DISOLEATORI: PROVATELI PRIMA DI COMPRARLI indagine sugli impianti di depurazione acque per conoscere prestazioni, costi di gestione e di investimento dei diversi sistemi MASSIMO TORSELLO L’intenzione, sulla falsariga di quanto fatto nel precedente articolo dedicato ad un caso di utilizzo dell’ultrafiltrazione, era quella di sottoporre all’attenzione dei lettori un esempio pratico di applicazione della tecnica della disoleazione riportando, oltre ad una descrizione dell’attività dell’utenza, i dati tecnici relativi alle prestazioni ed ai costi gestionali dell’impianto visitato. Ci siamo quindi recati in visita presso una grossa industria meccanica invitati da un nostro abbonato che sapevamo utilizzare un impianto di disoleazione. La realtà si è presentata subito ben diversa da quello che ci aspettavamo: l’utilizzatore (in questo caso rappresentato da un responsabile tecnico del reparto) non ha saputo (nè potuto del resto, vista la conformazione delle linee produttive) fornire alcun dato tecnico (quantità di olio trattato, efficienze di trattamento, frequenze di smaltimento, etc.) relativo agli impianti installati, se non un generico (ma evidentemente fondamentale) "... se il Controllo Qualità non ci rimanda i pezzi trattati, significa che rispondono agli standard qualitativi richiesti e quindi le prestazioni dell’impianto di disoleazione sono ritenute più che accettabili". A questo punto però, occorre fare un passo indietro e raccontare più in dettaglio. L’azienda in questione è una grossa industria metalmeccanica ed il reparto visitato è quello relativo al trattamento termico di alcuni particolari meccanici. Tale trattamento termico prevede: la tempra dei pezzi in bagno d’olio; il loro successivo lavaggio interoperazionale con acqua e detergente; un successivo trattamento termico di rinvenimento. La visita si è limitata a due di queste linee di trattamento, dotate ciascuna di un dispositivo di disoleazione. Questi ultimi servono per la depurazione in continuo delle acque di lavaggio ed il loro scopo principale è quello di allungare la vita del bagno, riducendone la frequenza di smaltimento. I disoleatori sono del tipo statico (senza organi in movimento, se non la pompa di alimentazione) ed effettuano la separazione delle due fasi (acqua e olio) per differenza di peso specifico. L’acqua trattata, contenente quella parte di olio che si è emulsionata, viene inviata di nuovo all’utilizzo (l’impianto di lavaggio) mentre l’olio separato viene scaricato in un apposito serbatoio di raccolta, dal quale verrà poi asportato per lo smaltimento. Il disoleatore è assistito da uno schiumatore autoregolabile, il quale ha la funzione di asportare, in continuo, l’olio che si raccoglie sulla superficie del bagno durante il lavaggio. Dei due dispositivi trattati, il più piccolo è in grado di trattare fino a 300 l/h di liquido, mentre il più grande arriva fino a 500 l/h. Questi sono gli unici dati che abbiamo potuto ricavare, oltre al fatto che l’attività di ogni linea è di 24 h/gg per 7 gg/settimana; l’entità dei pezzi trattati non è quantificabile (l’unica indicazione è che l’impianto di lavaggio esegue un ciclo ogni 5’, ma la composizione di ogni carico è variabile in funzione della tipologia dei pezzi trattati), così come non è quantificabile lo sporco presente sugli stessi. La frequenza di smaltimento dei bagni di lavaggio non è nota anche se, stando a quanto dichiarato dall’utilizzatore, si è decisamente abbassata da quando sono stati installati i disoleatori. In completa assenza di dati quantitativi abbiamo allora voluto osservare più da vicino il funzionamento dei dispositivi in oggetto; abbiamo aperto il coperchio constatando dal vivo come non dovrebbe essere condotto un impianto di depurazione: tubazioni semi-ostruite, depositi fangosi sulle pareti e sugli elementi interni delle apparecchiature, separazione difficoltosa delle due fasi. Nonostante questo le prestazioni dei dispositivi vengono considerate accettabili dal Controllo Qualità: miracoli impiantistici o basso profilo qualitativo richiesto? Non spetta a noi esprimere giudizi, anche se non sarebbe difficile pronosticare efficienze di trattamento superiori con migliori condizioni operative. MA ALLORA, LA DISOLEAZIONE FUNZIONA O NO? Questa visita ci ha confermato alcune questioni. Questa tecnica, per sua essenza, separa solo quelle sostanze che non sono tra loro miscibili e quindi non è pensabile, nei casi in cui si ha presenza di emulsioni acquose, che l’olio emulsionato possa essere separato dall’acqua; questa conterrà sempre il quantitativo d’olio emulsionato presente a monte dell’impianto e quindi l’acqua riciclata avrà sempre un grado di contaminazione minimo. Ciò che viene più o meno efficacemente separato è la parte di olio non emulsionata presente nel refluo. L’efficienza di separazione dipende dalla soluzione impiantistica adottata per favorire la separazione delle due fasi (elementi coalescenti, velocità del refluo, tempi di permanenza, etc.). L’efficienza dipende molto anche dal tipo di detergente che viene utilizzato nell’impianto di lavaggio e dalla presenza di altri contaminanti (ad es. polverino metallico) che possono favorire la formazione di fanghi i quali, a loro volta, possono ostacolare la separazione; nel caso riportato, le condizioni operative dei disoleatori sembrano essere tra le più gravose ma, nonostante la quasi totale mancanza di manutenzione, le prestazioni delle due apparecchiature sembrano essere più che accettabili. La disoleazione, per sua natura, non viene applicata su reflui destinati allo scarico in fogna, ma viene utilizzata, secondo il concetto del circuito chiuso, per il riciclo dei reflui. Di conseguenza, la valutazione dell’accettabilità delle prestazioni di tali dispositivi è decisamente soggettiva e va rapportata al grado di pulizia richiesto per il pezzo trattato; riteniamo cioè che abbia poco senso tentare di definirla in termini quantitativi assoluti. Conseguentemente a ciò, l’utilizzatore, non avendo la possibilità di richiedere valori attendibili di prestazioni, poichè potrebbero risultare del tutto generici e non applicabili al problema specifico, dovrebbe quantomeno pretendere dal proprio fornitore un periodo di prova dell’impianto proposto, al fine di verificarne l’effettiva rispondenza alle proprie esigenze. Anche il preventivare una durata di vita media per il bagno di lavaggio trattato con un dispositivo disoleatore (il classico "lo cambia due volte l’anno"), risulta essere un’affermazione puramente commerciale se non è supportata da una sufficiente sperimentazione sul campo; troppi sono i parametri in gioco e gli imprevisti che possono accadere per errate valutazioni o per insufficienza di informazioni fornite dall’utilizzatore e riguardanti il refluo da trattare. Concludendo queste brevi considerazioni, l’impressione è che la tecnica della disoleazione (per i campi in cui viene applicata) sia un qualcosa di quasi totalmente empirico, basato su pochi principi chimico-fisici, che può lasciare spazio all’improvvisazione più o meno coscienziosa e che l’impresa più difficile, per il potenziale utente, sia quella di scegliere il fornitore con maggiore esperienza sulle spalle