IL PUNTO COLDIRETTI SETTIMANALE DI INFORMAZIONE PER LE IMPRESE DEL SISTEMA AGROALIMENTARE 11-17 giugno 2013 – Numero 23 – www.ilpuntocoldiretti.it Attualità La spesa per i prodotti a km zero sale a 3 mld Pil, cresce solo in agricoltura con +4,7% nel I trimestre Allarmi alimentari, in Ue quasi novemila casi nel 2012 Sistri: rischio avvio in ottobre, serve riscrivere il sistema Papa, Marini: "Grazie per il riconoscimento del nostro lavoro" Maltempo, la primavera 2013 tra le più piovose del secolo Energia, il Gse sospende gli incentivi per chi non si è adeguato alla norma A.70 Dazi Cina, Marini: "L'agroalimentare non può essere oggetto di ritorsioni" Cina, con boom domanda di cibo aumenteranno fusioni e acquisizioni di aziende agroalimentari Limone, un antiossidante che previene anche i calcoli Aflatossine, l’Ue richiede maggiori controlli sui cibi turchi Green economy, ecco le proposte sulle filiere agricole per gli Stati generali Danni da lupo e da cani inselvatichiti, un problema da risolvere Prestazioni energetiche, come cambiano le detrazioni del 50% e del 65% Fotovoltaico: raggiunta la soglia di 6,7 mld, incentivi agli sgoccioli Cala il consumo di prodotti Dop, da parmigiano a grana info: versione testuale a cura dell’ufficio stampa coldiretti torino [email protected] www.torino.coldiretti.it IL PUNTOCOLDIRETTI – 11-17 giugno 2013 – num. 23 – pagina 1 Attualità La spesa per i prodotti a km zero sale a 3 mld 07/06/2013 Più di 3 miliardi di euro sono stati spesi per l’acquisto di prodotti alimentari “a chilometri zero” nel 2012 con un contributo determinante al contenimento degli sprechi alimentari e alla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra provocate dai trasporti del cibo. Lo ha reso noto il presidente della Coldiretti Sergio Marini in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente nel corso dell’incontro “Investimenti per un Rinascimento Verde” organizzato da Earth Day Italia assieme a Fao, Coldiretti, Enea e Cnr. Si stima infatti che i prodotti alimentari come la frutta e la verdura a chilometri zero, acquistati al mercato degli agricoltori o direttamente nelle azienda agricole riducano gli sprechi del 30 per cento perché sono più freschi e durano fino a una settimana in più rispetto a quelli dei canali di vendita tradizionali, ma anche perché non si verificano le perdite dovute alle intermediazioni commerciali, conservazioni intermedie in magazzino e lunghi trasporti che compromettono gli altri prodotti prima di arrivare sul banco di vendita. Sul piano ambientale, acquistando prodotti alimentari a chilometri zero, si riducono anche le emissioni di gas ad effetto serra provocate dai trasporti per lunghe distanze e si stima che, grazie alla spesa “salva clima” degli italiani, nei mercati degli agricoltori si sia ridotta di 98 milioni di chili l’anidride carbonica ad effetto serra emessa nell’atmosfera in un anno. E' stato calcolato infatti che un chilo di ciliegie dal Cile per giungere sulle tavole italiane deve percorrere quasi 12mila chilometri con un consumo di 6,9 chili di petrolio e l'emissione di 21,6 chili di anidride carbonica, mentre un chilo di mirtilli dall'Argentina deve volare per piu' di 11mila chilometri con un consumo di 6,4 kg di petrolio che liberano 20,1 chili di anidride carbonica e l'anguria brasiliana, che viaggia per oltre 9mila km, brucia 5,3 chili di petrolio e libera 16,5 chili di anidride carbonica per ogni chilo di prodotto, attraverso il trasporto con mezzi aerei. “Acquistare prodotti a chilometri zero è anche un segnale di attenzione al proprio territorio, alla tutela dell’ambiente e del paesaggio che ci circonda, ma anche un sostegno all’economia e all’occupazione locale”, afferma il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare che “si tratta di una responsabilità sociale che si diffonde tra i cittadini nel tempo della crisi. L’Italia - continua Marini - ha perso negli ultimi venti anni 2,15 milioni di ettari di terra coltivata per effetto della cementificazione e dell’abbandono che ha tagliato del 15 per cento le campagne colpite da un modello di sviluppo sbagliato che ha costretto a chiudere 1,2 milioni di aziende agricole nello stesso arco di tempo. Per proteggere il territorio e i cittadini che vi vivono e garantirsi una adeguata disponibilità di cibo nel tempo l’Italia - precisa Marini - deve difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile dalla cementificazione nelle città e dall’abbandono nelle aree marginali con un adeguato riconoscimento dell’attività agricola. Se nella classe dirigente è mancata la cultura del valore dell'agroalimentare, della salvaguardia del territorio e del cibo, che è una delle poche leve per tornare a crescere, la sensibilità negli ultimi anni è profondamente lievitata tra i cittadini che - conclude Marini - sempre più spesso sostengono con le proprie scelte di acquisto l’agricoltura e i prodotti locali del territorio”. Pil, cresce solo in agricoltura con +4,7% nel I trimestre 10/06/2013 L’agricoltura nel primo trimestre 2013 è il solo settore che fa segnare un aumento del valore aggiunto sia in termini congiunturali (+4,7 per cento) che tendenziali (+0,1 per cento), peraltro accompagnato nello stesso periodo da un aumento delle assunzioni dello 0,7 per cento, in netta controtendenza con l’andamento recessivo del Pil e degli occupati dell’industria e dei servizi. IL PUNTOCOLDIRETTI – 11-17 giugno 2013 – num. 23 – pagina 2 E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei conti dell’Istat che evidenziano per l’Italia un calo tendenziale del Pil del 2,4 provocato dalle flessioni nell’industria (-4,1 per cento) e nei servizi (-1,4 per cento) relativi al primo trimestre 2013. Solo l’agricoltura mette a segno un incremento, ma le aziende agricole sono anche le uniche a far registrare un incremento dello 0,7 per cento nel numero di lavoratori dipendenti occupati nel primo trimestre dell’anno. “Nonostante gli effetti negativi sulle coltivazioni provocati dal maltempo e i segnali depressivi sui consumi che hanno interessato anche l’agroalimentare, l’agricoltura è stato l’unico settore che nel 2013 ha dimostrato segni di vitalità economica ed occupazione a conferma della validità e della modernità del modello di sviluppo agricolo Made in Italy che è fondato sul valorizzazione dell’identità, della qualità, delle specificità che consentono di affrontare e vincere la competizione internazionale”, ha affermato il presidente della Coldiretti, Sergio Marini, nel sottolineare che “si tratta di un modello che può rappresentare un riferimento anche per gli altri settori”. Un risultato, dunque, che avrebbe potuto essere anche migliore se non fosse stato per una serie di fattori, a partire dall'ondata di maltempo che ha causato danni per oltre un miliardo di euro, con pesanti cali produttivi su quasi tutti i comparti e un aggravio di costi. Costi che, peraltro, sono ormai in continuo aumento, come dimostra anche l'ultimo dato di febbraio, con la crescita del 2,3 per cento dei prezzi dei vari fattori di produzione. E non bisogna neppure dimenticare che nel primo trimestre il saldo agricolo nei registri camerali tra nuove iscrizioni e chiusure è stato negativo con uno scarto di ben 13.106 unità. Colpa anche de fatto che il credito agrario erogato alle aziende agricole ha subito un taglio del 22 per cento nel 2012 con il valore delle erogazione sceso al livello più basso dal 2008, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Ismea. Allarmi alimentari, in Ue quasi novemila casi nel 2012 10/06/2013 La relazione annuale sul Sistema di Allerta Rapido per Alimenti e Mangimi (Rasff) pubblicata dalla Commissione europea rivela che nel 2012 il totale delle notifiche è stato di 8797. Il 40 per cento è rappresentato da notifiche originali (ossia notifiche di allarme, notifiche di informazione e notifiche di respingimento alle frontiere), mentre il 60 per cento è rappresentato da notifiche di follow-up (notifiche concernenti informazioni supplementari rispetto alla notifica originale). Cinquecentoventisei i casi di rischi gravi riscontrati in prodotti immessi sul mercato, mentre circa la metà delle notifiche hanno riguardato il respingimento alle frontiere Ue di alimenti e mangimi che presentavano pericoli per la sicurezza alimentare. Vediamo nel dettaglio gli aspetti più rilevanti del rapporto. Sul fronte degli allergeni negli alimenti, il numero totale delle notifiche è stato di 104, (in lieve diminuzione rispetto alle 110 trasmesse nel 2011). Tra queste, 72 sono state classificate come allerta, a causa della presenza sul mercato Ue di prodotti alimentari contenenti allergeni non dichiarati in etichetta, 26 sono state classificate come notifiche di informazione perché i prodotti a rischio erano già stati ritirati dal mercato e 5 notifiche riguardavano respingimenti alle frontiere di prodotti intercettati prima di entrare nell’Ue. La maggioranza dei casi ha riguardato la presenza di latte non dichiarato come ingrediente, seguita dalla presenza di solfiti non dichiarati. Regno Unito e Italia sono i paesi che hanno effettuato più notifiche riguardanti la presenza di allergeni. Per quanto riguarda, invece, gli allerta relativi ad alimenti Ogm la Cina è il paese che ha subito più notifiche. Sono 39 infatti le segnalazioni riguardanti la presenza di Organismi geneticamente modificati non autorizzati nell’Ue nei cereali e nei prodotti derivati provenienti dal paese asiatico. Proprio a causa delle ripetute segnalazioni riguardanti riso o prodotti a base di riso dalla Cina, la Commissione europea ha introdotto misure di IL PUNTOCOLDIRETTI – 11-17 giugno 2013 – num. 23 – pagina 3 emergenza per contrastare il fenomeno. Altre notifiche riguardano la papaya proveniente dalla Thailandia (10 segnalazioni) e riso basmati Gm proveniente dal Pakistan (5). In generale, il numero di notifiche riguardanti, invece, le micotossine nel 2012 è sensibilmente calato rispetto all’anno precedente. Tuttavia, se da una parte si è assistito ad una flessione di notifiche riguardanti la presenza di aflatossine in alcuni prodotti assoggettati ad un regime di controlli più severo, per contro si è registrato un incremento di segnalazioni concernenti la presenza di aflatossine nei fichi secchi provenienti dalla Turchia (135). Sono state 32 invece le notifiche riguardanti la presenza di ocratossina A. Di queste, 19 riguardavano la categoria “Frutta e vegetali” provenienti principalmente da Afghanistan, Uzbekistan e Turchia. A livello di microrganismi patogeni, rispetto al 2011 si sono registrate più notifiche riguardanti i molluschi bivalvi e cefalopodi dovute a Salmonella, Norovirus ed Escherichia coli. Per i prodotti della carne (escluso il pollame) si è assistito ad un aumento dei casi dovuti a Salmonella. L’incremento tuttavia sarebbe dovuto all’incremento del numero delle notifiche effettuate dalla Svezia che, per quanto riguarda l’importazione di carni fresche si avvale delle garanzie speciali previste nel Reg. (Ce)1688/2005. Ma anche per quanto riguarda il pollame vi è stata una crescita degli allarmi (dai 42 del 2011 ai 54 del 2012). In questo caso però il fenomeno è legato all’introduzione a partire dal 1° dicembre 2011 di un nuovo criterio di sicurezza alimentare riguardante la Salmonella nella carne fresca di pollame. Sono scese invece le segnalazioni riguardanti la presenza di agenti patogeni nei prodotti della pesca: dalle 60 notifiche del 2011 si è passato alle 22 del 2012. Tutte le segnalazioni riguardano la Listeria monocytogenes, rilevata per lo più in salmoni e trote. Per quanto riguarda invece i prodotti di origine non animale, il numero di notifiche è diminuito nel 2012, fatta eccezione per la categoria frutta secca e snack per i quali sono pervenute 20 notifiche riguardanti la presenza di Salmonella. Nel 2012 si è registrato per il terzo anno consecutivo un forte aumento delle notifiche Rasff riguardanti la presenza di residui di fitosanitari. Delle 446 notifiche solo 34 riguardano alimenti o mangimi di provenienza Ue. Nei paesi extra Ue è infatti consentito l’utilizzo di determinate sostanze pericolose per la salute umana. Per questo motivo è stato rafforzato il sistema dei controlli riguardanti i prodotti importati nell’Ue. Le sostanze più notificate nel corso del 2012 sono state il triazophos, l’acetamiprid, acephate e monocrotophos. Sistri: rischio avvio in ottobre, serve riscrivere il sistema 10/06/2013 Cosa ne pensano gli operatori del Sistri e dell’imminente scadenza di ottobre, prevista per l’avvio dell’operatività del sistema? Questo l’oggetto dell’incontro svoltosi al Ministero dell’Ambiente e coordinato dal professor Edo Ronchi, incaricato dal Ministro di organizzare e gestire il confronto con le organizzazioni professionali e gli operatori potenzialmente interessati al sistema di tracciabilità dei rifiuti. Obiettivo dei lavori è verificare la possibilità di far partire il sistema, eventualmente a seguito di alcune modifiche tecniche o funzionali. Coldiretti ha segnalato come sia impensabile l’avvio del Sistri, permanendo tutte le difficoltà e le anomalie segnalate nel corso degli anni e che sono attualmente ancora irrisolte. Il sistema attuale, infatti, nonostante le modifiche più volte apportate, non risulta efficiente e non è funzionale alle esigenze di controllo e di semplificazione, con un conseguente inutile aggravio di oneri economici e di adempimenti burocratici per le imprese. Con specifico riferimento alle imprese agricole, l’esonero dall’iscrizione al sistema di tracciabilità previsto per le piccole imprese dall’articolo 39, comma 9 del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n.205 è scaduto a luglio 2013. L’eventuale avvio di operatività del sistema, previsto a partire da ottobre 2013, in combinazione con la scadenza dei termini IL PUNTOCOLDIRETTI – 11-17 giugno 2013 – num. 23 – pagina 4 per l’esonero dall’iscrizione per il settore, determinerebbe l’insorgenza di molteplici criticità connesse all’introduzione di adempimenti ed oneri insostenibili. Si è evidenziato, peraltro, come il pesante aggravio burocratico ed economico che deriverebbe dall’applicazione del sistema di tracciabilità anche ad imprese di modeste dimensioni non risulta giustificato da superiori obiettivi di tutela ambientale, in quanto gli adempimenti imposti risultano del tutto inutili o sproporzionati. A ciò deve aggiungersi che gli sviluppi del procedimento penale avviato dalla Procura di Napoli al fine di verificare la correttezza e la legalità nell’affidamento e nella gestione del servizio rendono indispensabile impedire che le imprese siano chiamate a rispondere economicamente per gli impegni assunti dall’Amministrazione in tale contesto. Sono stati quindi proposti alcuni principi cardine per la definizione di un sistema funzionale, efficiente, semplificato, ma soprattutto - rispetto alle imprese agricole adeguato alla realtà del settore, chiedendo una revisione radicale del sistema, a partire dai criteri di delega che lo hanno introdotto. L’intera piattaforma Sistri, basata su un complesso sistema legato all’uso di chiavette usb per l’annotazione e gestione dei dati e della black box per il tracciamento satellitare dei mezzi, risulta, infatti, inutilmente onerosa, anche considerando che la direttiva comunitaria 2008/98/CE fissa a carico degli Stati l’obbligo di assicurare la tracciabilità dei rifiuti pericolosi, senza imporre l’impiego di tecnologie informatiche. Tutte le associazioni intervenute hanno condiviso le preoccupazioni indicate, richiedendo, sostanzialmente, la riscrittura del sistema. Papa, Marini: "Grazie per il riconoscimento del nostro lavoro" 08/06/2013 “Siamo grati al Santo Padre per il riconoscimento del nostro lavoro di cura della terra, ma anche per l’invito a dare valore al cibo in una società che lo ha drammaticamente delegittimato fino a farlo considerare una merce qualsiasi, come fosse un aspirapolvere o un frigorifero”. E’ quanto ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nell’esprimere apprezzamento per l’intervento di Papa Francesco all’udienza generale in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente durante la quale il Santo Padre ha affermato, tra l’altro: “vorrei che prendessimo tutti il serio impegno di rispettare e custodire il creato, Il verbo 'coltivare' mi richiama alla mente la cura che l'agricoltore ha per la sua terra perché dia frutto ed esso sia condiviso: quanta attenzione, passione e dedizione”. La globalizzazione dei mercati, a cui non ha fatto seguito quella della politica, ha portato ad un deficit di responsabilità, di onestà e di trasparenza che ha generato la crisi internazionale e ha cambiato - ha sottolineato Marini - la gerarchia dei valori penalizzando l’economa reale come l’agricoltura e i suoi frutti. Gli effetti drammatici che - ha concluso Marini – sono sotto gli occhi di tutti vanno dallo spreco di oltre il 25 per cento del cibo prodotto nei paesi sviluppati alle speculazioni sulle materie prime agricole, dal furto di milioni di ettari di terre fertili a danno dei Paesi piu’ poveri fino alle grandi bugie sul potere salvifico degli organismi geneticamente modificati (Ogm). Maltempo, la primavera 2013 tra le più piovose del secolo 09/06/2013 La primavera meteorologica 2013 (da marzo a maggio) che si è appena chiusa è stata, per il Nord Italia, tra le più piovose dell'ultimo secolo e la 13/ma più piovosa dal 1800 ad oggi. I dati sono dell'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Isac-Cnr) di Bologna. In particolare, sul fronte precipitazioni, l'Isac-Cnr ha registrato un +20 per cento (rispetto alla media del periodo di riferimento 1971-2000) a livello nazionale, che per il Nord Italia IL PUNTOCOLDIRETTI – 11-17 giugno 2013 – num. 23 – pagina 5 sale fino al 50 per cento di precipitazioni in più rispetto alla media (la 13esima più piovosa dal 1800 ad oggi). Altrettanto piovose per l'Italia settentrionale, ricorda l'Isac-Cnr, furono le stagioni primaverili del 1936 e del 1905, ma per trovarne una decisamente più piovosa bisogna spingersi fino al 1898 (+88 per cento). Al dato della primavera hanno contribuito soprattutto i mesi di marzo (+60 per cento a livello nazionale e +102 per cento per il nord) e maggio (+23 per cento a livello nazionale e +50 per cento per il nord). Per quanto riguarda le temperature, sempre rispetto al periodo di riferimento 1971-2000, a livello nazionale la primavera si è conclusa con un'anomalia positiva di circa 0,7 gradi (la 26-esima più calda dal 1800 ad oggi), con un grosso contributo dato dal mese di aprile che è stato di 2 gradi più caldo della media (il settimo più caldo di sempre). Il mese di maggio, poi, ha visto l'Italia spaccata in due ma non e' stato eccezionale per il freddo: le temperature più miti di inizio mese hanno infatti compensato quelle eccezionalmente basse della seconda parte del mese. Energia, il Gse sospende gli incentivi per chi non si è adeguato alla norma A.70 10/06/2013 Il Gse, Gestore dei servizi energetici, ha reso noto che, a seguito della comunicazione del 13 marzo 2013 sta procedendo a sospendere l’erogazione degli incentivi nei confronti degli impianti di produzione di energia elettrica con potenza superiore a 50 kW, già connessi alla rete di media tensione al 31 marzo 2012, per i quali è stato segnalato, dalle imprese distributrici competenti, il mancato adeguamento alle prescrizioni dell’Allegato A.70 del Codice di Rete. I titolari degli impianti interessati dalla sospensione dell’erogazione degli incentivi riceveranno dal Gse una notifica a mezzo mail con i riferimenti dell’impianto e del relativo rapporto contrattuale oggetto di sospensione. La suddetta sospensione non comporta alcuna decurtazione degli incentivi spettanti, fermo restando che il ripristino dell’erogazione degli incentivi “sospesi” potrà avvenire esclusivamente a seguito della comunicazione dell’impresa distributrice competente che attesti l’avvenuto adeguamento dell’impianto di produzione. Ricordiamo che, una volta adeguati gli impianti, i titolari devono comunicare al Gse: l’aggiornamento dei dati caratteristici relativi all’inverter e/o al sistema di protezione di interfaccia (solo nel caso di impianti fotovoltaici); la copia del regolamento d’esercizio aggiornato. Le comunicazioni vanno inviate tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, servendosi dei modelli predisposti dal Gestore che variano a seconda del tipo di impianto: un modello è dedicato agli impianti fotovoltaici e uno agli impianti che utilizzano altre fonti. Dazi Cina, Marini: "L'agroalimentare non può essere oggetto di ritorsioni" 10/06/2013 Le esportazioni di vino italiano in Cina hanno raggiunto il valore di 77 milioni di euro nel 2012 dopo un aumento record del 305 per cento negli ultimi cinque anni segnati dalla crisi economica internazionale. Lo ha reso noto il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare l’importanza dell’intervento del Presidente del Consiglio Enrico Letta e del Ministro delle Politiche Agricole Nunzia De Girolamo nei confronti dell’avvio di una indagine da parte delle autorità cinesi sull’eventuale dumping dei vini europei esportati nel gigante asiatico. "L’agroalimentare italiano non può essere oggetto di scambio e ancor meno di ritorsione come è avvenuto troppo spesso nel passato perché - sottolinea Marini - rappresenta uno dei pochi asset su cui puo’ contare il Paese per tornare a crescere. Lo dimostra - precisa Marini - l’aumento a 31,8 miliardi di euro nelle esportazioni nel 2012 e l’assoluta qualità e il deciso apprezzamento del cibo Made in Italy in Italia e nel mondo". IL PUNTOCOLDIRETTI – 11-17 giugno 2013 – num. 23 – pagina 6 Nella tigre asiatica si è registrato il più elevato tasso di aumento del pianeta nei consumi che hanno raggiunto i 18 milioni di ettolitri, salendo al quinto posto tra i maggiori paesi bevitori. Il boom del vino è il frutto dell’aumento delle importazioni dell’8 per cento per un valore di 3,4 milioni di ettolitri nel 2012, ma soprattutto della produzione interna che la Cina ora intende tutelare con misure protezionistiche ingiustificate nei confronti del vino di provenienza europea che rappresenta il 58,7% del totale delle importazioni nei primi due mesi del 2013. Cina, con boom domanda di cibo aumenteranno fusioni e acquisizioni di aziende agroalimentari 10/06/2013 La Cina è destinata ad accrescere sempre più, nei prossimi dieci anni, la sua dipendenza dalle importazioni di cereali, semi oleosi, e carne; uno sviluppo, questo, che potrebbe sostenere i prezzi e alimentare ulteriormente l’attività dell’industria agricola globale. Ad affermarlo è un articolo apparso sul quotidiano britannico Financial Times. Giovedì scorso, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) e l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) hanno dipinto un quadro rialzista della domanda alimentare cinese nelle loro previsioni agricole annuali. Per la prima volta, il rapporto dedica un intero capitolo alla Cina. Le importazioni cinesi di cereali grezzi, usati soprattutto per ingrassare le mandrie, dovrebbero raddoppiare entro il 2022. Le importazioni di fagioli di soia cresceranno del 40%, mentre le importazioni di carne sono destinate ad aumentare vertiginosamente – le importazioni di manzo raddoppieranno quasi. “La sfida è chiara: sfamare la Cina, nel contesto della sua rapida crescita economica e dei limiti dati da risorse piuttosto contenute, è un compito spaventoso”, si legge nel rapporto. “In Cina, la crescita del consumo procederà a un ritmo leggermente più veloce, rispetto alla crescita della produzione”. Le previsioni arrivano proprio nel momento in cui l’entrata della Cina nei mercati agricoli globali ha già iniziato a guidare fusioni e acquisizioni nel settore agricolo. La scorsa settimana, la Shuanghui of China ha annunciato un’offerta da 7 miliardi di dollari per l’acquisto della Smithfield, la principale azienda americana produttrice di carne di maiale. Allo stesso tempo, nel corso dell’ultimo anno, società che operano nel settore delle commodity, come la Archer Daniels Midland e la Marubeni, hanno speso 10 miliardi di dollari per rilevare aziende cerealicole australiane e statunitensi che si rivolgono al mercato alimentare cinese. La Cina è già il principale importatore mondiale di fagioli di soia, poiché la nuova classe media sta determinando un cambiamento nelle abitudini alimentari, in particolare un crescente appetito di carne. I fagioli di soia costituiscono un’importante fonte di foraggio per l’industria della carne. Il mutato regime dietetico ha comportato un’ulteriore pressione sul settore agricolo cinese, che già sta cercando di nutrire un quinto della popolazione mondiale, con scarsi terreni agricoli e limitate risorse idriche. (…) Questi vincoli, a loro volta, sono destinati probabilmente ad aumentare la dipendenza della Cina dai mercati internazionali per le risorse alimentari di cui necessita. Il passaggio a una maggiore dipendenza dalle importazioni alimentari potrebbe avere profonde implicazioni per i mercati alimentari globali, perché la domanda cerealicola cinese è ampia, rispetto alla dimensione dei mercati commerciali a livello globale. All’inizio di quest’anno, Chen Xiwen, funzionario agricolo cinese, ha riconosciuto che l’aumento delle importazioni alimentari è, ormai, un fatto inevitabile. “Il pieno utilizzo delle risorse e dei mercati internazionali è diventato un fattore necessario”, ha detto. La crescente dipendenza cinese dalle importazioni alimentari, insieme ad altri fattori, come la produzione di biocarburanti, determinerà un aumento della pressione esercitata sui costi alimentari. “Nei prossimi dieci anni, si prevede un’impennata dei prezzi delle colture e del bestiame, a causa dell’effetto combinato, prodotto da una minore crescita produttiva e da una maggiore domanda”, si legge nel rapporto. “I prezzi di carne, pesce e biocarburanti dovrebbero IL PUNTOCOLDIRETTI – 11-17 giugno 2013 – num. 23 – pagina 7 aumentare in misura maggiore rispetto ai prodotti agricoli primari”. La Cina dovrebbe diventare il principale consumatore mondiale di carne di maiale, su base procapite, superando, entro il 2022, l’Unione Europea. Sebbene storicamente il paese sia stato quasi sempre autosufficiente per quanto riguarda la produzione di carne di maiale, la FAO e l’OCSE calcolano che il prezzo internazionale del maiale registrerà un incremento di circa il 5%-8%, in conseguenza degli acquisti cinesi. La Cina è già il maggiore importatore di latte, ma, nei prossimi dieci anni, la vorace domanda interna di prodotti lattiero caseari dovrebbe determinare un ulteriore aumento del 60% delle importazioni di prodotti lattiero caseari. Limone, un antiossidante che previene anche i calcoli 10/06/2013 Citrus limon L. è il nome scientifico del limone, un frutto che in diverse forme si trova sulle nostre tavole tutto l’anno. Della stessa famiglia sono anche il cedro (Citrus medica), il lime (Citrus aurantifolia) e il bergamotto (Citrus bergamia). Nel 2012 se ne sono prodotti in Italia 4,5 milioni di quintali, di cui più di 4 solo in Sicilia. In generale, i numeri ci dicono che è una coltivazione esclusiva del Sud Italia (Istat 2012), che sulla sua superficie concentra quindi la seconda produzione europea dopo quella spagnola. Prodotto che non poteva non fregiarsi di un’indicazione di origine protetta, ad oggi il limone rientra nella lista di Igp con le denominazioni Limone di Sorrento, Limone Costa d’Amalfi, Limone di Rocca Imperiale, Limone Femminello del Gargano, Limone Interdonato di Messina e Limone di Siracusa. Quest’ultimo sta riscuotendo un successo anche per le preparazioni di prodotti trasformati made in Italy e per la preparazione di sorbetti o per aromatizzare le creme grazie alla varietà di oli essenziali che conferiscono una intensa profumazione. Con l’arrivo dell’estate e del caldo, il succo di limone si rivela un alleato prezioso per la salute perché dissetante, ricco in sali minerali e vitamine. Un particolare riguardo per la Vitamina C, la principale contenuta nella frutta appartenente al genere Citrus (nel limone 43mg/100g), tra i più potenti antiossidanti solubili in acqua. Viene chiamata anche acido ascorbico, perché la sua carenza causa lo scorbuto (si narra che in passato il succo di limone sia stato uno degli “antidoti” per prevenire la malattia diffusa tra i navigatori) ed è fondamentale per la sintesi del collagene e quindi per l’integrità dei tessuti. Ciò che caratterizza il limone è anche il suo corredo di composti bioattivi. Una molecola presente nel succo e nella buccia del limone è l’eriocitrina, con attività antiossidante molto simile a quella della alfa-tocoferolo (vitamina E) la cui azione è incrementata dalla presenza dell’acido citrico. Altri esempi sono le cumarine isolate dalla buccia che si sono rivelate inibitori di molecole responsabili della proliferazione tumorale o anche il flavonoide esperidina, antinfiammatoria e analgesica. Altre molecole tipiche sono gli oli essenziali (es. limonene) presenti principalmente nella buccia e composti da elementi volatili che conferiscono i tipici aromi e che esplicano una notevole attività antibatterica. Numerosi studi – tra cui quello italiano a cura dell’Istituto Mario Negri in collaborazione proprio con il consorzio di tutela del limone di Siracusa Igp – si stanno susseguendo per dimostrare come il consumo di succo di limone sia in grado di prevenire i calcoli renali, grazie probabilmente alla molecola nota come acido citrico. L’ acido citrico è un acido tricarbossilico, principalmente presente nei limoni in cui rappresenta circa l’8% del peso secco (42,9g/kg). La concentrazione di citrato nelle urine è uno dei parametri più importanti per inibire la formazione dei cristalli di ossalato di calcio che rappresentano circa l’80% delle forme di calcoli, e l’ipocitraturia è proprio una delle cause principali di urolitiasi (calcolosi urinaria). Una delle azioni scoperte è che il citrato si lega alla superficie dei cristalli di ossalato di calcio per limitarne l’accrescimento, oltre che a ostacolarne l’adesione alle cellule epiteliali IL PUNTOCOLDIRETTI – 11-17 giugno 2013 – num. 23 – pagina 8 renali. Sì alle spremute di limone quotidiane quindi, ma meglio se il succo è diluito in acqua per evitare i problemi dovuti all’eccessiva acidità. Aflatossine, l’Ue richiede maggiori controlli sui cibi turchi 10/06/2013 I controlli sui fichi secchi importati nell’Ue dalla Turchia potrebbero presto aumentare a causa del numero molto elevato di segnalazioni riguardanti la presenza di aflatossine fatte registrare durante lo scorso anno. A richiedere maggiore vigilanza sono la Commissione europea e gli Stati membri che ritengono non sufficientemente adeguate le garanzie fornite dalla Turchia mediante il proprio sistema di controllo. Durante lo scorso anno 326 segnalazioni diffuse dal Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi (Rasff) riguardavano la presenza di aflatossine in lotti di frutta secca importati in Europa; di queste 178 riguardavano proprio i fichi secchi provenienti dalla Turchia. Il dossier sui “Rischi dei cibi low cost”, presentato nei giorni scorsi da Coldiretti a Bruxelles, ha evidenziato come nel 2012 a salire sul podio dei paesi con maggior numero di notifiche subite siano state nell’ordine la Cina,l’India e la Turchia. Nazioni che, avvalendosi di diverse regole sanitarie e ambientali in vigore rispetto al’Ue oltre che dello sfruttamento della manodopera, immettono sul mercato ingredienti e alimenti a basso prezzo ma pericolosi per la salute, il tutto a danno degli ignari consumatori. In particolare, dalla Turchia si registrano allarmi riguardanti l’importazione di nocciole e pistacchi contaminati per la presenza di muffe e aflatossine che vengono spesso utilizzati per la preparazione di snack low cost. Le aflatossine sono note per le loro proprietà genotossiche e cancerogene e l'esposizione attraverso gli alimenti deve essere il più possibile limitata. L’ampliamento dei controlli verrà presto discusso in sede di Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali. Rimarrebbero invece invariati secondo il disegno di legge i controlli su altre varietà importate, come le arachidi provenienti dalla Cina (il cui 20% viene controllato) e i pistacchi provenienti dall’Iran (il 50% dei quali è sottoposto a controlli prima di varcare le frontiere Ue). Tuttavia sarebbe comunque auspicabile che anche per queste produzioni la Commissione e gli Stati membri prevedessero una maggiore rigidità nei controlli. Le modifiche richieste (che riguarderebbero anche le arachidi importate dall’India e dal Ghana e i semi di melone provenienti dalla Nigeria) dovrebbero far parte di una nuova normativa che andrà a sostituire l’attuale regolamento 1152/2009, dove si stabiliscono condizioni particolari per l'importazione di determinati prodotti alimentari da alcuni paesi terzi a causa del rischio di contaminazione da aflatossine. Green economy, ecco le proposte sulle filiere agricole per gli Stati generali 10/06/2013 Nel corso degli incontri succedutisi nei mesi di marzo, aprile e maggio 2013, i partecipanti al Gruppo di lavoro 7 (“Sviluppo delle filiere agricole di qualità ecologica”) attivato in vista degli Stati generali della Green Economy sono pervenuti alla conclusione di valorizzare tre macro-proposte, suscettibili di essere elaborate ed integrate nell’ambito di un programma esaustivo e completo di norme, immediatamente fruibili ed operative, nonché idonee a garantire una crescita sana, razionale e sostenibile del nostro territorio. Consumo del suolo, multifunzionalità e produzione biologica e di filiera corta, costituiscono, pertanto, la base individuata dal gruppo per ripensare, con responsabilità e dinamicità, a forme di investimento dirette ad uno sviluppo sostenibile della produzione agricola, nell’ottica di restituire valore alle innumerevoli ricchezze che fanno del Paese Italia una risorsa inestimabile, capace di sfidare la concorrenza e di rappresentare un mercato modello per investitori, studiosi e turisti, alla continua ricerca delle eccellenze e IL PUNTOCOLDIRETTI – 11-17 giugno 2013 – num. 23 – pagina 9 delle buone pratiche italiane. I Gruppi di lavoro hanno incontrato il Ministro dell’Ambiente Andrea Orlando, al quale hanno sottoposto la bozza di proposte delle priorità. Ecco quelle presentate dal Gl7. Consumo del suolo e tutela della destinazione agricola anche in funzione della valorizzazione della biodiversità e del paesaggio. Il suolo, risorsa sostanzialmente scarsa e soggetta ad esaurimento, necessita di una revisione normativa integrale ed approfondita, in un’ottica di recupero della dimensione propriamente agricola del territorio e nel rispetto della biodiversità. Il panorama eccessivamente frammentario e discontinuo di regole, fornisce l’occasione per restituire organicità e centralità al suolo, quale condizione di sicurezza di fronte ai ripetuti rischi inerenti ai cambiamenti climatici. Un riesame delle politiche urbanistiche in chiave integrativa del suolo agricolo con quello urbano, risulta, in questa direzione, improrogabile. Le costruzioni e le cementificazioni selvagge che si sono stratificate negli anni, non solo hanno deturpato il paesaggio e mortificato le bellezze culturali, ma, paradossalmente, hanno anche frenato la crescita e lo sviluppo economico e sociale della collettività, producendo sprechi tanto nell’edilizia, quanto nella fornitura dei servizi, spesso carenti e, più spesso, costituenti inutili “doppioni”. La superficie agricola richiede di essere salvaguardata perché da essa dipendono la produzione di cibo necessario a soddisfare il fabbisogno alimentare nazionale, la difesa dell’ambiente dai disastri idrogeologici e la tutela del paesaggio contro le urbanizzazioni, le impermeabilizzazioni e le edificazioni sregolate, che aumentano il rischio di frane, inondazioni e smottamenti. Occorrono, a tal fine, interventi mirati, diretti a preservare il territorio: le aree urbanizzate devono essere sottoposte ad un costante monitoraggio per garantire un corretto sfruttamento degli insediamenti già esistenti, prevedendo anche alternative opportunità di riutilizzo e mutamenti d’uso delle strutture presenti, nella prospettiva di impedire il consumo di altro suolo nella realizzazione di nuovi elementi infrastrutturali; nelle aree non urbanizzate, gli strumenti di pianificazione devono essere orientati al massimo rispetto della conservazione del suolo, impedendo qualsiasi forma di edificazione, demolizione o ricostruzione che non risulti compatibile con le caratteristiche anche geomorfologiche del territorio. Rilancio dell’occupazione a partire dalla fisionomia plurale dell’agricoltura interessata ad ambiti multifunzionali e promozione dei giovani in termini di valore aggiunto e di qualità. Attesa la necessità di intervenire con misure urgenti al rilancio dell’occupazione, occorre favorire, attraverso lo strumento della detrazione fiscale, le iniziative private dirette a valorizzare la dimensione multifunzionale dell’agricoltura. In particolare, si tratta di integrare lo sviluppo dell’agricoltura e delle attività tradizionalmente collegate alla produzione, con azioni mirate a promuovere la pluriattività, intesa come strumento di organizzazione, manutenzione e fruizione del territorio nel suo complesso, in una prospettiva di crescita dell’occupazione e di razionale distribuzione dei servizi di utilità sociale tra la collettività. Le attività connesse all’agricoltura sono tali e tante da offrire un valido contributo al superamento, nel breve termine, della grave crisi economica. Occorre puntare l’attenzione sui giovani, anche attraverso incentivi e finanziamenti alle scuole per promuovere progetti di sensibilizzazione delle nuove generazioni nei confronti del territorio e delle sue numerose potenzialità. Bisogna, così, sostenere le iniziative idonee a creare occupazione attraverso il recupero del territorio e dell’immenso patrimonio storico, artistico ed archeologico che caratterizza il nostro Paese, riconoscendo, ad esempio, all’agricoltore il ruolo di custode dei beni culturali presenti sui terreni posseduti o coltivati. Potrebbe, a tal fine, proporsi una modifica del codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42/2004) per consentire all’agricoltore di promuovere itinerari agri-archeo-turistici e coinvolgere direttamente gli ospiti nelle attività di ricerca archeologica e di scavo eseguite sul suo terreno. IL PUNTOCOLDIRETTI – 11-17 giugno 2013 – num. 23 – pagina 10 Promozione dell’agricoltura biologica e della filiera corta. E’ opportuno incentivare gli investimenti degli imprenditori agricoli in attività che favoriscano produzioni biologiche e di filiera corta, attraverso la promozione dei distretti rurali e agroalimentari, ovvero, attraverso la stipula di contratti di collaborazione con le pubbliche amministrazioni, al fine di assicurare il sostegno e lo sviluppo dell’imprenditoria agricola locale e valorizzare le produzioni agricole tipiche e tradizionali. In questo senso, meritano attenzione le iniziative dirette a promuovere le produzioni biologiche attraverso la previsione di misure e sgravi fiscali mirati (riduzione dei carichi previdenziali, degli oneri di urbanizzazione, aumento tabellare del valore agricolo medio dei terreni a seguito di una conduzione biologica pluriennale, ecc.) che consentano agli agricoltori di vendere i loro prodotti a prezzi più contenuti e di contribuire concretamente ad uno sviluppo green dell’economia. Sono positivamente accolte le forme di coinvolgimento dei produttori di alimenti biologici e di filiera corta negli acquisti pubblici verdi della pubblica amministrazione, al fine di garantire la fornitura di alimenti sostenibili (c.d. green public procurement). Tali acquisti, infatti, assumono rilevanza notevole nei contesti pubblici, ove la quantità considerevole di consumi può essere attentamente bilanciata e razionalizzata scegliendo prodotti che riducono sensibilmente l’impatto sull’ambiente. Danni da lupo e da cani inselvatichiti, un problema da risolvere 10/06/2013 La XIII Commissione Agricoltura ha convocato un’audizione sui danni da lupo agli allevamenti, problema più volte sollevato da Coldiretti anche con riferimento alla presenza di ibridi e di cani inselvatichiti. In particolare gli ibridi sono più aggressivi dei cani inselvatichiti e rappresentano anche un pericolo per la conservazione del patrimonio genetico del lupo, in quanto si accoppiano con gli stessi lupi. Il lupo (Canis Lupus) è una specie protetta a livello nazionale ed europeo ed è inserita nella così detta Lista rossa dell'Unione internazionale per la conservazione della natura (Lucn) come specie vulnerabile ad alto rischio di estinzione in natura nel medio periodo. Protetto dalla "Direttiva habitat" 92/43 dell'Unione Europea all'allegato IV del documento: "Specie animali e vegetali d'interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa", in Italia la specie ha tale statuto ai sensi dell’art. 2, della Legge del 11 Febbraio 1992, n. 157. Nel passato si pensava che i lupi potessero vivere solo in zone montane o in grandi foreste, ma ciò era dovuto alla persecuzione che ne aveva ristretto la popolazione in aree remote. Al giorno d’oggi è ovvio che, in assenza di una pesante azione di contenimento, i lupi possano vivere vicino alle zone abitate. Coldiretti ha evidenziato nel corso dell’audizione che durante le ultime quattro decadi, le nuove politiche di conservazione, l’incremento degli ungulati e l’estensione della vegetazione naturale, facilitati dalla migrazione di popolazioni dalle zone rurali a quelle urbane, hanno permesso il recupero di numerosi branchi in molti areali europei ed anche in Italia. Ad ogni modo, il conflitto tra lupo e attività zootecniche è un problema ampiamente conosciuto e documentato. I lupi predano ungulati vulnerabili, come il capriolo (Capreolus capreolus), il cervo rosso (Cervus elaphus), il camoscio (Rupicapra spp.) e il cinghiale (Sus scrofa) nell’Europa meridionale, ma si concorda che la predazione del lupo sul bestiame domestico sia la ragione storica della persecuzione e del conseguente declino della specie. Il conflitto generatosi tra presenza del lupo ed attività zootecniche si è, peraltro, ulteriormente inasprito nel corso degli ultimi decenni per la mancanza di interventi incisivi nelle aree rurali da parte delle istituzioni competenti, rappresentando, tuttora, una delle principali minacce per la sopravvivenza della specie come dimostrato dall’analisi della IL PUNTOCOLDIRETTI – 11-17 giugno 2013 – num. 23 – pagina 11 distribuzione. All’interno dell’areale distributivo, infatti, la maggior parte degli abbattimenti avviene solitamente dove sia registrata una più elevata densità di allevamenti ovini. La popolazione italiana di lupo è, comunque, passata dal suo minimo storico - raggiunto all’inizio degli anni Settanta con circa 200 individui distribuiti in un areale discontinuo e frammentato, agli attuali 500-600 capi, sebbene questo sia un dato risalente ad alcuni anni fa e, dunque sottostimato, con un, areale in continuo aumento. Nel 2002 è stato pubblicato il Piano d’Azione Nazionale per la conservazione del lupo adottato dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, all’interno del quale si dà assoluta priorità ai programmi di monitoraggio della specie ed al suo impatto sulla zootecnia nonché all’attenuazione del conflitto con essa tramite interventi di informazione e sensibilizzazione, prevenzione e compensazione dei danni. Tale strategia, anche alla luce dei problemi attuali, non ha dimostrato, tuttora, reale efficacia e richiede anche sul piano della ricerca un sostanziale aggiornamento. D’altra parte, la competenza in materia è demandata alle Regioni, con notevoli differenze legislative, se bene anche in presenza di dettagliate soluzioni legislative la serie di tradizionali strumenti di intervento si è rivelata del tutto inadeguata. Ad esempio, la Toscana con la l.r. n° 26/05 Tutela del patrimonio zootecnico soggetto a predazione ha disposto interventi finalizzati alla tutela del patrimonio bovino, ovicaprino ed equino soggetto a predazione da parte di predatori protetti delle specie lupo, aquila reale e gatto selvatico. A tal fine sono previsti contributi per la realizzazione di opere di prevenzione destinate a proteggere gli animali allevati e per la stipula di contratti assicurativi per i danni causati dall’attacco di predatori. Nello specifico, le opere di prevenzione soggette a contributo sono: stalle o ricoveri notturni, recinzioni metalliche o elettriche, sistemi fotografici di allerta o di videosorveglianza. I contributi per la stipula di contratti assicurativi sono concessi esclusivamente ad imprenditori agricoli che hanno nella propria azienda almeno una delle opere di prevenzione elencate ed i risarcimenti vengono corrisposti previa attestazione dell’avvenuta predazione da parte di un medico veterinario. Rimangono, tuttavia, a carico dell’allevatore le spese per lo smaltimento delle carcasse e dei rifiuti animali, sicché a seguito dell’emergenza sanitaria delle encefalopatie spongiformi trasmissibili è, oggi, in vigore l’obbligo della termodistruzione delle carcasse di ovicaprini, bovini e bufalini (Reg. CE 1774/2002), che comporta costi elevati, spesso superiori ai rimborsi erogati per la perdita dell’animale. Il problema dei danni da lupo dagli allevamenti è stato segnalato anche all’Ue. Nel 2009, la Direzione Generale Ambiente della Commissione Europea, nell’ambito del Gruppo di coordinamento sulla biodiversità e la natura, ha deciso di insediare una sessione di lavoro sul lupo con l’obiettivo di creare un momento di discussione e di condivisione delle esperienze sull’applicazione pratica delle Linee guida sui piani di gestione dei grandi carnivori, su cui Coldiretti ha presentato le proprie valutazioni in merito ai danni provocati alle imprese zootecniche posto che, se il ritorno della presenza del lupo negli areali italiani è un fenomeno positivo sul piano della tutela della biodiversità, d’altro canto, l’assenza della messa in atto di adeguate misure di prevenzione in molte Regioni, ha determinato un incremento nei danni, mettendo a rischio la continuità delle attività zootecniche. In ogni caso, appare decisivo accertare, in presenza di danni agli allevamenti se la responsabilità sia imputabile al lupo o alla presenza di ibridi o cani inselvatichiti, che in alcune aree rurali, sono diventati sempre più numerosi e la relativa presenza non sostenibile: di solito accade che l’allevatore perda alcuni capi di bestiame, si rivolga alle autorità competenti senza ottenere alcun risarcimento in quanto ufficialmente la presenza del lupo non é accertata con sicurezza, essendo nota anche la presenza dei cani inselvatichiti ai quali potrebbe essere imputato il danno. Invece, i veterinari che vengono interpellati in caso di danno non riescono a distinguere la causa della morte degli animali in quanto non si è in grado di distinguere se l'aggressione IL PUNTOCOLDIRETTI – 11-17 giugno 2013 – num. 23 – pagina 12 sia imputabile al lupo od al cane (entrambi mordono nello stesso modo e per lo più la tecnica di caccia è la stessa). A fronte di questa situazione diversi allevatori, ad esempio in Abruzzo, hanno modificato le loro abitudini facendo rientrare le greggi al pascolo per metterle al riparo di notte nei ricoveri anche durante la stagione estiva con pesante aggravio dei costi. Secondo Coldiretti, le soluzioni possibili da impiegare congiuntamente sono prevedere misure che permettano di censire gli esemplari per localizzare gli habitat e i popolamenti, ristabilendo una presenza sostenibile per il territorio e le attività agricole stabilendo una zonizzazione e individuando le aree dove non è presente l’attività agricola di allevamento e, quindi, la presenza del lupo come specie protetta non crea danni e quindi la riproduzione della specie è auspicabile da quelle dove tale presenza deve essere pressoché assente a causa della presenza della zootecnia. Serve poi rivedere il sistema di accertamento e risarcimento dei danni affinché oltre a garantire un completo reintegro della perdita di reddito per l’agricoltore siano coperti non solo i danni da lupo, ma anche quelli causati da cani inselvatichiti. Il risarcimento deve coprire non solo i costi di perdita del capo animale ma anche la mancata produzione di latte o di carne. In particolare il risarcimento dei danni deve essere calcolato, sulla base di principi equitativi, assumendo come valore di riferimento l'entità del danno accertato dai tecnici incaricati facendo riferimento ai prezzari pubblicati dai Mercuriali della Camera di Commercio della Provincia riferiti al momento in cui si è verificato il danno o, in alternativa, alle rilevazioni effettuate dall’Ismea sulle piazze di riferimento. Ancora va previsto un sistema di misure di prevenzione dei danni incentivando finanziariamente le imprese agricole con un adeguato regime di sostegno nonché sistemi assicurativi contro i danni i cui costi devono essere a carico al 100% degli enti pubblici competenti a gestire la fauna selvatica; ma va anche risolto il problema dello smaltimento delle carcasse degli animali da allevamento con oneri a carico della Pubblica Amministrazione o ammettere il sotterramento in azienda. Infine, si potrebbero costituire delle ronde con volontari che collaborino con i pastori e gli allevatori nella sorveglianza. Ad ogni modo, è ormai urgente che le Amministrazioni competenti prevedano misure atte a ristabilire un giusto equilibrio tra la presenza del lupo e quella degli allevatori, soprattutto pastori, che tramite la loro attività conservano e valorizzano le aree di montagna e le sue tradizioni. Prestazioni energetiche, come cambiano le detrazioni del 50% e del 65% 09/06/2013 Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (Serie Generale n.130 del 5 giugno 2013) sono entrate in vigore le modifiche al meccanismo delle detrazioni fiscali introdotte con il Decreto Legge 63/2013, di recepimento della direttiva 2010/31/Ue sulla prestazione energetica nell'edilizia. Vediamo le principali novità introdotte dal Decreto legge. L’articolo 16 del Dl 63/2013 aggiunge altri sei mesi di tempo alla scadenza naturale delle detrazioni del 50 per cento per gli interventi di ristrutturazione edilizia. Si potrà quindi usufruire di questa detrazione per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2013. Inoltre, fino alla stessa data, si potrà includere tra le spese detraibili l'acquisto di mobili per l'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione, per un massimo di 10 mila euro (in pratica si concede un bonus di 5.000 euro). A partire dal 1° gennaio 2014 la percentuale del 50 per cento tornerà al “normale” 36 per cento. Ricordiamo infatti che il Decreto legge 201/2011 (convertito in Legge 214/2011) ha reso stabile il 36 per cento, inserendolo nel Dpr 917/1986 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi). L’articolo 14 del Dl 63/2013 prevede che, la detrazione fiscale per la riqualificazione energetica degli edifici sale dal 55 per cento al 65 per cento varrà dal 6 giugno 2013 (data IL PUNTOCOLDIRETTI – 11-17 giugno 2013 – num. 23 – pagina 13 di entrata in vigore del DL 63/2013) fino alla fine del 2013 per i privati, e fino a giugno 2014 per interventi sulle parti comuni dei condomìni o su tutte le unità immobiliari del condominio. Sono escluse dall’accesso alle detrazioni le spese (detraibili comunque con il 55 per cento fino al 30 giugno 2013) sostenute per: gli interventi di sostituzione di impianti di riscaldamento con pompe di calore ad alta efficienza; gli interventi di sostituzione di impianti di riscaldamento con impianti geotermici a bassa entalpia; la sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria. L’esclusione di queste tre tipologie di interventi è dovuta al fatto che esse sono già incentivate dal Conto termico (Dm sviluppo 28 dicembre 2012). Per maggiori informazioni, consulta il sito http://www.fattoriedelsole.org/ Fotovoltaico: raggiunta la soglia di 6,7 mld, incentivi agli sgoccioli 10/06/2013 L'Autorità per l'Energia elettrica e il gas, con la delibera 250/2013/R/efr, ha comunicato che il 6 giugno 2013 è stata raggiunta la soglia di 6,7 miliardi di euro del costo indicativo cumulato annuo degli incentivi per lo sviluppo degli impianti fotovoltaici. Con l'approvazione del decreto dell'Aeeg che ha certificato il superamento della soglia degli incentivi cumulati annui di 6,7 mld di euro, il Decreto Ministeriale del 5 luglio 2012 sarà in vigore altri 30 giorni e poi cesserà di esistere: di conseguenza la data ultima per presentare richiesta è il 6 luglio 2013. Raggiunta la soglia, pertanto, manterranno il diritto ad essere valutate queste richieste di incentivazione: agli impianti non soggetti all’obbligo dell’iscrizione al Registro, che entrano in esercizio anche successivamente alla data di raggiungimento del limite, purché le richieste pervengano entro 30 giorni solari dalla data di accertamento del raggiungimento dei 6,7 miliardi di euro; agli impianti iscritti in posizione utile nei registri, non decaduti. Il Gse, Gestore dei servizi energetici, ha precisato inoltre che le richieste di incentivo inviate oltre il predetto termine, o avvalendosi di canali di comunicazione diversi dal portale informatico predisposto allo scopo, saranno ritenute improcedibili ai fini dell’ammissione agli incentivi. Gli impianti che alla data odierna hanno presentato la richiesta d'incentivazione sono 531.242, per una potenza complessiva pari a 18.217 MW. Per maggiori informazioni, consulta il sito http://www.fattoriedelsole.org/ Cala il consumo di prodotti Dop, da parmigiano a grana 07/06/2013 Si riduce il consumo di prodotti a denominazione di origine (Dop/Igp) in Italia dove si registra un crollo degli acquisti che varia dal -6,8 per cento per il parmigiano reggiano al 5,3 per cento per il grana padano per effetto della crisi, ma soprattutto della concorrenza sleale dei prodotti di imitazione low cost. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Symphony Iri relativi al primo quadrimestre del 2013 in occasione della presentazione dell’Atlante Qualivita. Le importazioni italiane di formaggi duri di latte bovino non Dop, assimilabili a dei similgrana, sono aumente dell’88 per cento in dieci anni e hanno raggiunto i 27,3 milioni di chili nel 2012. I similgrana sono arrivati in Italia soprattutto dall’Europa a partire dalla Germania (8,3 milioni di chili) e dalla Repubblica Ceca (8,1 milioni di chili) anche se in forte crescita risulta essere l’Ungheria dalla quale sono giunti ben 2,7 milioni di chili, pari al 10 per cento del totale delle importazioni. Si tratta di formaggi di diversa origine e qualità che non devono rispettare i rigidi disciplinari di produzione approvati dall’Unione Europea per i formaggi Dop. IL PUNTOCOLDIRETTI – 11-17 giugno 2013 – num. 23 – pagina 14 Il rischio è che vengano scambiati dai consumatori come prodotti Made in Italy perché vengono spesso utilizzati nomi, immagini e forme che richiamano all’italianità, ma anche perché appare il bollo Ce con la “IT” di Italia se il formaggio viene semplicemente confezionato in Italia. Un problema analogo riguarda i prosciutti che in quattro casi su cinque tra quelli venduti in Italia provengono da maiali allevati in Olanda, Danimarca, Francia, Germania, Spagna senza che questo venga chiaramente indicato in etichetta e con l'uso di indicazioni fuorvianti come “nostrano” che ingannano il consumatore sulla reale origine. Il problema riguarda sia il prosciutto crudo che quello cotto, per il quale si stima la provenienza straniera del coscio in una percentuale superiore al 90 per cento. Le caratteristiche di questi prodotti sono profondamente diversi da quelli a denominazione di origine come il Parma e il San Daniele che sono ottenuti da allevamenti italiani regolamentati sulla base di rigidi disciplinari di produzione approvati dall’Unione Europea. fine IL PUNTOCOLDIRETTI – 11-17 giugno 2013 – num. 23 – pagina 15