FAMIGLIA: Prunoideae GENERE: Prunus SPECIE: Prunus laurocerasus SPERMATOFITA DICOTILEDONE PRUNUS LAUROCERASUS Piccolo albero o arbusto originario dell’Europa sud-orientale e dell’Asia occidentale, raggiunge 14m di altezza. Questa pianta è spesso chiamata semplicemente lauro, ma ciò può creare confusione con il vero lauro o alloro. Poiché fu importato in Italia da Trebisonda in Turchia nel 1576, viene talvolta chiamato Lauro di Trebisonda o Lauro Regio. Predilige terreni freschi ed esposizioni non troppo soleggiate. PORTAMENTO CHIOMA: solitamente ampia ed espansa con fogliame denso. CORTECCIA: grigio-bruna con lenticelle che permettono gli scambi respiratori; spesso presenta un disegno a quadri. FOGLIE: spesse,coriacee, ovali lunghe fino a 20cm; pagina superiore lucente, verde chiaro dapprima, diventa più scura con l’età.Contengono acido citrico, cianidrico. FIORI: bianco-crema e fragranti, in racemi eretti, compaiono in primavera. La pianta fiorisce soltanto quando può crescere liberamente con una buona illuminazione. I cespugli che vengono potati raramente fioriscono. FRUTTI: drupe rotonde nero-porpora, diametro che arriva fino a 2cm. USO: è molto apprezzato per il bell’aspetto e spesso viene adoperato per fare siepi o quinte. Le foglie fresche forniscono alla farmacia “l’acqua distillata di lauroceraso” contenente lo 0,1% di acido cianidrico che esercita un’azione antispasmodica. IL Lauro Originario dell’Asia settentrionale, il Laurus nobilis o l’alloro, come viene comunemente chiamato oggi, è attualmente distribuito in tutta l’Europa e nell’area mediterranea. Esistono diverse versioni del mito che riguarda l’origine del lauro. In greco lauro si dice “Daphne” e Dafne è il nome della ninfa amata dal dio Apollo. Ovidio, poeta latino, nelle “Metamorfosi” racconta che un giorno Apollo, vedendo Eros esercitarsi con l’arco e le frecce , si fosse preso gioco di lui in quanto il Dio, sorridendo, gli avesse detto di lasciare che le armi fossero usate da chi le conosceva a fondo e che, proprio grazie ai dardi, egli aveva sterminato tutti i suoi rivali. Eros, adirato, gli aveva risposto: < Apollo può colpire tutti, ma io sono in grado di colpire Apollo!>. Detto ciò, Eros trasse dalla sua faretra due saette : una d’oro e dalla punta acuminata che accendeva l’amore , l’altra, di piombo e spuntata , che lo impediva. Con la prima Eros colpì Apollo, con la seconda la bella ninfe Dafne, figlia di Peneo , fiume della Tessaglia, proprio nell’attimo in cui si incontravano. Il risultato finale di quel sortilegio fu che Dafne incominciò a fuggire per i boschi temendo di perdere la verginità, inseguita da un Apollo più innamorato che mai! Quando stava sul punto di essere afferrata dal dio, Dafne si rivolse al padre Peneo e ai fiumi supplicandoli di trasformarla in lauro. Il suo desiderio fu subito esaudito : il corpo le si coprì di una tenera corteccia, le chiome si mutarono in foglie, le braccia in rami, e i piedi, fino a quel momento veloci, si fissarono al suolo come immobili radici. Apollo, raggiuntala, poggiò la destra sul tronco dell’albero; sentì che sotto la corteccia il petto della ninfa continuava a palpitare e incominciò a stringerne appassionatamente i rami abbracciandoli. Poi, sospirando , le disse che se non poteva più essere la sua sposa, sarebbe stata la sua pianta; con le sue foglie avrebbe ornato i suoi capelli , la sua cetra e la sua faretra; infine deliberò che da quel giorno in poi i rami di alloro incoronassero gli eroi e i vincitori. Mentre parlava, la chioma dell’albero, ondeggiando dolcemente, sembrò cedere infine all’amore del dio. Il poeta latino di cui si è fatto cenno sopra, aveva rielaborato un mito greco in cui si narrava che Apollo, innamorato da tempo di Dafne, aveva provocato la morte del suo rivale Leucippo. Il dio, infatti, era venuto a sapere che Leucippo, figlio di Enomao, re di Elide, la corteggiava e aveva consigliato al giovane di travestirsi da donna in modo da poterla avvicinare senza destare sospetti. Il giovane seguì il consiglio del dio e ben presto si mescolò alle compagne della giovane ninfa che percorrevano con lei i valloni. Dafne ben presto si affezionò a quella nuova “compagna” al punto da non volersene più separare. Intanto Apollo, temendo che prima o poi Leucippo potesse dichiarare alla bella ninfa il suo amore, ispirò a Dafne e alle sue compagne il desiderio di bagnarsi in una sorgente; poiché Leucippo non voleva spogliarsi, le ninfe lo costrinsero con la forza scoprendone la vera identità. Sdegnate, le leggiadre fanciulle afferrarono le lance avventandosi su di lui per ucciderlo, ma gli dei, impietositi, lo resero invisibile. Fu allora che Apollo si precipitò per afferrare Dafne; questa, prontamente, supplicò Zeus di salvarla e ,il capo di tutti gli dei, avendo pietà di lei, la trasformò in lauro. Entrambe le versioni rimandano ad un antico culto di una divinità femminile preellenica, poi sostituita dalla divinità maschile di Apollo. In onore di Apollo si celebravano , ogni otto o nove anni ,le feste Dafneforie in vari luoghi della Grecia; a Tebe e a Delfi, poi, le stesse erano molto solenni in quanto una processione di nobili giovani, rifacendo il mitico cammino del dio dopo l’uccisione del serpente Pitone, si recava a Tempe per accompagnare il dafnefòros - il più bel fanciullo della città - al tempio di Apollo per prestarvi servizio. Durante queste feste si bruciavano rami di lauro per ipnotizzarsi sul loro crepitio e intravedere il futuro: tanto più questo era fitto, tanto più se ne traevano auspici favorevoli. L’usanza è giunta fino ai nostri giorni : in Emilia Romagna, fino alle soglie del nostro secolo, nelle campagne si traevano auspici sul futuro raccolto, bruciando foglie di alloro; se il loro crepitio era vivace il raccolto sarebbe stato abbondante. Va ricordato inoltre che accanto ai Romani - che adoperavano l’alloro quale simbolo di successo, specialmente in guerra, - anche i primi cristiani assunsero il lauro come simbolo della vittoria: sulle tombe dei martiri, nelle catacombe, essi erano soliti deporre corone di alloro, per alludere alla loro vittoria spirituale e alla vita eterna. Proprietà: In passato la foglia di alloro aveva molti usi. Si riteneva, infatti che l’odore dolce e pungente delle foglie avesse la proprietà di purificare l’aria. Le foglie di alloro erano poi prescritte contro le tossi persistenti e come lassativo. Ancora oggi le foglie del lauro, essiccate e adoperate in infuso o decotto, sono considerate stimolanti e antisettiche e aiutano la digestione, in quanto curano tensioni prodotte da fermentazioni intestinali abnormi. Dai frutti, ancora più aromatici delle foglie, si ricava un olio prodigioso in grado di curare i dolori intestinali; inoltre un suo strato sottile, cosparso sul pelame, difende gli animali dalle mosche. Ma è nella cucina che l’alloro è meglio conosciuto oggi, sia quando viene usato per insaporire le carni, sia unito al timo al prezzemolo e alle altre erbe, in un “mazzetto di odori. Una piccola curiosità: la pianta di lauro vive bene nelle città, in quanto resiste all’inquinamento e, poiché sopporta la potatura, si presta a essere mantenuto a siepe nelle forme volute.