Paola Sorge. Guida all`italiano corretto. Avere dei dubbi su come si

Paola Sorge.
Guida all'italiano corretto.
Avere dei dubbi su come si scrive o si pronuncia correttamente una parola della propria lingua d'origine, non essere sicuri di un participio passato, esitare nel mettere una i formando il plurale di un nome o coniugando un verbo, può facilmente provocare un vago senso di vergogna: ci si sente colpevoli,
«diversi»; non si ha il coraggio di confessare i propri dubbi
nemmeno a se stessi, tanto meno di andare a consultare una
grammatica - sarebbe ancora più frustrante. Eppoi la maggior
parte degli adulti iI libro di grammatica l'ha buttato da un pezzo e mai piU ricomprato: le leggi che regolano la lingua italiana si ritengono acquisite per l'eternità, si pensa di non essere
mai soggetti a distrazioni o a dimenticanze.
E invece tutti, anche e soprattutto chi scrive per abitudine e
per professione, possono essere colti da mille dubbi. E allora
ci vuole il «coraggio» di ripassare le vecchie regole che sono il
fondamento della nostra lingua.
Questa piccola guida dell'italiano corretto non pretende di
essere una grammatica completa, anche se esamina tutte le
parti del discorso nelle loro particolarità: sono state infatti
omesse le regole e le nozioni grammaticali universalmente
note, per dare invece spazio a tutto quello che può ingenerare
dubbi e incertezze in chi parla o scrive: dalla formazione del
plurale dei nomi e degli aggettivi, alle concordanze, alla punteggiatura.
L'accento
Tutte le parole hanno l'accento o si appoggiano a quello della parola vicina. Alcuni monosillabi, come gli articoli ad esempio, sono atoni e si servono dell'aeeento della parola che segue:
- il cane, la strada,
oppure di quello della parola ehe li preeede:
- dimmi, vederci.
Nel primo caso si tratta di monosillabe atone proclitiche;
nel secondo caso di enelitiehe.
Nel pronunciare una parola la voee si appoggia eon più forza
su una sillaba, che si chiama tonica (dal greco tònos = forza),
mentre le altre sillabe si dicono àtone.
Secondo la posizione dell'accento le parole si dividono in:
- tronche con l'accento sull'ultima sillaba:
virtù, maestà.
In realtà sono parole che sono state «troncate», derivando da
nomi piani a cui è stata tolta una sillaba (da virtude: virtù).
- piane con l'accento sulla penultima sillaba:
pane, mela, dolore.
Si chiamano piane, ossia lisce, perché si pronunciano senza
difficoltà. Costituiscono la maggior parte delle parole della
nostra lingua.
- sdrucciole con l'accento sulla terz'ultima sillaba:
pòpolo, Màntova.
Si chiamano sdruccioie perché la voce «sdrucciola», ossia
«scivola» sulle due sillabe che seguono quella tonica.
- bisdrùcciole con l'accento sulla quart'ultima sillaba:
càpitano, consìderano.
Le bisdrucciole sono tutte forme verbali alla terza persona
plu~rale.
- trisdrucciole con l'accento sulla quint'ultima sillaba:
rècitamelo, fàbbricamene.
Anche queste sono forme verbali, con l'aggiunta dell'enclitica.
Nella lingua scritta l'accento si segna solo in casi particolari.
E d'obbligo sulle parole tronche:
andrò, farà, ecc. e su quei monosillabi che vanno distinti dai
loro omofoni di diverso significato.
I principali monosillabi che vanno accentati sono:
- è, verbo, da non confondere con e congiunzione.
- sé, pronome riflessivo, da non confondere con se congiunzione. Quando è rafforzato da stesso si può scrivere senza
accento.
- né, congiunzione negativa, da non confondere con ne particella pronominale o awerbiale.
- sì, awerbio di affermazione, da non confondere con si pronome riflessivo.
- dì, nome (giorno), da non confondere con di preposizione
o con di' (con l'apostrofo), imperativo di dire.
- lì, awerbio di luogo, da non confondere con li pronome
personale.
- là, awerbio, da non confondere con la articolo o pronome.
- dà, verbo, da non confondere con da preposizione.
- ché, forma abbreviata di perché, da non confondere con
che congiunzione o pronome.
- Le parole che cambiano significato a seconda della posizione dell'accento come: prìncipi e princìpi, capitano (nome)
e càpitano (verbo), vanno accentate quando possono ingenerare confusione riguardo al loro significato.
L'accento può essere acuto e grave.
E acuto quando il suono della vocale è chiuso: è grave quando il suono della vocale è aperto. Ma di solito, scrivendo, non
Si bada a segnare l'accento giusto sulle parole tronche, in particolare sulla e finale su cui spesso si mette un segno a casaccio
senza badare se è aperta o chiusa. Per evitare confusioni, si
tenga a mente che hanno l'accento acuto sulla e:
- aflinché
- benché
- cosicché
- finché
- giacché
- perché
- poiché
- purché
- sé
- né
- ventitré, trentatré, ecc.
GUIDA ALL'ITALIANO CORRE~O
Invece i nomi con la e finale accentata come caJ~fè, tè, ecc.,
hanno di solito l'accento grave.
Alcune parole hanno significato diverso a seconda dell'accento grave o acuto:
- pésca (dei pesci) e pèsca (frutto).
Attenzione, dunque, alla pronuncia di queste parole:
- accétta (scure) e accètta (verbo)
- bótte (quella del vino) e bòtte (quelle che fanno male).
- colléga (verbo) e collèga (nome)
- fóro (buco) e fòro (piazza)
- légge (decreto) e lègge (verbo)
- pórci (verbo) e pòrci (nome)
- scópo (verbo) e scòpo (nome)
- vólgo (nome) e vòlgo (verbo).
I DUBBI
Si dice zàffiro o zaffiro?
L'espressione corretta è la seconda, anche se molti dicono
ostinatamente zàffiro.
Come questa, anche altre parole hanno la strana sorte di essere pronunciate in modo errato.
Le più comuni sono:
- amàca, e non àmaca
- àlacre, e non alàcre (che però è abbastanza diffuso e accettato)
- arterioscleròsi, e non arteriosclèrosi
- cosmopolìta, e non cosmopòlita
- edìle, e non èdile (diffuso ma non corretto)
- guaìna, e non guàina (anche. se la forrna corretta può far
inorridire)
- infido, e non ìnfido
- leccornìa, e non leccornia
- rubrìca, e non rùbrica
- salùbre, e non sàlubre
- scandinàvo, e non scandìnavo (sebbene molto diffuso, specie nei telegiornali)
- valùto, e non vàluto.
L'artícolo
Dal latino articulus, piccolo arto, particella che lega, l'articolo si unisce strettamente al nome indicandone il genere. Può
essere determinativo e indeterminativo.
Articolo deterrninativo
il, i, lo, gli per il genere maschile
la, le per il genere femminile.
Deriva dal latino ille (quello) usato qualche volta, nei testi
classici (Plauto, Cicerone), quasi come un articolo; questo uso
divenne pOI sempre più frequente fino a far nascere, nel passaggio all'italiano, l'articolo vero e proprio.
Tutti sapFiamo che l'articolo il (plurale i) si usa con i nomi
maschili smgolari che iniziano per consonante, tranne la z, la
x, las impura egn;
che l'articolo lo (plurale gli) si usa con i nomi che iniziano per
vocale e davanti alla z, allax, all s impura, agn.
Lo davanti a vocale si apostrofa: I'albero, I'altare, ecc. Attenzione però alle semivocali, specie alla i seguita da vocale, davanti
alle quali è preferibile la forma intera:
lo iato, lo iodio, ecc.
Abbastanza frequente è l'uso dell'articolo lo davanti a ps, pn.
Ecco un punto dove i pareri sono molto discordi: per alcuni
grammatiCi lo è d'obbligo anche davanti a ps e pn: lo psicologo,
lo pneumatico. Altri invece preferiscono l'uso dell'articolo il
per i due gruppi.
Noi propendiamo per la prima soluzione: ilpsicologo, ilxenofobo, francamente non suonano bene: ps e x foneticamente
possono considerarsi una sorta di s impura; nessuna giustificazione invece avrebbe l'uso di lo davanti alpn, ma le grammatiche più aggiornate insistono tanto per lo pneumatico, gli pneumatici, che alla fine ci si deve arrendere.
I DUBBI
Perché si dice gli dèi e non i dèi? Probabilmente perché originariamente si diceva iddei, plurale di iddio; e anche perché
suona meglio (sarebbe brutto dire per esempio dei dèi).
Ma questa è la sola eccezione; in tutti gli altri casi, davanti a
consonante (tranne laz, las impura, ecc.) si usa sempre l'articolo plurale i.
L'articolo femminile è invariabilmente la per il singolare e le
per il plurale.
Le non si apostrofa mai: si dirà sempre le erbe e non l'erbe.
L'articolo non si usa sempre. I nomi propri di città, ad esempio, di regola non hanno articolo: si dice Roma, Parigi, Livor-
no, ecc.
Non mancano le eccezioni, tra cui le più note sono:
La Spezia, n Cairo, L'Aia, La Mecca, La Paz, L'Aquila,
L'Avana, ecc.
Con i nomi propri e i cognomi l'articolo generalmente non si
usa. Ma è usanza diffusa usarlo con i cognomi di persone illustri: il Manzoni, il Boccaccio, il Petrarca, ecc.
I DUBBI
Perché si dice mio padre, senza articolo, e invece il mio babbo?
La regola è questa: quando il nome comune di parentela è
preceduto dall'aggettivo possessivo, rifiuta l'articolo:
mio zio, tuo nonno, sua cugina.
Quando invece il nome di parentela è in forma familiare o alterata (diminutivo, peggiorativo), vuole l'articolo:
la tua sorellina, il suo cuginetto.
í DUBBI
I nomi di città terminanti in -o sono maschili o femminili?
Tutti i nomi di città sono femminili: si dirà perciò Milano industriosa, Torino maestosa ecc. (Fa eccezione Il Cairo.)
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GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO
Articolo indeterrninativo
Deriva dal latino unus, aggettivo numerale.
L'articolo indeterminativo un si usa con tutti i nomi maschili
che cominciano per consonante e per vocale
Solo i nomi che iniziano con la s impura, la z, gn, ps, pn e x,
hanno l articoIo uno: uno stupido, uno gnomo, ecc.
E un errore grave, da segnare con la matita blu, scrivere un
con l'apostrofo davanti a nome maschile iniziante per vocale,
come ad esempio amico, asino, e così via
L'articolo indeterminativo femminile è invariabilmente una
e Sl apostrofa davanti ai nomi che cominciano per vocaleun'amica, un'abitudine, ecc.
Per indicare una quantità indeterminata si usa la preposizione articolata del, dello, dei, degli, della e delle. Ad esempio: ho
conosciuto dei ragazzi, aspetto degli amici, ho bevuto del vino,
ecc.
La stessa preposizione ha funzione di articolo partitivo, ossia
di articolo che indica una parte del tutto, una certa quantità:
versami del vino, dammi del pane. Ma al riguardo vedi avanti,
alle QUESTIONI DI STILE.
Preposizioni articolate
L'articolo si può unire alle preposizioni di, a, da, in, su, con e
per, formando le preposizioni articolate.
Es: di + il = del
a +il=al
in + il = nel
con + il = col
Le preposizioni articolate si usano seguendo le stesse regole
dell'articolo. Si dirà dunque:
dai libri, dagli scolari, ai luoghi, agli gnomi, ecc.
QUESTIONI Dl STILE
Il partitivo non è elegante, meglio eliminarlo quando è possiL'ARTICOLO
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E anche poco elegante usare col, collo (con + lo), colla e così
via: è sempre preferibile la forma con lo, con la, ecc.
E sconsigliabile usare due articoli indeterminativi di seguito:
non si dice: un foglio d 'un quademo, ma ilfoglio d 'un quademo,
oppure un foglio di quademo.
Spesso, per rispettare il titolo d'un libro, d'un giornale, di
un'opera preceduto da una preposizione articolata, si usano
forme antiquate come de e ne:
I 'articolo de n Resto del Carlino, ne La Stampa . Ma il risultato
è piuttosto ridicolo, anche foneticamente. Dire o scrivere: dal
Resto del Carlino risulta più naturale e dunque più scorrevole.
I DUBBI
Che vuol dire li davanti alla data di una lettera ufficiale?
E un «rimasuglio» dell'italiano antico in cui oltre a i e gli,
come articolo maschile plurale esisteva anche li che si usava in
particolare davanti ai numeri: morì li 15 giugno 1300.
Attenzione:
Quando il nome proprio si riferisce all'opera di un artista, va
preceduto dall'articolo:
un Cézanne ( = un quadro di Cézanne), il David di Donatello.
n nome
Il nome, o sostantivo, indica cose, persone, animali, azioni,
idee. Può essere:
- concreto (pane) o astratto (virtù);
- comune (strada) o proprio (Milano);
- primitivo, ossia formato solo dalla radice e dalla desinenza, come ad esempio carta, o derivato (cartoleria)
- semplice (lettera) o composto (portalettere);
- alterato accrescitivo (omone), diminutivo (gattino), dispregiativo (ragazacciO) e vezzeggiativo (cosuccia).
Queste distinzioni le facciamo ormai naturalmente, avendole assorbite fin dal primo apprendimento del nostra lingua; è
difficile avere dubbi in merito, a meno che non si voglia di-
squisire sul concetto di concreto e astratto e porsi domande
inquietanti, come quella di come classificare nomi di entità
che non cadono sotto i nostri sensi comeDio, anima, e così via,
che secondo alcuni sarebbero astratti. Ma è chiaro che queste
non sono questioni puramente grammaticali.
Dubbi molto concreti nascono invece di fronte alle declinazioni, ossia alle modificazioni a cui i nomi sono soggetti a seconda del genere e del numero.
Qual è ad esempio il plurale di valigia: valigie o valige?
E di arancia: arancie o arance?
E ancora: si dice maniehi o maniei, psieologi o psieologhi?
E il plurale di capostazione è capostazioni o capistazione?
Queste sono solo alcune delle tante domande che possono
affacciarsi all'improvviso mettendoci in crisi, in specie quando
si è alle prese con un compito, un saggio, una lettera importante, una conferenza.
IL NOME
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Cerchiamo di fugare tutti i dubbi possibili «ripassando» le
declinazioni dei nomi.
Declinazioni
Le declinazioni sono le modificazioni a cui i nomi sono soggetti a seconda del genere e del numero.
In italiano esistono quattro declinazioni (alcune grammatiche ne indicano tre):
- Prima declinazione: singolare in -a, plurale in -e è costituita da nomi in grandissima parte di genere femminile: mela,
mele, pietra, pietre.
Di questo gruppo fanno parte anche maschili, come papa,
poeta, tema, che hanno il plurale in -i; e i maschili invariabili,
ossia con il plurale uguale al singolare, tra cui i più usati sono:
boia, vaglia, paria, nonnulla, pigiama, sosia, cinema, gorilla, ecc.
Sono maschili anche: coma, sisma, plasma, scisma, carisma,
edema.
I DUBBI:
Asma è maschile o femminile?
Anche se usato spesso al femminile asma è maschile:
un asma (e non un'asma).
Il plurale dei nomi che terminano in -cia e -gia:
se la i è tonica, ossia accentata, il plurale sarà sempre -eie e -gie:
bugia, bugie; farmacia, farmacie.
Le cose si complicano se la i è atona, ossia senza accento. Se
la c e la g sono precedute da vocale, il plurale sarà -cie e -gie,
dunque: il plurale di valigia sarà valigie e non valige; di socia,
socie; di camicia, camicie.
Quando invece la c e la g sono precedute da consonante o
sono raddoppiate, il plurale sarà -ce e -ge: arancia, arance;
lancia, lance; goccia, gocce, ecc.
Questa regola ha naturalmente qualche eccezione:
provincia al plurale fa province e provincie.
- Seconda declinazione: singolare in -o, plurale in -i.
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GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO
I nomi della seconda declinazione sono tutti maschili tranne
poche eccezioni:
la mano; I'eco, che però al plurale è maschile (gli echi); la radio; la virago; la dinamo.
Ci sono poi nomi maschili che diventano femminili al plurale:
ilpaio, le paia
l'uovo, le uova
il centinaio, le centinaia
il migliaio, le migliaia
il miglio, le miglia (ma solo nel signifieato di unità di misura
di lunghezza, non della pianta graminaeea, ehe ha un plurale
rarissimo)
il riso (nel senso di ridere), le risa
lo staio, le staia.
I problemi naseono sempre eon la formazione del plurale. Ci
sono nomi ehe formano il plurale irregolarmente:
uomo, uomini
dio, dèi
bue, buoi
tempio, templi.
Il plurale dei nomi ehe terminano in -co e -go fa naseere qualehe dubbio:
Il plurale è in -ci e -gi o in -chi e -ghi?
Purtroppo in questo easo non e'è una regola ben preeisa, ma
solo qualehe indieazione.
In genere hanno il plurale in -chi e -ghi i nomi piani, ossia i
nomi eon l'aeeento sulla perlultima sillaba:
palco, palchi
albergo, alberghi
mago, maghi.
Hanno invece il plurale in -ci e -gi i nomi sdruccioli, ossia con
I aceento sulla terz'ultima sillaba:
sindaco, sindaci
teologo, teologi
medico, medici.
l
IL NOME
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Ma le eeeezioni sono tante ehe non si può parlare di regola
vera e propria. Ad esempio:
amico (piano) fa al plurale amici
greco fa greci
obbligo (sdrueeiolo) fa obblighi, e eosì via.
Ci sono poi i nomi che hanno tutte e due le forme. Alla questione che ci siamo posti all'inizio se manico fa al pluralc manici o manichi, la risposta è che tutti e due i plurali sono corretti. Lo stesso vale anche per i seguenti nomi:
fondaco, fondaci e fondachi
chirurgo, chirurghi e chirurgi
traffico, traffici (più usato) e traf~lchi
mendico, mendici e mendichi
sarcofago, sarcofagi e sarcofaghi.
I nomi in -logo e -fago che si riferiscono a persone hanno un
doppio plurale che si può usare indifferentemente:
antropofago: antropofagi e antropofaghi
antropologo: antropologi e antropologhi
sociologo: sociologi e sociologhi
psicologo: psicologi e psicologhi.
Il plllrale dei nomi in -io:
Se la i è tonica, al plurale e'è la doppia i:
zio, zii
pendio, pendii
brusio, brusii.
Se la i è atona, il plurale ha unsola i:
bacio, baci
cencio, cenci.
- Terza declinazione: singolare in -e, plurale in -i.
I nomi di questa declinazione sono maschili e femminili: il
genere si rieonosee solo dall'artieolo: ilpane; la legge.
Aleuni nomi sono sia masehili sia femminili:
la trave è generalmente femmillile, ma e'è anehe il trave
il fine (scopo) e la fine
il carcere e la carcere, forma letteraria e rara (più comune al
plurale: le carceri).
I nomi che al singolare terminano in -ie, rimangono invariati
la barbarie, le barbarie
la serie, le serie
la specie, le specie
la carie, le carie, ecc.
A questa regola fanno eccezione tre nomi che al plurale peref~rigie, e~lgi
moglie, mogli
superficie, superfici.
I DUBBI
Acme è maschile o femminile?
Acme è sempre femminile: la sua acme.
I nomi indeclinabili
Sono i nomi che hanno il plura]e uguale al singolare.
- Possono essere di una solsillaba come re
- Possono avere l'accento sull'ultima vocale (tronchi) come
- Posso o terminare in °- come crisi (sono generalmente
-Possono terrninare per eonsonante (nomi di derivazione
straniera) come bazar, spoe così via.
I DUBBI
Film al plurale va scritto con la s o senza?
i tende sempre più a lasciarlo invariato: moltifilm. E questa
la sorte dei termini stranieri accolti nella nostra lingua. Rimangono lnvariate anche tutte le altre parole diventate ormai
i uso comune come collant, short, hamburger, ecc.
Ilplurale dei nomi composh
Perlopiù il plurale dei nomi composti è regolare:
francobollo, francobolli
ferrovia, ferrovie.
Questo è il caso dei nomi composti da:
- un aggettivo + un sostantivo (biancospino);
- da un sostantivo + sostantivo (banconota);
- da un verbo + sostantivo (asciugamano).
I nomi composti da un sostantivo + aggettivo formano il plurale modificando la desinenza dei due elementi:
cassaforte, casseforti
pellerossa, pellirosse
terracotta, terrecotte
fabbroferraio, fabbriferrai.
I nomi composti da verbo + verbo o da awerbio + verbo rimangono invariati:
il saliscendi, i saliscendi
il benestare, i benestare.
I nomi composti con il nome capo si comportano diversamente a seconda del significato.
Quando capo ha il senso di superiore (sostantivo), cambia al
plurale in capi:
capostazione, capistazione
caposquadra, capisqusldra
capofila, capifila.
Negli altri casi muta solo la desinenza finale del nome:
capogiro, capogiri
capoverso, capoversi
capolavoro, capolàvori.
I nomi composti con alto- e basso- hanno due forme di plurale da usare indifferentemente:
altofomo: altoforni e altiforni
GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO
altopiano: altopiani e altipiani
bassofondo: bassofondi e bassifondi
bassopiano: bassopiani e bassipiani
bassorclievo: bassorilievi e bassirilievi
Quando due parole non si uniscono, ma sono separate da un
trattino, non ci sono per il plurale regole precise. In genere varia solo iI primo sostantivo:
guerra-lampo, guerre-lampo
bambino prodigio (con o senza trattino), bambini prodigio.
I nomi con due plurali
Sono nomi maschili in -o che hanno un plurale regolare ed un
altro irregolare in -a che ricorda il plurale dei neutri latini. Naturalmente il significato cambia nella maggior parte dei casi.
braccio: i bracci (detto di un fiume, una croce) e le braccia
budello i budelli (detto di cose lurighe e strette), e le budella
calcagno: i calcagni e le calcagna (solo nell'espressione: avere qualcuno alle calcagna)
cervello: i cervelli (nel senso di intelletti) e le cervella (materia cerebrale)
ciglio: i cigli (dei burroni) e le cigliá (degli occhi)
corno: i corni (strumenti musicali o punte estreme) e le corna
CUOIO: i cuoi e le cuoia (solo nell'espressione: tirar le cuoia)
dito. diti (se riferiti ai singoli diti) e dita (se considerate nel
loro insieme)
filo. i fili e le fila (perlopiù in senso figurato: lefila di una confondamento: i fondamenti (in senso figurato: if ondamentidel
sapere) e le fondamenta (di un edificio)
frutto: i frutti (della terra, del lavoro) e le frutta (da tavola, in
questo caso anche la frutta).
gesto: i gesti (movimenti) e le gesta (imprese eroiche)
gi7tocchio: indifferentemente i ginocchi e le ginocchia
gndo i gridi (in genere usato per gli animali) e le grida (degli
labbro: i labbri (di una ferita, di un vaso) e le labbra (del viso)
IL NOME
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lenzuolo: i lenzuoli (se intesi singolarmente) e le lenzuola (in-
membro: i membri (del parlamento, di una società o gruppo)
e le membra (del corpo umano)
muro: i muri (di una casa) e le mura (di una citta o fortezza).
orecchio: orecchi e orecchie
osso: gli ossi e le ossa (del corpo umano).
Da ricordare che alcuni nomi cambiano significato se scritti
con la maiuscola o la minuscola:
una bella borsa- la Borsa (degli affari, titoli, ecc.)
una chiesa antica - la Chiesa (come istituzione)
un buon consiglio - il Consiglio (di amministrazione, dei miavere la facoltà di parlare - la Facoltà (di Lettere, Medicina,
ecc.).
I DUBBI
Soprano e contralto sono maschili o femminili?
Sono nomi maschili anche se si riferiscono a donne e dunque
si dirà: il soprano, un bravo contralto.
Ma se si accompagnano a un nome proprio di cantante, Sl
adoperano al femminile:
la bravissima soprano Maria Callas.
Si dice: una folla di operai ha protestato o una folla di operai
hanno protestato?
In realtà con i nomi collettivi che indicano plU persone o
cose, entrambe le forme sono corrette: la prima è una concordanza strettamente grammaticale, la seconda è a senso.
L'aggettivo
L'aggettivo è la parola aggiunta al nome e concorda con esso
per genere e numero. Deriva dal tardo latino adiectivum (sottinteso nomen) dal verbo adicere = aggiungere
Gli aggettivi si distinguono in qualificativi, in quelli cioè che
esprimono una qualità e in determinativi o indicativi.
I determinativi si dividono a loro volta in:
dimostrativi
possessivi
indefiniti
interrogativi
numerali.
Gli aggettivi dimostrativi sono:
- questo: vicino a chi parla
- codesto: vicino a chi ascolta
- quello: lontano per chi parla e chi ascolta.
La forma codesto è poco comune; ormai viene usata solo nel
inguaggio burocratico.
Gli aggettivi possessivi sono:
- mio, tuo, suo, nostro, vostro, loro. Loro è indeclinabile.
-proprio viene usato al posto dell'aggettivo possessivo di
terza persona quando c'è un legame stretto fra possessore e
posseduto: pensa solo al proprio tomaconto o come rafforzatlvo del possessivo: vivo con i miei propri mezzi.
Gli aggettivi indefiniti sono:
- ogni, invariabile, usato solo al singolareogni classe ha venti alunni
- qualche, invariabile, usato solo al singolare:
ho portato qualche libro.
- tutto, declinabile, si concorda per genere e numero al nome
- qualunque, qualsiasi, qualsivoglia, invariabile, ha anch'esso
solo il singolare:
qualunque cosa mi sta bene
- alcuno al singolare si usa solo in frasi negative:
non ho alcun dubbio
Al plurale si usa solo in frasi affermative: ha alcune qualità.
Non + alcuno = nessuno: quindi, di regola, sarebbe più giusto dire: non ho alcun dubbio piuttosto che non ho nessun dubbio (che è un pleonasmo, ossia una ripetizione). Ma in pratica
si usano indifferentemente le due forme.
i
I
- nessuno, nessuna
- certo, nel senso di alcuno
- parecchio
- altro
Gli aggettivi interrogativi sono:
che (invariabile), quale, quanto:
Che tempo fa? Quale libro debbo leggere? Quanti anni ha?
Gli aggettivi numerali a loro volta si dividono in cardinali ossia quelli che determinano la quantità in numero: uno, due,
cento -, e in ordinali- ossia quelli che indicano l'ordine di una
serie: primo, sesto, ventesimo, ecc.
Da ricordare che oltre alla forma ventesimo si ha: vigesimo e
oltre trentesimo, trigesimo.
I numerali sono indeclinabili tranne uno (al femminile una) e
mille che si tramuta in mila: quattromila lire.
I DUBBI
Si dice le dieci e mezzo o le dieci e mezza?
Vanno bene tutt'e due le forme (la seconda sottintende ora).
La mezza indica mezzogiomo e mezo (o mezza) o mezzanotte
e mezza.
Declinazioni
L'aggettivo ha due classi di declinazione:
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GUIDA ALL'ITALL~NO CORRETTO
I classe: termina in -o al maschile singolare, in -i al maschile
plurale; in -a al fernminile singolare e in -e al femminile plurale.
Il classe: termina in -e al maschile e femminile singolare e in -i
al plurale.
Per la formazione del plurale valgono le stesse regole dei
nomi.
Gli aggettivi che terminano in -co hanno il plurale in -chi se
piani (ossia se hanno l'accento sulla penultima sillaba); hanno
il plurale in -ci se sdruccioli (con l'accento sulla terz'ultima sillaba):
poco, pochi
antico, antichi
pacifico, pacifici.
Gli aggettivi che terminano in -go hanno il plurale in -ghi:
largo, larghi.
Le stesse regole dei nomi valgono per gli aggettivi che terminano in -io: quelli con la i atona hanno al plurale maschile una
i sola, mentre quelli con la i tonica, la raddoppiano:
saggio, saggi
pio, pii.
Gli aggettivi composti cambiano al plurale solo la desinenza
del secondo elemento:
società italo-tedesche
verità sacrosante.
I DUBBI
Si dice familiare o famigliare?
La prima forma è corretta (rispetta il latinofamiliaris), la seconda è stata considerata a lungo un errOre; ora non solo è tollerata, ma accolta di buon grado da molt-i scrittori.
Concordanze
Le prime difficoltà nascono quando
più sostantivi di genere diverso. 1
~;:
tttiVo si riferisce a
~e il genere maL'AGGE~IVO
29
schile quando l'aggettivo ha la funzione di predicato nominale: alberi e siepi eranofioriti.
La regola è meno ferrea quando l'aggettivo non ha funzione
di predicato nominale. In questo caso si può accordare al sostantivo più vicino. Ma generalmente - con buona pace delle
femministe - prevale il maschile:
la nazione e il govemo italiani; uomini e donne stupiti.
Comparativo e superlativo
Il comparativo nasce dal confronto di due o più persone o
cose fra loro. Può essere di uguaglianza, di maggioranza e di
minoranza.
- Nel primo caso si usano le particelle correlative: così...
come; tanto... quanto (in genere le prime si tralasciano essendo sottintese), o al pari di: tuo fratello è bravo quanto il
mio.
- Nel secondo caso si usano le particelle: più... di, più... che:
sono piu bravo di te.
- Nel terzo caso si usano le particelle meno... di, meno... che:
Antonio è meno bravo di te.
Forme speciali di comparativo:
Alcuni aggettivi hanno due forme di comparativo, una regolare e una «speciale» di derivazione latina. Sono:
buono - più buono- migliore
cattivo - più cattivo- peggiore
grande - più grande- maggiore
piccolo - più piccolo- minore.
Da evitare l'errore grossolano di dire più maggiore o più migliore: sarebbe oltre tutto un'inutile ripetizione.
Il superlativo può essere relativo e assoluto.
Il primo si forma premettendo l'articolo determinativo al
comparativo di maggioranza e indica una qualità al massimo
grado relativamente a un gruppo di persone o cose: sei il più
bravo della scuola.
n superlativo assoluto si forma aggiungendo all'aggettivo la
desinenza -issimo: stanchissimo, larghissimo, illustrissimo.
Ma il superlativo assoluto si può formare anche usando da30
GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO
vanti all'aggettivo awerbi e locuzioni awerbiali come: assai,
oltremodo, sommamente; oppure usando i prefissi: arci, stra,
ultra: straricco, arcicontento.
I seguenti aggettivi hanno una forma di superlativo regolare
' una «speciale» di derivazione latina:
buono - buonissimo- ottimo
cattivo - cattivissimo- pessimo
grande - grandissimo- massimo
piccolo - piccolissimo- minimo.
Alcuni aggettivi hanno una forma particolare di superlativo:
acre: acerrimo
aspro: asperrimo
celebre: celeberrimo
integro: integerrimo
misero: miserrimo
salubre: saluberrimo.
- Gli aggettivi benefico, magnifico, munifico fanno al superlativo: beneficentissimo, magnificentissimo, munificentissimo.
C'è poi l'aggettivo ampio che al superlativo fa amplissimo.
I DUBBI
Si dice sùccubo o sùccube?
Sono corrette tutt'e due le forme, anche se i grammatici preferiscono sùccubo (sùccuba al fernminile).
T1 . ..,A
Deriva dal latino pronomen, ossia «al posto del nome», fa
dunque le veci del nome.
I pronomi sono di sei specie:
persona!i
possessm
dimostrativi
indefiniti
relativi
interrogativi.
Pronomi personali
- Di prima persona: io, noi
- di seconda persona: tu, voi
- di terza persona: egli, esso, ella, essa; essi, esse.
La forma esso, essa j essi, esse si usa riferendosi ad esseri inanimati, a vegetali e ad animali.
Ella è una forma ormai in disuso, soppiantata da lei (o anche
essa).
I DUBBI
Si può dire lui al posto di egli?
In genere, specie nel linguaggio diretto, si preferisce usare
lui, lei, loro anche come soggetto.
Le forme usate per i complementi possono essere forti (o toniche) e deboli (atone).
Forme forti:
- me, noi, per la prima persona sing. e plur.
- te, v~i, per la seconda persona sing. e plur.
32
GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO
- lui, lei, sé, loro, per la terza persona sing. e plur.
Forrne deboli, comunemente chiamate particelle pronominali:
- mi, cl, per la prlma persona sing. e plur.
- ti, vi, per la seconda persona sing. e plur.
- lo, la, gli, li, le, si, ne.
Se precedono il verbo si dicono proclitcche:
- nessuno ti ha fatto del male.
Se seguono il verbo si dicono enclitiche:
- dimmelo; prendila.
In alcuni casi le forme lui, lei, loro, si devono usare come soggetti invece di egli, ella, essi:
- dopo come, quanto, a71che, nemmeno, neppure:
nemmeno lei si salva
- nelle frasi ellittiche, ossia in quelle in cui il predicato verbale
è sottinteso:
contento lui
- quando il soggetto sta dopo il verbo:
trwerà lui la soluzione.
- Neila nostra lingua i pronomi personali in funzione di soggetto in genere si omettono, a meno che non si voglia dare
loro particolare rilievo.
- Il pronome sé è riflessivo e vale per il singolare e il plurale;
Sl trova spesso rafforzato da stesso: se stesso. In questo caso si
può omettere l'accento acuto.
- La particella ne ha diverse funzioni:
può significare di lui, di lei, di loro:
Che fa tuo fratello? Non ne so nulla.
Può avere valore di pronome dimostrativo:
ne (di ciò) ho abbastanza.
- E infine può avere valore di awerbio di luogo:
me ne sono andato.
- La particelll~pronominale gli si usa solo per il maschile sinper il p(lurale; r-~-P e~rr,o,re g~rave usarlo per il femminile o
~cne se è tollel!ato nel Imguaggio familiare.
IL PRONOME
33
I DUBBI
Perché si dà del lei?
Rivolgendosi ad una persona, in segno di rispetto, in passato,
si dava del voi; ora si dà del lei, a uomo o donna indifferentemente: in realtà ci si rivolge alla signoria, alla eccellenza di...
- La forma Ella si trova solo nelle occasioni ufficiali e nel linguaggio burocratico.
- Se ci si riferisce a un uomo si dice: Lei (o Ella) è stato invitato o Lei è stata invitata?
Con il lei è corretta la prima forma, ossia, trattandosi di un
uomo, la concordanza è al maschile; con Ella si mantiene invece la concordanza al femminile: «Ella è stata invitata», anche se si tratta di un uomo.
- Quando ci si rivolge a più persone si dice voi o loro?
Il voi è più confidenziale; il loro è più formale.
Pronomi possessivi
Mio, tuo, suo, nostro, vostro, loro sono sia aggettivi che pronomi possessivi. Il pronome ha sempre l'articolo:
pensa ai fatti tuoi non ai miei.
- Suo si riferisce sempre a un nome singolare; loro si usa per
il plurale.
- In alcuni casi hanno valore di sostantivo:
saluta i tuoi (ossia i familiari); ha la fortuna dalla sua (sottinteso parte); la vostra (sottinteso lettera) del mese scorso.
Pronomi dimostrativi
- Questo, codesto, quello possono essere aggettivi o pronomi
riferiti a persone o a cose: a volte sono rafforzati dall'awerbio qui (questo qui) e da là (quello là).
- Questi e quegli, usati nel linguaggio «nobile», sono invece
solo pronomi di persona. Sono singolari e maschili e possono essere usati solo come soggetto.
- Poco usate anche le forme costui, costei, costoro, che equivalgono a questo, questa, questi, ma hanno una sfumatura
spregiativa.
- colui, colei, coloro equivalgono a quello, quella, quelli e si
trovano generalmente in discorsi o scritti solenni.
- Al posto di questa cosa o quella cosa si usa spesso ciò, maschile singolare, invariabile:
ClO non sta bene.
- Da ciò si forma cioè = questa cosa è.
Pronomi indefiniti
I pronomi veri e propri e gli aggettivi indefiniti usati come
pronomi sono:
uno, alcuno, taluno, chiunque, qualcosa, qualcuno, ognuno
ciascuno, nessuno, molto, poco, parecchio, troppo, tutto, al-
tro, altri, altrui, niente, nulla.
- La forma altri - simile a questi e quegli - per il maschile
singolare è caduta in disuso; mentre ancora si trovano le forme chicchessia e qualcheduno (meno bene ciascheduno).
-Altrui non è mai soggetto ed è spesso aggettivo che indica
possesso:
le cose altrui non si toccano.
Chiunque è anche e soprattutto pronome relativo:
faro venire chiunque voglia.
I DUBBI
Qualcosa è-maschile o femminile?
E solo maschile anche se da alcuni scrittori è usato, ma molto
raramente, al femminile. .
Pronomi relativi
Oltre a fare le veci del nome, i pronomi relativi servono a unire due proposizioni, creano cioè una «relazione» fra una frase
e l altra. Sono:
il quale, la quale, i quali, le quali, che, cui, chi, quanto.
- il quale, declinabile, in genere fa da soggetto; raro il suo
uso come complemento oggetto o come aggettivo.
- che, nella funzione di pronome relativo, sostituisce il quale
la quale, le quali, i quali; può essere sia soggetto che comple
mento oggetto:
i libri che h ho regalato sono interessanti.
Che può essere riferito anche ad un intero concetto o proposizione e in questo caso ha valore neutro = la qual cosa:
sono molto stanco, il che mi impedisce di venire da te.
Ma non è una forma elegante; meglio dire: ...e ciò mi impedisce...
- cui, indeclinabile, si usa solo come complemento; è sempre
preceduto da preposizione e sostituisce del quale, al quale,
dei quali, ai quali, dal quale, dai quali, per il quale, per i quali:
i libri di cui ti ho parlato.
- A volte la preposizione è sottintesa: in questo caso corrisponde al genitivo latino cuius e va posto fra l'articolo e il
sostantivo:
quell'attrice, la cui belle77a è nota.
- E sbagliato invece dire la di cui...
QUESTIONI DI STILE
Generalmente cui si riferisce a persona: perciò è meglio evitare di dire: oggi sono malato, per cui rimango a casa, ma è preferibile dire: per questo, o perciò, rimango a casa.
- chi, indeelinabile, serve per il maschile e il femminile singolare e sostituisce colui il quale e colei la quale (o che), è
dunque pronome dimostrativo e relativo al tempo stesso:
chi non legge non imparerà a scrivere bene.
- chi può essere soggetto e complemento al tempo stesso:
guarda chi viene (chi sta per colui che: colui è oggetto, che o il
quale, soggetto della frase relativa)
- quanto equivale a tutto ciò che; al plurale a tutti quelli che:
ho fatto quanto basta.
Pronomi interrogativi
Introducono una interrogazione diretta o indiretta e sono:
chi?, che?, che cosa?, quale?, quanto?
- chi?, indeclinabile, vale per tutti i generi e numeri e può essere soggetto e complemento:
Chi dorme più di otto ore? Per chi è questo regalo?
36
GUIDA ALL'ITALIANO CORRETrO
Ma chi in sé è sempre maschile; si dirà sempre: chi è arrivato
anche se si sa che si tratta di una donna. Diverso è il caso in cui
chi ha senso partitivo:
chi di voi (donne) è rimasta indietro?
- che?, che cosa? o cosa? si usano indifferentemente. Da notare che che cosa o cosa in questo caso è di genere maschile
(dimenticando i1 genere femminile del nome cosa):
cosa è p~ù bello di un tuffo a mare?
- quale? e quanto? possono essere pronomi e aggettivi e possono essere usati, come anche che, nelle frasi esclamative
Quante storie! Che idea!
Da notare che in questo caso sono aggettivi e devono accompagnare sempre un nome. Le espressioni: che bello! Che bravo! sono del linguaggio parlato; la forma corretta è: come è
bello! Come è bravo!
- Che può avere valori e significati diversi:
di pronome relativo: il bacio che ti ho dato
di pronome interrogativo: che state facendo?
di pronome indefinito: un non so che di sospetto
di aggettivo esclamativo: che roba!
di congiunzione comparativa: è più buono che bello
di congiunzione dichiarativa: credo che non sia opportuno
di congiunzione consecutiva, finale ed esortativa: che nessuno esca!
I DUBBI
Quando e siccome vogliono essere seguiti da che?
Assolutamente no.
Pronomi correlativi
Si usano in coppia:
tanto... quanto
l'unoli uni)... l'altro Cgli altri)
tale... quale.
Il verbo
Il verbo, come dice Panzini nella sua grammatica, è veramente il «re» delle parole, anzi la parola per antonomasia (dal latino verbum = parola) che esprime le azioni, i tempi e i modi
di queste azioni.
I verbi si distinguono innanzitutto in copulativi e predicativi.
- I verbi copulativi servono di legame (copula, in latino) fra
il nome e l'aggettivo. Il principale è il verbo essere, ma sono
copulativi anche i verbi:
apparire, sembrare, parere, diventare, ecc., che non hanno di
per sé senso compiuto, ma hanno bisogno di un'altra parola
che li definisce:
tuo fratello sembra contento; è diventato ricco.
Tutti gli altri verbi che hanno senso compiuto si diconopredicativi.
I verbi possono essere transitivi e intransitivi.
- Transitivo (dal latino transire = passare, andare oltre) vuol
dire che un'azione «transita» dal soggetto all'oggetto che la
riceve: teggo un libro; mangio ilpane.
- I verbi transitivi possono avere forma attiva e passiva.
E attivo quando esprime l'azione compiuta dal soggetto:
il contadino coltiva la terra.
E passivo quando esprime l'azione subita dal soggetto:
la terra è coltivata dal contadino.
In questo esempio vediamo che l'oggetto diventa soggetto
passivo, mentre il soggetto attivo del primo esempio diventa
complemento d'agente o di causa efficiente.
- Intransitivo è il verbo che indica un'azione per compiere la
quale basta il soggetto: non c'è dunque il «transito» dal soggetto all'oggetto, ma l'azione rimane nel soggetto che la compie:
GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO
il sole sorge; la luna spunta.
- Alcuni verbi sono transitivi e intransitivi a seconda del significato:
il cuoco pesa le patate (trans.); il cuoco pesa ottanta chili (intrans.) e così anche:
passare: passa il valico (trans.); è passato di qua (intrans.)
supplire: supplisce l 'insegnante (trans.), supplisce alle sue lacune (intrans.)
fuggire, ecc.
- Il verbo è riflessivo quando esprime un'azione che si «riflette» sul soggetto stesso. E accompagnato dalle particelle
pronominali: mi, ti, si, ci, vi, si:
si lava; si è vestito.
- Attenzione ai riflessivi apparenti, a quelli cioè in cui mi, ti,
si, ecc. sono complemento di termine:
io mi lavo le mani vuol dire lavo le mani a me (cioè le mie
mani).
- La doppia funzione delle particelle pronominali danno
spesso adito a confusioni ed errori:
ti interessa vuol dire: interessa te e non a te, dunque si deve
se questo La interessa, e non Le interessa,
oppure: è sbagliato dire: questo non interessa a nessuno. La
forma corretta è solo: questo non interessa nessuno. E così anche non si può dire: Le assicuro, ma La assicuro o: se non La
scomoda.
La coniugazione
Dal latino jugum = vincolo, la coniugazione è l'unione della
parte fissa del verbo, o tema, con le parti variabili, ossia le desinenze. Indica la persona o le persone che compiono l~azione
i1 tempo e i1 modo dell'azione.
Ci sono tre tipi di coniugazioni:
- la prima comprende tutti i verbi che term~nano all~infinito
presente in -are: amare, cantare, ballare, ecc.
Sono i più numerosi e sono quasi tutti regoh~anne: fare
stare, dare, andare.
IL VERBO
39
I verbi che terminano in -ciare e -giare perdono la i del tema
di fronte alle desinenze che cominciano per i e per e.
Si scrive quindi: comincerò, e non comincierò.
Attenzione ai verbi che terminano in -gnare: essendo regolari hanno le desinenze, nella prima e seconda persona plurale
del presente, in -iamo e -iate. Si scrive quindi:
sogniamo, accompagniamo, bagniamo.
Attenzione quindi a non fare a meno della i.
- La seconda coniugazione comprende tutti i verbi che all'infinito presente terminano in ere, sia piani come vedere, che
sdruccioli, come léggere.
- Alcuni verbi di questa coniugazione hanno due forme di passato remoto, una regolare in -ei, -erono e una in -etti, -ettero:
temei o temette;
venderono o vendettero.
I principali sono:
temere, dovere, credere, cedere, vendere.
- La terza coniugazione comprende i verbi che all'infinito
presente terminano in -ire:
sentire, partire, ecc.
Alcuni verbi della terza coniugazione hanno due forme di
passato remoto che si possono usare indifferentemente, anche se la prima oggi sa di antiquato o un po' ricercato. Sono:
apnre: apersl- aprll
coprire: copersi- coprii
offrire: offersi- offrii
scopnre: scopersi- scopriL
- Da notare che il participio presente di questi verbi di solito
termina in -ente, ma a volte è in -iente: nutriente, esordiente,
ecc.
I DUBBI
Si scrive ossequente o ossequiente?
Anche se può sembrare il contrario, è la prima forma ad essere corretta derivando direttamente dal latino obsequens.
GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO IL VERBO
- Si dice contraddiva o contraddicevabenediva o benediceva, malediva o malediceva?
E corretta la seconda forma perché si tratta di composti del
verbo dire e dunque seguono la sua coniugazione.
E così anche per: ridire, predire, disdire.
Gli ausiliari
I verbi ausiliari essere e avere «aiutano» i verbi a formare i
tempi composti.
I verbi transitivi hanno sempre il verbo avere
ho amato, avete coltivato la terra.
I verbi passivi e riflessivi (veri e apparenti) hanno sempre il
verbo essere:
è stato cancellato dalla lista; mi sono lavato.
Con i passivi Sl pUO usare oltre essere, anche venire che esprime un azione immediata:
la sedia venne spostata.
I verbi intransitivi non hanno una regola in merito: solo con
1 USO Sl impara quali verbi vogliono avere come ausiliario e
quali essere. Ad esempio, partire vuole il verbo essere: sono partito; viaggiare vuole il verbo avere:
ho viaggiato tutta la notte.
Alcuni verbi poi hanno sia essere che avere, cambiando naturalmente significato:
ho corso tutta la mattina; sono corso a casa
Oppure:
ha vissuto molto (nel senso che ha fatto molte esperienze); è
Vissuto molto.
I DUBBI
Si dice: ha nevicato o è nevicato?
Sono giuste entrambe le forme. E così anche per piovere, diluviare, grandinare e per i verbi di moto come inciampare
sbandare, scivolare, volare:
è inciampato e ha inciampato.
Anche con prevalere si può dire sia è prevalso che ha prevalso.
I servili
I verbi servili non hanno di per sé un senso compiuto, ma
«servono» un altro verbo che rimane all'infinito. I principali
sono: dovere, potere e volere.
Ma servili sono anche:
sapere (nel senso di essere capace di), desiderare, gradire, degnarsi, compiacersi, ecc.:
desidero salutarti, gradirei mangiare un boccone.
Come ausiliare i verbi servili usano quello del verbo che «servono»:
non ho potuto bere niente; non sono potuto venire.
Se il verbo servile è seguito dall'infinito essere, o da un infinito
passivo avrà sempre come ausiliare avere:
ha dovuto essere sincero; avrei potuto essere amato.
I verbi impersonali si usano solo nella terza persona singolare e non hanno soggetto determinato. Indicano fenomeni atmosferici come:
piove, diluviava, nevica, ecc., oppure esprimono necessità,
convenienza, soddisfazione:
bisogna partire; conviene restare tranquilli.
Con i verbi andare, fare, stare si possono formare locuzioni
impersonali come:
fa caldo, va tutto male.
L'uso dei tempi
Presente, imperfetto, passato remoto e futuro sono tempi
semplici; passato prossimo, trapassato-prossimo, trapassato
remoto e futuro anteriore sono tempi composti.
- Il presente indica un'azione che awiene nel momento in
cui si parla. Si può usare anche per esprimere un fatto passato per dargli maggiore vivezza.
- L'imperfetto (non perfetto, cioè non compiuto) indica
un'azione passata che dura nel tempo o è abituale:
gli antichi adoravano gli dèi dell'Olimpo.
42
GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO
- Il futuro semplice indica un'azione che awerrà appunto in
futuro. A volte può esprimere un dubbio, una supposizione:
avrà detto la verità?
Spesso, nel linguaggio familiare, è sostituito dal presente:
vengo a trovar~i domani.
- Il futuro anteriore indica un'azione che avviene prima di
un'altra futura:
quando sarai partito, ti manderò una lettera.
- Il passato remoto indica un'azione awenuta nel passato e
trascorsa del tutto:
il soldato morì in battaglia.
- Il passato prossimo indica invece un'azione awenuta di recente o che ancora non è conclusa:
stamattina ho fatto una passeggiata; sono partita aU'alba.
- Il trapassato remoto indica un'azione anteriore ad un'altra
espressa con ilpassato remoto:
quando ebbefinito di parlare, tutti applaudirono.
Si trova solo nelle proposizioni temporali rette da quando,
appena che, dopo che, ecc. Nella lingua parlata è usato poco.
- Il trapassato prossimo indica un'azione anteriore ad un'altra passata. Si trova in correlazione con un imperfetto o con
un passato remoto:
avevamogià mangiato, quando venne a trovarci un nostro amico.
I modi del verbo
I modi del verbo sono sette. Si distinguono in finiti: indicativo, congiuntivo, condizionale, imperativo e in infiniti, o indefiniti che sono: infinito propriamente detto, gerundio, participlO.
- Il modo indicativo è il principale: esprime la certezza, la
realtà, senza dubbi o limitazioni
ti ho amato; sei stato buono.
- Il congiuntivo esprime invece la possibilità, l'incertezza, il
timore, il dubbio. E spesso preceduto dalle congiunziorli che, se,
IL VERBO
43
affinché e può avere valore esortativo, concessivo, dubitativo, finale:
non so chi sia; e se non venisse?; purché venga.
Uno degli errori più comuni è l'uso dell'indicativo in luogo
del congiuntivo:
crede che sei bravo invece di crede che tu sia bravo. In realtà
per usare correttamente il congiuntivo ci vuole una buona
dose di attenzione.
- Il condizionale esprime un'azione subordinata a una «condizione» espressa con se + il congiuntivo:
se avessi molti soldi, farei un viaggio.
Il condizionale serve anche ad esprimere un desiderio o
un'opinione; nelle interrogative esprime dubbio:
mangerei volentieri qualcosa; avrei qualcosa da dire; che dovrei
dire?
- Naturalmente è errore grave usare, in un periodo ipotetico, il condizionale al posto del congiuntivo.
- L'imperativo esprime un comando ed ha solo la seconda
persona singolare e plurale; per le altre prende a prestito il
congiuntivo esortativo. Nella forma negativa la seconda persona singolare è costituita dall'infinito presente:
non parlare!; non mangiare!
- I verbi andare, dare, fare, stare hanno, nella seconda persona singolare, un imperativo piuttosto particolare:
va',da',fa',sta'.
L'apostrofo sostituisce la i (vai, dai, fai, stai).
Attenzione a non mettere l'accento al posto dell'apostrofo.
- L'infinito, ossia modo non finito, non determinato, indica
un'azione in maniera indeterminata.
Può anche avere valore di sostantivo e in questo caso è preceduto dall'articolo:
il mangiare, il dormire, ecc.
- Ilparticipio (dal latino particeps = partecipe) è «partecipe»
sia della natura del verbo che dell'aggettivo e come questo, ha
il genere maschile e femminile e può essere singolare e plurale.
- Ilparticipio presente si usa raramente: è sostituito in genere
dal gerundio:
GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO
tua madre, partendo, ti raccomandò di stare buona.
Molti participi presenti sono diventati veri e propri aggettivisomdente, abbondante, arrogante, ecc.
o anche sostantivi:
studente, amante, comandante, ecc.
- Il participio passato serve a formare i tempi composti insieme agli ausiliari avere e essere.
- Attenzione alle concordanze.
Quando il participio passato è unito ad avere rimane invariato:
ho comprato molti libri; I'ltalia ha vinto la guerra.
Quando il complemento oggetto precede il verbo e si ripete
con i pronomi lo, la, li, allora il participio si accorda con il
nome:
Quelle mele non le ho mangiate io.
Quando il participio passato è unito al verbo essere si concorda sempre con il nome:
i ragazzi sono partiti; le ragazze sono andate al cinema.
I DUBBI
Si dice: mi sono lavato le mani o mi sono lavate le mani'Mi
sono comprata una casa o mi sono comprato una casa'~
Entrambe le forme sono corrette: con i riflessivi apparenti
che reggono un complemento oggetto, l'accordo infatti può
essere sia con iI soggel:to che con l'oggetto.
- Il gerundio indica un'azione secondaria e contemporanea
all azione principale:
sbagliando s'impara.
Può avere valore di mezzo, di tempo, di causa:
guardandola, mi accorsi che era malata; essendo stanco, non
Il gerundio può essere presente (amando) e passatoavendo
Verbi difettivi
I verbi difettivi sono quelli che «difettano», ossia mancano,
di parecchie flessioni. I più importanti e usati sono:
IL VERBO
- addirsi: si usa solo la terza persona sing. e plur. al presente
e all'imperfetto dell'indicativo e del congiuntivo: si addice, si
addiceva.
- aggradare: ha solo l'indicativo pres., terza pers. sing.: aggrada.
- aulire: si usa solo al presente, all'imperfetto indicativo e al
participio presente: aulisco, aulisci, aulivo, al participio presente aulente.
- deìinquere: è usato solo all'infinito e al participio presente
(sostantivato): «associazione a delinquere».
- fervere: manca del participio passato e dunque dei tempi
composti.
- incombere: ha solo i tempi semplici; usato soprattutto al
participio presente incombente (spesso come aggettivo).
- ostare: è usato solo nell'espressione: nulla osta (= nulla e
d 'ostacolo).
- prudere: ha solo i tempi semplici.
- suggere: ha solo il presente, l'imperfetto e il gerundio.
- tangere: manca del passato remoto e del participio passa~
(e dei tempi composti).
- urgere: manca del passato remoto e participio passato.
Il participio presente urgente è diventato aggettivo.
- vertere: manca del participio passato.
- vigere: solo i tempi semplici nelle terze persone singolari e
plurali (e tempi composti) e il participio presente: vigente.
Verbi sovrabbondanti
Sono i verbi che appartengono a due coniugazioni diverse.
Possono mantenere lo stesso significato in tutte e due le coniugazioni come:
adempiere e adempire
ammansare e ammansire
compiere e compire
dimagrare e dimagrire
empiere e empire
intorbidare e intorbidire
starnutare e starnutire.
Oppure possono cambiare di significato come:
to
GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO
arrossare (far diventare rosso) e arrossire
scolorare (togliere il colore) e scolorire (perdere il colore).
I verbi irregolari
I verbi irregolari sono numerosi e appartengono soprattutto
alla seconda e terza coniugazione (la prima ne ha solo quattro: andare, fare, stare, dare).
I verbi irregolari di uso comune difficilmente danno adito a
dubbi. tutti sanno che il participio passato di accendere è acceso o d i apnre, aperto.
Diamo invece un elenco di quei verbi irregolari che possono
far nascere dubbi sulla formazione dei tempi perché usati
poco o solo nella lingua scritta o letteraria:
affiggere: affissi, affisso
annettere: annettei, annesso
aspergere: aspersi, asperso
attingere: attinsi, attinto
comprimere: compressi, compresso
configgere: confissi, confitto
contundere: contusi, contuso
convergere: conversi, converso
dolere: dolsi, doluto (piuttosto brutto, ma è e~
elidere: elisi, eliso
eludere: elusi, eluso
ergere: ersi, erto
erigere: eressi, eretto
espellere: espulsi, espulso
estinguere: estinsi, estinto
flettere: flessi, flesso
fondere: fusi, fuso
giacere: giacqui, giaciuto (brutto)
incutere: incussi, incusso
indulgere: indulsi, indulto (usato come sostantivo)
infrangere: infransi, infranto
intridere: intrisi, intriso
ledere: lesi, leso
negligere: neglessi, negletto
nuocere: nocqui, nociuto
IL VERBO
ottundere: ottusi, ottuso
percuotere: percossi, percosso
preludere: prelusi, preluso
prescindere: prescindei, prescisso (forrne poco usate)
presumere: presunsi, presunto
profferire: profferii e proffersi, profferito e profferto
redigere: redassi (e redigei, raro), redatto
redimere: redensi, redento
rifulgere: rifulsi, rifulso
rodere: rosi, roso
scindere: scissi, scisso
scorgere: scorsi, scorto
solere: soglio, solei, solito
sorgere: sorsi, sorto
struggere: strussi, strutto
svellere: svelsi, svelto
tergere: tersi, terso
torcere: torsi, torto
valere: valsi, valso
volgere: volsi, volto.
L'awerbio
- L'awerbio, (dal latino ad verbum = vicino al verbo) determina o modifica iI significato del verbo, tanto che è considerato
« aggettivo del verbo», e come l'aggettivo ha il comparativo e
i superlativo. Ma puo anche determinare o modificare
gettlvo o un altro awerbio:
camminare lentamente; molto bene.
Gli awerbi si distinguono in:
- awerbi di modo o maniera: sono quelli che rispondono
alla domanda come? in che modo? Si formano generalmente
unendo il suffisso -mente all'aggettivo al femminile:
bisogna mangzare lentamente; parlare stupidamente.
- Gli aggettivi che terminano in -le e -re precedute da vocale, perdono la e finale:
superare facilmente gli esami.
- Gli awerbi di modo si ottengono anche usando l'aggettivo
qualificativo al maschile invariabile:
parlar chiaro; parlare forte.
- Ci sono poi gli awerbi costituiti dalla radice di nomi o verbi a CUI Sl aggiunge il suffisso -oni o -one:
tastoni, carponi, bocconi, ecc.
- Gli awerbi bene, male, volentieri (dal latino voluntarie)
sono di derivazione latina.
- Come e così sono awerbi nelle forme esclamativa e interCome ha fatto? Così si fa!
- Le locuzioni avverbiali sono formate da due o più elementi
che uniti insieme prendono significato di awerbio
a piedi, a cavallo, all'improwiso.
- Alcune locuzioni avverbiali si sono trasformate in una sola
parola: apposta era onginariamente a posta; adagio era ad agio.
L'AWERBIO
49
- awerbi di luogo: rispondono alla domanda: dove? in qual
luogo?:
andare avanti; restare indietro.
- Qui e qua (vanno sempre senza accento) e i loro composti
quassù e quaggiù derivano dai pronomi dimostrativi e indicano un luogo vicino alla persona che parla;
- costì e costà indicano un luogo vicino alla persona che
ascolta (ora sono considerati antiquati).
- Lì e là e i loro composti lassù, laggiù, colà indicano un luogo lontano da chi parla.
- Indi, quivi, ivi sono caduti ormai in disuso.
- Gli awerbi di luogo possono essere relativi, avere cioè la
stessa funzione dei pronomi relativi unendo due proposizioni fra loro:
dove, ove, donde, onde, dovunque:
il luogo dove ti sei nascosto.
Ove e onde sono forme antiquate.
- Dovunque non può essere usato come un semplice awerbio di luogo: non si dice c'erano tracce dovunque, ma c'erano
tracce dappertutto. Mentre si dice:
dovunque andrai ti seguirò.
- Ci, vi, ne possono assumere anche loro valore di awerbi di
luogo: ci e vi significano in quel luogo; ne = da quel luogo:
ci andremo; ne uscirai presto.
- Attenzione a non confondere ci e vi awerbi di luogo con le
particelle pronominali o dimostrative.
- Di qua, di là, di su, di giù, per dí qua, ecc. sono locuzioni
awerbiali di luogo.
I DUBBI
Si dice vicino casa o vicino a casa?
E corretta la seconda espressione: vicino vuole sempre la
preposizione a.
Awerbi di tempo: rispondono alla domanda quando? in
quanto tempo? I principali sono:
ora, adesso (usati indifferentemente), subito, prima, dopo,
poi, presto, tardi, ieri, oggi, stamani, domani, spesso, raramente, mai, sempre, ecc.
- Oggi si può combinare con giorno e formare un unico avverbio: oggigiorno.
- Accanto alla forma stamani c'è stamane (antiquato).
- posdomani nel senso di doman(i) l'altro è da evitare.
- Mai è preceduto dalla negazione se viene dopo il verbo:
non sbagliano mai.
Mai si usa in senso affermativo nelle proposizioni interrogative, dubitative, condizionali:
sei mai stato in Afrzca?
mai è usato anche come rafforzativo e in questo caso perde
ogni valore temporale:
chi mai ha detto queste cose?
- una volta, un giomo, di buon 'ora, di quando in quando sono
locuzioni awerbiali di tempo.
Gli awerbi d i quantità rispondono alla domanda: quanto .in
qual misura? I principali sono:
molto, troppo, tanto, poco, meno, più, minimamente, ecc.
QUESTIONI Dl STILE
Spesso si usa meno impropriamente, come nel caso: fammi
sapere se devo scriverti o meno; è più corretto: o no.
Molto brutta è anche l'espressione senza meno
Più comune è l'uso di a meno che nel significato di purché.
Gli awerbi di affermazione sono:
sì, certo, sicuramente, dawero, indubbiamente, ecc.
Gli awerbi di negazione sono:
no, non, né, giammai, nemmeno, ecc.
Gli awerbi di dubbio sono:
forse, probabilmente, chissà, ecc.
Comparativo e superlativo degli avverbi
Il comparativo si forma con più, il superlativo con il suffisso
~ssimamente unito alla radice:
- lentamente, più lentamente, lentissimamente.
- Gli awerbi che derivano dai cinque aggettivi con il comparativo e superlativo irregolare, si regolano di conseguenza:
L'AVVERBIO
bene, comp.: meglio, sup.: benissimo e ottimamente
male, comp.: peggio, sup.: malissimo e pessimamente
molto, comp.: più, sup.: moltissimo
poco, comp.: meno, sup.: pochissimo e minimamente
grande, comp.: maggiormente, sup.: massimamente e sommamente.
I DUBBI
Affatto e mica hanno valore negativo o positivo?
Affatto vuol dire del tutto e di per sé è positivo:
Sono affatto sicuro vuol dire sono del tutto sicuro.
Per avere senso negativo ha bisogno di essere preceduto da
non: non è affatto stanco. Per questo alla domanda Sei stanco?
bisogna rispondere, se si intende negare, non con affatto, ma
con niente affatto.
Lo stesso vale per assolutamente: se si vuole negare bisogna
dire nella risposta assolutamente no.
- Punto e mica hanno valore rafforzativo. Mica deriva dal latino e originariamente significava «briciola»: dire non sono
mica stanco, vuol dire non essere stanco neppure una briciola.
Anchepunto ha lo stesso valore: non sono punto stanco, anche
se meno usato.
Si scrive dappertutto o dapertutto?
E preferibile la prima forma, ma anche la seconda non e sbagliata. Si può anche scrivere separatamente: da per tutto.
Anche soprattutto è preferibile a sopratutto.
- Si scrive: tuttalpiù o tutt'al più?
Sono corrette entrambe le forme.
- Si scrive pressappoco, press'a poco o pressapoco?
E senz'altro preferibile la prima forma; la terza è discutibilisslma.
Attenzione a non confondere un awerbio di tempo con una
preposizione. Quest'ultima regge sempre un nome o un pronome:
sono arrivato dopo di te (preposizione)
sono arrivato dopo (awerbio).
La preposizione
Deriva dal latino prae-ponere = porre innanzi ed è infatti
quella parola che si mette davanti a un nome, o aggettivo, o
pronome, o verbo, o awerbio, per indicare una relazione.
Le preposizioni sono di tre specie:
proprie, improprie e locuzioni prepositive.
Proprie sono le preposizioni tali per natura
di a, da, in, su, con, per, tra e fra.
Le prime cinque possono unirsi all'articolo determinativo
formando le preposizioni articolate:
del treno, allo sportello, nelle stazioni, sulla sedia.
Le forme collo, colla, cogli e pello, pegli, pelle, sono cadute in
disuso;si preferiscedireconlo,conla,congli,perlo,pergli,perle.
Su, tra e fra possono avere di rinforzo la preposizione di:
su di te, tra di noi.
QUESTIONI Dl STILE
Tra e fra si usano indifferentemente; ma è meglio evitare la
ripetizione di suoni: meglio dire fra tre bambini che tra tre
bambini; tra fratelli che fra fratelli, ecc.
- L'uso delle preposizioni nella nostra lingua non è semplice;
spesso Sl fanno confusioni e si usano impropriamente.
Ad esempio, non si dice uno a uno, ma: a uno a uno, o a due
a due; non si dice nemmeno mano a mano, ma: a mano a mano
e a passo a passo, a volta a volta, a faccia a faccia.
- Spesso si confonde da con di: si dice donna di strada e non
da strada; spesso si sente dire diploma da geometra, mentre è
corretto dire: diploma digeometra.
Invece si può dire indifferentemente: morire dalfreddo e morire di freddo.
LA PREPOSIZIONE
53
Lepreposizioni improprie sono costituite da awerbi, sostantivi, aggettivi o participi presenti che vengono usati con valore
di preposizione.
- Gli awerbi con valore di preposizione sono:
dentro, fuori, davanti, dietro, prima, dopo, contro, senza, sopra, sotto, appresso, innanzi, dinanzi:
agì senza entusiasmo.
- Davanti, avanti, dinanzi e innanzi vogliono sempre la a:
davanti alla chiesa.
Fa eccezione l'espressione avanti Cristo.
- Da notare che dinanzi si scrive preferibilmente con una n
sola, perché composta da di, che non richiede raddoppiamento, al contrario di in (in-nanzi), e nanzi.
- Dietro si unisce direttamente al nome: dietro la chiesa.
QUESTIONI Dl STILE
Piuttosto brutte sono le espressioni usate nel linguaggio bu- rocratico:
dietro domanda, dietro richiesta, dietro pagamento, dietro
compenso, e così via. L'uso di dietro in questo caso è improprio. E preferibile dire su richiesta, su domanda, ecc.
Gli aggettivi e sostantivi con valore di preposizione sono:
lungo, salvo, secondo, vicino, lontano, causa, ecc.:
Secondo te, dovremmo tornare subito a casa;
i participi presenti con valore di preposizione sono:
durante, stante, nonostante, mediante, tranne (da tràine):
nonostante ilfreddo, uscì di casa.
C'è poi il participio passato eccetto (da eccettuato).
Le locuzioni prepositive sono costituite d a preposizioni improprie seguite da un'altra preposizione:
lontano da, fuori di, insieme a, contro di, ecc.
- Le locuzioni prepositive possono avere anche una preposizione semplice che precede il nome o l'awerbio:
in luogo di, per mezzo di, a dispetto di, ecc.:
a dispetto di tutti, si~lanciò neU'impresa.
- Fuori vuole sempre la preposizione di rincalzo di o da:
54
GUIDA ALL'ITALL~NO CORRETTO
fuori di casa; uscì fuori dal cortile.
Ma esistono espressioni di uso comune come: fuori programma, fuori stagione, fuori commercio, fuori le mura (per le basiliche romane), fuori sacco, of uorisacco.
QUESTIONI Dl STILE
Meglio evitare le espressionifuori stanza o fuori ufficio.
- Sono anche da evitare le espressioni: statua in bronzo, cravatte in seta; meglio dìre sempre statua di bronzo, cravatte di
seta.
- E scorretta anche la forma piuttosto frequente: vestire in
nero, in rosso; si dice invece: vestire di nero, di rosso.
Da evitare anche l'espressione a mezzo di; meglio sempreper
mezzo di.
I DUBBI
Si dice insieme a o insieme con?
I puristi sono per la seconda soluzione, ma la prima è diventata ormai di uso comune.
- Come si fa a distinguere se una parola ha valore di awerbio
o di preposizione?
Quando è awerbio modifica il significato di un verbo o di un
aggettivo, mentre quando è preposizione precede un nome,
un pronome, un infinito o un'altra preposizione:
Vai avanti (awerbio); devi andare avanti a tutti (preposizione).
Attenzione a distinguere salvo aggettivo - usato in assoluto
con il gerundio essendo sottinteso -, e salvo preposizione con il
significato di tranne.
Nel primo caso è variabile, nel secondo no:
salve le regole già stabilite; c'erano tutti salvo mia sorella.
- Si dice mille lire al chilo o mille lire il chilo?
La forma corretta è, anche se può parere strano, la seconda.
Non si dice nemmeno al di qua della strada ma di qua della
strada.
Per essere proprio corretti si dovrebbe dire anche macchina
perscrivere invece che da scrivere, ma ormai è invalso l'uso della seconda forma.
LA PREPOSIZIONE
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- Si dice: spaghetti al pomodoro o spaghetti con il pomodoro?
Per essere proprio corretti, si dovrebbe preferire la seconda
espressione, essendo la prima un francesismo che per i puristi
della lingua è da evitare.
Ma come si fa a direfiletto sui ferri, invece che «ai ferri»?
La congiun~ione
La congiunzione è la parola che «congiunge» fra loro due o
più parole o frasi. In genere le congiunzioni sono «parolette
brevi» ma di importanza determinante nel discorso. Alfredo
Panzini nella sua Grammatica le chiama giustamente «le
giunture, i bulloni, le viti che tengono insieme i vari pezzi del
discorso».
Le congiunzioni si distinguono in semplici, composte e in locuzioni congiuntive.
Le congiunzioni semplici sono quelle formate da una sola parola:
e, né, o, ma, che, se, però, dunque, anzi, ecc.
Le congiunzioni composte sono formate da due o più parole
unite insieme:
perché (per che), allorché (allora che), giacché (già che), eppure (e pure), ecc.
Le locuzioni congiuntive sono formate da due o più parole
staccate fra loro:
di modo che, in quanto che, nonostante che, anche se, non
appena che, ecc.
Le congiunzioni, unendo due proposizioni, possono stabilire
fra loro un rapporto di coordinazione o di subordinazione.
Possono essere dunque coordinative e subordinative.
Le congiunzioni coordinative uniscono due proposizioni di
eguale funzione nel periodo.
Si distinguono in:
- copulative: sono quelle che servono ad unire semplicemente due termini o due frasi.
A loro volta si dividono in afferrnative:
e, anche, pure, inoltre, altresì
e negative:
né, neanche, nemmeno, neppure:
non è né carne né pesce.
E è la congiunzione più semplice e più comune. Di fronte ad
un'altra e prende una d eufonica:
ed è, ed egli.
Può prendere la d anche davanti alle altre vocali, ma è preferibile evitarla:
e adesso.
- disgiuntive: sono quelle che uniscono due termini o proposizioni di cui uno esclude l'altro. Sono:
o, owero, ossia, oppure, altrimenti, ecc.:
andiamo, altrimenti faremo tardi.
-awersative: sono quelle che uniscono due termini o frasi
contrapposti: ma, però, tuttavia, nondimeno, mentre, anzi,
eppure, bensì.
In origineperò aveva il significato di perciò, poi è diventato
awersativo; nel linguaggio familiare si usa insieme a ma
come rafforzativo, ma è bene evitare questo uso quando si
scrive.
Bensì non va confuso con benché che è concessivo: equivale
come significato a ma, un po' più netto.
- dichiarative: confermano o spiegano quanto è detto in precedenza:
infatti, difatti, inveró, cioè.
Le forme imperocché, imperciocché sono ormai cadute in disuso.
QUESTIONI Dl STILE
Spesso si abusa di infatti e di cioè, quando è possibile è meglio evitarli.
- le congiunzioni conclusive: sono quelle che congiungono
proposizioni di cui una è conseguente all'altra:
dunque, pertanto, perciò, quindi.
Antiquato è ormai l'uso di e però o epperò nel significato di
perciò. Anche onde e laonde sono ormai cadute in disuso.
GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO | I A'f)N~`.IlJN7IONE
QUESTIONI DI STILE
E meglio evitare l'espressione ragion per cui (è piuttosto
Le congiunzioni correlative: sono quelle che mettono in correlazione due termini o due proposizioni:
e... e, o... o, né... né, sia... sia, non solo... ma anche, ora... ora,
tanto... quanto:
ifiori non sono solo belli ma anche profumati.
Le congiunzioni subordinative uniscono due proposizioni di
cui una è subordinata all'altra.
Si distinguono in:
-dichiarative: sono quelle che introducono una proposizione
oggettiva o soggettiva. Sono:
che, come:
so che sei stato buono (oggettiva); è difficile che tu sia cattivo
(soggeffiva).
A yolte il che si può anche omettere, specie quando c'è ripetizione:
credo sia andato via; non vorrei (che) sia stato lui che ha fatto
questo.
- temporali: sono quelle che introducono una proposizione
temporale, ossia una proposizione che indica la circostanza di
tempo in cui awiene un fatto:
quando, mentre, appena che, dopo che, finché, ecc.:
sono uscito dopo che ha smesso di piovere.
- Da notare che mentre può avere significato sia temporale
che awersativo.
- causali: introducono una proposizione causale, ossia una
proposizione che indica la causa di quanto è espresso nella
frase reggente:
poiché, perché, giacché, siccome (sì come):
ti perdono perché ti sei pentito.
5
-finali: introducono una proposizione finale, ossia una proposizione che indica il fine per cui awiene l'azione espressa
dal verbo reggente:
amnché, perché, acciocché (antiquato):
gli ho scritto affinché sapesse la verità.
C'è anche la forma onde, ormai caduta in disuso tranne che
nel linguaggio burocratico: Le scrivo onde inforrnarLa... (comunque, è da evitare).
- concessive: introducono una proposizione concessiva, ossia
una proposizione che indica la circostanza nonostante la quale awiene l'azione espressa dal verbo reggente:
benché, quantunque, sebbene:
ha lavorato tutto il giomo sebbene fosse malato.
- condizionali: introducono una proposizione che esprime
una condizione:
se, purché, qualora, a patto che, ove (antiquato):
se mangi troppo, ingrasserai.
- consecutive: introducono una proposizione consecutiva, ossia una proposizione che indica la conseguenza dell'azione
espressa dal verbo reggente:
così... che, tanto... che, di modo... che:
tanto fece che alla fine ebbe la meglio.
- modali: introducono una proposizione di modo:
come (se), siccome, quasi:
gli raccomandò quel ragazzo quasi fosse suofiglio.
- eccettuative: introducono una proposizione che si esclude
riguardo a quanto detto in precedenza:
fuorché, tranne, eccetto che:
poteva fare tutto fuorché protestare.
- interrogative e dubitative: introducono una proposizione interrogativa indiretta o dubitativa:
se, perché:
chissà perché si è comportato così; fammi sapere se viene.
I DUBBI
Come è congiunzione o awerbio?
Come, dove, quando sono congiunzioni e anche awerbi: per
distinguere il valore di congiunzione da quello di awerbio, bisogna sempre tener presente che l'awerbio modifica il significato del verbo, mentre le congiunzioni uniscono due elementi
o due proposizioni:
come stai? (awerbio); dimmi come stai (congiunzione).
L'interie~ione
La sintassi
Interiezione (dal latino interjectio = intromissione) o esclamazione è la parola che esprime un istintivo moto dell'animo.
Può significare meraviglia, gioia, dolore, dispetto o stizza.
Esclamazioni proprie sono:
ah, eh, ih, oh, uh, ahi, ehi, ohi, ehm, uhm
L'h indica il suono prolungato della vocaie
Ohi e ahi si possono unire al pronome di prima persona formando le interiezioni composte: ohimè!, ahimè!
Naturalmente è il timbro di voce usato a dare diverso significato all'interiezione.
Le interiezioni improprie sono costituite da altre parti del discorso usate come esclamazione:
peccato!, caspita!, diamine!, sicuro! su!, via!, ecc.
Tra le esclamazioni improprie ci sono be' (dal troncamento
di bene), ve' (dal troncamento di vedi) e to' (dal troncamento
di togli).
Locuzioni esclamative sono espressioni comeSanto cielo! o Dio ce ne guardi!, e così via.
Mentre la grammatica studia le parole isolatamente, separate le une dalle altre, la sintassi - dal greco syntaksis = disposizione, collegamento - è lo studio dei rapporti che legano le parole fra loro.
Compito della sintassi è quello di studiare gli elementi che
costituiscono una proposizione - ossia l'espressione di un
pensiero compiuto - e i vari tipi di proposizioni.
La proposizione
- Una proposizione è costituita da due elementi indispensabili: il soggetto e il predicato.
Il soggetto (dal latino subiectus = sottoposto) indica la personá o la forza che nelle frasi attive compie l'azione espressa dal
predicato; nelle frasi passive subisce l'azione.
In genere è un nome:
il libro è interessante; tuo fratello studia.
Soggetto può essere anche un pronome, un aggettivo, un avverbio, un infinito o addirittura una intera proposizione usati
come sostantivo:
voi studiate troppo; i buoni sono spesso trattati male; dormire
poco può far male; essere giusti vuol dire riconoscere le proprie
colpe.
- Il soggetto può essere sottinteso, soprattutto quando si tratta di un pronome personale: in questo caso la proposizione si
chiama ellittica, ossia «mancante» del soggetto (ellissi =
omissione):
è amato da tutti (soggetto sottinteso: egli).
- Il soggetto può precedere ma anche seguire il verbo:
nella strada giocano molti bambini.
Il predicato indica un'attività, condizione o qualità del sog-
getto. Può essere verbale e nominale.
- Il predicato verbale è costituito da una voce verbale che abbia senso compiuto:
Dio esiste; noi siamo arrivati.
I verbi servili potere, dovere, sapere (nel senso di essere capace
di), solere, costituiscono con l'infinito che li segue un solo predicato verbale:
dobbiamo andare (predicato verbale) a casa.
- Il predicato nominale è costituito dal verbo essere seguito
da un nome o da un aggettivo. In questo caso il verbo essere è
copula e il nome o l'aggettivo che lo segue si chiama nome del
predicato nominale, o predicato nominale:
Dio è onnipotente; ifiori sono profumati.
Oltre il verbo essere, ci sono i verbi copulativi, come sembrare,
diventare, parere, ecc.
- E bene fare attenzione alla funzione del verbo essere: quando fa da ausiliare a verbi intransitivi o serve a formare il passivo, o ha il significato di esistere e di appartenere, non ha valore
di copula, ma è predicato verbale:
questa casa è di (appartiene a) mia madre.
Quando il predicato verbale è costituito da un verbo transitivo attivo, la proposizione ha un altro elemento essenziale:
l'oggetto.
n complemen~o oggetto
Il complemento oggetto o diretto indica l'oggetto che riceve
l'azione.
Risponde alla domanda: chi?, o che cosa?, fatta dopo il verbo
transitiVO attivo e si chiama diretto perché è unito direttamente al verbo senza preposizioni:
ho letto un libro; abbiamo mangiato la pasta.
Solo quando il complemento oggetto è costituito da un infinito
(infinito oggettivo), è preceduto dalle preposizioni di, a, da:
continua a leggere; finisci di studiare.
I DUBBI
Come si fa a distinguere in una proposizione il soggetto dal
complemento oggetto?
Si deve analizzare il verbo facendo attenzione alla persona e
soprattutto vedere se è transitivo o intransitivo. Il complemento oggetto non starà mai dopo i verbi intransitivi e dopo il
verbo essere, ma solo dopo i transitivi attivi.
Nella proposizione, oltre agli elementi essenziali, si possono
trovare gli elementi accessori costituiti dagli attributi, dalle
apposizioni e dai complementi indiretti.
Attributo e apposizione
Una proposizione può essere formata, oltre che dagli elementi essenziali - soggetto e predicato - da aggettivi e da sostantivi riferiti al soggetto, al predicato nominale o ai complementi.
Qualsiasi aggettivo riferito al soggetto, al predicato nominale,
o a un complemento si chiama attributo:
a voi piacciono le cose complicate (attributo del soggetto);
quello è un problema difficile (attributo del predicato); scelgo
sempre ifioriprofumati (attributo del complemento oggetto).
Qualsiasi sostantivo che si riferisca ad un alt~o sostantivo si
chiama apposizione (dal latino ad-ponére = mettere accanto):
la regina Vittoria; il fiume Po.
Queste sono apposizioni semplici, ossia costituite da un solo
sostantivo. Le apposizioni complesse sono costituite da un sostantivo + attributo (o vari attributi):
Wagner, grande compositore tedesco, morì a Venezia.
Le apposizioni composte sono formate invece da due o più
sostantivi:
il poeta, scrittore e regista Pierpaolo Pasolini.
Attenzione a non confondere le voci pleonastiche come, da,
in qualità di che possono introdurre l'apposizione e di cui in
analisi logica non bisogna tener conto, con le preposizioni che
reggono i complementi:
Pasolini come regista, era molto bravo; tu, da amico, sei stato
zitto.
64
GUIDA ALL'ITALIANO CORRETrO
In questi casi le espressioni come regista e da amico sono apposizion- plU esattamente apposizioni awerbiali - e non complementi.
I complementi indiretti
I complementi indiretti sono elementi accessori della proposizione e determinano il tempo, il luogo, la causa, il modo
dell'azione espressa dal verbo. Sono indiretti perché retti quasi tutti da preposizioni.
I principali complementi retti dalla preposizione di sono:
- complemento di specificazione: risponde alla domanda di
chi?, di che cosa?:
la casa dei miei fratelli.
- complemento di denominazione: risponde alla domanda di
chi?, di che cosa?, quale? - da non confondere con quello di
specificazione: indica solo il nome di una persona o di una cosa:
il mese digennaio; l'isola di Capri.
- complemento di modo: risponde alla domanda come?, in
che modo?:
andai a casa di corsa; fece le cose di nascosto.
- complemento di causa: risponde alla domanda perché, per
quale motivo?:
si rallegrò della sua fortuna al gioco.
- complemento di argomento: risponde alla domanda su
chi?, su che cosa?, intorno a chi?, intorno a che cosa?:
parlarono di te; si interessava di storia.
- complemento di materia: risponde alla domanda di che
cosa?, di che materia?:
una statua di marmo; un anello d'oro.
- complemento di paragone: è costituito dal secondo termine
di paragone:
è più bravo di te; la luna è più piccola della terra.
- complemento di moto da luogo: risponde alla domanda da
dove? da quale luogo?:
uscì di casa.
LA SINTASSI
65
- complemento di tempo determinato: risponde alla domanda quando?:
esco solo di giomo; di sera fa fresco.
- complemento di qualità: indica le qualità fisiche o morali
di una persona, animale, cosa:
una donna di rara belleza; una persona di bassa statura.
- complemento di abbondanza e privazione: indica ciò di cui
abbonda o è privo una persona o un animale o una cosa:
la collina è ricca di ulivi; un uomo privo di humour.
- complemento di estensione: indica una misura (di lunghezza, larghezza, altezza o profondità):
un'asse di tre metri.
- complemento di misura: da non confondere con quello di
estensione: indica di quanto una persona o una cosa sia superiore o inferiore a un'altra. Si trova dunque solo con comparativi:
il tavolo è più lungo della parete di dieci centimentri; sono dimagrita di due chili (ho due chili meno di prima).
- complemento di origine o provenienza:
il mio amico è di Padova.
- complemento di limitazione: indica il limite entro cui si
svolge l'ázione indicata dal verbo:
era di ridotte dimensioni.
- complemento di colpa e di pena:
1accusato di concussione; fu multato di centomila lire.
- complemento di età:
una donna di sessant'anni.
I DUBBI
Nella frase mi portò dei cioccolatini o quelli sono dei ladri, che
complemento regge la preposizione di?
In questi due esempi la preposizione di ha valore partitivo:
nel primo caso introduce un complemento oggetto (mi portò
alcuni cioccolatini); nel secondo caso un predicato nominale.
66
GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO
I principali complementi retti dalla preposizione a sono:
- complemento di termine: risponde alla domanda a chi?, a
che cosa?:
ho dato i soldi a mio figlio; è fedele alle tradizioni.
- complemento di mezzo: risponde alla domanda per mezzo
di chi?,mediante (o con) che cosa?:
un lavoro fatto a mano.
- complemento di modo: da non confondere con il complemento di mezzo che indica lo strumento con cui si compie
l'azione e non il modo:
parlare a voce bassa; andare a capo scoperto.
- complemento di causa:
a quella battuta tutti risero.
- complemento di stato in luogo: indica il luogo reale o figurato dove si sta o si compie un'azione:
resto a casa; abitano a Venezia.
- complemento di moto a luogo: indica il luogo reale o figurato verso cui ci si dirige:
vado a Roma.
- complemento di tempo determinato:
tomerò alle otto; a notte alta.
- complemento di qualità:
una stoffa a quadretti; un motore a quattro cilindri.
- complemento di limitazione:
a parole è molto bravo. - complemento di pena:
fu condannato aU'esilio.
- complemento di età:
mio padre morì a quarant'anni.
- complementopredicativo del soggetto e dell'oggetto:
fu scelto a tutore dei nipoti.
I principali complementi retti dalla preposizione da sono:
- complemento d'agente e di causa efficiente: si trova solo con
LA SINTASSI
67
i verbi in forma passiva - risponde alla domanda da chi?
(compl. d'agente) e da che cosa? (compl. di causa efficiente):
la terra è cokivata dai contadini; gli alberi sono sbattuti dal
vento.
- complemento di causa:
tremavano dalla paura.
- complemento di stato in luogo:
lo vidi dal fomaio.
- complemento di moto a luogo:
sono andato dai miei amici.
- complemento di moto da luogo e di moto per luogo:
vengo daU'ospedale; sono passato da Roma.
- complemento di tempo:
cammino da un'ora.
- complemento di qualità:
un paesaggio dalle belle tinte.
- complemento di origine:
è nato da una famiglia nobile.
- complemento di stima:
è una cosa da poco.
- complemento di colpa:
assolto da ogni accusa.
- complemento difine o scopo:
carta da lettere; cane da caccia.
- complementopredicativo del soggetto e dell'oggetto:
tomò da vincitore; il libro lo conquistò fin da ragazzo.
I principali complementi retti dalla preposizione in sono:
- complemento di stato in luogo e di moto a luogo:
vive in Sicilia; starò in casa tutto il giomo (stato in luogo); andremo in campagna (moto a luogo).
- complemento di mezzo:
partì in macchina.
- complemento di modo:
stai in gran forma.
- complemento di tempo determinato:
in primavera andremo in Sicilia.
- complemento di limitazione:
lo superò in velocità.
- complemento di stima:
teneva in gran conto i tuoi consigli.
I principali complementi retti dalla preposizione con sono:
- complemento di compagnia e di unione: risponde alla domanda con chi? con che cosa?:
partirà con gli amici (compagnia); partì con due valigie (unione).
- complemento di mezzo:
corruppe il funzionario con il denaro.
- complemento di modo:
studia con passione; fece tutto con gioia.
- complemento di pena:
fu punito con una multa.
I principali complementi retti dalla preposizione per sono:
- complemento di causa:
piangeva per il dolore.
- complemento di moto a luogo e di moto per luogo:
partirono per Parigi; passarono per le montagne.
- complemento di tempo continuato: risponde alla domanda
per quanto tempo?:
nevicò per sette giomi.
- complemento di prezzo:
ho venduto la casa per pochi soldi.
- complemento di vantaggio:
lavorava per ifigli.
- complemento difine o scopo:
mi sacrifico per il tuo bene.
- complemento di sostituzione o scambio:
mi ha scambiato per te.
I DUBBI
Come distinguere i vari complementi retti da una stessa preposizione?
Si deve sempre badare al verbo e al suo significato ponendo
la domanda a cui esso risponde: così si può capire ad esempio
se da regge un complemento di moto da luogo (sono uscito dall'ospedale) o un complemento di moto a luogo (sono venuto da
te)Attenzione a non confondere il complemento di paragone
con quello di specificazione, entrambi retti dalla preposizione
di: il primo segue sempre il grado comparativo di un aggettivo:
sono più buono di te.
Al superlativo relativo segue invece il complemento partitivo:
tuo fratello è il più astuto di tutti.
I principali complementi retti dalla preposizione su sono:
- complemento di argomento:
su questo argomento c'è molto da discutere.
- complemento di stato in luogo e di moto a luogo:
il libro sta sulla scrivania; si arrampicarono sulla montagna.
- complemento di età:
una donna sulla trentina.
I principali complementi retti dalle preposizioni tra e fra
sono:
- complemento di tempo:
arriverà fra tre giomi; fra poco sarà buio.
- complemento di stato in luogo e di moto a luogo:
fra noi c'era tuo fratello; verrà fra voi.
Altri complementi di uso meno frequente sono:
- complemento vocativo - indica la persona o la cosa a cui ci
si rivolge. Può essere accompagnato dall'interiezione o:
o Dio mio; cari amici, domani verrete da noi.
70
GUIDA ALL'ITALL~NO CORRETTO
- complemento di esclamazione - simile al complemento di
vocazione: si distingue da esso perché, al posto della virgola,
ha sempre il punto esclamativo:
poveri noi!; guai a te!
I DUBBI
Che differenza c'è fra complemento di stima e complemento
di prezzo?
Bisogna sempre guardare al verbo: con valere, stimare, apprezzare, ecc. si tratta di complemento di stima:
questo quadro vale cento dollari.
Con costare, comperare, vendere, pagare, affittare, si tratta di
complemento di prezzo:
- questo quadro costa cento dollari.
Il periodo
Le proposizioni possono essere collegate fra loro in una
struttura più ampia, ossia il periodo.
Dal greco peri = intomo e odòs = via, il termineperiodo indica un giro compiuto di espressioni. Può essere costituito anche da una sola proposizione, separata dal resto del discorso
dal punto; ma di solito è formato da più proposizioni, ognuna
delle quali svolge una funzione particolare.
Per sapere di quante proposizioni è formato un periodo basta contare i predicati.
Le proposizioni all'interno del periodo possono essere principali, subordinate, incidentali.
La proposizione principale
In un periodo esiste sempre una proposizione principale, ossia una proposizione che non dipende grammaticalmente dalle altre. E indipendente e può essere reggente, ossia può «reggere» una o più proposizioni secondarie o subordinate.
Le proposizioni principali possono essere:
- proposizione enunciative o narrative: riferiscono un fatto o
esprimono un giudizio e usano di solito l'indicativo:
il mio amico è partito; sei stata brava.
Con i verbi potere e dovere si può trovare il condizionale:
avresti potuto chiamare prima.
- proposizioni interrogative dirette: hanno sempre il punto interrogativo. Possono avere sia l'indicativo che il condizionale, il congiuntivo e anche l'infinitò:
chi parla?, mi daresti una mano?, io protestare?
Le interrogative dirette possono essere semplici se contengono
un'unica domanda; disgiuntive se hanno due o più domande
collegate dalla congiunzione o, oppure:
vuoi andare al cinema o a teatro?
- proposizioni esclamative: hanno sempre il punto esclamativo e usano l'indicativo:
quanto sono maleducati quei ragazzi!
-proposizioni imperative: esprimono un comando; hanno
sempre l'imperativo (e nella forma negativa della seconda
pers. sing. l'infinito):
lasciami stare.
- proposizioni esortative: esprimono una preghiera o un'esortazione. Richiedono il congiuntivo:
si accomodi, prego.
- proposizioni ottative: esprimono un desiderio. Usano il congiuntivo e il condizionale:
come vorrei guadagnare molti soldi!
- proposizioni concessive: ammettono o suppongono un fatto o una circostanza. Usano il congiuntivo:
venga pure.
- proposizioni dubitative: esprimono dubbio e incertezza.
Possono avere l'indicativo, il condizionale e l'infinito:
Che fare?
- proposizioni potenziali: esprimono un fatto possibile, una
eventualità. Hanno l'indicativo e il condizionale:
chi oserebbe mancarti di rispetto?
Le proposizioni subordinate
Le subordinate, o secondarie, o dipendenti, sono quelle proposizioni che non si reggono da sole, ma «dipendono» dalla
principale a cui si uniscono mediante congiunzioni subordinative, pronomi e awerbi relativi, o aggettivi, pronomi e awerbi
interrogativi.
Le proposizioni subordinate possono essere:
- proposizioni soggettive: fanno da soggetto al verbo della
proposizione reggente. Sono rette da verbi o espressioni impersonali:
sembra che si sia raweduto; si dice che ha rubato.
- proposizioni oggettive: fanno da oggetto al verbo della reggente. Sono rette da verbi come dire, affermare, raccontare o
che esprimono volontà, desiderio, comando:
dissero che i nemici erano in fuga.
Quando le proposizioni soggettive e oggettive sono introdotte dalla congiunzione che + indicativo, congiuntivo, condizionale, sono esplicite.
Sono invece implicite quando sono espresse da un infinito
(con o senza di):
so che sei buona (esplicita); è bene raccontare tutto (implicita).
- proposizionifinali: indicano il fine per cui awiene l'azione
espressa dal verbo della proposizione reggente. Nella forma
esplicita hanno il congiuntivo e sono introdotte dalle congiunzioni affinché, perché, che; nella forma implicita hanno
l'infinito preceduto da per, allo scopo di:
studiamo per imparare.
- proposizioni consecutive: esprimono la conseguenza di ciò
che è affermato nella reggente. Hanno l'indicativo quando si
tratta di una conseguenza reale o certa, il congiuntivo o il
condizionale quando la conseguenza è ritenuta ipotetica.
Sono introdotte dalla congiunzione che correlativa agli avverbi così, talmente, tanto, ecc. che si trovano nella reggente.
Nella forma implicita hanno l'infinito retto dalla preposizione da:
E tanto buono da commuoversi per un nonnulla.
Anche gli aggettivi degno e indegno possono reggere una consecutiva:
non era degno di essere nominato senatore
- proposizioni causali: indicano la ragione di ciò che è
espresso dalla reggente. Possono avere l'indicativo, il con-
giuntivo e il condizionale e sono rette dalle congiunzioni
perché, poiché, giacché, ecc.
La forma implicita ha il gerundio o l'infinito retto dalle preposizioni per, di, a:
Tomai a casa perché si era fatto tardi; essendo tardi, sono tornato a casa.
74
GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO
- proposizioni temporali: indicano il tempo in cui si svolge
l'azione espressa dalla reggente.
Hanno l'indicativo e il congiuntivo retti dalle congiunzioni
quando, come, mentre, ecc.
La forma implicita ha il gerundio, il participio passato o l'infinito retto da prima di, dopo di, a, in, su:
Partimmo al sorgere del sole;finito ilfilm, tornammo a casa.
- proposizioni concessive: esprimono un fatto o un giudizio
contrastante con l'enunciato della reggente.
Hanno il congiuntivo e sono introdotte dalle congiunzioni
benché, quantunque, ebbene, nonostante che, anche se (che
regge anche l'indicativo).
Nella forma implicita hanno il gerundio o il participio retti
da pure, benché, per quanto:
pur essendo stato punito, continua a non studiare; ti sento anche se non parli forte.
Hanno valore concessivo anche le costruzioni come:
per buono che tu sia, non riesci a perdonare.
- proposizioni avversative: esprimono un fatto o un giudizio
contrastante con il significato della reggente.
Hanno l'indicativo e il condizionale e sono introdotte dalle
congiunzioni mentre, invece, laddove.
La forma implicita ha l'infinito retto da invece di, in luogo di
e anziché:
anziché aiutarmi mi ostacoli.
- proposizioni condizionali: indicano la condizione necessaria affinché si compia l'azione espressa dalla reggente.
Hanno il verbo indicativo (solo con la congiunz. se) e congiuntivo e sono introdotte dalle congiunzioni se, qualora, ecc.
La forma implicita può avere il gerundio, il participio passato
e l'infinito preceduto da a:
se mi dirai tutto, ti ascolterò; insistendo, non otterrai nulla; a
fare COSi, sbaglzeresti.
La proposizione condizionale insieme con la reggente formano il periodo ipotetico.
La subordinata in questo caso si chiama pròtasi (dal greco
pròtasis = premessa); la reggente si chiama apòdosi (dal greco
apòdosis = che viene dopo).
IL PERIOr~O
75
Se la condizione espressa dallaprotasi è reale, si ha un periodo ipotetico della realtà. Si distingue perché ha solitamente
l'indicativo:
se mangi, crescerai.
Se la condizione espressa dallaprotasi è possibile, si ha un periodo ipotetico della possibilità. La protasi in questo caso va
sempre al congiuntivo, l'apodosi sempre al condizionale:
se guadagnassi di più, farei un bel viaggio.
Se la condizione espressa dalla protasi è irreale, si ha il periodo ipotetico della irrealtà. Anche in questo caso la subordinata va sempre al congiuntivo, la reggente al condizionale:
se fosse nato da una famiglia ricca, sarebbe stato più contento.
- proposizioni comparative: stabiliscono un paragone con la
reggente. Possono essere: comparative di eguaglianza, introdotte dagli awerbi come, quanto o dal pronome quale:
era felice come non lo era stato mai.
- proposizioni comparative di maggioranza e di minoranza,
introdotte da che, di quanto, ecc. in correlazione con più,
meno, peggio:
il problema era più difficile di quanto credessi.
- proposizioni comparative ipotetiche, introdotte da come se,
quasi che:
si comportava come se fosse il solo ad avere problemi.
- proposizioni interrogative indirette e dubitative: sono introdotte da pronomi, aggettivi, awerbi interrogativi o dalla
congiunzione se o se non. Hanno l'indicativo, il congiuntivo
e l'infinito:
mi chiese se ero uscito; non sapevo se credere alle sue parole.
Con il se, per esprimere un'azione futura si può trovare anche il condizionale presente:
non so se verrà e non so se verrebbe.
- Attenzione a non confondere il se ipotetico della possibilità e della irrealtà con quello interrogativo e dubitativo: il
primo vuole sempre il congiuntivo.
-proposizioni relative: sono unite alla reggente mediante
pronomi e awerbi relativi.
Nella forma implicita hanno il participio presente o passato e
l'irifinito + da:
queste sono cose da non trascurare (che non vanno trascurate) .
.
-proposlzlom modali: mdlcano il modo con cui si svolge
l'azione espressa dalla reggente. Nella forma esplicita sono
introdotte da come, comunque, in qualunque modo + indicativo o congiuntivo.
La forma implicita ha il gerundio:
comunque sia, andrò avanti; andò via sorridendo.
.
- proposlzlonu esclusive: sono introdotte da senza e senza che:
andò via senza awertirmi.
-proposizioni eccettuative: sono introdotte da eccetto che,
fuorché, salvo e salvo che, tranne e tranne che:
Hanno il congiuntivo e, nella forma implicita, l'infinito:
farò tutto tranne che cedere.
- proposizioni limitative: sono introdotte da in quanto, per
quanto, per quello che. Hanno l'indicativo e il congiuntivo:
per quanto ne sappia, non è mai stato aU'estero.
Le proposizioni incidentali, o parentetiche, non hanno alcun
legame grammaticale con le altre proposizioni. Servono a fare
un'osservazione a sé stante, o a chiarire un concetto e si trovano fra due virgole, fra due lineette o fra parentesi:
tuo fratello, come mi hanno riferito, non ti ha fatto nessuno
sgarbo.
La coordinazione
In un periodo, le proposizioni principali e subordinate possono essere unite fra loro mediante coordinazione, ossia sono
accostate una all'altra mantenendo lo stesso piano.
La coordinazione può awenire:
- per asindeto (= senza collegamento), ossia senza congiunzione: in questo caso le varie proposizioni sono separate dalla virgola, dal punto e virgola o dai due punti
- mediante le congiunzioni coordinative (v.)
- mediante pronomi o awerbi correlativi come chi... chi,
l'uno... l'altro, tanto... quanto, ecc.
Il discorso indiretto
Nel passaggio dalla formulazione diretta del discorso a quella
indiretta si ha una serie di modificazioni che investono soprattutto i modi e i tempi verbali.
Da tener presente in particolare che:
- il futuro retto da un passato diventa nel discorso indiretto
condizionale passato:
mi disse: «Domani sera uscirò» divènta nella forma indiretta:
mi disse che l'indomani sera sarebbe uscito.
- ilpresente indicativo retto da un passato diventa imperfetto:
mi disse: «Sono qui» diventa nella forma indiretta mi disse che
era qui.
- ilpassato prossimo o remoto retto da un passato diventa trapassato prossimo:
Mi disse: «ho avuto molti guai» diventa nella forma indiretta
mi disse che aveva avuto molti guai.
Ecco le principali congiunzioni che introducono i vari tipi di
proposizione:
- che può introdurre:
proposizioni soggettive e oggettive:
è chiaro che sei stanco;
sappiamo che sei stanco
proposizioni finàli:
pregai che si salvasse
proposizioni consecutive:
è così buono che fa regali a tutti
proposizioni causali:
sono contento che stiate bene in salute
78
GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO
proposizioni temporali:
andò via che era mezzogiomo.
- perché può introdurre:
proposizioni finali:
gli ho parlato perché ti aiutasse
proposizioni consecutive:
era troppo orgoglioso perché potesse ricredersi
proposizioni causali:
non sono venuto perché avevo da fare
proposizioni interrogative indirette:
non so perché stia perdendo tempo.
- come può in~trodurre:
proposizioni temporali:
come lo sentii, mi allontanai dalla sala
proposizioni comparative:
come hai cantato, così puoi anche suonare
proposizioni modali:
lo ascoltò come mai lo aveva ascoltato
proposizioni interrogative indirette:
dimmi come hai fatto.
- se può introdurre:
proposizioni ipotetiche:
se studi avrai un premio
proposizioni dubitative:
non so se uscire o no.
- mentre può introdurre:
proposizioni temporali:
mi telefonò mentre stavo uscendo
proposizioni awersative:
perde tempo, mentre dovrebbe pensare a lavorare.
La punteggiatura
Usare bene la punteggiatura non e così facile come può sembrare. Il suo compito non è solo quello di segnare le pause di
un discorso ma di darne l'espressione, le sfumature, l'intonazione. La posizione di una virgola può cambiare l'intero senso
di una frase; l'abuso di punti, puntini di sospensione, di punti
esclamativi può rovinare irrimediabilmente l'eleganza di un
periodo.
Ma le regole da dare sono poche: la scelta della virgola, del
punto e virgola, dei due punti, dipende dalla sensibilità e dal
gusto di chi scrive. Solo la consuetudine a leggere e a scrivere
può dare il dono di una buona puIlteggiatura. Daremo dunque solo qualche indicazione di carattere generale.
- Il punto - o punto fermo - serve a chiudere un periodo. Indica la pausa più lunga rispetto alla virgola e al punto e virgola. Il distacco è più forte quando dopo il punto si va a capo.
- I due punti servono a spiegare, a illustrare o a giustificare il
senso del periodo. Spesso si abusa di questo segno; è bene evitarlo prima di un discorso indiretto o prima di una serie di
complementi che dipendono direttamente dal verbo:
ho dovuto risolvere questioni di lavoro, problemi psicologici, affari economici
e non: ho dovuto risolvere: questioni di lavoro, problemi, ecc.
- Il punto e virgola rappresenta ulla via di mezzo tra il punto
e la virgola; serve a chiudere frasi coordinate fra loro. E più vicino al punto che alla virgola perche serve a separare due frasi.
- La virgola (dal latino virgula = f)astoncino) non ferma il discorso ma lo fa continuare; separa ma non stacca. E il segno
più difficile e delicato da usare.
Anche della virgola spesso si abusa. Attenzione a non usarla
mai fra soggetto e predicato, fra predicato e complemento oggettofra il verbo essere e llaggettivo o il nome.
La virgola non si mette mai nemmeno fra un nome e il suo
aggettivo: ho visto unfilm s~aordinario
e non: ho visto unfilm, straordinario.
A volte la virgola indica il verbo sottinteso:
le finestre sono chiuse; le porte, aperte.
In un inciso non va mai dimenticata la seconda virgola che lo
chiude:
domani, giorno in cui si apre la Mostra, sarò molto occupato.
- I puntini di sospensione sono sempre e solo tre.
Si usano fra parentesi quadre per indicare che alcune parole
di un discorso riportato sono state omesse deliberatamente.
- Anche del punto esclamativo si abusa spesso: enfatizza il
discorso in maniera a voite insopportabile. Va usato solo
quando è strettamente necessario (e mai doppio).
A volte si trova assieme al punto interrogativo in segno di
forte sorpresa o sdegno:
Che hai fatto.~!
Le abbreviazioni
Titoli, aggettivi, espressioni di cortesia e ringraziamento - e
perfino di condoglianze - indicazioni e awertenze vengono
spesso ridotte, per brevità e comodità, a monosillabi o a sigle
divenute ormai di uso comune.
Per orientarsi nella giungla delle abbreviazioni, sarà utile un
elenco delle formule più comuni, soprattutto di quelle in cui ci
si imbatte in lettere ufficiali e commerciali o in testi letterari,
scientifici, ecc. e nelle note relative.
Per abbreviare le parole esistono comunque regole precise:
- tutti sappiamo che dottore e professore si abbreviano in dot~.
(anche dr.) e prof. Per formare il femminile si unisce dopo il
punto la parte finale della parola:
professoressa si abbrevia inprofssa
- per formare il plurale si raddoppia la consonante finale:
proff. Questo vale non solo per i titoli ma per qualsiasi parola
da abbreviare:
capitolo: cap.; capitoli: capp.
pagina: pag; pagine: pagg.
Se la parte finale dell'abbreviazione ha già la consonante
doppia, per formare il plurale va aggiunta la sillaba finale del
nome dopo il punto:
dottori: dott.ri; awocati: aw.ti.
- Signora si abbrevia in sigra e signorina si abbrevia in
signa per distinguerle da signor (sig.).
- Le espressioni di cortesia usate nello stile epistolare
comegentilissimo, illustrissimo, ecc. si abbreviano ingent.mo e
ill.mo.
a.
AA.W.
a.C
ad lib.
a-l~m
all. (o alle&)
app
alr
a. v.
c.a.
c/c, c.c.
cfr.
cit.
c.m
c/o
cpv.
c.s.
d C.
doc.
Ecc.
e.g.
ff
f m.
.~t
,~o
ibid
id
LL~A
loc. cit.
m/c
mlo
ms.
¨- mss.
n.b.
N.D
N.d.A.
N.d.R.
~j N.d~.
ns.
op. ciL
p.a.
par.
p.c.
,
p/ c
p.c.c.
Le abbreviazioni più comuni
autore
Autori vari
avanti Cristo
a volontà (dal latino ad libitum)
a fine mese
allegato
appendice
andata e ritomo
a vista
corrente anno
conto corrente
confronta (dal latino confer)
citato
corrente mese
presso (dall'inglese care of)
capoverso
82
GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO T , FRR12FV1~71r)NI
p o/ e c/
PP
p.r.
p.s.
p.v.
q.b.
rist.
RSVP
come sopra
dopo Cristo
documento
Eccellenza
s. e sg. seguente
SA.
Sua Altezza
S.A.R.
Sua Altezza Reale
s.d.
senza data
S.P.M.
sue proprie mani
ss.
seguenti
supp
S.~
s.v.
trad
u.s.
v.
ver.
v. g (raro)
v~g.
I.P.
v.r.
v.s.
vs.
w.
per esempio (dal latino exempligratia)
fogli - ma anche: facente funzioni
fine mese
fuori testo
firmato
nello stesso luogo (volume, rivista ecc.) dal latino ibidem
idem
Loro Altezze
passo citato (dal latino loco citato)
mio conto
mio ordine
manoscritto
manoscritti
nota bene
Nobildonna (Nobilis Domina)
nota dell'autore
nota del redattore
nota del traduttore
nostro
opera citata
per augur
paragrafo
per condoglianz.e o per conoscenza
per conto
per copia conforme
per ordine e conto
per procura
per ringraziamento
postscriptum
prossimo venturo
quanto basta
ristampa
si prega di rispondere (nei biglietti d'invito).
Dal francese répondez-s'il-vous-plait
supplemento
Signoria Vostra
sotto la voce (di dizionari, enciclopedie)
traduzione
ultimo scorso
vedi, verso
versamento
per esempio (dal latino verbigratia)
vigente
persona importante (dall'inglese very important person)
vedi retro
vedi sopra
vostro
versi
Coniugazione dei verbi regolari
PRIMA CONIUGAZIONE: lodare
Indicativo
Presente
io lodo
tu lodi
egli loda
noi lodiamo
voi lodate
essi lodano
Imperfetto
io lodavo
tu lodavi
egli lodava
noi lodavamo
voi lodavate
essi lodavano
Passato remoto
io lodai
tu lodasti
egli lodò
noi lodammo
voi lodaste
essi lodarono
Futuro semplice
io loderò
tu loderai
egli loderà
noi loderemo
voi lodereste
essi loderanno
Presente
io lodi
tu lodi
egli lodi
noi lodiamo
voi lodiate
essi lodino
Imperfetto
io lodassi
tu lodassi
egli lodasse
noi lodassimo
voi lodaste
essi lodassero
Passato prossimo
io ho lodato
tu hai lodato
egli ha lodato
noi abbiamo lodato
voi avete lodato
essi hanno lodato
Trapassato prossimo
io avevo lodato
tu avevi lodato
egli aveva lodato
noi avevamo lodato
voi avevate lodato
essi avevano lodato
Trapassato remoto
io ebbi lodato
tu avesti lodato
egli ebbe lodato
noi avemmo lodato
voi aveste lodato
essi ebbero lodato
Futuro anteriore
io avrò lodato
tu avrai lodato
egli avrà lodato
noi avremo lodato
voi avrete lodato
essi avranno lodato
loda (tu)
lodi (egli)
lodiamo (noi)
lodate (voi)
lodino (essi)
Presente
lodare
Presente
lodante
Congiuntivo
Passato
io abbia lodato
tu abbia lodato
egli abbia lodato
noi abbiamo lodato
voi abbiate lodato
essi abbiano lodato
Presente
io loderei
tu loderesti
egli loderebbe
noi loderemmo
Presente
| lodando
voi lodereste
essi loderebbero
Trapassato
io avessi lodato
tu avessi lodato
egli avesse lodato
noi avessimo lodato
voi aveste lodato
essi avessero lodato
Condizionale
Imperativo
Passato
io avrei lodato
tu avresti lodato
egli avrebbe lodato
noi avremmo lodato
voi avreste lodato
essi avrebbero lodato
Presente
loderai (tu)
loderà (egli)
loderemo (noi)
loderete (voi)
loderanno (essi)
Passato
avere lodato
Passato
lodato
Passato
avendo lodato
Presente
io credo
tu credi
egli crede
noi crediamo
voi credete
Futuro
essi credono
Imperfetto
io credevo
tu credevi
egli credeva
noi credevamo
voi credevate
essi credevano
Passato remoto
io credei (credetti)
tu credesti
egli credé (credette)
noi credemmo
voi credeste
essi credettero
Futuro semplice
io crederò
tu crederai
egli crederà
noi crederemo
voi crederete
essi crederanno
Presente
io creda
tu creda
egli creda
noi crediamo
voi crediate
essi credano
GUIDA ALL'ITALIANO CORRElTO
SECONDA CONIUGAZIONE: credere
Indicativo
Congiuntivo
Passato prossimo
io ho creduto
tu hai creduto
egli ha creduto
noi abbiamo creduto
voi avete creduto
essi hanno creduto
Trapassato prossimo
io avevo creduto
tu avevi creduto
egli aveva creduto
noi avevamo creduto
voi avevate creduto
essi avevano creduto
Trapassato remoto
io ebbi creduto
tu avesti creduto
egli ebbe creduto
noi avemmo creduto
voi aveste creduto
essi ebbero creduto
Futuro anteriore
io avrò creduto
tu avrai creduto
egli avrà creduto
noi avremo creduto
voi avrete creduto
essi avranno creduto
Passato
io abbia creduto
tu abbia creduto
egli abbia creduto
noi abbiamo creduto
voi abbiate creduto
essi abbiano creduto
credi (tu)
creda (egli)
crediamo (noi)
credete (voi)
credano (essi)
Presente
credere
Presente
credente
Presente
credendo
CONIUGAZIONE DEI VERBI REGOIARI
Imperfeffo
io credessi
tu credessi
egli credesse
noi credessimo
voi credeste
essi credessero
Presente
io crederei
tu crederesti
egli crederebbe
noi crederemmo
voi credereste
essi crederebbero
Condizionale
Imperativo
Presente
Futuro
Trapassato
io avessi creduto
tu avessi creduto
egli avesse creduto
noi avessimo creduto
voi aveste creduto
essi avessero creduto
Passato
io avrei creduto
tu avresti creduto
egli avrebbe creduto
noi avremmo creduto
voi avreste creduto
essi avrebbero creduto
crederai (tu)
crederà (egli)
crederemo (noi)
crederete (voi)
crederanno (essi)
Passato
avere creduto
Passato
creduto
Passato
avendo creduto
88
Presente
io servo
tu servi
egli serve
noi serviamo
voi servite
essi servono
Imperfetto
io seIvivo
tu servivi
egli serviva
noi servivamo
voi servivate
essi servivano
Passato remoto
io servii
tu servisti
egli servì
noi servimmo
voi serviste
essi servirono
Futuro semplice
io servirò
tu servirai
egli servirà
noi serviremo
voi servirete
essi serviranno
Presente
io serva
tu serva
egli serva
noi serviamo
voi serviate
essi servano
GUIDA ALL'ITALIANO CORRETIO
TERZA CONIUGAZIONE: servire
Indicativo
Passato prossimo
io ho servito
tu hai servito
egli ha servito
noi abbiamo servito
voi avete servito
essi hanno servito
Trapassato prossimo
io avevo servito
tu avevi servito
egli aveva servito
noi avevamo servito
voi avevate servito
essi avevano servito
Trapassato remoto
io ebbi servito
tu avesti servito
egli ebbe servito
noi avemmo servito
voi aveste servito
essi ebbero servito
Futuro anteriore
io avrò servito
tu avrai servito
egli avrà servito
noi avremo servito
voi avrete servito
essi avranno servito
Congiuntivo
Passato
io abbia servito
tu abbia servito
egli abbia servito
noi abbiamo servito
voi abbiate servito
essi abbiano servito
CONIUGAZIONE DEI VERBI REGOLARI
Imperfetto
io servissi
tu servissi
egli servisse
noi servissimo
voi serviste
essi servissero
Presente
io servirei
tu serviresti
egli servirebbe
noi serviremmo
voi selvireste
essi servirebbero
Condizionale
Imperativo
Presente
servi (tu)
serva (egli)
serviamo (noi)
servite (voi)
servano (essi)
Presente
servire
Presente
servente
Presente
servendo
Futuro
Trapassato
io avessi servito
tu avessi servito
egli avesse servito
noi avessimo servito
voi aveste servito
essi avessero servito
Passato
io avrei servito
tu avresti servito
egli avrebbe servito
noi avremmo servito
voi avreste servito
essi avrebbero servito
servirai (tu)
servirà (egli)
serviremo (noi)
servirete (voi)
serviranno (essi)
Passato
avere servito
Passato
servito
Passato
avendo servito
9o
Presente
io sono amato
tu sei amato
egli è amato
noi siamo amati
voi siete amati
essi sono amati
Imperfetto
io ero amato
tu eri amato
egli era amato
noi eravamo amati
voi eravate amati
essi erano amati
Passato remoto
io fui amato
tu fosti amato
egli fu amato
noi fummo amati
voi foste amati
essi furono amati
Futuro semplice
io sarò amato
tu sarai amato
egli sarà amato
noi saremo amati
voi sarete amati
essi saranno amati
Presente
io sia amato
tu sia amato
egli sia amato
noi siamo amati
voi siate amati
essi siano amati
GUIDA ALL'ITALIANO CORRETTO
LA FORMA PASSIVA: essere amato
Indicativo
Congiuntivo
Passato prossimo
io sono stato amato
tu sei stato amato
egli è stato amato
noi siamo stati amati
voi siete stati amati
essi sono stati amati
Trapassato prossimo
io ero stato amato
tu eri stato amato
egli era stato amato
noi eravamo stati amati
voi eravate stati amati
essi erano stati amati
lr~u~u JJ
io fui stato amato
tu fosti stato amato
egli fu stato amato
noi fummo stati amati
voi foste stati amati
essi furono stati amati
Futuro anteriore
io sarò stato amato
tu sarai stato amato
egli sarà stato amato
noi saremo stati amati
voi sarete stati amati.
essi saranno stati amati
Passato
io sia stato amato
tu sia stato amato
egli sia stato amato
noi siamo stati amati
voi siate stati amati
essi siano stati amati
CONIUGAZIONE DEI VERBI REGOLARI
Imperfetto
io fossi amato
tu fossi amato
egli fosse amato
noi fossimo amati
voi foste amati
essi fossero amati
Condizionale
Trapassato
io fossi stato amato
tu fossi stato amato
egli fosse stato amato
noi fossimo stati amati
voi foste stati amati
essi fossero stati amati
Presente
Passato
io sarei amato
tu saresti amato
egli sarebbe amato
noi saremmo amati
voi sareste amati
essi sarebbero amati
Presente
Futuro
sii amato (tu)
sia amato (egli)
siamo amati (noi)
siate amati (voi)
siano amati (essi)
Presente
essere amato
io sarei stato amato
tu saresti stato amato
egli sarebl-e stato amato
noi saremmo stati amati
voi sareste stati amati
essi sarebbero stati amati
sarai amato (tu)
sarà amato (egli)
saremo amati (noi)
sarete amati (voi)
saranno amati (essi)
Passato
essere stato amato
Presente
Passato
(stato) amato
Presente
essendo amato
Passato
essendo stato amato
fine.