, verbo, da non confondere con e congiunzione. - sé, pronome riflessivo, da non confondere con se congiunzione. Quando è rafforzato da stesso si può scrivere senza accento. - né, congiunzione negativa, da non confondere con ne particella pronominale o awerbiale. - sì, awerbio di affermazione, da non confondere con si pronome riflessivo. - dì, nome (giorno), da non confondere con di preposizione o con di' (con l'apostrofo), imperativo di dire. - lì, awerbio di luogo, da non confondere con li pronome personale. - là, awerbio, da non confondere con la articolo o pronome. - dà, verbo, da non confondere con da preposizione. - ché, forma abbreviata di perché, da non confondere con che congiunzione o pronome. - Le parole che cambiano significato a seconda della posizione dell'accento come: prìncipi e princìpi, capitano (nome) e càpitano (verbo), vanno accentate quando possono ingenerare confusione riguardo al loro significato. L'accento può essere acuto e grave. E acuto quando il suono della vocale è chiuso: è grave quando il suono della vocale è aperto. Ma di solito, scrivendo, non Si bada a segnare l'accento giusto sulle parole tronche, in particolare sulla e finale su cui spesso si mette un segno a casaccio senza badare se è aperta o chiusa. Per evitare confusioni, si tenga a mente che hanno l'accento acuto sulla e: - aflinché - benché - cosicché - finché - giacché - perché - poiché - purché - sé - né - ventitré, trentatré, ecc. GUIDA ALL'ITALIANO CORRE~O Invece i nomi con la e finale accentata come caJ~fè, tè, ecc., hanno di solito l'accento grave. Alcune parole hanno significato diverso a seconda dell'accento grave o acuto: - pésca (dei pesci) e pèsca (frutto). Attenzione, dunque, alla pronuncia di queste parole: - accétta (scure) e accètta (verbo) - bótte (quella del vino) e bòtte (quelle che fanno male). - colléga (verbo) e collèga (nome) - fóro (buco) e fòro (piazza) - légge (decreto) e lègge (verbo) - pórci (verbo) e pòrci (nome) - scópo (verbo) e scòpo (nome) - vólgo (nome) e vòlgo (verbo). I DUBBI Si dice zàffiro o zaffiro? L'espressione corretta è la seconda, anche se molti dicono ostinatamente zàffiro. Come questa, anche altre parole hanno la strana sorte di essere pronunciate in modo errato. Le più comuni sono: - amàca, e non àmaca - àlacre, e non alàcre (che però è abbastanza diffuso e accettato) - arterioscleròsi, e non arteriosclèrosi - cosmopolìta, e non cosmopòlita - edìle, e non èdile (diffuso ma non corretto) - guaìna, e non guàina (anche. se la forrna corretta può far inorridire) - infido, e non ìnfido - leccornìa, e non leccornia - rubrìca, e non rùbrica - salùbre, e non sàlubre - scandinàvo, e non scandìnavo (sebbene molto diffuso, specie nei telegiornali) - valùto, e non vàluto. L'artícolo Dal latino articulus, piccolo arto, particella che lega, l'articolo si unisce strettamente al nome indicandone il genere. Può essere determinativo e indeterminativo. Articolo deterrninativo il, i, lo, gli per il genere maschile la, le per il genere femminile. Deriva dal latino ille (quello) usato qualche volta, nei testi classici (Plauto, Cicerone), quasi come un articolo; questo uso divenne pOI sempre più frequente fino a far nascere, nel passaggio all'italiano, l'articolo vero e proprio. Tutti sapFiamo che l'articolo il (plurale i) si usa con i nomi maschili smgolari che iniziano per consonante, tranne la z, la x, las impura egn; che l'articolo lo (plurale gli) si usa con i nomi che iniziano per vocale e davanti alla z, allax, all s impura, agn. Lo davanti a vocale si apostrofa: I'albero, I'altare, ecc. Attenzione però alle semivocali, specie alla i seguita da vocale, davanti alle quali è preferibile la forma intera: lo iato, lo iodio, ecc. Abbastanza frequente è l'uso dell'articolo lo davanti a ps, pn. Ecco un punto dove i pareri sono molto discordi: per alcuni grammatiCi lo è d'obbligo anche davanti a ps e pn: lo psicologo, lo pneumatico. Altri invece preferiscono l'uso dell'articolo il per i due gruppi. Noi propendiamo per la prima soluzione: ilpsicologo, ilxenofobo, francamente non suonano bene: ps e x foneticamente possono considerarsi una sorta di s impura; nessuna giustificazione invece avrebbe l'uso di lo davanti alpn, ma le grammatiche più aggiornate insistono tanto per lo pneumatico, gli pneumatici, che alla fine ci si deve arrendere. I DUBBI Perché si dice gli dèi e non i dèi? Probabilmente perché originariamente si diceva iddei, plurale di iddio; e anche perché suona meglio (sarebbe brutto dire per esempio dei dèi). Ma questa è la sola eccezione; in tutti gli altri casi, davanti a consonante (tranne laz, las impura, ecc.) si usa sempre l'articolo plurale i. L'articolo femminile è invariabilmente la per il singolare e le per il plurale. Le non si apostrofa mai: si dirà sempre le erbe e non l'erbe. L'articolo non si usa sempre. I nomi propri di città, ad esempio, di regola non hanno articolo: si dice Roma, Parigi, Livor- no, ecc. Non mancano le eccezioni, tra cui le più note sono: La Spezia, n Cairo, L'Aia, La Mecca, La Paz, L'Aquila, L'Avana, ecc. Con i nomi propri e i cognomi l'articolo generalmente non si usa. Ma è usanza diffusa usarlo con i cognomi di persone illustri: il Manzoni, il Boccaccio, il Petrarca, ecc. I DUBBI Perché si dice mio padre, senza articolo, e invece il mio babbo? La regola è questa: quando il nome comune di parentela è preceduto dall'aggettivo possessivo, rifiuta l'articolo: mio zio, tuo nonno, sua cugina. Quando invece il nome di parentela è in forma familiare o alterata (diminutivo, peggiorativo), vuole l'articolo: la tua sorellina, il suo cuginetto. í DUBBI I nomi di città terminanti in -o sono maschili o femminili? Tutti i nomi di città sono femminili: si dirà perciò Milano industriosa, Torino maestosa ecc. (Fa eccezione Il Cairo.) 16 GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO Articolo indeterrninativo Deriva dal latino unus, aggettivo numerale. L'articolo indeterminativo un si usa con tutti i nomi maschili che cominciano per consonante e per vocale Solo i nomi che iniziano con la s impura, la z, gn, ps, pn e x, hanno l articoIo uno: uno stupido, uno gnomo, ecc. E un errore grave, da segnare con la matita blu, scrivere un con l'apostrofo davanti a nome maschile iniziante per vocale, come ad esempio amico, asino, e così via L'articolo indeterminativo femminile è invariabilmente una e Sl apostrofa davanti ai nomi che cominciano per vocaleun'amica, un'abitudine, ecc. Per indicare una quantità indeterminata si usa la preposizione articolata del, dello, dei, degli, della e delle. Ad esempio: ho conosciuto dei ragazzi, aspetto degli amici, ho bevuto del vino, ecc. La stessa preposizione ha funzione di articolo partitivo, ossia di articolo che indica una parte del tutto, una certa quantità: versami del vino, dammi del pane. Ma al riguardo vedi avanti, alle QUESTIONI DI STILE. Preposizioni articolate L'articolo si può unire alle preposizioni di, a, da, in, su, con e per, formando le preposizioni articolate. Es: di + il = del a +il=al in + il = nel con + il = col Le preposizioni articolate si usano seguendo le stesse regole dell'articolo. Si dirà dunque: dai libri, dagli scolari, ai luoghi, agli gnomi, ecc. QUESTIONI Dl STILE Il partitivo non è elegante, meglio eliminarlo quando è possiL'ARTICOLO |7 E anche poco elegante usare col, collo (con + lo), colla e così via: è sempre preferibile la forma con lo, con la, ecc. E sconsigliabile usare due articoli indeterminativi di seguito: non si dice: un foglio d 'un quademo, ma ilfoglio d 'un quademo, oppure un foglio di quademo. Spesso, per rispettare il titolo d'un libro, d'un giornale, di un'opera preceduto da una preposizione articolata, si usano forme antiquate come de e ne: I 'articolo de n Resto del Carlino, ne La Stampa . Ma il risultato è piuttosto ridicolo, anche foneticamente. Dire o scrivere: dal Resto del Carlino risulta più naturale e dunque più scorrevole. I DUBBI Che vuol dire li davanti alla data di una lettera ufficiale? E un «rimasuglio» dell'italiano antico in cui oltre a i e gli, come articolo maschile plurale esisteva anche li che si usava in particolare davanti ai numeri: morì li 15 giugno 1300. Attenzione: Quando il nome proprio si riferisce all'opera di un artista, va preceduto dall'articolo: un Cézanne ( = un quadro di Cézanne), il David di Donatello. n nome Il nome, o sostantivo, indica cose, persone, animali, azioni, idee. Può essere: - concreto (pane) o astratto (virtù); - comune (strada) o proprio (Milano); - primitivo, ossia formato solo dalla radice e dalla desinenza, come ad esempio carta, o derivato (cartoleria) - semplice (lettera) o composto (portalettere); - alterato accrescitivo (omone), diminutivo (gattino), dispregiativo (ragazacciO) e vezzeggiativo (cosuccia). Queste distinzioni le facciamo ormai naturalmente, avendole assorbite fin dal primo apprendimento del nostra lingua; è difficile avere dubbi in merito, a meno che non si voglia di- squisire sul concetto di concreto e astratto e porsi domande inquietanti, come quella di come classificare nomi di entità che non cadono sotto i nostri sensi comeDio, anima, e così via, che secondo alcuni sarebbero astratti. Ma è chiaro che queste non sono questioni puramente grammaticali. Dubbi molto concreti nascono invece di fronte alle declinazioni, ossia alle modificazioni a cui i nomi sono soggetti a seconda del genere e del numero. Qual è ad esempio il plurale di valigia: valigie o valige? E di arancia: arancie o arance? E ancora: si dice maniehi o maniei, psieologi o psieologhi? E il plurale di capostazione è capostazioni o capistazione? Queste sono solo alcune delle tante domande che possono affacciarsi all'improvviso mettendoci in crisi, in specie quando si è alle prese con un compito, un saggio, una lettera importante, una conferenza. IL NOME 19 Cerchiamo di fugare tutti i dubbi possibili «ripassando» le declinazioni dei nomi. Declinazioni Le declinazioni sono le modificazioni a cui i nomi sono soggetti a seconda del genere e del numero. In italiano esistono quattro declinazioni (alcune grammatiche ne indicano tre): - Prima declinazione: singolare in -a, plurale in -e è costituita da nomi in grandissima parte di genere femminile: mela, mele, pietra, pietre. Di questo gruppo fanno parte anche maschili, come papa, poeta, tema, che hanno il plurale in -i; e i maschili invariabili, ossia con il plurale uguale al singolare, tra cui i più usati sono: boia, vaglia, paria, nonnulla, pigiama, sosia, cinema, gorilla, ecc. Sono maschili anche: coma, sisma, plasma, scisma, carisma, edema. I DUBBI: Asma è maschile o femminile? Anche se usato spesso al femminile asma è maschile: un asma (e non un'asma). Il plurale dei nomi che terminano in -cia e -gia: se la i è tonica, ossia accentata, il plurale sarà sempre -eie e -gie: bugia, bugie; farmacia, farmacie. Le cose si complicano se la i è atona, ossia senza accento. Se la c e la g sono precedute da vocale, il plurale sarà -cie e -gie, dunque: il plurale di valigia sarà valigie e non valige; di socia, socie; di camicia, camicie. Quando invece la c e la g sono precedute da consonante o sono raddoppiate, il plurale sarà -ce e -ge: arancia, arance; lancia, lance; goccia, gocce, ecc. Questa regola ha naturalmente qualche eccezione: provincia al plurale fa province e provincie. - Seconda declinazione: singolare in -o, plurale in -i. 20 GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO I nomi della seconda declinazione sono tutti maschili tranne poche eccezioni: la mano; I'eco, che però al plurale è maschile (gli echi); la radio; la virago; la dinamo. Ci sono poi nomi maschili che diventano femminili al plurale: ilpaio, le paia l'uovo, le uova il centinaio, le centinaia il migliaio, le migliaia il miglio, le miglia (ma solo nel signifieato di unità di misura di lunghezza, non della pianta graminaeea, ehe ha un plurale rarissimo) il riso (nel senso di ridere), le risa lo staio, le staia. I problemi naseono sempre eon la formazione del plurale. Ci sono nomi ehe formano il plurale irregolarmente: uomo, uomini dio, dèi bue, buoi tempio, templi. Il plurale dei nomi ehe terminano in -co e -go fa naseere qualehe dubbio: Il plurale è in -ci e -gi o in -chi e -ghi? Purtroppo in questo easo non e'è una regola ben preeisa, ma solo qualehe indieazione. In genere hanno il plurale in -chi e -ghi i nomi piani, ossia i nomi eon l'aeeento sulla perlultima sillaba: palco, palchi albergo, alberghi mago, maghi. Hanno invece il plurale in -ci e -gi i nomi sdruccioli, ossia con I aceento sulla terz'ultima sillaba: sindaco, sindaci teologo, teologi medico, medici. l IL NOME 21 Ma le eeeezioni sono tante ehe non si può parlare di regola vera e propria. Ad esempio: amico (piano) fa al plurale amici greco fa greci obbligo (sdrueeiolo) fa obblighi, e eosì via. Ci sono poi i nomi che hanno tutte e due le forme. Alla questione che ci siamo posti all'inizio se manico fa al pluralc manici o manichi, la risposta è che tutti e due i plurali sono corretti. Lo stesso vale anche per i seguenti nomi: fondaco, fondaci e fondachi chirurgo, chirurghi e chirurgi traffico, traffici (più usato) e traf~lchi mendico, mendici e mendichi sarcofago, sarcofagi e sarcofaghi. I nomi in -logo e -fago che si riferiscono a persone hanno un doppio plurale che si può usare indifferentemente: antropofago: antropofagi e antropofaghi antropologo: antropologi e antropologhi sociologo: sociologi e sociologhi psicologo: psicologi e psicologhi. Il plllrale dei nomi in -io: Se la i è tonica, al plurale e'è la doppia i: zio, zii pendio, pendii brusio, brusii. Se la i è atona, il plurale ha unsola i: bacio, baci cencio, cenci. - Terza declinazione: singolare in -e, plurale in -i. I nomi di questa declinazione sono maschili e femminili: il genere si rieonosee solo dall'artieolo: ilpane; la legge. Aleuni nomi sono sia masehili sia femminili: la trave è generalmente femmillile, ma e'è anehe il trave il fine (scopo) e la fine il carcere e la carcere, forma letteraria e rara (più comune al plurale: le carceri). I nomi che al singolare terminano in -ie, rimangono invariati la barbarie, le barbarie la serie, le serie la specie, le specie la carie, le carie, ecc. A questa regola fanno eccezione tre nomi che al plurale peref~rigie, e~lgi moglie, mogli superficie, superfici. I DUBBI Acme è maschile o femminile? Acme è sempre femminile: la sua acme. I nomi indeclinabili Sono i nomi che hanno il plura]e uguale al singolare. - Possono essere di una solsillaba come re - Possono avere l'accento sull'ultima vocale (tronchi) come - Posso o terminare in °- come crisi (sono generalmente -Possono terrninare per eonsonante (nomi di derivazione straniera) come bazar, spoe così via. I DUBBI Film al plurale va scritto con la s o senza? i tende sempre più a lasciarlo invariato: moltifilm. E questa la sorte dei termini stranieri accolti nella nostra lingua. Rimangono lnvariate anche tutte le altre parole diventate ormai i uso comune come collant, short, hamburger, ecc. Ilplurale dei nomi composh Perlopiù il plurale dei nomi composti è regolare: francobollo, francobolli ferrovia, ferrovie. Questo è il caso dei nomi composti da: - un aggettivo + un sostantivo (biancospino); - da un sostantivo + sostantivo (banconota); - da un verbo + sostantivo (asciugamano). I nomi composti da un sostantivo + aggettivo formano il plurale modificando la desinenza dei due elementi: cassaforte, casseforti pellerossa, pellirosse terracotta, terrecotte fabbroferraio, fabbriferrai. I nomi composti da verbo + verbo o da awerbio + verbo rimangono invariati: il saliscendi, i saliscendi il benestare, i benestare. I nomi composti con il nome capo si comportano diversamente a seconda del significato. Quando capo ha il senso di superiore (sostantivo), cambia al plurale in capi: capostazione, capistazione caposquadra, capisqusldra capofila, capifila. Negli altri casi muta solo la desinenza finale del nome: capogiro, capogiri capoverso, capoversi capolavoro, capolàvori. I nomi composti con alto- e basso- hanno due forme di plurale da usare indifferentemente: altofomo: altoforni e altiforni GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO altopiano: altopiani e altipiani bassofondo: bassofondi e bassifondi bassopiano: bassopiani e bassipiani bassorclievo: bassorilievi e bassirilievi Quando due parole non si uniscono, ma sono separate da un trattino, non ci sono per il plurale regole precise. In genere varia solo iI primo sostantivo: guerra-lampo, guerre-lampo bambino prodigio (con o senza trattino), bambini prodigio. I nomi con due plurali Sono nomi maschili in -o che hanno un plurale regolare ed un altro irregolare in -a che ricorda il plurale dei neutri latini. Naturalmente il significato cambia nella maggior parte dei casi. braccio: i bracci (detto di un fiume, una croce) e le braccia budello i budelli (detto di cose lurighe e strette), e le budella calcagno: i calcagni e le calcagna (solo nell'espressione: avere qualcuno alle calcagna) cervello: i cervelli (nel senso di intelletti) e le cervella (materia cerebrale) ciglio: i cigli (dei burroni) e le cigliá (degli occhi) corno: i corni (strumenti musicali o punte estreme) e le corna CUOIO: i cuoi e le cuoia (solo nell'espressione: tirar le cuoia) dito. diti (se riferiti ai singoli diti) e dita (se considerate nel loro insieme) filo. i fili e le fila (perlopiù in senso figurato: lefila di una confondamento: i fondamenti (in senso figurato: if ondamentidel sapere) e le fondamenta (di un edificio) frutto: i frutti (della terra, del lavoro) e le frutta (da tavola, in questo caso anche la frutta). gesto: i gesti (movimenti) e le gesta (imprese eroiche) gi7tocchio: indifferentemente i ginocchi e le ginocchia gndo i gridi (in genere usato per gli animali) e le grida (degli labbro: i labbri (di una ferita, di un vaso) e le labbra (del viso) IL NOME 25 lenzuolo: i lenzuoli (se intesi singolarmente) e le lenzuola (in- membro: i membri (del parlamento, di una società o gruppo) e le membra (del corpo umano) muro: i muri (di una casa) e le mura (di una citta o fortezza). orecchio: orecchi e orecchie osso: gli ossi e le ossa (del corpo umano). Da ricordare che alcuni nomi cambiano significato se scritti con la maiuscola o la minuscola: una bella borsa- la Borsa (degli affari, titoli, ecc.) una chiesa antica - la Chiesa (come istituzione) un buon consiglio - il Consiglio (di amministrazione, dei miavere la facoltà di parlare - la Facoltà (di Lettere, Medicina, ecc.). I DUBBI Soprano e contralto sono maschili o femminili? Sono nomi maschili anche se si riferiscono a donne e dunque si dirà: il soprano, un bravo contralto. Ma se si accompagnano a un nome proprio di cantante, Sl adoperano al femminile: la bravissima soprano Maria Callas. Si dice: una folla di operai ha protestato o una folla di operai hanno protestato? In realtà con i nomi collettivi che indicano plU persone o cose, entrambe le forme sono corrette: la prima è una concordanza strettamente grammaticale, la seconda è a senso. L'aggettivo L'aggettivo è la parola aggiunta al nome e concorda con esso per genere e numero. Deriva dal tardo latino adiectivum (sottinteso nomen) dal verbo adicere = aggiungere Gli aggettivi si distinguono in qualificativi, in quelli cioè che esprimono una qualità e in determinativi o indicativi. I determinativi si dividono a loro volta in: dimostrativi possessivi indefiniti interrogativi numerali. Gli aggettivi dimostrativi sono: - questo: vicino a chi parla - codesto: vicino a chi ascolta - quello: lontano per chi parla e chi ascolta. La forma codesto è poco comune; ormai viene usata solo nel inguaggio burocratico. Gli aggettivi possessivi sono: - mio, tuo, suo, nostro, vostro, loro. Loro è indeclinabile. -proprio viene usato al posto dell'aggettivo possessivo di terza persona quando c'è un legame stretto fra possessore e posseduto: pensa solo al proprio tomaconto o come rafforzatlvo del possessivo: vivo con i miei propri mezzi. Gli aggettivi indefiniti sono: - ogni, invariabile, usato solo al singolareogni classe ha venti alunni - qualche, invariabile, usato solo al singolare: ho portato qualche libro. - tutto, declinabile, si concorda per genere e numero al nome - qualunque, qualsiasi, qualsivoglia, invariabile, ha anch'esso solo il singolare: qualunque cosa mi sta bene - alcuno al singolare si usa solo in frasi negative: non ho alcun dubbio Al plurale si usa solo in frasi affermative: ha alcune qualità. Non + alcuno = nessuno: quindi, di regola, sarebbe più giusto dire: non ho alcun dubbio piuttosto che non ho nessun dubbio (che è un pleonasmo, ossia una ripetizione). Ma in pratica si usano indifferentemente le due forme. i I - nessuno, nessuna - certo, nel senso di alcuno - parecchio - altro Gli aggettivi interrogativi sono: che (invariabile), quale, quanto: Che tempo fa? Quale libro debbo leggere? Quanti anni ha? Gli aggettivi numerali a loro volta si dividono in cardinali ossia quelli che determinano la quantità in numero: uno, due, cento -, e in ordinali- ossia quelli che indicano l'ordine di una serie: primo, sesto, ventesimo, ecc. Da ricordare che oltre alla forma ventesimo si ha: vigesimo e oltre trentesimo, trigesimo. I numerali sono indeclinabili tranne uno (al femminile una) e mille che si tramuta in mila: quattromila lire. I DUBBI Si dice le dieci e mezzo o le dieci e mezza? Vanno bene tutt'e due le forme (la seconda sottintende ora). La mezza indica mezzogiomo e mezo (o mezza) o mezzanotte e mezza. Declinazioni L'aggettivo ha due classi di declinazione: 28 GUIDA ALL'ITALL~NO CORRETTO I classe: termina in -o al maschile singolare, in -i al maschile plurale; in -a al fernminile singolare e in -e al femminile plurale. Il classe: termina in -e al maschile e femminile singolare e in -i al plurale. Per la formazione del plurale valgono le stesse regole dei nomi. Gli aggettivi che terminano in -co hanno il plurale in -chi se piani (ossia se hanno l'accento sulla penultima sillaba); hanno il plurale in -ci se sdruccioli (con l'accento sulla terz'ultima sillaba): poco, pochi antico, antichi pacifico, pacifici. Gli aggettivi che terminano in -go hanno il plurale in -ghi: largo, larghi. Le stesse regole dei nomi valgono per gli aggettivi che terminano in -io: quelli con la i atona hanno al plurale maschile una i sola, mentre quelli con la i tonica, la raddoppiano: saggio, saggi pio, pii. Gli aggettivi composti cambiano al plurale solo la desinenza del secondo elemento: società italo-tedesche verità sacrosante. I DUBBI Si dice familiare o famigliare? La prima forma è corretta (rispetta il latinofamiliaris), la seconda è stata considerata a lungo un errOre; ora non solo è tollerata, ma accolta di buon grado da molt-i scrittori. Concordanze Le prime difficoltà nascono quando più sostantivi di genere diverso. 1 ~;: tttiVo si riferisce a ~e il genere maL'AGGE~IVO 29 schile quando l'aggettivo ha la funzione di predicato nominale: alberi e siepi eranofioriti. La regola è meno ferrea quando l'aggettivo non ha funzione di predicato nominale. In questo caso si può accordare al sostantivo più vicino. Ma generalmente - con buona pace delle femministe - prevale il maschile: la nazione e il govemo italiani; uomini e donne stupiti. Comparativo e superlativo Il comparativo nasce dal confronto di due o più persone o cose fra loro. Può essere di uguaglianza, di maggioranza e di minoranza. - Nel primo caso si usano le particelle correlative: così... come; tanto... quanto (in genere le prime si tralasciano essendo sottintese), o al pari di: tuo fratello è bravo quanto il mio. - Nel secondo caso si usano le particelle: più... di, più... che: sono piu bravo di te. - Nel terzo caso si usano le particelle meno... di, meno... che: Antonio è meno bravo di te. Forme speciali di comparativo: Alcuni aggettivi hanno due forme di comparativo, una regolare e una «speciale» di derivazione latina. Sono: buono - più buono- migliore cattivo - più cattivo- peggiore grande - più grande- maggiore piccolo - più piccolo- minore. Da evitare l'errore grossolano di dire più maggiore o più migliore: sarebbe oltre tutto un'inutile ripetizione. Il superlativo può essere relativo e assoluto. Il primo si forma premettendo l'articolo determinativo al comparativo di maggioranza e indica una qualità al massimo grado relativamente a un gruppo di persone o cose: sei il più bravo della scuola. n superlativo assoluto si forma aggiungendo all'aggettivo la desinenza -issimo: stanchissimo, larghissimo, illustrissimo. Ma il superlativo assoluto si può formare anche usando da30 GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO vanti all'aggettivo awerbi e locuzioni awerbiali come: assai, oltremodo, sommamente; oppure usando i prefissi: arci, stra, ultra: straricco, arcicontento. I seguenti aggettivi hanno una forma di superlativo regolare ' una «speciale» di derivazione latina: buono - buonissimo- ottimo cattivo - cattivissimo- pessimo grande - grandissimo- massimo piccolo - piccolissimo- minimo. Alcuni aggettivi hanno una forma particolare di superlativo: acre: acerrimo aspro: asperrimo celebre: celeberrimo integro: integerrimo misero: miserrimo salubre: saluberrimo. - Gli aggettivi benefico, magnifico, munifico fanno al superlativo: beneficentissimo, magnificentissimo, munificentissimo. C'è poi l'aggettivo ampio che al superlativo fa amplissimo. I DUBBI Si dice sùccubo o sùccube? Sono corrette tutt'e due le forme, anche se i grammatici preferiscono sùccubo (sùccuba al fernminile). T1 . ..,A Deriva dal latino pronomen, ossia «al posto del nome», fa dunque le veci del nome. I pronomi sono di sei specie: persona!i possessm dimostrativi indefiniti relativi interrogativi. Pronomi personali - Di prima persona: io, noi - di seconda persona: tu, voi - di terza persona: egli, esso, ella, essa; essi, esse. La forma esso, essa j essi, esse si usa riferendosi ad esseri inanimati, a vegetali e ad animali. Ella è una forma ormai in disuso, soppiantata da lei (o anche essa). I DUBBI Si può dire lui al posto di egli? In genere, specie nel linguaggio diretto, si preferisce usare lui, lei, loro anche come soggetto. Le forme usate per i complementi possono essere forti (o toniche) e deboli (atone). Forme forti: - me, noi, per la prima persona sing. e plur. - te, v~i, per la seconda persona sing. e plur. 32 GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO - lui, lei, sé, loro, per la terza persona sing. e plur. Forrne deboli, comunemente chiamate particelle pronominali: - mi, cl, per la prlma persona sing. e plur. - ti, vi, per la seconda persona sing. e plur. - lo, la, gli, li, le, si, ne. Se precedono il verbo si dicono proclitcche: - nessuno ti ha fatto del male. Se seguono il verbo si dicono enclitiche: - dimmelo; prendila. In alcuni casi le forme lui, lei, loro, si devono usare come soggetti invece di egli, ella, essi: - dopo come, quanto, a71che, nemmeno, neppure: nemmeno lei si salva - nelle frasi ellittiche, ossia in quelle in cui il predicato verbale è sottinteso: contento lui - quando il soggetto sta dopo il verbo: trwerà lui la soluzione. - Neila nostra lingua i pronomi personali in funzione di soggetto in genere si omettono, a meno che non si voglia dare loro particolare rilievo. - Il pronome sé è riflessivo e vale per il singolare e il plurale; Sl trova spesso rafforzato da stesso: se stesso. In questo caso si può omettere l'accento acuto. - La particella ne ha diverse funzioni: può significare di lui, di lei, di loro: Che fa tuo fratello? Non ne so nulla. Può avere valore di pronome dimostrativo: ne (di ciò) ho abbastanza. - E infine può avere valore di awerbio di luogo: me ne sono andato. - La particelll~pronominale gli si usa solo per il maschile sinper il p(lurale; r-~-P e~rr,o,re g~rave usarlo per il femminile o ~cne se è tollel!ato nel Imguaggio familiare. IL PRONOME 33 I DUBBI Perché si dà del lei? Rivolgendosi ad una persona, in segno di rispetto, in passato, si dava del voi; ora si dà del lei, a uomo o donna indifferentemente: in realtà ci si rivolge alla signoria, alla eccellenza di... - La forma Ella si trova solo nelle occasioni ufficiali e nel linguaggio burocratico. - Se ci si riferisce a un uomo si dice: Lei (o Ella) è stato invitato o Lei è stata invitata? Con il lei è corretta la prima forma, ossia, trattandosi di un uomo, la concordanza è al maschile; con Ella si mantiene invece la concordanza al femminile: «Ella è stata invitata», anche se si tratta di un uomo. - Quando ci si rivolge a più persone si dice voi o loro? Il voi è più confidenziale; il loro è più formale. Pronomi possessivi Mio, tuo, suo, nostro, vostro, loro sono sia aggettivi che pronomi possessivi. Il pronome ha sempre l'articolo: pensa ai fatti tuoi non ai miei. - Suo si riferisce sempre a un nome singolare; loro si usa per il plurale. - In alcuni casi hanno valore di sostantivo: saluta i tuoi (ossia i familiari); ha la fortuna dalla sua (sottinteso parte); la vostra (sottinteso lettera) del mese scorso. Pronomi dimostrativi - Questo, codesto, quello possono essere aggettivi o pronomi riferiti a persone o a cose: a volte sono rafforzati dall'awerbio qui (questo qui) e da là (quello là). - Questi e quegli, usati nel linguaggio «nobile», sono invece solo pronomi di persona. Sono singolari e maschili e possono essere usati solo come soggetto. - Poco usate anche le forme costui, costei, costoro, che equivalgono a questo, questa, questi, ma hanno una sfumatura spregiativa. - colui, colei, coloro equivalgono a quello, quella, quelli e si trovano generalmente in discorsi o scritti solenni. - Al posto di questa cosa o quella cosa si usa spesso ciò, maschile singolare, invariabile: ClO non sta bene. - Da ciò si forma cioè = questa cosa è. Pronomi indefiniti I pronomi veri e propri e gli aggettivi indefiniti usati come pronomi sono: uno, alcuno, taluno, chiunque, qualcosa, qualcuno, ognuno ciascuno, nessuno, molto, poco, parecchio, troppo, tutto, al- tro, altri, altrui, niente, nulla. - La forma altri - simile a questi e quegli - per il maschile singolare è caduta in disuso; mentre ancora si trovano le forme chicchessia e qualcheduno (meno bene ciascheduno). -Altrui non è mai soggetto ed è spesso aggettivo che indica possesso: le cose altrui non si toccano. Chiunque è anche e soprattutto pronome relativo: faro venire chiunque voglia. I DUBBI Qualcosa è-maschile o femminile? E solo maschile anche se da alcuni scrittori è usato, ma molto raramente, al femminile. . Pronomi relativi Oltre a fare le veci del nome, i pronomi relativi servono a unire due proposizioni, creano cioè una «relazione» fra una frase e l altra. Sono: il quale, la quale, i quali, le quali, che, cui, chi, quanto. - il quale, declinabile, in genere fa da soggetto; raro il suo uso come complemento oggetto o come aggettivo. - che, nella funzione di pronome relativo, sostituisce il quale la quale, le quali, i quali; può essere sia soggetto che comple mento oggetto: i libri che h ho regalato sono interessanti. Che può essere riferito anche ad un intero concetto o proposizione e in questo caso ha valore neutro = la qual cosa: sono molto stanco, il che mi impedisce di venire da te. Ma non è una forma elegante; meglio dire: ...e ciò mi impedisce... - cui, indeclinabile, si usa solo come complemento; è sempre preceduto da preposizione e sostituisce del quale, al quale, dei quali, ai quali, dal quale, dai quali, per il quale, per i quali: i libri di cui ti ho parlato. - A volte la preposizione è sottintesa: in questo caso corrisponde al genitivo latino cuius e va posto fra l'articolo e il sostantivo: quell'attrice, la cui belle77a è nota. - E sbagliato invece dire la di cui... QUESTIONI DI STILE Generalmente cui si riferisce a persona: perciò è meglio evitare di dire: oggi sono malato, per cui rimango a casa, ma è preferibile dire: per questo, o perciò, rimango a casa. - chi, indeelinabile, serve per il maschile e il femminile singolare e sostituisce colui il quale e colei la quale (o che), è dunque pronome dimostrativo e relativo al tempo stesso: chi non legge non imparerà a scrivere bene. - chi può essere soggetto e complemento al tempo stesso: guarda chi viene (chi sta per colui che: colui è oggetto, che o il quale, soggetto della frase relativa) - quanto equivale a tutto ciò che; al plurale a tutti quelli che: ho fatto quanto basta. Pronomi interrogativi Introducono una interrogazione diretta o indiretta e sono: chi?, che?, che cosa?, quale?, quanto? - chi?, indeclinabile, vale per tutti i generi e numeri e può essere soggetto e complemento: Chi dorme più di otto ore? Per chi è questo regalo? 36 GUIDA ALL'ITALIANO CORRETrO Ma chi in sé è sempre maschile; si dirà sempre: chi è arrivato anche se si sa che si tratta di una donna. Diverso è il caso in cui chi ha senso partitivo: chi di voi (donne) è rimasta indietro? - che?, che cosa? o cosa? si usano indifferentemente. Da notare che che cosa o cosa in questo caso è di genere maschile (dimenticando i1 genere femminile del nome cosa): cosa è p~ù bello di un tuffo a mare? - quale? e quanto? possono essere pronomi e aggettivi e possono essere usati, come anche che, nelle frasi esclamative Quante storie! Che idea! Da notare che in questo caso sono aggettivi e devono accompagnare sempre un nome. Le espressioni: che bello! Che bravo! sono del linguaggio parlato; la forma corretta è: come è bello! Come è bravo! - Che può avere valori e significati diversi: di pronome relativo: il bacio che ti ho dato di pronome interrogativo: che state facendo? di pronome indefinito: un non so che di sospetto di aggettivo esclamativo: che roba! di congiunzione comparativa: è più buono che bello di congiunzione dichiarativa: credo che non sia opportuno di congiunzione consecutiva, finale ed esortativa: che nessuno esca! I DUBBI Quando e siccome vogliono essere seguiti da che? Assolutamente no. Pronomi correlativi Si usano in coppia: tanto... quanto l'unoli uni)... l'altro Cgli altri) tale... quale. Il verbo Il verbo, come dice Panzini nella sua grammatica, è veramente il «re» delle parole, anzi la parola per antonomasia (dal latino verbum = parola) che esprime le azioni, i tempi e i modi di queste azioni. I verbi si distinguono innanzitutto in copulativi e predicativi. - I verbi copulativi servono di legame (copula, in latino) fra il nome e l'aggettivo. Il principale è il verbo essere, ma sono copulativi anche i verbi: apparire, sembrare, parere, diventare, ecc., che non hanno di per sé senso compiuto, ma hanno bisogno di un'altra parola che li definisce: tuo fratello sembra contento; è diventato ricco. Tutti gli altri verbi che hanno senso compiuto si diconopredicativi. I verbi possono essere transitivi e intransitivi. - Transitivo (dal latino transire = passare, andare oltre) vuol dire che un'azione «transita» dal soggetto all'oggetto che la riceve: teggo un libro; mangio ilpane. - I verbi transitivi possono avere forma attiva e passiva. E attivo quando esprime l'azione compiuta dal soggetto: il contadino coltiva la terra. E passivo quando esprime l'azione subita dal soggetto: la terra è coltivata dal contadino. In questo esempio vediamo che l'oggetto diventa soggetto passivo, mentre il soggetto attivo del primo esempio diventa complemento d'agente o di causa efficiente. - Intransitivo è il verbo che indica un'azione per compiere la quale basta il soggetto: non c'è dunque il «transito» dal soggetto all'oggetto, ma l'azione rimane nel soggetto che la compie: GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO il sole sorge; la luna spunta. - Alcuni verbi sono transitivi e intransitivi a seconda del significato: il cuoco pesa le patate (trans.); il cuoco pesa ottanta chili (intrans.) e così anche: passare: passa il valico (trans.); è passato di qua (intrans.) supplire: supplisce l 'insegnante (trans.), supplisce alle sue lacune (intrans.) fuggire, ecc. - Il verbo è riflessivo quando esprime un'azione che si «riflette» sul soggetto stesso. E accompagnato dalle particelle pronominali: mi, ti, si, ci, vi, si: si lava; si è vestito. - Attenzione ai riflessivi apparenti, a quelli cioè in cui mi, ti, si, ecc. sono complemento di termine: io mi lavo le mani vuol dire lavo le mani a me (cioè le mie mani). - La doppia funzione delle particelle pronominali danno spesso adito a confusioni ed errori: ti interessa vuol dire: interessa te e non a te, dunque si deve se questo La interessa, e non Le interessa, oppure: è sbagliato dire: questo non interessa a nessuno. La forma corretta è solo: questo non interessa nessuno. E così anche non si può dire: Le assicuro, ma La assicuro o: se non La scomoda. La coniugazione Dal latino jugum = vincolo, la coniugazione è l'unione della parte fissa del verbo, o tema, con le parti variabili, ossia le desinenze. Indica la persona o le persone che compiono l~azione i1 tempo e i1 modo dell'azione. Ci sono tre tipi di coniugazioni: - la prima comprende tutti i verbi che term~nano all~infinito presente in -are: amare, cantare, ballare, ecc. Sono i più numerosi e sono quasi tutti regoh~anne: fare stare, dare, andare. IL VERBO 39 I verbi che terminano in -ciare e -giare perdono la i del tema di fronte alle desinenze che cominciano per i e per e. Si scrive quindi: comincerò, e non comincierò. Attenzione ai verbi che terminano in -gnare: essendo regolari hanno le desinenze, nella prima e seconda persona plurale del presente, in -iamo e -iate. Si scrive quindi: sogniamo, accompagniamo, bagniamo. Attenzione quindi a non fare a meno della i. - La seconda coniugazione comprende tutti i verbi che all'infinito presente terminano in ere, sia piani come vedere, che sdruccioli, come léggere. - Alcuni verbi di questa coniugazione hanno due forme di passato remoto, una regolare in -ei, -erono e una in -etti, -ettero: temei o temette; venderono o vendettero. I principali sono: temere, dovere, credere, cedere, vendere. - La terza coniugazione comprende i verbi che all'infinito presente terminano in -ire: sentire, partire, ecc. Alcuni verbi della terza coniugazione hanno due forme di passato remoto che si possono usare indifferentemente, anche se la prima oggi sa di antiquato o un po' ricercato. Sono: apnre: apersl- aprll coprire: copersi- coprii offrire: offersi- offrii scopnre: scopersi- scopriL - Da notare che il participio presente di questi verbi di solito termina in -ente, ma a volte è in -iente: nutriente, esordiente, ecc. I DUBBI Si scrive ossequente o ossequiente? Anche se può sembrare il contrario, è la prima forma ad essere corretta derivando direttamente dal latino obsequens. GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO IL VERBO - Si dice contraddiva o contraddicevabenediva o benediceva, malediva o malediceva? E corretta la seconda forma perché si tratta di composti del verbo dire e dunque seguono la sua coniugazione. E così anche per: ridire, predire, disdire. Gli ausiliari I verbi ausiliari essere e avere «aiutano» i verbi a formare i tempi composti. I verbi transitivi hanno sempre il verbo avere ho amato, avete coltivato la terra. I verbi passivi e riflessivi (veri e apparenti) hanno sempre il verbo essere: è stato cancellato dalla lista; mi sono lavato. Con i passivi Sl pUO usare oltre essere, anche venire che esprime un azione immediata: la sedia venne spostata. I verbi intransitivi non hanno una regola in merito: solo con 1 USO Sl impara quali verbi vogliono avere come ausiliario e quali essere. Ad esempio, partire vuole il verbo essere: sono partito; viaggiare vuole il verbo avere: ho viaggiato tutta la notte. Alcuni verbi poi hanno sia essere che avere, cambiando naturalmente significato: ho corso tutta la mattina; sono corso a casa Oppure: ha vissuto molto (nel senso che ha fatto molte esperienze); è Vissuto molto. I DUBBI Si dice: ha nevicato o è nevicato? Sono giuste entrambe le forme. E così anche per piovere, diluviare, grandinare e per i verbi di moto come inciampare sbandare, scivolare, volare: è inciampato e ha inciampato. Anche con prevalere si può dire sia è prevalso che ha prevalso. I servili I verbi servili non hanno di per sé un senso compiuto, ma «servono» un altro verbo che rimane all'infinito. I principali sono: dovere, potere e volere. Ma servili sono anche: sapere (nel senso di essere capace di), desiderare, gradire, degnarsi, compiacersi, ecc.: desidero salutarti, gradirei mangiare un boccone. Come ausiliare i verbi servili usano quello del verbo che «servono»: non ho potuto bere niente; non sono potuto venire. Se il verbo servile è seguito dall'infinito essere, o da un infinito passivo avrà sempre come ausiliare avere: ha dovuto essere sincero; avrei potuto essere amato. I verbi impersonali si usano solo nella terza persona singolare e non hanno soggetto determinato. Indicano fenomeni atmosferici come: piove, diluviava, nevica, ecc., oppure esprimono necessità, convenienza, soddisfazione: bisogna partire; conviene restare tranquilli. Con i verbi andare, fare, stare si possono formare locuzioni impersonali come: fa caldo, va tutto male. L'uso dei tempi Presente, imperfetto, passato remoto e futuro sono tempi semplici; passato prossimo, trapassato-prossimo, trapassato remoto e futuro anteriore sono tempi composti. - Il presente indica un'azione che awiene nel momento in cui si parla. Si può usare anche per esprimere un fatto passato per dargli maggiore vivezza. - L'imperfetto (non perfetto, cioè non compiuto) indica un'azione passata che dura nel tempo o è abituale: gli antichi adoravano gli dèi dell'Olimpo. 42 GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO - Il futuro semplice indica un'azione che awerrà appunto in futuro. A volte può esprimere un dubbio, una supposizione: avrà detto la verità? Spesso, nel linguaggio familiare, è sostituito dal presente: vengo a trovar~i domani. - Il futuro anteriore indica un'azione che avviene prima di un'altra futura: quando sarai partito, ti manderò una lettera. - Il passato remoto indica un'azione awenuta nel passato e trascorsa del tutto: il soldato morì in battaglia. - Il passato prossimo indica invece un'azione awenuta di recente o che ancora non è conclusa: stamattina ho fatto una passeggiata; sono partita aU'alba. - Il trapassato remoto indica un'azione anteriore ad un'altra espressa con ilpassato remoto: quando ebbefinito di parlare, tutti applaudirono. Si trova solo nelle proposizioni temporali rette da quando, appena che, dopo che, ecc. Nella lingua parlata è usato poco. - Il trapassato prossimo indica un'azione anteriore ad un'altra passata. Si trova in correlazione con un imperfetto o con un passato remoto: avevamogià mangiato, quando venne a trovarci un nostro amico. I modi del verbo I modi del verbo sono sette. Si distinguono in finiti: indicativo, congiuntivo, condizionale, imperativo e in infiniti, o indefiniti che sono: infinito propriamente detto, gerundio, participlO. - Il modo indicativo è il principale: esprime la certezza, la realtà, senza dubbi o limitazioni ti ho amato; sei stato buono. - Il congiuntivo esprime invece la possibilità, l'incertezza, il timore, il dubbio. E spesso preceduto dalle congiunziorli che, se, IL VERBO 43 affinché e può avere valore esortativo, concessivo, dubitativo, finale: non so chi sia; e se non venisse?; purché venga. Uno degli errori più comuni è l'uso dell'indicativo in luogo del congiuntivo: crede che sei bravo invece di crede che tu sia bravo. In realtà per usare correttamente il congiuntivo ci vuole una buona dose di attenzione. - Il condizionale esprime un'azione subordinata a una «condizione» espressa con se + il congiuntivo: se avessi molti soldi, farei un viaggio. Il condizionale serve anche ad esprimere un desiderio o un'opinione; nelle interrogative esprime dubbio: mangerei volentieri qualcosa; avrei qualcosa da dire; che dovrei dire? - Naturalmente è errore grave usare, in un periodo ipotetico, il condizionale al posto del congiuntivo. - L'imperativo esprime un comando ed ha solo la seconda persona singolare e plurale; per le altre prende a prestito il congiuntivo esortativo. Nella forma negativa la seconda persona singolare è costituita dall'infinito presente: non parlare!; non mangiare! - I verbi andare, dare, fare, stare hanno, nella seconda persona singolare, un imperativo piuttosto particolare: va',da',fa',sta'. L'apostrofo sostituisce la i (vai, dai, fai, stai). Attenzione a non mettere l'accento al posto dell'apostrofo. - L'infinito, ossia modo non finito, non determinato, indica un'azione in maniera indeterminata. Può anche avere valore di sostantivo e in questo caso è preceduto dall'articolo: il mangiare, il dormire, ecc. - Ilparticipio (dal latino particeps = partecipe) è «partecipe» sia della natura del verbo che dell'aggettivo e come questo, ha il genere maschile e femminile e può essere singolare e plurale. - Ilparticipio presente si usa raramente: è sostituito in genere dal gerundio: GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO tua madre, partendo, ti raccomandò di stare buona. Molti participi presenti sono diventati veri e propri aggettivisomdente, abbondante, arrogante, ecc. o anche sostantivi: studente, amante, comandante, ecc. - Il participio passato serve a formare i tempi composti insieme agli ausiliari avere e essere. - Attenzione alle concordanze. Quando il participio passato è unito ad avere rimane invariato: ho comprato molti libri; I'ltalia ha vinto la guerra. Quando il complemento oggetto precede il verbo e si ripete con i pronomi lo, la, li, allora il participio si accorda con il nome: Quelle mele non le ho mangiate io. Quando il participio passato è unito al verbo essere si concorda sempre con il nome: i ragazzi sono partiti; le ragazze sono andate al cinema. I DUBBI Si dice: mi sono lavato le mani o mi sono lavate le mani'Mi sono comprata una casa o mi sono comprato una casa'~ Entrambe le forme sono corrette: con i riflessivi apparenti che reggono un complemento oggetto, l'accordo infatti può essere sia con iI soggel:to che con l'oggetto. - Il gerundio indica un'azione secondaria e contemporanea all azione principale: sbagliando s'impara. Può avere valore di mezzo, di tempo, di causa: guardandola, mi accorsi che era malata; essendo stanco, non Il gerundio può essere presente (amando) e passatoavendo Verbi difettivi I verbi difettivi sono quelli che «difettano», ossia mancano, di parecchie flessioni. I più importanti e usati sono: IL VERBO - addirsi: si usa solo la terza persona sing. e plur. al presente e all'imperfetto dell'indicativo e del congiuntivo: si addice, si addiceva. - aggradare: ha solo l'indicativo pres., terza pers. sing.: aggrada. - aulire: si usa solo al presente, all'imperfetto indicativo e al participio presente: aulisco, aulisci, aulivo, al participio presente aulente. - deìinquere: è usato solo all'infinito e al participio presente (sostantivato): «associazione a delinquere». - fervere: manca del participio passato e dunque dei tempi composti. - incombere: ha solo i tempi semplici; usato soprattutto al participio presente incombente (spesso come aggettivo). - ostare: è usato solo nell'espressione: nulla osta (= nulla e d 'ostacolo). - prudere: ha solo i tempi semplici. - suggere: ha solo il presente, l'imperfetto e il gerundio. - tangere: manca del passato remoto e del participio passa~ (e dei tempi composti). - urgere: manca del passato remoto e participio passato. Il participio presente urgente è diventato aggettivo. - vertere: manca del participio passato. - vigere: solo i tempi semplici nelle terze persone singolari e plurali (e tempi composti) e il participio presente: vigente. Verbi sovrabbondanti Sono i verbi che appartengono a due coniugazioni diverse. Possono mantenere lo stesso significato in tutte e due le coniugazioni come: adempiere e adempire ammansare e ammansire compiere e compire dimagrare e dimagrire empiere e empire intorbidare e intorbidire starnutare e starnutire. Oppure possono cambiare di significato come: to GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO arrossare (far diventare rosso) e arrossire scolorare (togliere il colore) e scolorire (perdere il colore). I verbi irregolari I verbi irregolari sono numerosi e appartengono soprattutto alla seconda e terza coniugazione (la prima ne ha solo quattro: andare, fare, stare, dare). I verbi irregolari di uso comune difficilmente danno adito a dubbi. tutti sanno che il participio passato di accendere è acceso o d i apnre, aperto. Diamo invece un elenco di quei verbi irregolari che possono far nascere dubbi sulla formazione dei tempi perché usati poco o solo nella lingua scritta o letteraria: affiggere: affissi, affisso annettere: annettei, annesso aspergere: aspersi, asperso attingere: attinsi, attinto comprimere: compressi, compresso configgere: confissi, confitto contundere: contusi, contuso convergere: conversi, converso dolere: dolsi, doluto (piuttosto brutto, ma è e~ elidere: elisi, eliso eludere: elusi, eluso ergere: ersi, erto erigere: eressi, eretto espellere: espulsi, espulso estinguere: estinsi, estinto flettere: flessi, flesso fondere: fusi, fuso giacere: giacqui, giaciuto (brutto) incutere: incussi, incusso indulgere: indulsi, indulto (usato come sostantivo) infrangere: infransi, infranto intridere: intrisi, intriso ledere: lesi, leso negligere: neglessi, negletto nuocere: nocqui, nociuto IL VERBO ottundere: ottusi, ottuso percuotere: percossi, percosso preludere: prelusi, preluso prescindere: prescindei, prescisso (forrne poco usate) presumere: presunsi, presunto profferire: profferii e proffersi, profferito e profferto redigere: redassi (e redigei, raro), redatto redimere: redensi, redento rifulgere: rifulsi, rifulso rodere: rosi, roso scindere: scissi, scisso scorgere: scorsi, scorto solere: soglio, solei, solito sorgere: sorsi, sorto struggere: strussi, strutto svellere: svelsi, svelto tergere: tersi, terso torcere: torsi, torto valere: valsi, valso volgere: volsi, volto. L'awerbio - L'awerbio, (dal latino ad verbum = vicino al verbo) determina o modifica iI significato del verbo, tanto che è considerato « aggettivo del verbo», e come l'aggettivo ha il comparativo e i superlativo. Ma puo anche determinare o modificare gettlvo o un altro awerbio: camminare lentamente; molto bene. Gli awerbi si distinguono in: - awerbi di modo o maniera: sono quelli che rispondono alla domanda come? in che modo? Si formano generalmente unendo il suffisso -mente all'aggettivo al femminile: bisogna mangzare lentamente; parlare stupidamente. - Gli aggettivi che terminano in -le e -re precedute da vocale, perdono la e finale: superare facilmente gli esami. - Gli awerbi di modo si ottengono anche usando l'aggettivo qualificativo al maschile invariabile: parlar chiaro; parlare forte. - Ci sono poi gli awerbi costituiti dalla radice di nomi o verbi a CUI Sl aggiunge il suffisso -oni o -one: tastoni, carponi, bocconi, ecc. - Gli awerbi bene, male, volentieri (dal latino voluntarie) sono di derivazione latina. - Come e così sono awerbi nelle forme esclamativa e interCome ha fatto? Così si fa! - Le locuzioni avverbiali sono formate da due o più elementi che uniti insieme prendono significato di awerbio a piedi, a cavallo, all'improwiso. - Alcune locuzioni avverbiali si sono trasformate in una sola parola: apposta era onginariamente a posta; adagio era ad agio. L'AWERBIO 49 - awerbi di luogo: rispondono alla domanda: dove? in qual luogo?: andare avanti; restare indietro. - Qui e qua (vanno sempre senza accento) e i loro composti quassù e quaggiù derivano dai pronomi dimostrativi e indicano un luogo vicino alla persona che parla; - costì e costà indicano un luogo vicino alla persona che ascolta (ora sono considerati antiquati). - Lì e là e i loro composti lassù, laggiù, colà indicano un luogo lontano da chi parla. - Indi, quivi, ivi sono caduti ormai in disuso. - Gli awerbi di luogo possono essere relativi, avere cioè la stessa funzione dei pronomi relativi unendo due proposizioni fra loro: dove, ove, donde, onde, dovunque: il luogo dove ti sei nascosto. Ove e onde sono forme antiquate. - Dovunque non può essere usato come un semplice awerbio di luogo: non si dice c'erano tracce dovunque, ma c'erano tracce dappertutto. Mentre si dice: dovunque andrai ti seguirò. - Ci, vi, ne possono assumere anche loro valore di awerbi di luogo: ci e vi significano in quel luogo; ne = da quel luogo: ci andremo; ne uscirai presto. - Attenzione a non confondere ci e vi awerbi di luogo con le particelle pronominali o dimostrative. - Di qua, di là, di su, di giù, per dí qua, ecc. sono locuzioni awerbiali di luogo. I DUBBI Si dice vicino casa o vicino a casa? E corretta la seconda espressione: vicino vuole sempre la preposizione a. Awerbi di tempo: rispondono alla domanda quando? in quanto tempo? I principali sono: ora, adesso (usati indifferentemente), subito, prima, dopo, poi, presto, tardi, ieri, oggi, stamani, domani, spesso, raramente, mai, sempre, ecc. - Oggi si può combinare con giorno e formare un unico avverbio: oggigiorno. - Accanto alla forma stamani c'è stamane (antiquato). - posdomani nel senso di doman(i) l'altro è da evitare. - Mai è preceduto dalla negazione se viene dopo il verbo: non sbagliano mai. Mai si usa in senso affermativo nelle proposizioni interrogative, dubitative, condizionali: sei mai stato in Afrzca? mai è usato anche come rafforzativo e in questo caso perde ogni valore temporale: chi mai ha detto queste cose? - una volta, un giomo, di buon 'ora, di quando in quando sono locuzioni awerbiali di tempo. Gli awerbi d i quantità rispondono alla domanda: quanto .in qual misura? I principali sono: molto, troppo, tanto, poco, meno, più, minimamente, ecc. QUESTIONI Dl STILE Spesso si usa meno impropriamente, come nel caso: fammi sapere se devo scriverti o meno; è più corretto: o no. Molto brutta è anche l'espressione senza meno Più comune è l'uso di a meno che nel significato di purché. Gli awerbi di affermazione sono: sì, certo, sicuramente, dawero, indubbiamente, ecc. Gli awerbi di negazione sono: no, non, né, giammai, nemmeno, ecc. Gli awerbi di dubbio sono: forse, probabilmente, chissà, ecc. Comparativo e superlativo degli avverbi Il comparativo si forma con più, il superlativo con il suffisso ~ssimamente unito alla radice: - lentamente, più lentamente, lentissimamente. - Gli awerbi che derivano dai cinque aggettivi con il comparativo e superlativo irregolare, si regolano di conseguenza: L'AVVERBIO bene, comp.: meglio, sup.: benissimo e ottimamente male, comp.: peggio, sup.: malissimo e pessimamente molto, comp.: più, sup.: moltissimo poco, comp.: meno, sup.: pochissimo e minimamente grande, comp.: maggiormente, sup.: massimamente e sommamente. I DUBBI Affatto e mica hanno valore negativo o positivo? Affatto vuol dire del tutto e di per sé è positivo: Sono affatto sicuro vuol dire sono del tutto sicuro. Per avere senso negativo ha bisogno di essere preceduto da non: non è affatto stanco. Per questo alla domanda Sei stanco? bisogna rispondere, se si intende negare, non con affatto, ma con niente affatto. Lo stesso vale per assolutamente: se si vuole negare bisogna dire nella risposta assolutamente no. - Punto e mica hanno valore rafforzativo. Mica deriva dal latino e originariamente significava «briciola»: dire non sono mica stanco, vuol dire non essere stanco neppure una briciola. Anchepunto ha lo stesso valore: non sono punto stanco, anche se meno usato. Si scrive dappertutto o dapertutto? E preferibile la prima forma, ma anche la seconda non e sbagliata. Si può anche scrivere separatamente: da per tutto. Anche soprattutto è preferibile a sopratutto. - Si scrive: tuttalpiù o tutt'al più? Sono corrette entrambe le forme. - Si scrive pressappoco, press'a poco o pressapoco? E senz'altro preferibile la prima forma; la terza è discutibilisslma. Attenzione a non confondere un awerbio di tempo con una preposizione. Quest'ultima regge sempre un nome o un pronome: sono arrivato dopo di te (preposizione) sono arrivato dopo (awerbio). La preposizione Deriva dal latino prae-ponere = porre innanzi ed è infatti quella parola che si mette davanti a un nome, o aggettivo, o pronome, o verbo, o awerbio, per indicare una relazione. Le preposizioni sono di tre specie: proprie, improprie e locuzioni prepositive. Proprie sono le preposizioni tali per natura di a, da, in, su, con, per, tra e fra. Le prime cinque possono unirsi all'articolo determinativo formando le preposizioni articolate: del treno, allo sportello, nelle stazioni, sulla sedia. Le forme collo, colla, cogli e pello, pegli, pelle, sono cadute in disuso;si preferiscedireconlo,conla,congli,perlo,pergli,perle. Su, tra e fra possono avere di rinforzo la preposizione di: su di te, tra di noi. QUESTIONI Dl STILE Tra e fra si usano indifferentemente; ma è meglio evitare la ripetizione di suoni: meglio dire fra tre bambini che tra tre bambini; tra fratelli che fra fratelli, ecc. - L'uso delle preposizioni nella nostra lingua non è semplice; spesso Sl fanno confusioni e si usano impropriamente. Ad esempio, non si dice uno a uno, ma: a uno a uno, o a due a due; non si dice nemmeno mano a mano, ma: a mano a mano e a passo a passo, a volta a volta, a faccia a faccia. - Spesso si confonde da con di: si dice donna di strada e non da strada; spesso si sente dire diploma da geometra, mentre è corretto dire: diploma digeometra. Invece si può dire indifferentemente: morire dalfreddo e morire di freddo. LA PREPOSIZIONE 53 Lepreposizioni improprie sono costituite da awerbi, sostantivi, aggettivi o participi presenti che vengono usati con valore di preposizione. - Gli awerbi con valore di preposizione sono: dentro, fuori, davanti, dietro, prima, dopo, contro, senza, sopra, sotto, appresso, innanzi, dinanzi: agì senza entusiasmo. - Davanti, avanti, dinanzi e innanzi vogliono sempre la a: davanti alla chiesa. Fa eccezione l'espressione avanti Cristo. - Da notare che dinanzi si scrive preferibilmente con una n sola, perché composta da di, che non richiede raddoppiamento, al contrario di in (in-nanzi), e nanzi. - Dietro si unisce direttamente al nome: dietro la chiesa. QUESTIONI Dl STILE Piuttosto brutte sono le espressioni usate nel linguaggio bu- rocratico: dietro domanda, dietro richiesta, dietro pagamento, dietro compenso, e così via. L'uso di dietro in questo caso è improprio. E preferibile dire su richiesta, su domanda, ecc. Gli aggettivi e sostantivi con valore di preposizione sono: lungo, salvo, secondo, vicino, lontano, causa, ecc.: Secondo te, dovremmo tornare subito a casa; i participi presenti con valore di preposizione sono: durante, stante, nonostante, mediante, tranne (da tràine): nonostante ilfreddo, uscì di casa. C'è poi il participio passato eccetto (da eccettuato). Le locuzioni prepositive sono costituite d a preposizioni improprie seguite da un'altra preposizione: lontano da, fuori di, insieme a, contro di, ecc. - Le locuzioni prepositive possono avere anche una preposizione semplice che precede il nome o l'awerbio: in luogo di, per mezzo di, a dispetto di, ecc.: a dispetto di tutti, si~lanciò neU'impresa. - Fuori vuole sempre la preposizione di rincalzo di o da: 54 GUIDA ALL'ITALL~NO CORRETTO fuori di casa; uscì fuori dal cortile. Ma esistono espressioni di uso comune come: fuori programma, fuori stagione, fuori commercio, fuori le mura (per le basiliche romane), fuori sacco, of uorisacco. QUESTIONI Dl STILE Meglio evitare le espressionifuori stanza o fuori ufficio. - Sono anche da evitare le espressioni: statua in bronzo, cravatte in seta; meglio dìre sempre statua di bronzo, cravatte di seta. - E scorretta anche la forma piuttosto frequente: vestire in nero, in rosso; si dice invece: vestire di nero, di rosso. Da evitare anche l'espressione a mezzo di; meglio sempreper mezzo di. I DUBBI Si dice insieme a o insieme con? I puristi sono per la seconda soluzione, ma la prima è diventata ormai di uso comune. - Come si fa a distinguere se una parola ha valore di awerbio o di preposizione? Quando è awerbio modifica il significato di un verbo o di un aggettivo, mentre quando è preposizione precede un nome, un pronome, un infinito o un'altra preposizione: Vai avanti (awerbio); devi andare avanti a tutti (preposizione). Attenzione a distinguere salvo aggettivo - usato in assoluto con il gerundio essendo sottinteso -, e salvo preposizione con il significato di tranne. Nel primo caso è variabile, nel secondo no: salve le regole già stabilite; c'erano tutti salvo mia sorella. - Si dice mille lire al chilo o mille lire il chilo? La forma corretta è, anche se può parere strano, la seconda. Non si dice nemmeno al di qua della strada ma di qua della strada. Per essere proprio corretti si dovrebbe dire anche macchina perscrivere invece che da scrivere, ma ormai è invalso l'uso della seconda forma. LA PREPOSIZIONE 55 - Si dice: spaghetti al pomodoro o spaghetti con il pomodoro? Per essere proprio corretti, si dovrebbe preferire la seconda espressione, essendo la prima un francesismo che per i puristi della lingua è da evitare. Ma come si fa a direfiletto sui ferri, invece che «ai ferri»? La congiun~ione La congiunzione è la parola che «congiunge» fra loro due o più parole o frasi. In genere le congiunzioni sono «parolette brevi» ma di importanza determinante nel discorso. Alfredo Panzini nella sua Grammatica le chiama giustamente «le giunture, i bulloni, le viti che tengono insieme i vari pezzi del discorso». Le congiunzioni si distinguono in semplici, composte e in locuzioni congiuntive. Le congiunzioni semplici sono quelle formate da una sola parola: e, né, o, ma, che, se, però, dunque, anzi, ecc. Le congiunzioni composte sono formate da due o più parole unite insieme: perché (per che), allorché (allora che), giacché (già che), eppure (e pure), ecc. Le locuzioni congiuntive sono formate da due o più parole staccate fra loro: di modo che, in quanto che, nonostante che, anche se, non appena che, ecc. Le congiunzioni, unendo due proposizioni, possono stabilire fra loro un rapporto di coordinazione o di subordinazione. Possono essere dunque coordinative e subordinative. Le congiunzioni coordinative uniscono due proposizioni di eguale funzione nel periodo. Si distinguono in: - copulative: sono quelle che servono ad unire semplicemente due termini o due frasi. A loro volta si dividono in afferrnative: e, anche, pure, inoltre, altresì e negative: né, neanche, nemmeno, neppure: non è né carne né pesce. E è la congiunzione più semplice e più comune. Di fronte ad un'altra e prende una d eufonica: ed è, ed egli. Può prendere la d anche davanti alle altre vocali, ma è preferibile evitarla: e adesso. - disgiuntive: sono quelle che uniscono due termini o proposizioni di cui uno esclude l'altro. Sono: o, owero, ossia, oppure, altrimenti, ecc.: andiamo, altrimenti faremo tardi. -awersative: sono quelle che uniscono due termini o frasi contrapposti: ma, però, tuttavia, nondimeno, mentre, anzi, eppure, bensì. In origineperò aveva il significato di perciò, poi è diventato awersativo; nel linguaggio familiare si usa insieme a ma come rafforzativo, ma è bene evitare questo uso quando si scrive. Bensì non va confuso con benché che è concessivo: equivale come significato a ma, un po' più netto. - dichiarative: confermano o spiegano quanto è detto in precedenza: infatti, difatti, inveró, cioè. Le forme imperocché, imperciocché sono ormai cadute in disuso. QUESTIONI Dl STILE Spesso si abusa di infatti e di cioè, quando è possibile è meglio evitarli. - le congiunzioni conclusive: sono quelle che congiungono proposizioni di cui una è conseguente all'altra: dunque, pertanto, perciò, quindi. Antiquato è ormai l'uso di e però o epperò nel significato di perciò. Anche onde e laonde sono ormai cadute in disuso. GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO | I A'f)N~`.IlJN7IONE QUESTIONI DI STILE E meglio evitare l'espressione ragion per cui (è piuttosto Le congiunzioni correlative: sono quelle che mettono in correlazione due termini o due proposizioni: e... e, o... o, né... né, sia... sia, non solo... ma anche, ora... ora, tanto... quanto: ifiori non sono solo belli ma anche profumati. Le congiunzioni subordinative uniscono due proposizioni di cui una è subordinata all'altra. Si distinguono in: -dichiarative: sono quelle che introducono una proposizione oggettiva o soggettiva. Sono: che, come: so che sei stato buono (oggettiva); è difficile che tu sia cattivo (soggeffiva). A yolte il che si può anche omettere, specie quando c'è ripetizione: credo sia andato via; non vorrei (che) sia stato lui che ha fatto questo. - temporali: sono quelle che introducono una proposizione temporale, ossia una proposizione che indica la circostanza di tempo in cui awiene un fatto: quando, mentre, appena che, dopo che, finché, ecc.: sono uscito dopo che ha smesso di piovere. - Da notare che mentre può avere significato sia temporale che awersativo. - causali: introducono una proposizione causale, ossia una proposizione che indica la causa di quanto è espresso nella frase reggente: poiché, perché, giacché, siccome (sì come): ti perdono perché ti sei pentito. 5 -finali: introducono una proposizione finale, ossia una proposizione che indica il fine per cui awiene l'azione espressa dal verbo reggente: amnché, perché, acciocché (antiquato): gli ho scritto affinché sapesse la verità. C'è anche la forma onde, ormai caduta in disuso tranne che nel linguaggio burocratico: Le scrivo onde inforrnarLa... (comunque, è da evitare). - concessive: introducono una proposizione concessiva, ossia una proposizione che indica la circostanza nonostante la quale awiene l'azione espressa dal verbo reggente: benché, quantunque, sebbene: ha lavorato tutto il giomo sebbene fosse malato. - condizionali: introducono una proposizione che esprime una condizione: se, purché, qualora, a patto che, ove (antiquato): se mangi troppo, ingrasserai. - consecutive: introducono una proposizione consecutiva, ossia una proposizione che indica la conseguenza dell'azione espressa dal verbo reggente: così... che, tanto... che, di modo... che: tanto fece che alla fine ebbe la meglio. - modali: introducono una proposizione di modo: come (se), siccome, quasi: gli raccomandò quel ragazzo quasi fosse suofiglio. - eccettuative: introducono una proposizione che si esclude riguardo a quanto detto in precedenza: fuorché, tranne, eccetto che: poteva fare tutto fuorché protestare. - interrogative e dubitative: introducono una proposizione interrogativa indiretta o dubitativa: se, perché: chissà perché si è comportato così; fammi sapere se viene. I DUBBI Come è congiunzione o awerbio? Come, dove, quando sono congiunzioni e anche awerbi: per distinguere il valore di congiunzione da quello di awerbio, bisogna sempre tener presente che l'awerbio modifica il significato del verbo, mentre le congiunzioni uniscono due elementi o due proposizioni: come stai? (awerbio); dimmi come stai (congiunzione). L'interie~ione La sintassi Interiezione (dal latino interjectio = intromissione) o esclamazione è la parola che esprime un istintivo moto dell'animo. Può significare meraviglia, gioia, dolore, dispetto o stizza. Esclamazioni proprie sono: ah, eh, ih, oh, uh, ahi, ehi, ohi, ehm, uhm L'h indica il suono prolungato della vocaie Ohi e ahi si possono unire al pronome di prima persona formando le interiezioni composte: ohimè!, ahimè! Naturalmente è il timbro di voce usato a dare diverso significato all'interiezione. Le interiezioni improprie sono costituite da altre parti del discorso usate come esclamazione: peccato!, caspita!, diamine!, sicuro! su!, via!, ecc. Tra le esclamazioni improprie ci sono be' (dal troncamento di bene), ve' (dal troncamento di vedi) e to' (dal troncamento di togli). Locuzioni esclamative sono espressioni comeSanto cielo! o Dio ce ne guardi!, e così via. Mentre la grammatica studia le parole isolatamente, separate le une dalle altre, la sintassi - dal greco syntaksis = disposizione, collegamento - è lo studio dei rapporti che legano le parole fra loro. Compito della sintassi è quello di studiare gli elementi che costituiscono una proposizione - ossia l'espressione di un pensiero compiuto - e i vari tipi di proposizioni. La proposizione - Una proposizione è costituita da due elementi indispensabili: il soggetto e il predicato. Il soggetto (dal latino subiectus = sottoposto) indica la personá o la forza che nelle frasi attive compie l'azione espressa dal predicato; nelle frasi passive subisce l'azione. In genere è un nome: il libro è interessante; tuo fratello studia. Soggetto può essere anche un pronome, un aggettivo, un avverbio, un infinito o addirittura una intera proposizione usati come sostantivo: voi studiate troppo; i buoni sono spesso trattati male; dormire poco può far male; essere giusti vuol dire riconoscere le proprie colpe. - Il soggetto può essere sottinteso, soprattutto quando si tratta di un pronome personale: in questo caso la proposizione si chiama ellittica, ossia «mancante» del soggetto (ellissi = omissione): è amato da tutti (soggetto sottinteso: egli). - Il soggetto può precedere ma anche seguire il verbo: nella strada giocano molti bambini. Il predicato indica un'attività, condizione o qualità del sog- getto. Può essere verbale e nominale. - Il predicato verbale è costituito da una voce verbale che abbia senso compiuto: Dio esiste; noi siamo arrivati. I verbi servili potere, dovere, sapere (nel senso di essere capace di), solere, costituiscono con l'infinito che li segue un solo predicato verbale: dobbiamo andare (predicato verbale) a casa. - Il predicato nominale è costituito dal verbo essere seguito da un nome o da un aggettivo. In questo caso il verbo essere è copula e il nome o l'aggettivo che lo segue si chiama nome del predicato nominale, o predicato nominale: Dio è onnipotente; ifiori sono profumati. Oltre il verbo essere, ci sono i verbi copulativi, come sembrare, diventare, parere, ecc. - E bene fare attenzione alla funzione del verbo essere: quando fa da ausiliare a verbi intransitivi o serve a formare il passivo, o ha il significato di esistere e di appartenere, non ha valore di copula, ma è predicato verbale: questa casa è di (appartiene a) mia madre. Quando il predicato verbale è costituito da un verbo transitivo attivo, la proposizione ha un altro elemento essenziale: l'oggetto. n complemen~o oggetto Il complemento oggetto o diretto indica l'oggetto che riceve l'azione. Risponde alla domanda: chi?, o che cosa?, fatta dopo il verbo transitiVO attivo e si chiama diretto perché è unito direttamente al verbo senza preposizioni: ho letto un libro; abbiamo mangiato la pasta. Solo quando il complemento oggetto è costituito da un infinito (infinito oggettivo), è preceduto dalle preposizioni di, a, da: continua a leggere; finisci di studiare. I DUBBI Come si fa a distinguere in una proposizione il soggetto dal complemento oggetto? Si deve analizzare il verbo facendo attenzione alla persona e soprattutto vedere se è transitivo o intransitivo. Il complemento oggetto non starà mai dopo i verbi intransitivi e dopo il verbo essere, ma solo dopo i transitivi attivi. Nella proposizione, oltre agli elementi essenziali, si possono trovare gli elementi accessori costituiti dagli attributi, dalle apposizioni e dai complementi indiretti. Attributo e apposizione Una proposizione può essere formata, oltre che dagli elementi essenziali - soggetto e predicato - da aggettivi e da sostantivi riferiti al soggetto, al predicato nominale o ai complementi. Qualsiasi aggettivo riferito al soggetto, al predicato nominale, o a un complemento si chiama attributo: a voi piacciono le cose complicate (attributo del soggetto); quello è un problema difficile (attributo del predicato); scelgo sempre ifioriprofumati (attributo del complemento oggetto). Qualsiasi sostantivo che si riferisca ad un alt~o sostantivo si chiama apposizione (dal latino ad-ponére = mettere accanto): la regina Vittoria; il fiume Po. Queste sono apposizioni semplici, ossia costituite da un solo sostantivo. Le apposizioni complesse sono costituite da un sostantivo + attributo (o vari attributi): Wagner, grande compositore tedesco, morì a Venezia. Le apposizioni composte sono formate invece da due o più sostantivi: il poeta, scrittore e regista Pierpaolo Pasolini. Attenzione a non confondere le voci pleonastiche come, da, in qualità di che possono introdurre l'apposizione e di cui in analisi logica non bisogna tener conto, con le preposizioni che reggono i complementi: Pasolini come regista, era molto bravo; tu, da amico, sei stato zitto. 64 GUIDA ALL'ITALIANO CORRETrO In questi casi le espressioni come regista e da amico sono apposizion- plU esattamente apposizioni awerbiali - e non complementi. I complementi indiretti I complementi indiretti sono elementi accessori della proposizione e determinano il tempo, il luogo, la causa, il modo dell'azione espressa dal verbo. Sono indiretti perché retti quasi tutti da preposizioni. I principali complementi retti dalla preposizione di sono: - complemento di specificazione: risponde alla domanda di chi?, di che cosa?: la casa dei miei fratelli. - complemento di denominazione: risponde alla domanda di chi?, di che cosa?, quale? - da non confondere con quello di specificazione: indica solo il nome di una persona o di una cosa: il mese digennaio; l'isola di Capri. - complemento di modo: risponde alla domanda come?, in che modo?: andai a casa di corsa; fece le cose di nascosto. - complemento di causa: risponde alla domanda perché, per quale motivo?: si rallegrò della sua fortuna al gioco. - complemento di argomento: risponde alla domanda su chi?, su che cosa?, intorno a chi?, intorno a che cosa?: parlarono di te; si interessava di storia. - complemento di materia: risponde alla domanda di che cosa?, di che materia?: una statua di marmo; un anello d'oro. - complemento di paragone: è costituito dal secondo termine di paragone: è più bravo di te; la luna è più piccola della terra. - complemento di moto da luogo: risponde alla domanda da dove? da quale luogo?: uscì di casa. LA SINTASSI 65 - complemento di tempo determinato: risponde alla domanda quando?: esco solo di giomo; di sera fa fresco. - complemento di qualità: indica le qualità fisiche o morali di una persona, animale, cosa: una donna di rara belleza; una persona di bassa statura. - complemento di abbondanza e privazione: indica ciò di cui abbonda o è privo una persona o un animale o una cosa: la collina è ricca di ulivi; un uomo privo di humour. - complemento di estensione: indica una misura (di lunghezza, larghezza, altezza o profondità): un'asse di tre metri. - complemento di misura: da non confondere con quello di estensione: indica di quanto una persona o una cosa sia superiore o inferiore a un'altra. Si trova dunque solo con comparativi: il tavolo è più lungo della parete di dieci centimentri; sono dimagrita di due chili (ho due chili meno di prima). - complemento di origine o provenienza: il mio amico è di Padova. - complemento di limitazione: indica il limite entro cui si svolge l'ázione indicata dal verbo: era di ridotte dimensioni. - complemento di colpa e di pena: 1accusato di concussione; fu multato di centomila lire. - complemento di età: una donna di sessant'anni. I DUBBI Nella frase mi portò dei cioccolatini o quelli sono dei ladri, che complemento regge la preposizione di? In questi due esempi la preposizione di ha valore partitivo: nel primo caso introduce un complemento oggetto (mi portò alcuni cioccolatini); nel secondo caso un predicato nominale. 66 GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO I principali complementi retti dalla preposizione a sono: - complemento di termine: risponde alla domanda a chi?, a che cosa?: ho dato i soldi a mio figlio; è fedele alle tradizioni. - complemento di mezzo: risponde alla domanda per mezzo di chi?,mediante (o con) che cosa?: un lavoro fatto a mano. - complemento di modo: da non confondere con il complemento di mezzo che indica lo strumento con cui si compie l'azione e non il modo: parlare a voce bassa; andare a capo scoperto. - complemento di causa: a quella battuta tutti risero. - complemento di stato in luogo: indica il luogo reale o figurato dove si sta o si compie un'azione: resto a casa; abitano a Venezia. - complemento di moto a luogo: indica il luogo reale o figurato verso cui ci si dirige: vado a Roma. - complemento di tempo determinato: tomerò alle otto; a notte alta. - complemento di qualità: una stoffa a quadretti; un motore a quattro cilindri. - complemento di limitazione: a parole è molto bravo. - complemento di pena: fu condannato aU'esilio. - complemento di età: mio padre morì a quarant'anni. - complementopredicativo del soggetto e dell'oggetto: fu scelto a tutore dei nipoti. I principali complementi retti dalla preposizione da sono: - complemento d'agente e di causa efficiente: si trova solo con LA SINTASSI 67 i verbi in forma passiva - risponde alla domanda da chi? (compl. d'agente) e da che cosa? (compl. di causa efficiente): la terra è cokivata dai contadini; gli alberi sono sbattuti dal vento. - complemento di causa: tremavano dalla paura. - complemento di stato in luogo: lo vidi dal fomaio. - complemento di moto a luogo: sono andato dai miei amici. - complemento di moto da luogo e di moto per luogo: vengo daU'ospedale; sono passato da Roma. - complemento di tempo: cammino da un'ora. - complemento di qualità: un paesaggio dalle belle tinte. - complemento di origine: è nato da una famiglia nobile. - complemento di stima: è una cosa da poco. - complemento di colpa: assolto da ogni accusa. - complemento difine o scopo: carta da lettere; cane da caccia. - complementopredicativo del soggetto e dell'oggetto: tomò da vincitore; il libro lo conquistò fin da ragazzo. I principali complementi retti dalla preposizione in sono: - complemento di stato in luogo e di moto a luogo: vive in Sicilia; starò in casa tutto il giomo (stato in luogo); andremo in campagna (moto a luogo). - complemento di mezzo: partì in macchina. - complemento di modo: stai in gran forma. - complemento di tempo determinato: in primavera andremo in Sicilia. - complemento di limitazione: lo superò in velocità. - complemento di stima: teneva in gran conto i tuoi consigli. I principali complementi retti dalla preposizione con sono: - complemento di compagnia e di unione: risponde alla domanda con chi? con che cosa?: partirà con gli amici (compagnia); partì con due valigie (unione). - complemento di mezzo: corruppe il funzionario con il denaro. - complemento di modo: studia con passione; fece tutto con gioia. - complemento di pena: fu punito con una multa. I principali complementi retti dalla preposizione per sono: - complemento di causa: piangeva per il dolore. - complemento di moto a luogo e di moto per luogo: partirono per Parigi; passarono per le montagne. - complemento di tempo continuato: risponde alla domanda per quanto tempo?: nevicò per sette giomi. - complemento di prezzo: ho venduto la casa per pochi soldi. - complemento di vantaggio: lavorava per ifigli. - complemento difine o scopo: mi sacrifico per il tuo bene. - complemento di sostituzione o scambio: mi ha scambiato per te. I DUBBI Come distinguere i vari complementi retti da una stessa preposizione? Si deve sempre badare al verbo e al suo significato ponendo la domanda a cui esso risponde: così si può capire ad esempio se da regge un complemento di moto da luogo (sono uscito dall'ospedale) o un complemento di moto a luogo (sono venuto da te)Attenzione a non confondere il complemento di paragone con quello di specificazione, entrambi retti dalla preposizione di: il primo segue sempre il grado comparativo di un aggettivo: sono più buono di te. Al superlativo relativo segue invece il complemento partitivo: tuo fratello è il più astuto di tutti. I principali complementi retti dalla preposizione su sono: - complemento di argomento: su questo argomento c'è molto da discutere. - complemento di stato in luogo e di moto a luogo: il libro sta sulla scrivania; si arrampicarono sulla montagna. - complemento di età: una donna sulla trentina. I principali complementi retti dalle preposizioni tra e fra sono: - complemento di tempo: arriverà fra tre giomi; fra poco sarà buio. - complemento di stato in luogo e di moto a luogo: fra noi c'era tuo fratello; verrà fra voi. Altri complementi di uso meno frequente sono: - complemento vocativo - indica la persona o la cosa a cui ci si rivolge. Può essere accompagnato dall'interiezione o: o Dio mio; cari amici, domani verrete da noi. 70 GUIDA ALL'ITALL~NO CORRETTO - complemento di esclamazione - simile al complemento di vocazione: si distingue da esso perché, al posto della virgola, ha sempre il punto esclamativo: poveri noi!; guai a te! I DUBBI Che differenza c'è fra complemento di stima e complemento di prezzo? Bisogna sempre guardare al verbo: con valere, stimare, apprezzare, ecc. si tratta di complemento di stima: questo quadro vale cento dollari. Con costare, comperare, vendere, pagare, affittare, si tratta di complemento di prezzo: - questo quadro costa cento dollari. Il periodo Le proposizioni possono essere collegate fra loro in una struttura più ampia, ossia il periodo. Dal greco peri = intomo e odòs = via, il termineperiodo indica un giro compiuto di espressioni. Può essere costituito anche da una sola proposizione, separata dal resto del discorso dal punto; ma di solito è formato da più proposizioni, ognuna delle quali svolge una funzione particolare. Per sapere di quante proposizioni è formato un periodo basta contare i predicati. Le proposizioni all'interno del periodo possono essere principali, subordinate, incidentali. La proposizione principale In un periodo esiste sempre una proposizione principale, ossia una proposizione che non dipende grammaticalmente dalle altre. E indipendente e può essere reggente, ossia può «reggere» una o più proposizioni secondarie o subordinate. Le proposizioni principali possono essere: - proposizione enunciative o narrative: riferiscono un fatto o esprimono un giudizio e usano di solito l'indicativo: il mio amico è partito; sei stata brava. Con i verbi potere e dovere si può trovare il condizionale: avresti potuto chiamare prima. - proposizioni interrogative dirette: hanno sempre il punto interrogativo. Possono avere sia l'indicativo che il condizionale, il congiuntivo e anche l'infinitò: chi parla?, mi daresti una mano?, io protestare? Le interrogative dirette possono essere semplici se contengono un'unica domanda; disgiuntive se hanno due o più domande collegate dalla congiunzione o, oppure: vuoi andare al cinema o a teatro? - proposizioni esclamative: hanno sempre il punto esclamativo e usano l'indicativo: quanto sono maleducati quei ragazzi! -proposizioni imperative: esprimono un comando; hanno sempre l'imperativo (e nella forma negativa della seconda pers. sing. l'infinito): lasciami stare. - proposizioni esortative: esprimono una preghiera o un'esortazione. Richiedono il congiuntivo: si accomodi, prego. - proposizioni ottative: esprimono un desiderio. Usano il congiuntivo e il condizionale: come vorrei guadagnare molti soldi! - proposizioni concessive: ammettono o suppongono un fatto o una circostanza. Usano il congiuntivo: venga pure. - proposizioni dubitative: esprimono dubbio e incertezza. Possono avere l'indicativo, il condizionale e l'infinito: Che fare? - proposizioni potenziali: esprimono un fatto possibile, una eventualità. Hanno l'indicativo e il condizionale: chi oserebbe mancarti di rispetto? Le proposizioni subordinate Le subordinate, o secondarie, o dipendenti, sono quelle proposizioni che non si reggono da sole, ma «dipendono» dalla principale a cui si uniscono mediante congiunzioni subordinative, pronomi e awerbi relativi, o aggettivi, pronomi e awerbi interrogativi. Le proposizioni subordinate possono essere: - proposizioni soggettive: fanno da soggetto al verbo della proposizione reggente. Sono rette da verbi o espressioni impersonali: sembra che si sia raweduto; si dice che ha rubato. - proposizioni oggettive: fanno da oggetto al verbo della reggente. Sono rette da verbi come dire, affermare, raccontare o che esprimono volontà, desiderio, comando: dissero che i nemici erano in fuga. Quando le proposizioni soggettive e oggettive sono introdotte dalla congiunzione che + indicativo, congiuntivo, condizionale, sono esplicite. Sono invece implicite quando sono espresse da un infinito (con o senza di): so che sei buona (esplicita); è bene raccontare tutto (implicita). - proposizionifinali: indicano il fine per cui awiene l'azione espressa dal verbo della proposizione reggente. Nella forma esplicita hanno il congiuntivo e sono introdotte dalle congiunzioni affinché, perché, che; nella forma implicita hanno l'infinito preceduto da per, allo scopo di: studiamo per imparare. - proposizioni consecutive: esprimono la conseguenza di ciò che è affermato nella reggente. Hanno l'indicativo quando si tratta di una conseguenza reale o certa, il congiuntivo o il condizionale quando la conseguenza è ritenuta ipotetica. Sono introdotte dalla congiunzione che correlativa agli avverbi così, talmente, tanto, ecc. che si trovano nella reggente. Nella forma implicita hanno l'infinito retto dalla preposizione da: E tanto buono da commuoversi per un nonnulla. Anche gli aggettivi degno e indegno possono reggere una consecutiva: non era degno di essere nominato senatore - proposizioni causali: indicano la ragione di ciò che è espresso dalla reggente. Possono avere l'indicativo, il con- giuntivo e il condizionale e sono rette dalle congiunzioni perché, poiché, giacché, ecc. La forma implicita ha il gerundio o l'infinito retto dalle preposizioni per, di, a: Tomai a casa perché si era fatto tardi; essendo tardi, sono tornato a casa. 74 GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO - proposizioni temporali: indicano il tempo in cui si svolge l'azione espressa dalla reggente. Hanno l'indicativo e il congiuntivo retti dalle congiunzioni quando, come, mentre, ecc. La forma implicita ha il gerundio, il participio passato o l'infinito retto da prima di, dopo di, a, in, su: Partimmo al sorgere del sole;finito ilfilm, tornammo a casa. - proposizioni concessive: esprimono un fatto o un giudizio contrastante con l'enunciato della reggente. Hanno il congiuntivo e sono introdotte dalle congiunzioni benché, quantunque, ebbene, nonostante che, anche se (che regge anche l'indicativo). Nella forma implicita hanno il gerundio o il participio retti da pure, benché, per quanto: pur essendo stato punito, continua a non studiare; ti sento anche se non parli forte. Hanno valore concessivo anche le costruzioni come: per buono che tu sia, non riesci a perdonare. - proposizioni avversative: esprimono un fatto o un giudizio contrastante con il significato della reggente. Hanno l'indicativo e il condizionale e sono introdotte dalle congiunzioni mentre, invece, laddove. La forma implicita ha l'infinito retto da invece di, in luogo di e anziché: anziché aiutarmi mi ostacoli. - proposizioni condizionali: indicano la condizione necessaria affinché si compia l'azione espressa dalla reggente. Hanno il verbo indicativo (solo con la congiunz. se) e congiuntivo e sono introdotte dalle congiunzioni se, qualora, ecc. La forma implicita può avere il gerundio, il participio passato e l'infinito preceduto da a: se mi dirai tutto, ti ascolterò; insistendo, non otterrai nulla; a fare COSi, sbaglzeresti. La proposizione condizionale insieme con la reggente formano il periodo ipotetico. La subordinata in questo caso si chiama pròtasi (dal greco pròtasis = premessa); la reggente si chiama apòdosi (dal greco apòdosis = che viene dopo). IL PERIOr~O 75 Se la condizione espressa dallaprotasi è reale, si ha un periodo ipotetico della realtà. Si distingue perché ha solitamente l'indicativo: se mangi, crescerai. Se la condizione espressa dallaprotasi è possibile, si ha un periodo ipotetico della possibilità. La protasi in questo caso va sempre al congiuntivo, l'apodosi sempre al condizionale: se guadagnassi di più, farei un bel viaggio. Se la condizione espressa dalla protasi è irreale, si ha il periodo ipotetico della irrealtà. Anche in questo caso la subordinata va sempre al congiuntivo, la reggente al condizionale: se fosse nato da una famiglia ricca, sarebbe stato più contento. - proposizioni comparative: stabiliscono un paragone con la reggente. Possono essere: comparative di eguaglianza, introdotte dagli awerbi come, quanto o dal pronome quale: era felice come non lo era stato mai. - proposizioni comparative di maggioranza e di minoranza, introdotte da che, di quanto, ecc. in correlazione con più, meno, peggio: il problema era più difficile di quanto credessi. - proposizioni comparative ipotetiche, introdotte da come se, quasi che: si comportava come se fosse il solo ad avere problemi. - proposizioni interrogative indirette e dubitative: sono introdotte da pronomi, aggettivi, awerbi interrogativi o dalla congiunzione se o se non. Hanno l'indicativo, il congiuntivo e l'infinito: mi chiese se ero uscito; non sapevo se credere alle sue parole. Con il se, per esprimere un'azione futura si può trovare anche il condizionale presente: non so se verrà e non so se verrebbe. - Attenzione a non confondere il se ipotetico della possibilità e della irrealtà con quello interrogativo e dubitativo: il primo vuole sempre il congiuntivo. -proposizioni relative: sono unite alla reggente mediante pronomi e awerbi relativi. Nella forma implicita hanno il participio presente o passato e l'irifinito + da: queste sono cose da non trascurare (che non vanno trascurate) . . -proposlzlom modali: mdlcano il modo con cui si svolge l'azione espressa dalla reggente. Nella forma esplicita sono introdotte da come, comunque, in qualunque modo + indicativo o congiuntivo. La forma implicita ha il gerundio: comunque sia, andrò avanti; andò via sorridendo. . - proposlzlonu esclusive: sono introdotte da senza e senza che: andò via senza awertirmi. -proposizioni eccettuative: sono introdotte da eccetto che, fuorché, salvo e salvo che, tranne e tranne che: Hanno il congiuntivo e, nella forma implicita, l'infinito: farò tutto tranne che cedere. - proposizioni limitative: sono introdotte da in quanto, per quanto, per quello che. Hanno l'indicativo e il congiuntivo: per quanto ne sappia, non è mai stato aU'estero. Le proposizioni incidentali, o parentetiche, non hanno alcun legame grammaticale con le altre proposizioni. Servono a fare un'osservazione a sé stante, o a chiarire un concetto e si trovano fra due virgole, fra due lineette o fra parentesi: tuo fratello, come mi hanno riferito, non ti ha fatto nessuno sgarbo. La coordinazione In un periodo, le proposizioni principali e subordinate possono essere unite fra loro mediante coordinazione, ossia sono accostate una all'altra mantenendo lo stesso piano. La coordinazione può awenire: - per asindeto (= senza collegamento), ossia senza congiunzione: in questo caso le varie proposizioni sono separate dalla virgola, dal punto e virgola o dai due punti - mediante le congiunzioni coordinative (v.) - mediante pronomi o awerbi correlativi come chi... chi, l'uno... l'altro, tanto... quanto, ecc. Il discorso indiretto Nel passaggio dalla formulazione diretta del discorso a quella indiretta si ha una serie di modificazioni che investono soprattutto i modi e i tempi verbali. Da tener presente in particolare che: - il futuro retto da un passato diventa nel discorso indiretto condizionale passato: mi disse: «Domani sera uscirò» divènta nella forma indiretta: mi disse che l'indomani sera sarebbe uscito. - ilpresente indicativo retto da un passato diventa imperfetto: mi disse: «Sono qui» diventa nella forma indiretta mi disse che era qui. - ilpassato prossimo o remoto retto da un passato diventa trapassato prossimo: Mi disse: «ho avuto molti guai» diventa nella forma indiretta mi disse che aveva avuto molti guai. Ecco le principali congiunzioni che introducono i vari tipi di proposizione: - che può introdurre: proposizioni soggettive e oggettive: è chiaro che sei stanco; sappiamo che sei stanco proposizioni finàli: pregai che si salvasse proposizioni consecutive: è così buono che fa regali a tutti proposizioni causali: sono contento che stiate bene in salute 78 GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO proposizioni temporali: andò via che era mezzogiomo. - perché può introdurre: proposizioni finali: gli ho parlato perché ti aiutasse proposizioni consecutive: era troppo orgoglioso perché potesse ricredersi proposizioni causali: non sono venuto perché avevo da fare proposizioni interrogative indirette: non so perché stia perdendo tempo. - come può in~trodurre: proposizioni temporali: come lo sentii, mi allontanai dalla sala proposizioni comparative: come hai cantato, così puoi anche suonare proposizioni modali: lo ascoltò come mai lo aveva ascoltato proposizioni interrogative indirette: dimmi come hai fatto. - se può introdurre: proposizioni ipotetiche: se studi avrai un premio proposizioni dubitative: non so se uscire o no. - mentre può introdurre: proposizioni temporali: mi telefonò mentre stavo uscendo proposizioni awersative: perde tempo, mentre dovrebbe pensare a lavorare. La punteggiatura Usare bene la punteggiatura non e così facile come può sembrare. Il suo compito non è solo quello di segnare le pause di un discorso ma di darne l'espressione, le sfumature, l'intonazione. La posizione di una virgola può cambiare l'intero senso di una frase; l'abuso di punti, puntini di sospensione, di punti esclamativi può rovinare irrimediabilmente l'eleganza di un periodo. Ma le regole da dare sono poche: la scelta della virgola, del punto e virgola, dei due punti, dipende dalla sensibilità e dal gusto di chi scrive. Solo la consuetudine a leggere e a scrivere può dare il dono di una buona puIlteggiatura. Daremo dunque solo qualche indicazione di carattere generale. - Il punto - o punto fermo - serve a chiudere un periodo. Indica la pausa più lunga rispetto alla virgola e al punto e virgola. Il distacco è più forte quando dopo il punto si va a capo. - I due punti servono a spiegare, a illustrare o a giustificare il senso del periodo. Spesso si abusa di questo segno; è bene evitarlo prima di un discorso indiretto o prima di una serie di complementi che dipendono direttamente dal verbo: ho dovuto risolvere questioni di lavoro, problemi psicologici, affari economici e non: ho dovuto risolvere: questioni di lavoro, problemi, ecc. - Il punto e virgola rappresenta ulla via di mezzo tra il punto e la virgola; serve a chiudere frasi coordinate fra loro. E più vicino al punto che alla virgola perche serve a separare due frasi. - La virgola (dal latino virgula = f)astoncino) non ferma il discorso ma lo fa continuare; separa ma non stacca. E il segno più difficile e delicato da usare. Anche della virgola spesso si abusa. Attenzione a non usarla mai fra soggetto e predicato, fra predicato e complemento oggettofra il verbo essere e llaggettivo o il nome. La virgola non si mette mai nemmeno fra un nome e il suo aggettivo: ho visto unfilm s~aordinario e non: ho visto unfilm, straordinario. A volte la virgola indica il verbo sottinteso: le finestre sono chiuse; le porte, aperte. In un inciso non va mai dimenticata la seconda virgola che lo chiude: domani, giorno in cui si apre la Mostra, sarò molto occupato. - I puntini di sospensione sono sempre e solo tre. Si usano fra parentesi quadre per indicare che alcune parole di un discorso riportato sono state omesse deliberatamente. - Anche del punto esclamativo si abusa spesso: enfatizza il discorso in maniera a voite insopportabile. Va usato solo quando è strettamente necessario (e mai doppio). A volte si trova assieme al punto interrogativo in segno di forte sorpresa o sdegno: Che hai fatto.~! Le abbreviazioni Titoli, aggettivi, espressioni di cortesia e ringraziamento - e perfino di condoglianze - indicazioni e awertenze vengono spesso ridotte, per brevità e comodità, a monosillabi o a sigle divenute ormai di uso comune. Per orientarsi nella giungla delle abbreviazioni, sarà utile un elenco delle formule più comuni, soprattutto di quelle in cui ci si imbatte in lettere ufficiali e commerciali o in testi letterari, scientifici, ecc. e nelle note relative. Per abbreviare le parole esistono comunque regole precise: - tutti sappiamo che dottore e professore si abbreviano in dot~. (anche dr.) e prof. Per formare il femminile si unisce dopo il punto la parte finale della parola: professoressa si abbrevia inprofssa - per formare il plurale si raddoppia la consonante finale: proff. Questo vale non solo per i titoli ma per qualsiasi parola da abbreviare: capitolo: cap.; capitoli: capp. pagina: pag; pagine: pagg. Se la parte finale dell'abbreviazione ha già la consonante doppia, per formare il plurale va aggiunta la sillaba finale del nome dopo il punto: dottori: dott.ri; awocati: aw.ti. - Signora si abbrevia in sigra e signorina si abbrevia in signa per distinguerle da signor (sig.). - Le espressioni di cortesia usate nello stile epistolare comegentilissimo, illustrissimo, ecc. si abbreviano ingent.mo e ill.mo. a. AA.W. a.C ad lib. a-l~m all. (o alle&) app alr a. v. c.a. c/c, c.c. cfr. cit. c.m c/o cpv. c.s. d C. doc. Ecc. e.g. ff f m. .~t ,~o ibid id LL~A loc. cit. m/c mlo ms. ¨- mss. n.b. N.D N.d.A. N.d.R. ~j N.d~. ns. op. ciL p.a. par. p.c. , p/ c p.c.c. Le abbreviazioni più comuni autore Autori vari avanti Cristo a volontà (dal latino ad libitum) a fine mese allegato appendice andata e ritomo a vista corrente anno conto corrente confronta (dal latino confer) citato corrente mese presso (dall'inglese care of) capoverso 82 GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO T , FRR12FV1~71r)NI p o/ e c/ PP p.r. p.s. p.v. q.b. rist. RSVP come sopra dopo Cristo documento Eccellenza s. e sg. seguente SA. Sua Altezza S.A.R. Sua Altezza Reale s.d. senza data S.P.M. sue proprie mani ss. seguenti supp S.~ s.v. trad u.s. v. ver. v. g (raro) v~g. I.P. v.r. v.s. vs. w. per esempio (dal latino exempligratia) fogli - ma anche: facente funzioni fine mese fuori testo firmato nello stesso luogo (volume, rivista ecc.) dal latino ibidem idem Loro Altezze passo citato (dal latino loco citato) mio conto mio ordine manoscritto manoscritti nota bene Nobildonna (Nobilis Domina) nota dell'autore nota del redattore nota del traduttore nostro opera citata per augur paragrafo per condoglianz.e o per conoscenza per conto per copia conforme per ordine e conto per procura per ringraziamento postscriptum prossimo venturo quanto basta ristampa si prega di rispondere (nei biglietti d'invito). Dal francese répondez-s'il-vous-plait supplemento Signoria Vostra sotto la voce (di dizionari, enciclopedie) traduzione ultimo scorso vedi, verso versamento per esempio (dal latino verbigratia) vigente persona importante (dall'inglese very important person) vedi retro vedi sopra vostro versi Coniugazione dei verbi regolari PRIMA CONIUGAZIONE: lodare Indicativo Presente io lodo tu lodi egli loda noi lodiamo voi lodate essi lodano Imperfetto io lodavo tu lodavi egli lodava noi lodavamo voi lodavate essi lodavano Passato remoto io lodai tu lodasti egli lodò noi lodammo voi lodaste essi lodarono Futuro semplice io loderò tu loderai egli loderà noi loderemo voi lodereste essi loderanno Presente io lodi tu lodi egli lodi noi lodiamo voi lodiate essi lodino Imperfetto io lodassi tu lodassi egli lodasse noi lodassimo voi lodaste essi lodassero Passato prossimo io ho lodato tu hai lodato egli ha lodato noi abbiamo lodato voi avete lodato essi hanno lodato Trapassato prossimo io avevo lodato tu avevi lodato egli aveva lodato noi avevamo lodato voi avevate lodato essi avevano lodato Trapassato remoto io ebbi lodato tu avesti lodato egli ebbe lodato noi avemmo lodato voi aveste lodato essi ebbero lodato Futuro anteriore io avrò lodato tu avrai lodato egli avrà lodato noi avremo lodato voi avrete lodato essi avranno lodato loda (tu) lodi (egli) lodiamo (noi) lodate (voi) lodino (essi) Presente lodare Presente lodante Congiuntivo Passato io abbia lodato tu abbia lodato egli abbia lodato noi abbiamo lodato voi abbiate lodato essi abbiano lodato Presente io loderei tu loderesti egli loderebbe noi loderemmo Presente | lodando voi lodereste essi loderebbero Trapassato io avessi lodato tu avessi lodato egli avesse lodato noi avessimo lodato voi aveste lodato essi avessero lodato Condizionale Imperativo Passato io avrei lodato tu avresti lodato egli avrebbe lodato noi avremmo lodato voi avreste lodato essi avrebbero lodato Presente loderai (tu) loderà (egli) loderemo (noi) loderete (voi) loderanno (essi) Passato avere lodato Passato lodato Passato avendo lodato Presente io credo tu credi egli crede noi crediamo voi credete Futuro essi credono Imperfetto io credevo tu credevi egli credeva noi credevamo voi credevate essi credevano Passato remoto io credei (credetti) tu credesti egli credé (credette) noi credemmo voi credeste essi credettero Futuro semplice io crederò tu crederai egli crederà noi crederemo voi crederete essi crederanno Presente io creda tu creda egli creda noi crediamo voi crediate essi credano GUIDA ALL'ITALIANO CORRElTO SECONDA CONIUGAZIONE: credere Indicativo Congiuntivo Passato prossimo io ho creduto tu hai creduto egli ha creduto noi abbiamo creduto voi avete creduto essi hanno creduto Trapassato prossimo io avevo creduto tu avevi creduto egli aveva creduto noi avevamo creduto voi avevate creduto essi avevano creduto Trapassato remoto io ebbi creduto tu avesti creduto egli ebbe creduto noi avemmo creduto voi aveste creduto essi ebbero creduto Futuro anteriore io avrò creduto tu avrai creduto egli avrà creduto noi avremo creduto voi avrete creduto essi avranno creduto Passato io abbia creduto tu abbia creduto egli abbia creduto noi abbiamo creduto voi abbiate creduto essi abbiano creduto credi (tu) creda (egli) crediamo (noi) credete (voi) credano (essi) Presente credere Presente credente Presente credendo CONIUGAZIONE DEI VERBI REGOIARI Imperfeffo io credessi tu credessi egli credesse noi credessimo voi credeste essi credessero Presente io crederei tu crederesti egli crederebbe noi crederemmo voi credereste essi crederebbero Condizionale Imperativo Presente Futuro Trapassato io avessi creduto tu avessi creduto egli avesse creduto noi avessimo creduto voi aveste creduto essi avessero creduto Passato io avrei creduto tu avresti creduto egli avrebbe creduto noi avremmo creduto voi avreste creduto essi avrebbero creduto crederai (tu) crederà (egli) crederemo (noi) crederete (voi) crederanno (essi) Passato avere creduto Passato creduto Passato avendo creduto 88 Presente io servo tu servi egli serve noi serviamo voi servite essi servono Imperfetto io seIvivo tu servivi egli serviva noi servivamo voi servivate essi servivano Passato remoto io servii tu servisti egli servì noi servimmo voi serviste essi servirono Futuro semplice io servirò tu servirai egli servirà noi serviremo voi servirete essi serviranno Presente io serva tu serva egli serva noi serviamo voi serviate essi servano GUIDA ALL'ITALIANO CORRETIO TERZA CONIUGAZIONE: servire Indicativo Passato prossimo io ho servito tu hai servito egli ha servito noi abbiamo servito voi avete servito essi hanno servito Trapassato prossimo io avevo servito tu avevi servito egli aveva servito noi avevamo servito voi avevate servito essi avevano servito Trapassato remoto io ebbi servito tu avesti servito egli ebbe servito noi avemmo servito voi aveste servito essi ebbero servito Futuro anteriore io avrò servito tu avrai servito egli avrà servito noi avremo servito voi avrete servito essi avranno servito Congiuntivo Passato io abbia servito tu abbia servito egli abbia servito noi abbiamo servito voi abbiate servito essi abbiano servito CONIUGAZIONE DEI VERBI REGOLARI Imperfetto io servissi tu servissi egli servisse noi servissimo voi serviste essi servissero Presente io servirei tu serviresti egli servirebbe noi serviremmo voi selvireste essi servirebbero Condizionale Imperativo Presente servi (tu) serva (egli) serviamo (noi) servite (voi) servano (essi) Presente servire Presente servente Presente servendo Futuro Trapassato io avessi servito tu avessi servito egli avesse servito noi avessimo servito voi aveste servito essi avessero servito Passato io avrei servito tu avresti servito egli avrebbe servito noi avremmo servito voi avreste servito essi avrebbero servito servirai (tu) servirà (egli) serviremo (noi) servirete (voi) serviranno (essi) Passato avere servito Passato servito Passato avendo servito 9o Presente io sono amato tu sei amato egli è amato noi siamo amati voi siete amati essi sono amati Imperfetto io ero amato tu eri amato egli era amato noi eravamo amati voi eravate amati essi erano amati Passato remoto io fui amato tu fosti amato egli fu amato noi fummo amati voi foste amati essi furono amati Futuro semplice io sarò amato tu sarai amato egli sarà amato noi saremo amati voi sarete amati essi saranno amati Presente io sia amato tu sia amato egli sia amato noi siamo amati voi siate amati essi siano amati GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO LA FORMA PASSIVA: essere amato Indicativo Congiuntivo Passato prossimo io sono stato amato tu sei stato amato egli è stato amato noi siamo stati amati voi siete stati amati essi sono stati amati Trapassato prossimo io ero stato amato tu eri stato amato egli era stato amato noi eravamo stati amati voi eravate stati amati essi erano stati amati lr~u~u JJ io fui stato amato tu fosti stato amato egli fu stato amato noi fummo stati amati voi foste stati amati essi furono stati amati Futuro anteriore io sarò stato amato tu sarai stato amato egli sarà stato amato noi saremo stati amati voi sarete stati amati. essi saranno stati amati Passato io sia stato amato tu sia stato amato egli sia stato amato noi siamo stati amati voi siate stati amati essi siano stati amati CONIUGAZIONE DEI VERBI REGOLARI Imperfetto io fossi amato tu fossi amato egli fosse amato noi fossimo amati voi foste amati essi fossero amati Condizionale Trapassato io fossi stato amato tu fossi stato amato egli fosse stato amato noi fossimo stati amati voi foste stati amati essi fossero stati amati Presente Passato io sarei amato tu saresti amato egli sarebbe amato noi saremmo amati voi sareste amati essi sarebbero amati Presente Futuro sii amato (tu) sia amato (egli) siamo amati (noi) siate amati (voi) siano amati (essi) Presente essere amato io sarei stato amato tu saresti stato amato egli sarebl-e stato amato noi saremmo stati amati voi sareste stati amati essi sarebbero stati amati sarai amato (tu) sarà amato (egli) saremo amati (noi) sarete amati (voi) saranno amati (essi) Passato essere stato amato Presente Passato (stato) amato Presente essendo amato Passato essendo stato amato fine.