N. 1 del 2006 - IPASVI Pavia

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Registrazione presso il Tribunale di Pavia n. 355 del 08.02.1989. Sped. in abb. postale - Comma 20/C 2 L. 662/96 - Fil. di Pavia - IN CASO DI MANCATO RECAPITO RESTITUIRE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TASSA - REINVIARE ALL’UFFICIO PAVIA-FERROVIA
1/2006
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Infermiere
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Cambio di Sede
del Collegio
ISSN 1722-2214
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Infermiere a Pavia
Perché parliamo ancora di
ETICA e DEONTOLOGIA ?
Il problema dell’etica e del tema della responsabilità delle conoscenze e del loro uso “nell’assistenza” assume caratteri e dimensioni inedite nelle condizioni che si sviluppano con il ricorso crescente
alla tecnica:
La deontologia sempre più limitata degli scienziati non basta più a regolare una “tecnoscienza”
che rende accessibili inaudite crescite di potere,
pericoli incombenti sull’umanità.
La recente espansione delle biotecnologie nelle
mani dei cartelli farmaceutici o degli Stati fa tornare d’attualità la vecchia questione dell’etica scientifica
Il problema della responsabilità della conoscenza e rinnovato con la crescita degli interrogativi
posti in campo bioetico non è estraneo alle questioni che l’etica razionale moderna aveva affrontato
già agli inizi del Novecento.
In particolare, riformulando i temi del lavoro e
della sua organizzazione, nell’età delle macchine e
delle specializzazioni, il problema attuale della professione infermieristica (anche per l’aspetto della
incidenza delle nuove competenze tecniche) va di
pari passo con il valore politico-sociale da essa
rivestito.
Questa modalità di regolazione sociopolitica
mira a distribuire elevati salari e redditi, in funzione di aumenti regolari
Infermiere a Pavia
della produttività.
Rivista trimestrale del Collegio IP.AS.VI. di Pavia
Anno XV n. 1/2006 gennaio-ffebbraio 2006
Infine ciò che fa della crescita economica un
bene indiscutibile agli occhi della morale corrente é
il suo essere risultato di un comportamento a sua
volta morale.
Risulta da ciò comprensibile, il fatto che secondo l’analisi di Max Weber, il decollo dell’economia
occidentale muove dalla generalizzazione di un’etica, quella del lavoro e dello spirito imprenditoriale
e non della reciproca assistenza.
Ma le trasformazioni intervenute hanno alterato
profondamente il significato dell’etica pubblica di
fronte alla crisi del Welfare e alla globalizzazione,
giacché la logica della “megamacchina” non stimola il cittadino a compiere i propri doveri, né ad esercitare i propri diritti. Il bel progetto della democrazia si trova così espropriato di ogni sostanza, a vantaggio di un’anonima “tecnocrazia di mercato”.
L’anonimato diffuso scoraggia i rapporti sociali e
politici delle collettività umane. Le coercizioni che
pesano sull’uomo politico, come sul ricercatore, sul
produttore sul consumatore, portano a rinunciare ad
ogni considerazione etica. L’efficienza é l’unico
valore universalmente riconosciuto da tutti coloro
che circolano nella macchina
È evidente quanta rilevanza assuma il tema dell’etica razionale moderna che accompagna il dibattito intorno alla relazione scienza/società, a partire
dalle riflessioni di Max Weber intorno alla Scienza
come professione tenuta nel 1918 e pubblicata nel
Editore Collegio Infermiere professionali,
Assiatenti Sanitarie, Vigilatrici d’Infanzia
della Provincia di Pavia
Direttore Responsabile Enrico Frisone
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Capo Redattore Giuseppe Braga
Segreteria di Redazione G. Braga
Comitato di Redazione O. Bonafè, G. Braga, M. Cattanei,
S. Conca, S. Giudici, R. Rizzini,
A.M. Tanzi
Hanno collaborato C. Pagano, A.R. Rigliaco
a questo numero:
Impianti e stampa Gemini Grafica snc - Melegnano (MI)
Direzione, Redazione, V'ia Lombroso, 3/B - 27100 Pavia
Amministrazione Tel. 0382/525609, Fax 0382/528589
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Stampata su carta patinata a basso contenuto di cloro certificata Iso 9706
I punti di vista e le opinioni espressi negli articoli sono degli
autori e non rispettano necessariamente quelli dell’Editore.
Manoscritti e fotografie, anche se non pubblicati,
non saranno restituiti.
Registrazione presso il Tribunale di Pavia n. 355 del 08.02.1989.
Spediz. abb. post. art. 2, comma 20, lettera C Legge 662/96 - Fil. Pavia
La rivista è inviata gratuitamente agli iscritti al Collegio IP.AS.VI. di
Pavia. Finito di stampare nel mese di febbraio 2006 presso
Gemini Grafica snc di S. & A. Girompini, Melegnano (MI)
S p a z i o concentrato
L’Etica è... tanto per incominciare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .4
La pratica dell’etica. Una lettura del Codice Deontologico . . . . . . . . .9
Discorsi sull’etica delle professioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .15
Analisi del Codice Deontologico degli iscritti agli Albi IPASVI . . . .18
I comitati etici nella pratica clinica assistenziale . . . . . . . . . . . . . . .21
Tesi discusse dai Laureti in Infermieristica . . . . . . . . . . . . . . . . . . .24
Lettera del Difensore Civico della Regione Toscana . . . . . . . . . . . .26
Aggiornamento
Aggiornamento in Italia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .27
Norme editoriali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .31
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1919, all’interno di un dibattito per il quale basterà fare i
nomi di Durkheim, di Sombart, di Scheler. Qui interessa
soprattutto la riflessione che Weber elabora sui funzionari
pubblici in relazione ai compiti dello Stato di diritto, in
specie nell’opera Wirtschaft und Gesellschaft, pubblicata
postuma nel 1922
Scriveva che è necessario fondarsi sul presupposto che
ogni diritto sia nella sua essenza un cosmo di regole
astratte....che la giurisdizione costituisca l’applicazione
di queste regole al caso particolare, e che soltanto colui
che può dimostrare di aver acquisito una preparazione
specializzata é qualificato a far parte dell’apparato
amministrativo di un gruppo sociale, ed egli soltanto può
essere impiegato come funzionario.
Con questo non si vuol dire che l’infermiere sia un funzionario dotato esclusivamente di potere legale, giacché
ne scaturirebbe una collocazione mortificante per le qualità professionali e le competenze specifiche nonché impropria nella qualificazione esclusivamente giuridico-amministrativa, ma si vuol dire che nella crisi dello Stato socioassistenziale le caratteristiche del mandato istituzionale
infermieristico forniscono la garanzia di efficacia allo
stesso mandato professionale.
In realtà proprio la specificità dell’assistenza trasforma
e sublima in un compatto e nuovo profilo formativo le
componenti diverse che confluiscono nella figura sociale
dell’Infermiere, il quale non rappresenta una figura subalterna dotata di una preparazione che si limiti a rappresentare la somma di porzioni di formazione altrui (il giurista,
il medico, il sociologo, lo psicologo), ma piuttosto delinea
una figura alla pari con le altre. Questa caratterizzazione
forte deve però fondarsi sulla piena consapevolezza culturale, da parte degli Infermieri, della propria funzione, la
cui specificità é fornita dal assistenza all’uomo, che non é
funzione opzionale e aggiuntiva dello Stato contemporaneo, ma la qualità stessa con cui lo Stato, trovando un sofferto equilibrio tra spinte contrapposte, si é configurato
nell’età contemporanea.
Il Novecento col suo tragico fardello é stato lo scenario dello scontro tra opposte tendenze ed é stato il secolo
che ha scoperto la centralità del problema sociale.
Discutere quindi oggi di Stato sociale non significa
certo dibattere su attribuzioni più o meno significative
dell’organizzazione pubblica della comunità, ma affrontare i nodi della convivenza sociale, ridefinire compiti e ruolo dello Stato che si affaccia alla soglia del terzo millennio. L’infermiere in ciascuna delle principali direzioni nelle quali ha sperimentato la sua funzione, aziendale o territoriale é dunque la figura che rende attuabili i fini sociali
dello Stato, fondamentali nella affermazione dei diritti
fondamentali della persona che sono alla base degli Stati
costituzionali, sottolineandone pertanto il grande ruolo e
l’insostituibile significato etico.
La figura dell’Infermiere non può dunque che fondarsi
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sulla professionalità dell’intervento e deve rivendicare la
natura istituzionale della propria legittimazione.
L’infermiere ha specifiche conoscenze e abilità e deve
godere della fiducia dell’utente per agire nei suoi interessi. La relazione con l’utente è diseguale, per il fatto che il
primo ha più potere. L’assistenza infermieristica, tuttavia,
come le professioni legali, la medicina, il counselling e
altre ancora, ha un codice etico il quale ha lo scopo, fra
l’altro, di proteggere l’utente dallo sfruttamento o dalla
cattiva condotta del professionista. Ma la collocazione etica dell’esercizio professionale dell’Infermiere va inquadrata soprattutto con riferimento alla funzione pubblica
assolta dall’assistenza, anche quando valorizzi l’apporto
privato o del volontariato.
La necessità di definire la professione di chi opera nell’assistenza impone innanzitutto di non incorrere nel
rischio che si verifica quando l’identità dell’Infermiere
viene definita attraverso una somma di negazioni: ciò che
non è, o ciò che non deve fare, oppure attraverso prescrizioni rigide e schematiche, regole generiche che in realtà
non risolvono il come, non producono un’immagine esaustiva e reale. Occorre, in questo caso, ripartire dal significato che il concetto della professione assume nel campo
delle professioni con uno specifico indirizzo “sociale”.
L’area semantica che scaturisce dal termine professione in senso stretto ruota invece sul seguente fondamentale elemento: il ricorso alla conoscenza per usi socialmente apprezzabili. Cosicché si può parlare di vera e propria
professione là dove una certa conoscenza viene tradotta in
operazioni pratiche, là dove una certa area del sapere viene applicata concretamente soddisfacendo in questo esigenze, bisogni, necessità del contesto societario
L’etica professionale dell’infermiere si deve muovere
quindi sulla base da un lato delle prescrizioni dei fini dell’ordinamento giuridico (ed in specie dei suoi fondamenti
etici), nonché dall’altro delle competenze e conoscenze
tecniche necessarie affinché siano adeguatamente conseguiti quei fini, in ragione della specifica competenza tecnica esclusiva.
Il “lavoro infermieristico” da un lato si indirizza dunque ai “fini pubblici”, non più di mera beneficenza, per
assicurare la tutela del diritto di salute dell’assistito (mandato istituzionale) in ossequio al principio di eguaglianza,
promovendo nell’utente la responsabilità personale e la
piena autonomia; dall’altro, basandosi sulle motivazioni
individuali rese efficaci dalla formazione, esaltandone il
valore sociale del mandato professionale.
Per questi motivi abbiamo dedicato questo numero a
riflessioni etiche e deontologiche della professione, che ci
auguriamo possano risvegliare coscienze assopite o essere stimolanti alle più vigili.
Il Presidente
Enrico Frisone
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Infermiere a Pavia
lÍeTICA Ł..
.
Annamaria Tanzi *
L’ETICA è … un sapere antico che si è
sviluppato fin dal momento in cui l’Uomo
ha iniziato a riflettere su se stesso e il mondo.
Sempre più l’Etica occupa un posto di
rilievo all’interno del dibattito politico, filosofico, sociale e culturale e naturalmente
negli ambiti della convivenza umana e in
quello sanitario.
L’Etica coinvolge altre discipline affini
come
La Morale,
La Deontologia,
La Bioetica.
L’Etica, la Morale, la Deontologia, la
Bioetica rimandano inevitabilmente al senso di RESPONSABILITA’, una parola che
evoca preoccupazione, impegno, coinvolgimento, un modo di sentire, un modo di
ESSERE verso il quale siamo spontaneamente portati o verso il quale veniamo
condotti.
La RESPONSABILITA’ è un valore fondante della società. La RESPONSABILITA’
è un valore fondante nella sanità. La
RESPONSABILITA’ è l’impegno eticomorale-deontologico dell’Uomo nudo e
dell’Uomo professionista in generale; è
l’impegno se si vogliono difendere autonomia, formazione, affermazione e riconoscimento di professionalità.
La riflessione etica sull’attività umana
assume come fondamentali punti di riferimento le norme giuridiche e i diritti umani
che ne costituiscono la base, ma anche le
norme morali che ispirano le scelte e le
azioni di molti uomini.
L’ETICA è … una parola che deriva dal
greco ethos, che significa “costume”,
“carattere”, “modo di essere e di comportarsi dell’Uomo”, “modo di reagire, di pensare”, Il Grande Dizionario Garzanti riferisce il lemma ETICA in primis a quella parte della filosofia che si occupa del problema morale, ossia del comportamento dell’Uomo in relazione ai mezzi, ai fini e ai
moventi. Il termine è stato introdotto da
Aristotele che con Socrate e Platone, affermò che l’Uomo agisce per un fine che è la
felicità. Non si tratta del piacere, degli onori, della ricchezza, bensì della realizzazione della “natura ed essenza” dell’Uomo,
che è quella di essere dotato di ragione.
Ma con Etica si indica un modello di
comportamenti che un individuo o un
gruppo di individui segue nelle proprie
azioni ed anche il modo di essere dell’Uomo.
Con Etica Professionale invece: l’insieme dei doveri inerenti all’esercizio di una
determinata professione (deontologia).
Da quando esiste l’Etica? DA SEMPRE,
da quando esiste l’Uomo, da quando gli
esseri umani hanno cominciato ad avvertire la necessità di creare delle regole non
scritte che facilitassero i rapporti tra di
loro, nel rispetto del valore reciproco.
L’ETICA è … una branca della filosofia in
stretto rapporto con la religione e il diritto
poiché essa si occupa delle norme che
regolano o devono regolare i rapporti di
ciascun individuo con gli altri e dei valori
che ciascun individuo deve realizzare nel
suo comportamento. Al contrario delle
norme legali, quelle dell’etica non sono
imposte da una repressione manifesta od
occulta, non sono sostenute da un potere,
ma tutt’alpiù da un’autorità che non può
che fare appello a un sentimento di
RESPONSABILITA’ nei confronti di qualcosa che va al di là dell’individuale: la società o l’umanità presa come un tutto.
Si è a conoscenza di diversi tentativi di
fondare le norme e i valori etici; essi possono venir riferiti al problema dell’utilità,
alle esigenze di una vita sociale armoniosa, ai fini che l’Uomo è chiamato ad attuare. Non meno controversi sono il campo di
applicazione di queste norme, il loro carattere assoluto o relativo, universale o limitato ad una società o ad una cultura particolare, la loro dipendenza nei confronti della
storia.
L’oggetto dell’etica è di difficile definizione quanto controverso persino tra le stesse correnti filosofiche che considerano
l’etica ora rigidamente separata dalla
moralità e ora accanto al problema del
significato del bene e del male, del giusto
e dell’ingiusto, del vero e del falso. Classi
di parole che non necessariamente debbono avere una corrispondenza biunivoca, non sono da considerarsi come valori
ed esigenze assoluti ed immutabili ma,
storicamente contingenti e relativi.
Tale storicismo muove dalla constatazio-
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ne della grande varietà e dei continui
mutamenti delle norme morali e delle istituzioni giuridiche, le quali, considerate nella evoluzione del tempo e nella diversità
dei luoghi, appaiono spesso discordanti o
anche in contrasto fra di loro. Si può dunque stabilire ciò che per esempio è giustoingiusto solo relativamente ad una determinata situazione e secondo un certo
costume.
L’ETICA c’è … ed è un problema in parte antropologico in parte speculativo, dal
momento che non si conosce il cominciamento assoluto della moralità tuttavia, si
può risalire l’origine della riflessione etica.
Il momento della transizione da una
comunità preumana ad una comunità specificatamente umana è antropologicamente inaccessibile; esso fa da nucleo a molte
narrazioni mitologiche, ma chi tentò di
descriverlo in termini empirici fallì nel
momento in cui, per spiegare la maniera in
cui un’orda animale sorpassò la soglia dell’animalità, dovette dotarla di qualità specificatamente umane (vedi Il senso di colpa
con Freud in Totem e Tabù 1912-13)
Le regole morali fanno parte di tutte le
società umane conosciute, e, ad un certo
stadio, si fondono di solito con le credenze religiose. Qualunque fosse poi la causa
che indusse gli uomini a rendersi conto
che le regole morali ereditate attraverso la
società potevano essere violate o essere
messe in discussione a parole, essa produsse la consapevolezza di una differenza
fondamentale tra “leggi di natura” di cui
non si è in grado di liberarsi, e “leggi morali”, che si possono di fatto abolire, con atti
di volontà.
E allora il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, il vero e il falso sono l’espressione
dei desideri, delle avversioni, dello stato
emotivo dell’Uomo.
La storia della cultura occidentale conosce diverse concezioni della vita e dei valori morali, alcune formulazioni sembrano
essere più significative per comprendere
alcuni modi di sentire del tempo presente.
Compte considerato il padre della
sociologia ha parlato di “etica comunitaria”, il cui principio fondamentale è il sentimento sociale, una etica che ha “l’amore
per principio, l’ordine per base e il progresso per fine”. Marx ed Engels sulla
morale così come su ogni prodotto del
pensiero umano affermano che si tratta di
una “emanazione diretta” delle condizioni
materiali economiche dell’esistenza umana … Non è la coscienza che determina la
vita, ma la vita che determina la coscienza.
La morale ha dunque un carattere storico
e pertanto sarà influenzata dal tipo di
società in atto. Un’altra concezione è stata
quella che crede ad un’etica fondata sull’utile. L’utile, come giustificazione e
movente delle azioni umane, è considerato sia in funzione del soggetto che agisce
per cui risponde al proprio vantaggio personale (che è il piacevole), sia in funzione
degli altri. Questa concezione si può far
risalire a Epicure per il quale l’Uomo deve
vivere in funzione del piacere e della felicità; ancor prima a Aristippo di Atene che
affermava che il bene è il piacere e più
recentemente agli inglesi Bentham e
Stuart Mill, per il primo il senso e il fine
della vita è il piacere, inteso come soddisfazione sensibile e come vantaggio personale … la ricerca del proprio piacere
deve avere riguardo del piacere altrui, pur
rimanendo nell’ambito del proprio vantaggio. L’etica è invece per S. Mill è un’arte
della vita che tende alla felicità, ma ad una
felicità vissuta insieme con gli altri. Una
forma particolare di relativismo in campo
etico è la cosiddetta “etica della situazione” per cui il problema etico viene impostato in termini esistenzialistici, attraverso
la accentuazione dei valori della libertà
individuale e della situazione concreta a
scapito dei principi obiettivi e universali,
non più considerati come norme ultime cui
la libertà deve riferirsi. Quindi il principio è
che Ogni persona individuale, nella situazione concreta in cui viene a trovarsi, debba cercare dentro di sé il lume interiore
che ispiri le sue scelte e le sue azioni. Il più
noto rappresentante di tale concezione etica è stato J.P. Sartre. L’etica della situazione ha avuto il merito di sottolineare il
ruolo della RESPONSABILITA’ INDIVIDUALE, ai fini di un comportamento veramente
morale, e la importanza della categoria di
situazione nella riflessione etica. Ciò che
viene proposto è una morale del tutto soggettiva e non norme universalmente valide. Inoltre ogni situazione va affrontata
nella sua singolarità e insieme anche nel
quadro di un sistema di principi e di valori.
Questa concezione si può accettare nella nostra pratica sanitaria, perché la situazione concreta non si oppone ai principi
universali e quindi alla singolarità dell’Uomo e degli eventi della sua vita, l’etica della situazione individuale non toglie nulla
all’etica normativa universale, ma la porta
a compimento.
E c’è un etica naturalistica e dell’autoaffermazione, una dottrina estremista in cui
si afferma che le leggi, i codici morali
imposti da una società condizionano in
modo negativo il modo di pensare dei cittadini e impediscono la riscoperta di propri
valori (Deschamp), … la legge proibisce
un’azione, è ingannevole, è diretta all’interesse generale sacrificando tutti gli interessi individuali ( Marchese De Sade), … questi condizionamenti impongono comportamenti inautentici per cui bisogna difendersi da tale sottile forma di oppressione
attraverso la critica sociale, la lotta politica
o attraverso il “Grande Rifiuto” e liberare
l’Immaginazione (Scuola di Francoforte:
Horkheimer, Adorno, Marcuse).
Un esempio di etica dell’autoaffermazione riguarda la figura in “Delitto e Castigo”
di F. Dostojevskij, Raskolnikov che pretende di stabilire i propri valori morali,
anche quando si tratta di commettere un
assassinio. Ma anche F. Nietzsche esalta
“la volontà di potenza” come caratteristica
dell’Uomo Superiore o “Super-Uomo”:
questi è una specie di aristocratico il cui
comportamento si innalza al di sopra della
moralità comune, e crea egli stesso i suoi
valori.
Un accenno alla concezione etica di S.
Freud che ha esercitato un grande influsso nella cultura del secolo appena trascorso. E’ il suo insegnamento che assume i
caratteri di una concezione etica, in quan-
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to identifica la “coscienza morale” con il
Super-io duro, crudele, inesorabile contro
l’Io; questo Super-io, erede del complesso
edipico, è la fonte della nostra eticità individuale.
Il Neopositivismo affrontò i problemi propriamente etici soprattutto con M. Schlick
(Circolo di Vienna) secondo cui l’etica si
riduce allo studio-descrizione psicologica
dei vari motivi verificabili del comportamento umano. Il Neopositivismo etico
considera i valori morali percepiti dalla
coscienza come una descrizione e ripetizione di emozioni soggettive. Il Neopositivismo (A. J. Ayer e B. Russel) riduce la
complessa esperienza morale dell’Uomo
ad una pura e semplice emozione psicologica e ciò che non rientra in questa emozione viene considerato senza significato.
L’etica cristiana infine, è costruita non
sulla base dellaagione pura, ma sulla base
della ragione illuminata e guidata dalla
Rivelazione (Bibbia) e dalla Tradizione
Ecclesiale. L’etica cristiana è radicata nella fede ed è perciò risposta dell’Uomo alla
parola di Dio. Le norme morali cristiane
riguardano tutti gli aspetti e le situazioni
della esistenza umana e si propongono
come una interpretazione del vero bene
per l’Uomo secondo la fede e secondo la
ragione. Infatti la fede non contraddice la
ragione, ma la assume, la aiuta, la illumina, la conferma. La rivelazione biblica non
è solo rivelazione di Dio, ma anche rivelazione dell’Uomo, delle sue miserie e insieme della sua dignità e vocazione. Rispetto
alla concezione cristiana dei diritti umani,
punto di partenza di ogni discorso etico,
questi sono fondati ontologicamente e stabilmente nella verità-dignità della persona
umana come “immagine” di Dio. E’ in questa dignità della persona che i diritti umani
trovano la loro immediata sorgente. Ed è il
rispetto di questa dignità che dà origine
alla loro effettiva protezione. Pertanto, la
persona umana, perfino quando erra,
mantiene sempre una dignità insita, e mai
perde la propria dignità personale.
In tutta LA STORIA DELL’ETICA è assai
forte la tentazione di costruire dottrine
morali monistiche con le quali ci si possa
facilmente liberare dei conflitti e delle
ambiguità morali.
L’ETICA è … un argomento difficile, a
volte percepito come troppo teorico e
quindi estraneo alla vita di tutti i giorni e
invece dovrebbe semmai permeare ogni
nostra azione.
In ambito sociale e sanitario si fa molto
uso di questo termine a cui si riconosce un
ruolo essenziale per rendere umana la
relazione tra le persone. L’etica dunque è
ciò che abbraccia tutta la dimensione
umana, compresa la deontologia.
Infermiere a Pavia
L’etica fa parte della quotidianità del
lavoro di tutti gli operatori sanitari ed è facile che venga disattesa, ed è inevitabile
credere che ciò sia dovuto all’IRRESPONSABILITA’che, come afferma S. Spinanti,
eserciterebbe su di noi (in segreto) una
profonda attrazione (soprattutto quando
rivendichiamo delle responsabilità) sia
come singoli sia come gruppo professionale.
Spinsanti fa corrispondere ad un preciso
momento storico, quello della Rivoluzione
Industriale con la divisione del lavoro e la
burocratizzazione della società, la nascita
di una forma di irresponsabilità. Quella
irresponsabilità che ama ricorrere alla formula magica “Non mi compete”.
Di fronte all’irresponsabilità generalmente le persone assumono atteggiamenti
ambivalenti: ne sono attirate almeno tanto
quanto provoca indignazione e fondamentalmente semplifica la vita rispetto all’assunzione di RESPONSABILITA’.
Per fortuna, la nostra ambivalenza personale talvolta subisce delle forti spinte
collettive, che fanno pendere il piatto della
bilancia dalla parte dell’impegno ad assumersi maggiore responsabilità: si pensi
che all’insegna del motto “I CARE”, persone “a cui non competeva” si sono assunte
la responsabilità di trasformare le condizioni sociali che permettevano il razzismo,
il ruolo subordinato delle donne in una cultura maschilista, le ingiustizie “terzomondiste”, diritti civili e tanto altro ancora.
Tutto l’agire sanitario rimanda alle ragioni dell’etica ed alle ragioni della responsabilità, questo significa che i professionisti della sanità (medici e infermieri) si
impegnino: in primo luogo, ad acquisire le
conoscenze attendibili riguardo all’efficacia provata dei trattamenti e degli interventi a tutti i livelli biologici, psicologici e
sociali, alle indicazioni e controindicazioni,
agli effetti collaterali; in secondo luogo è
necessario SAPER COMUNICARE tali
informazioni al paziente/utente, avere la
volontà di comunicare, modificando così
l’asimmetria di fondo che esiste tra i sanitari e le persone che a loro ricorrono per
bisogni di salute.
La quantità e la qualità dell’informazione
fornita al paziente/utente, può modificare
in modo anche impressionante, la disponibilità di quest’ultimo a sentire il bisogno di
una educazione alla salute.
L’epoca moderna si muove all’insegna
dell’AUTONOMIA di scelta da parte del
malato/cittadino e con la “mediazione”
della BIOETICA per cui:
• La buona medicina è quel trattamento
che rispetta il malato nei suoi valori e
nell’autonomia delle sue scelte.
• L’ideale medico è un’autorità democraticamente condivisa.
• Il buon paziente è colui che partecipa
mediante il consenso informato.
• Il buon rapporto diventa un contratto di
prestazione d’opera tra professionista e
utente.
• Il buon infermiere deve essere un facilitatore della comunicazione a beneficio
di un paziente autonomo. L’infermiere
può fare molto sia dal punto di vista
conoscitivo sia da quello emotivo.
• Chi prende le decisioni sono il medico
ed il malato insieme (decisione consensuale).
L’obiettivo:
la giusta soddisfazione degli utenti
che rimanda alla RESPONSABILITA’ per
i risultati e cioè, offrire servizi giusti, nel
modo e nei tempi giusti, a tutti coloro che
ne hanno diritto (ci siamo anche noi!).
Noi professionisti della salute allora possiamo (dobbiamo)i lasciare l’ultima parola
all’AMORE, ragione ultima che forse induce a essere responsabili per qualcun altro.
(Tratto da una relazione del Prof. Sandro
Spinanti Esperto di Etica e Bioetica presentata a Pavia nel Febbraio 2005 nel
Convegno “Infermiere e Bioetica: da
incontro inevitabile a scelta consapevole”
già pubblicata su Vita di Collegio).
L’ETICA è … appunto inevitabile nella
professione infermieristica. Nell’esercizio
della loro attività gli infermieri hanno sempre dovuto affrontare dei problemi morali.
Nella prima metà del Novecento l’etica
infermieristica comincia ad assumere un
carattere scientifico poiché la si ritiene una
componente essenziale della formazione.
Infatti le si dedicano articoli di rivista, capitoli di libri o interi libri. Una delle fonti alle
quali ci si ispira , comune all’etuica medica, è rappresentata dal giuramento di
Ippocrate; inoltre si fa spesso riferimento a
valori derivanti dalla religione. I testi di
questo periodo sono redatti principalmente da religiosi e medici. I temi trattati sono
il più delle volte i doveri della lealtà e dell’obbedienza verso il medico; alcune opere mettono in evidenza il dovere, che
l’operatore ha verso se stesso, di essere
più perfetto possibile nel corpo, nello spirito, nella volontà al fine di poter fornire una
buona assistenza.
Negli ultimi decenni l’approccio a
questa tematica mira:
- Da un lato per l’ETICA PROFESSIONALE, a definire i problemi morali più importanti che l’infermiere incontra nella sua attività e i principi a cui si dovrebbe ispirare
per tentarne una soluzione.
I principi sono contenuti nel Codice
Deontologico, fonte importante per la professione infermieristica alla stessa stregua
del Profilo Professionale e della Formazio-
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ne, un modello di comportamento che può
guidare a compiere scelte etiche nell’azione e sviluppare un vero senso di responsabilità. Si può infatti affermare che la
deontologia è espressione dell’etica professionale in quanto traduce in norme le
istanze morali, specialmente in relazione ai
destinatari delle prestazioni e dell’attività
professionale. La deontologia consiste in
un insieme di regole di autodisciplina e di
comportamento che valgono per i membri
di una determinata professione, su deliberazione di quest’ultima. Sono dunque gli
stessi professionisti a darsi le regole del
proprio agire professionale.
I principi sono anche presenti nel Patto
Infermiere-Cittadino, patto sta ad indicare
quel rapporto tra operatori sanitari e fruitori delle cure che meglio corrisponde alla
cultura ed alla sensibilità del nostro tempo.
Il nuovo Codice, tutta la deontologia
professionale sanitaria, si confronta con
altre istanze, il diritto, la morale, l’etica, la
bioetica richiamando la coscienza individuale e la coscienza professionale a fondamento della responsabilità e dell’impegno del professionista.
- Dall’altro per la BIOETICA, a fornire
metodi e strumenti a tutti i professionisti
della salute e, per certi aspetti, a ogni
uomo, affinché possano formarsi un giudizio etico su questioni inerenti la vita e la
sua qualità.
Fra i principi morali da tenere presente
nel lavoro infermieristico spicca oggi per
importanza, LA CENTRALITA’ DELLA PERSONA nella presa delle decisioni che
riguardano il suo benessere e che presentano una componente morale.
L’odierna cultura professionale vede nell’infermiere un AGENTE MORALE, cioè
una persona che fa scelte di natura etica,
perché il suo agire è condizionato, ma non
determinato, dalle richieste dell’assistito,
dall’organizzazione del lavoro, dai comportamenti e dalle richieste degli altri operatori sanitari, dall’integrazione con essi. L’ampiezza del suo campo decisionale e delle
relative responsabilità, varia a seconda dell’autonomia che gli è attribuita nelle diverse realtà: ma il principio è riconosciuto
ovunque. La ragione generale per la quale
l’infermiere è un agente morale sta nella
natura “professionale” del suo lavoro.
La formazione etico-morale costituisce
la premessa indispensabile per comprendere ed aderire ad un codice di deontologia professionale con il quale un professionista della salute, qual è un infermiere,
salvaguardando la dignità della persona
assistita, salvaguarda la sua dignità professionale.
E’ nella responsabilità etica che si matura la consapevolezza di far corrispondere
l’agire nel lavoro con le esigenze più pro-
fonde del nursing e del servizio sanitario.
Ogni professionista dovrebbe chiedersi
quale sia il suo livello di sviluppo morale e
quanto intenda crescere in questo senso,
sapendo che la qualità delle proprie decisioni etiche sarà diversa a seconda di
quanto è andato avanti il suo processo di
maturazione.
L’eticità è un attributo della professionalità, se è assente anche l’attività sarà spenta e indesiderata con pesanti ricadute in
termini di demotivazione e deresponsabilizzazione, disinteresse e progressivo
distacco.
Prendere una decisione, fare delle scelte in senso etico-morale nelle circostanze
concrete che ripresentano nei servizi sanitari non è il frutto di una intuizione o dell’esperienza ma, comporta un processo,
che consiste in una applicazione del metodo problem-solving. Un processo che
incomincia con il riconoscimento di un
problema di natura morale e il tentativo di
risoluzione.
Le fasi di questo processo sono:
1) IDENTIFICAZIONE DEL PROBLEMA
MORALE
2) IDENTIFICAZIONE E UTILIZZO DELLE
RISORSE DELLE PERSONE COINVOLTE
3) APPLICAZIONE AL CASO DEI PRINCIPI
DELL’ETICA
4) DETERMINAZIONE DEGLI OBIETTIVI E
SCELTA DI UNA AZIONE MIRANTE ALLA
SOLUZIONE DEL PROBLEMA
5) VALUTAZIONE DEI RISULTATI OTTENUTI E DEL PROCESSO MESSO IN
ATTO.
La prima fase è certamente la più ardua,
sarebbe auspicabile una certa flessibilità
di pensiero quando si deve necessariamente categorizzare il problema. Incertezza morale, disagio morale e dilemma etico
sono tre situazioni possibili su cui occorre
un’attenta riflessione. Il Codice Deontologico in questo processo è da ritenere lo
strumento per eccellenza senza escludere
come guida a scelte etiche, la coscienza
professionale e le leggi che regolano
l’esercizio professionale e tutelano i diritti
delle persone. Qualunque sia la scelta
operata dall’infermiere deve avere i requisiti dell’utilità e della evitabilità di un danno
per l’assistito. E’ importante soprattutto
nella seconda fase saper prendere in considerazione la persona assistita in primis
ed eventualmente familiare o altre persone
significative, quali risorse attive da “utilizzare” convenientemente per la risoluzione
del problema morale. Infine, la valutazione
dei risultati chiede il confronto con l’équipe
e/o un qualsiasi consesso organizzato ad
hoc per la formazione permanente.
All’agire etico di una persona contribuiscono anche l’impegno personale animato da un desiderio autentico per il conse-
guimento di risultati morali; la capacità poi
di rispondere in modo appropriato ed efficace a problemi di natura morale richiede
lo sviluppo di:
• Sensibilità Morale implica la consapevolezza di aspetti della situazione che
influiscono sul benessere sociale e personale. Richiede riflessione critica, intuizione, conoscenze morali. Implica l’interpretazione dei comportamenti verbali
e non verbali di una persona, l’identificazione dei suoi desideri e bisogni. E’
influenzata dalla educazione ricevuta,
dalla formazione intellettuale, dall’esperienza di vita.
• Ragionamento Morale rappresenta l’atto
o il processo di trarre conclusioni logiche di fatti o segni; la capacità di stabilire il “che cosa fare”. Si tratta di un processo cognitivo che può essere ispirato
da intuito ed emozione.
• Motivazione Morale riguarda il desiderio
e l’interesse autentici a conseguire buoni risultati morali. Implica un elevato senso di responsabilità morale e integrità
morale. Implica coerenza tra pensiero e
azione.
• Carattere Morale consiste nella perseveranza, nella fermezza delle proprie convinzioni e nel coraggio che permettono
di attuare un piano di azione morale.
Il primo compito nell’accingersi a prendere decisioni etiche è quello di considerare il complesso dei valori posseduti sia
dall’infermiere (il professionista) sia dalla
persona assistita da cui sono entrambi
influenzati e che condizioneranno inevitabilmente le loro azioni. Nel momento in cui
alcuni valori entrano in conflitto con altri,
l’infermiere deve essere in grado di rispettare quelli altrui, soppesandoli in relazione
ai diritti dei pazienti e ai propri doveri professionali.
L’agire nell’ambito sanitario sebbene sia
obbligato ed anche garantito dalle norme
legislative, non presuppone che tutto ciò
che è legale sia legittimo. E’ possibile
infatti, immaginare situazioni in cui un certo intervento, diagnostico/terapeutico o di
ricerca, sia in accordo con le leggi esistenti, ma contrasti con il giudizio morale del
professionista sanitario generando così
conflitti tra medici e infermieri soprattutto,
questo è un dato storico se pensiamo
all’epoca del nazismo, ai manicomi e a tutt’oggi rispetto a tanti DILEMMI ETICI medicina: aborto, eutanasia, “trapianti d’organo”, sperimentazione, contenzione fisica e
farmacologia, terapia elettroconvulsivante.
In ambito psichiatrico restano aperte (perché poco considerate e discusse, forse
anche a causa di una mentalità e opinione
di massa prevalente intrise al pregiudizio
culturale che rappresenta un pericolo per i
diritti dell’Uomo)gravi questioni etiche e
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morali (veri e propri abusi a vari livelli dell’agire cosiddetto “terapeutico”) che ledono a tutt’oggi i diritti umani delle persone
malate.
Mettersi contro la legge comporta sanzioni, seguire la propria coscienza spesso
richiede un alto prezzo, che non tutti sono
disposti a pagare.
Anche se tutti facessimo riferimento alle
stesse regole ed agli stessi valori, esistono
libertà e spazi di interpretazione relativi alla
singola situazione e all’incontro di due
mondi diversi, che rendono diverso l’agire
quotidiano del professionista anche in
situazioni apparentemente simili. Il Prof.
Spinsanti nel suo testo “Bioetica e Nursing” edito McGraw – Hill in virtù di quanto appena trascritto dice che nell’assistenza la pianificazione standard serve proprio
come guida per guidare i comportamenti
che vanno modulati sul singolo paziente.
L’etica clinica è dunque un esercizio particolare della razionalità umana. Quella che
deve essere esercitata nel contesto di un
sapere incerto e deve tener conto contemporaneamente della norma e delle eccezioni, dei principi e delle circostanze, di ciò
che è formalmente corretto e di ciò che in
una situazione concreta risulta “bene” o
“male minore”.
Non si conosce bene se non facendo, si
tratta di elaborare le proprie analisi e giungere a conclusioni argomentate, quindi
Spinsanti propone una griglia per l’analisi
di situazioni cliniche che non trascuri le
dimensioni essenziali.
Un modello, la cui specificità è stata la
preoccupazione di inserire organicamente
la giustificazione etica del comportamento
in un contesto più ampio, che include i vincoli legali e deontologici, il COMPORTAMENTO OBBLIGATO e il COMPORTAMENTO ECCELLENTE. La buona medicina dei nostri giorni non è più solo quella
eticamente giustificabile, ma la medesima
che si propone la qualità eccellente: sia la
qualità valutabile dell’operatore, sia quella
valutabile dal cittadino che usufruisce del
servizio. Ritorna pertanto il concetto di
responsabilità e tre diversi livelli di essa: il
primo è quello dell’osservanza delle norme, legali, deontologiche o altro, che
regolano l’operato del sanitario, definiamo
il COMPORTAMENTO OBBLIGATO, non
siamo nell’etica ma nella pre-etica per cui
la verifica di tale comportamento sta nell’interrogativo: cosa ci può capitare agendo in un modo o nell’altro? Spesso ci si
ferma a questo punto, soprattutto in quest’epoca di crescente conflittualità giudiziaria. Ma non si è nella Medicina “buona”
e cioè eticamente giustificabile. Allora un
altro livello di responsabilità deve essere
connotato da un COMPORTAMENTO ETICAMENTE GIUSTIFICABILE:
Infermiere a Pavia
• La difesa del minimo morale: due principi, uno di non maleficità (evitare ciò
che nuoce) e uno di giustizia (opporsi a
discriminazioni e ingiustizie).
• La promozione del massimo morale:
principio di beneficità (orientamento al
bene del paziente), principio di autonomia (coinvolgimento del paziente nelle
decisioni che lo riguardano).
Il terzo livello della responsabilità si riferisce al perseguimento della qualità per
cui il COMPORTAMENTO ECCELLENTE ci
introduce nel quadrilatero della soddisfazione:
il paziente è
- giustamente soddisfatto
- giustamente insoddisfatto
- ingiustamente soddisfatto
- ingiustamente insoddisfatto
Cosa è allora la buona sanità? Queste le
conclusioni dell’Autore:
“Medicina sicura, medicina buona,
medicina eccellente: non sono tre medicine, ma una sola pratica in cui ci sia sempre il confronto con le leggi, con l’etica,
con la deontologia”.
L’ETICA è … un problema universale
perché costitutivo di Ogni Uomo, di Ogni
Momento della Vita dell’Uomo, di Ogni
Angolo di Mondo e di Tempo dove c’è
l’Uomo.
Eppure, l’esperienza mostra a tutti che i
comportamenti che le persone possono
avere davanti alla stessa situazione possono essere molto diversi. Ciò è determinato
dal fatto che l’etica è a sua volta costituita
da diversi elementi che, se da una parte
garantiscono l’oggettività e dunque l’universalità della dimensione etica, dall’altro
ne salvaguardano la soggettività, e quindi
la particolarità d’espressione.
L’ETICA è … per finire in questa testimonianza dei valori che animarono l’attività di assistenza ai malati di Florence
Nightingale, il suo giuramento etico:
assistere lealmente il medico nel suo lavoro e mi dedicherò completamente al
benessere di coloro che saranno affidati
alle mie cure”.
La Nightingale (1820-1910) è considerata la fondatrice della professione infermieristica nel senso moderno del termine; il
Nursing grazie a questa autorevole esponente è stato sin dall’inizio animato e
orientato da nobili valori etici.
Uno stile quello della Nightingale valido
ancora oggi.
Bibliografia
- Sandro Spinsanti, “Bioetica e Nursing”,
Editore McGraw – Hill
- C. Calamandrei e Laura D’Addio, “Commentario al nuovo Codice Deontologico
dell’Infermiere”,
Editore McGraw –
Hill
- C. Cortese e A. Fedrigotti, “Etica Infermieristica”, Editore Sorbona
- S. Spinsanti, “Le ragioni della Bioetica”,
Collana La Biblioteca di Giano, Edizioni
CIDAS
- Relazione su “L’Etica e la Bioetica nella
formazione dell’Infermiere” di Donatella
Bernardi,
- Relazione su “Il Codice Deontologico,
un’insostituibile guida” di Laura D’Addio
- Università degli Studi di Firenze
- Mosè Furlan, “Etica Professionale per
Infermieri”, Editore Piccin
- Carlo Calamandrei, “L’assistenza Infermieristica”, Edizioni La Nuova Italia
Scientifica
- Sara T. Fry e Megan-Jane Johnstone,
“Etica per la Pratica Infermieristica”,
Casa Editrice Ambrosiana
- Antonia Peroni, “Etica e Deontologia”,
Editore McGraw – Hill.
“Solennemente mi impegno … di trascorrere la mia vita integra e di esercitare
fedelmente la mia professione. Mi impegno di astenermi da qualsiasi pratica dannosa e malvagia, e di non somministrare
coscientemente medicamenti nocivi.
Mi impegno di fare quanto è in mio potere per mantenere ed elevare il livello della
mia professione, di serbare il segreto su
tutte le informazioni di carattere privato che
mi fossero confidate e su tutti gli avvenimenti familiari di cui venissi a conoscenza
durante l’esercizio della mia professione.
Mi adopererò con tutte le mie forze ad
L’autore
* Infermiera
Centro Diurno Polo Psichiatrico Torchietto
A.O. Pavia
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Numero 1/2006
La pratica dell’etica
Una lettura del Codice Deontologico
Maura Cattanei *
Un giorno mi stavo chiedendo in che
modo il Codice Deontologico, che dal
1999 è vincolante per l’esercizio della professione infermieristica, potesse influire
sulla mia vita professionale quotidiana. Mi
chiesi, per prima cosa, quale fosse il significato del termine “etica” e scoprii che l’etica non è pura speculazione filosofica, ma,
come veniva intesa dai primi filosofi occidentali, greci, è la messa in atto, a livello
pratico, di precetti, concetti, definizioni elaborati dalla morale, dalla politica, dalla religione.
L’etica, perciò, si occupa di qualsiasi
comportamento umano politico, economico, morale, è distinta delle norme, in quanto si occupa delle azioni, siano esse buone o cattive, e non solo giuridicamente
permesse, vietate o politicamente più adeguate, l’etica è l’enunciazione di concetti
che vanno messi in pratica. I primi filosofi
greci del 5° sec a.C., sofisti come Prodico,
Ippia, Trasimaco, Antifone, sostennero che
le virtù si possono insegnare ed elaborarono tecniche retoriche volte ad ottenere la
persuasione dei loro contemporanei
rispetto alla superiorità di alcuni valori. Al
filosofo Ippia si fa risalire il concetto che
una profonda morale vive nella vera natura dell’uomo e può contrapporsi alle leggi,
espressione del potere prevalente in un
periodo storico. Socrate cerca di definire
la nozione di “bene” e di virtù etica, orientandosi a ciò che può essere definito “universalmente” come bene; egli pensa che il
vero vantaggio coincide con il vero bene e
ciò che è universalmente bene, è bene
anche per l’individuo. Conoscere il bene
significa amarlo e desiderare di metterlo in
atto.
Nel 20° sec, dopo varie elaborazioni, ed
un periodo di stasi in cui non si parlava
quasi più di etica normativa, si giunge alla
definizione di etica come di filosofia essenzialmente pratica, definendo meta-etica le
speculazioni teoriche e conoscitive.
Perciò il concetto di Etica non è un insieme d’elucubrazioni filosofiche, talmente
elevate da essere impraticabile; al contrario i riferimenti etici sono guide per la
gestione quotidiana dei rapporti e dei
comportamenti umani. A questo punto
leggere il Codice Deontologico diventa
indispensabile.
Per chiarire meglio cosa si intende per
“pratica dell’etica” consiglio di leggere il
libro che Fernando Savater scrive per suo
figlio; nel libro viene spiegato, in modo
molto semplice, cosa è l’etica e in che
modo entra nel quotidiano.
Savater, afferma che la questione primaria di cui si occupa l’etica è quella della
libertà: libertà di poter dire di “si” o di “no”,
nonostante quanto dicano gli ordini dei
superiori, le abitudini, le consuetudini, le
convenienze, i capricci. Savater raccoglie
l’eredità di Kant, il quale afferma che solo
chi è libero può agire conformemente ai
“doveri”, solo chi è libero ha la capacità di
intendere i dettami morali ed agire l’autonomia di pensiero necessario anche a
disattenderli, per obbedire ad una legge
più alta.
Pensare è fondamentale per poter scegliere, la scelta deve essere compiuta in
base ad un ragionamento e per poterla
effettuare in modo etico ci si deve chiedere: “perché faccio questo?” (per abitudine,
perché me l’hanno ordinato, per capriccio), e inoltre: “perché obbedisco?” (per
paura, per avere ricompense, perché penso che i miei capi ne sappiano più di me?)
Se prima di fare scelte penso, ho l’opportunità di accorgermi se che c’è qualcosa che non va, se una voce, dentro di me,
mi chiede se sia conveniente agire in un
certo modo o no. Se do a me stesso la
possibilità di ascoltare il mio interiore, egli
può mostrarmi quello che c’è di malvagio
e se agisco così, ho l’opportunità di chiedermi se ci può essere un modo migliore
di procedere, anche andando al di là
degli ordini ricevuti.
Dall’abolizione del mansionario, nessuno più ci ordina cosa fare, come professionisti siamo passati da meri esecutori, a
individui competenti, autonomi e responsabili, perciò, prima di agire, dobbiamo
attentamente pensare “a cosa e a come
fare”; dall’entrata in vigore della legge….
del 1994, la professione infermieristica è
stata investita di responsabilità e ha assunto autonomia, slegandosi da norme rigide,
perciò è diventato indispensabile elaborare ed enunciare teorie di nursing aderenti
alla nostra realtà, nonché aprire la strada
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alla sperimentazione e alla ricerca infermieristica.
La definizione di responsabilità infermieristica ha reso necessaria la revisione del
Codice Deontologico; esso è la dichiarazione d’intenti della professione, l’affermazione della sua autonomia, quindi non può
essere considerato una sterile dichiarazione filosofica, bensì la presentazione, la
chiarificazione di cosa comporta l’esercizio della professione; esso definisce gli
ambiti, le regole e i comportamenti, è un
dettato normativo ed è diventato vincolante per gli infermieri nel momento in cui il
concetto di “Etica Normativa” (e normante) ha ripreso forza.
Il Codice Deontologico della professione infermieristica è, a mio parere, uno dei
più evoluti tra quelli delle professioni sanitarie, per questo rischia di essere percepito come un insieme di norme astratte e
irraggiungibili nel quotidiano; come tutte le
cose umane esso è sicuramente perfettibile, ma è un’ottima base di partenza per
discutere ed elaborare ciò che noi tutti
dobbiamo fare ogni giorno: occuparci della persona nella sua interezza.
L’art 1.3 del Codice afferma che: “La
responsabilità dell’Infermiere consiste nel
curare e prendersi cura della persona, nel
rispetto della vita, della salute, della libertà
e della dignità dell’individuo”. Chi, tra noi,
può negare che queste affermazioni non
siano al centro della nostra attività quotidiana? Ogni volta che mettiamo piede nei
nostri posti di lavoro, è questo che ci si
aspetta da noi. Cerchiamo di non dimenticare mai che “prendersi cura di una persona” significa guardarla tenendo conto di
tutte le esigenze ed i bisogni che, sempre,
vanno oltre la malattia e coinvolgono la
vita di relazione, l’affettività, l’intelligenza,
le emozioni. Nel momento in cui una persona perde il suo benessere non ha più la
sua libertà e, sovente, la sua dignità, siamo noi che come professionisti dell’assistenza dobbiamo preservare la dignità e la
libertà delle persone che assistiamo.
Analisi del testo
Il codice deontologico è costituito da
sette parti: una premessa; una parte in cui
vengono enunciati i principi etici della professione; una parte che raccoglie le norme
generali; tre parti in cui si suggeriscono le
regole per tenere corretti rapporti sia con
la persona assistita, sia con i colleghi, sia
con gli altri operatori sanitari, sia con le
istituzioni; per ultima, abbiamo una parte
con le disposizioni finali.
Cerchiamo di vedere come le norme
redatte si riflettono nella vita quotidiana di
noi tutti.
Infermiere a Pavia
La premessa
L’articolo 1.1 afferma che “l’infermiere è
l’operatore sanitario che, in possesso del
diploma abilitante e dell’iscrizione all’Albo
professionale, è responsabile dell’assistenza infermieristica”. Questa definizione
dà molte informazioni, ci dice che si è
infermieri solo dopo aver conseguito il
diploma, perciò la definizione che molti
ancora danno, specie tra i cittadini, alle
altre figure (O.S.S., O.T.A., A.S.A), di infermiere, in realtà non sono corrette. Solo chi
ha conseguito il diploma e per questo ha
potuto iscriversi all’Albo, è un’Infermiere,
gli altri sono figure di supporto alla professione infermieristica. Questo concetto
dovrebbe essere meglio interiorizzato ed
entrare nella percezione della professione,
perché è quello che ci definisce e caratterizza; senza togliere niente all’importanza
delle altre figure, il comprendere chiaramente chi è l’infermiere ci può aiutare ad
acquisire una maggiore consapevolezza
nel nostro operare, del fatto che la responsabilità dell’assistenza infermieristica alla
persona è solo nostra, con tutti gli oneri e
gli onori che questo comporta, onori che
non siamo in grado di prenderci perché
vengono assimilati e confusi tra quelli di
mille altre figure di operatori sanitari.
Nell’articolo 1.2 sono definite le modalità
e gli ambiti in cui l’infermiere esplica la sua
professione, afferma che l’infermiere è al
servizio sia del cittadino, sia della collettività e che l’assistenza infermieristica si realizza attraverso “interventi specifici”; questi
interventi sono basati sulle teorizzazioni di
nursing e devono essere validati dall’evi-
denza scientifica, viene bandito dal lessico
dell’infermiere il “si è sempre fatto così”.
Questo assunto presuppone un cambiamento di mentalità che deve portare alla
ricerca, al controllo dei risultati e alla formazione permanente. Per non perdere mai di
vista quello che è il nostro ruolo ci si deve
rendere conto che ci sono cose che possono fare solo gli infermieri, ed è importante
che ognuno scopra e capisca quali sono,
altre che si devono fare in collaborazione
con altri, ed altre che possono essere delegate. L’ultima parte dell’articolo enuncia in
che campo l’infermiere può muoversi e qui
scopriamo che la nostra responsabilità travalica l’aspetto fisico e squisitamente tecnico, per sfociare nell’ambito della relazione
e dell’educazione. Di questi aspetti ci si
deve appropriare in modo professionale,
supportandoli e approfondendoli con una
formazione adeguata. Per alcuni di noi questi ambiti sono tra i più gratificanti e per tutti sviluppare le capacità di relazione può
contribuire ad una maggiore integrazione e
responsabilizzazione degli infermieri negli
ambiti in cui possono operare.
Come abbiamo già ricordato, l’art. 1.3
afferma che “La responsabilità dell’Infermiere consiste nel curare e prendersi cura
della persona, nel rispetto della vita, della
salute, della libertà e della dignità dell’individuo”. Questo terzo punto indica chiaramente che l’assistenza infermieristica
riguarda l’essere umano nella sua interezza; l’imperativo categorico, quindi, non è
solo il “non nuocere” ippocratico, ma si
trasforma nel garantire che la vita e la salute siano vissute in libertà e con dignità; noi
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sappiamo quanta poca dignità ci sia nel
momento in cui un essere umano ha bisogno di altri per assolvere ad alcune funzioni come lo scaricarsi, il pulirsi, il muoversi
o nei momenti in cui il dolore prende il
sopravvento, nostro compito è accompagnare ed assistere la persona usando, sia
le tecniche apprese, sia la capacità di relazione facendo sì che non si senta ridotta
ad una cosa, questo è il momento in cui
entra in gioco la capacità di rendere “arte”
una “tecnica”.
Negli articoli 1.4 e 1.5 della premessa si
afferma il concetto che anche il cittadino
dovrebbe conoscere il contenuto del codice deontologico; questo potrebbe significare aver la possibilità di mostrare la specificità dell’intervento infermieristico e
l’identità professionale, significherebbe
diffondere il concetto che la professione è
sottoposta a regole e valori che hanno un
peso legale e sociale e non è più lasciata
alla buona volontà di chi la pratica, come
poteva succedere nei secoli scorsi. Sempre in questi articoli viene affermato esplicitamente che il codice deontologico deve
essere vissuto nel quotidiano.
I principi etici della professione
Nella seconda parte si entra nel vivo delle argomentazioni.
Si parte con l’affermazione che i diritti
fondamentali dell’uomo devono essere
rispettati.
A grandi linee i diritti dell’uomo possono
essere riassunti ne:
• la tutela dell’esistenza individuale (contro l’uccisione, la tortura, la mutilazione,
la schiavitù, la libertà di coscienza e
d’opinione, la libertà religiosa ecc);
• la sicurezza nel soddisfacimento dei
bisogni (salute, casa, lavoro, istruzione
ecc);
• l’eguaglianza (contro le discriminazioni
di sesso, religione, razza, opinioni politiche ecc);
• la tutela dei diritti politici (partecipazione
al governo, elezioni periodiche, libere,
segrete ecc).
Questi diritti sono sanciti da molti ordinamenti giuridici e affermati da molte organizzazioni sovranazionali (O.N.U., Croce
Rossa, Amnesty Internetional, ecc.). Muoversi nel quotidiano tenendo presenti queste enunciazioni, per l’infermiere, significa
prestare attenzione alla salute fisica, psichica, morale, spirituale della persona che
assiste; significa offrire attenzione anche a
quello che sta intorno alla persona, al suo
ambiente, alla sua famiglia, al suo contesto culturale e trattare tutti equamente
“indipendentemente dall’età, dalla condizione sociale ed economica, dalle cause
di malattia”.
Per l’infermiere è primario tutelare la
salute, ma esso lo fa rendendosi conto
che essa è un bene collettivo, oltre che
individuale e, forse più di altre figure,
conosce l’importanza della prevenzione e
della riabilitazione.
Nel momento in cui la nostra società si è
fatta multiculturale, le differenze hanno
posto nuove sfide alla professione, spesso
ci si deve confrontare con dettami etici
diversi dai nostri, che possono ostacolare
la cura dell’individuo. Nel caso in cui i principi etici di una cultura, o/e in ogni situazione dove secondo noi si vada contro i
nostri principi, la capacità di dialogare e di
capire assume la valenza di arte, ma nell’articolo 2.5 viene affermato come diritto
del professionista la possibilità di dissentire, di dire:” accetto la vostra visione, diversa dalla mia, ma asserisco che questo va
contro la mia coscienza”, si può esercitare
il diritto di dire di no (obiezione di coscienza).
Nell’articolo 2.6 viene ribadito il concetto
del “non nuocere”, esso apre a numerose
considerazioni che vanno valutate caso
per caso. Bisogna chiedersi cosa significa
“non nuocere”, se significa stabilire, anche
insieme agli altri operatori, dove collocare
la sottile linea di confine tra cura e accanimento terapeutico, se significa porsi sempre l’interrogativo: “quello che faccio è utile alla persona?”, ecc. In questo stesso
articolo viene enunciato un altro principio
fondamentale per la professione infermieristica che è quello che impone che l’opera dell’infermiere deve essere volta a ristabilire l’autonomia dell’individuo, attivandone le capacità residue in caso di disabilità
o malattia cronica. Questo concetto, l’attivazione delle risorse residue, mette in gioco tutta l’abilità di educatore, di riabilitatore e di comunicatore dell’infermiere. Sappiamo tutti benissimo quanto può essere
difficile convincere un paziente, a cui la
malattia ha tolto alcune capacità o semplicemente energia, che può tornare ad avere una vita “normale”. Mostragli come
affrontare la quotidianità con uno svantaggio significa avere l’addestramento, la sensibilità e la delicatezza di entrare nella sua
vita e rendergliela di nuovo vivibile. È una
grande responsabilità che mette in gioco
le convinzioni, il modo di essere, la percezione della vita dell’infermiere e del
paziente.
L’articolo 2.7 è di particolare attualità.
Recita: “l’infermiere contribuisce a rendere
eque le scelte allocative, anche attraverso
l’uso ottimale delle risorse. In carenza delle stesse, individua priorità sulla base di
criteri condivisi dalla comunità professionale”. In parole povere significa che tra le
responsabilità dell’infermiere c’è anche
quella di fare in modo che i finanziamenti,
i budget, le risorse finanziarie stanziate per
la sanità e nella situazione lavorativa specifica in cui si opera, siano usate in modo
equo, senza sprechi e senza sperequazioni. Con l’approvazione della devolution e
con le finanziarie che legano le istituzioni
italiane ad una visione prettamente economica dell’Unione Europea, il ruolo che
impone l’etica infermieristica, di equità e di
“uso ottimale” diventa una sfida titanica,
combattuta ogni giorno sul campo. Non
so quanto il concetto di risparmio e di ottimizzazione delle risorse venga trasmesso
alle nuove generazioni di infermieri, ma,
personalmente, ricordo molto bene quanta importanza rivestissero questi concetti
all’epoca della mia formazione. In effetti la
stessa Annalisa Silvestro, in un discorso di
tre anni fa, sottolineava il fatto che se la
gestione delle risorse economiche, strutturali e umane, della salute fosse lasciata
agli infermieri, forse non ci sarebbero tanti
sprechi. Solo chi vive ogni giorno le difficoltà che incontrano i pazienti (specie a
domicilio) e i cittadini tutti, si rende conto
di quante situazioni spinose si potrebbero
ovviare con il buon senso, un minimo di
buona volontà, una buona e capillare educazione sanitaria.
Norme generali
La terza parte del codice deontologico
entra nello specifico della professione.
Nell’ articolo 3.1 introduce e specifica il
concetto dell’evidenza scientifica. In questa parte avviene la definitiva trasformazione della professione infermieristica. Dopo
che è stata sottolineata la valenza umana
dell’assistenza infermieristica si afferma
che la nostra professione ha a che fare
con la scienza, perciò dobbiamo essere in
grado di dare realtà scientifica a quello
che facciamo. Sono pochi gli infermieri
che hanno chiaro il “come fare” e le procedure per rendere visibile, in modo scientifico, il nostro lavoro. Qui entra in gioco, in
modo preponderante, la formazione. Non
si può più “fare come si è sempre fatto” o
fare perché “mi hanno insegnato così”,
ogni azione ora deve essere basata su
“conoscenze validate e aggiornate”, in
modo da offrire la migliore assistenza possibile. Da questo momento la professione
non può più essere “missione”, non può
più essere solo “arte”, deve avere basi
scientifiche verificabili e replicabili da altri.
Il concetto di “nursing basato sull’evidenza” presuppone però lo scambio delle
esperienze tra colleghi, ed è questo il senso dei convegni infermieristici; ma ancora,
specie per noi italiani, è difficile sia entrare
nella logica del fare ricerca, sia scambiare
informazioni, conoscenze ed esperienze
con i colleghi.
Posta la base della conoscenza scientifica necessaria ad una buona professionali-
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tà, nell’articolo successivo si specifica che
l’infermiere si assume la responsabilità del
proprio operato in base alle conoscenze
che gli attribuiscono una competenza. È
perciò etico aggiornare la propria formazione e chiedere l’aiuto, il parere, la consulenza di colleghi esperti. Per esempio: se
non si è mai effettuato il cateterismo vescicale in un uomo e viene richiesta questa
procedura, è un dovere o informarsi e
acquisire l’addestramento necessario per
farlo come si deve, oppure chiedere ad un
infermiere esperto in questa tecnica di farlo al posto nostro. Questo non deve essere visto come uno smacco, nessuno può
essere esperto in ogni cosa, anche nel
nostro lavoro è entrata la specializzazione,
e dato che gli stessi medici chiedono la
consulenza di altri specialisti, perché non
possiamo farlo noi? A questo punto compare il concetto di “infermiere esperto”.
L’infermiere esperto non è solo la persona
che da anni pratica una certa branca dell’assistenza (che può essere la chirurgia,
la medicina, ma anche la psichiatria, la
geriatria ecc), ma è l’infermiere che, ad
una grande esperienza, associa la preparazione teorica e la conoscenza dei casi.
L’eccellenza, nel lavoro, non è perfezione
(che non è di questo mondo) e non si raggiunge solo con una gran pratica, ma si
ottiene attraverso il pensiero, l’intuito, il
ragionamento. Chiedere aiuto ad un collega, o ad un’altra figura professionale (
fisioterapisti, dietisti ecc) a cui si riconosce
competenza in un dato settore è la strada
giusta per raggiungere l’eccellenza e realizzare l’integrazione tra figure sanitarie
che porta ad una migliore assistenza.
Negli articoli successivi viene detto a
chiare lettere che è dovere dell’infermiere
declinare la responsabilità nell’effettuare
pratiche in cui ritenga “di non poter agire
in sicurezza”, ed è “suo dovere chiedere la
supervisione per pratiche nuove o sulle
quali non ha esperienza, e può astenersi in
caso di sperimentazioni prive di guida che
possono costituire rischio per la persona”,
qui è la sicurezza del malato a dover essere tutelata. L’ammettere ignoranza garantisce all’assistito la migliore assistenza possibile effettuata dal miglior infermiere
disponibile. L’articolo continua affermando
che è dovere dell’infermiere risolvere
eventuali problemi etici che possono
insorgere nella pratica quotidiana, anche
qui chiedendo aiuto ma anche ragionando
e cercando. In questo modo si contribuisce all’evoluzione del pensiero etico della
professione.
Il codice continua affermando che l’agire dell’infermiere non deve essere condizionato da associazioni, interessi di altri,
imprese o organismi e che l’interesse dell’assistito deve sempre prevalere. Neppu-
Infermiere a Pavia
re avvalersi delle possibilità offerte da cariche pubbliche è etico, al contrario l’infermiere può prestare opera di volontariato,
sempre nel rispetto delle norme giuridiche.
Rapporti con la persona assistita
Questo è il capitolo più ampio, ricco di
diciotto punti e sottolinea la centralità del
rapporto tra l’infermiere e la persona che
viene assistita. Ognuno di noi dovrebbe
conoscere gli articoli a memoria, perché li
agiamo in ogni minuto della nostra giornata lavorativa e fanno parte anche del “Patto Cittadino Infermiere”. Vediamoli velocemente.
Il primo pone l’accento sull’importanza
dell’educazione sanitaria come promotrice
di stili di vita sani e come cultura della
salute, attribuisce all’infermiere la responsabilità di attivare e mantenere una rete di
rapporti tra operatori e servizi, questo ci
dice che la figura dell’infermiere può assumere un ruolo strategico, da case-manager, nella gestione dell’assistito.
Il secondo articolo mette al centro la
persona, afferma che chiunque deve essere ascoltato, informato e coinvolto nel piano assistenziale che lo riguarda, in modo
da stabilire un rapporto di collaborazione e
non più di dipendenza cieca, collaborazione che nel terzo articolo viene sollecitata
anche con i familiari e le persone di riferimento dell’assistito, cooperazione che
diventa indispensabile in tutte le nuove
situazioni in cui l’infermiere deve a muoversi: domicilio, comunità alloggio, libera
professione ecc.
L’infermiere ha il dovere di essere informato sul piano terapeutico, è quanto affermato nell’articolo 4.4, informazione, che
deve venire dal medico e da tutte le figure
di professionisti che ruotano intorno all’assistito, solo in questo modo l’infermiere ha
la possibilità di programmare un piano
assistenziale adeguato. Un punto importante dell’articolo 4.5 è dove si afferma che
l’infermiere deve adeguare la comunicazione alla capacità del paziente di comprendere, questo presuppone, da parte
del professionista, la padronanza di doti
d’ascolto, di analisi e di trasmissione adeguate. In questo punto il Codice Deontologico sollecita la piena collaborazione con
la persona assistita e prende in considerazione anche la possibilità che essa NON
desideri essere informata.
L’articolo 4.6 ci impone il segreto professionale: tutti i dati di cui siamo a conoscenza non devono essere trasmessi, a
meno che essi siano necessari e pertinenti all’assistenza, e pertinente deve essere
la loro raccolta e la loro gestione. Questo
enunciato ci può guidare quando dobbiamo creare una cartella infermieristica in
modo da avere dati attinenti e utili. La
necessità del segreto professionale viene
esplicitata con forza nell’art. 4.8 con l’affermazione che l’infermiere vi si attiene non
per paura dei risvolti giuridici, che la diffusione di notizie personali può avere, ma
per rispettare l’assistito e la fiducia che egli
ha riposto nel professionista.
La necessità dell’accesso alle informazioni è di vitale importanza e qui incontriamo un punto dolente: il passaggio delle
consegne, che in molti posti si fa carente,
non esauriente e pericolosa, oppure la lettera di dimissione infermieristica molto
apprezzata da pazienti e parenti, dove stilata, e che garantisce la continuità assistenziale a domicilio.
I punti successivi sono molto interessanti perché riguardano la sicurezza e la
capacità di decidere dell’assistito.
Il punto 4.9 promuove la messa in atto di
condizioni di sicurezza psico-fisiche sia
per l’assistito che per i familiari. Il prendere in considerazione anche la famiglia è
indice del cambiamento organizzativo dei
servizi sanitari che si sono sempre più
decentrati e territorializzati ma è anche
indicativo di un cambiamento culturale
che considera la persona assistita come
parte di un tutto: siamo sempre più lontani
dall’idea di identificare la persona con un
numero o con la patologia di cui soffre.
Anche il punto successivo, sulla contenzione fisica e farmacologica, rappresenta
un radicale cambiamento culturale. È il
prendere atto delle normative della legge
180, vecchie di vent’anni ma ancora difficili da applicare nella pratica. Il rifiuto delle
metodiche di contenzione è una conquista
non ancora generalizzata, ma il poter dire
“no” ha aperto nuove possibilità alla relazione tra infermiere e utente.
L’art. 4.11 è forse il più coraggioso perché riconosce al bambino la possibilità,
subordinata alla sua età e maturità, di
poter essere informato sulle scelte terapeutiche praticate sulla sua persona. Non
so se questo presuppone la tesi che il
bambino venga informato completamente
sulla sua malattia, come avviene nei paesi
anglosassoni, oppure si limita ad un’informazione generica, in questo chiederei aiuto e informazioni alle colleghe e ai colleghi
che lavorano in Clinica Pediatrica. Resta il
fatto che cercare la collaborazione da parte del bambino presuppone una grande
sensibilità, grandi doti umane personali,
un’ottima preparazione e magari il supporto di una supervisione, tecnica e psicologica.
Il punto successivo è teso a soddisfare il
bisogno dell’uomo dello sviluppo psicofisico e dell’espressione di sé. Per il conseguimento del benessere (che sappiamo
non significa solo essere la salute), l’infer-
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Numero 1/2006
miere ha la possibilità di tutelare chi non è
nelle condizioni, familiari o sociali, di poter
conseguire il massimo sviluppo personale,
ne consegue che uno dei nostri doveri è
quello di favorire l’espressione e l’evoluzione del sé. Questo mandato apre molte
possibilità d’intervento che portano l’infermiere oltre la pratica clinica.
Nell’ottica della sicurezza l’infermiere ha
il dovere di tutelare la persona anche nei
casi di maltrattamento e privazione e ha il
dovere d’allertare, se necessario, le autorità competenti.
Gli articoli seguenti, dal 4.14 al 4.18,
prendono in considerazione momenti
drammatici della malattia, essi parlano dei
placebo, del dolore, della morte e ribadiscono il concetto che il lavoro dell’infermiere non cessa alla morte del paziente,
ma continua offrendo aiuto ai familiari nell’elaborazione del lutto. Le enunciazioni
prendono posizione sull’eutanasia, sui trapianti, sulla donazione di sangue. Sono
argomenti che le persone che si occupano
di bioetica stanno indagando, la materia è
perciò in piena evoluzione, ma come professionisti siamo tenuti a chiedere a noi
stessi cosa ne pensiamo e come possiamo in ogni caso accompagnare degnamente i pazienti alla fine della loro vita.
Questi argomenti sono stati indagati nel
numero della rivista dedicato all’accompagnamento alla morte, abbiamo condiviso
con voi i nostri pensieri e le idee che
abbiamo elaborato come persone, ma ci
piacerebbe conoscere e condividere
l’esperienza e le elaborazioni di altri colleghi, se volete scriverci…
Rapporti con i colleghi ed altri operatori
Per colleghi ed altri operatori, s’intendono tutte le figure che vengono riconosciute come inserite nell’equipe di cura e assistenza; ognuna dà un apporto specifico e
riconoscibile, tocca a noi far si che anche
la nostra professionalità divenga riconosciuta. Il primo passo del codice Deontologico è quello di riconoscere alle altre professioni la loro specificità e cercarne la collaborazione; questa è l’occasione per porre noi stessi come professionisti portatori
di un sapere indispensabile alla gestione
della persona disagiata.
In questa parte compare spesso il termine “competenza” e “sviluppo” ad indicare
la necessità di una continua formazione, di
un costante “pensare” e “valutare” le
esperienze, le conoscenze, il ruolo.
Qui il codice sottolinea la necessità di
mantenere il decoro sia personale sia della professione; sembra anacronistico parlarne, ma sappiamo quanto sia stato difficile far uscire la figura dell’infermiere da
certi clichè, il cinema e la televisione non ci
aiutano molto (provate anche voi a cercare film o programmi televisivi in cui venga
descritta la realtà della professione infermieristica, noi l’abbiamo fatto e i risultati
sono sconfortanti), ognuno di noi si rende
conto che l’impegno volto a dare alla professione infermieristica dignità, rispetto e
autorevolezza, deve essere quotidiano. In
questo modo potremo rendere “appetibile” la professione a giovani sensibili e intelligenti in cerca di un posto nel mondo,
nonché aspirare ad avere maggiori riconoscimenti a livello di status sociale ed economico.
L’articolo 5.6 ci ricorda che una delle
funzioni del Collegio è quella di tutelare la
dignità e di sanzionare gli abusi e i comportamenti contrari alla deontologia.
Rapporti con le istituzioni
Il primo articolo di questa sezione guarda al futuro, esso prospetta la possibilità
che l’infermiere, a vari livelli di responsabilità, si preoccupi di “orientare le politiche,
lo sviluppo del sistema sanitario al fine di
garantire il rispetto dei diritti degli assistiti
e l’equo utilizzo delle risorse”. Una maggiore responsabilità va di pari passo con la
valorizzazione del ruolo professionale, un
maggior coinvolgimento nelle decisioni
politiche ed istituzionali in sanità significa il
riconoscimento di un sapere precipuo che
viene dalla nostra professione e che nessun’altra figura professionale è in grado di
portare.
La prima parte dell’articolo successivo
suscita un moto di ribellione perché afferma che l’infermiere deve “compensare le
carenze” del sistema e, purtroppo, sappiamo tutti, è quello che facciamo giornalmente. In ogni struttura in cui si è chiamati ad operare “l’emergenza” è la norma e
direi che siamo tutti stufi di tappare le falle
“nell’interesse del cittadino”, falle che,
sappiamo, sono spesso generate dall’istituzione per salvaguardare se stessa. Ma si
deve proseguire nella lettura e leggere
che: “l’infermiere ha il dovere di opporsi
alla compensazione quando vengano a
mancare i caratteri di eccezionalità o venga pregiudicato il prioritario mandato professionale”, si spera che, continuando
l’opposizione, si possa finalmente arrivare
a lavorare con serenità, senza dover lottare contro i burocrati per ogni più piccola
cosa.
Gli articoli seguenti, dal 6.3 al 6.5, affermano che è diritto e dovere per l’infermiere segnalare le situazioni di rischio per
l’utente, le condizioni di carenza, i disservizi, o qualsiasi frangente che possa pregiudicare sia l’assistenza alla persona sia il
decoro della professione.
Disposizioni finali
I due articoli che compongono il capitolo delle disposizioni finali mettono in evidenza il ruolo del Collegio. Il ruolo fondamentale dell’istituzione Collegio è quello di
garantire, di fronte alla collettività i professionisti inseriti nell’Albo, affermando che
essi hanno la preparazione, la competenza, acquisita e mantenuta, per esercitare la
professione d’infermieri, per questo il Collegio ha il diritto-dovere di sanzionare
coloro che non rispettano i contenuti del
Codice Deontologico.
In un momento in cui “l’emergenza infermieristica” spinge molte imprese ad avvalersi di lavoratori provenienti da Paesi di
tutto il mondo, l’iscrizione di un professionista al Collegio garantisce e tutela le persone che verranno da lui assistite, l’azienda che lo assume e il professionista stesso.
Etica come amor proprio
Fino a qui ho proposto “una” delle possibili letture che si possono effettuare del
testo del codice deontologico, sarebbe
bello che tutta la comunità infermieristica
si interrogasse su questi principi e ne
discutesse. Le pagine di questa rivista
sono sempre disponibili ad ospitare il pensiero di ogni infermiere.
Per concludere riprendo il titolo di un
altro libro di Fernando Savater, “Etica
come amor proprio”, facendo mie le dissertazioni che vi sono esposte, le riassumo cercando di trasmettere quello che è il
mio pensiero.
Secondo quanto afferma Savater, a differenza della politica, che è un intervento, più
o meno, a lunga scadenza, la morale non
può essere rimandata a “più tardi”. Ne consegue che l’etica, e le sue norme, deve
essere agita nel momento presente, soppesando le proposte e le scelte che si presentano nel “qui e ora”, non per “guadagnarsi
il domani, ma per dare senso all’oggi”. Per
realizzare questa condizione l’uomo è
costretto a capire il significato profondo del
“qui-ora” e vedere dentro di sé i cambiamenti che sono necessari per vivere una
nuova realtà, l’affermazione teorica che l’infermiere deve “sapere, saper fare, saper
essere” trova qui piena dimostrazione.
Negli ultimi decenni c’è stato un cambiamento nei costumi, nelle ideologie, le relazioni sono mutate e continuano a cambiare, questi cambiamenti hanno modificato i
codici, ma esiste un divenire dell’etica che
si fonda su precetti-radice.
Una di queste radici è l’amor proprio,
inteso come amore della Vita, propria e
altrui, amore scevro da egocentrismo, ma
intriso dell’amore di sé, amore che ci preserva dalla morte, fisica o spirituale, che è
l’obbedienza al precetto cristico “ama il
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prossimo tuo come te stesso”, dove la parte più difficile è l’amare se stessi nella propria realtà. È un amore evoluto, che esiste
senza la ricerca della gloria, della competizione, qualità che riguardano la parte primitiva e selvaggia dell’animo umano che
erano indispensabili alla preservazione
della specie, ma che sono diventate obsolete nel terzo millennio.
L’impulso primitivo dell’auto-conservazione evolve nel desiderio di essere in
accordo con quello che si è nelle pieghe
più intime di se stessi. Questo presuppone
il coraggio di indagare il nostro animo alla
ricerca del nucleo fondamentale dell’Essere, per arrivare dove si trova la sorgente
della vita, della gioia, della verità.
La ricerca dei precetti-radice, porta, inevitabilmente, alla ricerca di ciò che è universalmente bene, porta alla percezione di
ciò che si vuole essere, cambiando il
“dovere” (essere/fare) con il “volere”
(essere/fare). L’approfondimento di ciò
che si “desidera veramente” ci porta a
vedere che, ciò che è veramente bene per
noi, lo è anche per ogni altra persona, a
questo punto qualsiasi cosa facciamo è
dominata dall’Etica. Il nostro fare e il
nostro essere, è etico.
Nel codice deontologico ricorre spesso
la parola “autonomia” che porta dritto alla
parola “responsabilità”, l’agire etico è “agi-
Infermiere a Pavia
re” responsabile e in un mondo dove è
raro vedere persone che si assumono la
responsabilità delle proprie azioni, potrebbe essere una bella prova di consapevolezza ed evoluzione il constatare, da parte
dei cittadini, che tutta una categoria professionale lavora facendo dell’etica il proprio fondamento, normativo e concettuale.
In un articolo del 2/01/06 Francesco
Alberoni, dalle pagine del Corriere della
sera, esortava alla responsabilità e affermava che: ”Il senso di responsabilità è un
senso del dovere che ti spinge a occuparti del benessere delle persone che dipendono da te perché occupi una certa carica
o perché hai preso con loro un impegno o
semplicemente perché hanno bisogno e si
affidano al tuo aiuto”.
Ma se si vuole andare oltre il “dovere” e
sfociare in una regione dell’essere umani
dove agire eticamente è volontà che
diventa piacere, si può imboccare la strada suggerita da Savater: l’amor proprio.
Se è utopistico pensare di agire responsabilmente per amore del prossimo (generico, lontano, impersonale), è ragionevole
pensare che si può amare se stessi abbastanza per vivere il lavoro e la vita con
responsabilità.
Bibliografia
- F. Savater: “Etica per mio figlio”, ed.
Laterza
- F. Savater: “Etica come amor proprio”,
ed. Laterza
- Spinosa: “Etica”, ed. Utet
- Rivista Scienze Infermieristiche, Roberta Sala: “Codici etici e Codici deontologici, qualche distinzione”, n° 1, pag. 26.
- Francesco Alberoni: “Perché ci servono
comandanti che non lascino la nave”,
articolo del Corriere della sera del
2/01/2006
- Enciclopedia Treccani: “Etica”
L’autore
* Infermiera
Poliambulatorio Azienda Ospedaliera Pavia
Il collegio IPASVI di Pavia è lieto di informare che da Gennaio 2006 è attivo lo
SPORTELLO DI COUNSELING
gratuito, a supporto di tutti gli iscritti agli Albi professionali che ne facciano richiesta.
L’attività di Counseling è effettuata previo appuntamento.
Per prenotazioni telefonare al n. 3391205536 dalle ore 9.00 alle ore 18.00
Counseling per il benessere degli Infermieri
Il counseling è un’attività di consulenza psicologica che ha l’obiettivo di aiutare la persona in difficoltà psicologica riguardo a un problema più o meno circoscritto, creare rafforzamento e consapevolezza. Il counselor aiuta la persona ad individuare possibili soluzioni attraverso la scelta autonoma ed
autogestita di opzioni più appropriate e congrue; metodologia che risulta valida per un’effettiva ed efficace attività di prevenzione di un disagio che nel tempo potrebbe diventare più serio.
Lo sportello di ascolto è indirizzato a coloro che durante l’attività professionale vanno incontro a disagio psicologico per problemi che possono essere di varia natura e che possono riguardare diversi
campi:
• Organizzativo
• Relazionale/interpersonale (con operatori, assistiti e/o loro familiari)
• Ambiti di sofferenza psicologica (Oncologia – Malattie infettive – cure Palliative – Terapie Intensive).
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Discorsi sull’etica
delle professioni
Carmen Pagano *
Anna Rita Rigliaco **
Uno dei tratti salienti del nostro tempo è
una rediviva “domanda di etica”. Sembra
che di fronte al venir meno delle certezze
delle ideologie del passato e davanti alle
sfide sempre più complesse dell’attualità,
molti si rivolgano all’etica per cercare
orientamento.
Questo contributo, attraverso la rilettura
dei lavori di Gian Paolo Prandstraller e
Leonardo De Chirico vuole portare elementi storici e di riflessione sull’etica professionale, sulle prospettive ma anche
sugli squilibri che possono configurarsi.
LE ETICHE APPLICATE
Le varie etiche applicate sono tentativi di
vagliare la capacità dell’etica di venire
incontro alle più svariate esigenze che
emergono nei vissuti più disparati. Ad
esempio, la bioetica cerca di mettere
paletti nel vasto campo d’intervento umano sulla vita ed è diventata un terreno di
confronto tra i i più accesi. L’etica delle
professioni tenta d’individuare percorsi
moralmente virtuosi nelle piaghe complesse della deontologia del lavoro. L’etica
pubblica si prefigge di riflettere sui risvolti
etici della politica, nel rispetto del pluralismo dei valori, ma anche nella consapevolezza che la società non esiste in un “vuoto” di valori morali.
In ognuno di questi ambiti, all’etica viene
chiesto di fornire indicazioni di percorso
LE ETICHE DELLE PROFESSIONI
Le professioni oggi si accingono a
diventare vere e proprie forze sociali, e la
presenza di un’etica atta a regolare i comportamenti dei membri è importante per
definire la loro identità. Il lavoro professionale è in questo fine secolo quello che più
conta, che più incide sui meccanismi di
una società la cui produzione è fondamentalmente basata sulla conoscenza scientifico – tecnica. Il peso che assume il lavoro
professionale in una tale società conferisce dunque un particolare ruolo sociale ai
professionisti che lo attuano.
Le etiche delle professioni appartengono al genus “etiche speciali”, ben distinto
e in un certo senso contrapposto a quello
che riguarda e comprende le “etiche
generali”.
Queste ultime sono le etiche che derivano da religioni o da ideologie; etiche che,
deducendo il comportamento degli uomini
da qualche principio trascendente, pretendono disciplinare tutta la vita degli individui. L’epoca ideologica, che ha coperto
gran parte del XX secolo, è stata una fonte importante di queste etiche, che si sono
affiancate a quelle di natura religiosa (collegabili alle grandi religioni di salvazione)
di cui Max Weber si è occupato nei Saggi
di sociologia della religione con cui ha tentato di collegare il comportamento economico degli uomini alle varie religioni universali.
LE ETICHE SPECIALI
Le etiche speciali costituiscono una
risposta, offerta dall’ultima parte del XX
secolo, al problema etico, come conseguenza della crisi che si è manifestata a
livello di etiche generali, ormai incapaci di
dare risposte ai problemi di nuovo genere
che investono l’uomo contemporaneo.
Le etiche delle professioni rientrano nel
genus “etiche speciali”. Ma, prima di parlarne, è opportuno indicare brevemente
quali altre etiche dello stesso tipo prendono corpo nella seconda parte del secolo.
Va segnalata anzitutto la cosiddetta “business etichs” o “etica degli affari”, che sorge negli U.S.A. attorno agli anni ’60, per
regolare le attività produttive e commerciali in merito a problemi come la responsabilità delle corporations, l’inquinamento prodotto dall’industria, la tutela del lavoro
dipendente, quella dei segreti industriali,
la concorrenza, la difesa dei consumatori,
lo inside trading, l’incorporazione d’imprese, la speculazione di borsa, e così via: un
insieme di attività che ben difficilmente
avrebbero potuto essere regolate da etiche generali. L’etica degli affari si era già
attestata negli anni ’70 nelle business
schools e nelle università, ed è divenuta
ancora più importante quando negli anni
’80 è cominciata la discussione sull’eccellenza dei prodotti: da quel momento produrre manufatti e servizi di livello superiore alla media è stato considerato prova
dell’eticità dell’impresa, e gli attestati etici
hanno cominciato a diffondersi soprattutto
a livello di industrie internazionali. - Un’altra etica speciale è quella che riguarda la
natura e l’ambiente. Questa forma ha preso corpo negli anni ’70 del nostro secolo
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stimolata dal Club di Roma (1972) e dalle
varie iniziative che richiamavano l’attenzione sulla necessità di salvare il pianeta dalla degradazione prodotta dall’uomo. La
fortuna di quest’etica è stata notevole: a
trent’anni di distanza dalla sua origine,
vediamo che le preoccupazioni etiche in
materia di difesa della natura e dell’ambiente hanno influenza sulla legislazione di
quasi tutti i paesi avanzati, arrivando ad
investire l’edilizia, l’urbanistica, lo smaltimento dei rifiuti, ecc.. Anche in questo
caso c’è voluta un’etica speciale per far
fronte a esigenze che le etiche generali
non consideravano proprie, dato che sono
sorte in epoche toccate da ben altri problemi. – Un’ulteriore rivoluzione etica
riguarda il campo sessuale e della vita intima. Il movimento etico che ha investito
questi settori risale grosso modo agli anni
’60, in corrispondenza con la cosiddetta
“sex explosion”: si è prodotta una graduale e profonda trasformazione del costume
sessuale e del settore dei rapporti intimi.
L’etica nuova che ha permeato questo
campo si salda strettamente con la liberazione sessuale della donna, l’accettazione
sociale dell’omosessualità, e in genere la
creazione d’un nuovo costume nei rapporti intimi.
LE ETICHE PROFESSIONALI
Venendo ora alle etiche delle professioni, si deve ricordare che questo tipo di etica è collegato alle stesse origini storiche
delle professioni moderne. Si riscontra
invero, già nel XIX secolo, che le professioni si davano un “codice etico”, cioè un
insieme di regole volte a disciplinare
soprattutto i due grandi rapporti che più
interessavano le cosiddette “libere professioni”, e cioè il rapporto tra professionista
e cliente e il rapporto tra colleghi. Successivamente, nel nostro secolo, via via che le
professioni acquistavano maggiore importanza nelle società avanzate, le etiche delle professioni hanno considerato anche il
rapporto professione/società. Le etiche
delle professioni, benché più antiche delle
altre, hanno acquistato un particolare rilievo nella seconda parte del XX secolo. Ciò
è dovuto al fatto che il mondo professionale è diventato più importante per i meccanismi operativi delle società avanzate e
particolarmente per i “servizi”. Quando è
emersa visibilmente la cosiddetta “società
dei servizi” (durante gli anni ’70), il ruolo
delle professioni è diventato più visibile. Le
professioni, in altre parole, si sono rivelate
un tramite insostituibile per la creazione e
l’applicazione di quella conoscenza scientifico – tecnica che costituisce il principio
Infermiere a Pavia
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assiale della “società post – industriale”, il
cui ulteriore pilastro sono appunto i servizi. Era del tutto logico che le etiche delle
professioni, tipicamente etiche di servizio,
acquistassero nuovo slancio in un periodo
nel quale l’attività professionale non interessava più soltanto ristrette cerchie di
esperti, ma reggeva e faceva sviluppare
interventi di utilità generale riguardanti, per
esempio, la sanità, l’istruzione, la giustizia,
l’edilizia, l’urbanistica, la difesa, la tutela
dei diritti, le costruzioni ecc..
Le etiche delle professioni sono plurime,
nel senso che le singole professioni (o talvolta gruppi di professioni) sentono il bisogno di darsi un codice etico. Si ha così
l’etica dei medici, degli avvocati, degli
ingegneri, dei docenti universitari, dei
genetisti, dei commercialisti, degli infermieri ecc …..
LE PROSPETTIVE ETICHE
La scommessa della riflessione etica è
di tenere presente il più possibile i poli di
riferimento (norme, situazioni, soggetti) e
di collegarli continuamente. Questo circolo virtuoso fa sì che la riflessione etica non
si cristallizzi su uno o due poli a prescindere dall’altro o dagli altri, ma faccia l’esercizio di cercare rimandi, integrazioni e collegamenti tra le prospettive.
L’uno e il molteplice vengono riconosciuti entrambi come originari e in una
relazione di feconda reciprocità. In veste
geometrica, l’etica delle prospettive può
essere raffigurata mediante un triangolo
equilatero al cui interno si produce un
esercizio circolare di collegamento tra le
norme, le situazioni e i soggetti. Nell’impostazione triangolare dell’etica, non c’è
punto di partenza privilegiato, ma ognuno
dei tre vertici può costruire l’inizio della
riflessione.
I punti d’ingresso nella riflessione etica
possono essere diversi e non devono procedere secondo un ordine prestabilito. Di
fronte a una questione etica, non necessariamente bisogna partire dalla norma, per
poi approfondire la situazione e, infine,
porsi dalla parte del soggetto. Possiamo
partire da tutti e tre perchè le prospettive si
richiamano a vicenda. L’importanza non è
tanto l’ordine delle prospettive quanto la
loro feconda interazione. Di fatto, ciascuna
prospettiva implica le altre.
GLI SQUILIBRI
Il normativismo
Il normativismo si realizza quando si
compiono tre condizioni: (i) l’etica viene
ridotta al discernimento delle norme morali; (ii) la situazione etica viene letta attraverso le sole lenti della norma;(iii) i soggetti
vengono considerati dei meri esecutori di
una norma prestabilita. In altre parole, le
norme vengono assolutizzate, le situazioni
vengono ignorate e i soggetti sono deresponsabilizzati. Il triangolo viene così
schiacciato. Questo tipo di distorsione è
potenzialmente presente in tutte le etiche
a forte impronta deontologica. Il comportamento umano, secondo l’etica deontologica, deve adeguarsi a dei doveri che
stanno prima del soggetto e fuori dalle
situazioni. La norma morale che dà
sostanza al dovere deve essere semplicemente applicata, mentre il discernimento
della situazione e la responsabilità dei
soggetti rivestono una valenza secondaria. L’etica deontologica è un’etica tendenzialmente squilibrata in senso normativista. Ciò non riguarda solo le etiche deontologiche laiche (si pensi ad esempio
all’etica Kantiana), ma anche le etiche
esplicitamente religiose che spesso riducono il discorso morale all’ubbidienza alle
norme, pensando così di aver concluso la
loro funzione critica e di accompagnamento.
Il situazionismo
Il situazionismo si verifica quando: (i) la
variabilità dei contesti è assunta come
punto dominante; (ii) la possibilità di individuare norme vincolanti è considerata
con molto scetticismo e semmai riconosciuta solo per norme “discorsive”; (iii) la
reale autonomia morale di soggetti viene
subordinata alle circostanze entro cui si
trovano ad agire. E’la diversità delle situazioni a stabilire cos’è eticamente permesso, lecito, buono. Qui è la situazione che
schiaccia il triangolo.
Oltre all’etica propriamente situazionista
che postula la necessità di un adeguamento costante del comportamento etico
al modificarsi delle situazioni, anche una
teoria etica come l’utilitarismo presenta
forti venature situazioniste. Per l’utililitarismo, infatti, il bene morale è costituito dall’utilità per il maggiore numero di soggetti.
In quest’ottica, sono le stesse situazioni a
diventare normative e ad ingessare la circolarità del discernimento morale.
Il soggettivismo
Il soggettivismo è quella teoria etica
secondo la quale: (i) non esistono norme
di riferimento universali se non quelle liberamente scelte dall’individuo; (ii) benchè
da tenere in considerazione, le situazioni
sono sussunte nelle decisioni autonome
dei soggetti; (iii) l’autonomia morale degli
agenti viene massimizzata in senso autoreferenziale ed elevata a criterio preponderante.
Nell’ambito del soggettivismo etico, una
teoria morale molto influente è l’etica libertaria che postula l’esistenza di un soggetto individuale il quale agisce secondo il
proprio interesse e nella misura in cui egli
è in grado di rappresentarselo e di promuoverlo. Il soggetto si proclama norma
di se stesso nella ricerca di dominio sulle
situazioni reali. Un altro esempio di etica
tendenzialmente soggettivista è l’etica delle virtù della tradizione aristotelica, secondo la quale ciò che importa nel discorso
dell’etica non è tanto la norma o le situazioni, quanto il carattere delle persone.
E’la virtù, l’attitudine, l’atteggiamento delle
persone a dominare la riflessione, appiattendo gli altri elementi. Il soggettivismo fa
sì che alla moltiplicazione dei soggetti corrisponda la moltiplicazione delle etiche.
L’etica delle prospettive alla prova
Molte teorie etiche soffrono di riduttivismo perchè agiscono secondo un paradigma che polarizza l’uno e il molteplice
invece di integrarli in modo armonico. Al di
là di molte considerazioni possibili su questo stato di cose, è necessario chiedersi
se la difficoltà a coniugare l’uno e i molti
non derivi dalla scarsa dimestichezza con
un tipo di pensiero trinitario.
Un’etica che accompagni l’esplorazione
della realtà, senza prevaricare il limite creaturale e la finitudine di ogni intrapresa umana. Un’etica che sappia valorizzare le norme morali, che sappia interagire con le
situazioni sempre nuove e che sappia far
leva sulle responsabilità dei soggetti coinvolti. Un’etica che non appiattisca la realtà,
ma che aiuti ad abitarne la complessità e la
problematicità.
Eppure, questo programma deve essere
testato per verificarne la sostenibilità e l’efficacia. Un conto è sbandierare qualcosa,
un altro è mostrarlo. Occorre investire nella scommessa dell’etica delle prospettive
per scardinare gli assetti consolidati di teorie etiche deficitarie. Mettere costantemente in circolo le norme, le situazionie i soggetti necessita di un’elasticità che i tentativi di riduzione, invece, fuggono. Chissà se
un contributo alla discussione etica (tanto
vivace quanto asfittica) non venga proprio
dalla presa sul serio della pratica dell’uno
e del molteplice.
L’autore
* Coordinatrice infermieristica
U.O. Polispecialistica
Istituto di Cura Città di Pavia
** Coordinatrice infermieristica
SITRA - IRCCS San Matteo Pavia
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Infermiere a Pavia
Analisi del Codice Deontologico
degli iscritti agli Albi IPASVI
Giuseppe Braga *
Come già segnalato nello scorso numero, precisamente sull’inserto staccabile del
nostro Codice Deontologico, la rilevanza
normativa del Codice Deontologico, nonostante non sia pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale, assurge a valore di Legge in
quanto citato quale riferimento all’interno
di due Leggi dello Stato, specificamente
nell’art. 1 comma 2 della Legge 26 febbraio 1999, n. 42 “Disposizioni in materia di
Professioni Sanitarie” e nell’art. 1 comma
1 della Legge 251, 10 agosto 2000 “Disciplina delle Professioni Sanitarie”.
Ma con questo breve articolo non vorrei
rimarcare l’importanza normativa del Codice Deontologico, ma vorrei cercare di fare
una, seppur breve e certamente incompleta, analisi dell’articolato per proporre a tutti Voi una chiave di lettura e insieme a Voi
e alle Vostre proposte che vorrete inviare
alla Redazione, inoltrarle alla Federazione
per una futura revisione del Codice stesso.
Può apparire indelicato, ma le prime due
osservazioni sono di carattere negativo, la
prima più che una osservazione diretta è
una domanda che mi sento di rivolgere
alla Federazione, una domanda che pur
nella sua banalità racchiude le istanze di
molti Colleghi, il Collegio infatti è costituito
da tre diverse figure professionali, con una
radice storica comune che non deve essere certamente dimenticata, ma che non
può e non deve alterare l’importanza del
Codice, sappiamo tutti che le tre professioni rappresentate dai Collegi sono: l’Infermiere, l’Infermiere Pediatrico e l’Assistente Sanitario: perché nel Codice Deontologico viene esclusivamente citato l’Infermiere?
In secondo luogo il Patto Infermiere-Cittadino, ottima iniziativa del 1996 in occasione del 12 maggio, ripreso giustamente
quale cappello introduttivo del Codice
Deontologico, nonostante le spiegazioni
della Federazione però, personalmente
non piace assolutamente la scelta del “tu”
nelle dichiarazioni d’intenti. Non contesto
la scelta, ma non la condivido, secondo
me è populista la scelta del dare del “tu”
quando il primo segno di rispetto nei confronti di chiunque è il dare del “lei” e solo
se l’altro ce lo consente, quindi nel rispet-
to dei tempi dell’altro e della cultura, del
modo di essere, del modo di agire e rapportarsi, il dare del “tu” deve essere una
conquista di fiducia dell’altro nei nostri
confronti.
L’articolato vero e proprio del Codice
Deontologico è suddiviso in 7 aree. La prima è la premessa e, giustamente, il punto
1.1 è la copia dell’articolo 1 del Profilo Professionale (D.M. 739/94).
D.M. 739/94
1.
È individuata la figura professionale dell’infermiere con il seguente profilo:
l’infermiere è l’operatore sanitario che, in
possesso del diploma universitario abilitante e dell’iscrizione all’albo professionale
è responsabile dell’assistenza generale
infermieristica.
Codice Deontologico
1.1
L’Infermiere è l’operatore sanitario che, in possesso del diploma abilitante
e dell’iscrizione all’Albo professionale, è
responsabile dell’assistenza infermieristica.
I successivi 1.2 e 1.3 rimarcano l’ambito
di responsabilità dell’Infermiere.
Definirei più che azzeccata la scelta nel
punto 1.4. di definire il Codice “… uno strumento che informa il cittadino sui comportamenti che può attendersi dall’Infermiere”.
Si comprendono gli sforzi profusi dal Collegio, anzi dai Collegi, e dalla Federazione
di darne la più ampia diffusione possibile
specie tra la cittadinanza in tutte le possibili occasioni.
L’ultimo punto della premessa tocca
certamente una nota dolente per molti colleghi perché in maniera molto sottile e
delicata mette in risalto il problema della
rappresentatività professionale. È una
scelta difficile, ma affrontata nell’ottica di
una richiesta di dialogo tra gli Iscritti e l’istituzione collegiale. Molti sono gli ambiti di
divergenza tra gli Iscritti e il Collegio, ma a
mio avviso la maggioranza di essi si fondano sulla non conoscenza delle reali competenze dell’Istituzione e sui diritti/doveri
degli iscritti. È da ammirare tale scelta se
rapportata alle modalità con cui un’altra
professione, l’Ostetrica, ha voluto affrontare il problema nel loro Codice Deontologico, infatti a tale riguardo esse dichiarano
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proprio in chiusura del loro Codice, all’articolo 5 comma 7:
“Costituisce grave mancanza deontologica l’ingiusta o immotivata denigrazione
da parte dell’iscritta degli organi collegiali
democraticamente eletti.”
Il secondo ambito trattato dal Codice è
connesso ai principi etici della professione
tenendo come riferimenti fondamentali la
Dichiarazione dei Diritti dell’uomo dell’ONU (2.1) e la Costituzione italiana (2.2),
due basi forti e fondamentali nel riconoscimento dei diritti dell’Uomo inteso come
individuo unico ed irripetibile che ha eguali diritti indipendentemente dalle condizioni personali in cui si trovi (2.3; 2.4). Non
dimenticando anche il diritto del professionista ad esercitare l’obiezione di coscienza (2.5). Il punto 2.6, pur richiamando il
Giuramento di Ippocrate (primum non
nocere), rinforza uno dei cardini dell’assistenza infermieristica, cioè la necessità di
orientare l’attività assistenziale verso la
maggior autonomia dell’assistito.
L’ultimo comma del secondo articolo è
stato scritto in un’ottica certamente futuristica se pensiamo che il Codice Deontologico è stato promulgato nel febbraio 1999
(e quindi pensato ed elaborato nel corso
degli anni precedenti), esso infatti si riferisce a scenari futuri, che molto, troppo lentamente purtroppo si stanno avverando
nelle varie aziende pubbliche e che non
vedono la luce nelle strutture private a
causa di normative ancora non vincolanti.
Qui è doveroso per tutti noi cercare di fare
in modo che la dirigenza infermieristica
non sia solo una targa da apporre sulla
porta d’ingresso del responsabile del
SITRA (come viene chiamato in Lombardia
l’Ufficio Infermieristico), ma diventi un reale punto di riferimento sia per l’Azienda
che, e soprattutto, per noi stessi. Il riconoscimento dell’importanza di figure apicali
nell’abito di una professione è un passo
necessario e fondamentale affinché le altre
figure apicali fino al vertice, e di riflesso la
cittadinanza, riconosca l’importanza della
figura infermieristica. Questo riconoscimento DEVE necessariamente essere
manifestato innanzitutto dai professionisti
cui si fa riferimento, se invece sono gli
stessi professionisti a “remare contro”,
l’immagine di tutta la professione ne risentirà grandemente.
Si può, anzi si deve, ove ve ne siano
motivi fondati, criticare il dirigente, ciò che
non si deve mai essere fatto è criticare il
ruolo che esso deve avere nelle politiche
aziendali; quanti dipendenti criticano il
Direttore Generale? Ma quanti contestano
la necessità che vi sia un Direttore Generale in Azienda? Quanti criticano un rappresentante sindacale, oppure un capo di
partito o semplicemente l’allenatore di una
squadra, ma nessuno vorrebbe eliminati i
sindacati o i partiti o l’allenatore di una
squadra. E il concetto è lo stesso per la
nostra professione! Per cui ben vengano
le critiche costruttive, un dialogo aperto,
uno scambio di opinioni professionalizzanti con un dirigente infermieristico, ma
non contestatene l’importanza.
Il terzo ambito affrontato dal Codice raggruppa delle “Norme Generali” di comportamento. I primi tre punti raggruppano
conoscenze, competenze e responsabilità
e le armonizzano con delle declaratorie
veramente azzeccate. Ancor prima dell’obbligo ECM, viene riconosciuta la fondamentale importanza dell’aggiornamento
professionale attraverso la formazione permanente, l’utilizzo della pratica basata sull’evidenza scientifica, stimola alla ricerca e
alla partecipazione attiva alla formazione
professionale (3.1).
La necessità dell’aggiornamento continuo fa sì che ognuno di noi sappia riconoscere i propri limiti e riconosca le maggiori competenze di altri colleghi (3.2). Questo punto è certamente una nota dolente
anche perché l’organizzazione aziendale
difficilmente riconosce la possibilità di
consulenze infermieristica, anche semplicemente intra-aziendale: perché il medico
può chiedere la consulenza di un collega
specialista (il quale tra l’altro viene remunerato per l’attività di consulenza) e il personale infermieristico non può? Non sappiamo certamente fare tutto e soprattutto
fare tutto bene e nell’ottica delle ultime evidenza scientifiche! Se lavoro da 10 anni in
un reparto medico, come posso ricordarmi la gestione di una trachestomia o di
una ilestomia, se invece tratto giornalmente con pazienti diabetici quanto potrei
essere utile come consulente in un’altra
unità operativa che magari vede un utente
con tale problematica una volta all’anno.
Quanti utenti troverebbero giovamento
anche dalle consulenze infermieristiche.
E se dopo anni di lavoro in un reparto mi
spostano in un altro totalmente diverso,
devo pretendere per il bene dell’utenza di
essere affiancato per il periodo necessario
affinché la mia professionalità raggiunga
degli standard di sicurezza per l’utenza
che mi trovo ad assistere (3.3).
Il punto 3.4 ci ricorda in maniera velata
che in ogni azienda è presente un Comitato Etico al quale dobbiamo rivolgerci in
caso di dilemmi etici nell’affrontare delle
problematiche specifiche, quanti di noi
sanno della presenza di Comitati Etici
oppure quanti di noi conoscono il nominativo infermieristico all’interno del Comitato
Etico della nostra azienda?
Devo dire che il punto 3.5 è una medaglia con due facciate molto strane e diverse, che poco si sposano tra loro. Nella pri-
ma parte, facendo riferimento al Codice
Penale e al Codice Civile, ricorda a tutti
che il nostro agire non deve essere condizionato da pressioni esterne o da interessi
privati. Nella seconda parte, invece, fa uno
scivolone su un argomento certamente
ostico, e che poteva essere trattato in
maniera diversa, infatti viene fatto un sottile riferimento alla concorrenza sleale, purtroppo però prendendo come metro di
paragone il volontariato. Secondo me è
pregevole qualsiasi attività di volontariato,
tanto più quando un professionista mette
a disposizione di tutti le proprie competenze, per cui limitarne la possibilità ad eventi occasionali appare veramente fuori luogo, mentre sarebbe stato certamente più
incisivo affrontare l’argomento per come si
manifesta nella realtà quotidiana, condannando con maggiore severità le attività
che indeboliscono i colleghi Libero Professionisti, ledendo di conseguenza anche
l’immagine professionale, nonché condannando le attività di lavoro nero di cui si
è recentemente avuto modo di leggere
proprio in Lombardia.
La necessità di mettersi a disposizione
in caso di emergenza e/o di calamità naturali, è una condizione imprescindibile di
ogni professionista sanitario (3.6).
Ecco giunti al centro del nostro itinerario, al titolo 4. Rapporti con la persona
assistita.
Provate a leggere d’un fiato questo articolato, ne coglierete immediatamente la
bellezza, la profondità, l’empatia con cui è
stato scritto, potreste trovare anche delle
incongruenze o comunque delle situazioni
in parte non condivisibili, e su queste
voglio soffermarmi.
Ad esempio il punto 4.4 (“L’infermiere ha
il dovere di essere informato sul progetto
diagnostico terapeutico, per le influenze
che questo ha sul piano di assistenza e la
relazione con la persona.”) può apparire
paradossale se estrapolato da alcuni contesti operativi, ma non è a quei contesti
ancora retrogradi, dove il professionista
non viene riconosciuto e non si fa riconoscere come tale, che bisogna tendere,
anzi proprio verso quelle “sacche” di inefficienza/inefficacia e, permettetemi il termine, di ignoranza la comunità professionale
deve rivolgere maggiormente la propria
attenzione ed è il singolo professionista
che deve stringere alleanze, innanzitutto
con i Colleghi, per essere il promotore di
un cambiamento, e allora questo punto lo
preferirei modificato in:
“L’Infermiere ha il dovere di informarsi
sul progetto diagnostico terapeutico, per le
influenze che questo ha sul piano di assistenza e la relazione con la persona, e ha il
dovere di informare tutto il personale sanitario in merito alla pianificazione assisten-
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ziale impostata”.
Nel punto 4.18 viene compiuto il più
brutto scivolone di questo Codice, come è
possibile dimenticare ciò che solo poche
righe prima era stato espresso in modo
molto chiaro per poi sentenziare: “L’infermiere considera la donazione di sangue,
tessuti ed organi un’espressione di solidarietà. Si adopera per favorire informazione
e sostegno alle persone coinvolte nel
donare e nel ricevere.” e il riconoscimento
della libertà di religione (cfr. 2.4) non può e
non deve essere solo a senso unico e cioè
rivolta solo all’utente, ma deve necessariamente essere rivolta anche al Professionista! È vero che nel punto 2.5 viene riconosciuta la possibilità dell’obiezione di
coscienza, ma l’utilizzo di questa possibilità, in alcuni casi, mi sempre una troppo
semplice via di fuga, anzi la stesura di questo punto appare una via di fuga da parte
della Professione che non sa o non vuole
riconoscere che nell’ambito delle religioni
vi siano differenti vedute … e questa mi
sembra proprio una madornale manifestazione di cecità intellettuale. Come non
sapere che alcune religioni considerano
“immorale” anche la semplice trasfusione
di sangue considerata un trapianto di
organo? Come si può imporre ad un professionista che appartiene ad una determinata corrente religiosa di considerare la
donazione una espressione di solidarietà?
Non ci siamo! Questo punto dovrà necessariamente essere modificato per consentire a tutti la possibilità di non appellarsi
all’obiezione di coscienza verso il proprio
Codice Deontologico.
La quinta area affronta le modalità di
rapporti con i colleghi e gli altri operatori,
forse la precocità del Codice non ha permesso una presa di posizione forte che
invitasse i Professionisti a instaurare rapporti paritetici con tutte le altre professioni
sanitarie e che, di conseguenza, invitasse
tutti a “non abbassare la testa” di fronte
alle altre professioni rinforzando così l’immagine professionale in ognuno di noi.
Importante segnalare il punto 5.6, molti
colleghi si lamentano infatti che il Collegio
non faccia nulla per richiamare i professionisti che operano con leggerezza o che
sono sgarbati con l’utente o che effettuano
prestazioni non di competenza. Il Collegio
tra i vari adempimenti e possibilità ha
anche il dovere di effettuare richiami o
impartire sanzioni disciplinari ai proprio
iscritti, ma essendo un organismo pubblico non può attivare nessuna procedura se
non dietro presentazione di segnalazioni
scritte, non si tratta di “fare la spia”, ma di
tutelare il decoro di tutta la Professione, e
allora ben vengano le segnalazioni che
possano consentire al Collegio di effettuare una significativa sorveglianza sull’agire
Infermiere a Pavia
professionale dei propri iscritti, il tutto nell’ottica in primo luogo della tutela della
salute del cittadino e del decoro dell’immagine professionale di riflesso.
La sesta area, molto delicata e molto risentita da tutti, analizza i rapporti con le
istituzioni. Il punto 6.1 ripercorre quanto
già detto in riferimento al punto 2.7.
Incisivo, ma per certi versi non compreso da tutti, il punto 6.2, infatti purtroppo ad
una lettura poco attenta, molti si sono indignati e non hanno completato la lettura
completa del punto, se può far discutere
“L’infermiere compensa le carenze della
struttura attraverso un comportamento ispirato alla cooperazione, nell’interesse dei
cittadini e dell’istituzione.” e ha fatto arrabbiare molti che si sono sentiti “obbligati” a
non opporsi a turnazioni massacranti, a
straordinari preordinati, a compensazioni
al limite dell’umana sopportazione, è la
seconda parte che da una piena giustificazione alla parte precedente: “L’infermiere
ha il dovere di opporsi alla compensazione
quando vengano a mancare i caratteri di
eccezionalità o venga pregiudicato il prioritario mandato professionale.” Anche i
successivi punti ci vengono a conforto per
cui non possiamo più tirarci indietro:
abbiamo l’obbligo morale, supportati dal
Codice, di opporci a modalità organizzati-
ve che non consentano la possibilità di
agire in maniera professionalmente corretta ed efficace. È giunta l’ora di effettuare
segnalazioni, documentate e supportate
dalla vostra “indignazione” anche al Collegio che, pur avendo pochi “spazi di manovra” non mancherà di contattare le istituzioni pubbliche e private per giungere
insieme a soluzioni che garantiscano la
Professione e la cittadinanza tutta.
Le due disposizioni finali ci rimarcano
l’importanza dell’osservanza del Codice
(7.1) nonché ci ricordano che il primo
obiettivo che ha portato all’istituzione dei
Collegi (7.2) è garanzia della cittadinanza
infatti “I Collegi IPASVI si rendono garanti,
nei confronti della persona e della collettività, della qualificazione dei singoli professionisti e della competenza acquisita e
mantenuta.”
Come avete visto, pur apprezzando molto il nostro Codice Deontologico, alcuni
punti potrebbero essere migliorati … con il
vostro aiuto e le vostre segnalazioni. Prendete in mano carta e penna e scriveteci!
L’autore
* Infermiere
Abilitato a Funzioni Direttive - Caporedattore
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I comitati etici nella pratica
clinica assistenziale
Silvia Giudici *
In memoria del
dott. Giancarlo Bertolotti
La bioetica, come altre discipline recenti, si è progressivamente stabilizzata come
pratica e come attività di ricerca entro
organismi e strutture ad essa dedicate.
Tale processo di istituzionalizzazione è
avvenuto attraverso la diffusione di tre
regole principali: le commissioni governative, i centri di bioetica e i comitati di etica.
Essi hanno rappresentato i luoghi nei quali la bioetica si è data forma, si è costituita
come disciplina, ha messo in atto un confronto interdisciplinare per poter meglio
affrontare le questioni in discussione e ha
dialogato con altri ambiti, già costituiti,
quali il diritto, la politica e alcune istituzioni, che rappresentano le ulteriori istanze
cui fare riferimento per poter definire delle
linee di condotta, delle regole generali o
delle norme giuridiche rispetto alle diverse
situazioni trattate.
Gli Stati Uniti rappresentano il primo luogo in cui vennero costituiti i comitati etici,
nelle diverse forme con cui oggi li si conosce e li si caratterizza. Fu a seguito della
scoperta, nel corso degli anni Sessanta e
Settanta, di tre casi di sperimentazione,
condotti senza garantire ai soggetti in essi
coinvolti una forma di tutela anche minima, che l’attenzione pubblica e politica
statunitense venne sollecitata a farsi carico
del problema e a proporre misure consone ad affrontare la situazione.
Si scoprì ad esempio che, negli anni
precedenti il 1964, presso un ospedale
newyorkese, erano state iniettate cellule
cancerogene vive in alcuni pazienti anziani o gravemente ammalati, a loro insaputa.
Tra il 1950 e il 1970 in una scuola di Staten Island, che accoglieva bambini con
gravi forme di ritardo, vennero effettuati
degli studi sull’epatite virale iniettando l’infezione a circa ottocento individui, proprio
per osservare il decorso della malattia. Nel
1972, infine, venne alla luce il cosiddetto
studio Tuskegee, una ricerca sulla sifilide
eseguita a partire dagli anni Trenta su circa quattrocento persone afroamericane
della cittadina di Alabama, alle quali venne
provocata la malattia, con l’unico intento di
studiare quali effetti essa potesse avere in
mancanza di cure specifiche, nonostante
esistesse già la penicillina.
Tutti e tre gli studi erano stati giustificati
e intrapresi dichiarandone l’elevato interesse scientifico e considerando che i
risultati in essi ottenuti sarebbero andati a
vantaggio della società e dell’intera umanità.
A seguito di tali scoperte l’istanza governativa preposta alla programmazione e ai
controlli sanitari, il National Istitute of
Health (NIH), nel 1966 definì alcune norme
per regolamentare la sperimentazione e
suggerì, per favorire tale scopo, di effettuare una revisione etica dei protocolli di
ricerca. Ebbe origine un movimento che
diffuse nel giro di alcuni anni la pratica di
istituire comitati di etica della ricerca e di
etica clinica. Venne inoltre individuata
come necessaria la raccolta del consenso
dei soggetti per la partecipazione e il coinvolgimento nelle ricerche.
A partire dagli anni Ottanta i comitati etici si diffusero anche in altri stati. In Europa
la nascita di queste istituzioni si ebbe inizialmente in Francia, Svizzera, Svezia,
Spagna e nella Repubblica Federale Tedesca. Negli anni successivi molti altri paesi,
che ancora non si erano dotati di comitati
etici, li costituirono.
Tra questi si colloca l’Italia, che istituì il
Comitato Nazionale per la Bioetica presso
la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nel
1990. La funzione primaria del Comitato è
l’orientamento degli strumenti legislativi e
amministrativi, quindi di Governo, Parlamento e delle altre istanze istituzionali che
possono essere interessate, nella forma
della consulenza. Esso è inoltre investito
del compito di promuovere un’informazione corretta dell’opinione pubblica sulle
questioni di bioetica. Gli ambiti di interesse più immediato e urgente sembrano
essere quelli della ricerca e della sperimentazione, farmacologia, biomedica e
genetica, e delle sue possibili applicazioni
in ambito clinico, nonché ambientale.
I comitati di etica clinica sono conosciuti anche con il nome di comitati di etica
ospedaliera, cioè quei comitati che si
occupano delle questioni etiche particolarmente difficili che insorgono quando è
necessario prendere decisioni o formulare
direttive nell’ambito della pratica clinica o
22
PAGINA
della ricerca nel contesto ospedaliero (W.
Reich).
Inizialmente a tali comitati vennero riconosciute alcune specifiche funzioni: l’analisi delle decisioni riguardanti malati non
più in grado di decidere e l’analisi di decisioni mediche caratterizzate da forti implicazioni etiche; l’attivazione di un counseling etico per curanti e curati; la formulazione di linee-guida o direttive su problemi
clinici che si vivono di frequente nei contesti clinici ospedalieri, quali la sospensione
delle terapie, la diagnosi di sopravvenuta
morte, il trattamento del dolore, la formulazione del consenso informato, la promozione di una formazione specifica sulle
questione etiche della medicina. In Italia
essi venivano delineati come possibili
organi di consulenza, costituiti presso la
direzione sanitaria o quella scientifica degli
istituti di ricovero, con il compito di esprimere pareri non vincolanti, su particolari
situazioni cliniche e diagnostiche, oltrechè
di fornire l’approvazione dei protocolli di
ricerca clinica e farmacologica.
Oggi i comitati etici di tipo istituzionale si
propongono in prima istanza come veicolo formativo rispetto alle dimensioni etiche
che emergono nella cura dei pazienti,
quindi essi operano sia su un piano di
autoformazione, sia sul piano della formazione dello staff medico e del personale
ospedaliero. Sembra che una formazione
all’etica sia necessaria ai membri dei comitati, proprio perché non tutti sono esperti
di etica, o possiedono una specifica competenza etica, nonostante il fatto che ciascuno abbia una propria visione etica, precise condotte e comportamenti che con
l’etica sono strettamente correlati, e spesso quindi abbia anche dei precisi valori di
riferimento, siano essi già espliciti o si
mantengano ancora su di un livello implicito. Una formazione all’etica si giustifica
anche al fine di permettere che si creino
un linguaggio e delle conoscenze comuni
e per favorire il confronto tra i diversi componenti.
Il comitato inoltre può divenire a propria
volta una realtà che propone formazione e
aggiornamento per gli altri professionisti
sanitari, sia all’interno che all’esterno della
struttura di appartenenza.
Una seconda funzione i comitati la svolgono stilando linee-guida e direttive istituzionali sulle questioni etiche che sono poi
rivedibili, in base anche alle singole situazioni e ai singoli casi che si incontrano e
alle diverse esperienze che si fanno. Le
linee guida si limitano a fornire direttive e
consigli per affrontare situazioni simili a
quelle già incontrate, mentre le policies
rappresentano un riferimento più vincolante da un punto di vista normativo. Tali direttive si occupano ad esempio degli ordini di
non rianimare, delle decisioni che riguar-
Infermiere a Pavia
dano neonati gravemente malformati, delle decisioni cliniche sul proseguio o l’interruzione di misure di sostegno vitale, del
consenso informato, in particolare nel
caso di pazienti anziani, o con forme di
gravi malattie mentali.
Una terza funzione dei comitati di etica
clinica è quella della consulenza etica, o
consulenza etica clinica, sui casi clinici
complessi: la consulenza può essere di
tipo prospettico, nel caso la si chieda per
una situazione ancora in via di definizione,
o di tipo retrospettivo, qualora si tratti di
casi difficili che già si sono verificati e conclusi.
Nei comitati di etica clinica è possibile
porre in atto un processo di argomentazione morale, che inizia con la considerazione di una particolare situazione, concreta
e realmente incontrata nella pratica, e prosegue quindi attraverso una serie di passi
che ne permettono l’analisi da un punto di
vista etico. Generalmente, anziché considerare e argomentare da subito in maniera deduttiva a partire dai principi etici, si
comincia ad analizzare la situazione concreta e si cerca di definire quali ne siano
gli elementi più significativi, raccogliendo
tutti i dati che possono aiutare a comporre
il quadro. In un secondo momento si và a
definire un unico tratto morale o le diverse
questioni morali salienti, e qui possono
tornare in gioco i principi, che vengono
considerati nel loro ruolo di riferimento e
che possono aiutare nell’atto dell’argomentazione morale, effettuandone una
contestualizzazione e un bilanciamento.
Ma perché l’etica nella clinica? Un
importante presupposto rispetto alle realtà
presentate dai comitati è il riconoscimento
del fatto che nessuna attività condotta in
un ambito qual’ è quello medico è scevra
di caratterizzazioni morali: neppure la tecnoscienza, così pervasiva nella medicina
odierna è esente da implicazioni assiologiche, che rimandano a dei precisi valori sottesi e che debbono essere prese in considerazione al fine di poter meglio comprendere ed esercitare la pratica medica stessa.
E’ proprio di fronte a tali dimensioni,
spesso implicite, che sorgono i conflitti, le
incertezze, le scelte, e le decisioni divengono difficili, oltre che per il fatto che in
una situazione clinica non è più scontato
sapere chi debba e possa decidere, in
quanto dotato delle capacità e dell’autorità necessaria per poterlo fare.
All’interno delle situazioni ospedaliere, e
di cura in genere, sono state importate e
talora anche adottate logiche e parametri
appartenenti a dimensioni nuove nell’istituzione sanitaria, tipo le logiche amministrative e gestionali o quelle giuridiche. La
medicina però non può essere ridotta a
tecnoscienza, a deontologia e diritto, a
gestione e amministrazione; la dimensione etica è sempre stata e rimane costitutiva e fondativa per il sapere e per la pratica
della medicina, proprio perché essa si
muove sul piano della vita umana e quindi
và ad interessare la sua dimensione esistenziale. Tra i mezzi individuati per rispondere alla mutata situazione ci sono appunto i comitati di etica.
Comitati etici ed indirizzi utili
Comitato di Bioetica del Policlinico S. Matteo di Pavia
Viale Golgi 19 – 27100 Pavia - tel. 0382503471; fax 0382502508
e-mail: [email protected]
Comitato Etico Centrale della Fondazione Salvatore Maugeri (IRCCS) di Pavia
Via Ferrata 8 – 27100 Pavia - tel. 0382592754; fax 0382592571
e-mail: [email protected]
Comitato Etico dell’ASL della Provincia di Pavia
Viale Indipendenza 3 – 27100 Pavia - tel. 0382695263; fax 0382431296
e-mail: [email protected]
Comitato Etico dell’Azienda Ospedaliera della Provincia di Pavia
Viale Repubblica 34 – 27100 Pavia - tel. 0383695904; fax 0383695983
e-mail: [email protected]
Comitato Etico dell’Università di Pavia
Piazza Botta 10 – 27100 Pavia - tel. 0382506353; fax 038222741
e-mail: [email protected]
Comitato Etico della Fondazione Istituto Neurologico Casimiro Mondino
(IRCCS) di Pavia
Via Palestro 3 – 27100 Pavia - tel. 0382380299; fax 0382380448
e-mail: [email protected]
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Numero 1/2006
A livello procedurale ed organizzativo và
garantita l’indipendenza del comitato, la
possibilità di libera espressione di tutte le
voci che nel comitato presenziano, la ricerca di un buon livello di dibattito e la capacità di affrontare i conflitti, attenzione alle
diverse sensibilità presenti nell’istituzione
sanitaria. A livello teorico il consulente di
etica clinica dovrebbe avere una solida
formazione nell’ambito dell’etica in generale e in particolare dell’etica clinica ed
applicata. Nella pratica, però, il consulente
non sempre possiede una molteplice formazione (medica, etica-filosofica, psicologica) e la sua presenza all’interno di un
comitato è influenzata da ragioni di politica
interna, di negoziazione, di compromesso,
di conformismo.
Se da un lato la stesura in cartella clinica del parere etico rischia di violare la confidenzialità, dall’altro permette una progressiva sensibilizzazione alle dinamiche
etiche e ai valori, e si favorisce maggior
credibilità al caso. Qualora una situazione
venisse sottoposta al giudizio di un tribunale è più probabile, ad esempio, che vi
sia una riduzione delle controversie giuridiche se i comitati svolgono bene il proprio lavoro.
Se un tempo quanto riguardava il rapporto di cura veniva deciso al massimo da
due persone, il medico e il paziente, peraltro con un netto sbilanciamento nei confronti del potere decisionale del medico,
tanto da far parlare di “paternalismo medico” per indicare il tipo di rapporto che si
instaurava, negli anni più recenti la situazione si è ribaltata, con molteplici voci che
intervengono prima che una decisione
venga presa e con più figure coinvolte nel
processo di cura.
Tutto ciò può essere ricondotto ai mutamenti profondi che hanno segnato la
medicina negli ultimi cinquant’anni, e che
lo si potrebbe interpretare come tentativo
di adeguare l’atto della cura alle esigenze
di una mutata società, nel rispetto delle
sue caratteristiche culturali, sociali, storiche e geografiche.
A far parte dei comitati vengono chiamati medici, amministratori, direttori sanitari,
infermieri, assistenti sociali, psicologi, talora anche sacerdoti, giuristi, eticisti e teologi: un confronto multidisciplinare atto a
raggiungere un giudizio argomentato e
condiviso. Generalmente questi comitati
operano presso una struttura sanitaria, ma
talora anche presso enti di natura diversa,
che si occupano di cura, come le fondazioni, le associazioni di volontariato o gli
Ordini.
Dai lavori che un comitato compie su di
un tema specifico si possono anche ricavare direttive, raccomandazioni e, come
già detto, linee-guida.
Le raccomandazioni, così come le policies, rappresentano già un primo esempio
del passaggio che proprio all’interno dei
comitati etici può avvenire dal piano bioetico al piano biogiuridico, o del biodiritto.
Infatti, esse possiedono già una valenza
normativa più vincolante rispetto alle indicazioni dell’etica e rappresentano un termine medio di passaggio verso le cosiddette linee-guida. Le raccomandazioni si
caratterizzano generalmente come documenti brevi, di stampo tecnico, stilati in
risposta ad un problema specifico. Le
linee-guida invece sono dei documenti più
ampli, che affrontano un tema o una problematica più vasta, e che per essere elaborati necessitano quindi di approfondimenti maggiori e di numerose consultazioni.
Questi documenti contengono indicazioni che presentano taluni tratti normativi:
in questo senso ecco perché si può affermare che già nelle attività dei comitati di
etica clinica si assiste ad un passaggio dal
piano propriamente e strettamente bioetico a quello biogiuridico.
La sensibilizzazione agli aspetti etici della pratica biomedica si sta delineando
come uno dei tratti che determina la possibilità di esercitare bene la cura. Pensare
ad una medicina che esaurisce la propria
struttura di disciplina e di sapere attingendo alle sole scienze naturali significherebbe perdere di vista la componente antropologica, e quella più propriamente etica,
che è parte integrante della medicina e
delle visioni di un uomo di cui essa, volontariamente o meno, è sempre comunque
portatrice.
Bibliografia
- Borsellino P., Bioetica tra autonomia e
diritto, Milano 1999
- Cattorini P., Una verità in dialogo. Storia,
metodologia e pareri di un comitato di
etica, Milano, 1994
- Charlesworth M., L’etica della vita. I
dilemmi della bioetica in una società
liberale, Roma 1996
- Casati S., La deliberazione etica e la
pratica clinica, Torino 2003
- Engelhardt Jr. H.T., Manuale di bioetica,
Milano, 1999
- Galvagni L., Bioetica e comitati etici,
Bologna 2005
- Jonas H., Tecnica, medicina ed etica.
Prassi del principio responsabilità, Torino 1997
- Marsico G., Il linguaggio per la cura e la
ricerca, Milano 2003
- Picozzi M., Tafani M., Cattorini P., Verso
una professionalizzazione del bioeticista. Analisi teorica e ricadute pratiche,
Milano 2003
Nuovo sito di cultura e
ricerca infermieristica
L’autore
* Infermiera
Neuroriabilitazione I e II
Fondazione Salvatore Maugeri - Pavia
Caro collega,
è nato un nuovo sito di cultura e
ricerca infermieristica.
Per essere sempre aggiornato e
per partecipare clicca su :
www.cesri.it
Cordiali saluti.
Il Team CE.SRI.
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Infermiere a Pavia
Università degli Studi di Pavia
Nominativi e titolo delle tesi discusse dai Laureti in Infermieristica
nella sessione d’esame di novembre 2005
Nominativo
TITOLO TESI
Sede didattica
Ababei Daniela Petronela
Criteri per la scelta di medicazioni avanzate nel trattamento delle lesioni cutanee croniche
Pavia
Afrune Elena
Nursing forense: nuove prospettive per la professione infermieristica
Pavia
Baldin Ilenia
La famiglia come protagonista delle cure infermieristiche: la nuova figura
dell’Infermiere di famiglia quale oggetto di una indagine conoscitiva
Pavia
Baldin Romina
Da “Collegio a Ordine”: analisi del percorso e valutazione del livello di conoscenze
del gruppo professionale infermieristico
Pavia
Chiappedi Erica
Attività e terapie assistite dagli animali un ausilio per il benessere e la salute dell’uomo Pavia
Coni Massimo Walter
Dimissione precoce del neonato
Pavia
D’Anna Giuseppe
Ruolo dell’infermiere nella riduzione delle infezioni nosocomiali in ambito chirurgico
Pavia
Drago Michele
ECM studio sulla formazione continua nella professione infermieristica
Pavia
Hristova Diana Stefanova
Ruolo dell’infermiere nell’assistenza di persona affetta da B.P.C.O.
Pavia
Invernizzi Caterina
L’assistenza infermieristica al malato oncologico pneumologico
Pavia
Iovino Paolo
Nursing e cure complementari: il training autogeno e l’assistenza infermieristica per
la promozione della salute globale dell’individuo
Pavia
Liguori Greco Maria Rosaria Assistenza infermieristica alla persona sottoposta a T.M.O.: supporto psicologico ed
educazione sanitaria
Pavia
Maiocchi Cristina
Modelli organizzativi e strumenti di lavoro. Attività infermieristica tra teoria e pratica
Pavia
Milani Elisa
Prevenzione delle infezioni ospedaliere nel neonato prematuro in area critica
Pavia
Nastasi Demetrio
Assistenza infermieristica nella gestione del dolore al paziente con patologia neoplastica
Pavia
Olivari Elisa
La figura dell’infermiere nel soccorso in montagna ed in ambiente impervio
Pavia
Ottini Alessio
Le trasformazioni psicofisiche della persona con l’arrivo della terza età. Importanza
del ruolo infermieristico
Pavia
Pasotti Maria
Dalla consapevolezza del proprio ruolo al riconoscimento sociale
Pavia
Pelaez Marti Carmen
L’eccellenza delle cure infermieristiche attraverso l’Evidence Based Nursing
Pavia
Pizzolato Solidea Sara
Assistenza infermieristica alla persona affetta da sclerosi multipla: funzione educativa
Pavia
dell’infermiere
Porcara Maria Elena
Assistenza infermieristica e supporto psicologico alla persona con insufficienza renale cronica
Pavia
Ranzini Marianna
La depressione: identificazione del soggetto a rischio e ruolo infermieristico nel
progetto terapeutico
Pavia
Rizzuto Riccardo
L’assistenza infermieristica al traumatizzato cranico in Rianimazione
Pavia
Salamone Tiziana
La gestione della terapia farmacologica nelle principali malattie infettive: competenze
infermieristiche
Pavia
Silvestri Filomena
La riabilitazione cognitiva nella persona anziana affetta da demenza di Alzheimer:
quale il ruolo dell’infermiere?
Pavia
Surace Barbara
L’ OSS come figura di supporto all’infermiere: tra aspettative e realtà
Pavia
Tshiasuma Lufulwabo
Prevenzione del tabagismo nell’ età evolutiva: ruolo dell’ infermiere
Pavia
Ventura Giuseppina
Assistenza infermieristica al bambino affetto da displasia broncopolmonare
Pavia
Baldo Laura
Ruolo educativo dell’Infermiere nell’assistenza globale alla persona portatrice di stomia
Vigevano
Brunoldi Anna
Ruolo Inf.co in caso di maltrattamento e abuso a danno di minori
Vigevano
Finesso Stella
Terapia del sorriso: comunicare e guarire con il buonumore
Vigevano
Lodigiani Elena
Il dolore: quinto parametro fondamentale per la valutazione globale del paziente
Vigevano
Mantovan Chiara
Nursing riabilitativo nel paziente affetto da Morbo di Parkinson
Vigevano
Marchiselli Claudia
Responsabilità infermieristiche nel trasporto del neonato e del bambino
Vigevano
Marozzi Sara
Infermiere di famiglia come risposta ai bisogni di salute nell’ambito domiciliare
Vigevano
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Numero 1/2006
Nominativo
TITOLO TESI
Sede didattica
Paparella Chiara
Paziente psichiatrico: Schizofrenia e assistenza Infermierstica
Vigevano
Russello Giuseppina
Ruolo educativo dell’Infermiere rivolto al paziente oncologico applicato al modello
concettuale di V. Henderson
Vigevano
Tenuzzo Chiara
Home visiting: educazione sanitaria domiciliare per la prevenzione della trascuratezza infantile Vigevano
Accinelli Fasoli Alessandra
Ruolo e attività dell’infermiere nel contesto carcerario
Lodi
Cannavale Giuseppina
Il ruolo dell’infermiere all’interno di un pronto soccorso pediatrico
Lodi
Carlà Roberta
Le ustioni. trattamento chirurgico e assistenza infermieristica nel reparto di chirurgia plastica Lodi
Cavallotti Silvia
Risk management e pensiero critico in unità coronarica
Lodi
Duci Davide
Esame della documentazione sanitaria in tre reparti chirurgici
Lodi
Grandi Manuela
L’evoluzione dell’unità operativa cardiologica di Lodi verso il primary nursing
Lodi
Locatelli Elisabetta
Il ruolo dell’infermiere nella gestione domiciliare del paziente portatore di pace marer
biventricolare e defibrillatore.
Lodi
Marazzi Federica
Il ruolo dell’infermiere nella nutrizione entrale mediante pe (gastrostomia endoscopica
per cutanea).
Lodi
Metu Ifeyinwa Ijeoma
La fragilità del paziente diabetico e l’assistenza infermieristica.
Studio su cinque residenze sanitarie protette
Lodi
Milesi Giorgio
I programmi di informazione al paziente oncologico e di ruolo dell’infermiere
Esperienze del progetto “il tavolo della famiglia”
Lodi
Lodi
Nava Orianna
Le nuove frontiere del bonding neonatale applicate all’assistenza infermieristica
Lodi
Santoro Paola
Infezioni chirurgiche. Protocollo di comportamento degli operatori
Lodi
Savoretti Laura
Il gioco come ausilio assistenziale in un reparto pediatrico
Lodi
Simonetti Daniela
Drenaggi chirurgici: gestione dell’assistenza infermieristica
Lodi
Somenzi Alberto
Il ruolo dell’infermiere nel trainind del paziente in dialisi peritoneale
Lodi
Tristaino Giuseppina
“Nursing del paziente ustionato” intervento ospedaliero e pronto soccorso
Lodi
Aramini Daniela
Sapere di: bere
Treviglio
Arpini Alessandra
Il triage infermieristico in Pronto Soccorso: l’importanza del processo decisionale
Treviglio
Battaini Antonella
Infermieristica transculturale: una nuova sfida per la sanità e l’infermiere
Treviglio
Calandrino Erica Lucia
Il counselling come strumento nell’assistenza al paziente con HIV
Treviglio
Ceron Francesca Maria
Il dolore nel neonato: la gestione infermieristica
Treviglio
D’Ambrosio Mariarosaria
Comunicare con il paziente schizofrenico: un’esperienza personale
Treviglio
Fratelli Margherita
Pronazione nel paziente con ARSD: aspetti infermieristici
Treviglio
Garbelli Adele Caterina
Comunicazione, competenze, responsabilità: il ruolo dell’infermiere nell’acquisizione
del consenso informato e delle direttive anticipate
Treviglio
Larizza Sotirio Santo
L’autogestione del diabete mellito tipo uno nelle età evolutive: ruolo dell’infermiere
Treviglio
Lo Re Marianna
L’infermiere e la contenzione fisica in psichiatria
Treviglio
Martorana Eleonora
Funzione e finalità del counselling infermieristico nel trattamento integrato alla
tossicodipendenza
Treviglio
Porru Patrizia
L’infermiere esperto di dialisi peritoneale: educatore di prevenzione e cura nelle
infezioni dialitiche
Treviglio
Zucchelli Clara
L’infermiere di famiglia figura di riferimento per l’assistenza sul territorio
Treviglio
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Prot. 8210/05/III/3/419
Infermiere a Pavia
(da citare nella risposta)
Firenze, 14/12/2005
Oggetto: indennizzo agli operatori sanitari che hanno contratto un danno irreversibile a seguito di contatto con sangue
o suoi derivati provenienti da soggetti affetti da epatiti virali - Legge 210/92 modificata con sentenza della
Corte Costituzionale n. 476/2002
- Associazioni di Volontariato e di Tutela in ambito sanitario
- Associazioni di Patronato e di Consumatori Utenti
- Associazioni Sindacali sanitarie
- Collegi provinciali IPASVI
- Collegi provinciali delle Ostetriche
- Ordini provinciali dei Medici
Ringrazio innanzitutto quanti in indirizzo hanno contribuito alla capillare divulgazione delle iniziative intraprese
da questo Ufficio con le circolari del luglio e settembre scorso riguardanti la scadenza dei termini per la richiesta di
indennizzo ex legge 210/92, consentendo all'informazione di giungere alla stragrande maggioranza degli operatori
sanitari che hanno così potuto presentare la domanda prima del 25 novembre 2005.
Le notizie che mi pervengono da tutte le Regioni fanno ipotizzare che sono state moltissime le domande
presentate entro tale data. Solo il mio Ufficio ne ha redatte oltre 600.
Come comunicato nelle precedenti note, per gli operatori sanitari che hanno preso coscienza dell'infezione da
virus epatici prima del 26 novembre 2002, a stretto rigore, secondo la prevalente dottrina giuridica, con il 25 novembre
2005, sono scaduti i termini per la richiesta di indennizzo.
E' opportuno, altresì, ricordare che la domanda si può presentare anche "fuori termini" in quanto, in sede di
eventuale ricorso amministrativo, è possibile sviluppare valide argomentazioni giuridiche e medico legali.
Coloro invece che si sono infettati dopo il 26 novembre 2002, possono sempre presentare la domanda nei
termini, purché lo facciano entro tre anni dalla presa coscienza del danno.
In forza del mandato concessomi da ben 141 associazioni di Volontariato e di Tutela in ambito sanitario, non
cesserò di svolgere (in questa legislatura ed anche nella prossima) tutte quelle azioni tese a riaprire, o meglio ancora
"abolire", i termini per la presentazione delle domande per tutti i soggetti tutelati dalla legge 210/92 (vaccinati,
emotrasfusi ed operatori sanitari). Quest'ultimi, oltretutto, si sono visti ingiustamente "chiusi" i termini per la
presentazione della domanda di indennizzo, termini che peraltro non sono mai stati "aperti" da alcuna legge dello Stato,
bensì dalla sentenza n. 476 della Corte Costituzionale.
Per chiarimenti e per assistenza nella redazione delle domande, istanze di riesame, solleciti e ricorsi
amministrativi potrete rivolgervi a questo Ufficio, ovviamente a titolo gratuito.
Ai ringraziamenti per la gradita collaborazione unisco le più fervide espressioni augurali per le prossime festività
natalizie.
il Difensore civico
(dr. Giorgio Morales)
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Numero 1/2006
Aggiornamento
IN
ITALIA ANDATA
Silvia Giudici *
Le infezioni in chirurgia
25/02/2006 - Pavia
euro: gratis ecm: 5
[email protected]
tel. 0382/21424; fax 0382/303082
Basic Life Support and early defibrillation
25/02/2006 - Casteggio (Pavia)
euro: 150 ecm: evento in fase di accreditamento
[email protected]
tel. 0383/805788; fax 0383/805788
Funzioni, modelli e metodi pedagocigi
per una didattica tutoriale nel corso di
laurea in infermieristica
n. gg. previsti per l’evento formativo: 3
data inizio corso: 02/03/2006
data fine corso: 04/03/2006
Torino
euro: gratis ecm: 20
[email protected]
tel. 011/5225481; fax 011/5225489
2° corso teorico pratico di formazione:
procedure diagnostiche in pneumologia
n. gg. previsti per l’evento formativo: 3
data inizio corso: 04/03/2006
data fine corso: 31/03/2006
Sarzana (La Spezia)
euro: gratis ecm: 17
[email protected]
tel. 018/729228; fax 018/729228
Visualizzazione: strumento per il rilassamento psicofisico nel processo assistenziale
06/03/2006 - Orbassano (Torino)
euro: 10 ecm: 8
[email protected]
tel. 0122/48808; fax 0122/48808
Movimentazione manuale e con ausili
della persona non autosufficiente
08/03/2006 - Bologna
euro: 96 ecm: 6
[email protected]
tel. 0543/742565; fax 0543/470412
B.L.S.-D Basic Life Support Defibrillation
13/03/2006 - Milano
euro: 150 ecm: 7
[email protected]
tel. 02/89401039; fax 02/89401072
Metodiche assistenziali infermieristiche
per il controllo del dolore acuto e cronico
22/03/2006 - Chivasso (Torino)
euro: 80 ecm: 7
[email protected]
tel. 011/9176355; 011/9176357
Tecniche infermieristiche nelle strutture
sanitarie in Italia: quali differenze?
n. gg. previsti per l’evento formativo: 3
data inizio corso: 15/03/2006
data fine corso: 29/03/2006
Cremona
euro: 220 ecm: evento in fase di accreditamento
[email protected]
tel. 02/89281825; fax 02/89281826
Assicurare la funzione cardiocircolatoria: concetti base di elettrocardiografia,
quale strumento per prendere decisioni
assistenziali nella realtà lavorativa quotidiana
23/03/2006 - Varese
euro: 60 ecm: 5
[email protected]
tel. 033/2207464; fax 033/2262426
Tecniche naturali per la prevenzione
della salute
n. gg. previsti per l’evento formativo: 8
data inizio corso: 18/03/2006
data fine corso: 5/11/2006
Milano
euro: 350 ecm: 39
[email protected]
tel. 02/58207979; fax 02/58207979
Comorbidità psichiatrica: la psicogeriatria
n. gg. previsti per l’evento formativo: 2
data inizio corso: 20/03/2006
data fine corso: 22/03/2006
Montechiarugolo (Parma)
euro: 50 ecm: 13
[email protected]
tel. 0521/682511; fax 0521/657180
Corso di sensibilizzazione all’approccio
ecologico-sociale ai problemi alcolcorrelati e complessi
n. gg. previsti per l’evento formativo: 6
data inizio corso: 20/03/2006
data fine corso: 25/03/2006
Pavia
euro: 60 ecm: evento in fase di accreditamento
[email protected]
tel. 0382/987384; fax 0382/987931
Recenti acquisizioni in tema di demenza: 10 anni di esperienza nei nuclei di
Alzheimer IDR
31/03/2006 - Pavia
euro: 50 ecm: evento in fase di accreditamento
[email protected]
tel. 0382/381360; fax 0382/381395
Le ulcere da pressione: linee guida per
il trattamento
04/04/2996 - Pavia
euro: 100 ecm: evento in fase di accreditamento
[email protected]
tel. 3401644020; fax 0342/710375
La responsabilità dell’infermiere: impegno alla tutela della salute e al prendersi cura della persona assistita nella lettura del codice deontologico
15 e 16/04/2006 - Rimini
euro: 102 ecm: 17
[email protected]
tel. 0541/792567; fax 0541/776509
Come predisporre protocolli e procedure
5 e 6/05/2006 - Torino
euro: 215 ecm: 15
[email protected]
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Infermiere a Pavia
Corso di sensibilizzazione all’approccio ecologicosociale ai problemi alcolcorrelati e complessi
secondo la metodologia Hudolin
Da lunedi’ 20 a sabato 25 marzo si svolgerà a Pavia, presso la Comunità Casa del
Giovane in via Lomonaco 43, un corso di
sensibilizzazione all’approccio ecologico-sociale ai problemi alcolcorrelati e
complessi secondo la metodologia
Hudolin, organizzato dall’Associazione
Club degli Alcolisti in Trattamento di Pavia
(ACAT) in collaborazione con il Centro
Servizi Volontariato, la Provincia di Pavia,
la stessa Casa del Giovane.
Hanno sostenuto con il loro patrocinio
l’iniziativa : Regione Lombardia- Famiglia e
Solidarietà Sociale, ASL di Pavia, Comune
di Pavia, CGIL-CISL-UIL, Collegio IPASVI
della Provincia di Pavia, Ordine Provinciale dei Medici. Un contributo economico è
stato ottenuto dalla Fondazione Banca del
Monte di Lombardia e dalla Cooperativa
sociale CATO.
Direttore e Co-direttore del Corso sono
rispettivamente Roberto Cuni e Augusta
Bianchi.
Il titolo del corso, di non facilissima comprensione, caratterizza un’iniziativa che
mira ad aiutare sia i professionisti dell’area
socio-sanitaria (il corso è accreditato
ECM), sia la gente comune ad approfondire la conoscenza dei rischi legati al consumo di bevande alcoliche ed il percorso riabilitativo che chiunque fosse caduto nella
dipendenza dell’alcol dovrebbe seguire
per ritornare ad una vita serena e libera da
questa schiavitu’.
Tutto questo verrà fatto seguendo le
indicazione di Vladimir Hudolin, uno psichiatra croato recentemente scomparso e
considerato fra i massimi esperti nel settore dell’alcologia e della psichiatria sociale.
Che l’iniziativa debba essere considerata quantomeno utile lo dimostrano le cifre
dei danni sociali prodotti dall’alcol: 1516.000 morti all’anno legati all’abuso alcolico, il 40% degli incidenti stradali che riconoscono come causa o concausa l’essersi messi alla guida dopo aver bevuto, il
50% dei reati contro la persona commessi
in stato di ebbrezza, il 30% dei suicidi rappresentato da alcolisti.
A tutto cio’ va aggiunto il recente allarme
causato dal diffondersi dell’uso di bevande alcoliche cosiddette “soft”, soprattutto
presso gli adolescenti, che dietro la rassicurante immagine della bassa gradazione
celano sempre la capacità di dare stordimento ed, alla lunga, dipendenza esattamente come gli alcolici tradizionali.
Sembra quindi normale che le figure
preposte alla salvaguardia del nostro
benessere e qualsiasi persona di buona
volontà, desiderosa di spendere un po’ del
suo tempo per essere utile a chi gli sta
intorno, siano interessate a questo importante ed esaustivo corso che, senza rinunciare al rigore scientifico, è pero’ aperto
alla partecipazione di tutti.
La partecipazione è gratuita, l’iscrizione va effettuata entro il 17-2-2006.
Chi fosse interessato
rivolgersi a:
Enrico Ricotti . . . . .tel
Giulia Riccardi . . . .tel
Augusta Bianchi . . .tel
all’iniziativa può
3391551922
0382 23489
3482866660
L’autore
* Infermiera
Neuroriabilitazione I e II
Fondazione Salvatore Maugeri -Pavia
È uscito
“Le battaglie non finiscono quando si fermano”
libro scritto da Carmen Morrone,
redattrice del settimanale «Vita non profit magazine» e collaboratrice dei quotidiani «Avvenire» e «La Provincia Pavese».
Commissionato dall’Associazione Italiana Nursing Sociale [ains onlus] di Pavia, è un libro che parla del Guatemala di oggi e del periodo della guerra civile. Ma non è un libro di storia. Piuttosto è il diario di un viaggio
di conoscenza che potrebbe capitare di fare a ciascuno di noi.
Per la nostra associazione è importante che il libro venga fatto conoscere.
Per questo motivo ti chiediamo di diffondere questa email a più persone possibile.
se desideri acquistarne una copia, scrivimi una email a questo indirizzo:
[email protected]
Il libro è di 178 pagine ed è stato stampato in 600 copie dalla tipografia Luigi Ponzio e figlio Editori in Pavia.
Viene distribuito ad offerta e il ricavato servirà a finanziare i progetti che l’associazione Ains onlus ha in Guatemala.
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Numero 1/2006
NORME EDITORIALI
Gli articoli inviati per la pubblicazione devono essere indirizzati a:
Alla C.A. del Comitato di Redazione “Infermiere a Pavia” c/o Collegio IP.AS.VI. di Pavia,
Via Lombroso, 3/b - 27100 PAVIA.
Gli articoli possono essere inviati via posta
tradizionale preferibilmente su floppy disk 3.5”
oppure via E-Mail all’indirizzo [email protected].
Il testo deve essere il più conciso possibile,
compatibilmente con la massima chiarezza di
esposizione; non si devono in ogni caso superare le 5 cartelle dattiloscritte di 30 righe a 60
battute per riga.
Le parole che gli autori desiderano porre in
evidenza debbono essere in corsivo, è da evitare l’uso del grassetto e del sottolineato.
Le figure e tabelle devono essere scelte
secondo criteri di chiarezza e semplicità;
devono essere numerate progressivamente in
cifre arabe e saranno accompagnate da brevi
ed esaurienti didascalie (indicanti, ad esempio
per le fotografie, l’autore). Nel testo deve essere chiaramente indicata la posizione di inserimento. Diagrammi e illustrazioni, allestiti allo
scopo di rendere più agevole la comprensione
del testo, dovranno essere sottoposti alla
redazione in veste grafica accurata, tale da
permettere la riproduzione senza modificazioni; ideale, anche in questo caso, il supporto
magnetico con formato .BMP, .JPG, .TIF.
Le citazioni biografiche devono essere strettamente pertinenti e riferirsi a tutti gli autori
citati nel testo. La bibliografia dovrà essere
redatta secondo le norme riportate nell’Index
Medicus. I modelli sotto riportati esemplificano
rispettivamente come si cita: un articolo, un
libro, un capitolo preso da libro.
1) Cosi A. “L’ansia nei bambini sottoposti ad
intervento di chirurgia elettiva: indagine
descrittiva.” La Rivista dell’Infermiere 1997;
3: 144 – 150.
2) Chiesa I., Clementi C. “Tecniche infermieristiche di base” (2 ed.) Milano, Ambrosiana,
1990 volume 1°, pag. 74.
3)Volterra V. “Crisi di identità storica ed attuale
dello psichiatra”. in: Gilberti E (ed) L’identità
dello psichiatra. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 1982.
Ogni articolo è sotto la responsabilità diretta
degli Autori che lo firmano.
Quando il contenuto dell’articolo esprime o
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Collegio
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