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14-04-2011
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VALUTAZIONE
E GESTIONE
DELLO STRESS
UIL
SERVIZI
IL SINDACATO DEI CITTADINI
PATRONATO DELLA UIL
Sommario
1
Introduzione
3
Lo stress è positivo o negativo?
5
Le conseguenze dello stress sull’individuo
7
Modelli di reazione allo stress
9
Sintesi del modello di Stress di Lazarus
10
Lo stress lavoro-correlato
11
Conseguenze dello stress lavorativo sulle persone
15
Valutazione e gestione dello stress
16
Riferimenti normativi
16
Metodologia 17
Le principali criticità
19
Le opportunità 20
Gli strumenti per la valutazione 22
Bibliografia
27
I testi sono di:
Gabriella Galli* e Paola Mencarelli**
*Responsabile Nazionale Ufficio Salute e Sicurezza
** Psicologa del Lavoro e Psicoterapeuta - Uil Lombardia: sportello mobbing e formazione
Introduzione
Prosegue la serie delle pubblicazioni che l’Ital, insieme alla Uil e alle Categorie, mette
a disposizione di iscritti e lavoratori per dare risposte alle principali questioni che
emergono nei luoghi di lavoro.
Si tratta di vademecum piuttosto snelli che, grazie alle competenze e alle professionalità
degli autori coinvolti, finiscono con l’acquisire anche un valore scientifico: utili,
dunque, nella concretezza della quotidianità ma, insieme, strumento di riflessione e di
approfondimento. È il caso di questo opuscolo che affronta il tema della valutazione e
gestione dello stress lavoro-correlato.
L’evoluzione del mondo del lavoro ha portato con sé innovazioni tecnologiche che hanno
avuto il compito ed il merito di affrancare sempre più il lavoratore da fatiche e disagi
fisici, a volte, davvero insostenibili. Eppure, nonostante l’introduzione di elementi di
modernità, che spesso connotano l’organizzazione del lavoro, non si è riusciti ad evitare
l’insorgenza di condizioni patologiche - poiché tali possono diventare se non affrontate
in modo adeguato - che hanno a che vedere con la sfera psicofisiologica. Anzi, oggi, si
può registrare una crescita di questi fenomeni la cui accentuazione comincia a destare
serie preoccupazioni non solo per le ripercussioni sulle condizioni di salute ma anche
per i riflessi economici e sociali che possono scaturirne.
Lo stress non è una malattia nel senso proprio del termine e, tuttavia, “può essere
accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale”.
È decisamente convincente questa definizione dello stress così come la si può
leggere nell’Accordo interconfederale sullo stress lavoro-correlato. Ed è talmente
importante la questione che stiamo affrontando al punto da essere stata considerata
meritevole di una regolamentazione negoziale definita, prima, a livello europeo e,
successivamente, a livello nazionale. Non solo; la stessa legislazione che si occupa di
valutazione dei rischi ha disciplinato la materia dando testimonianza di un’attenzione,
seppur tardiva, certamente giusta ed opportuna.
D’altro canto l’argomento è sempre stato affrontato con una certa sufficienza:
le imprese italiane, salvo sporadici illuminati casi, non hanno mai brillato per
sensibilità sul tema; lo stesso dialogo tra le Parti sociali, prima degli accordi citati,
è stato piuttosto balbettante; i contributi in termini di documentazione e dibattiti
sono stati carenti.
3
Valutazione e gestione dello stress
4
Di recente, abbiamo assistito, finalmente, a quell’inversione di tendenza di cui si è
detto. Siamo, dunque, sulla strada giusta per recuperare il tempo perduto. Ma di
cammino occorre farne ancora tanto.
Tuttavia, la fase che stiamo vivendo può aiutare nella ricerca di soluzioni operative.
Perché ormai è chiaro che occorre dare risposte positive al forte disagio che molti
lavoratori vivono e che trasforma quella piccola carica positiva di cui è portatore lo
stress in una condizione di prostrazione ingovernabile e deleteria. Non è solo una
questione di dignità e di rispetto della persona che lavora. Questo “sentire” dovrebbe
essere - e per chi fa sindacato lo è certamente - sufficiente di per sé a giustificare
l’impegno in questa direzione. Ma è anche un problema di convenienze produttive.
Un lavoratore sereno, motivato, coinvolto nei processi decisionali, adeguatamente
gratificato, rappresenta decisamente un valore aggiunto per la realtà aziendale in cui
opera. La produttività, che è un importante valore economico, può crescere anche
in questo modo: rispettando e valorizzando la persona. Fosse anche solo per ragioni
di opportunità economica, dunque, le imprese dovrebbero sempre farsi carico del
benessere psico-fisico dei propri addetti.
I processi partecipativi che stanno caratterizzando, ormai da tempo, le relazioni
industriali nel nostro Paese dovrebbero aiutare in tal senso e dovrebbero indurci a
ragionare in termini di vera modernizzazione non solo in riferimento all’innovazione
dei processi tecnologici, industriali ed economici ma anche sul fronte delle relazioni
sindacali e, prima ancora, umane e personali. La modernità è un valore che va di pari
passo con la civiltà e la dignità e noi pensiamo che essa vada perseguita nel suo
insieme e nella sua complessità.
In questo ambito si colloca il presente lavoro che offre, in una sintesi ragionata,
strumenti di conoscenza sulla materia per aiutare sindacato e lavoratori, da un lato,
a rivendicare tutele e diritti e, dall’altro, ad affrontare e superare il disagio analizzato
nel modo più efficace possibile.
Lo stress è figlio dei nostri tempi e delle evoluzioni che, tutti insieme, abbiamo
contribuito a generare. Dobbiamo essere capaci, dunque, di governare anche questo
fenomeno se vogliamo davvero essere protagonisti del nostro futuro, partendo dalla
dimensione del lavoro.
Il Presidente Ital-Uil
Gilberto De Santis
Il Segretario Confederale Uil
Paolo Carcassi
Lo stress è positivo o negativo?
Il termine «stress» viene spesso considerato sinonimo di ansietà, conflitto, frustrazione, ecc., con confusione di terminologie.
Alla metà degli Anni 50, Hans Selye lo definì come la “sindrome generale di
adattamento alle sollecitazioni/richieste (stressor) dell’ambiente”, necessaria alla
sopravvivenza e alla vita.
La sindrome di adattamento allo stress è una reazione fisiologica aspecifica a
qualunque richiesta di modificazione esercitata sull’organismo da stimoli (stressor)
provenienti dall’ambiente e si esprime in tre fasi:
• allarme: a seguito di una stimolazione l’organismo attiva una serie di processi
psicofisiologici simili a quelli correlati alle reazioni degli stati di ansia e panico
(aumento del battito cardiaco, iperventilazione ecc.).
• resistenza: l’organismo tenta di adattarsi alla situazione e gli indici fisiologici
tendono a normalizzarsi anche se lo sforzo attuato è molto intenso.
• esaurimento: se lo stressor persiste, o se la difesa verso lo stimolo fallisce,
l’organismo è costretto a prolungare uno stato di risposta elevata che determina
uno squilibrio psicofisico e la naturale capacità di adattamento viene a mancare.
STIMOLO
ALLARME
RESISTENZA
ESAURIMENTO
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Valutazione e gestione dello stress
6
Selye ha introdotto anche una importante distinzione tra stress positivo (eustress) e
stress negativo (distress).
Nelle condizioni di stress positivo (eustress) “gli individui canalizzano la loro energia
vitale in direzione di condotte percepite positive e vincenti [1] ” e a livello psico-fisico
si innescano circuiti positivi che producono uno stato di benessere.
Nelle condizioni di stress negativo (distress) gli individui canalizzano la loro energia
secondo modalità difensive verso situazioni percepite negativamente o disagevoli o
perdenti.
Gli stimoli ambientali (stressor) non sono positivi o negativi in sé, infatti ciò che
viene percepito negativamente per una persona (es. un lavoro ripetitivo) può essere
percepito positivamente per un’altra.
La percezione individuale dello stimolo (che comprende anche la valutazione soggettiva, le esperienze di vita, le aspettative, ecc. della persona) determina l’atteggiamento sfidante o sfibrante verso lo stimolo.
La letteratura ha messo in luce che determinati stimoli possono essere potenzialmente stressanti quando le loro sollecitazioni, specie se prolungate nel tempo, non
sono proporzionali alle capacità di risposta dell’individuo provocando una tensione costante nell’organismo che rischia di alterare il suo funzionamento psicofisico
(esaurimento di energia, alterazioni della pressione sanguigna, ecc.).
Il controllo e la prevedibilità di tali fattori permettono di ridurre o annullare le conseguenze negative sulle persone.
1 Caiozzo Paola, Vaccani Roberto, Le cause organizzative del mobbing. E se il malato fosse
l’organizzazione?, Franco Angeli, Milano, 2010
Le conseguenze
dello stress sull’individuo
[2]
L’esperienza dello stress nelle molteplici forme che esso può assumere può avere ripercussioni negative dal punto di vista sociale, psicologico e fisico. Gli esiti di queste alterazioni varieranno in funzione di tre principali fattori:
• la natura dell’evento stressante
• la valutazione cognitiva ed
emotiva che l’individuo ne dà
• la capacità di resilienza
(resistenza allo stress).
Alcuni di questi cambiamenti possono riguardare l’alterazione del
ritmo sonno veglia, condotte alimentari dannose (abuso di alcol,
scarsa o eccessiva alimentazione)
comportamenti a rischio come il
fumo o l’uso di droghe, tutti aspetti
che, alla lunga, possono comportare
alterazioni e disfunzionalità anche
sul piano fisico.
Dal punto di vista cognitivo possono
manifestarsi problemi di concentrazione e di memoria mentre la rete di
relazioni sociali può subire dei mutamenti in senso peggiorativo.
2 L’intero paragrafo è tratto da: Luciano Maura, Stress: Se lo conosci lo eviti.
I rischi psicosociali nel contesto aziendale, Napoli 2010. L’autrice è psicologa e collabora con la
Uil Campania
7
Valutazione e gestione dello stress
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Alcune malattie cronico degenerative legate soprattutto alla sfera psichica, all’apparato cardiovascolare, al sistema endocrino, alla funzione gastrointestinale e al sistema immunitario, possono trovare anch’esse la loro eziopatogenesi nello stress.
Talvolta, come detto, le conseguenze dello stress possono assumere la forma di vere
e proprie sindromi (sindrome del burn out) o di veri e propri disturbi: disturbi d’ansia,
disturbo da attacchi di panico, disturbi dell’alimentazione, disturbi del sonno,
disturbi depressivi.
Modelli di reazione allo stress
L’individuo per non farsi sopraffare dagli stimoli stressanti tende ad adottare comportamenti finalizzati all’adattamento o al cambiamento di tali situazioni.
L’insieme di tali strategie, consapevoli o automatiche, viene definito COPING, facendo
riferimento con il termine a:
• Tratti di personalità: comprendono fattori individuali
quali le risorse dell’individuo
(immagine di sé, autostima,
atteggiamenti, fiducia nelle
proprie capacità, energia,
ecc) che hanno rilievo nel
rendere una persona più o
meno vulnerabile alle situazioni stressanti;
• Stili di coping: strategie di
tipo cognitivo che rappresentano il modo dell’individuo di risolvere o affrontare le situazioni per risolvere
i problemi indipendentemente dal loro contenuto
specifico;
• Tendenze comportamentali e atteggiamenti: comportamenti specifici che vengono adottati per arginare o per contenere i potenziali effetti negativi di una
situazione di stress (ad es. la propensione ad esprimere o a negare le emozioni
proprie e di altri, la capacità di chiedere aiuto, ecc).
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Valutazione e gestione dello stress
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Sintesi del modello di Stress di Lazarus*
Contatto tra persona
e ambiente
Valutazione
secondaria
(abilità di coping)
Primaria
(ambiente)
Coping
ProblemEmotion
focused
Focused
Riconsiderazione
della situazione
Dal contatto con un ambiente l’individuo trae gli elementi che gli servono per formulare una valutazione ambientale. Questa valutazione riguarda, da un lato, aspetti
inerenti alle caratteristiche dell’ambiente (“valutazione primaria”), dall’altro il giudizio
che il soggetto dà sulle sue capacità di coping in quella situazione. Le strategie di
coping effettivamente adottate possono essere di due tipi principali: focalizzate sul
problema (problem focused) o focalizzate sull’emozione (emotion focused).
In base agli effetti del coping adottato, il soggetto riconsidererà quindi la situazione
Fonte: con modificazioni, da Folkman, Lazarus, 1988.
Da Mainardi Peron E., Saporiti S., “Stress Ambientale“ - La Nuova Italia Scientifica, Roma 1995
Lo stress lavoro-correlato
L’Accordo interconfederale sullo stress lavoro-correlato (9/6/2008), che recepisce
in Italia l’Accordo europeo sullo stress sul lavoro (8/10/2004), fornisce all’art. 3 una
chiara e articolata definizione dello stress:
“1.… una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui
non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o alle aspettative riposte
in loro.
2. L’individuo è assolutamente in grado di sostenere una esposizione di breve durata
alla tensione, che può essere considerata positiva, ma ha maggiori difficoltà a sostenere una esposizione prolungata ad una pressione intensa. Inoltre, individui diversi possono reagire differentemente a situazioni simili e lo stesso individuo può
reagire diversamente di fronte a situazioni
simili in momenti diversi dalla propria vita.
3. Lo stress non è una malattia ma una situazione di prolungata tensione, può ridurre l’efficienza sul lavoro e può determinare un cattivo stato di salute.
4. Lo stress che ha origine fuori dall’ambito
di lavoro può condurre a cambiamenti nel
comportamento e ad una ridotta efficienza
sul lavoro. Non tutte le manifestazioni di
stress sul lavoro possono essere considerate come stress lavoro-correlato. Lo stress
lavoro-correlato può essere causato da
fattori diversi come il contenuto del lavoro, l’eventuale inadeguatezza nella gestione
dell’organizzazione del lavoro e dell’ambiente di lavoro, carenze nella comunicazione,
ecc.”.
In ambito lavorativo lo stress viene, quindi, considerato come una difficoltà di adattamento o ag-
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Valutazione e gestione dello stress
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giustamento reciproco tra persona e organizzazione che si manifesta con uno squilibrio
fra le richieste dell’organizzazione e le risorse dell’individuo per fronteggiarle.
Lo stress è fondamentalmente una stimolazione, infatti in senso fisiologico e
di adattamento è funzionale e necessario, è il motore dell’azione senza di esso
saremmo inermi e passivi. Ciò che è nocivo è lo stress continuato e intenso,
quindi una persona può sperimentare stress solo se lo stimolo stressante supera le sue capacità di gestirlo.
La sovrastimolazione, sia a livello individuale che organizzativa, determina
sovreccitazione, confusione, disgregazione, quindi perdita di creatività e capacità di risolvere i problemi.
Invece se un lavoratore è sotto stimolato o annoiato, l’efficacia e l’efficienza
e la produttività, sia individuale che collettiva, sono scarse.
A livelli ottimali di stimolazione la consapevolezza, la disponibilità a iniziative
creative e la flessibilità del comportamento sono elevate. Soprattutto nella
situazione in cui l’organizzazione e il personale operano in un clima di reciprocità e di fiducia e la responsabilità è associata ad autonomia decisionale.
L’accordo europeo sullo stress nell’art. 4 evidenzia anche una lista, non esaustiva, di
potenziali indicatori di stress, quali: “1. (…) un alto tasso di assenteismo o una elevata
rotazione del personale, frequenti conflitti interpersonali o lamentele da parte dei lavoratori sono alcuni dei segnali che possono denotare un problema di stress lavorocorrelato”. Inoltre sottolinea che “2. L’individuazione di un eventuale problema
di stress lavoro-correlato può implicare una analisi su fattori quali l’eventuale
inadeguatezza nella gestione dell’organizzazione e dei processi di lavoro (disciplina dell’orario di lavoro, grado di autonomia, corrispondenza tra le competenze dei
lavoratori ed i requisiti professionali richiesti, carichi di lavoro, ecc.), condizioni di
lavoro e ambientali (esposizione a comportamenti illeciti, rumore, calore, sostanze
pericolose, ecc.), comunicazione (incertezza in ordine alle prestazioni richieste, alle
prospettive di impiego o ai possibili cambiamenti, ecc.) e fattori soggettivi (tensioni
emotive e sociali, sensazione di non poter far fronte alla situazione, percezione di
mancanza di attenzione nei propri confronti, ecc.)”.
Questi fattori se vissuti dal lavoratore in senso negativo possono determinare le
manifestazioni di stress nocive alla salute psicofisica, al contrario se vissuti positivamente possono contribuire a conferire all’esistenza uno scopo e un significato,
possono offrire un senso di identità lavorativa e sociale, sostegno sociale e remunerazione materiale.
È probabile che ciò avvenga quando l’impegno richiesto dal lavoro è ottimale, quando
i lavoratori godono della necessaria autonomia per svolgere i propri compiti e quando nell’organizzazione vige un clima di sostegno reciproco.
Infine l’Accordo europeo/interconfederale stabilisce che: “3. Qualora si individui un
problema di stress lavoro-correlato, occorre adottare misure per prevenirlo, eliminarlo o ridurlo. Il compito di stabilire le misure appropriate spetta al datore di lavoro.
Queste misure saranno adottate con la partecipazione e la collaborazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti.”
È evidente che le problematiche relative allo stress lavorativo non sono solo individuali ma anche organizzative, quindi il lavoratore non può intervenire singolarmente
per modificare le situazioni lavorative, occorre l’intervento e il sostegno dell’azienda
per istaurare e promuovere programmi di intervento, correzione e prevenzione dello
stress correlato al lavoro.
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Valutazione e gestione dello stress
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L’art. 6 evidenzia possibili azioni, collettive e/o individuali, di prevenzione, eliminazione o riduzione dei problemi di stress lavoro-correlato “ per esempio:
• misure di gestione e comunicazione, chiarendo, gli obiettivi aziendali e il ruolo
di ciascun lavoratore ovvero assicurando un adeguato sostegno da parte della
dirigenza ai singoli lavoratori ed ai gruppi o conciliando responsabilità e potere
di controllo sul lavoro o, infine, migliorando la gestione dell’organizzazione e dei
processi di lavoro, le condizioni lavorative e l’ambiente di lavoro;
• la formazione dei dirigenti e dei lavoratori per accrescere la loro consapevolezza e
conoscenza dello stress, delle sue possibili cause e di come affrontarlo e/o adattarsi al cambiamento;
• l’informazione e la consultazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti, secondo la legislazione europea e nazionale, gli accordi collettivi e la prassi.”
In conclusione per permettere al lavoratore di sperimentare una positiva esperienza
lavorativa, come è suo diritto, è necessario verificare con esattezza nell’ambiente
lavorativo la presenza di elementi che possono costituire dei rischi psicofisici per il
lavoratore allo scopo di promuovere e sostenere nei luoghi di lavoro concrete azioni
di prevenzione, monitoraggio, correzione ed eventualmente di sanzione nel caso in
cui sia mantenuta la presenza di tali fattori di rischio.
Conseguenze
dello stress lavorativo sulle persone
[3]
Le manifestazioni dello stress, specie se sono prolungate nel tempo, possono
determinare nella persona l’insorgere di disturbi che possono compromettere:
• Le funzioni emotive che comprendono reazioni di ansia, depressione, senso
di disperazioni e impotenza. Uno stato emotivo di questo tipo può aumentare la propensione del lavoratore a considerare le condizioni di lavoro come
nocive e pericolose per la salute.
• Le funzioni cognitive che comprendono la difficoltà di concentrarsi, ricordare, memorizzare e apprendere e prendere decisioni.
• Le funzioni comportamentali. Per rilassarsi alcuni lavoratori possono ricorrere a alcool, tabagismo o cercare conforto nel cibo. Una altra valvola
di sfogo è l’aggressività: quindi violenza, vessazioni o altri comportamenti
antisociali; queste reazioni possono provocare incidenti e malattie.
• Le funzioni psicofisiologiche connesse al sistema neuroendocrino e immunitario determinando patologie psicosomatiche o fisiche (spesso si tratta
di malattie cardiocircolatorie).
3 Guida sullo stress legato all’attività lavorativa “Sale della vita o veleno letale?”.
Commissione Unione Europea, 2002
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Valutazione e gestione dello stress
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Valutazione e gestione dello stress
Riferimenti normativi
Il D.Lgs. 81/2008 e sue successive modifiche ed integrazioni, per quanto concerne
la valutazione dei rischi esplicita che, oggetto della stessa, sono “tutti i rischi per la
sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori
esposti a rischi particolari tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’Accordo europeo dell’8 ottobre 2004”.
Inoltre l’Art. 28 comma 1bis del decreto legislativo prevede che tale valutazione sia
effettuata nel rispetto delle indicazioni di cui all’articolo 6, comma 8, lettera m quater, ed affida alla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul
lavoro il compito di “elaborare indicazioni necessarie alla valutazione dei rischi da
stress lavoro-correlato”.
La Commissione consultiva il 17 novembre scorso ha approvato, le “Indicazioni per la
valutazione del rischio da stress lavoro” ed il Ministero del lavoro ne ha diffuso il testo
mediante propria Circolare del 18 novembre.
L’emanazione delle “Indicazioni” metodologiche, confermando la data del 31 dicembre
(dopo le tre precedenti proroghe) “come data di avvio delle attività di valutazione”
conclude un lungo iter che, dal marzo scorso, ha impegnato nell’ambito del Comitato
specificamente istituito dalla Commissione consultiva, le parti sociali e le istituzioni
in un confronto serrato e talvolta davvero difficile. Difficoltà del confronto che vanno
attribuite:
• alla disattenzione al tema da parte delle imprese (come testimonia la “Indagine
europea fra le imprese sui rischi nuovi ed emergenti”, Agenzia europea di Bilbao
Esener 2009, che pone le aziende italiane all’ultimo posto tra i Paesi dell’Unione
per sensibilità al tema);
• al ritardo con cui nel nostro paese sul tema dello stress lavoro-correlato è stato
avviato il dialogo tra le parti sociali, che pur hanno firmato e recepito l’Accordo
europeo del 2004; ritardo che risente delle resistenze ad affrontare congiuntamente
tematiche connesse all’organizzazione del lavoro in un Paese, il nostro, in cui la
mancanza di istituti di partecipazione non favorisce certo un approccio sereno
alle tematiche connesse;
• alla mancanza di un contributo coerente con i principi teorici noti in letteratura
e nelle fonti comunitarie, ricco di spunti concreti e applicabili, da parte delle
componenti esperte delle istituzioni. Carenti sono stati due importanti documenti
che hanno influenzato negativamente, a nostro giudizio, il dibattito: la Guida
operativa del Coordinamento tecnico delle Regioni e il documento del Network
per la prevenzione del disagio psicosociale nei luoghi di lavoro (Ispesl).
Metodologia
Va premesso all’esame critico della metodologia che le “Indicazioni” approvate dalla Commissione fanno esplicito e corretto riferimento alla definizione di stress
lavoro-correlato di cui dell’Accordo europeo, così come recepito dall’Accordo interconfederale del 9 giugno 2008.
Il richiamo a questa definizione e alla rilevanza della componente ‘soggettiva’, cioè
della percezione dei lavoratori, con riferimento al fenomeno stress (principio che
l’Accordo europeo/interconfederale ribadisce in ogni suo passaggio) rappresenta
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Valutazione e gestione dello stress
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un elemento di forte contraddizione con i criteri più avanti suggeriti in merito alla
valutazione del rischio, per la quale si prevede un’articolazione in due fasi:
• una valutazione preliminare definita “necessaria”
• una valutazione approfondita definita “eventuale” da effettuare a seguito dei risultati della precedente.
La valutazione preliminare “consiste nella rilevazione di indicatori oggettivi e verificabili” per i quali si indicano tre diverse famiglie:
1. Eventi sentinella quali ad esempio: indici infortunistici, assenze per malattia, turn
over, procedimenti e sanzioni, segnalazioni del medico competente, specifiche e
frequenti lamentele formalizzate da parte dei lavoratori.
2. Fattori di contenuto quali ad esempio: ambiente di lavoro e attrezzature; carichi
e ritmi di lavoro, orario di lavoro e turni, corrispondenza tra le competenze dei
lavoratori e i requisiti professionali richiesti.
3. Fattori di contesto quali ad esempio: ruolo nell’ambito dell’organizzazione, autonomia decisionale e controllo, conflitti interpersonali al lavoro, evoluzione e sviluppo di carriera, comunicazione.
In questa prima fase si suggerisce di utilizzare liste di controllo che possono essere
gestite anche dalle figure aziendali della prevenzione (Datore di lavoro, Responsabile
del Spp, medico competente), si suggerisce inoltre di “sentire“ in merito i lavoratori e/o il Rls/Rlst. Mentre nelle aziende di maggiori dimensioni è possibile sentire un
campione rappresentativo di lavoratori.
La seconda fase, la valutazione approfondita, ha luogo esclusivamente qualora:
• siano emersi dalla valutazione preliminare elementi di rischio stress lavoro-correlato tali da richiedere azioni correttive;
• e, avendo pianificato e adottato gli opportuni interventi correttivi, qualora tali
interventi risultassero inefficaci.
È solo in questa seconda fase che, finalmente, si prevede di prendere in considerazione la
percezione dei lavoratori degli stimoli potenzialmente stressanti o a rischio stress
“attraverso differenti strumenti quali questionari, focus group, interviste semi strutturate
sulle famiglie di fattori/indicatori di cui ai punti dell’elenco sopra riportato”.
Con riferimento alla dimensione d’impresa il documento indica inoltre che:
• nelle aziende di maggiori dimensioni è possibile che “tale fase di indagine venga
realizzata tramite un campione rappresentativo di lavoratori”;
• mentre “nelle imprese che occupano fino a 5 lavoratori, in luogo dei predetti strumenti di valutazione approfondita, il datore di lavoro può scegliere di utilizzare
modalità di valutazione (es. riunioni) che garantiscano il coinvolgimento diretto
dei lavoratori nella ricerca delle soluzioni e nella verifica della loro efficacia”.
Le principali criticità
Gli elementi critici che vanno evidenziati nella metodologia proposta dalla Commissione consultiva sono fondamentalmente tre ed attengono alla mancata previsione
delle azioni di cui all’art. 6 dell’Accordo europeo/interconfederale:
1. Innanzitutto la metodologia proposta non prevede una fase preliminare relativa ad azioni comunicative/informative e di sensibilizzazione e coinvolgimento mirate ai dirigenti/lavoratori/Medico competente/Servizio di prevenzione e
protezione/Rls.
2. Non sono previste inoltre azioni formative specifiche sul tema dal punto di
vista teorico e applicativo e, ciononostante, si attribuisce totalmente la competenza della valutazione alle figure aziendali sapendo che queste non sono
in possesso delle competenze necessarie per affrontare la tematica oggetto
d’indagine (datori di lavoro o non formati affatto o formati con 16 ore che non
prevedono venga trattato il tema dello stress, Rspp che nell’ambito del modulo
C ricevono una formazione di due ore sul tema, Rls per i quali non è prevista
nessuna formazione sul tema). Si esclude, nella prima fase, il supporto di figure
esterne dimenticando quanto contrariamente disposto in merito sia dall’art. 31
del D.Lgs.81/2008 (che ai commi 3 e 4 prevede l’utilizzo di competenze esterne
ad integrazione di quelle aziendali), sia dall’art. 6 dell’Accordo europeo/interconfederale.
3. Terza criticità, ma prima per importanza, l’aver previsto la “valutazione della percezione dei lavoratori” quale contributo eventuale della valutazione
mentre la lettura dell’Accordo così come gli orientamenti comunitari ed in let-
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Valutazione e gestione dello stress
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teratura suggeriscono in merito che una corretta valutazione del rischio stress
lavoro - correlato non può essere attuata senza la rilevazione in tutte le situazioni
della percezione soggettiva dei lavoratori, indipendentemente dalla dimensione
d’impresa o del livello di rischio rilevato con altri metodi.
Risulta davvero di difficile comprensione come si sia potuto ipotizzare di
prevedere un percorso per effettuare la valutazione del rischio stress lavoro –
correlato che escluda la possibilità di interrogare la percezione dei lavoratori,
contraddicendo lo spirito dell’Accordo europeo oltre che la totalità dei metodi
noti e concretamente utilizzati.
Tuttavia la consapevolezza che l’entrata in vigore delle disposizioni relative all’obbligo di valutazione dello stress lavoro-correlato non poteva subire ulteriori ritardi, oltre
quelli già registrati, è il motivo per cui le posizioni critiche espresse dalla Uil non si
sono manifestate come parere contrario alla approvazione del documento relativo alle
“Indicazioni” metodologiche.
Abbiamo ritenuto di ribadire, come Uil, quanto sostenuto nei lavori del Comitato con
continuità, richiedendo la messa a verbale nella Relazione di accompagnamento e
ottenendo che gli elementi di criticità evidenziati fossero allegati al pronunciamento
della Commissione stessa, confidando che l’applicazione della norma possa portare
a positive modificazioni nella fase già prevista di monitoraggio e conseguente adeguamento delle “Indicazioni” metodologiche.
Le opportunità
Il documento approvato dalla Commissione, come si può leggere nel primo paragrafo
del testo “indica un percorso metodologico che rappresenta il livello minimo di
attuazione dell’obbligo di valutazione del rischio da stress lavoro- correlato per
tutti i datori di lavoro pubblici e privati”.
Questa formula apre indubbiamente alla possibilità per gli Rls e per il sindacato di
richiedere ai datori di lavoro di adottare metodologie e criteri di valutazione che
consentano di assicurare livelli più elevati di salute e sicurezza, come per tutti gli altri
rischi presenti in azienda.
Non ci nascondiamo le difficoltà che si incontreranno poiché, essendo le “Indicazioni”
metodologiche il riferimento più importante proprio per la sua condivisione a livello
istituzionale e con le parti sociali, la metodologia individuata sarà adottata dalla
stragrande maggioranza delle imprese che, per cultura, si attengono al livello minimo
previsto dagli obblighi specie su un tema, come quello in oggetto, che si presenta per le
aziende italiane nuovo anche per una diffusa e consolidata disattenzione (come abbiamo
già sottolineato), diversamente dalle aziende in molti paesi europei che, da tempo, sono
chiamate ad affrontare la gestione dei rischi per la salute psichica oltre che fisica.
Le “Indicazioni” metodologiche suggeriscono inoltre di “sentire“ i lavoratori e/o il
Rls/Rlst anche nella prima fase di valutazione, questo rappresenta un altro spazio di
intervento per proporre a livello aziendale territoriale e di categoria una metodologia
più corretta di valutazione che prenda sempre in considerazione, sin nella prima fase,
anche la percezione dei lavoratori mediante strumenti validati.
La Uil intende attuare in merito per gli eventuali successivi adeguamenti, un attento
monitoraggio che ha bisogno della stretta collaborazione con le Strutture territoriali
della Confederazione e con le Categorie nazionali e territoriali.
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Valutazione e gestione dello stress
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Gli strumenti per la valutazione
Le “Indicazioni” metodologiche suggeriscono la necessità di utilizzare diversi strumenti nella rilevazione degli indicatori oggettivi e verificabili e per valutare la percezione soggettiva dei lavoratori. Descriviamo di seguito le caratteristiche principali
delle due diverse tipologie di strumenti.
Gli strumenti di valutazione oggettiva si basano su dati utili a fornire una “fotografia” obiettiva della realtà aziendale (non devono essere il frutto di interpretazione
e perciò non sono da ritenersi tali i dati raccolti tramite valutazioni personali, opinioni, giudizi o osservazioni non strutturate).
La letteratura in argomento propone diversi strumenti in grado di rilevare gli indicatori di stress che si intendono esaminare (osservazione diretta con report, check-list,
job analysis, analisi documentale, ecc..). Per non vanificare il loro uso è preferibile
che gli addetti alla rilevazione dei dati siano adeguatamente formati per evitare che
integrino la raccolta dei dati con giudizi, opinioni e/o considerazioni personali.
Al fine di chiarire e/o confermare le situazioni emerse è opportuno intervistare in
merito i lavoratori (o un campione degli stessi) tramite questionari, o interviste strutturate o semi strutturate.
Il “sentire i lavoratori”, in questa fase, non va confuso con la valutazione della percezione soggettiva dei lavoratori che, come vedremo più avanti, deve essere attuata
con strumenti diversi.
Nell’utilizzo di strumenti di rilevazione standardizzati (ad es. check list generiche,
ecc..) va posta attenzione nel verificare che questi contengano tutti gli elementi significativi per poter analizzare le specificità delle singole realtà lavorative e dei rischi
aziendali.
Momento particolarmente critico è, anche in questa fase, quello dell’elaborazione
dei dati mediante la quale si dovrebbe mettere in luce ogni singolo indicatore e non
fornirne esclusivamente una semplificazione mediante un punteggio complessivo o
il risultato di una media. È la verifica puntuale di ogni singolo indicatore, infatti, che
permette all’azienda di individuare ogni area a rischio stress lavoro - correlato e di
avere una prima “mappa” sulla quale improntare le azioni correttive e/o di monitoraggio. La delicatezza dell’attività di elaborazione dei dati suggerisce, ancora una volta, la necessità che, se ad attuare la valutazione del rischio stress - lavoro correlato
sono le figure aziendali, queste siano adeguatamente formate in merito.
Gli strumenti di rilevazione soggettiva si basano sull’analisi della percezione soggettiva dei lavoratori in merito ai vari aspetti del lavoro (es. organizzazione, contenuto, comunicazione, relazioni sociali, ecc..), si chiederà loro, quindi, di esprimersi
rispetto a specifici indicatori di stress connessi al lavoro, ed in merito a domande sul
proprio stato di salute.
La valutazione soggettiva permette di rilevare, in relazione ad alcuni indicatori:
• le necessità di sorveglianza sanitaria,
• la percezione dei lavoratori dei fattori stressanti,
• la eventuale presenza di patologie psichiche e/o organiche
Consente quindi di indirizzare verso le criticità emerse gli interventi di correzione.
I dati risultanti devono essere anonimi e analizzati in forma aggregata, in quanto la
valutazione stress lavoro correlato non deve concentrarsi sui singoli lavoratori ma
rilevare il rischio collettivo della popolazione lavorativa.
Con riferimento alla complessità e alla sensibilità dei dati che si possono raccogliere tramite strumenti di valutazione soggettiva, è fondamentale che siano utilizzati
esclusivamente da figure professionali idonee, adeguatamente formate, nel rispetto
del segreto professionale e della privacy dei dati sensibili.
Lo strumento di rilevazione soggettiva più diffuso è il questionario anonimo, somministrato ai lavoratori o a campioni rappresentati degli stessi. Esistono in letteratura diversi strumenti/questionari per la rilevazione della percezione soggettiva dei
fattori potenzialmente stressanti da utilizzare in relazione alle peculiarità della realtà
lavorativa che si intende esaminare.
Un altro strumento è il focus group (o gruppo di discussione) che è un metodo della ricerca psicosociale che consiste in una discussione in profondità in un piccolo
gruppo – condotta da un moderatore, spesso in presenza in uno o più osservatori
- su un argomento oggetto di indagine attraverso il quale rilevare atteggiamenti,
opinioni, ecc..
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Valutazione e gestione dello stress
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Esempi disponibili di strumenti e modelli
per la valutazione dello stress lavoro – correlato
1. Cheklist sullo stress lavoro-correlato per le PMI sotto i 50 d. (CSL)
Per la rilevazione della percezione dei lavoratori
Lo strumento CSL nasce con l’obiettivo di avere uno strumento del tutto peculiare, nelle
micro e piccole aziende italiane, per ottenere strategie efficaci di gestione dei rischi
psicosociali.
La CSL si presenta sotto forma di Checklist e si compone di 18 item atti a valutare i più
comuni problemi riguardanti la progettazione e la gestione del lavoro negli ambienti di lavoro
nella piccola e media impresa.
Le voci della CSL-PMI sono corredate da una scala di risposta tipo Likert a quattro passi valutativi
(da 0=”Mai” a 3=”Sempre”, con punti intermedi su 1=”Qualche volta” e 2=”Spesso”).
Lo strumento trae in parte origine da una pubblicazione dell’Agenzia Europea per la
Sicurezza e la Salute sul lavoro (cfr. Factsheet 31, 2002), e da una fase preliminare di
studio in cui sono stati condotti diversi focus gruop a lavoratori.
La validazione dello strumento CSL (Checklist sullo Stress Lavoro correlato) è stata realizzata:
• su un campione di 1033 lavoratori provenienti da 136 aziende, differenziate per
dimensioni e settori produttivi
• il 70% delle aziende che hanno preso parte allo studio ha fino a 10 dipendenti, il 26,5%
tra gli 11 e i 50 dipendenti, il 4,5% tra i 51 ed i 250 dipendenti. La media dei dipendenti per
azienda è circa 12.
• i settori suddivisi secondo i codici Ateco, mostrano una maggiore presenza dei settori
relativi all’attività manifatturiera (27,9%), costruzioni (24,3%) e commercio (19,1%)
mentre trasporto/magazzinaggio, servizio di alloggio/ristorazioni e attività professionali/
scientifiche e tecniche sono presenti al 5,9%.
• a seguito della validazione sono state individuate le tre aree che possono essere indagate
mediante lo strumento:
- cultura organizzativa
- carico di lavoro
- relazione e sostegno
Tempi di somministrazione previsti: 6 – 7 minuti
Somministratori: le figure aziendali adeguatamente formate, altrimenti prevedere il necessario
sostegno da parte di esperti
La Checklist Csl e la metodologia Ispesl – Hse basata sui “Management Standards”
sono scaricabili dal sito della Uil nella pagina “Salute e sicurezza”:
http://www.uil.it/newsamb/Default.htm.
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2. Questionario Va.RP (Valutazione dei rischi psicosociali)
per le aziende con più di 50 d.
Per la rilevazione della percezione dei lavoratori
La validazione attuata dall’Ispesl – Dipartimento medicina del lavoro – Laboratorio Psicologia
del lavoro è in fase di completamento e il questionario sarà tra breve disponibile
La validazione del questionario Va.Rp è stata realizzata su un campione di circa 2000 soggetti
appartenenti a diversi settori Ateco
Il Questionario rivolto ai lavoratori indaga in merito alle seguenti 8 aree:
• processi gestionali (sostegno risoluzione dei problemi, influenza sui processi gestionali,
chiarezza obiettivi organizzativi, consultazione, giustizia organizzativa, comunicazione,
bilanciamento vita privata/lavoro, valutazione)
• sviluppo di carriera e competenze (chiarezza dei criteri promozione, equità nella
promozione, stabilità lavorativa, opportunità di sviluppo professionale, apertura ai bisogni
personali, relazione fra abilità personali e compiti lavorativi)
• ruolo nell’organizzazione (ambiguità/chiarezza di ruolo,conflitto di ruolo)
• caratteristiche del lavoro (condizioni lavorative, pianificazioni dei compiti, carico di
lavoro, ritmo di lavoro, orario di lavoro, chiarezza dei compiti, fluidità lavorativa, autonomia
decisionale)
• relazioni interpersonali (isolamento fisico e/o sociale, relazioni sociali, conflitti
interpersonali, coesione di gruppo, integrazione sociale)
• supporto sociale (supporto sociale da superiori, subordinati, colleghi)
• sicurezza e ambienti di lavoro (ambiente fisico spaziale, attrezzature e strumenti di lavoro,
misure di sicurezza, formazione e informazione sulla salute e sicurezza)
• leadership e decisioni (tipologia della supervisione, qualità della leadership, relazioni con
superiori)
Tempi di somministrazione previsti: 20 -25 minuti
Somministratori: Medici con specializzazione in medicina del lavoro, Psicologi, Professionisti
delle risorse umane adeguatamente formati.
Il Questionario Va.rp, sarà scaricabile non appena disponibile, dal sito della Uil nella
pagina “Salute e sicurezza”: http://www.uil.it/newsamb/Default.htm.
Valutazione e gestione dello stress
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3. La metodologia Ispesl – Hse basata sui “Management Standards”
Prevede dopo la rilevazione dei dati oggettivi
la valutazione della percezione dei lavoratori
Il modello Management Standards, sviluppato dalla Health and Safety Executive (HSE),
l’autorità britannica che opera in supporto alla Health and Safety Commission, è stato tradotto
e validato anche in Italia.
La strategia prevista dal modello è partecipativa e collaborativa basata sull’impegno della
dirigenza e il coinvolgimento dei lavoratori e dei loro rappresentanti nell’intero processo.
I risultati che emergono dalla somministrazione del Questionario rivolto ai lavoratori vengono
confrontati con i dati aziendali e da questa analisi globale scaturisce la valutazione del
rischio.
La metodologia prevede le seguenti fasi:
Fase 1. Preparazione dell’organizzazione
Fase 2. Identificazione dei fattori di rischio stress: conoscenza dei Management Standards
Fase 3. Raccolta dati: valutazione oggettiva e soggettiva
Fase 4. Valutazione del rischio: esplorare problemi e sviluppare soluzioni
Fase 5. Formalizzazione dei risultati: sviluppare ed implementare piano/i d’azione
Fase 6. Monitoraggio e controllo del/i piano/i d’azione e valutazione della loro efficacia
Il Questionario rivolto ai lavoratori indaga in merito alle seguenti 6 aree:
• domanda
• controllo
• supporto
• relazioni
• ruolo
• cambiamento
Il gruppo di coordinamento per la gestione del rischio stress lavoro-correlato
L’istituzione di un gruppo di coordinamento, costituito dal DL o dirigente ad hoc delegato
in raccordo con preposti, RLS, RSPP, ASPP e MC, ha l’obiettivo di gestire e coordinare lo
svolgimento dell’intero processo valutativo
Bibliografia
1. Guida sullo stress legato all’attività lavorativa “Sale della vita o veleno letale?”.
Commissione Europea, 2002
2. Pubblicazioni dell’Agenzia Europea per la sicurezza e la salute sul lavoro
• Factsheet 74 - Le previsioni degli esperti sui rischi psicosociali emergenti relativi
alla sicurezza e alla salute su lavoro (05/09/2007)
• Relazione - Prevenzione pratica dei rischi psicosociali e dello stress sul lavoro
(25/11/2002)
• Factsheet 32 - Combattere la pressione psicosociale e ridurre lo stress legato al
lavoro (25/09/2002)
• Factsheet 31 - Consigli pratici destinati ai lavoratori su come affrontare lo stress
legato all’attività lavorativa e le sue cause (25/09/2002)
• Factsheet 30 - Lo stress sul lavoro:
informazioni all’indirizzo http://osha.eu.int/ew2002/ (25/09/2002)
• Factsheet 22 - Stress legato all’attività lavorativa (22/05/2002)
• Relazione - Ricerca sullo stress correlato al lavoro (15/06/2000)
3. Accordo europeo sullo stress sul lavoro (8/10/2004) (accordo siglato da Ces
- sindacato europeo; Unice-“Confindustria europea”; Ueapme - Associazione
europea artigianato e pmi; Ceep - associazione europea delle imprese partecipate
dal pubblico e di interesse economico generale), Bruxelles 8 ottobre 2004
4. Accordo interconfederale del 9 giugno 2008 per il recepimento dell’Accordo
quadro europeo sullo stress lavoro-correlato
5. Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni e integrazioni
6. Lettera circolare in ordine alla approvazione delle indicazioni necessarie alla
valutazione del rischio stress lavoro-correlato di cui all’articolo 28, comma
1 bis, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni e
integrazioni. Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, 17 dicembre 2010
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Note
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Finito di stampare: Aprile 2011