MACROECONOMIA L’analisi macroeconomica prende in esame i problemi più generali che investono il funzionamento globale del meccanismo economico; tali problemi tipici sono il livello dell’occupazione lavorativa, le cause dell’inflazione, l’andamento della bilancia dei pagamenti e la determinazione del volume globale della produzione e del reddito nazionale. La macroeconomia segue tre filoni principali: - la teoria classica, (di Ricardo – Smith )secondo cui l’attività economica è finalizzata a generare un surplus e il reddito di un paese è formato da redditi e profitti; cerca di spiegare come si è formato il reddito nazionale e come viene distribuito ai partecipanti del processo produttivo; - la teoria marxista, che fa una differenza tra lavoro produttivo (che dà luogo alla produzione di un bene) ed improduttivo (i servizi ad esempio non vengono conteggiati nel calcolo del reddito); i paesi socialisti si rifacevano a tale teoria; - la teoria neoclassica (di Keynes), secondo cui tutte le attività produttive sono finalizzate ad un aumento dell’utilità. Tutti sono prima o poi consumatori, quindi scopo ultimo delle attività produttive è quello di aumentare il benessere della comunità. Non introduce la divisione tra consumatore e capitalista. In altri termini studia le azioni che gli uomini compiono per soddisfare i loro bisogni, poichè tali azioni dipendono dalla limitatezza dei mezzi disponibili. Inoltre l’economista non può avere preferenze ma vi deve essere la neutralità rispetto ai fini. Con economia di mercato si intende un sistema economico in cui l’intervento dello Stato è ridotto al minimo indispensabile; l’attività economica è lasciata alla libera concorrenza. Con economia pianificata si intende un sistema economico in cui lo Stato è padrone dei mezzi di produzione e decide quanto produrre, come investire, ecc. L’economia mista invece è un sistema intermedio, in cui lo Stato non possiede tutto, ma interviene più o meno ampiamente nell’attività economica. Il reddito nazionale Il concetto e la misura della produzione aggregata (o prodotto nazionale, o reddito nazionale) è fondamentale nella macroeconomia; se ad esempio consideriamo un sistema economico che comprende varie industrie, come si fa a calcolarne la ricchezza? Se tra tali industrie ad esempio vi sono le industrie di mattoni e quelle di case (che producono X mattoni e Y case) per misurare la ricchezza di tale paese non posso semplicemente sommare i prodotti delle due industrie (X + Y) perché sono dati eterogenei, dovrei prima trasformarli nella stessa unità di misura, che ad esempio può essere la lira e poi sommare i loro valori. Consideriamo la definizione di reddito nazionale: “...flusso netto di beni e servizi che affluisce periodicamente a favore di una determinata collettività nel corso di un determinato periodo di tempo” Tale concetto è fondamentale per stimare la ricchezza di un paese; bisogna conoscerla per sapere come è andata l’economia, per essere valutata (ad esempio per vedere se un paese ha rispettato o meno i termini necessari a restare all’interno della CEE). Però quando si parla di ricchezza bisogna distinguere il concetto di STOCK (fondo che la collettività possiede in un singolo istante: Patrimonio o Ricchezza Nazionale) da quello di FLUSSO (cioè quello che viene acquisito in aggiunta al patrimonio). STOCK ==> statica; FLUSSO ==> comparazione tra due momenti. Nella contabilità nazionale dei paesi occidentali la nozione di reddito rispecchia la dottrina economica neoclassica e pertanto esso comprende tutti i redditi :salari (operai), stipendi (impiegati), profitti (imprenditori), interessi e rendite (proprietari terrieri o di immobili); e tutti i beni utili (beni e servizi). 1 Il reddito nazionale può essere considerato anche come flusso di redditi monetari e come flusso di pagamenti, è la stessa cosa. Nel caso di reddito nazionale visto come reddito monetario otteniamo nuovamente il valore del prodotto di una data industria alla formazione del reddito nazionale. Tale valore viene ripartito tra tutti coloro che hanno preso parte alla produzione sottoforma di redditi: salari, stipendi e profitti. Ciò vale anche per il complesso di tutte le attività produttive. I redditi percepiti esauriscono tutto il valore del prodotto aggregato, compreso il surplus che è considerato reddito affluente ad alcuni gruppi sociali. Per quanto riguarda il reddito nazionale come flusso di pagamenti, si ha che in una economia aperta ogni prodotto viene venduto sul mercato. Poiché ogni vendita dà luogo ad un pagamento monetario, il reddito nazionale è quindi costituito da un insieme di pagamenti monetari. Vengono trascurati i fenomeni di autoproduzione. Tali tre nozioni (fisica e monetarie (basati sui redditi e pagamenti)) sono intercambiabili poiché sono solo 3 modi differenti per misurare la stessa cosa, la formula non cambia. I criteri usati per calcolare il reddito nazionale sono due: - quello territoriale : fa parte del reddito nazionale il reddito prodotto su un territorio, ad esempio su quello italiano; calcola l’efficienza produttiva di una nazione; - quello personale : il reddito nazionale è il reddito prodotto dai cittadini di quel paese, ovunque essi si trovino; ad esempio vengono conteggiate le rimesse degli emigranti; Se consideriamo il primo criterio non si considerano le rimesse, mentre col secondo vengono conteggiati tutti i beni e servizi dei cittadini italiani, per il benessere della collettività. La contabilità nazionale dei paesi europei segue quest’ultimo criterio, mentre viene applicato il primo criterio se si ha a che fare con una filiale estera di una multinazionale. SISTEMI DI CONTABILITA’ NAZIONALE - Sistema delle Nazioni Unite (rilevava la domanda globale, poi il sistema si è adattato a quello europeo); - Sistema del prodotto materiale (basato sulla distinzione tra lavoro produttivo ed improduttivo: è adottato nei paesi socialisti); - Sistema Europeo – SEC (basato sulla rilevazione del prodotto interno e che comprende l’analisi della tavola delle interdipendenze settoriali) – inventato da Leon Tiev. Scomposizione del reddito nazionale. Mostriamo il passaggio da intera ricchezza del paese a quella del singolo. A) Beni intermedi e beni finali. Il valore di tutti i beni e servizi prodotti è il Prodotto Lordo Variabile (PLV) costituito da beni intermedi (utilizzati e distrutti nei processi produttivi: materie prime, combustibile, ecc.) e da beni finali (destinati al consumo e ad un’altra produzione ma non usati entro il termine del periodo considerato). Il reddito nazionale comprende solo i beni finali (considererei gli stessi due volte). PLV-BI (duplicazioni,beni intermedi) = Prodotto Nazionale Lordo o Valore Aggiunto Nazionale; è lordo e non netto poiché esistono i costi di produzione e delle macchine usate nel processo (beni a fecondità ripetuta). B) Reddito Lordo e Reddito Netto. Bisogna scorporare la quota di ammortamento (QA) del macchinario o del bene parzialmente distrutto nella produzione del Valore Aggiunto. Noto il valore della macchina e della sua vita media, dividendo il valore per il numero di anni ho la quota di ammortamento annuale. Reddito Nazionale Netto = PNL – QA. Il calcolo di QA è difficile concettualmente e praticamente per l’effetto dell’innovazione tecnologica (che fa diventare obsolete le macchine, obsolescenza) e per la misurazione del valore del bene (costo di acquisto). 2 C) Reddito ai prezzi di mercato ed al costo dei fattori. Ora ho il valore di quello che si vende sul mercato che non riflette ancora il reddito percepito dai partecipanti alla produzione perché gli esborsi dei compratori non corrispondono agli introiti dei venditori a causa delle imposte dirette più i contributi alla produzione ricevuti dallo stato. PNN (ai prezzi di mercato) – ID (imposta diretta) + CP (contributi alla produzione)= Prodotto Netto al costo dei fattori. D) Reddito delle persone fisiche. Il reddito al costo dei fattori è costituito dal reddito delle persone fisiche (gente) e giuridiche (società commerciali); quest’ultimo si divide in tre parti: dividendi (ciò che intascano gli azionisti se c’è un utile, altrimenti si dice che ci sono perdite), riserve (è obbligatorio un fondo di riserva, che garantisce agli operai un pagamento e il continuo di attività dell’impresa; poi vi sono riserve non obbligatorie per spese extra previste in futuro), imposte (sulle società, versate allo stato). Prodotto Netto al costo dei fattori – riserve –imposte = Reddito persone fisiche (RPF) Su questo gravano le imposte dirette, IRPEF, anche se potrebbe essere stato integrato di sussidi statali; RPF + sussidi – Imposte dirette (ID)= Reddito personale al netto delle imposte Il reddito personale può essere destinato al consumo o al risparmio; se il reddito delle società non si traduce in redditi personali si può dire che tutto il reddito del settore privato viene destinato o al consumo o al risparmio. Nel settore pubblico il ricavo delle imposte può avere due destinazioni: redditi personali (sussidi), servizi pubblici (scuola, sanità, musei,ecc.) ovvero consumo pubblico. Tutto il reddito nazionale è destinato o al consumo o al risparmio. Scomposizione secondo la natura dei beni. I beni possono essere classificati in beni di consumo (ad uso diretto ed immediato) e beni di investimento (per ulteriore produzione e uso futuro). La destinazione non è sempre chiara. (es. beni di consumo durevoli: automobile, frigo, tv oppure abitazioni). Nella pratica si preferisce usare la convenzione che divide i beni in : - Beni di consumo durevoli e non; - Beni di investimento: investimenti fissi, variazione delle scorte (che sono beni intermedi accantonati per utilizzarli in un successivo esercizio). Prodotto lordo: vuol dire che nel prodotto è inclusa anche quella quota dei mezzi di produzione che è stata “consumata” nei processi produttivi: trattore, macina, macchine,ecc... Il periodo di tempo in cui gli strumenti di produzione possono essere impiegati è dunque anche il periodo in cui essi cedono anno dopo anno una parte del loro valore alle produzioni che concorrono a realizzare; tale quota del valore è detto ammortamento o deperimento economico dei mezzi stessi. Dunque nel prodotto aggregato dell’economia sono contabilizzati anche gli ammortamenti dei beni capitali fissi: il prodotto lordo è in definitiva comprensivo degli ammortamenti. L’economia italiana è un’economia aperta: le esportazioni sono vendite finali all’estero e le importazioni sono beni e servizi che si aggiungono alla produzione nazionale dando luogo insieme a questa, all’offerta globale. La grandezza comunemente usata per misurare i risultati economici ottenuti da un paese in un certo arco di tempo e il PRODOTTO INTERNO LORDO (PIL). L’espressione ai prezzi di mercato aggiunta a questa grandezza significa che il PIL include le imposte indirette NETTE, cioè al netto dei contributi statali alle imprese. Altrimenti sarebbe misurato al costo dei fattori, cioè come è costato alle imprese. 3 Dal PIL si passa poi al reddito nazionale attraverso convenzioni contabili: per ottenere il reddito nazionale lordo ai prezzi di mercato (RNL), si sommano al PIL i redditi netti all’estero (redditi degli italiani temporaneamente attivi all’estero meno redditi degli stranieri temporaneamente attivi in Italia). Per passare dal RNL al reddito nazionale netto si sottraggono dal primo gli ammortamenti. Dal reddito nazionale lordo, se si sottraggono le imposte indirette pagate da famiglie ed imprese e si sommano i contributi statali, si ottiene il reddito nazionale lordo disponibile, cioè quello che può essere impiegato dagli agenti economici privati. Le imposte, dirette ed indirette, sono la fonte principale di entrate per l’amministrazione pubblica (la P.A.), per lo Stato e per gli Enti pubblici; la P.A. con le imposte paga salari e stipendi del personale pubblico, paga le pensioni, gli interessi sul debito pubblico, finanzia investimenti pubblici, concede agevolazioni alle imprese. Quindi la P.A. agisce sia dal lato dei consumi (cioè produce i vari servizi della difesa, istruzione, giustizia, ecc.)che degli investimenti. Gli operatori principali di un sistema economico aperto sono le imprese, le famiglie, le banche, la P.A. e il resto del mondo. Le imprese sono le unità di produzione che acquistano e usano le risorse produttive di proprietà delle famiglie, che in cambio ricevono i redditi; le famiglie impiegano i loro redditi per l’acquisto dei beni di consumo prodotti dalle imprese e per accumulare risparmi che le istituzioni finanziarie (specie le banche) destinano quasi sempre o al finanziamento di progetti d’investimento decisi dagli imprenditori o al finanziamento del consumo (abitazioni); il resto del mondo compra (esportazioni) e vende (importazioni) beni e prodotti all’interno del Paese. La P.A. preleva imposte dai redditi delle famiglie e delle imprese e con il ricavo finanzia la produzione di consumi collettivi (salari agli impiegati pubblici, ecc.) nonchè l’acquisto di merci e servizi destinati all’investimento. Definizioni: Redditi da lavoro dipendente: salari e stipendi pagati da privati o dalla P.A. ai propri dipendenti; Redditi da capitale: rendite dei proprietari di immobili, dividendi e interessi; Redditi misti: quelli cui concorrono entrambi i tipi di reddito; Pubblica amministrazione in ITALIA: - lo Stato; - gli enti pubblici territoriali locali (regioni, province, comuni) - gli altri enti pubblici (sanitari, di ricerca, economici..) e gli enti di previdenza (INPS, INAM...); Scomposizione del prodotto nazionale lordo. PRODUZIONE LORDA --- DUPLICAZIONE = PRODOTTO (REDDITO) VENDIBILE NAZIONALE LORDO PRODOTTO (REDDITO) NAZIONALE LORDO --- AMMORTAMENTI = PRODOTTO (REDDITO) NAZIONALE NETTO PRODOTTO (REDDITO) --- IMPOSTE NAZIONALE LORDO o DIRETTE NETTO AI PREZZI DI IVA MERCATO REDDITO NAZIONALE NETTO AL COSTO DEI FATTORI (1) + CONTIBUTI = PRODOTTO (REDDITO) ALLA NAZIONALE LORDO o PRODUZIONE NETTO AL COSTO DEI FATTORI --- RISPARMIO --DI IMPRESA 4 IMPOSTE DI IMPRESA IRPEG = REDDITO PERSONALE REDDITO --- IMPOSTE PERSONALE PERSONALI – IRPEF + SUSSIDI = REDDITO DISPONIBILE PERSONALI Nella (1) devo togliere le duplicazioni per non tener conto di possibili prodotti contati due volte (le lamiere vengono contate come prodotti finali di una acciaieria e come pezzi di automobili). Ecco alcuni esempi di grandezze macroeconomiche: tasso di disoccupazione, tasso di inflazione, tasso di interesse, consumo, investimenti, esportazione; il loro valore è identificato dalla macroeconomia. Ecco un grafico che rappresenta il PIL calcolato a prezzi costanti: 70 60 50 PIL migliaia di miliardi 40 30 20 10 83 78 75 72 64 60 0 Che significa a prezzi costanti? Tali dati si rifanno a beni del tempo. Nel ’60 c’erano vestiti, cibo, auto; col tempo si sono aggiunti il PC, il telefonino. Ogni anno veniva calcolato il costo del paniere. Ad esempio se nel ’60 costava X e nel 61 costava Y, potevo calcolare l’inflazione: YX . Ma i valori del grafico sono purificati dell’effetto dell’inflazione, è X calcolato ai prezzi del ’60. Infatti gli aggregati macroeconomici (PIL, consumi, investimenti) possono essere valutati a prezzi correnti (aggregati nominali) o a prezzi costanti (rispetto ad un anno base, aggregati reali). Calcolarli a prezzi costanti serve per poterli confrontare. Vi sono vari metodi per depurare i prezzi dall’inflazione. I metodo (deflazionare). Indicando con p il prezzo corrente di un bene generico Ci e con g il suo prezzo costante, detto f l’incremento percentuale del prezzo del bene, si ha che p g f g g (1 f ) oppure che g p . Il termine (1 + f) è detto indice di prezzo del bene. Il rapporto tra 1 f l’aggregato (la somma di tutti i beni Ci) dei beni a prezzi correnti e l’aggregato a prezzi costanti è detto l’indice generale di prezzo di quell’aggregato, che dunque è pi Ci i C prezzi cos tan ti . Per ricavare gli indici dei prezzi al consumo si fissano i panieri tipici di un anno base e si misurano le variazioni percentuali dei prezzi; a tal punto si calcola l’indice aggregato dei prezzi al consumo; questo non rappresenta altro che il tasso di inflazione. II metodo. Si valutano i beni e i servizi con i prezzi di un anno base preso come riferimento; c’è l’inconveniente che possono nascere nuovi beni che non avrebbero prezzo nell’anno base. Se analizziamo il PIL nominale e quello reale, si vede che l’aumento del PIL nominale è maggiore di quello reale e tale differenza riflette l’aumento di prezzo del PIL da un anno all’altro. Si ha Aumento del PIL nominale = Aumento del PIL reale + aumento di prezzo del PIL 5 Il PIL reale non è influenzato dalle variazioni di prezzo. Si ha uno stato di recessione se il PIL decresce oppure non cresce (o cresce ad un ritmo più blando). Il PIL aumenta a causa della tecnologia, per l’aumento di abitanti, di lavoratori, di consumismo, per il cambio di abitudini, per l’innalzamento del livello culturale. Nel calcolo del PIL si commettono molti errori a causa del lavoro nero. Un fenomeno di recessione economica è caratterizzato da una diminuzione del PIL, ma anche il tasso di disoccupazione. L’inflazione si accompagna ad un aumento del PIL perché quando ci sono soldi si compra di più e ciò porta ad una diminuzione della ricchezza o del denaro preludendo ad una fase di recessione economica; quindi in una fase di recessione non può esserci inflazione. Fase di straflazione: viene subito dopo la recessione in cui i prezzi diminuiscono moltissimo in conseguenza di una diminuzione del costo della vita (è in pratica l’opposto dell’inflazione) . 35 30 25 PIL migliaia di miliardi 20 15 10 5 19 50 19 35 19 20 19 00 0 Tasso di sconto è una misura del costo del denaro che le banche commerciale devono sostenere quando chiedono soldi alla banca centrale. Tasso di interesse si modifica in relazione al tasso di sconto. Se si abbassa moltissimo i BOT non rendono più e nessuno finanzia il debito pubblico. INVESTIMENTI: acquisto di unità produttiva che usufruirà negli anni successivi; in macroeconomia gli investimenti sono fatti se acquisto macchine utensili, se acquisto un BOT non investo, ma risparmio. L’investimento in un’attività economica è più produttivo quanto più alto è il rischio. Esempio. Acquistare un auto con una partita IVA è investire, acquistarla senza partita IVA è consumo, o meglio quello che si può scaricare a metà ci porta a metà investimento e a metà consumo. Comprare una casa per abitarci è consumo, per affittarlo è investimento. In macroeconomia gli investimenti sono quelli in beni reali. Y C S (1) prodotto nazionale lordo può essere diviso in due parti: - parte che viene consumata: C - parte che viene risparmiata: S In un sistema economico chiusa (= non ci sono rapporti con l’estero) operano la famiglia e l’impresa. Y C S G (2). G = spesa pubblica. Sto misurando il ruolo dell’attività della pubblica amministrazione attraverso la spesa pubblica (G). Posso inglobare la (1) nella (2) visto il ruolo determinante della pubblica amministrazione. La spesa pubblica si può scorporare nella spesa legata al consumo e in quella legata al risparmio: 6 G cp sp Dal punto di vista contabile l’acquisto di casa è un risparmio ma poiché si paga l’IRPEF anche per le famiglie, è un investimento. LIVELLO dei PREZZI (1960-1987) 300 250 200 150 prezzi 100 50 0 1960 1987 Tassi di inflazione alti aumento del 45% del PIL. L’acquisto di case è una forma di risparmio; le case hanno una rendita catastale, l’IRPEF, e dunque diviene una forma di investimento per le famiglie. Investendo in appartamenti alla fine del ’60 avrei ottenuto un incremento del 956% (valore non depurato, nel momento in cui lo depuro dell’inflazione diviene del 45%); l’andamento del livello dei prezzi è molto importante, e posso individuare un indice dei prezzi non solo per il consumo ma anche per la produzione industriale (materie prime e di prima necessità) o per i prezzi all’ingrosso (prezzi dell’impresa quando acquistano all’ingrosso); questi due indici sono diversi tra loro. Il calcolo del PIL può essere effettuato in vari modi: - si somma tutta la produzione all’interno di un paese e si sottraggono le duplicazioni, cioè vado a valutare il ricavo delle imprese e sottraggo le spese delle imprese. In più devo sommare gli output privati del costo dell’input; (spesa aggregata) - si può calcolare il PIL anche come la spesa fatta dalle imprese visto che quest’ultima deve eguagliare la domanda per una situazione di equilibrio; ossia lo effettuo come calcolo del valore aggiunto: è il PIL visto dal punto di vista della produzione, misurando la spesa che occorre per quella produzione; siccome in equilibrio domanda = offerta allora produzione = domanda x spesa - si può calcolare anche come reddito Questi tre approcci (spesa, valore aggiunto, reddito) sono possibili sempre mettendoci in condizioni di equilibrio (si possono acquistare beni e servizi se c’è reddito (delle famiglie, delle imprese; tale reddito è eguagliato alla spesa realizzata nel paese per la produzione. Il calcolo del PIL è fatto in un modo o nell’altro a seconda di come è + conveniente e utile. All’interno di un’economia chiusa, cioè senza scambi con l’estero, accade che Y C S , con Y reddito, C consumo e S risparmio. Infatti la destinazione del reddito disponibile è il consumo o il risparmio; se invece si vuole considerare il ruolo della pubblica amministrazione si deve conteggiare anche la spesa pubblica Y C S G . Inoltre si può definire un bilancio o conto economico nazionale: elenca le risorse che la collettività ha avuto a disposizione e gli usi che ne ha fatto; indica un flusso non uno stock; in una economia chiusa le risorse coincidono col reddito nazionale lordo. Consumo: beni o servizi destinati ad essere goduti direttamente dal consumatore. Investimenti: beni destinati alla produzione di altri beni e servizi, tra cui troviamo le scorte e le abitazioni. 7 Se invece l’economia è aperta dal lato delle risorse compare il flusso delle importazioni mentre dal lato degli impieghi (consumo o investimento) troviamo le esportazioni. Differenza tra prodotto (reddito) nazionale e prodotto (reddito) interno: il primo si riferisce all’attività dei residenti di un paese ovunque essi si trovino, mentre il secondo ci si riferisce all’attività di coloro che la esplicano nel paese. Per passare dal prodotto nazionale a quello interno occorre togliere dal primo i redditi netti dall’estero (redditi di residenti che lavorano per non residenti [es. italiani all’estero] meno i redditi di non residenti che lavorano per residenti [es. stranieri in Italia]). Gli emigrati non sono più considerati residenti nel paese di origine anche quando ne conservano la nazionalità, dunque le rimesse non entrano nel calcolo dei redditi netti. FUNZIONE DEL CONSUMO. REDDITO. Studiamo ora la funzione del consumo, che per i keynesiani è funzione del reddito nazionale(che può essere a valori normali o a valori costanti, cioè depurati): C a bY . Rivoluzione keynesiana Gli economisti si dividono in due grandi scuole: - quelli che sostengono l’esistenza dell’equilibrio di piena occupazione, i neoclassici, per i quali c’è equilibrio solo se tutto il lavoro umano è impiegato; per loro la disoccupazione se esiste è solo volontaria; - quelli invece (Keynes e i keynesiani) che ammettono equilibrio economico con il lavoro umano non pienamente occupato; ammettono l’esistenza di disoccupazione involontaria; Per Keynes gli investimenti sono un fenomeno che presentano un duplice aspetto: sono domanda di mezzi di produzione e contribuiscono ad aumentare e migliorare la produzione; nel breve periodo prevale il primo aspetto dell’investimento. L’equilibrio macroeconomico può essere descritto in prima approssimazione come equilibrio tra produzione programmata delle imprese e domanda globale programmata dalle famiglie(consumo) e dalle imprese (investimento). Se trascuriamo la pubblica amministrazione si ha Y C I . La prima innovazione di Keynes è che C = f(Y) e S = f(Y) con C consumo ed S risparmio Il consumo dipende dal reddito, ma per alcuni studiosi tale reddito non è quello dell’anno in cui io sto misurando il consumo, come invece affermerebbe Keynes; altri credono che dipende dal reddito degli anni precedenti, di cui si era fatta una media (infatti uno prima guadagna e poi spende); altri ancora credono che dipende dal reddito degli anni futuri, cioè le famiglie consumano in funzione delle aspettative. Secondo altri studiosi il consumo dipende dal reddito relativo (cioè messo in relazione col reddito dei vicini e conoscenti). Ma queste due (analisi storica ed aspettative dal futuro) non sono le uniche variabili da cui dipende il consumo; queste due sono variabili di flusso (vincoli di natura spaziale e temporale) mentre vi è la ricchezza che è una variabile di STOCK, cioè che si è accumulata negli anni; chi è ricco infatti spende più facilmente.La ricchezza è costituita da beni reali (case, terreni, ecc.) e da grandezze monetarie (che sono influenzate dall’inflazione e dal livello dei prezzi). Modigliani vinse il premio nobel sviluppando questa teoria. Un’altra variabile da cui dipende il consumo è la distribuzione del reddito: la propensione marginale al consumo è diversa nelle varie classi sociali. Introducendo il ruolo dello stato (pubblica amministrazione) il consumo dipende dal reddito disponibile, cioè dal reddito al netto delle imposte. Se il consumo è funzione del reddito disponibile, quando stimo la domanda cerco di trovare la funzione con un’operazione di regressione (cerco di trovare una relazione tra la variabile dipendente e quella indipendente). 8 α C a bY P β a mi dice il consumo quando Y=0, cioè quando il reddito è nullo; in questo caso il consumo si basa sull’utilizzo di soldi guadagnati l’anno precedente; b è la propensione marginale al consumo e mi dice di quanto aumenta il consumo per un aumento unitario del reddito ed è minore di 1: b C Y β è la propensione media al consumo, ossia fisso un punto P sulla retta, la unisco con l’origine; tgβ è quello che cercavamo: C . Y Il reddito considerato in tale espressione del consumo può essere di vario tipo (lordo, netto, disponibile, nazionale, a prezzi costanti o correnti...) ma il più adatto è il reddito disponibile con prezzi costanti; in particolare si preferiscono prezzi costanti per evitare la cosiddetta illusione monetaria (l’inflazione ed altre fluttuazioni dei prezzi potrebbero falsificare le scelte dei consumatori: per un aumento uguale dei prezzi e del reddito, ci potrebbe essere chi crede di stare meglio e chi crede di stare peggio). Ma l’adozione di prezzi costanti non evita comportamenti anomali nei singoli, ma generalmente questi si annullano tra loro, non alterando il comportamento generale dei consumatori. Esiste un’altra variabile che influenza il consumo è il livello dei prezzi che mi aspetto, la famiglia media ragiona in funzione del reddito atteso. Y C I G C = consumo; I = investimenti; G = spesa pubblica; I e G sono variabili esogene al sistema economica, cioè stabilite dall’esterno. C a bYD YD è il reddito disponibile. _ _ In effetti è: C f YD , R, Y , P _ _ R è ricchezza, Y è reddito atteso, P sono i prezzi attesi Il reddito disponibile è ciò che resta nelle mani delle famiglie dopo aver pagato le tasse; C a b(1 t )Y t è l’aliquota fiscale media, cioè le tasse, mentre b è la propensione al consumo. Quindi: Y a b(1 t )Y I G I e G esogena al sistema economico. In tal modo posso determinare il reddito all’equilibrio del mio paese: Y C I G C a b(1 t )Y Y a I G , con t tassazione media del paese considerato. 1 b(1 t ) L’espressione appena trovata rappresenta il valore di equilibrio per cui la spesa è uguale al reddito. Il reddito disponibile è funzione di I e di G, cioè se aumentano I e G aumenta il PIL ed il reddito cioè aumenta la ricchezza del paese. Inoltre più investo (privatamente o pubblicamente), più aumenta il reddito disponibile e dunque aumento il PIL. Se riduco le tasse, 1-t aumenta, dunque 1-b(1-t) diminuisce e in definitiva il reddito aumenta, cioè si favoriscono gli investimenti; se aumento le tasse il reddito diminuisce. 9 La proposizione centrale della teoria keynesiana è che il livello di equilibrio del reddito nazionale si determina in corrispondenza del punto in cui vi è l’uguaglianza fra risparmio ed investimento: dato l’investimento il reddito di equilibrio è quello tale da generare un risparmio pari all’investimento. Infatti se S I la domanda globale eccede la produzione globale (poichè essendo S Y C si ha Y C I e cioè Y C I con C I domanda globale ed Y prodotto nazionale). Tale eccesso viene soddisfatto tramite le scorte che diminuiscono; tale diminuzione di scorte induce i produttori a produrre di più e dunque aumenta il reddito nazionale raggiungendo di nuovo l’equilibrio. Analogamente se S I si avrà un aumento di scorte e dunque la produzione diminuirà, raggiungendo nuovamente l’equilibrio. Dunque tale equilibrio è STABILE. Data una situazione di equilibrio di sottoccupazione (in modo da avere a disposizione lavoratori per aumentare la produzione) un aumento di I provoca un aumento del reddito di equilibrio che è un multiplo di quello di I: 1 I . Se considero a e G costanti, I è l’unica variabile. Y 1 b ( 1 t ) La quantità in parentesi è detto moltiplicatore dell’investimento: ha il ruolo di amplificare la variazione di un investimento: mi basta investire poco per ottenere un aumento del reddito abbastanza accettabile. Cioè se I è infinitesima, allora Y sarà più che infinitesima. Tale effetto moltiplicativo si spiega col fatto che un aumento di investimento provoca un aumento di reddito, il quale fa aumentare il consumo (tramite la propensione al consumo: il reddito alto era una delle cause di aumento di consumo) che provoca un ulteriore aumento di reddito. 1 1 se si agevola l’investimento dell’impresa; ho un sostanziale aumento 1 b ( 1 t ) del PIL. Si potrebbe fare un discorso analogo per G, e in effetti non si sa se favorire l’investimento o la spesa pubblica. spesa = misurazione del PIL su quanto acquisto s=p SP = a + b(1-t)Y + I + G punto di equilibrio dello stato economico 45° Y (reddito) I è funzione del tasso di interesse ed è funzione del reddito; l’offerta di moneta provoca l’inflazione; PIL = C + I + G Se invece consideriamo un’economia aperta dobbiamo considerare i rapporti con l’estero, vi sono i flussi di importazione ed esportazione. Se le esportazioni sono maggiori delle importazioni ho un bilancio positivo della bilancia dei pagamenti; se invece le esportazioni sono minori delle importazioni ho un deficit della bilancia dei pagamenti. Y C I G X , con X esportazione netta (ESPORTAZIONI – IMPORTAZIONI, dato esogeno, ma potrei considerarlo endogeno). 10 Se aumenta il reddito disponibile, aumentano le importazioni e diminuisce l’esportazione netta. (X) Se diminuisce il reddito disponibile, diminuiscono le importazioni e aumenta l’esportazione netta. Dunque X ha un andamento opposto al reddito. X g mY , cioè dipende dal reddito disponibile nel paese Y Y a b(1 t )Y I G g mY Y f ( g , m) Y (a I G g ) a I G g 1 b(1 t ) m 1 1 b(1 t ) m Da questa notiamo che il moltiplicatore è più basso in caso di economia aperta, cioè gli investimenti hanno meno effetti; cioè m fa diminuire Y (poichè m sta al denominatore). Se eliminassi le tasse otterrei un aumento di reddito enorme (di 10 volte). FUNZIONE DEL RISPARMIO. S Y C Tutto il reddito disponibile nel paese o è consumato o è risparmiato; dunque il risparmio è tutto il reddito non consumato. Nel nostro modello il RNL era la variabile indipendente e abbiamo detto che il consumo è una funzione lineare del reddito disponibile (reddito – tasse). Allora anche il risparmio è funzione del reddito (nazionale o disponibile). S Y C Y f (Y ) f (Y ) Inoltre S Y C Y (a bY ) a (1 b)Y a mi dice che c’è un’aliquota di consumo indipendente da reddito; b propensione marginale al consumo; 1-b propensione marginale al risparmio; b e (1-b) sono complementari. S a (1 b)Y Il risparmio è legato alle aspettative dei redditi futuri oppure alle medie dei redditi negli anni precedenti; oltre a queste esistono altre variabili da cui dipende il risparmio: - il tasso di interesse (per il risparmio delle famiglie); - le imprese invece cercano di ridurre gli utili perché è su questi che pagano le tasse; siccome gli utili sono π = R – C , e siccome una impresa regolare ed onesta non può abbassare R, perché si abbasserebbe la produzione, devo per forza cercare di alzare i costi; le S.p.A. invece hanno i dividendi, che non sono altro che gli utili divisi fra gli azionisti; - la ricchezza inoltre spinge a risparmiare; dunque la fascia di reddito è un’altra variabile; - la fascia sociale e la fascia d’età. 11 FUNZIONE DI INVESTIMENTO. Ora cercheremo di rendere endogena la variabile I. Una certa quantità di soldi al giorno d’oggi vale di più di quanto varrebbe tra un anno, sia perché è presente l’inflazione sia perché tramite meccanismi sicuri quali i BOT riceverei degli interessi. Cioè avrei che quello che mi aspetto di avere tra un anno (R1) è uguale a quello che ho oggi (K) per un fattore che tiene conto dell’inflazione e degli interessi. R1 k (1 i ) , se non accade ciò non conviene più lo scambio tra la cifra attuale e quella che avrei tra un anno. Se tale relazione regola gli investimenti dovrei avere che il profitto R dovrebbe coprire i soldi dell’investimento più l’aliquota della remunerazione. Nell’anno n-esimo avrei: K Rn R1 R2 ....... . 1 i 1 i 2 1 i n i non è altro che il valore degli interessi sul mercato; le frazioni rappresentano i flussi di capitali negli anni successivi. RJ rappresenta il ricavo netto futuro atteso in quell’anno. Se ho la possibilità di investire, senza perderci soldi (dunque a parità di rischio), scelgo l’investimento che mi frutta di più e dunque il mercato dei tassi di interessi può essere considerato a concorrenza perfetta. i è la vera incognita: un’impresa che vuole investire (acquisto di un nuovo macchinario) conosce il costo di tale investimento e formula delle previsioni sui ricavi futuri e sui futuri costi. Introduciamo un nuovo concetto: il tasso di remunerazione, che è un ritorno sugli investimenti; immaginiamo di investire una certa somma K in una impresa: tassoremunerazione Utilerealizzato Capitaleinvestito Tale tasso lo devo confrontare col tasso di interesse per decidere se i soldi degli utili li devo investire in BOT o di nuovo in impresa. Di solito capita che il tasso di remunerazione è dell’8%, comprensivo di tasse, mentre il tasso di interesse è del 4-5%. Ciò implica che conviene reinvestire nell’impresa, in nuovi macchinari; però bisogna anche ricordarsi che i BOT sono a rischio nullo, mentre le imprese No. Se accadeva il contrario non conveniva investire, mentre in caso di parità ovviamente investire o meno era indifferente. Inoltre posso ipotizzare che l’aliquota destinata all’investimento in attività produttive sia inversamente legato al tasso di remunerazione, poiché esiste una sorta si saturazione degli investimenti di una impresa. Cioè se investo in due macchine avrò un tasso di remunerazione più basso di quello che avrei per una sola macchina. i = r con i tasso di investimento I = f(r) I investimento Esiste un r così elevato che I tende a zero; inoltre esiste un tetto massimo di investimento oltre il quale r tende ad annullarsi. La spiegazione matematica della decrescenza di tale retta è data da tale relazione: I e dr , dove e è una variabile non spiegata dal tasso di interesse. 12 Spiegazione logica: se investo pochi soldi, per essere incentivato ad investire devo avere un elevato tasso di remunerazione, mentre se investo parecchi soldi anche un tasso basso mi procura molti soldi; per questo la retta è decrescente. La r è necessaria per poter valutare la i sul mercato; non si è in grado di sapere il tasso di remunerazione di una impresa, ma so che esiste la K Rn R1 R2 ....... 1 r 1 r 2 1 r n che mi riesce a descrivere il comportamento di chi investe. Ed è proprio grazie a tale relazione se tale mercato è considerato di concorrenza perfetta. Da questa ricavo r che è l’unica incognita. Per trovare il tasso di interesse medio di tutte le imprese faccio una media pesata degli investimenti di ogni settore di impresa, moltiplicati per i tassi di interesse di quel settore. Inoltre il profitto ha una duplice influenza per gli investimenti: da un lato è il principale incentivo agli investimenti privati (precisamente il profitto atteso) e dall’altro lato è una fonte di finanziamento tramite i profitti non distribuiti (finanziamento interno delle imprese). In caso di economia aperta: Nel momento in cui effettuo una importazione, sono costretto a cedere una parte del reddito; le esportazioni nette poi sono funzioni del reddito disponibile. Se il reddito disponibile aumenta aumentano anche le importazioni e dunque le esportazioni nette diminuiscono. Viceversa se il reddito disponibile diminuisce le esportazioni nette aumentano. Se aumenta il tasso di remunerazione in un dato paese, la X diminuisce perché in presenza di tasso di remunerazione alto, ho un maggiore investimento in attività produttive, che toglie soldi al consumo. Allora sarei portato a dire che producendo di più, esporto di più; ma non è così: tale effetto è minore dell’effetto provocato dalla minore produzione sull’esportazione...... aspetti contrastanti dell’economia. MERCATI REALI (IS) MERCATI FINANZIARI (LM) DOMANDA AGGREGATA (P) Strumenti regolatori: - POLITICA FISCALE - POLITICA MONETARIA Y C I G X (verificata anche dal punto di vista contabile dopo che ho fatto l’ipotesi che la spesa aggregata sia uguale al reddito nazionale) C a bYd Yd (1 t )Y X g mY Dal punto di vista funzionale gli economisti cercano di prevedere l’ammontare di queste grandezze e sommandole si cerca di capire quale sarà la produzione di reddito. Per lavorare su tali grandezze devo imporre l’identità tra spesa aggregata e reddito nazionale; poi c’è la correlazione tra consumo e reddito disponibile: tale relazione è stata prima ipotizzata e in seguito verificata. Le esportazioni nette (X) diminuiscono all’aumentare del reddito. 13 Se vado a misurare il valore lordo dei beni che il paese esporta riesco a dare un significato monetario alle esportazioni; faccio lo stesso con le importazioni (sommando le varie importazioni che si hanno da tutti i paesi esteri); misurare tali transazioni (commerciali) significa misurare la BILANCIA COMMERCIALE. Analogamente, considerando ora transazioni finanziarie, potrei misurare la BILANCIA dei PAGAMENTI. Generalmente i prodotti ad alta tecnologia costano di più; dunque dire che un paese ha un avanzo significa dire che probabilmente il paese è un leader nel campo dell’alta tecnologia; infatti per misurare un avanzo o un disavanzo della bilancia commerciale si considera il valore monetario delle merci importate/esportate, non la quantità; cioè non è contraddittorio dire che un’importazione elevata implica un reddito più alto. Riconsideriamo la funzione di investimento: I I e dr R Vi è una proporzionalità indiretta tra I ed R (tasso di interesse medio di mercato, individuato tramite un’inchiesta). Inoltre troviamo la nuova relazione per le esportazioni nette: X g mY nR Per un’impresa vi sono tre possibili politiche di autofinanziamenti: - si può non dividere il risparmio di impresa tra gli azionisti; - si può aumentare il capitale di investimento; - si può emettere un prestito obbligazionale (cioè se ad una impresa servono 1000 mld, non li chiede alle banche, ma chiede un prestito agli operatori dei mercati finanziari; infatti le banche per concedere un prestito vogliono garanzie elevate); OBBLIGAZIONI: si prestano dei soldi alle imprese (ENI, imprese di energia e telefonia, altre grandi imprese) che vengono restituite dopo 10-20 anni, ma ogni anno vengono dati degli interessi; però possono essere ad alto rischio, cioè possono rivelarsi obbligazioni spazzatura (l’azienda che li emette fallisce); le obbligazioni, assieme ai BOT, sono cedibili. All’aumentare del tasso di interesse diminuiscono gli investimenti (cioè mi rendo conto che guadagnerei di più con titoli, azioni e BOT e non mi conviene più investire). Si ha investimento se compro macchinari (per le imprese) o case (per le famiglie); le azioni NON sono investimenti perchè se c’è uno che acquista un’azione ci deve essere un altro che la vende: nel momento in cui vado a sommare tali transazioni, per calcolare una variabile aggregata, ottengo zero; allora le azioni, i titoli, i buoni del tesoro sono solo OPERAZIONI FINANZIARIE. Se il tasso di interesse è alto sarà alto anche per chi deve chiedere soldi, ed anche per questo si è meno invogliati ad investire. All’aumentare del tasso di interesse diminuiscono le esportazioni nette: infatti se aumenta il tasso di interesse delle attività finanziarie allora le imprese producono meno e dunque X diminuisce. Inoltre se aumenta il tasso di interesse gli stranieri vogliono acquistare titoli e azioni del paese in questione e non in altri, facendo apprezzare di più la valuta locale, con un conseguente aumento del tasso di cambio. Ciò accade perchè per effettuare transazioni serve la moneta locale, cioè aumenta la domanda di moneta locale, 14 e siccome vale la regola della domanda – offerta, aumenta il prezzo di tale moneta. Tutto ciò però porta ad un aumento dei prezzi in tale paese con un conseguente calo delle esportazioni. Però gli obiettivi della macroeconomia sono l’aumento del PIL, la riduzione degli effetti della recessione, e l’aumento delle esportazioni; perciò interessa molto capire cosa influenza l’andamento del PIL negli anni futuri. MONETA Domanda TRANSAZIONE SPECULAZIONE RICCHEZZA Offerta Banca Centrale Per moneta si intende qualsiasi cosa sia generalmente accettata come mezzo di pagamento (soldi, assegni, carta di credito, libretto di risparmio, valori bollati); esistono due tipi di moneta: la moneta legale, che deve essere per forza accettata, e quella bancaria (depositi, conti correnti, ecc.); la moneta però oltre ad essere un intermediario degli scambi, serve anche come unità di misura del valore dei beni e servizi e come mezzo di accumulazione della ricchezza. Con domanda di moneta si indica la quantità di moneta che gli operatori economici desiderano trattenere presso di se; si domanda moneta per tre motivi: - DOMANDA PER TRANSAZIONI, cioè per effettuare acquisti (di beni o di attività finanziarie); maggiore è il numero di transazioni maggiore è la quantità di moneta domandata: siccome il salario si percepisce ogni mese e le spese si fanno ogni giorno, servono soldi; - DOMANDA PER SPECULAZIONE, cioè chiedo moneta per acquistare attività finanziarie remunerative: è legato al tasso di interesse; - DOMANDA PER RICCHEZZA, cioè possedere soldi fa sentire ricchi; tale domanda avviene indipendentemente dal tasso di interesse, e fa sentire più sicuri i possessori di denaro. L’offerta di moneta è fatto dal Banco d’Italia (e fino al 1926 anche il banco di Napoli e di Sicilia); uno dei meccanismi per emettere moneta è la riduzione dei depositi: le banche commerciali infatti hanno l’ordine di non usare tutti i loro depositi, ma solo una percentuale; aumentando tale percentuale avrei un aumento di offerta. DOMANDA DI MONETA M ' f (Y ) una parte della domanda di moneta dipende dal reddito; M ' ' f ( R) M ' ' ' f ( P) M M 'M ' 'M ' ' ' M (kY hR) P Più grande è il numero di transazioni, più c’è domanda di moneta, ma ho la necessità di effettuare transazioni se aumenta il reddito (M’). M’’ dipende dal tasso di interesse: all’aumentare di R non chiedo più moneta ma preferisco acquistare titoli (operazioni finanziarie). Infine (m’’’) se i prezzi aumentano allora aumenta la domanda di moneta, a parità di prodotti acquistati: si ripercuote sia sulla domanda per transazioni che per speculazione. Y C I G X C a b(1 t )Y I e dR 15 X g mY nR M (kY hR) P In tale sistema, che descrive il funzionamento del sistema economico, vi sono delle variabili esogene(G lo decide il governo, M la banca centrale) e delle variabili endogene; P è predeterminata grazie alle previsioni. Dal punto di vista grafico, uso le prime quattro equazioni per trovare una prima relazione tra Y e R, e poi l’ultima per trovarne una seconda (sia le attività reali che quelle finanziarie hanno in comune R). R IS (investimento – risparmio): pendenza negativa Y All’aumentare del tasso di interesse R si preferisce comprare un’attività finanziaria, invece di investire; se gli investimenti diminuiscono diminuisce il reddito, di più a causa del moltiplicatore. Il tasso di interesse è inversamente legato al reddito. Ora introduciamo quello che accade sui mercati finanziari R IS LM:pendenza positiva Affinché ci sia equilibrio sul mercato delle attività reali devono variare contemporaneamente Y ed R; siccome il sistema economico ha sia mercati reali che finanziari, ho equilibrio nell’intersezione fra le due rette; LM ha pendenza: se R aumenta allora la domanda di moneta diminuisce. Se l’offerta di moneta è costante, siccome deve esserci equilibrio M M , M deve aumentare. Allora aumento le transazioni e dunque la spesa (e Y) aumenta. Altra spiegazione: aumenta R, allora le famiglie non chiedono moneta per acquistare attività finanziarie. Allora aumenta la spesa per far aumentare lo scambio monetario e dunque aumenta il reddito. o d d IS ) Y a e g [b(1 t ) m]Y (d n) R G 1 b(1 t ) m ae g 1 R Y G d n d n d n __ __ __ R A B G C Y 16 __ Se diminuisce il valore di C , il valore del coefficiente angolare aumenta e dunque la curva __ è più piatta. C diminuisce se aumenta t o m; d e n sono parametri che potrebbero variare negli anni a seconda dei comportamenti dei consumatori. LM ) k 1M R Y h h P __ con M costante e P predeterminato __ R D Y E ( P) (è direttamente correlata al reddito) Trovando il reddito di equilibrio: M d n ae g G P h Y k 1 b(1 t ) m (d n) h Se aumenta il tasso di inflazione diminuisce Y. M rappresenta la moneta nominale, mentre M/P rappresenta la moneta reale. Per far aumentare Y o faccio salire la IS (tramite un aumento di G) o faccio scendere la LM (aumentando l’offerta di moneta). Però mi devo comunque ricordare che le variabili sono correlate tra loro. Verde: vecchia IS . Blu: nuova IS fatta salire per aumentare Y Nera: vecchia LM. Viola: nuova LM fatta scendere per aumentare Y POLITICA FISCALE (intervenire su G). E’ efficace se 1) non fa aumentare il tasso di interesse consistentemente; 2) se, pur aumentando R, tale aumento non ha un forte effetto su I e X; Dunque se agisco su G(tasse e investimenti, tra cui la scuola), R aumenta, tanto quanto la IS è inclinata; ma mi sta bene o se R aumenta poco, o se I e X sono influenzati poco. Ciò si traduce nel fatto che la domanda di moneta è molto sensibile ad R (cioè se R aumenta un poco, Md lo fa molto di più); ed inoltre I e X devono essere poco sensibili ad R. POLITICA MONETARIA (intervenire su Mo). E’ efficace se 1) R diminuisce molto (all’aumentare di Mo); 2) I ed X aumentano molto. Ciò si traduce nel fatto che la domanda di moneta deve essere poco sensibile ad R ed inoltre I e X devono essere molto sensibili ad R. 17 DOMANDA AGGREGATA - BILANCIA DEI PAGAMENTI - BILANCIA COMMERCIALE - TASSO DI CAMBIO - TASSO DI INTERESSE Bilancia commerciale: misura i flussi legati al valore delle transazioni di beni tra un paese e gli altri. Bilancia dei pagamenti: misura i flussi monetari tra un paese e un altro. Se esiste un flusso che da un paese va ad un altro allora esiste anche un controflusso (valore che compensa dall’altro lato: il saldo dovrebbe essere zero). Tasso di cambio: ha importanza nella determinazione della bilancia, così come il tasso di interesse. COMMERCIO ESTERO DOMANDA AGGREGATA PIL altri paesi PIL ITALIA La bilancia commerciale e quella dei pagamenti ci servono per capire l’importanza del commercio estero per un paese. Il commercio estero influenza la domanda aggregata, che produce due effetti: - In Italia se X>0, il valore dei beni esportati è maggiore del valore dei beni importati. Gli altri paesi in tal caso fanno confluire in Italia dei soldi; il commercio estero in tal caso favorisce l’aumento del PIL - Negli altri paesi si ha il flusso contrario. Se ad esempio l’Italia ha un disavanzo della bilancia dei pagamenti, negli altri paesi vi è un flusso entrante di soldi, che favorisce gli investimenti, e dunque il PIL aumenta, tramite il moltiplicatore. Se i prezzi all’interno di un paese corrono di più rispetto agli altri paesi (inflazione più alta) e dunque tale paese perde di competitività (non conviene comprare in quel paese). Tasso di interesse: se aumenta vi sarà un flusso di denaro in Italia per comprare i titoli, dunque aumenta Md che fa salire il tasso di cambio (moneta più apprezzata) agli stranieri non conviene più comprare in Italia si avrò un disavanzo della bilancia commerciale. USA: ultimamente il tasso di interesse si è abbassato non si acquistano molti titoli in USA vi è una diminuzione di appetibilità dei mercati americani mi aspetterei una diminuzione del tasso di cambio, ma ciò non accade perché in ogni paese vengono usati i dollari; c’è ancora fiducia nei mercati americani. P con E tasso di cambio nominale. TASSO DI CAMBIO E P n ESPORTAZIONI NETTE X g mY nE P Pn legato inversamente al tasso di cambio. E (tasso di cambio nominale): è quello che si ha nelle banche. Consideriamo un indice del livello dei prezzi medio, è come se riducessimo il resto del mondo ad un solo paese. Se il tasso di cambio aumenta per l’estero non conviene più comprare merci in quel paese. 18 P E Pn R P . All’aumentare del tasso di interesse aumenta E P n P q vR E P n R aumenta e dunque vi è maggiore richiesta di denaro, allora aumenta il tasso di cambio; se poi in un paese vi è piena occupazione (nessun inoccupato), se i tassi di interesse aumentano, i soldi possono essere investiti solo in macchinari di produzione e non possono essere usati per costruire nuovi STABILIMENTI poichè mancano i lavoratori liberi: non si sviluppa la produzione. P Y a b(1 t )Y e dR G g mY nE Pn che rappresenta l’identità tra spesa aggregata e reddito, introducendo il contributo del tasso di cambio n P a e g 1 b(1 t ) m 1 R Y G E d d d Pn d 1 b(1 t ) m a e g nq 1 R Y G d nv d nv d nv 19