Teoria della relatività di Einstein Lo studio delle particelle elementari e la meccanica quantistica avevano chiarito moltissime cose della natura infinitesimale della realtà, ciò che restava fuori era la gravità (praticamente ininfluente a quel livello) e le meccaniche dell'infinitamente esteso, che invece si sono potute comprendere grazie al genio di Albert Einstein e alla sua Teoria della Relatività. La Teoria della Relatività di Einstein ha due formulazioni, una detta “ristretta” o “speciale” (in quanto limitata a delle condizioni ben precise, cioè ai sistemi che non presentano accelerazioni) ed una “generale”. La formulazione di questa teoria, con le successive conferme sperimentali, ha cambiato per sempre la nostra concezione dello spazio, del tempo, della materia e dell'energia - in sostanza l'intera visione della realtà sfortunatamente è per lo più misconosciuta al livello ordinario della società. Di cosa si occupa la Teoria della Relatività? A dispetto del nome, si occupa di dimostrare che le leggi fisiche sono universali e che si presentano nella stessa forma a tutti gli osservatori. Einstein avrebbe voluto chiamarla “Teoria dell'Invarianza” (Invarianten theorie) ma il termine di “relatività”, proposto da Max Planck, prese il sopravvento. Cionondimeno, per poter dimostrare l'invarianza delle leggi fisiche in sistemi in movimento relativo tra loro è indispensabile prendere in considerazione delle trasformazioni matematiche che li possano correlare, questo in fisica è detto appunto “relatività”. Il concetto di relatività, infatti, nasce per risolvere il problema di come fanno due persone a conciliare le rispettive osservazioni quando una delle due si muove e l'altra no. La prima formulazione si deve a Galileo Galilei (1564-1642) nel “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo” ed afferma che le leggi della fisica sono identiche in tutti i sistemi inerziali. Nota 1 I sistemi inerziali sono tutti i sistemi per cui è valido il principio di inerzia (o primo principio della dinamica), il quale afferma che ogni corpo non soggetto a forze preserva nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme. In altre parole se su un corpo non agisce alcuna forza, esso non può subire alcuna accelerazione. In un sistema inerziale le leggi della meccanica classica non differiscono rispetto ad un sistema statico: se un treno potesse viaggiare con moto uniforme, rettilineo e senza scossoni, un viaggiatore chiuso in una cabina, senza vista sull'esterno, non sarebbe in grado di dire se il treno è fermo o in movimento, infatti: nessun esperimento eseguito all'interno di un dato sistema di riferimento può evidenziare il moto rettilineo ed uniforme dello stesso sistema. Galileo definì le equazioni che permettono di passare dalla descrizione di un evento da un sistema inerziale ad un altro, sono dette “trasformazioni di Galileo” e una delle conseguenze più importanti di queste trasformazioni è la composizione della velocità: una palla lanciata da fermi ha una velocità v1, se lancio la stessa palla, con la stessa velocità, da una macchina in rapido movimento (definiamo la velocità della macchina v2), la mia palla avrà come velocità finale v1 v2 , dal che se ne deduce che se colpisce una persona a terra potrà fargli molto più male! Un'importante conseguenza del principio di relatività è che il concetto di “corpo in quiete”è assolutamente relativo al sistema di riferimento, non è un concetto assoluto. Non esiste, sul piano fisico, una “quiete assoluta”. Vediamo adesso in che modo Einstein fece evolvere il principio di relatività galileiano. Il fisico e matematico scozzese James Clerk Maxwell (1831-1879) riuscì a spiegare tutti i fenomeni elettrici e magnetici, nel 1873, tramite quattro eleganti equazioni, deducendo - per via teorica - che non esiste un campo elettrico separato dal campo magnetico, ma che entrambi sono manifestazioni di un'unica realtà fisica, la forza elettromagnetica. Ecco però comparire un problema: pur essendo verificata sperimentalmente la validità delle equazioni di Maxwell (Hertz, 1895), si vide che nel passare da un sistema di riferimento ad un altro non era più rispettato il principio di invarianza galileiano (cioè la relatività), senza entrare in dettagli tecnici era come se osservatori diversi sperimentassero leggi dell'elettromagnetismo diverse … e ciò era imbarazzante! Poteva esistere un'asimmetria tra l'elettrodinamica e la meccanica? Un'asimmetria per cui il principio di relatività non era applicabile ai fenomeni elettromagnetici? I fisici di fine '800 tentarono di risolvere il paradosso in questo modo: poiché il principio di relatività afferma che non esiste un sistema di riferimento inerziale privilegiato, si assunse allora che per i fenomeni elettromagnetici dovesse invece esistere un sistema privilegiato: l'etere (un mezzo elastico permeante tutto l'universo in grado di trasportare le onde luminose). Di fatto dell'etere non vi era traccia e gli esperimenti effettuati da Albert Michelson e Edward Morley nel 1887 per dimostrarne l'esistenza ebbero esito negativo. Einstein fu in grado di risolvere il problema assumendo che la velocità della luce fosse una costante universale e, quindi, che se la luce aveva sempre la stessa velocità, per mantenere il principio di relatività era necessario che fossero lo spazio e il tempo a variare: in un razzo che viaggiasse a velocità vicine a quelle della luce gli astronauti al suo interno sperimenterebbero le stessi leggi fisiche e gli stessi fenomeni di quando sono fermi, solo che dall'esterno si percepirebbe una contrazione spaziale dell'astronave ed un rallentamento del tempo (come nel famoso "paradosso dei gemelli"). Nota 2 L'assunto della velocità della luce come costante deriva direttamente dalle equazioni di Maxwell dove la velocità della luce nel vuoto è e sia che sono appunto costanti universali (la prima è la “costante dielettrica”, la seconda è la “permeabilità magnetica del vuoto”) . Questa relazione rende ragione del fallimento dell'esperimento di Michelson e Morley il cui scopo era proprio quello di misurare diverse velocità della luce nelle varie direzioni spaziali confermando così la presenza dell'etere - ma tali differenze non vennero trovate. La Teoria della Relatività Ristretta di Einstein (1905) si basa quindi sui seguenti due postulati fondamentali: 1. Le leggi della fisica sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali. Non esiste un sistema inerziale privilegiato (Principio di relatività). 2. La velocità della luce nel vuoto ha lo stesso valore c in tutti i sistemi inerziali (Principio della costanza della velocità della luce). Nella relatività di Galileo il tempo è una costante e dunque le velocità sono relative (si possono, infatti, sommare o sottrarre), Einstein si rese invece conto che se la velocità della luce è una costante allora è il tempo che deve essere relativo! Questa è una vera e propria rivoluzione concettuale! Valgono così le relazioni: (1) (2) dove m0 e t0 sono rispettivamente massa da fermo e il tempo misurato dall’orologio nel sistema di riferimento fermo. Quando invece v c di fatto le formule (1) e (2) si riducono in: t t0 e m m0 (3) essendo il rapporto Le relazioni (3) confermano la validità delle leggi enunciate da Galileo, a patto di avere velocità molto inferiori a quelle della luce (v c ). Quando invece v c il rapporto da cui : In tale situazione sia la massa che il tempo tendono all'infinito. Un'altra innovazione è che spazio e tempo sono visti, nella Relatività Ristretta come un'unica entità, di modo che passando da un sistema di riferimento inerziale ad un altro, lo spazio ed il tempo cambiano di conseguenza secondo delle equazioni matematiche dette trasformate di Lorentz. Mentre prima per definire un punto P in una regione dello spazio si usavano le coordinate P(x,y,z) adesso necessitiamo delle coordinate P(t,x,y,z) per identificare lo stesso punto in una regione dello spazio-tempo. Un'altra fondamentale conseguenza della Relatività Ristretta riguarda il concetto di massa e di energia. Secondo la meccanica classica un corpo possiede una energia quando è in movimento, altrimenti la sua energia è nulla. Tramite la notissima formula: Einstein afferma che un corpo possiede energia anche quando è in quiete, un'energia equivalente alla sua massa moltiplicata al quadrato della velocità della luce. In pratica la massa e l'energia sono solo due aspetti diversi di una medesima realtà per cui l'una può trasformarsi nell'altra (ne abbiamo tristemente avuto prova con la bomba atomica utilizzata in Giappone a conclusione del secondo conflitto mondiale nel XX secolo).