gi a Registrazione presso il Tribunale di Pavia n. 355 del 08.02.1989. Sped. in abb. postale - Comma 20/C 2 L. 662/96 - Fil. di Pavia - IN CASO DI MANCATO RECAPITO RESTITUIRE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TASSA - REINVIARE ALL’UFFICIO PAVIA-FERROVIA 1/2006 a Infermiere P A V I A o l o t n o De e A TIC Cambio di Sede del Collegio ISSN 1722-2214 DITORIALE E 2 PAGINA Infermiere a Pavia Perché parliamo ancora di ETICA e DEONTOLOGIA ? Il problema dell’etica e del tema della responsabilità delle conoscenze e del loro uso “nell’assistenza” assume caratteri e dimensioni inedite nelle condizioni che si sviluppano con il ricorso crescente alla tecnica: La deontologia sempre più limitata degli scienziati non basta più a regolare una “tecnoscienza” che rende accessibili inaudite crescite di potere, pericoli incombenti sull’umanità. La recente espansione delle biotecnologie nelle mani dei cartelli farmaceutici o degli Stati fa tornare d’attualità la vecchia questione dell’etica scientifica Il problema della responsabilità della conoscenza e rinnovato con la crescita degli interrogativi posti in campo bioetico non è estraneo alle questioni che l’etica razionale moderna aveva affrontato già agli inizi del Novecento. In particolare, riformulando i temi del lavoro e della sua organizzazione, nell’età delle macchine e delle specializzazioni, il problema attuale della professione infermieristica (anche per l’aspetto della incidenza delle nuove competenze tecniche) va di pari passo con il valore politico-sociale da essa rivestito. Questa modalità di regolazione sociopolitica mira a distribuire elevati salari e redditi, in funzione di aumenti regolari Infermiere a Pavia della produttività. Rivista trimestrale del Collegio IP.AS.VI. di Pavia Anno XV n. 1/2006 gennaio-ffebbraio 2006 Infine ciò che fa della crescita economica un bene indiscutibile agli occhi della morale corrente é il suo essere risultato di un comportamento a sua volta morale. Risulta da ciò comprensibile, il fatto che secondo l’analisi di Max Weber, il decollo dell’economia occidentale muove dalla generalizzazione di un’etica, quella del lavoro e dello spirito imprenditoriale e non della reciproca assistenza. Ma le trasformazioni intervenute hanno alterato profondamente il significato dell’etica pubblica di fronte alla crisi del Welfare e alla globalizzazione, giacché la logica della “megamacchina” non stimola il cittadino a compiere i propri doveri, né ad esercitare i propri diritti. Il bel progetto della democrazia si trova così espropriato di ogni sostanza, a vantaggio di un’anonima “tecnocrazia di mercato”. L’anonimato diffuso scoraggia i rapporti sociali e politici delle collettività umane. Le coercizioni che pesano sull’uomo politico, come sul ricercatore, sul produttore sul consumatore, portano a rinunciare ad ogni considerazione etica. L’efficienza é l’unico valore universalmente riconosciuto da tutti coloro che circolano nella macchina È evidente quanta rilevanza assuma il tema dell’etica razionale moderna che accompagna il dibattito intorno alla relazione scienza/società, a partire dalle riflessioni di Max Weber intorno alla Scienza come professione tenuta nel 1918 e pubblicata nel Editore Collegio Infermiere professionali, Assiatenti Sanitarie, Vigilatrici d’Infanzia della Provincia di Pavia Direttore Responsabile Enrico Frisone I n d i c e Capo Redattore Giuseppe Braga Segreteria di Redazione G. Braga Comitato di Redazione O. Bonafè, G. Braga, M. Cattanei, S. Conca, S. Giudici, R. Rizzini, A.M. Tanzi Hanno collaborato C. Pagano, A.R. Rigliaco a questo numero: Impianti e stampa Gemini Grafica snc - Melegnano (MI) Direzione, Redazione, V'ia Lombroso, 3/B - 27100 Pavia Amministrazione Tel. 0382/525609, Fax 0382/528589 CCP n. 10816270 Stampata su carta patinata a basso contenuto di cloro certificata Iso 9706 I punti di vista e le opinioni espressi negli articoli sono degli autori e non rispettano necessariamente quelli dell’Editore. Manoscritti e fotografie, anche se non pubblicati, non saranno restituiti. Registrazione presso il Tribunale di Pavia n. 355 del 08.02.1989. Spediz. abb. post. art. 2, comma 20, lettera C Legge 662/96 - Fil. Pavia La rivista è inviata gratuitamente agli iscritti al Collegio IP.AS.VI. di Pavia. Finito di stampare nel mese di febbraio 2006 presso Gemini Grafica snc di S. & A. Girompini, Melegnano (MI) S p a z i o concentrato L’Etica è... tanto per incominciare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .4 La pratica dell’etica. Una lettura del Codice Deontologico . . . . . . . . .9 Discorsi sull’etica delle professioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .15 Analisi del Codice Deontologico degli iscritti agli Albi IPASVI . . . .18 I comitati etici nella pratica clinica assistenziale . . . . . . . . . . . . . . .21 Tesi discusse dai Laureti in Infermieristica . . . . . . . . . . . . . . . . . . .24 Lettera del Difensore Civico della Regione Toscana . . . . . . . . . . . .26 Aggiornamento Aggiornamento in Italia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .27 Norme editoriali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .31 Numero 1/2006 1919, all’interno di un dibattito per il quale basterà fare i nomi di Durkheim, di Sombart, di Scheler. Qui interessa soprattutto la riflessione che Weber elabora sui funzionari pubblici in relazione ai compiti dello Stato di diritto, in specie nell’opera Wirtschaft und Gesellschaft, pubblicata postuma nel 1922 Scriveva che è necessario fondarsi sul presupposto che ogni diritto sia nella sua essenza un cosmo di regole astratte....che la giurisdizione costituisca l’applicazione di queste regole al caso particolare, e che soltanto colui che può dimostrare di aver acquisito una preparazione specializzata é qualificato a far parte dell’apparato amministrativo di un gruppo sociale, ed egli soltanto può essere impiegato come funzionario. Con questo non si vuol dire che l’infermiere sia un funzionario dotato esclusivamente di potere legale, giacché ne scaturirebbe una collocazione mortificante per le qualità professionali e le competenze specifiche nonché impropria nella qualificazione esclusivamente giuridico-amministrativa, ma si vuol dire che nella crisi dello Stato socioassistenziale le caratteristiche del mandato istituzionale infermieristico forniscono la garanzia di efficacia allo stesso mandato professionale. In realtà proprio la specificità dell’assistenza trasforma e sublima in un compatto e nuovo profilo formativo le componenti diverse che confluiscono nella figura sociale dell’Infermiere, il quale non rappresenta una figura subalterna dotata di una preparazione che si limiti a rappresentare la somma di porzioni di formazione altrui (il giurista, il medico, il sociologo, lo psicologo), ma piuttosto delinea una figura alla pari con le altre. Questa caratterizzazione forte deve però fondarsi sulla piena consapevolezza culturale, da parte degli Infermieri, della propria funzione, la cui specificità é fornita dal assistenza all’uomo, che non é funzione opzionale e aggiuntiva dello Stato contemporaneo, ma la qualità stessa con cui lo Stato, trovando un sofferto equilibrio tra spinte contrapposte, si é configurato nell’età contemporanea. Il Novecento col suo tragico fardello é stato lo scenario dello scontro tra opposte tendenze ed é stato il secolo che ha scoperto la centralità del problema sociale. Discutere quindi oggi di Stato sociale non significa certo dibattere su attribuzioni più o meno significative dell’organizzazione pubblica della comunità, ma affrontare i nodi della convivenza sociale, ridefinire compiti e ruolo dello Stato che si affaccia alla soglia del terzo millennio. L’infermiere in ciascuna delle principali direzioni nelle quali ha sperimentato la sua funzione, aziendale o territoriale é dunque la figura che rende attuabili i fini sociali dello Stato, fondamentali nella affermazione dei diritti fondamentali della persona che sono alla base degli Stati costituzionali, sottolineandone pertanto il grande ruolo e l’insostituibile significato etico. La figura dell’Infermiere non può dunque che fondarsi 3 PAGINA sulla professionalità dell’intervento e deve rivendicare la natura istituzionale della propria legittimazione. L’infermiere ha specifiche conoscenze e abilità e deve godere della fiducia dell’utente per agire nei suoi interessi. La relazione con l’utente è diseguale, per il fatto che il primo ha più potere. L’assistenza infermieristica, tuttavia, come le professioni legali, la medicina, il counselling e altre ancora, ha un codice etico il quale ha lo scopo, fra l’altro, di proteggere l’utente dallo sfruttamento o dalla cattiva condotta del professionista. Ma la collocazione etica dell’esercizio professionale dell’Infermiere va inquadrata soprattutto con riferimento alla funzione pubblica assolta dall’assistenza, anche quando valorizzi l’apporto privato o del volontariato. La necessità di definire la professione di chi opera nell’assistenza impone innanzitutto di non incorrere nel rischio che si verifica quando l’identità dell’Infermiere viene definita attraverso una somma di negazioni: ciò che non è, o ciò che non deve fare, oppure attraverso prescrizioni rigide e schematiche, regole generiche che in realtà non risolvono il come, non producono un’immagine esaustiva e reale. Occorre, in questo caso, ripartire dal significato che il concetto della professione assume nel campo delle professioni con uno specifico indirizzo “sociale”. L’area semantica che scaturisce dal termine professione in senso stretto ruota invece sul seguente fondamentale elemento: il ricorso alla conoscenza per usi socialmente apprezzabili. Cosicché si può parlare di vera e propria professione là dove una certa conoscenza viene tradotta in operazioni pratiche, là dove una certa area del sapere viene applicata concretamente soddisfacendo in questo esigenze, bisogni, necessità del contesto societario L’etica professionale dell’infermiere si deve muovere quindi sulla base da un lato delle prescrizioni dei fini dell’ordinamento giuridico (ed in specie dei suoi fondamenti etici), nonché dall’altro delle competenze e conoscenze tecniche necessarie affinché siano adeguatamente conseguiti quei fini, in ragione della specifica competenza tecnica esclusiva. Il “lavoro infermieristico” da un lato si indirizza dunque ai “fini pubblici”, non più di mera beneficenza, per assicurare la tutela del diritto di salute dell’assistito (mandato istituzionale) in ossequio al principio di eguaglianza, promovendo nell’utente la responsabilità personale e la piena autonomia; dall’altro, basandosi sulle motivazioni individuali rese efficaci dalla formazione, esaltandone il valore sociale del mandato professionale. Per questi motivi abbiamo dedicato questo numero a riflessioni etiche e deontologiche della professione, che ci auguriamo possano risvegliare coscienze assopite o essere stimolanti alle più vigili. Il Presidente Enrico Frisone 4 PAGINA Infermiere a Pavia lÍeTICA Ł.. . Annamaria Tanzi * L’ETICA è … un sapere antico che si è sviluppato fin dal momento in cui l’Uomo ha iniziato a riflettere su se stesso e il mondo. Sempre più l’Etica occupa un posto di rilievo all’interno del dibattito politico, filosofico, sociale e culturale e naturalmente negli ambiti della convivenza umana e in quello sanitario. L’Etica coinvolge altre discipline affini come La Morale, La Deontologia, La Bioetica. L’Etica, la Morale, la Deontologia, la Bioetica rimandano inevitabilmente al senso di RESPONSABILITA’, una parola che evoca preoccupazione, impegno, coinvolgimento, un modo di sentire, un modo di ESSERE verso il quale siamo spontaneamente portati o verso il quale veniamo condotti. La RESPONSABILITA’ è un valore fondante della società. La RESPONSABILITA’ è un valore fondante nella sanità. La RESPONSABILITA’ è l’impegno eticomorale-deontologico dell’Uomo nudo e dell’Uomo professionista in generale; è l’impegno se si vogliono difendere autonomia, formazione, affermazione e riconoscimento di professionalità. La riflessione etica sull’attività umana assume come fondamentali punti di riferimento le norme giuridiche e i diritti umani che ne costituiscono la base, ma anche le norme morali che ispirano le scelte e le azioni di molti uomini. L’ETICA è … una parola che deriva dal greco ethos, che significa “costume”, “carattere”, “modo di essere e di comportarsi dell’Uomo”, “modo di reagire, di pensare”, Il Grande Dizionario Garzanti riferisce il lemma ETICA in primis a quella parte della filosofia che si occupa del problema morale, ossia del comportamento dell’Uomo in relazione ai mezzi, ai fini e ai moventi. Il termine è stato introdotto da Aristotele che con Socrate e Platone, affermò che l’Uomo agisce per un fine che è la felicità. Non si tratta del piacere, degli onori, della ricchezza, bensì della realizzazione della “natura ed essenza” dell’Uomo, che è quella di essere dotato di ragione. Ma con Etica si indica un modello di comportamenti che un individuo o un gruppo di individui segue nelle proprie azioni ed anche il modo di essere dell’Uomo. Con Etica Professionale invece: l’insieme dei doveri inerenti all’esercizio di una determinata professione (deontologia). Da quando esiste l’Etica? DA SEMPRE, da quando esiste l’Uomo, da quando gli esseri umani hanno cominciato ad avvertire la necessità di creare delle regole non scritte che facilitassero i rapporti tra di loro, nel rispetto del valore reciproco. L’ETICA è … una branca della filosofia in stretto rapporto con la religione e il diritto poiché essa si occupa delle norme che regolano o devono regolare i rapporti di ciascun individuo con gli altri e dei valori che ciascun individuo deve realizzare nel suo comportamento. Al contrario delle norme legali, quelle dell’etica non sono imposte da una repressione manifesta od occulta, non sono sostenute da un potere, ma tutt’alpiù da un’autorità che non può che fare appello a un sentimento di RESPONSABILITA’ nei confronti di qualcosa che va al di là dell’individuale: la società o l’umanità presa come un tutto. Si è a conoscenza di diversi tentativi di fondare le norme e i valori etici; essi possono venir riferiti al problema dell’utilità, alle esigenze di una vita sociale armoniosa, ai fini che l’Uomo è chiamato ad attuare. Non meno controversi sono il campo di applicazione di queste norme, il loro carattere assoluto o relativo, universale o limitato ad una società o ad una cultura particolare, la loro dipendenza nei confronti della storia. L’oggetto dell’etica è di difficile definizione quanto controverso persino tra le stesse correnti filosofiche che considerano l’etica ora rigidamente separata dalla moralità e ora accanto al problema del significato del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto, del vero e del falso. Classi di parole che non necessariamente debbono avere una corrispondenza biunivoca, non sono da considerarsi come valori ed esigenze assoluti ed immutabili ma, storicamente contingenti e relativi. Tale storicismo muove dalla constatazio- 5 PAGINA Numero 1/2006 ne della grande varietà e dei continui mutamenti delle norme morali e delle istituzioni giuridiche, le quali, considerate nella evoluzione del tempo e nella diversità dei luoghi, appaiono spesso discordanti o anche in contrasto fra di loro. Si può dunque stabilire ciò che per esempio è giustoingiusto solo relativamente ad una determinata situazione e secondo un certo costume. L’ETICA c’è … ed è un problema in parte antropologico in parte speculativo, dal momento che non si conosce il cominciamento assoluto della moralità tuttavia, si può risalire l’origine della riflessione etica. Il momento della transizione da una comunità preumana ad una comunità specificatamente umana è antropologicamente inaccessibile; esso fa da nucleo a molte narrazioni mitologiche, ma chi tentò di descriverlo in termini empirici fallì nel momento in cui, per spiegare la maniera in cui un’orda animale sorpassò la soglia dell’animalità, dovette dotarla di qualità specificatamente umane (vedi Il senso di colpa con Freud in Totem e Tabù 1912-13) Le regole morali fanno parte di tutte le società umane conosciute, e, ad un certo stadio, si fondono di solito con le credenze religiose. Qualunque fosse poi la causa che indusse gli uomini a rendersi conto che le regole morali ereditate attraverso la società potevano essere violate o essere messe in discussione a parole, essa produsse la consapevolezza di una differenza fondamentale tra “leggi di natura” di cui non si è in grado di liberarsi, e “leggi morali”, che si possono di fatto abolire, con atti di volontà. E allora il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, il vero e il falso sono l’espressione dei desideri, delle avversioni, dello stato emotivo dell’Uomo. La storia della cultura occidentale conosce diverse concezioni della vita e dei valori morali, alcune formulazioni sembrano essere più significative per comprendere alcuni modi di sentire del tempo presente. Compte considerato il padre della sociologia ha parlato di “etica comunitaria”, il cui principio fondamentale è il sentimento sociale, una etica che ha “l’amore per principio, l’ordine per base e il progresso per fine”. Marx ed Engels sulla morale così come su ogni prodotto del pensiero umano affermano che si tratta di una “emanazione diretta” delle condizioni materiali economiche dell’esistenza umana … Non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza. La morale ha dunque un carattere storico e pertanto sarà influenzata dal tipo di società in atto. Un’altra concezione è stata quella che crede ad un’etica fondata sull’utile. L’utile, come giustificazione e movente delle azioni umane, è considerato sia in funzione del soggetto che agisce per cui risponde al proprio vantaggio personale (che è il piacevole), sia in funzione degli altri. Questa concezione si può far risalire a Epicure per il quale l’Uomo deve vivere in funzione del piacere e della felicità; ancor prima a Aristippo di Atene che affermava che il bene è il piacere e più recentemente agli inglesi Bentham e Stuart Mill, per il primo il senso e il fine della vita è il piacere, inteso come soddisfazione sensibile e come vantaggio personale … la ricerca del proprio piacere deve avere riguardo del piacere altrui, pur rimanendo nell’ambito del proprio vantaggio. L’etica è invece per S. Mill è un’arte della vita che tende alla felicità, ma ad una felicità vissuta insieme con gli altri. Una forma particolare di relativismo in campo etico è la cosiddetta “etica della situazione” per cui il problema etico viene impostato in termini esistenzialistici, attraverso la accentuazione dei valori della libertà individuale e della situazione concreta a scapito dei principi obiettivi e universali, non più considerati come norme ultime cui la libertà deve riferirsi. Quindi il principio è che Ogni persona individuale, nella situazione concreta in cui viene a trovarsi, debba cercare dentro di sé il lume interiore che ispiri le sue scelte e le sue azioni. Il più noto rappresentante di tale concezione etica è stato J.P. Sartre. L’etica della situazione ha avuto il merito di sottolineare il ruolo della RESPONSABILITA’ INDIVIDUALE, ai fini di un comportamento veramente morale, e la importanza della categoria di situazione nella riflessione etica. Ciò che viene proposto è una morale del tutto soggettiva e non norme universalmente valide. Inoltre ogni situazione va affrontata nella sua singolarità e insieme anche nel quadro di un sistema di principi e di valori. Questa concezione si può accettare nella nostra pratica sanitaria, perché la situazione concreta non si oppone ai principi universali e quindi alla singolarità dell’Uomo e degli eventi della sua vita, l’etica della situazione individuale non toglie nulla all’etica normativa universale, ma la porta a compimento. E c’è un etica naturalistica e dell’autoaffermazione, una dottrina estremista in cui si afferma che le leggi, i codici morali imposti da una società condizionano in modo negativo il modo di pensare dei cittadini e impediscono la riscoperta di propri valori (Deschamp), … la legge proibisce un’azione, è ingannevole, è diretta all’interesse generale sacrificando tutti gli interessi individuali ( Marchese De Sade), … questi condizionamenti impongono comportamenti inautentici per cui bisogna difendersi da tale sottile forma di oppressione attraverso la critica sociale, la lotta politica o attraverso il “Grande Rifiuto” e liberare l’Immaginazione (Scuola di Francoforte: Horkheimer, Adorno, Marcuse). Un esempio di etica dell’autoaffermazione riguarda la figura in “Delitto e Castigo” di F. Dostojevskij, Raskolnikov che pretende di stabilire i propri valori morali, anche quando si tratta di commettere un assassinio. Ma anche F. Nietzsche esalta “la volontà di potenza” come caratteristica dell’Uomo Superiore o “Super-Uomo”: questi è una specie di aristocratico il cui comportamento si innalza al di sopra della moralità comune, e crea egli stesso i suoi valori. Un accenno alla concezione etica di S. Freud che ha esercitato un grande influsso nella cultura del secolo appena trascorso. E’ il suo insegnamento che assume i caratteri di una concezione etica, in quan- 6 PAGINA to identifica la “coscienza morale” con il Super-io duro, crudele, inesorabile contro l’Io; questo Super-io, erede del complesso edipico, è la fonte della nostra eticità individuale. Il Neopositivismo affrontò i problemi propriamente etici soprattutto con M. Schlick (Circolo di Vienna) secondo cui l’etica si riduce allo studio-descrizione psicologica dei vari motivi verificabili del comportamento umano. Il Neopositivismo etico considera i valori morali percepiti dalla coscienza come una descrizione e ripetizione di emozioni soggettive. Il Neopositivismo (A. J. Ayer e B. Russel) riduce la complessa esperienza morale dell’Uomo ad una pura e semplice emozione psicologica e ciò che non rientra in questa emozione viene considerato senza significato. L’etica cristiana infine, è costruita non sulla base dellaagione pura, ma sulla base della ragione illuminata e guidata dalla Rivelazione (Bibbia) e dalla Tradizione Ecclesiale. L’etica cristiana è radicata nella fede ed è perciò risposta dell’Uomo alla parola di Dio. Le norme morali cristiane riguardano tutti gli aspetti e le situazioni della esistenza umana e si propongono come una interpretazione del vero bene per l’Uomo secondo la fede e secondo la ragione. Infatti la fede non contraddice la ragione, ma la assume, la aiuta, la illumina, la conferma. La rivelazione biblica non è solo rivelazione di Dio, ma anche rivelazione dell’Uomo, delle sue miserie e insieme della sua dignità e vocazione. Rispetto alla concezione cristiana dei diritti umani, punto di partenza di ogni discorso etico, questi sono fondati ontologicamente e stabilmente nella verità-dignità della persona umana come “immagine” di Dio. E’ in questa dignità della persona che i diritti umani trovano la loro immediata sorgente. Ed è il rispetto di questa dignità che dà origine alla loro effettiva protezione. Pertanto, la persona umana, perfino quando erra, mantiene sempre una dignità insita, e mai perde la propria dignità personale. In tutta LA STORIA DELL’ETICA è assai forte la tentazione di costruire dottrine morali monistiche con le quali ci si possa facilmente liberare dei conflitti e delle ambiguità morali. L’ETICA è … un argomento difficile, a volte percepito come troppo teorico e quindi estraneo alla vita di tutti i giorni e invece dovrebbe semmai permeare ogni nostra azione. In ambito sociale e sanitario si fa molto uso di questo termine a cui si riconosce un ruolo essenziale per rendere umana la relazione tra le persone. L’etica dunque è ciò che abbraccia tutta la dimensione umana, compresa la deontologia. Infermiere a Pavia L’etica fa parte della quotidianità del lavoro di tutti gli operatori sanitari ed è facile che venga disattesa, ed è inevitabile credere che ciò sia dovuto all’IRRESPONSABILITA’che, come afferma S. Spinanti, eserciterebbe su di noi (in segreto) una profonda attrazione (soprattutto quando rivendichiamo delle responsabilità) sia come singoli sia come gruppo professionale. Spinsanti fa corrispondere ad un preciso momento storico, quello della Rivoluzione Industriale con la divisione del lavoro e la burocratizzazione della società, la nascita di una forma di irresponsabilità. Quella irresponsabilità che ama ricorrere alla formula magica “Non mi compete”. Di fronte all’irresponsabilità generalmente le persone assumono atteggiamenti ambivalenti: ne sono attirate almeno tanto quanto provoca indignazione e fondamentalmente semplifica la vita rispetto all’assunzione di RESPONSABILITA’. Per fortuna, la nostra ambivalenza personale talvolta subisce delle forti spinte collettive, che fanno pendere il piatto della bilancia dalla parte dell’impegno ad assumersi maggiore responsabilità: si pensi che all’insegna del motto “I CARE”, persone “a cui non competeva” si sono assunte la responsabilità di trasformare le condizioni sociali che permettevano il razzismo, il ruolo subordinato delle donne in una cultura maschilista, le ingiustizie “terzomondiste”, diritti civili e tanto altro ancora. Tutto l’agire sanitario rimanda alle ragioni dell’etica ed alle ragioni della responsabilità, questo significa che i professionisti della sanità (medici e infermieri) si impegnino: in primo luogo, ad acquisire le conoscenze attendibili riguardo all’efficacia provata dei trattamenti e degli interventi a tutti i livelli biologici, psicologici e sociali, alle indicazioni e controindicazioni, agli effetti collaterali; in secondo luogo è necessario SAPER COMUNICARE tali informazioni al paziente/utente, avere la volontà di comunicare, modificando così l’asimmetria di fondo che esiste tra i sanitari e le persone che a loro ricorrono per bisogni di salute. La quantità e la qualità dell’informazione fornita al paziente/utente, può modificare in modo anche impressionante, la disponibilità di quest’ultimo a sentire il bisogno di una educazione alla salute. L’epoca moderna si muove all’insegna dell’AUTONOMIA di scelta da parte del malato/cittadino e con la “mediazione” della BIOETICA per cui: • La buona medicina è quel trattamento che rispetta il malato nei suoi valori e nell’autonomia delle sue scelte. • L’ideale medico è un’autorità democraticamente condivisa. • Il buon paziente è colui che partecipa mediante il consenso informato. • Il buon rapporto diventa un contratto di prestazione d’opera tra professionista e utente. • Il buon infermiere deve essere un facilitatore della comunicazione a beneficio di un paziente autonomo. L’infermiere può fare molto sia dal punto di vista conoscitivo sia da quello emotivo. • Chi prende le decisioni sono il medico ed il malato insieme (decisione consensuale). L’obiettivo: la giusta soddisfazione degli utenti che rimanda alla RESPONSABILITA’ per i risultati e cioè, offrire servizi giusti, nel modo e nei tempi giusti, a tutti coloro che ne hanno diritto (ci siamo anche noi!). Noi professionisti della salute allora possiamo (dobbiamo)i lasciare l’ultima parola all’AMORE, ragione ultima che forse induce a essere responsabili per qualcun altro. (Tratto da una relazione del Prof. Sandro Spinanti Esperto di Etica e Bioetica presentata a Pavia nel Febbraio 2005 nel Convegno “Infermiere e Bioetica: da incontro inevitabile a scelta consapevole” già pubblicata su Vita di Collegio). L’ETICA è … appunto inevitabile nella professione infermieristica. Nell’esercizio della loro attività gli infermieri hanno sempre dovuto affrontare dei problemi morali. Nella prima metà del Novecento l’etica infermieristica comincia ad assumere un carattere scientifico poiché la si ritiene una componente essenziale della formazione. Infatti le si dedicano articoli di rivista, capitoli di libri o interi libri. Una delle fonti alle quali ci si ispira , comune all’etuica medica, è rappresentata dal giuramento di Ippocrate; inoltre si fa spesso riferimento a valori derivanti dalla religione. I testi di questo periodo sono redatti principalmente da religiosi e medici. I temi trattati sono il più delle volte i doveri della lealtà e dell’obbedienza verso il medico; alcune opere mettono in evidenza il dovere, che l’operatore ha verso se stesso, di essere più perfetto possibile nel corpo, nello spirito, nella volontà al fine di poter fornire una buona assistenza. Negli ultimi decenni l’approccio a questa tematica mira: - Da un lato per l’ETICA PROFESSIONALE, a definire i problemi morali più importanti che l’infermiere incontra nella sua attività e i principi a cui si dovrebbe ispirare per tentarne una soluzione. I principi sono contenuti nel Codice Deontologico, fonte importante per la professione infermieristica alla stessa stregua del Profilo Professionale e della Formazio- 7 PAGINA Numero 1/2006 ne, un modello di comportamento che può guidare a compiere scelte etiche nell’azione e sviluppare un vero senso di responsabilità. Si può infatti affermare che la deontologia è espressione dell’etica professionale in quanto traduce in norme le istanze morali, specialmente in relazione ai destinatari delle prestazioni e dell’attività professionale. La deontologia consiste in un insieme di regole di autodisciplina e di comportamento che valgono per i membri di una determinata professione, su deliberazione di quest’ultima. Sono dunque gli stessi professionisti a darsi le regole del proprio agire professionale. I principi sono anche presenti nel Patto Infermiere-Cittadino, patto sta ad indicare quel rapporto tra operatori sanitari e fruitori delle cure che meglio corrisponde alla cultura ed alla sensibilità del nostro tempo. Il nuovo Codice, tutta la deontologia professionale sanitaria, si confronta con altre istanze, il diritto, la morale, l’etica, la bioetica richiamando la coscienza individuale e la coscienza professionale a fondamento della responsabilità e dell’impegno del professionista. - Dall’altro per la BIOETICA, a fornire metodi e strumenti a tutti i professionisti della salute e, per certi aspetti, a ogni uomo, affinché possano formarsi un giudizio etico su questioni inerenti la vita e la sua qualità. Fra i principi morali da tenere presente nel lavoro infermieristico spicca oggi per importanza, LA CENTRALITA’ DELLA PERSONA nella presa delle decisioni che riguardano il suo benessere e che presentano una componente morale. L’odierna cultura professionale vede nell’infermiere un AGENTE MORALE, cioè una persona che fa scelte di natura etica, perché il suo agire è condizionato, ma non determinato, dalle richieste dell’assistito, dall’organizzazione del lavoro, dai comportamenti e dalle richieste degli altri operatori sanitari, dall’integrazione con essi. L’ampiezza del suo campo decisionale e delle relative responsabilità, varia a seconda dell’autonomia che gli è attribuita nelle diverse realtà: ma il principio è riconosciuto ovunque. La ragione generale per la quale l’infermiere è un agente morale sta nella natura “professionale” del suo lavoro. La formazione etico-morale costituisce la premessa indispensabile per comprendere ed aderire ad un codice di deontologia professionale con il quale un professionista della salute, qual è un infermiere, salvaguardando la dignità della persona assistita, salvaguarda la sua dignità professionale. E’ nella responsabilità etica che si matura la consapevolezza di far corrispondere l’agire nel lavoro con le esigenze più pro- fonde del nursing e del servizio sanitario. Ogni professionista dovrebbe chiedersi quale sia il suo livello di sviluppo morale e quanto intenda crescere in questo senso, sapendo che la qualità delle proprie decisioni etiche sarà diversa a seconda di quanto è andato avanti il suo processo di maturazione. L’eticità è un attributo della professionalità, se è assente anche l’attività sarà spenta e indesiderata con pesanti ricadute in termini di demotivazione e deresponsabilizzazione, disinteresse e progressivo distacco. Prendere una decisione, fare delle scelte in senso etico-morale nelle circostanze concrete che ripresentano nei servizi sanitari non è il frutto di una intuizione o dell’esperienza ma, comporta un processo, che consiste in una applicazione del metodo problem-solving. Un processo che incomincia con il riconoscimento di un problema di natura morale e il tentativo di risoluzione. Le fasi di questo processo sono: 1) IDENTIFICAZIONE DEL PROBLEMA MORALE 2) IDENTIFICAZIONE E UTILIZZO DELLE RISORSE DELLE PERSONE COINVOLTE 3) APPLICAZIONE AL CASO DEI PRINCIPI DELL’ETICA 4) DETERMINAZIONE DEGLI OBIETTIVI E SCELTA DI UNA AZIONE MIRANTE ALLA SOLUZIONE DEL PROBLEMA 5) VALUTAZIONE DEI RISULTATI OTTENUTI E DEL PROCESSO MESSO IN ATTO. La prima fase è certamente la più ardua, sarebbe auspicabile una certa flessibilità di pensiero quando si deve necessariamente categorizzare il problema. Incertezza morale, disagio morale e dilemma etico sono tre situazioni possibili su cui occorre un’attenta riflessione. Il Codice Deontologico in questo processo è da ritenere lo strumento per eccellenza senza escludere come guida a scelte etiche, la coscienza professionale e le leggi che regolano l’esercizio professionale e tutelano i diritti delle persone. Qualunque sia la scelta operata dall’infermiere deve avere i requisiti dell’utilità e della evitabilità di un danno per l’assistito. E’ importante soprattutto nella seconda fase saper prendere in considerazione la persona assistita in primis ed eventualmente familiare o altre persone significative, quali risorse attive da “utilizzare” convenientemente per la risoluzione del problema morale. Infine, la valutazione dei risultati chiede il confronto con l’équipe e/o un qualsiasi consesso organizzato ad hoc per la formazione permanente. All’agire etico di una persona contribuiscono anche l’impegno personale animato da un desiderio autentico per il conse- guimento di risultati morali; la capacità poi di rispondere in modo appropriato ed efficace a problemi di natura morale richiede lo sviluppo di: • Sensibilità Morale implica la consapevolezza di aspetti della situazione che influiscono sul benessere sociale e personale. Richiede riflessione critica, intuizione, conoscenze morali. Implica l’interpretazione dei comportamenti verbali e non verbali di una persona, l’identificazione dei suoi desideri e bisogni. E’ influenzata dalla educazione ricevuta, dalla formazione intellettuale, dall’esperienza di vita. • Ragionamento Morale rappresenta l’atto o il processo di trarre conclusioni logiche di fatti o segni; la capacità di stabilire il “che cosa fare”. Si tratta di un processo cognitivo che può essere ispirato da intuito ed emozione. • Motivazione Morale riguarda il desiderio e l’interesse autentici a conseguire buoni risultati morali. Implica un elevato senso di responsabilità morale e integrità morale. Implica coerenza tra pensiero e azione. • Carattere Morale consiste nella perseveranza, nella fermezza delle proprie convinzioni e nel coraggio che permettono di attuare un piano di azione morale. Il primo compito nell’accingersi a prendere decisioni etiche è quello di considerare il complesso dei valori posseduti sia dall’infermiere (il professionista) sia dalla persona assistita da cui sono entrambi influenzati e che condizioneranno inevitabilmente le loro azioni. Nel momento in cui alcuni valori entrano in conflitto con altri, l’infermiere deve essere in grado di rispettare quelli altrui, soppesandoli in relazione ai diritti dei pazienti e ai propri doveri professionali. L’agire nell’ambito sanitario sebbene sia obbligato ed anche garantito dalle norme legislative, non presuppone che tutto ciò che è legale sia legittimo. E’ possibile infatti, immaginare situazioni in cui un certo intervento, diagnostico/terapeutico o di ricerca, sia in accordo con le leggi esistenti, ma contrasti con il giudizio morale del professionista sanitario generando così conflitti tra medici e infermieri soprattutto, questo è un dato storico se pensiamo all’epoca del nazismo, ai manicomi e a tutt’oggi rispetto a tanti DILEMMI ETICI medicina: aborto, eutanasia, “trapianti d’organo”, sperimentazione, contenzione fisica e farmacologia, terapia elettroconvulsivante. In ambito psichiatrico restano aperte (perché poco considerate e discusse, forse anche a causa di una mentalità e opinione di massa prevalente intrise al pregiudizio culturale che rappresenta un pericolo per i diritti dell’Uomo)gravi questioni etiche e 8 PAGINA morali (veri e propri abusi a vari livelli dell’agire cosiddetto “terapeutico”) che ledono a tutt’oggi i diritti umani delle persone malate. Mettersi contro la legge comporta sanzioni, seguire la propria coscienza spesso richiede un alto prezzo, che non tutti sono disposti a pagare. Anche se tutti facessimo riferimento alle stesse regole ed agli stessi valori, esistono libertà e spazi di interpretazione relativi alla singola situazione e all’incontro di due mondi diversi, che rendono diverso l’agire quotidiano del professionista anche in situazioni apparentemente simili. Il Prof. Spinsanti nel suo testo “Bioetica e Nursing” edito McGraw – Hill in virtù di quanto appena trascritto dice che nell’assistenza la pianificazione standard serve proprio come guida per guidare i comportamenti che vanno modulati sul singolo paziente. L’etica clinica è dunque un esercizio particolare della razionalità umana. Quella che deve essere esercitata nel contesto di un sapere incerto e deve tener conto contemporaneamente della norma e delle eccezioni, dei principi e delle circostanze, di ciò che è formalmente corretto e di ciò che in una situazione concreta risulta “bene” o “male minore”. Non si conosce bene se non facendo, si tratta di elaborare le proprie analisi e giungere a conclusioni argomentate, quindi Spinsanti propone una griglia per l’analisi di situazioni cliniche che non trascuri le dimensioni essenziali. Un modello, la cui specificità è stata la preoccupazione di inserire organicamente la giustificazione etica del comportamento in un contesto più ampio, che include i vincoli legali e deontologici, il COMPORTAMENTO OBBLIGATO e il COMPORTAMENTO ECCELLENTE. La buona medicina dei nostri giorni non è più solo quella eticamente giustificabile, ma la medesima che si propone la qualità eccellente: sia la qualità valutabile dell’operatore, sia quella valutabile dal cittadino che usufruisce del servizio. Ritorna pertanto il concetto di responsabilità e tre diversi livelli di essa: il primo è quello dell’osservanza delle norme, legali, deontologiche o altro, che regolano l’operato del sanitario, definiamo il COMPORTAMENTO OBBLIGATO, non siamo nell’etica ma nella pre-etica per cui la verifica di tale comportamento sta nell’interrogativo: cosa ci può capitare agendo in un modo o nell’altro? Spesso ci si ferma a questo punto, soprattutto in quest’epoca di crescente conflittualità giudiziaria. Ma non si è nella Medicina “buona” e cioè eticamente giustificabile. Allora un altro livello di responsabilità deve essere connotato da un COMPORTAMENTO ETICAMENTE GIUSTIFICABILE: Infermiere a Pavia • La difesa del minimo morale: due principi, uno di non maleficità (evitare ciò che nuoce) e uno di giustizia (opporsi a discriminazioni e ingiustizie). • La promozione del massimo morale: principio di beneficità (orientamento al bene del paziente), principio di autonomia (coinvolgimento del paziente nelle decisioni che lo riguardano). Il terzo livello della responsabilità si riferisce al perseguimento della qualità per cui il COMPORTAMENTO ECCELLENTE ci introduce nel quadrilatero della soddisfazione: il paziente è - giustamente soddisfatto - giustamente insoddisfatto - ingiustamente soddisfatto - ingiustamente insoddisfatto Cosa è allora la buona sanità? Queste le conclusioni dell’Autore: “Medicina sicura, medicina buona, medicina eccellente: non sono tre medicine, ma una sola pratica in cui ci sia sempre il confronto con le leggi, con l’etica, con la deontologia”. L’ETICA è … un problema universale perché costitutivo di Ogni Uomo, di Ogni Momento della Vita dell’Uomo, di Ogni Angolo di Mondo e di Tempo dove c’è l’Uomo. Eppure, l’esperienza mostra a tutti che i comportamenti che le persone possono avere davanti alla stessa situazione possono essere molto diversi. Ciò è determinato dal fatto che l’etica è a sua volta costituita da diversi elementi che, se da una parte garantiscono l’oggettività e dunque l’universalità della dimensione etica, dall’altro ne salvaguardano la soggettività, e quindi la particolarità d’espressione. L’ETICA è … per finire in questa testimonianza dei valori che animarono l’attività di assistenza ai malati di Florence Nightingale, il suo giuramento etico: assistere lealmente il medico nel suo lavoro e mi dedicherò completamente al benessere di coloro che saranno affidati alle mie cure”. La Nightingale (1820-1910) è considerata la fondatrice della professione infermieristica nel senso moderno del termine; il Nursing grazie a questa autorevole esponente è stato sin dall’inizio animato e orientato da nobili valori etici. Uno stile quello della Nightingale valido ancora oggi. Bibliografia - Sandro Spinsanti, “Bioetica e Nursing”, Editore McGraw – Hill - C. Calamandrei e Laura D’Addio, “Commentario al nuovo Codice Deontologico dell’Infermiere”, Editore McGraw – Hill - C. Cortese e A. Fedrigotti, “Etica Infermieristica”, Editore Sorbona - S. Spinsanti, “Le ragioni della Bioetica”, Collana La Biblioteca di Giano, Edizioni CIDAS - Relazione su “L’Etica e la Bioetica nella formazione dell’Infermiere” di Donatella Bernardi, - Relazione su “Il Codice Deontologico, un’insostituibile guida” di Laura D’Addio - Università degli Studi di Firenze - Mosè Furlan, “Etica Professionale per Infermieri”, Editore Piccin - Carlo Calamandrei, “L’assistenza Infermieristica”, Edizioni La Nuova Italia Scientifica - Sara T. Fry e Megan-Jane Johnstone, “Etica per la Pratica Infermieristica”, Casa Editrice Ambrosiana - Antonia Peroni, “Etica e Deontologia”, Editore McGraw – Hill. “Solennemente mi impegno … di trascorrere la mia vita integra e di esercitare fedelmente la mia professione. Mi impegno di astenermi da qualsiasi pratica dannosa e malvagia, e di non somministrare coscientemente medicamenti nocivi. Mi impegno di fare quanto è in mio potere per mantenere ed elevare il livello della mia professione, di serbare il segreto su tutte le informazioni di carattere privato che mi fossero confidate e su tutti gli avvenimenti familiari di cui venissi a conoscenza durante l’esercizio della mia professione. Mi adopererò con tutte le mie forze ad L’autore * Infermiera Centro Diurno Polo Psichiatrico Torchietto A.O. Pavia 9 PAGINA Numero 1/2006 La pratica dell’etica Una lettura del Codice Deontologico Maura Cattanei * Un giorno mi stavo chiedendo in che modo il Codice Deontologico, che dal 1999 è vincolante per l’esercizio della professione infermieristica, potesse influire sulla mia vita professionale quotidiana. Mi chiesi, per prima cosa, quale fosse il significato del termine “etica” e scoprii che l’etica non è pura speculazione filosofica, ma, come veniva intesa dai primi filosofi occidentali, greci, è la messa in atto, a livello pratico, di precetti, concetti, definizioni elaborati dalla morale, dalla politica, dalla religione. L’etica, perciò, si occupa di qualsiasi comportamento umano politico, economico, morale, è distinta delle norme, in quanto si occupa delle azioni, siano esse buone o cattive, e non solo giuridicamente permesse, vietate o politicamente più adeguate, l’etica è l’enunciazione di concetti che vanno messi in pratica. I primi filosofi greci del 5° sec a.C., sofisti come Prodico, Ippia, Trasimaco, Antifone, sostennero che le virtù si possono insegnare ed elaborarono tecniche retoriche volte ad ottenere la persuasione dei loro contemporanei rispetto alla superiorità di alcuni valori. Al filosofo Ippia si fa risalire il concetto che una profonda morale vive nella vera natura dell’uomo e può contrapporsi alle leggi, espressione del potere prevalente in un periodo storico. Socrate cerca di definire la nozione di “bene” e di virtù etica, orientandosi a ciò che può essere definito “universalmente” come bene; egli pensa che il vero vantaggio coincide con il vero bene e ciò che è universalmente bene, è bene anche per l’individuo. Conoscere il bene significa amarlo e desiderare di metterlo in atto. Nel 20° sec, dopo varie elaborazioni, ed un periodo di stasi in cui non si parlava quasi più di etica normativa, si giunge alla definizione di etica come di filosofia essenzialmente pratica, definendo meta-etica le speculazioni teoriche e conoscitive. Perciò il concetto di Etica non è un insieme d’elucubrazioni filosofiche, talmente elevate da essere impraticabile; al contrario i riferimenti etici sono guide per la gestione quotidiana dei rapporti e dei comportamenti umani. A questo punto leggere il Codice Deontologico diventa indispensabile. Per chiarire meglio cosa si intende per “pratica dell’etica” consiglio di leggere il libro che Fernando Savater scrive per suo figlio; nel libro viene spiegato, in modo molto semplice, cosa è l’etica e in che modo entra nel quotidiano. Savater, afferma che la questione primaria di cui si occupa l’etica è quella della libertà: libertà di poter dire di “si” o di “no”, nonostante quanto dicano gli ordini dei superiori, le abitudini, le consuetudini, le convenienze, i capricci. Savater raccoglie l’eredità di Kant, il quale afferma che solo chi è libero può agire conformemente ai “doveri”, solo chi è libero ha la capacità di intendere i dettami morali ed agire l’autonomia di pensiero necessario anche a disattenderli, per obbedire ad una legge più alta. Pensare è fondamentale per poter scegliere, la scelta deve essere compiuta in base ad un ragionamento e per poterla effettuare in modo etico ci si deve chiedere: “perché faccio questo?” (per abitudine, perché me l’hanno ordinato, per capriccio), e inoltre: “perché obbedisco?” (per paura, per avere ricompense, perché penso che i miei capi ne sappiano più di me?) Se prima di fare scelte penso, ho l’opportunità di accorgermi se che c’è qualcosa che non va, se una voce, dentro di me, mi chiede se sia conveniente agire in un certo modo o no. Se do a me stesso la possibilità di ascoltare il mio interiore, egli può mostrarmi quello che c’è di malvagio e se agisco così, ho l’opportunità di chiedermi se ci può essere un modo migliore di procedere, anche andando al di là degli ordini ricevuti. Dall’abolizione del mansionario, nessuno più ci ordina cosa fare, come professionisti siamo passati da meri esecutori, a individui competenti, autonomi e responsabili, perciò, prima di agire, dobbiamo attentamente pensare “a cosa e a come fare”; dall’entrata in vigore della legge…. del 1994, la professione infermieristica è stata investita di responsabilità e ha assunto autonomia, slegandosi da norme rigide, perciò è diventato indispensabile elaborare ed enunciare teorie di nursing aderenti alla nostra realtà, nonché aprire la strada 10 PAGINA alla sperimentazione e alla ricerca infermieristica. La definizione di responsabilità infermieristica ha reso necessaria la revisione del Codice Deontologico; esso è la dichiarazione d’intenti della professione, l’affermazione della sua autonomia, quindi non può essere considerato una sterile dichiarazione filosofica, bensì la presentazione, la chiarificazione di cosa comporta l’esercizio della professione; esso definisce gli ambiti, le regole e i comportamenti, è un dettato normativo ed è diventato vincolante per gli infermieri nel momento in cui il concetto di “Etica Normativa” (e normante) ha ripreso forza. Il Codice Deontologico della professione infermieristica è, a mio parere, uno dei più evoluti tra quelli delle professioni sanitarie, per questo rischia di essere percepito come un insieme di norme astratte e irraggiungibili nel quotidiano; come tutte le cose umane esso è sicuramente perfettibile, ma è un’ottima base di partenza per discutere ed elaborare ciò che noi tutti dobbiamo fare ogni giorno: occuparci della persona nella sua interezza. L’art 1.3 del Codice afferma che: “La responsabilità dell’Infermiere consiste nel curare e prendersi cura della persona, nel rispetto della vita, della salute, della libertà e della dignità dell’individuo”. Chi, tra noi, può negare che queste affermazioni non siano al centro della nostra attività quotidiana? Ogni volta che mettiamo piede nei nostri posti di lavoro, è questo che ci si aspetta da noi. Cerchiamo di non dimenticare mai che “prendersi cura di una persona” significa guardarla tenendo conto di tutte le esigenze ed i bisogni che, sempre, vanno oltre la malattia e coinvolgono la vita di relazione, l’affettività, l’intelligenza, le emozioni. Nel momento in cui una persona perde il suo benessere non ha più la sua libertà e, sovente, la sua dignità, siamo noi che come professionisti dell’assistenza dobbiamo preservare la dignità e la libertà delle persone che assistiamo. Analisi del testo Il codice deontologico è costituito da sette parti: una premessa; una parte in cui vengono enunciati i principi etici della professione; una parte che raccoglie le norme generali; tre parti in cui si suggeriscono le regole per tenere corretti rapporti sia con la persona assistita, sia con i colleghi, sia con gli altri operatori sanitari, sia con le istituzioni; per ultima, abbiamo una parte con le disposizioni finali. Cerchiamo di vedere come le norme redatte si riflettono nella vita quotidiana di noi tutti. Infermiere a Pavia La premessa L’articolo 1.1 afferma che “l’infermiere è l’operatore sanitario che, in possesso del diploma abilitante e dell’iscrizione all’Albo professionale, è responsabile dell’assistenza infermieristica”. Questa definizione dà molte informazioni, ci dice che si è infermieri solo dopo aver conseguito il diploma, perciò la definizione che molti ancora danno, specie tra i cittadini, alle altre figure (O.S.S., O.T.A., A.S.A), di infermiere, in realtà non sono corrette. Solo chi ha conseguito il diploma e per questo ha potuto iscriversi all’Albo, è un’Infermiere, gli altri sono figure di supporto alla professione infermieristica. Questo concetto dovrebbe essere meglio interiorizzato ed entrare nella percezione della professione, perché è quello che ci definisce e caratterizza; senza togliere niente all’importanza delle altre figure, il comprendere chiaramente chi è l’infermiere ci può aiutare ad acquisire una maggiore consapevolezza nel nostro operare, del fatto che la responsabilità dell’assistenza infermieristica alla persona è solo nostra, con tutti gli oneri e gli onori che questo comporta, onori che non siamo in grado di prenderci perché vengono assimilati e confusi tra quelli di mille altre figure di operatori sanitari. Nell’articolo 1.2 sono definite le modalità e gli ambiti in cui l’infermiere esplica la sua professione, afferma che l’infermiere è al servizio sia del cittadino, sia della collettività e che l’assistenza infermieristica si realizza attraverso “interventi specifici”; questi interventi sono basati sulle teorizzazioni di nursing e devono essere validati dall’evi- denza scientifica, viene bandito dal lessico dell’infermiere il “si è sempre fatto così”. Questo assunto presuppone un cambiamento di mentalità che deve portare alla ricerca, al controllo dei risultati e alla formazione permanente. Per non perdere mai di vista quello che è il nostro ruolo ci si deve rendere conto che ci sono cose che possono fare solo gli infermieri, ed è importante che ognuno scopra e capisca quali sono, altre che si devono fare in collaborazione con altri, ed altre che possono essere delegate. L’ultima parte dell’articolo enuncia in che campo l’infermiere può muoversi e qui scopriamo che la nostra responsabilità travalica l’aspetto fisico e squisitamente tecnico, per sfociare nell’ambito della relazione e dell’educazione. Di questi aspetti ci si deve appropriare in modo professionale, supportandoli e approfondendoli con una formazione adeguata. Per alcuni di noi questi ambiti sono tra i più gratificanti e per tutti sviluppare le capacità di relazione può contribuire ad una maggiore integrazione e responsabilizzazione degli infermieri negli ambiti in cui possono operare. Come abbiamo già ricordato, l’art. 1.3 afferma che “La responsabilità dell’Infermiere consiste nel curare e prendersi cura della persona, nel rispetto della vita, della salute, della libertà e della dignità dell’individuo”. Questo terzo punto indica chiaramente che l’assistenza infermieristica riguarda l’essere umano nella sua interezza; l’imperativo categorico, quindi, non è solo il “non nuocere” ippocratico, ma si trasforma nel garantire che la vita e la salute siano vissute in libertà e con dignità; noi 11 PAGINA Numero 1/2006 sappiamo quanta poca dignità ci sia nel momento in cui un essere umano ha bisogno di altri per assolvere ad alcune funzioni come lo scaricarsi, il pulirsi, il muoversi o nei momenti in cui il dolore prende il sopravvento, nostro compito è accompagnare ed assistere la persona usando, sia le tecniche apprese, sia la capacità di relazione facendo sì che non si senta ridotta ad una cosa, questo è il momento in cui entra in gioco la capacità di rendere “arte” una “tecnica”. Negli articoli 1.4 e 1.5 della premessa si afferma il concetto che anche il cittadino dovrebbe conoscere il contenuto del codice deontologico; questo potrebbe significare aver la possibilità di mostrare la specificità dell’intervento infermieristico e l’identità professionale, significherebbe diffondere il concetto che la professione è sottoposta a regole e valori che hanno un peso legale e sociale e non è più lasciata alla buona volontà di chi la pratica, come poteva succedere nei secoli scorsi. Sempre in questi articoli viene affermato esplicitamente che il codice deontologico deve essere vissuto nel quotidiano. I principi etici della professione Nella seconda parte si entra nel vivo delle argomentazioni. Si parte con l’affermazione che i diritti fondamentali dell’uomo devono essere rispettati. A grandi linee i diritti dell’uomo possono essere riassunti ne: • la tutela dell’esistenza individuale (contro l’uccisione, la tortura, la mutilazione, la schiavitù, la libertà di coscienza e d’opinione, la libertà religiosa ecc); • la sicurezza nel soddisfacimento dei bisogni (salute, casa, lavoro, istruzione ecc); • l’eguaglianza (contro le discriminazioni di sesso, religione, razza, opinioni politiche ecc); • la tutela dei diritti politici (partecipazione al governo, elezioni periodiche, libere, segrete ecc). Questi diritti sono sanciti da molti ordinamenti giuridici e affermati da molte organizzazioni sovranazionali (O.N.U., Croce Rossa, Amnesty Internetional, ecc.). Muoversi nel quotidiano tenendo presenti queste enunciazioni, per l’infermiere, significa prestare attenzione alla salute fisica, psichica, morale, spirituale della persona che assiste; significa offrire attenzione anche a quello che sta intorno alla persona, al suo ambiente, alla sua famiglia, al suo contesto culturale e trattare tutti equamente “indipendentemente dall’età, dalla condizione sociale ed economica, dalle cause di malattia”. Per l’infermiere è primario tutelare la salute, ma esso lo fa rendendosi conto che essa è un bene collettivo, oltre che individuale e, forse più di altre figure, conosce l’importanza della prevenzione e della riabilitazione. Nel momento in cui la nostra società si è fatta multiculturale, le differenze hanno posto nuove sfide alla professione, spesso ci si deve confrontare con dettami etici diversi dai nostri, che possono ostacolare la cura dell’individuo. Nel caso in cui i principi etici di una cultura, o/e in ogni situazione dove secondo noi si vada contro i nostri principi, la capacità di dialogare e di capire assume la valenza di arte, ma nell’articolo 2.5 viene affermato come diritto del professionista la possibilità di dissentire, di dire:” accetto la vostra visione, diversa dalla mia, ma asserisco che questo va contro la mia coscienza”, si può esercitare il diritto di dire di no (obiezione di coscienza). Nell’articolo 2.6 viene ribadito il concetto del “non nuocere”, esso apre a numerose considerazioni che vanno valutate caso per caso. Bisogna chiedersi cosa significa “non nuocere”, se significa stabilire, anche insieme agli altri operatori, dove collocare la sottile linea di confine tra cura e accanimento terapeutico, se significa porsi sempre l’interrogativo: “quello che faccio è utile alla persona?”, ecc. In questo stesso articolo viene enunciato un altro principio fondamentale per la professione infermieristica che è quello che impone che l’opera dell’infermiere deve essere volta a ristabilire l’autonomia dell’individuo, attivandone le capacità residue in caso di disabilità o malattia cronica. Questo concetto, l’attivazione delle risorse residue, mette in gioco tutta l’abilità di educatore, di riabilitatore e di comunicatore dell’infermiere. Sappiamo tutti benissimo quanto può essere difficile convincere un paziente, a cui la malattia ha tolto alcune capacità o semplicemente energia, che può tornare ad avere una vita “normale”. Mostragli come affrontare la quotidianità con uno svantaggio significa avere l’addestramento, la sensibilità e la delicatezza di entrare nella sua vita e rendergliela di nuovo vivibile. È una grande responsabilità che mette in gioco le convinzioni, il modo di essere, la percezione della vita dell’infermiere e del paziente. L’articolo 2.7 è di particolare attualità. Recita: “l’infermiere contribuisce a rendere eque le scelte allocative, anche attraverso l’uso ottimale delle risorse. In carenza delle stesse, individua priorità sulla base di criteri condivisi dalla comunità professionale”. In parole povere significa che tra le responsabilità dell’infermiere c’è anche quella di fare in modo che i finanziamenti, i budget, le risorse finanziarie stanziate per la sanità e nella situazione lavorativa specifica in cui si opera, siano usate in modo equo, senza sprechi e senza sperequazioni. Con l’approvazione della devolution e con le finanziarie che legano le istituzioni italiane ad una visione prettamente economica dell’Unione Europea, il ruolo che impone l’etica infermieristica, di equità e di “uso ottimale” diventa una sfida titanica, combattuta ogni giorno sul campo. Non so quanto il concetto di risparmio e di ottimizzazione delle risorse venga trasmesso alle nuove generazioni di infermieri, ma, personalmente, ricordo molto bene quanta importanza rivestissero questi concetti all’epoca della mia formazione. In effetti la stessa Annalisa Silvestro, in un discorso di tre anni fa, sottolineava il fatto che se la gestione delle risorse economiche, strutturali e umane, della salute fosse lasciata agli infermieri, forse non ci sarebbero tanti sprechi. Solo chi vive ogni giorno le difficoltà che incontrano i pazienti (specie a domicilio) e i cittadini tutti, si rende conto di quante situazioni spinose si potrebbero ovviare con il buon senso, un minimo di buona volontà, una buona e capillare educazione sanitaria. Norme generali La terza parte del codice deontologico entra nello specifico della professione. Nell’ articolo 3.1 introduce e specifica il concetto dell’evidenza scientifica. In questa parte avviene la definitiva trasformazione della professione infermieristica. Dopo che è stata sottolineata la valenza umana dell’assistenza infermieristica si afferma che la nostra professione ha a che fare con la scienza, perciò dobbiamo essere in grado di dare realtà scientifica a quello che facciamo. Sono pochi gli infermieri che hanno chiaro il “come fare” e le procedure per rendere visibile, in modo scientifico, il nostro lavoro. Qui entra in gioco, in modo preponderante, la formazione. Non si può più “fare come si è sempre fatto” o fare perché “mi hanno insegnato così”, ogni azione ora deve essere basata su “conoscenze validate e aggiornate”, in modo da offrire la migliore assistenza possibile. Da questo momento la professione non può più essere “missione”, non può più essere solo “arte”, deve avere basi scientifiche verificabili e replicabili da altri. Il concetto di “nursing basato sull’evidenza” presuppone però lo scambio delle esperienze tra colleghi, ed è questo il senso dei convegni infermieristici; ma ancora, specie per noi italiani, è difficile sia entrare nella logica del fare ricerca, sia scambiare informazioni, conoscenze ed esperienze con i colleghi. Posta la base della conoscenza scientifica necessaria ad una buona professionali- 12 PAGINA tà, nell’articolo successivo si specifica che l’infermiere si assume la responsabilità del proprio operato in base alle conoscenze che gli attribuiscono una competenza. È perciò etico aggiornare la propria formazione e chiedere l’aiuto, il parere, la consulenza di colleghi esperti. Per esempio: se non si è mai effettuato il cateterismo vescicale in un uomo e viene richiesta questa procedura, è un dovere o informarsi e acquisire l’addestramento necessario per farlo come si deve, oppure chiedere ad un infermiere esperto in questa tecnica di farlo al posto nostro. Questo non deve essere visto come uno smacco, nessuno può essere esperto in ogni cosa, anche nel nostro lavoro è entrata la specializzazione, e dato che gli stessi medici chiedono la consulenza di altri specialisti, perché non possiamo farlo noi? A questo punto compare il concetto di “infermiere esperto”. L’infermiere esperto non è solo la persona che da anni pratica una certa branca dell’assistenza (che può essere la chirurgia, la medicina, ma anche la psichiatria, la geriatria ecc), ma è l’infermiere che, ad una grande esperienza, associa la preparazione teorica e la conoscenza dei casi. L’eccellenza, nel lavoro, non è perfezione (che non è di questo mondo) e non si raggiunge solo con una gran pratica, ma si ottiene attraverso il pensiero, l’intuito, il ragionamento. Chiedere aiuto ad un collega, o ad un’altra figura professionale ( fisioterapisti, dietisti ecc) a cui si riconosce competenza in un dato settore è la strada giusta per raggiungere l’eccellenza e realizzare l’integrazione tra figure sanitarie che porta ad una migliore assistenza. Negli articoli successivi viene detto a chiare lettere che è dovere dell’infermiere declinare la responsabilità nell’effettuare pratiche in cui ritenga “di non poter agire in sicurezza”, ed è “suo dovere chiedere la supervisione per pratiche nuove o sulle quali non ha esperienza, e può astenersi in caso di sperimentazioni prive di guida che possono costituire rischio per la persona”, qui è la sicurezza del malato a dover essere tutelata. L’ammettere ignoranza garantisce all’assistito la migliore assistenza possibile effettuata dal miglior infermiere disponibile. L’articolo continua affermando che è dovere dell’infermiere risolvere eventuali problemi etici che possono insorgere nella pratica quotidiana, anche qui chiedendo aiuto ma anche ragionando e cercando. In questo modo si contribuisce all’evoluzione del pensiero etico della professione. Il codice continua affermando che l’agire dell’infermiere non deve essere condizionato da associazioni, interessi di altri, imprese o organismi e che l’interesse dell’assistito deve sempre prevalere. Neppu- Infermiere a Pavia re avvalersi delle possibilità offerte da cariche pubbliche è etico, al contrario l’infermiere può prestare opera di volontariato, sempre nel rispetto delle norme giuridiche. Rapporti con la persona assistita Questo è il capitolo più ampio, ricco di diciotto punti e sottolinea la centralità del rapporto tra l’infermiere e la persona che viene assistita. Ognuno di noi dovrebbe conoscere gli articoli a memoria, perché li agiamo in ogni minuto della nostra giornata lavorativa e fanno parte anche del “Patto Cittadino Infermiere”. Vediamoli velocemente. Il primo pone l’accento sull’importanza dell’educazione sanitaria come promotrice di stili di vita sani e come cultura della salute, attribuisce all’infermiere la responsabilità di attivare e mantenere una rete di rapporti tra operatori e servizi, questo ci dice che la figura dell’infermiere può assumere un ruolo strategico, da case-manager, nella gestione dell’assistito. Il secondo articolo mette al centro la persona, afferma che chiunque deve essere ascoltato, informato e coinvolto nel piano assistenziale che lo riguarda, in modo da stabilire un rapporto di collaborazione e non più di dipendenza cieca, collaborazione che nel terzo articolo viene sollecitata anche con i familiari e le persone di riferimento dell’assistito, cooperazione che diventa indispensabile in tutte le nuove situazioni in cui l’infermiere deve a muoversi: domicilio, comunità alloggio, libera professione ecc. L’infermiere ha il dovere di essere informato sul piano terapeutico, è quanto affermato nell’articolo 4.4, informazione, che deve venire dal medico e da tutte le figure di professionisti che ruotano intorno all’assistito, solo in questo modo l’infermiere ha la possibilità di programmare un piano assistenziale adeguato. Un punto importante dell’articolo 4.5 è dove si afferma che l’infermiere deve adeguare la comunicazione alla capacità del paziente di comprendere, questo presuppone, da parte del professionista, la padronanza di doti d’ascolto, di analisi e di trasmissione adeguate. In questo punto il Codice Deontologico sollecita la piena collaborazione con la persona assistita e prende in considerazione anche la possibilità che essa NON desideri essere informata. L’articolo 4.6 ci impone il segreto professionale: tutti i dati di cui siamo a conoscenza non devono essere trasmessi, a meno che essi siano necessari e pertinenti all’assistenza, e pertinente deve essere la loro raccolta e la loro gestione. Questo enunciato ci può guidare quando dobbiamo creare una cartella infermieristica in modo da avere dati attinenti e utili. La necessità del segreto professionale viene esplicitata con forza nell’art. 4.8 con l’affermazione che l’infermiere vi si attiene non per paura dei risvolti giuridici, che la diffusione di notizie personali può avere, ma per rispettare l’assistito e la fiducia che egli ha riposto nel professionista. La necessità dell’accesso alle informazioni è di vitale importanza e qui incontriamo un punto dolente: il passaggio delle consegne, che in molti posti si fa carente, non esauriente e pericolosa, oppure la lettera di dimissione infermieristica molto apprezzata da pazienti e parenti, dove stilata, e che garantisce la continuità assistenziale a domicilio. I punti successivi sono molto interessanti perché riguardano la sicurezza e la capacità di decidere dell’assistito. Il punto 4.9 promuove la messa in atto di condizioni di sicurezza psico-fisiche sia per l’assistito che per i familiari. Il prendere in considerazione anche la famiglia è indice del cambiamento organizzativo dei servizi sanitari che si sono sempre più decentrati e territorializzati ma è anche indicativo di un cambiamento culturale che considera la persona assistita come parte di un tutto: siamo sempre più lontani dall’idea di identificare la persona con un numero o con la patologia di cui soffre. Anche il punto successivo, sulla contenzione fisica e farmacologica, rappresenta un radicale cambiamento culturale. È il prendere atto delle normative della legge 180, vecchie di vent’anni ma ancora difficili da applicare nella pratica. Il rifiuto delle metodiche di contenzione è una conquista non ancora generalizzata, ma il poter dire “no” ha aperto nuove possibilità alla relazione tra infermiere e utente. L’art. 4.11 è forse il più coraggioso perché riconosce al bambino la possibilità, subordinata alla sua età e maturità, di poter essere informato sulle scelte terapeutiche praticate sulla sua persona. Non so se questo presuppone la tesi che il bambino venga informato completamente sulla sua malattia, come avviene nei paesi anglosassoni, oppure si limita ad un’informazione generica, in questo chiederei aiuto e informazioni alle colleghe e ai colleghi che lavorano in Clinica Pediatrica. Resta il fatto che cercare la collaborazione da parte del bambino presuppone una grande sensibilità, grandi doti umane personali, un’ottima preparazione e magari il supporto di una supervisione, tecnica e psicologica. Il punto successivo è teso a soddisfare il bisogno dell’uomo dello sviluppo psicofisico e dell’espressione di sé. Per il conseguimento del benessere (che sappiamo non significa solo essere la salute), l’infer- 13 PAGINA Numero 1/2006 miere ha la possibilità di tutelare chi non è nelle condizioni, familiari o sociali, di poter conseguire il massimo sviluppo personale, ne consegue che uno dei nostri doveri è quello di favorire l’espressione e l’evoluzione del sé. Questo mandato apre molte possibilità d’intervento che portano l’infermiere oltre la pratica clinica. Nell’ottica della sicurezza l’infermiere ha il dovere di tutelare la persona anche nei casi di maltrattamento e privazione e ha il dovere d’allertare, se necessario, le autorità competenti. Gli articoli seguenti, dal 4.14 al 4.18, prendono in considerazione momenti drammatici della malattia, essi parlano dei placebo, del dolore, della morte e ribadiscono il concetto che il lavoro dell’infermiere non cessa alla morte del paziente, ma continua offrendo aiuto ai familiari nell’elaborazione del lutto. Le enunciazioni prendono posizione sull’eutanasia, sui trapianti, sulla donazione di sangue. Sono argomenti che le persone che si occupano di bioetica stanno indagando, la materia è perciò in piena evoluzione, ma come professionisti siamo tenuti a chiedere a noi stessi cosa ne pensiamo e come possiamo in ogni caso accompagnare degnamente i pazienti alla fine della loro vita. Questi argomenti sono stati indagati nel numero della rivista dedicato all’accompagnamento alla morte, abbiamo condiviso con voi i nostri pensieri e le idee che abbiamo elaborato come persone, ma ci piacerebbe conoscere e condividere l’esperienza e le elaborazioni di altri colleghi, se volete scriverci… Rapporti con i colleghi ed altri operatori Per colleghi ed altri operatori, s’intendono tutte le figure che vengono riconosciute come inserite nell’equipe di cura e assistenza; ognuna dà un apporto specifico e riconoscibile, tocca a noi far si che anche la nostra professionalità divenga riconosciuta. Il primo passo del codice Deontologico è quello di riconoscere alle altre professioni la loro specificità e cercarne la collaborazione; questa è l’occasione per porre noi stessi come professionisti portatori di un sapere indispensabile alla gestione della persona disagiata. In questa parte compare spesso il termine “competenza” e “sviluppo” ad indicare la necessità di una continua formazione, di un costante “pensare” e “valutare” le esperienze, le conoscenze, il ruolo. Qui il codice sottolinea la necessità di mantenere il decoro sia personale sia della professione; sembra anacronistico parlarne, ma sappiamo quanto sia stato difficile far uscire la figura dell’infermiere da certi clichè, il cinema e la televisione non ci aiutano molto (provate anche voi a cercare film o programmi televisivi in cui venga descritta la realtà della professione infermieristica, noi l’abbiamo fatto e i risultati sono sconfortanti), ognuno di noi si rende conto che l’impegno volto a dare alla professione infermieristica dignità, rispetto e autorevolezza, deve essere quotidiano. In questo modo potremo rendere “appetibile” la professione a giovani sensibili e intelligenti in cerca di un posto nel mondo, nonché aspirare ad avere maggiori riconoscimenti a livello di status sociale ed economico. L’articolo 5.6 ci ricorda che una delle funzioni del Collegio è quella di tutelare la dignità e di sanzionare gli abusi e i comportamenti contrari alla deontologia. Rapporti con le istituzioni Il primo articolo di questa sezione guarda al futuro, esso prospetta la possibilità che l’infermiere, a vari livelli di responsabilità, si preoccupi di “orientare le politiche, lo sviluppo del sistema sanitario al fine di garantire il rispetto dei diritti degli assistiti e l’equo utilizzo delle risorse”. Una maggiore responsabilità va di pari passo con la valorizzazione del ruolo professionale, un maggior coinvolgimento nelle decisioni politiche ed istituzionali in sanità significa il riconoscimento di un sapere precipuo che viene dalla nostra professione e che nessun’altra figura professionale è in grado di portare. La prima parte dell’articolo successivo suscita un moto di ribellione perché afferma che l’infermiere deve “compensare le carenze” del sistema e, purtroppo, sappiamo tutti, è quello che facciamo giornalmente. In ogni struttura in cui si è chiamati ad operare “l’emergenza” è la norma e direi che siamo tutti stufi di tappare le falle “nell’interesse del cittadino”, falle che, sappiamo, sono spesso generate dall’istituzione per salvaguardare se stessa. Ma si deve proseguire nella lettura e leggere che: “l’infermiere ha il dovere di opporsi alla compensazione quando vengano a mancare i caratteri di eccezionalità o venga pregiudicato il prioritario mandato professionale”, si spera che, continuando l’opposizione, si possa finalmente arrivare a lavorare con serenità, senza dover lottare contro i burocrati per ogni più piccola cosa. Gli articoli seguenti, dal 6.3 al 6.5, affermano che è diritto e dovere per l’infermiere segnalare le situazioni di rischio per l’utente, le condizioni di carenza, i disservizi, o qualsiasi frangente che possa pregiudicare sia l’assistenza alla persona sia il decoro della professione. Disposizioni finali I due articoli che compongono il capitolo delle disposizioni finali mettono in evidenza il ruolo del Collegio. Il ruolo fondamentale dell’istituzione Collegio è quello di garantire, di fronte alla collettività i professionisti inseriti nell’Albo, affermando che essi hanno la preparazione, la competenza, acquisita e mantenuta, per esercitare la professione d’infermieri, per questo il Collegio ha il diritto-dovere di sanzionare coloro che non rispettano i contenuti del Codice Deontologico. In un momento in cui “l’emergenza infermieristica” spinge molte imprese ad avvalersi di lavoratori provenienti da Paesi di tutto il mondo, l’iscrizione di un professionista al Collegio garantisce e tutela le persone che verranno da lui assistite, l’azienda che lo assume e il professionista stesso. Etica come amor proprio Fino a qui ho proposto “una” delle possibili letture che si possono effettuare del testo del codice deontologico, sarebbe bello che tutta la comunità infermieristica si interrogasse su questi principi e ne discutesse. Le pagine di questa rivista sono sempre disponibili ad ospitare il pensiero di ogni infermiere. Per concludere riprendo il titolo di un altro libro di Fernando Savater, “Etica come amor proprio”, facendo mie le dissertazioni che vi sono esposte, le riassumo cercando di trasmettere quello che è il mio pensiero. Secondo quanto afferma Savater, a differenza della politica, che è un intervento, più o meno, a lunga scadenza, la morale non può essere rimandata a “più tardi”. Ne consegue che l’etica, e le sue norme, deve essere agita nel momento presente, soppesando le proposte e le scelte che si presentano nel “qui e ora”, non per “guadagnarsi il domani, ma per dare senso all’oggi”. Per realizzare questa condizione l’uomo è costretto a capire il significato profondo del “qui-ora” e vedere dentro di sé i cambiamenti che sono necessari per vivere una nuova realtà, l’affermazione teorica che l’infermiere deve “sapere, saper fare, saper essere” trova qui piena dimostrazione. Negli ultimi decenni c’è stato un cambiamento nei costumi, nelle ideologie, le relazioni sono mutate e continuano a cambiare, questi cambiamenti hanno modificato i codici, ma esiste un divenire dell’etica che si fonda su precetti-radice. Una di queste radici è l’amor proprio, inteso come amore della Vita, propria e altrui, amore scevro da egocentrismo, ma intriso dell’amore di sé, amore che ci preserva dalla morte, fisica o spirituale, che è l’obbedienza al precetto cristico “ama il 14 PAGINA prossimo tuo come te stesso”, dove la parte più difficile è l’amare se stessi nella propria realtà. È un amore evoluto, che esiste senza la ricerca della gloria, della competizione, qualità che riguardano la parte primitiva e selvaggia dell’animo umano che erano indispensabili alla preservazione della specie, ma che sono diventate obsolete nel terzo millennio. L’impulso primitivo dell’auto-conservazione evolve nel desiderio di essere in accordo con quello che si è nelle pieghe più intime di se stessi. Questo presuppone il coraggio di indagare il nostro animo alla ricerca del nucleo fondamentale dell’Essere, per arrivare dove si trova la sorgente della vita, della gioia, della verità. La ricerca dei precetti-radice, porta, inevitabilmente, alla ricerca di ciò che è universalmente bene, porta alla percezione di ciò che si vuole essere, cambiando il “dovere” (essere/fare) con il “volere” (essere/fare). L’approfondimento di ciò che si “desidera veramente” ci porta a vedere che, ciò che è veramente bene per noi, lo è anche per ogni altra persona, a questo punto qualsiasi cosa facciamo è dominata dall’Etica. Il nostro fare e il nostro essere, è etico. Nel codice deontologico ricorre spesso la parola “autonomia” che porta dritto alla parola “responsabilità”, l’agire etico è “agi- Infermiere a Pavia re” responsabile e in un mondo dove è raro vedere persone che si assumono la responsabilità delle proprie azioni, potrebbe essere una bella prova di consapevolezza ed evoluzione il constatare, da parte dei cittadini, che tutta una categoria professionale lavora facendo dell’etica il proprio fondamento, normativo e concettuale. In un articolo del 2/01/06 Francesco Alberoni, dalle pagine del Corriere della sera, esortava alla responsabilità e affermava che: ”Il senso di responsabilità è un senso del dovere che ti spinge a occuparti del benessere delle persone che dipendono da te perché occupi una certa carica o perché hai preso con loro un impegno o semplicemente perché hanno bisogno e si affidano al tuo aiuto”. Ma se si vuole andare oltre il “dovere” e sfociare in una regione dell’essere umani dove agire eticamente è volontà che diventa piacere, si può imboccare la strada suggerita da Savater: l’amor proprio. Se è utopistico pensare di agire responsabilmente per amore del prossimo (generico, lontano, impersonale), è ragionevole pensare che si può amare se stessi abbastanza per vivere il lavoro e la vita con responsabilità. Bibliografia - F. Savater: “Etica per mio figlio”, ed. Laterza - F. Savater: “Etica come amor proprio”, ed. Laterza - Spinosa: “Etica”, ed. Utet - Rivista Scienze Infermieristiche, Roberta Sala: “Codici etici e Codici deontologici, qualche distinzione”, n° 1, pag. 26. - Francesco Alberoni: “Perché ci servono comandanti che non lascino la nave”, articolo del Corriere della sera del 2/01/2006 - Enciclopedia Treccani: “Etica” L’autore * Infermiera Poliambulatorio Azienda Ospedaliera Pavia Il collegio IPASVI di Pavia è lieto di informare che da Gennaio 2006 è attivo lo SPORTELLO DI COUNSELING gratuito, a supporto di tutti gli iscritti agli Albi professionali che ne facciano richiesta. L’attività di Counseling è effettuata previo appuntamento. Per prenotazioni telefonare al n. 3391205536 dalle ore 9.00 alle ore 18.00 Counseling per il benessere degli Infermieri Il counseling è un’attività di consulenza psicologica che ha l’obiettivo di aiutare la persona in difficoltà psicologica riguardo a un problema più o meno circoscritto, creare rafforzamento e consapevolezza. Il counselor aiuta la persona ad individuare possibili soluzioni attraverso la scelta autonoma ed autogestita di opzioni più appropriate e congrue; metodologia che risulta valida per un’effettiva ed efficace attività di prevenzione di un disagio che nel tempo potrebbe diventare più serio. Lo sportello di ascolto è indirizzato a coloro che durante l’attività professionale vanno incontro a disagio psicologico per problemi che possono essere di varia natura e che possono riguardare diversi campi: • Organizzativo • Relazionale/interpersonale (con operatori, assistiti e/o loro familiari) • Ambiti di sofferenza psicologica (Oncologia – Malattie infettive – cure Palliative – Terapie Intensive). 15 PAGINA Numero 1/2006 Discorsi sull’etica delle professioni Carmen Pagano * Anna Rita Rigliaco ** Uno dei tratti salienti del nostro tempo è una rediviva “domanda di etica”. Sembra che di fronte al venir meno delle certezze delle ideologie del passato e davanti alle sfide sempre più complesse dell’attualità, molti si rivolgano all’etica per cercare orientamento. Questo contributo, attraverso la rilettura dei lavori di Gian Paolo Prandstraller e Leonardo De Chirico vuole portare elementi storici e di riflessione sull’etica professionale, sulle prospettive ma anche sugli squilibri che possono configurarsi. LE ETICHE APPLICATE Le varie etiche applicate sono tentativi di vagliare la capacità dell’etica di venire incontro alle più svariate esigenze che emergono nei vissuti più disparati. Ad esempio, la bioetica cerca di mettere paletti nel vasto campo d’intervento umano sulla vita ed è diventata un terreno di confronto tra i i più accesi. L’etica delle professioni tenta d’individuare percorsi moralmente virtuosi nelle piaghe complesse della deontologia del lavoro. L’etica pubblica si prefigge di riflettere sui risvolti etici della politica, nel rispetto del pluralismo dei valori, ma anche nella consapevolezza che la società non esiste in un “vuoto” di valori morali. In ognuno di questi ambiti, all’etica viene chiesto di fornire indicazioni di percorso LE ETICHE DELLE PROFESSIONI Le professioni oggi si accingono a diventare vere e proprie forze sociali, e la presenza di un’etica atta a regolare i comportamenti dei membri è importante per definire la loro identità. Il lavoro professionale è in questo fine secolo quello che più conta, che più incide sui meccanismi di una società la cui produzione è fondamentalmente basata sulla conoscenza scientifico – tecnica. Il peso che assume il lavoro professionale in una tale società conferisce dunque un particolare ruolo sociale ai professionisti che lo attuano. Le etiche delle professioni appartengono al genus “etiche speciali”, ben distinto e in un certo senso contrapposto a quello che riguarda e comprende le “etiche generali”. Queste ultime sono le etiche che derivano da religioni o da ideologie; etiche che, deducendo il comportamento degli uomini da qualche principio trascendente, pretendono disciplinare tutta la vita degli individui. L’epoca ideologica, che ha coperto gran parte del XX secolo, è stata una fonte importante di queste etiche, che si sono affiancate a quelle di natura religiosa (collegabili alle grandi religioni di salvazione) di cui Max Weber si è occupato nei Saggi di sociologia della religione con cui ha tentato di collegare il comportamento economico degli uomini alle varie religioni universali. LE ETICHE SPECIALI Le etiche speciali costituiscono una risposta, offerta dall’ultima parte del XX secolo, al problema etico, come conseguenza della crisi che si è manifestata a livello di etiche generali, ormai incapaci di dare risposte ai problemi di nuovo genere che investono l’uomo contemporaneo. Le etiche delle professioni rientrano nel genus “etiche speciali”. Ma, prima di parlarne, è opportuno indicare brevemente quali altre etiche dello stesso tipo prendono corpo nella seconda parte del secolo. Va segnalata anzitutto la cosiddetta “business etichs” o “etica degli affari”, che sorge negli U.S.A. attorno agli anni ’60, per regolare le attività produttive e commerciali in merito a problemi come la responsabilità delle corporations, l’inquinamento prodotto dall’industria, la tutela del lavoro dipendente, quella dei segreti industriali, la concorrenza, la difesa dei consumatori, lo inside trading, l’incorporazione d’imprese, la speculazione di borsa, e così via: un insieme di attività che ben difficilmente avrebbero potuto essere regolate da etiche generali. L’etica degli affari si era già attestata negli anni ’70 nelle business schools e nelle università, ed è divenuta ancora più importante quando negli anni ’80 è cominciata la discussione sull’eccellenza dei prodotti: da quel momento produrre manufatti e servizi di livello superiore alla media è stato considerato prova dell’eticità dell’impresa, e gli attestati etici hanno cominciato a diffondersi soprattutto a livello di industrie internazionali. - Un’altra etica speciale è quella che riguarda la natura e l’ambiente. Questa forma ha preso corpo negli anni ’70 del nostro secolo 16 PAGINA stimolata dal Club di Roma (1972) e dalle varie iniziative che richiamavano l’attenzione sulla necessità di salvare il pianeta dalla degradazione prodotta dall’uomo. La fortuna di quest’etica è stata notevole: a trent’anni di distanza dalla sua origine, vediamo che le preoccupazioni etiche in materia di difesa della natura e dell’ambiente hanno influenza sulla legislazione di quasi tutti i paesi avanzati, arrivando ad investire l’edilizia, l’urbanistica, lo smaltimento dei rifiuti, ecc.. Anche in questo caso c’è voluta un’etica speciale per far fronte a esigenze che le etiche generali non consideravano proprie, dato che sono sorte in epoche toccate da ben altri problemi. – Un’ulteriore rivoluzione etica riguarda il campo sessuale e della vita intima. Il movimento etico che ha investito questi settori risale grosso modo agli anni ’60, in corrispondenza con la cosiddetta “sex explosion”: si è prodotta una graduale e profonda trasformazione del costume sessuale e del settore dei rapporti intimi. L’etica nuova che ha permeato questo campo si salda strettamente con la liberazione sessuale della donna, l’accettazione sociale dell’omosessualità, e in genere la creazione d’un nuovo costume nei rapporti intimi. LE ETICHE PROFESSIONALI Venendo ora alle etiche delle professioni, si deve ricordare che questo tipo di etica è collegato alle stesse origini storiche delle professioni moderne. Si riscontra invero, già nel XIX secolo, che le professioni si davano un “codice etico”, cioè un insieme di regole volte a disciplinare soprattutto i due grandi rapporti che più interessavano le cosiddette “libere professioni”, e cioè il rapporto tra professionista e cliente e il rapporto tra colleghi. Successivamente, nel nostro secolo, via via che le professioni acquistavano maggiore importanza nelle società avanzate, le etiche delle professioni hanno considerato anche il rapporto professione/società. Le etiche delle professioni, benché più antiche delle altre, hanno acquistato un particolare rilievo nella seconda parte del XX secolo. Ciò è dovuto al fatto che il mondo professionale è diventato più importante per i meccanismi operativi delle società avanzate e particolarmente per i “servizi”. Quando è emersa visibilmente la cosiddetta “società dei servizi” (durante gli anni ’70), il ruolo delle professioni è diventato più visibile. Le professioni, in altre parole, si sono rivelate un tramite insostituibile per la creazione e l’applicazione di quella conoscenza scientifico – tecnica che costituisce il principio Infermiere a Pavia 17 PAGINA Numero 1/2006 assiale della “società post – industriale”, il cui ulteriore pilastro sono appunto i servizi. Era del tutto logico che le etiche delle professioni, tipicamente etiche di servizio, acquistassero nuovo slancio in un periodo nel quale l’attività professionale non interessava più soltanto ristrette cerchie di esperti, ma reggeva e faceva sviluppare interventi di utilità generale riguardanti, per esempio, la sanità, l’istruzione, la giustizia, l’edilizia, l’urbanistica, la difesa, la tutela dei diritti, le costruzioni ecc.. Le etiche delle professioni sono plurime, nel senso che le singole professioni (o talvolta gruppi di professioni) sentono il bisogno di darsi un codice etico. Si ha così l’etica dei medici, degli avvocati, degli ingegneri, dei docenti universitari, dei genetisti, dei commercialisti, degli infermieri ecc ….. LE PROSPETTIVE ETICHE La scommessa della riflessione etica è di tenere presente il più possibile i poli di riferimento (norme, situazioni, soggetti) e di collegarli continuamente. Questo circolo virtuoso fa sì che la riflessione etica non si cristallizzi su uno o due poli a prescindere dall’altro o dagli altri, ma faccia l’esercizio di cercare rimandi, integrazioni e collegamenti tra le prospettive. L’uno e il molteplice vengono riconosciuti entrambi come originari e in una relazione di feconda reciprocità. In veste geometrica, l’etica delle prospettive può essere raffigurata mediante un triangolo equilatero al cui interno si produce un esercizio circolare di collegamento tra le norme, le situazioni e i soggetti. Nell’impostazione triangolare dell’etica, non c’è punto di partenza privilegiato, ma ognuno dei tre vertici può costruire l’inizio della riflessione. I punti d’ingresso nella riflessione etica possono essere diversi e non devono procedere secondo un ordine prestabilito. Di fronte a una questione etica, non necessariamente bisogna partire dalla norma, per poi approfondire la situazione e, infine, porsi dalla parte del soggetto. Possiamo partire da tutti e tre perchè le prospettive si richiamano a vicenda. L’importanza non è tanto l’ordine delle prospettive quanto la loro feconda interazione. Di fatto, ciascuna prospettiva implica le altre. GLI SQUILIBRI Il normativismo Il normativismo si realizza quando si compiono tre condizioni: (i) l’etica viene ridotta al discernimento delle norme morali; (ii) la situazione etica viene letta attraverso le sole lenti della norma;(iii) i soggetti vengono considerati dei meri esecutori di una norma prestabilita. In altre parole, le norme vengono assolutizzate, le situazioni vengono ignorate e i soggetti sono deresponsabilizzati. Il triangolo viene così schiacciato. Questo tipo di distorsione è potenzialmente presente in tutte le etiche a forte impronta deontologica. Il comportamento umano, secondo l’etica deontologica, deve adeguarsi a dei doveri che stanno prima del soggetto e fuori dalle situazioni. La norma morale che dà sostanza al dovere deve essere semplicemente applicata, mentre il discernimento della situazione e la responsabilità dei soggetti rivestono una valenza secondaria. L’etica deontologica è un’etica tendenzialmente squilibrata in senso normativista. Ciò non riguarda solo le etiche deontologiche laiche (si pensi ad esempio all’etica Kantiana), ma anche le etiche esplicitamente religiose che spesso riducono il discorso morale all’ubbidienza alle norme, pensando così di aver concluso la loro funzione critica e di accompagnamento. Il situazionismo Il situazionismo si verifica quando: (i) la variabilità dei contesti è assunta come punto dominante; (ii) la possibilità di individuare norme vincolanti è considerata con molto scetticismo e semmai riconosciuta solo per norme “discorsive”; (iii) la reale autonomia morale di soggetti viene subordinata alle circostanze entro cui si trovano ad agire. E’la diversità delle situazioni a stabilire cos’è eticamente permesso, lecito, buono. Qui è la situazione che schiaccia il triangolo. Oltre all’etica propriamente situazionista che postula la necessità di un adeguamento costante del comportamento etico al modificarsi delle situazioni, anche una teoria etica come l’utilitarismo presenta forti venature situazioniste. Per l’utililitarismo, infatti, il bene morale è costituito dall’utilità per il maggiore numero di soggetti. In quest’ottica, sono le stesse situazioni a diventare normative e ad ingessare la circolarità del discernimento morale. Il soggettivismo Il soggettivismo è quella teoria etica secondo la quale: (i) non esistono norme di riferimento universali se non quelle liberamente scelte dall’individuo; (ii) benchè da tenere in considerazione, le situazioni sono sussunte nelle decisioni autonome dei soggetti; (iii) l’autonomia morale degli agenti viene massimizzata in senso autoreferenziale ed elevata a criterio preponderante. Nell’ambito del soggettivismo etico, una teoria morale molto influente è l’etica libertaria che postula l’esistenza di un soggetto individuale il quale agisce secondo il proprio interesse e nella misura in cui egli è in grado di rappresentarselo e di promuoverlo. Il soggetto si proclama norma di se stesso nella ricerca di dominio sulle situazioni reali. Un altro esempio di etica tendenzialmente soggettivista è l’etica delle virtù della tradizione aristotelica, secondo la quale ciò che importa nel discorso dell’etica non è tanto la norma o le situazioni, quanto il carattere delle persone. E’la virtù, l’attitudine, l’atteggiamento delle persone a dominare la riflessione, appiattendo gli altri elementi. Il soggettivismo fa sì che alla moltiplicazione dei soggetti corrisponda la moltiplicazione delle etiche. L’etica delle prospettive alla prova Molte teorie etiche soffrono di riduttivismo perchè agiscono secondo un paradigma che polarizza l’uno e il molteplice invece di integrarli in modo armonico. Al di là di molte considerazioni possibili su questo stato di cose, è necessario chiedersi se la difficoltà a coniugare l’uno e i molti non derivi dalla scarsa dimestichezza con un tipo di pensiero trinitario. Un’etica che accompagni l’esplorazione della realtà, senza prevaricare il limite creaturale e la finitudine di ogni intrapresa umana. Un’etica che sappia valorizzare le norme morali, che sappia interagire con le situazioni sempre nuove e che sappia far leva sulle responsabilità dei soggetti coinvolti. Un’etica che non appiattisca la realtà, ma che aiuti ad abitarne la complessità e la problematicità. Eppure, questo programma deve essere testato per verificarne la sostenibilità e l’efficacia. Un conto è sbandierare qualcosa, un altro è mostrarlo. Occorre investire nella scommessa dell’etica delle prospettive per scardinare gli assetti consolidati di teorie etiche deficitarie. Mettere costantemente in circolo le norme, le situazionie i soggetti necessita di un’elasticità che i tentativi di riduzione, invece, fuggono. Chissà se un contributo alla discussione etica (tanto vivace quanto asfittica) non venga proprio dalla presa sul serio della pratica dell’uno e del molteplice. L’autore * Coordinatrice infermieristica U.O. Polispecialistica Istituto di Cura Città di Pavia ** Coordinatrice infermieristica SITRA - IRCCS San Matteo Pavia 18 PAGINA Infermiere a Pavia Analisi del Codice Deontologico degli iscritti agli Albi IPASVI Giuseppe Braga * Come già segnalato nello scorso numero, precisamente sull’inserto staccabile del nostro Codice Deontologico, la rilevanza normativa del Codice Deontologico, nonostante non sia pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, assurge a valore di Legge in quanto citato quale riferimento all’interno di due Leggi dello Stato, specificamente nell’art. 1 comma 2 della Legge 26 febbraio 1999, n. 42 “Disposizioni in materia di Professioni Sanitarie” e nell’art. 1 comma 1 della Legge 251, 10 agosto 2000 “Disciplina delle Professioni Sanitarie”. Ma con questo breve articolo non vorrei rimarcare l’importanza normativa del Codice Deontologico, ma vorrei cercare di fare una, seppur breve e certamente incompleta, analisi dell’articolato per proporre a tutti Voi una chiave di lettura e insieme a Voi e alle Vostre proposte che vorrete inviare alla Redazione, inoltrarle alla Federazione per una futura revisione del Codice stesso. Può apparire indelicato, ma le prime due osservazioni sono di carattere negativo, la prima più che una osservazione diretta è una domanda che mi sento di rivolgere alla Federazione, una domanda che pur nella sua banalità racchiude le istanze di molti Colleghi, il Collegio infatti è costituito da tre diverse figure professionali, con una radice storica comune che non deve essere certamente dimenticata, ma che non può e non deve alterare l’importanza del Codice, sappiamo tutti che le tre professioni rappresentate dai Collegi sono: l’Infermiere, l’Infermiere Pediatrico e l’Assistente Sanitario: perché nel Codice Deontologico viene esclusivamente citato l’Infermiere? In secondo luogo il Patto Infermiere-Cittadino, ottima iniziativa del 1996 in occasione del 12 maggio, ripreso giustamente quale cappello introduttivo del Codice Deontologico, nonostante le spiegazioni della Federazione però, personalmente non piace assolutamente la scelta del “tu” nelle dichiarazioni d’intenti. Non contesto la scelta, ma non la condivido, secondo me è populista la scelta del dare del “tu” quando il primo segno di rispetto nei confronti di chiunque è il dare del “lei” e solo se l’altro ce lo consente, quindi nel rispet- to dei tempi dell’altro e della cultura, del modo di essere, del modo di agire e rapportarsi, il dare del “tu” deve essere una conquista di fiducia dell’altro nei nostri confronti. L’articolato vero e proprio del Codice Deontologico è suddiviso in 7 aree. La prima è la premessa e, giustamente, il punto 1.1 è la copia dell’articolo 1 del Profilo Professionale (D.M. 739/94). D.M. 739/94 1. È individuata la figura professionale dell’infermiere con il seguente profilo: l’infermiere è l’operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e dell’iscrizione all’albo professionale è responsabile dell’assistenza generale infermieristica. Codice Deontologico 1.1 L’Infermiere è l’operatore sanitario che, in possesso del diploma abilitante e dell’iscrizione all’Albo professionale, è responsabile dell’assistenza infermieristica. I successivi 1.2 e 1.3 rimarcano l’ambito di responsabilità dell’Infermiere. Definirei più che azzeccata la scelta nel punto 1.4. di definire il Codice “… uno strumento che informa il cittadino sui comportamenti che può attendersi dall’Infermiere”. Si comprendono gli sforzi profusi dal Collegio, anzi dai Collegi, e dalla Federazione di darne la più ampia diffusione possibile specie tra la cittadinanza in tutte le possibili occasioni. L’ultimo punto della premessa tocca certamente una nota dolente per molti colleghi perché in maniera molto sottile e delicata mette in risalto il problema della rappresentatività professionale. È una scelta difficile, ma affrontata nell’ottica di una richiesta di dialogo tra gli Iscritti e l’istituzione collegiale. Molti sono gli ambiti di divergenza tra gli Iscritti e il Collegio, ma a mio avviso la maggioranza di essi si fondano sulla non conoscenza delle reali competenze dell’Istituzione e sui diritti/doveri degli iscritti. È da ammirare tale scelta se rapportata alle modalità con cui un’altra professione, l’Ostetrica, ha voluto affrontare il problema nel loro Codice Deontologico, infatti a tale riguardo esse dichiarano 19 PAGINA Numero 1/2006 proprio in chiusura del loro Codice, all’articolo 5 comma 7: “Costituisce grave mancanza deontologica l’ingiusta o immotivata denigrazione da parte dell’iscritta degli organi collegiali democraticamente eletti.” Il secondo ambito trattato dal Codice è connesso ai principi etici della professione tenendo come riferimenti fondamentali la Dichiarazione dei Diritti dell’uomo dell’ONU (2.1) e la Costituzione italiana (2.2), due basi forti e fondamentali nel riconoscimento dei diritti dell’Uomo inteso come individuo unico ed irripetibile che ha eguali diritti indipendentemente dalle condizioni personali in cui si trovi (2.3; 2.4). Non dimenticando anche il diritto del professionista ad esercitare l’obiezione di coscienza (2.5). Il punto 2.6, pur richiamando il Giuramento di Ippocrate (primum non nocere), rinforza uno dei cardini dell’assistenza infermieristica, cioè la necessità di orientare l’attività assistenziale verso la maggior autonomia dell’assistito. L’ultimo comma del secondo articolo è stato scritto in un’ottica certamente futuristica se pensiamo che il Codice Deontologico è stato promulgato nel febbraio 1999 (e quindi pensato ed elaborato nel corso degli anni precedenti), esso infatti si riferisce a scenari futuri, che molto, troppo lentamente purtroppo si stanno avverando nelle varie aziende pubbliche e che non vedono la luce nelle strutture private a causa di normative ancora non vincolanti. Qui è doveroso per tutti noi cercare di fare in modo che la dirigenza infermieristica non sia solo una targa da apporre sulla porta d’ingresso del responsabile del SITRA (come viene chiamato in Lombardia l’Ufficio Infermieristico), ma diventi un reale punto di riferimento sia per l’Azienda che, e soprattutto, per noi stessi. Il riconoscimento dell’importanza di figure apicali nell’abito di una professione è un passo necessario e fondamentale affinché le altre figure apicali fino al vertice, e di riflesso la cittadinanza, riconosca l’importanza della figura infermieristica. Questo riconoscimento DEVE necessariamente essere manifestato innanzitutto dai professionisti cui si fa riferimento, se invece sono gli stessi professionisti a “remare contro”, l’immagine di tutta la professione ne risentirà grandemente. Si può, anzi si deve, ove ve ne siano motivi fondati, criticare il dirigente, ciò che non si deve mai essere fatto è criticare il ruolo che esso deve avere nelle politiche aziendali; quanti dipendenti criticano il Direttore Generale? Ma quanti contestano la necessità che vi sia un Direttore Generale in Azienda? Quanti criticano un rappresentante sindacale, oppure un capo di partito o semplicemente l’allenatore di una squadra, ma nessuno vorrebbe eliminati i sindacati o i partiti o l’allenatore di una squadra. E il concetto è lo stesso per la nostra professione! Per cui ben vengano le critiche costruttive, un dialogo aperto, uno scambio di opinioni professionalizzanti con un dirigente infermieristico, ma non contestatene l’importanza. Il terzo ambito affrontato dal Codice raggruppa delle “Norme Generali” di comportamento. I primi tre punti raggruppano conoscenze, competenze e responsabilità e le armonizzano con delle declaratorie veramente azzeccate. Ancor prima dell’obbligo ECM, viene riconosciuta la fondamentale importanza dell’aggiornamento professionale attraverso la formazione permanente, l’utilizzo della pratica basata sull’evidenza scientifica, stimola alla ricerca e alla partecipazione attiva alla formazione professionale (3.1). La necessità dell’aggiornamento continuo fa sì che ognuno di noi sappia riconoscere i propri limiti e riconosca le maggiori competenze di altri colleghi (3.2). Questo punto è certamente una nota dolente anche perché l’organizzazione aziendale difficilmente riconosce la possibilità di consulenze infermieristica, anche semplicemente intra-aziendale: perché il medico può chiedere la consulenza di un collega specialista (il quale tra l’altro viene remunerato per l’attività di consulenza) e il personale infermieristico non può? Non sappiamo certamente fare tutto e soprattutto fare tutto bene e nell’ottica delle ultime evidenza scientifiche! Se lavoro da 10 anni in un reparto medico, come posso ricordarmi la gestione di una trachestomia o di una ilestomia, se invece tratto giornalmente con pazienti diabetici quanto potrei essere utile come consulente in un’altra unità operativa che magari vede un utente con tale problematica una volta all’anno. Quanti utenti troverebbero giovamento anche dalle consulenze infermieristiche. E se dopo anni di lavoro in un reparto mi spostano in un altro totalmente diverso, devo pretendere per il bene dell’utenza di essere affiancato per il periodo necessario affinché la mia professionalità raggiunga degli standard di sicurezza per l’utenza che mi trovo ad assistere (3.3). Il punto 3.4 ci ricorda in maniera velata che in ogni azienda è presente un Comitato Etico al quale dobbiamo rivolgerci in caso di dilemmi etici nell’affrontare delle problematiche specifiche, quanti di noi sanno della presenza di Comitati Etici oppure quanti di noi conoscono il nominativo infermieristico all’interno del Comitato Etico della nostra azienda? Devo dire che il punto 3.5 è una medaglia con due facciate molto strane e diverse, che poco si sposano tra loro. Nella pri- ma parte, facendo riferimento al Codice Penale e al Codice Civile, ricorda a tutti che il nostro agire non deve essere condizionato da pressioni esterne o da interessi privati. Nella seconda parte, invece, fa uno scivolone su un argomento certamente ostico, e che poteva essere trattato in maniera diversa, infatti viene fatto un sottile riferimento alla concorrenza sleale, purtroppo però prendendo come metro di paragone il volontariato. Secondo me è pregevole qualsiasi attività di volontariato, tanto più quando un professionista mette a disposizione di tutti le proprie competenze, per cui limitarne la possibilità ad eventi occasionali appare veramente fuori luogo, mentre sarebbe stato certamente più incisivo affrontare l’argomento per come si manifesta nella realtà quotidiana, condannando con maggiore severità le attività che indeboliscono i colleghi Libero Professionisti, ledendo di conseguenza anche l’immagine professionale, nonché condannando le attività di lavoro nero di cui si è recentemente avuto modo di leggere proprio in Lombardia. La necessità di mettersi a disposizione in caso di emergenza e/o di calamità naturali, è una condizione imprescindibile di ogni professionista sanitario (3.6). Ecco giunti al centro del nostro itinerario, al titolo 4. Rapporti con la persona assistita. Provate a leggere d’un fiato questo articolato, ne coglierete immediatamente la bellezza, la profondità, l’empatia con cui è stato scritto, potreste trovare anche delle incongruenze o comunque delle situazioni in parte non condivisibili, e su queste voglio soffermarmi. Ad esempio il punto 4.4 (“L’infermiere ha il dovere di essere informato sul progetto diagnostico terapeutico, per le influenze che questo ha sul piano di assistenza e la relazione con la persona.”) può apparire paradossale se estrapolato da alcuni contesti operativi, ma non è a quei contesti ancora retrogradi, dove il professionista non viene riconosciuto e non si fa riconoscere come tale, che bisogna tendere, anzi proprio verso quelle “sacche” di inefficienza/inefficacia e, permettetemi il termine, di ignoranza la comunità professionale deve rivolgere maggiormente la propria attenzione ed è il singolo professionista che deve stringere alleanze, innanzitutto con i Colleghi, per essere il promotore di un cambiamento, e allora questo punto lo preferirei modificato in: “L’Infermiere ha il dovere di informarsi sul progetto diagnostico terapeutico, per le influenze che questo ha sul piano di assistenza e la relazione con la persona, e ha il dovere di informare tutto il personale sanitario in merito alla pianificazione assisten- 20 PAGINA ziale impostata”. Nel punto 4.18 viene compiuto il più brutto scivolone di questo Codice, come è possibile dimenticare ciò che solo poche righe prima era stato espresso in modo molto chiaro per poi sentenziare: “L’infermiere considera la donazione di sangue, tessuti ed organi un’espressione di solidarietà. Si adopera per favorire informazione e sostegno alle persone coinvolte nel donare e nel ricevere.” e il riconoscimento della libertà di religione (cfr. 2.4) non può e non deve essere solo a senso unico e cioè rivolta solo all’utente, ma deve necessariamente essere rivolta anche al Professionista! È vero che nel punto 2.5 viene riconosciuta la possibilità dell’obiezione di coscienza, ma l’utilizzo di questa possibilità, in alcuni casi, mi sempre una troppo semplice via di fuga, anzi la stesura di questo punto appare una via di fuga da parte della Professione che non sa o non vuole riconoscere che nell’ambito delle religioni vi siano differenti vedute … e questa mi sembra proprio una madornale manifestazione di cecità intellettuale. Come non sapere che alcune religioni considerano “immorale” anche la semplice trasfusione di sangue considerata un trapianto di organo? Come si può imporre ad un professionista che appartiene ad una determinata corrente religiosa di considerare la donazione una espressione di solidarietà? Non ci siamo! Questo punto dovrà necessariamente essere modificato per consentire a tutti la possibilità di non appellarsi all’obiezione di coscienza verso il proprio Codice Deontologico. La quinta area affronta le modalità di rapporti con i colleghi e gli altri operatori, forse la precocità del Codice non ha permesso una presa di posizione forte che invitasse i Professionisti a instaurare rapporti paritetici con tutte le altre professioni sanitarie e che, di conseguenza, invitasse tutti a “non abbassare la testa” di fronte alle altre professioni rinforzando così l’immagine professionale in ognuno di noi. Importante segnalare il punto 5.6, molti colleghi si lamentano infatti che il Collegio non faccia nulla per richiamare i professionisti che operano con leggerezza o che sono sgarbati con l’utente o che effettuano prestazioni non di competenza. Il Collegio tra i vari adempimenti e possibilità ha anche il dovere di effettuare richiami o impartire sanzioni disciplinari ai proprio iscritti, ma essendo un organismo pubblico non può attivare nessuna procedura se non dietro presentazione di segnalazioni scritte, non si tratta di “fare la spia”, ma di tutelare il decoro di tutta la Professione, e allora ben vengano le segnalazioni che possano consentire al Collegio di effettuare una significativa sorveglianza sull’agire Infermiere a Pavia professionale dei propri iscritti, il tutto nell’ottica in primo luogo della tutela della salute del cittadino e del decoro dell’immagine professionale di riflesso. La sesta area, molto delicata e molto risentita da tutti, analizza i rapporti con le istituzioni. Il punto 6.1 ripercorre quanto già detto in riferimento al punto 2.7. Incisivo, ma per certi versi non compreso da tutti, il punto 6.2, infatti purtroppo ad una lettura poco attenta, molti si sono indignati e non hanno completato la lettura completa del punto, se può far discutere “L’infermiere compensa le carenze della struttura attraverso un comportamento ispirato alla cooperazione, nell’interesse dei cittadini e dell’istituzione.” e ha fatto arrabbiare molti che si sono sentiti “obbligati” a non opporsi a turnazioni massacranti, a straordinari preordinati, a compensazioni al limite dell’umana sopportazione, è la seconda parte che da una piena giustificazione alla parte precedente: “L’infermiere ha il dovere di opporsi alla compensazione quando vengano a mancare i caratteri di eccezionalità o venga pregiudicato il prioritario mandato professionale.” Anche i successivi punti ci vengono a conforto per cui non possiamo più tirarci indietro: abbiamo l’obbligo morale, supportati dal Codice, di opporci a modalità organizzati- ve che non consentano la possibilità di agire in maniera professionalmente corretta ed efficace. È giunta l’ora di effettuare segnalazioni, documentate e supportate dalla vostra “indignazione” anche al Collegio che, pur avendo pochi “spazi di manovra” non mancherà di contattare le istituzioni pubbliche e private per giungere insieme a soluzioni che garantiscano la Professione e la cittadinanza tutta. Le due disposizioni finali ci rimarcano l’importanza dell’osservanza del Codice (7.1) nonché ci ricordano che il primo obiettivo che ha portato all’istituzione dei Collegi (7.2) è garanzia della cittadinanza infatti “I Collegi IPASVI si rendono garanti, nei confronti della persona e della collettività, della qualificazione dei singoli professionisti e della competenza acquisita e mantenuta.” Come avete visto, pur apprezzando molto il nostro Codice Deontologico, alcuni punti potrebbero essere migliorati … con il vostro aiuto e le vostre segnalazioni. Prendete in mano carta e penna e scriveteci! L’autore * Infermiere Abilitato a Funzioni Direttive - Caporedattore 21 PAGINA Numero 1/2006 I comitati etici nella pratica clinica assistenziale Silvia Giudici * In memoria del dott. Giancarlo Bertolotti La bioetica, come altre discipline recenti, si è progressivamente stabilizzata come pratica e come attività di ricerca entro organismi e strutture ad essa dedicate. Tale processo di istituzionalizzazione è avvenuto attraverso la diffusione di tre regole principali: le commissioni governative, i centri di bioetica e i comitati di etica. Essi hanno rappresentato i luoghi nei quali la bioetica si è data forma, si è costituita come disciplina, ha messo in atto un confronto interdisciplinare per poter meglio affrontare le questioni in discussione e ha dialogato con altri ambiti, già costituiti, quali il diritto, la politica e alcune istituzioni, che rappresentano le ulteriori istanze cui fare riferimento per poter definire delle linee di condotta, delle regole generali o delle norme giuridiche rispetto alle diverse situazioni trattate. Gli Stati Uniti rappresentano il primo luogo in cui vennero costituiti i comitati etici, nelle diverse forme con cui oggi li si conosce e li si caratterizza. Fu a seguito della scoperta, nel corso degli anni Sessanta e Settanta, di tre casi di sperimentazione, condotti senza garantire ai soggetti in essi coinvolti una forma di tutela anche minima, che l’attenzione pubblica e politica statunitense venne sollecitata a farsi carico del problema e a proporre misure consone ad affrontare la situazione. Si scoprì ad esempio che, negli anni precedenti il 1964, presso un ospedale newyorkese, erano state iniettate cellule cancerogene vive in alcuni pazienti anziani o gravemente ammalati, a loro insaputa. Tra il 1950 e il 1970 in una scuola di Staten Island, che accoglieva bambini con gravi forme di ritardo, vennero effettuati degli studi sull’epatite virale iniettando l’infezione a circa ottocento individui, proprio per osservare il decorso della malattia. Nel 1972, infine, venne alla luce il cosiddetto studio Tuskegee, una ricerca sulla sifilide eseguita a partire dagli anni Trenta su circa quattrocento persone afroamericane della cittadina di Alabama, alle quali venne provocata la malattia, con l’unico intento di studiare quali effetti essa potesse avere in mancanza di cure specifiche, nonostante esistesse già la penicillina. Tutti e tre gli studi erano stati giustificati e intrapresi dichiarandone l’elevato interesse scientifico e considerando che i risultati in essi ottenuti sarebbero andati a vantaggio della società e dell’intera umanità. A seguito di tali scoperte l’istanza governativa preposta alla programmazione e ai controlli sanitari, il National Istitute of Health (NIH), nel 1966 definì alcune norme per regolamentare la sperimentazione e suggerì, per favorire tale scopo, di effettuare una revisione etica dei protocolli di ricerca. Ebbe origine un movimento che diffuse nel giro di alcuni anni la pratica di istituire comitati di etica della ricerca e di etica clinica. Venne inoltre individuata come necessaria la raccolta del consenso dei soggetti per la partecipazione e il coinvolgimento nelle ricerche. A partire dagli anni Ottanta i comitati etici si diffusero anche in altri stati. In Europa la nascita di queste istituzioni si ebbe inizialmente in Francia, Svizzera, Svezia, Spagna e nella Repubblica Federale Tedesca. Negli anni successivi molti altri paesi, che ancora non si erano dotati di comitati etici, li costituirono. Tra questi si colloca l’Italia, che istituì il Comitato Nazionale per la Bioetica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nel 1990. La funzione primaria del Comitato è l’orientamento degli strumenti legislativi e amministrativi, quindi di Governo, Parlamento e delle altre istanze istituzionali che possono essere interessate, nella forma della consulenza. Esso è inoltre investito del compito di promuovere un’informazione corretta dell’opinione pubblica sulle questioni di bioetica. Gli ambiti di interesse più immediato e urgente sembrano essere quelli della ricerca e della sperimentazione, farmacologia, biomedica e genetica, e delle sue possibili applicazioni in ambito clinico, nonché ambientale. I comitati di etica clinica sono conosciuti anche con il nome di comitati di etica ospedaliera, cioè quei comitati che si occupano delle questioni etiche particolarmente difficili che insorgono quando è necessario prendere decisioni o formulare direttive nell’ambito della pratica clinica o 22 PAGINA della ricerca nel contesto ospedaliero (W. Reich). Inizialmente a tali comitati vennero riconosciute alcune specifiche funzioni: l’analisi delle decisioni riguardanti malati non più in grado di decidere e l’analisi di decisioni mediche caratterizzate da forti implicazioni etiche; l’attivazione di un counseling etico per curanti e curati; la formulazione di linee-guida o direttive su problemi clinici che si vivono di frequente nei contesti clinici ospedalieri, quali la sospensione delle terapie, la diagnosi di sopravvenuta morte, il trattamento del dolore, la formulazione del consenso informato, la promozione di una formazione specifica sulle questione etiche della medicina. In Italia essi venivano delineati come possibili organi di consulenza, costituiti presso la direzione sanitaria o quella scientifica degli istituti di ricovero, con il compito di esprimere pareri non vincolanti, su particolari situazioni cliniche e diagnostiche, oltrechè di fornire l’approvazione dei protocolli di ricerca clinica e farmacologica. Oggi i comitati etici di tipo istituzionale si propongono in prima istanza come veicolo formativo rispetto alle dimensioni etiche che emergono nella cura dei pazienti, quindi essi operano sia su un piano di autoformazione, sia sul piano della formazione dello staff medico e del personale ospedaliero. Sembra che una formazione all’etica sia necessaria ai membri dei comitati, proprio perché non tutti sono esperti di etica, o possiedono una specifica competenza etica, nonostante il fatto che ciascuno abbia una propria visione etica, precise condotte e comportamenti che con l’etica sono strettamente correlati, e spesso quindi abbia anche dei precisi valori di riferimento, siano essi già espliciti o si mantengano ancora su di un livello implicito. Una formazione all’etica si giustifica anche al fine di permettere che si creino un linguaggio e delle conoscenze comuni e per favorire il confronto tra i diversi componenti. Il comitato inoltre può divenire a propria volta una realtà che propone formazione e aggiornamento per gli altri professionisti sanitari, sia all’interno che all’esterno della struttura di appartenenza. Una seconda funzione i comitati la svolgono stilando linee-guida e direttive istituzionali sulle questioni etiche che sono poi rivedibili, in base anche alle singole situazioni e ai singoli casi che si incontrano e alle diverse esperienze che si fanno. Le linee guida si limitano a fornire direttive e consigli per affrontare situazioni simili a quelle già incontrate, mentre le policies rappresentano un riferimento più vincolante da un punto di vista normativo. Tali direttive si occupano ad esempio degli ordini di non rianimare, delle decisioni che riguar- Infermiere a Pavia dano neonati gravemente malformati, delle decisioni cliniche sul proseguio o l’interruzione di misure di sostegno vitale, del consenso informato, in particolare nel caso di pazienti anziani, o con forme di gravi malattie mentali. Una terza funzione dei comitati di etica clinica è quella della consulenza etica, o consulenza etica clinica, sui casi clinici complessi: la consulenza può essere di tipo prospettico, nel caso la si chieda per una situazione ancora in via di definizione, o di tipo retrospettivo, qualora si tratti di casi difficili che già si sono verificati e conclusi. Nei comitati di etica clinica è possibile porre in atto un processo di argomentazione morale, che inizia con la considerazione di una particolare situazione, concreta e realmente incontrata nella pratica, e prosegue quindi attraverso una serie di passi che ne permettono l’analisi da un punto di vista etico. Generalmente, anziché considerare e argomentare da subito in maniera deduttiva a partire dai principi etici, si comincia ad analizzare la situazione concreta e si cerca di definire quali ne siano gli elementi più significativi, raccogliendo tutti i dati che possono aiutare a comporre il quadro. In un secondo momento si và a definire un unico tratto morale o le diverse questioni morali salienti, e qui possono tornare in gioco i principi, che vengono considerati nel loro ruolo di riferimento e che possono aiutare nell’atto dell’argomentazione morale, effettuandone una contestualizzazione e un bilanciamento. Ma perché l’etica nella clinica? Un importante presupposto rispetto alle realtà presentate dai comitati è il riconoscimento del fatto che nessuna attività condotta in un ambito qual’ è quello medico è scevra di caratterizzazioni morali: neppure la tecnoscienza, così pervasiva nella medicina odierna è esente da implicazioni assiologiche, che rimandano a dei precisi valori sottesi e che debbono essere prese in considerazione al fine di poter meglio comprendere ed esercitare la pratica medica stessa. E’ proprio di fronte a tali dimensioni, spesso implicite, che sorgono i conflitti, le incertezze, le scelte, e le decisioni divengono difficili, oltre che per il fatto che in una situazione clinica non è più scontato sapere chi debba e possa decidere, in quanto dotato delle capacità e dell’autorità necessaria per poterlo fare. All’interno delle situazioni ospedaliere, e di cura in genere, sono state importate e talora anche adottate logiche e parametri appartenenti a dimensioni nuove nell’istituzione sanitaria, tipo le logiche amministrative e gestionali o quelle giuridiche. La medicina però non può essere ridotta a tecnoscienza, a deontologia e diritto, a gestione e amministrazione; la dimensione etica è sempre stata e rimane costitutiva e fondativa per il sapere e per la pratica della medicina, proprio perché essa si muove sul piano della vita umana e quindi và ad interessare la sua dimensione esistenziale. Tra i mezzi individuati per rispondere alla mutata situazione ci sono appunto i comitati di etica. Comitati etici ed indirizzi utili Comitato di Bioetica del Policlinico S. Matteo di Pavia Viale Golgi 19 – 27100 Pavia - tel. 0382503471; fax 0382502508 e-mail: [email protected] Comitato Etico Centrale della Fondazione Salvatore Maugeri (IRCCS) di Pavia Via Ferrata 8 – 27100 Pavia - tel. 0382592754; fax 0382592571 e-mail: [email protected] Comitato Etico dell’ASL della Provincia di Pavia Viale Indipendenza 3 – 27100 Pavia - tel. 0382695263; fax 0382431296 e-mail: [email protected] Comitato Etico dell’Azienda Ospedaliera della Provincia di Pavia Viale Repubblica 34 – 27100 Pavia - tel. 0383695904; fax 0383695983 e-mail: [email protected] Comitato Etico dell’Università di Pavia Piazza Botta 10 – 27100 Pavia - tel. 0382506353; fax 038222741 e-mail: [email protected] Comitato Etico della Fondazione Istituto Neurologico Casimiro Mondino (IRCCS) di Pavia Via Palestro 3 – 27100 Pavia - tel. 0382380299; fax 0382380448 e-mail: [email protected] 23 PAGINA Numero 1/2006 A livello procedurale ed organizzativo và garantita l’indipendenza del comitato, la possibilità di libera espressione di tutte le voci che nel comitato presenziano, la ricerca di un buon livello di dibattito e la capacità di affrontare i conflitti, attenzione alle diverse sensibilità presenti nell’istituzione sanitaria. A livello teorico il consulente di etica clinica dovrebbe avere una solida formazione nell’ambito dell’etica in generale e in particolare dell’etica clinica ed applicata. Nella pratica, però, il consulente non sempre possiede una molteplice formazione (medica, etica-filosofica, psicologica) e la sua presenza all’interno di un comitato è influenzata da ragioni di politica interna, di negoziazione, di compromesso, di conformismo. Se da un lato la stesura in cartella clinica del parere etico rischia di violare la confidenzialità, dall’altro permette una progressiva sensibilizzazione alle dinamiche etiche e ai valori, e si favorisce maggior credibilità al caso. Qualora una situazione venisse sottoposta al giudizio di un tribunale è più probabile, ad esempio, che vi sia una riduzione delle controversie giuridiche se i comitati svolgono bene il proprio lavoro. Se un tempo quanto riguardava il rapporto di cura veniva deciso al massimo da due persone, il medico e il paziente, peraltro con un netto sbilanciamento nei confronti del potere decisionale del medico, tanto da far parlare di “paternalismo medico” per indicare il tipo di rapporto che si instaurava, negli anni più recenti la situazione si è ribaltata, con molteplici voci che intervengono prima che una decisione venga presa e con più figure coinvolte nel processo di cura. Tutto ciò può essere ricondotto ai mutamenti profondi che hanno segnato la medicina negli ultimi cinquant’anni, e che lo si potrebbe interpretare come tentativo di adeguare l’atto della cura alle esigenze di una mutata società, nel rispetto delle sue caratteristiche culturali, sociali, storiche e geografiche. A far parte dei comitati vengono chiamati medici, amministratori, direttori sanitari, infermieri, assistenti sociali, psicologi, talora anche sacerdoti, giuristi, eticisti e teologi: un confronto multidisciplinare atto a raggiungere un giudizio argomentato e condiviso. Generalmente questi comitati operano presso una struttura sanitaria, ma talora anche presso enti di natura diversa, che si occupano di cura, come le fondazioni, le associazioni di volontariato o gli Ordini. Dai lavori che un comitato compie su di un tema specifico si possono anche ricavare direttive, raccomandazioni e, come già detto, linee-guida. Le raccomandazioni, così come le policies, rappresentano già un primo esempio del passaggio che proprio all’interno dei comitati etici può avvenire dal piano bioetico al piano biogiuridico, o del biodiritto. Infatti, esse possiedono già una valenza normativa più vincolante rispetto alle indicazioni dell’etica e rappresentano un termine medio di passaggio verso le cosiddette linee-guida. Le raccomandazioni si caratterizzano generalmente come documenti brevi, di stampo tecnico, stilati in risposta ad un problema specifico. Le linee-guida invece sono dei documenti più ampli, che affrontano un tema o una problematica più vasta, e che per essere elaborati necessitano quindi di approfondimenti maggiori e di numerose consultazioni. Questi documenti contengono indicazioni che presentano taluni tratti normativi: in questo senso ecco perché si può affermare che già nelle attività dei comitati di etica clinica si assiste ad un passaggio dal piano propriamente e strettamente bioetico a quello biogiuridico. La sensibilizzazione agli aspetti etici della pratica biomedica si sta delineando come uno dei tratti che determina la possibilità di esercitare bene la cura. Pensare ad una medicina che esaurisce la propria struttura di disciplina e di sapere attingendo alle sole scienze naturali significherebbe perdere di vista la componente antropologica, e quella più propriamente etica, che è parte integrante della medicina e delle visioni di un uomo di cui essa, volontariamente o meno, è sempre comunque portatrice. Bibliografia - Borsellino P., Bioetica tra autonomia e diritto, Milano 1999 - Cattorini P., Una verità in dialogo. Storia, metodologia e pareri di un comitato di etica, Milano, 1994 - Charlesworth M., L’etica della vita. I dilemmi della bioetica in una società liberale, Roma 1996 - Casati S., La deliberazione etica e la pratica clinica, Torino 2003 - Engelhardt Jr. H.T., Manuale di bioetica, Milano, 1999 - Galvagni L., Bioetica e comitati etici, Bologna 2005 - Jonas H., Tecnica, medicina ed etica. Prassi del principio responsabilità, Torino 1997 - Marsico G., Il linguaggio per la cura e la ricerca, Milano 2003 - Picozzi M., Tafani M., Cattorini P., Verso una professionalizzazione del bioeticista. Analisi teorica e ricadute pratiche, Milano 2003 Nuovo sito di cultura e ricerca infermieristica L’autore * Infermiera Neuroriabilitazione I e II Fondazione Salvatore Maugeri - Pavia Caro collega, è nato un nuovo sito di cultura e ricerca infermieristica. Per essere sempre aggiornato e per partecipare clicca su : www.cesri.it Cordiali saluti. Il Team CE.SRI. 24 PAGINA Infermiere a Pavia Università degli Studi di Pavia Nominativi e titolo delle tesi discusse dai Laureti in Infermieristica nella sessione d’esame di novembre 2005 Nominativo TITOLO TESI Sede didattica Ababei Daniela Petronela Criteri per la scelta di medicazioni avanzate nel trattamento delle lesioni cutanee croniche Pavia Afrune Elena Nursing forense: nuove prospettive per la professione infermieristica Pavia Baldin Ilenia La famiglia come protagonista delle cure infermieristiche: la nuova figura dell’Infermiere di famiglia quale oggetto di una indagine conoscitiva Pavia Baldin Romina Da “Collegio a Ordine”: analisi del percorso e valutazione del livello di conoscenze del gruppo professionale infermieristico Pavia Chiappedi Erica Attività e terapie assistite dagli animali un ausilio per il benessere e la salute dell’uomo Pavia Coni Massimo Walter Dimissione precoce del neonato Pavia D’Anna Giuseppe Ruolo dell’infermiere nella riduzione delle infezioni nosocomiali in ambito chirurgico Pavia Drago Michele ECM studio sulla formazione continua nella professione infermieristica Pavia Hristova Diana Stefanova Ruolo dell’infermiere nell’assistenza di persona affetta da B.P.C.O. Pavia Invernizzi Caterina L’assistenza infermieristica al malato oncologico pneumologico Pavia Iovino Paolo Nursing e cure complementari: il training autogeno e l’assistenza infermieristica per la promozione della salute globale dell’individuo Pavia Liguori Greco Maria Rosaria Assistenza infermieristica alla persona sottoposta a T.M.O.: supporto psicologico ed educazione sanitaria Pavia Maiocchi Cristina Modelli organizzativi e strumenti di lavoro. Attività infermieristica tra teoria e pratica Pavia Milani Elisa Prevenzione delle infezioni ospedaliere nel neonato prematuro in area critica Pavia Nastasi Demetrio Assistenza infermieristica nella gestione del dolore al paziente con patologia neoplastica Pavia Olivari Elisa La figura dell’infermiere nel soccorso in montagna ed in ambiente impervio Pavia Ottini Alessio Le trasformazioni psicofisiche della persona con l’arrivo della terza età. Importanza del ruolo infermieristico Pavia Pasotti Maria Dalla consapevolezza del proprio ruolo al riconoscimento sociale Pavia Pelaez Marti Carmen L’eccellenza delle cure infermieristiche attraverso l’Evidence Based Nursing Pavia Pizzolato Solidea Sara Assistenza infermieristica alla persona affetta da sclerosi multipla: funzione educativa Pavia dell’infermiere Porcara Maria Elena Assistenza infermieristica e supporto psicologico alla persona con insufficienza renale cronica Pavia Ranzini Marianna La depressione: identificazione del soggetto a rischio e ruolo infermieristico nel progetto terapeutico Pavia Rizzuto Riccardo L’assistenza infermieristica al traumatizzato cranico in Rianimazione Pavia Salamone Tiziana La gestione della terapia farmacologica nelle principali malattie infettive: competenze infermieristiche Pavia Silvestri Filomena La riabilitazione cognitiva nella persona anziana affetta da demenza di Alzheimer: quale il ruolo dell’infermiere? Pavia Surace Barbara L’ OSS come figura di supporto all’infermiere: tra aspettative e realtà Pavia Tshiasuma Lufulwabo Prevenzione del tabagismo nell’ età evolutiva: ruolo dell’ infermiere Pavia Ventura Giuseppina Assistenza infermieristica al bambino affetto da displasia broncopolmonare Pavia Baldo Laura Ruolo educativo dell’Infermiere nell’assistenza globale alla persona portatrice di stomia Vigevano Brunoldi Anna Ruolo Inf.co in caso di maltrattamento e abuso a danno di minori Vigevano Finesso Stella Terapia del sorriso: comunicare e guarire con il buonumore Vigevano Lodigiani Elena Il dolore: quinto parametro fondamentale per la valutazione globale del paziente Vigevano Mantovan Chiara Nursing riabilitativo nel paziente affetto da Morbo di Parkinson Vigevano Marchiselli Claudia Responsabilità infermieristiche nel trasporto del neonato e del bambino Vigevano Marozzi Sara Infermiere di famiglia come risposta ai bisogni di salute nell’ambito domiciliare Vigevano 25 PAGINA Numero 1/2006 Nominativo TITOLO TESI Sede didattica Paparella Chiara Paziente psichiatrico: Schizofrenia e assistenza Infermierstica Vigevano Russello Giuseppina Ruolo educativo dell’Infermiere rivolto al paziente oncologico applicato al modello concettuale di V. Henderson Vigevano Tenuzzo Chiara Home visiting: educazione sanitaria domiciliare per la prevenzione della trascuratezza infantile Vigevano Accinelli Fasoli Alessandra Ruolo e attività dell’infermiere nel contesto carcerario Lodi Cannavale Giuseppina Il ruolo dell’infermiere all’interno di un pronto soccorso pediatrico Lodi Carlà Roberta Le ustioni. trattamento chirurgico e assistenza infermieristica nel reparto di chirurgia plastica Lodi Cavallotti Silvia Risk management e pensiero critico in unità coronarica Lodi Duci Davide Esame della documentazione sanitaria in tre reparti chirurgici Lodi Grandi Manuela L’evoluzione dell’unità operativa cardiologica di Lodi verso il primary nursing Lodi Locatelli Elisabetta Il ruolo dell’infermiere nella gestione domiciliare del paziente portatore di pace marer biventricolare e defibrillatore. Lodi Marazzi Federica Il ruolo dell’infermiere nella nutrizione entrale mediante pe (gastrostomia endoscopica per cutanea). Lodi Metu Ifeyinwa Ijeoma La fragilità del paziente diabetico e l’assistenza infermieristica. Studio su cinque residenze sanitarie protette Lodi Milesi Giorgio I programmi di informazione al paziente oncologico e di ruolo dell’infermiere Esperienze del progetto “il tavolo della famiglia” Lodi Lodi Nava Orianna Le nuove frontiere del bonding neonatale applicate all’assistenza infermieristica Lodi Santoro Paola Infezioni chirurgiche. Protocollo di comportamento degli operatori Lodi Savoretti Laura Il gioco come ausilio assistenziale in un reparto pediatrico Lodi Simonetti Daniela Drenaggi chirurgici: gestione dell’assistenza infermieristica Lodi Somenzi Alberto Il ruolo dell’infermiere nel trainind del paziente in dialisi peritoneale Lodi Tristaino Giuseppina “Nursing del paziente ustionato” intervento ospedaliero e pronto soccorso Lodi Aramini Daniela Sapere di: bere Treviglio Arpini Alessandra Il triage infermieristico in Pronto Soccorso: l’importanza del processo decisionale Treviglio Battaini Antonella Infermieristica transculturale: una nuova sfida per la sanità e l’infermiere Treviglio Calandrino Erica Lucia Il counselling come strumento nell’assistenza al paziente con HIV Treviglio Ceron Francesca Maria Il dolore nel neonato: la gestione infermieristica Treviglio D’Ambrosio Mariarosaria Comunicare con il paziente schizofrenico: un’esperienza personale Treviglio Fratelli Margherita Pronazione nel paziente con ARSD: aspetti infermieristici Treviglio Garbelli Adele Caterina Comunicazione, competenze, responsabilità: il ruolo dell’infermiere nell’acquisizione del consenso informato e delle direttive anticipate Treviglio Larizza Sotirio Santo L’autogestione del diabete mellito tipo uno nelle età evolutive: ruolo dell’infermiere Treviglio Lo Re Marianna L’infermiere e la contenzione fisica in psichiatria Treviglio Martorana Eleonora Funzione e finalità del counselling infermieristico nel trattamento integrato alla tossicodipendenza Treviglio Porru Patrizia L’infermiere esperto di dialisi peritoneale: educatore di prevenzione e cura nelle infezioni dialitiche Treviglio Zucchelli Clara L’infermiere di famiglia figura di riferimento per l’assistenza sul territorio Treviglio 26 PAGINA Prot. 8210/05/III/3/419 Infermiere a Pavia (da citare nella risposta) Firenze, 14/12/2005 Oggetto: indennizzo agli operatori sanitari che hanno contratto un danno irreversibile a seguito di contatto con sangue o suoi derivati provenienti da soggetti affetti da epatiti virali - Legge 210/92 modificata con sentenza della Corte Costituzionale n. 476/2002 - Associazioni di Volontariato e di Tutela in ambito sanitario - Associazioni di Patronato e di Consumatori Utenti - Associazioni Sindacali sanitarie - Collegi provinciali IPASVI - Collegi provinciali delle Ostetriche - Ordini provinciali dei Medici Ringrazio innanzitutto quanti in indirizzo hanno contribuito alla capillare divulgazione delle iniziative intraprese da questo Ufficio con le circolari del luglio e settembre scorso riguardanti la scadenza dei termini per la richiesta di indennizzo ex legge 210/92, consentendo all'informazione di giungere alla stragrande maggioranza degli operatori sanitari che hanno così potuto presentare la domanda prima del 25 novembre 2005. Le notizie che mi pervengono da tutte le Regioni fanno ipotizzare che sono state moltissime le domande presentate entro tale data. Solo il mio Ufficio ne ha redatte oltre 600. Come comunicato nelle precedenti note, per gli operatori sanitari che hanno preso coscienza dell'infezione da virus epatici prima del 26 novembre 2002, a stretto rigore, secondo la prevalente dottrina giuridica, con il 25 novembre 2005, sono scaduti i termini per la richiesta di indennizzo. E' opportuno, altresì, ricordare che la domanda si può presentare anche "fuori termini" in quanto, in sede di eventuale ricorso amministrativo, è possibile sviluppare valide argomentazioni giuridiche e medico legali. Coloro invece che si sono infettati dopo il 26 novembre 2002, possono sempre presentare la domanda nei termini, purché lo facciano entro tre anni dalla presa coscienza del danno. In forza del mandato concessomi da ben 141 associazioni di Volontariato e di Tutela in ambito sanitario, non cesserò di svolgere (in questa legislatura ed anche nella prossima) tutte quelle azioni tese a riaprire, o meglio ancora "abolire", i termini per la presentazione delle domande per tutti i soggetti tutelati dalla legge 210/92 (vaccinati, emotrasfusi ed operatori sanitari). Quest'ultimi, oltretutto, si sono visti ingiustamente "chiusi" i termini per la presentazione della domanda di indennizzo, termini che peraltro non sono mai stati "aperti" da alcuna legge dello Stato, bensì dalla sentenza n. 476 della Corte Costituzionale. Per chiarimenti e per assistenza nella redazione delle domande, istanze di riesame, solleciti e ricorsi amministrativi potrete rivolgervi a questo Ufficio, ovviamente a titolo gratuito. Ai ringraziamenti per la gradita collaborazione unisco le più fervide espressioni augurali per le prossime festività natalizie. il Difensore civico (dr. Giorgio Morales) 27 PAGINA Numero 1/2006 Aggiornamento IN ITALIA ANDATA Silvia Giudici * Le infezioni in chirurgia 25/02/2006 - Pavia euro: gratis ecm: 5 [email protected] tel. 0382/21424; fax 0382/303082 Basic Life Support and early defibrillation 25/02/2006 - Casteggio (Pavia) euro: 150 ecm: evento in fase di accreditamento [email protected] tel. 0383/805788; fax 0383/805788 Funzioni, modelli e metodi pedagocigi per una didattica tutoriale nel corso di laurea in infermieristica n. gg. previsti per l’evento formativo: 3 data inizio corso: 02/03/2006 data fine corso: 04/03/2006 Torino euro: gratis ecm: 20 [email protected] tel. 011/5225481; fax 011/5225489 2° corso teorico pratico di formazione: procedure diagnostiche in pneumologia n. gg. previsti per l’evento formativo: 3 data inizio corso: 04/03/2006 data fine corso: 31/03/2006 Sarzana (La Spezia) euro: gratis ecm: 17 [email protected] tel. 018/729228; fax 018/729228 Visualizzazione: strumento per il rilassamento psicofisico nel processo assistenziale 06/03/2006 - Orbassano (Torino) euro: 10 ecm: 8 [email protected] tel. 0122/48808; fax 0122/48808 Movimentazione manuale e con ausili della persona non autosufficiente 08/03/2006 - Bologna euro: 96 ecm: 6 [email protected] tel. 0543/742565; fax 0543/470412 B.L.S.-D Basic Life Support Defibrillation 13/03/2006 - Milano euro: 150 ecm: 7 [email protected] tel. 02/89401039; fax 02/89401072 Metodiche assistenziali infermieristiche per il controllo del dolore acuto e cronico 22/03/2006 - Chivasso (Torino) euro: 80 ecm: 7 [email protected] tel. 011/9176355; 011/9176357 Tecniche infermieristiche nelle strutture sanitarie in Italia: quali differenze? n. gg. previsti per l’evento formativo: 3 data inizio corso: 15/03/2006 data fine corso: 29/03/2006 Cremona euro: 220 ecm: evento in fase di accreditamento [email protected] tel. 02/89281825; fax 02/89281826 Assicurare la funzione cardiocircolatoria: concetti base di elettrocardiografia, quale strumento per prendere decisioni assistenziali nella realtà lavorativa quotidiana 23/03/2006 - Varese euro: 60 ecm: 5 [email protected] tel. 033/2207464; fax 033/2262426 Tecniche naturali per la prevenzione della salute n. gg. previsti per l’evento formativo: 8 data inizio corso: 18/03/2006 data fine corso: 5/11/2006 Milano euro: 350 ecm: 39 [email protected] tel. 02/58207979; fax 02/58207979 Comorbidità psichiatrica: la psicogeriatria n. gg. previsti per l’evento formativo: 2 data inizio corso: 20/03/2006 data fine corso: 22/03/2006 Montechiarugolo (Parma) euro: 50 ecm: 13 [email protected] tel. 0521/682511; fax 0521/657180 Corso di sensibilizzazione all’approccio ecologico-sociale ai problemi alcolcorrelati e complessi n. gg. previsti per l’evento formativo: 6 data inizio corso: 20/03/2006 data fine corso: 25/03/2006 Pavia euro: 60 ecm: evento in fase di accreditamento [email protected] tel. 0382/987384; fax 0382/987931 Recenti acquisizioni in tema di demenza: 10 anni di esperienza nei nuclei di Alzheimer IDR 31/03/2006 - Pavia euro: 50 ecm: evento in fase di accreditamento [email protected] tel. 0382/381360; fax 0382/381395 Le ulcere da pressione: linee guida per il trattamento 04/04/2996 - Pavia euro: 100 ecm: evento in fase di accreditamento [email protected] tel. 3401644020; fax 0342/710375 La responsabilità dell’infermiere: impegno alla tutela della salute e al prendersi cura della persona assistita nella lettura del codice deontologico 15 e 16/04/2006 - Rimini euro: 102 ecm: 17 [email protected] tel. 0541/792567; fax 0541/776509 Come predisporre protocolli e procedure 5 e 6/05/2006 - Torino euro: 215 ecm: 15 [email protected] 28 PAGINA Infermiere a Pavia Corso di sensibilizzazione all’approccio ecologicosociale ai problemi alcolcorrelati e complessi secondo la metodologia Hudolin Da lunedi’ 20 a sabato 25 marzo si svolgerà a Pavia, presso la Comunità Casa del Giovane in via Lomonaco 43, un corso di sensibilizzazione all’approccio ecologico-sociale ai problemi alcolcorrelati e complessi secondo la metodologia Hudolin, organizzato dall’Associazione Club degli Alcolisti in Trattamento di Pavia (ACAT) in collaborazione con il Centro Servizi Volontariato, la Provincia di Pavia, la stessa Casa del Giovane. Hanno sostenuto con il loro patrocinio l’iniziativa : Regione Lombardia- Famiglia e Solidarietà Sociale, ASL di Pavia, Comune di Pavia, CGIL-CISL-UIL, Collegio IPASVI della Provincia di Pavia, Ordine Provinciale dei Medici. Un contributo economico è stato ottenuto dalla Fondazione Banca del Monte di Lombardia e dalla Cooperativa sociale CATO. Direttore e Co-direttore del Corso sono rispettivamente Roberto Cuni e Augusta Bianchi. Il titolo del corso, di non facilissima comprensione, caratterizza un’iniziativa che mira ad aiutare sia i professionisti dell’area socio-sanitaria (il corso è accreditato ECM), sia la gente comune ad approfondire la conoscenza dei rischi legati al consumo di bevande alcoliche ed il percorso riabilitativo che chiunque fosse caduto nella dipendenza dell’alcol dovrebbe seguire per ritornare ad una vita serena e libera da questa schiavitu’. Tutto questo verrà fatto seguendo le indicazione di Vladimir Hudolin, uno psichiatra croato recentemente scomparso e considerato fra i massimi esperti nel settore dell’alcologia e della psichiatria sociale. Che l’iniziativa debba essere considerata quantomeno utile lo dimostrano le cifre dei danni sociali prodotti dall’alcol: 1516.000 morti all’anno legati all’abuso alcolico, il 40% degli incidenti stradali che riconoscono come causa o concausa l’essersi messi alla guida dopo aver bevuto, il 50% dei reati contro la persona commessi in stato di ebbrezza, il 30% dei suicidi rappresentato da alcolisti. A tutto cio’ va aggiunto il recente allarme causato dal diffondersi dell’uso di bevande alcoliche cosiddette “soft”, soprattutto presso gli adolescenti, che dietro la rassicurante immagine della bassa gradazione celano sempre la capacità di dare stordimento ed, alla lunga, dipendenza esattamente come gli alcolici tradizionali. Sembra quindi normale che le figure preposte alla salvaguardia del nostro benessere e qualsiasi persona di buona volontà, desiderosa di spendere un po’ del suo tempo per essere utile a chi gli sta intorno, siano interessate a questo importante ed esaustivo corso che, senza rinunciare al rigore scientifico, è pero’ aperto alla partecipazione di tutti. La partecipazione è gratuita, l’iscrizione va effettuata entro il 17-2-2006. Chi fosse interessato rivolgersi a: Enrico Ricotti . . . . .tel Giulia Riccardi . . . .tel Augusta Bianchi . . .tel all’iniziativa può 3391551922 0382 23489 3482866660 L’autore * Infermiera Neuroriabilitazione I e II Fondazione Salvatore Maugeri -Pavia È uscito “Le battaglie non finiscono quando si fermano” libro scritto da Carmen Morrone, redattrice del settimanale «Vita non profit magazine» e collaboratrice dei quotidiani «Avvenire» e «La Provincia Pavese». Commissionato dall’Associazione Italiana Nursing Sociale [ains onlus] di Pavia, è un libro che parla del Guatemala di oggi e del periodo della guerra civile. Ma non è un libro di storia. Piuttosto è il diario di un viaggio di conoscenza che potrebbe capitare di fare a ciascuno di noi. Per la nostra associazione è importante che il libro venga fatto conoscere. Per questo motivo ti chiediamo di diffondere questa email a più persone possibile. se desideri acquistarne una copia, scrivimi una email a questo indirizzo: [email protected] Il libro è di 178 pagine ed è stato stampato in 600 copie dalla tipografia Luigi Ponzio e figlio Editori in Pavia. Viene distribuito ad offerta e il ricavato servirà a finanziare i progetti che l’associazione Ains onlus ha in Guatemala. ! ! 31 PAGINA Numero 1/2006 NORME EDITORIALI Gli articoli inviati per la pubblicazione devono essere indirizzati a: Alla C.A. del Comitato di Redazione “Infermiere a Pavia” c/o Collegio IP.AS.VI. di Pavia, Via Lombroso, 3/b - 27100 PAVIA. Gli articoli possono essere inviati via posta tradizionale preferibilmente su floppy disk 3.5” oppure via E-Mail all’indirizzo [email protected]. Il testo deve essere il più conciso possibile, compatibilmente con la massima chiarezza di esposizione; non si devono in ogni caso superare le 5 cartelle dattiloscritte di 30 righe a 60 battute per riga. Le parole che gli autori desiderano porre in evidenza debbono essere in corsivo, è da evitare l’uso del grassetto e del sottolineato. Le figure e tabelle devono essere scelte secondo criteri di chiarezza e semplicità; devono essere numerate progressivamente in cifre arabe e saranno accompagnate da brevi ed esaurienti didascalie (indicanti, ad esempio per le fotografie, l’autore). Nel testo deve essere chiaramente indicata la posizione di inserimento. Diagrammi e illustrazioni, allestiti allo scopo di rendere più agevole la comprensione del testo, dovranno essere sottoposti alla redazione in veste grafica accurata, tale da permettere la riproduzione senza modificazioni; ideale, anche in questo caso, il supporto magnetico con formato .BMP, .JPG, .TIF. Le citazioni biografiche devono essere strettamente pertinenti e riferirsi a tutti gli autori citati nel testo. La bibliografia dovrà essere redatta secondo le norme riportate nell’Index Medicus. I modelli sotto riportati esemplificano rispettivamente come si cita: un articolo, un libro, un capitolo preso da libro. 1) Cosi A. “L’ansia nei bambini sottoposti ad intervento di chirurgia elettiva: indagine descrittiva.” La Rivista dell’Infermiere 1997; 3: 144 – 150. 2) Chiesa I., Clementi C. “Tecniche infermieristiche di base” (2 ed.) Milano, Ambrosiana, 1990 volume 1°, pag. 74. 3)Volterra V. “Crisi di identità storica ed attuale dello psichiatra”. in: Gilberti E (ed) L’identità dello psichiatra. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 1982. Ogni articolo è sotto la responsabilità diretta degli Autori che lo firmano. Quando il contenuto dell’articolo esprime o può coinvolgere responsabilità e punti di vista dell’Ente (o Istituto, Divisione, Servizi ecc.) nel quale l’Autore o gli Autori lavorano e quando gli Autori parlano a nome delle stesse istituzioni, dovrà essere fornita anche l’autorizzazione dei rispettivi Responsabili. Gli articoli inviati alla Rivista saranno sottoposti all’esame della redazione e dei collaboratori ed esperti di riferimento per i vari settori. L’accettazione, la richiesta di revisione, o la non-accettazione saranno notificati e motivati per iscritto agli Autori. La pubblicazione dei lavori è gratuita. Salvo diverse esigenze concordate con l’Autore, i testi in qualsiasi forma ed il materiale inviato non saranno restituiti. Se vengono utilizzati testi o materiali coperti da copyright deve esserne chiaramente indicato l’Autore e/o la fonte. L’autore deve indicare i propri dati personali: Cognome e Nome, indirizzo, prov., C.A.P., Comune di residenza, Tel/fax/e-mail, qualifica, luogo di lavoro, titolo di studio, nomi dei collaboratori, note bibliografiche, ove possibile è gradito commento sintetico del contenuto dell’articolo. ATTENZIONE Collegio Infermieri Professionali Assistenti Sanitari Vigilatrici d’Infanzia della Provincia di Pavia Dopo molto anni di permanenza nella vecchia sede, il Collegio IPASVI della provincia di Pavia si trasferisce nella nuova sede operativa dal 1° marzo 2006 sarà ubicata in VIA VOLTA, 25 potrebbero verificarsi dei disguidi legati al trasferimento delle utenze e degli arredi, vi chiediamo scusa in anticipo IPASVI gli orari di apertura al pubblico sono invariati lunedì e giovedì dalle ore 13.30 alle ore 16.30 martedì e venerdì dalle ore 9.00 alle ore 12.00 anche la numerazione telefonica NON cambia tel. 0382525609 - fax. 0382528589