matematici arabi e indiani - Dipartimento di Matematica

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La matematica indiana e araba
La matematica indiana, pur avendo origini molto antiche, fiorisce
solo dopo la conquista da parte di Alessandro Magno nel 326 a.C.. Il
più antico documento che si conosca è l’opera Śulvasūtra di
Apastamba che contiene materiale di probabile provenienza greca,
come le terne pitagoriche e un tentativo di quadratura del cerchio.
I problemi di geometria traggono origine da esigenze di tipo rituale,
come la costruzione di altari aventi determinate forme e dimensioni, e
vengono risolti mediante costruzioni analoghe a quelle presentate
negli Elementi di Euclide.
Aryabhata (V-VI sec d.C.) è considerato l’inventore del sistema
numerico decimale, che giunse, molti secoli dopo, in Europa
attraverso i matematici arabi.
Brahmagupta (VI sec. d.C.) è ricordato soprattutto per aver
considerato per primo lo zero ed i numeri negativi, ma anche per
aver esteso la formula di Erone, valida per i triangoli, ai quadrilateri:
l’area di un quadrilatero di lati a,b,c,d e semiperimetro s sarebbe data
da:
A  s(s  a)( s  b)( s  c)( s  d )
Questa formula, in realtà, è corretta solo per quadrilateri ciclici, ossia
quelli che possono essere inscritti in un cerchio.
L’opera principale di Bhaskara (XII sec. d.C.), il Lilavati, è un
compendio della matematica indiana, e contiene capitoli di
astronomia, algebra e geometria. Vi compaiono le soluzioni di
equazioni algebriche, anche indeterminate, oltre al teorema di
Pitagora – nella forma della “canna di bambù spezzata”, che
troviamo anche nella matematica cinese. Il titolo è il nome della
figlia dell’autore; egli le volle dedicare il suo scritto per consolarla.
Una leggenda narra che una perla, caduta dal suo turbante in un
orologio ad acqua, bloccò quest’ultimo prima dello scoccare dell’ora,
in cui, secondo le previsioni astrologiche del padre, la ragazza avrebbe
dovuto incontrare l’uomo della sua vita.
Bhaskara fu il primo a considerare infinita una frazione avente 0 a
denominatore.
Il linguaggio matematico usato da Bhaskara, che mescola formule a
parole, è un bell’esempio di quella che, secondo la classificazione di
Nesselmann, è chiamata “algebra sincopata”.
Gli Indiani svilupparono molte tecniche di calcolo aritmetico, che
Fibonacci apprese durante i suoi viaggi commerciali in Oriente, e
portò in Europa. Ecco un esempio di moltiplicazione, che appare, tra
l’altro, nella Summa di Luca Pacioli:
728  5 = 3640
3
3
6
5
1
4
0
4
0
0
Nei tre quadrati vengono scritti i prodotti delle cifre 7, 2 e 8 per 5,
inserendo una cifra in ciascuno dei due triangoli. Quindi si sommano
le cifre in ciascuna fascia diagonale.
La civiltà araba nacque nel VII sec. d.C., quando vari popoli nomadici
si riunirono per fondare un’unica grande nazione islamica, che dalla
Penisola Araba si espanse, fino ad occupare, nell’arco di tre secoli, un
vastissimo territorio che va dall’attuale Iran alla Spagna. Il periodo di
massimo splendore culturale ed artistico va dal IX al XI secolo. A
quest’epoca risalgono le numerose traduzioni arabe delle opere
filosofiche e scientifiche dell’Antica Grecia, tra cui le edizioni
commentate degli scritti aristotelici, realizzate da Averroè. D’altra
parte gli stessi Elementi di Euclide approdarono in Europa intorno
all’anno Mille nelle versioni arabe.
Alhazen (sec. X-XI d.C.) nacque a Bassora, nell’attuale Iraq: il suo
nome è rimasto legato ad un noto problema di ottica geometrica, ma
gli spetta il merito di aver calcolato il volume del paraboloide con una
tecnica che anticipa il metodo delle serie di Newton.
Al-Biruni (sec. X-XI d.C.) trovò una risoluzione delle equazioni di
terzo grado per via trigonometrica. Fu inoltre uno studioso di
astronomia ed un compilatore di calendari. Si occupò del problema
della longitudine.
I capostipiti
Khayyam.
della
matematica
araba
sono
Al-Khuwarizmi
e
La principale differenza tra la matematica indiana e quella araba
risiede nel linguaggio: in base alla classificazione di Nesselmann, la
seconda è ancora interamente basata sull’algebra retorica.
La numerazione indo-arabica
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