CAPITOLO 1
I DIECI PRINCIPI DELL’ECONOMIA
Principio 8: “Il livello di benessere di un paese
dipende dalla sua capacità di produrre beni e
servizi.”
Le differenze nel tenore di vita in diversi paesi del
mondo sono stupefacenti.
Come giustificare differenze cosi rilevanti nel
tenore di vita. Quasi tutte queste differenze sono
dovute a differenze di produttività, cioè della
quantità di beni e di servizi prodotti da un
individuo nell’unità di tempo. Nei paesi dove il
singolo lavoratore riesce a produrre grandi quantità
di beni e di servizi, la maggior parte della
popolazione gode di un tenore di vita elevato; nei
paesi dove i lavoratori sono meno produttivi, la
maggior, parte dei cittadini conduce un'esistenza
più spartana.
La relazione fondamentale tra produttività e qualità
materiale della vita è semplice ma ha implicazioni
ampie e ramificate. Se la produttività è la prima
determinante del tenore di vita, le altre variabili
devono essere di importanza secondaria.
La relazione tra produttività e tenore di vita ha
anche profonde implicazioni per la politica
economica. Per far crescere velocemente il tenore
di mira i politici devono far aumentare la
produttività, facendo in modo che i lavoratori
abbiano un buon livello di istruzione, dispongano
delle strutture necessarie alla produzione e possano
accedere alle tecnologie più avanzate.
Principio 9: “I prezzi aumentano quando lo Stato
stampa troppa moneta”
La crescita generalizzata del livello dei prezzi in
un sistema economico prende il nome di
inflazione.
Che cosa provoca l'inflazione? Nella maggior parte
dei casi di inflazione elevata o permanente il
colpevole è la crescita monetaria. Se lo stato crea
quantità eccessive di moneta il valore di questa è
destinato a crollare. La forte inflazione è legata a
una rapida crescita della quantità di moneta,
mentre una bassa inflazione è legata ad una
crescita più moderata della stessa.
Principio 10: “Nel breve periodo i sistemi
economici sono costretti a scegliere tra inflazione e
disoccupazione”
Una diffusa convinzione che, riducendo
l'inflazione, si provochi una temporanea crescita
della disoccupazione. Questo rapporto di scambio
tra inflazione e disoccupazione viene descritto
dalla curva di Phillips.
A causa della vischiosità dei prezzi, diverse
tipologie di provvedimenti di politica economica
nel breve periodo hanno effetti diversi da quelli
che esplicano nel lungo periodo.
La riduzione della quantità di moneta aumenta la
disoccupazione, almeno fino al momento in cui i
prezzi non abbiano completato i loro processi di
aggiustamento al cambiamento. La relazione di
scambio tra inflazione e disoccupazione è solo
temporanea, ma può durare per molti anni.
La curva di Phillips è dunque importante per
comprendere molte tendenze del sistema
economico.
CAPITOLO 2
PENSARE DA ECONOMISTA
IL DIAGRAMMA DEL FLUSSO CIRCOLARE
LA FRONTIERA DELLE POSSIBILITA DI
PRODUZIONE
PENSARE DA ECONOMISTA
Gli economisti tentano di avvicinarsi al soggetto
della propria disciplina con obiettività scientifica.
L’essenza della scienza è il metodo scientifico,
cioè la formulazione e la verifica imparziale di
teorie sul funzionamento del mondo.
Gli economisti formulano delle ipotesi per
facilitare la comprensione della realtà.
L’economista usa diverse ipotesi per studiare gli
effetti di breve e lungo periodo della variazione
della quantità di moneta. Essi ricorrono a modelli.
I modelli economici sono schemi formali usati per
rappresentare le caratteristiche basilari di un
sistema complesso mediante un piccolo numero di
relazioni essenziali. I modelli assumono la forma
di diagrammi, equazioni matematiche o programmi
di elaboratore.
IL DIAGRAMMA DEL FLUSSO CIRCOLARE
Un modello del sistema economico è il flusso
circolare. Tale modello è composto dalle famiglie
e dalle imprese.
Le imprese producono beni e servizi, utilizzando
elementi quali il lavoro, la terra e il capitale
(immobili, impianti), detti fattori di produzione.
Le famiglie detengono i fattori di produzione e
consumano i beni e i servizi che le imprese
producono.
Imprese e famiglie interagiscono su due tipi di
mercati: sui mercati di beni e servizi le famiglie
comprano e le imprese vendono; nei mercati dei
fattori di produzione le famiglie vendono e le
imprese comprano.
Questo flusso di beni e servizi tra imprese e
famiglie avviene con lo scambio di moneta nei
mercati, sottoforma di salari, rendite e profitti.
Dunque il diagramma di flusso circolare
descrive il flusso di moneta e quello
corrispondente di beni e servizi che intercorre tra
famiglie e imprese, attraverso i mercati.
LA FRONTIERA DELLE POSSIBILITA DI
PRODUZIONE
La frontiera delle possibilità di produzione è un
diagramma che rappresenta l’insieme di beni che
possono essere prodotti da un sistema economico.
Indica cioè in quale misura un bene può venire
trasformato nell’altro mediante il trasferimento di
risorse dalla produzione del primo a quella del
secondo.
Una combinazione di prodotti è detta efficiente se
il sistema sfrutta completamente le risorse
disponibili. I punti che si trovano sulla frontiera
rappresentano valori di produzione efficienti.
I punti all’esterno della frontiera delle possibilità
di produzione sono irraggiungibili. A parità di
risorse si può avere uno spostamento della curva
verso l’alto solo con un avanzamento tecnologico.
I punti all’interno sarebbero inefficienti poiché le
risorse non vengono impiegate completamente,
non vengono utilizzate correttamente, o vengono
utilizzate tecniche produttive superate.
Il 1° principio dice che gli individui devono saper
fare delle scelte alternative, la curva descrive una
scelta, l’unico modo per ottenere una maggiore
quantità di un bene è ridurre la quantità prodotta
dell’altro.
Il 2° principio dice che il costo di qualcosa è ciò
che si deve rinunciare per ottenerla, questo viene
chiamato costo-opportunità.
MICRO-MACROECONOMIA
L’economia è divisa in due discipline: la
microeconomia è lo studio dei processi decisionali
dei singoli (imprese e famiglie) e della loro
interazione su singoli mercati; la macroeconomia è
lo studio dei fenomeni che riguardano il sistema
economico nel suo complesso.
CAPITOLO 3
INTERDIPENDEZA E VANTAGGI DEL
COMMERCIO
Il 5° principio dice che gli scambi possono essere
vantaggiosi per tutti.
Ognuno di noi consuma beni e servizi prodotti da
altre persone, nel proprio paese o altrove.
L'interdipendenza e il commercio sono utili perché
permettono a ciascuno di godere di una maggiore
quantità e varietà di beni e servizi.
Ci sono due modi per confrontare la capacità delle
persone nel produrre un bene. Chi riesce a
produrre un bene con la minore quantità di fattori
gode di un vantaggio assoluto. Chi invece, ha il
più basso costo-opportunità per produrre un bene
gode di un vantaggio comparato. I benefici del
commercio si fondano sui vantaggi comparati e
non su quelli assoluti.
Il commercio garantisce benefici a tutti perché
permette agli individui di specializzarsi nelle
attività per le quali hanno un vantaggio comparato.
Il principio del vantaggio comparato si applica alle
nazioni come agli individui. Gli economisti
ricorrono al principio del vantaggio comparato per
sostenere il libero scambio tra le nazioni.
CAPITOLO 4
LE FORZE DI MERCATO DELLA DOMANDA
E DELL’OFFERTA
MERCATI CONCORRENZIALI
LA CONCORRENZA PERFETTA E NON
LA DOMANDA
LEGGE DELLA DOMANDA
BENE NORMALE
BENE INFERIORE
BENI SOSTITUTI
BENI COMPLEMENTI
LE ASPETTATIVE
LA CURVA DI DOMANDA
DOMANDA DI MERCATO
GLI SPOSTAMENTI DELLA CURVA DI
DOMANDA
OFFERTA
EQUILIBRIO
LE FORZE DI MERCATO DELLA DOMANDA
E DELL’OFFERTA
La domanda è la quantità di merce che i
consumatori desiderano e sono effettivamente in
grado di acquistare ad un determinato prezzo e in
una determinata unità di tempo. L’offerta è la
quantità di un bene o di un servizio che i produttori
sono disposti a cedere ad un determinato prezzo e
in una determinata unità di tempo.
I termini offerta e domanti fanno riferimento al
comportamento di individui che interagiscono in
un mercato. Un mercato è un gruppo di venditori e
di compratori di un determinato bene: il gruppo dei
compratori determina la domanda del bene, quello
dei venditori ne stabilisce l’offerta.
MERCATI CONCORRENZIALI
I mercati possono assumere svariate forme. A
volte sono organizzati in strutture sofisticate,
come i mercati di molti prodotti agricoli; in tali
mercati i compratori s'incontrano in un luogo in
un'ora prestabilita e, con l'aiuto di un banditore,
determinano il prezzo e si accordano sulle vendite.
Più spesso i mercati non sono così organizzati;
ogni venditore decide il prezzo e ogni compratore
decide quanta merce acquistare in ogni punto
vendita. Tale mercato si definisce concorrenziale
perché sono presenti compratori e venditori in un
numero tale da rendere inutile gli effetti delle
decisioni del singolo sul prezzo di mercato.
LA CONCORRENZA PERFETTA E NON
I mercati perfettamente concorrenziali sono
definiti da due caratteristiche fondamentali: (1) i
prodotti offerti in vendita sono perfettamente
sostituibili gli uni agli altri; e (2) compratori e
venditori sono così numerosi da non poter
influenzare il prezzo di mercato. Non potendolo
influenzare, compratori e, venditori devono
accettare il prezzo che si determina in un mercato
perfettamente concorrenziale come un dato di
fatto. Si dice, cosi, che «subiscono» il prezzo
(price taker).
LA DOMANDA
La quantità domandata di un bene è la quantità
che i compratori vogliono o possono acquistare.
LEGGE DELLA DOMANDA
A parità di condizioni, più il prezzo aumenta più
la domanda diminuisce, più la domanda cresce
più prezzo diminuisce.
BENE NORMALE
Se la domanda di un bene diminuisce al diminuire
del reddito, oppure la domanda di un bene cresce
al crescere del reddito, si dice che è un bene
normale
BENE INFERIORE
Se la domanda di un bene aumenta al diminuire
del reddito, oppure se la domanda diminuisce al
aumentare del reddito, si dice che il bene è
inferiore. (reddito basso prende il bus, xkè non ha
auto)
BENI SOSTITUTI
Quando due beni hanno caratteristiche simili.
Due beni per i quali all’aumentare del prezzo
dell’uno induce un aumento della quantità
domandata dell’altro, si dicono beni sostituti.
(visione di un film al cinema , o a noleggio)
BENI COMPLEMENTI
Due beni per i quali l’aumento del prezzo induce
una diminuzione nella quantità della domanda.
(aumento delle benzina diminuisce l’acquisto di
macchine)
LE ASPETTATIVE
Le aspettative possono influenzare la domanda
attuale di un bene e servizio.
LA CURVA DI DOMANDA
La curva di domanda è un grafico che illustra la
relazione tra il prezzo di un bene e la quantità
domandata. Essa mostra cosa accade alla quantità
domandata di un bene a causa della variazione del
suo prezzo, mantenendo costanti le altre variabili
della quantità domandata.
La domanda di un bene, dal punto di vista
dinamico, è funzione (cioè dipende) non soltanto
dal prezzo del bene stesso, ma anche di altri
elementi quali: i prezzi di altri beni, il reddito del
consumatore, i gusti e le preferenze del
consumatore.
Gli economisti usano la locazione latina “certeris
paribus” per spiegare che tutte le variabili rilevanti,
con eccezione di quelle analizzate in quel
momento, vengono considerate costanti per
ipotesi. In realtà sono molte le cose che cambiano
nello stesso momento.
DOMANDA DI MERCATO
La domanda di mercato è la somma di tutte le
domande individuali di un dato bene e servizio.
La curva di domanda di mercato si trova
sommando orizzontalmente le curve di domanda
individuali.
GLI SPOSTAMENTI DELLA CURVA DI
DOMANDA
Qualsiasi cambiamento che faccia aumentare la
quantità domandata genera uno spostamento verso
destra della curva di domanda. Qualsiasi
cambiamento che faccia diminuire la quantità
domandata genera uno spostamento verso sinistra
della curva di domanda.
OFFERTA
È la quantità di un dato bene che i venditori
vogliono e possono vendere.
Il prezzo è una delle determinanti dell’offerta.
Quando il prezzo è alto la quantità offerta aumenta
e viceversa quando il prezzo è basso la quantità di
offerta diminuisce (legge dell’offerta).
Si dice che la quantità offerta è positivamente
correlata al prezzo del bene a parità delle altre
condizioni.
Quindi il prezzo dei fattori di produzione aumenta,
la produzione diventa meno redditizia e l’azienda
offre meno prodotti e se il prezzo dei fattori
aumenta in maniera drastica c’è il rischio che
l’azienda chiuda e smetta di produrre.
La curva dell’offerta esprime in forma grafica
come varia la quantità offerta al variare del
prezzo del bene. Poiché un aumento del prezzo fa
aumentare la quantità offerta, la curva di
domanda ha pendenza positiva.
Ogni cambiamento che induce un aumento della
quantità offerta provoca uno spostamento verso
destra della curva, ogni cambiamento che induce
una diminuzione della quantità offerta provoca
uno spostamento verso sinistra della curva.
EQUILIBRIO
L’equilibrio è una situazione nella quale domanda
e offerta si equivalgono.
Il prezzo corrispondente al punto di intersezione,
ovvero prezzo di equilibrio, è individuato tra la
curva dell'offerta e quella della domanda.
Al prezzo di equilibrio, la quantità del bene che i
compratori vogliono e possono acquistare è
equivalente alla quantità del bene che i venditori
vogliono e possono vendere.
Il prezzo di equilibrio viene a volte definito prezzo
di mercato perché, in corrispondenza di questo
valore, tutti i soggetti attivi sul mercato sono
soddisfatti: i compratori possono acquistare tutto
ciò che vogliono e i venditori vendono esattamente
il quantitativo che vogliono vendere.
Quando il prezzo corrente non è uguale al prezzo
di equilibrio.
Ci troviamo di fronte a una eccedenza del bene: i
venditori non sono in grado di vendere quanto
vorrebbero per quel dato livello di prezzo. Tale
situazione viene definita eccesso di offerta.
La reazione all'eccesso di offerta è la riduzione del
prezzo: il prezzo continuerà a diminuire fino al
momento in cui il prezzo corrente eguaglierà il
prezzo di equilibrio.
Se il prezzo corrente sia inferiore a quello di
equilibrio, la quantità domandata supera quella
offerta: ci troviamo in una situazione di scarsità
dei bene. Tale situazione viene definita eccesso di
domanda. Così tanti acquirenti e così poco
prodotto, i venditori hanno buon gioco ad
aumentare il prezzo senza perdere vendite. Ancora
una volta il prezzo crescerà fino a raggiungere il
livello di equilibrio.
Nella realtà questo fenomeno è noto come legge
della domanda e dell'offerta: il
prezzo di ogni dato bene tende naturalmente ad
aggiustarsi in modo da portare domanda e offerta
in situazione di equilibrio.
CAPITOLO 5
L’ELASTICITA E LE SUE APPLICAZIONI
ELASTICITA DELLA DOMANDA AL PREZZO
LE TIPOLOGIE DI CURVA DI DOMANDA
RICAVO TOTALE
ELASTICITA DI DOMANDA RISPETTO AL
REDDITO
ELASTICITA DELL’OFFERTA AL PREZZO E
LE SUE DETERMINANTI.
L’ELASTICITA E LE SUE APPLICAZIONI
L’elasticità misura la sensibilità di venditori e
consumatori alle variazioni delle condizioni di
mercato e permette di analizzare offerta e domanda
con maggiore precisione
ELASTICITA DELLA DOMANDA AL PREZZO
La legge della domanda stabilisce che a una
diminuzione del prezzo di un bene la quantità
domandata aumenta. L'elasticità della domanda al
prezzo offre uno strumento per
misurare la sensibilità della quantità domandata
alle variazioni del prezzo.
La domanda di un bene è elastica se la quantità
domandata reagisce più che proporzionalmente a
variazioni del prezzo; si dice anelastica se la
reazione è meno che proporzionale.
L'elasticità al prezzo dipende dalle infinite forze
economiche, sociali e psicologiche che modellano
il sistema delle preferenze individuali.
La domanda tende ad essere più elastica per i beni
di lusso che per quelli necessari.
Elasticità domanda= variazione % della quantità
domandata/variazione % del prezzo
LE TIPOLOGIE DI CURVA DI DOMANDA
Gli economisti classificano le curve di domanda in
funzione della loro elasticità.
La domanda è elastica quando l'elasticità ha valore
superiore a 1 e quindi la quantità reagisce
più che proporzionalmente al prezzo; la domanda è
anelastica quando il valore dell'elasticità è inferiore a 1, quindi la quantità reagisce
meno che proporzionalmente al prezzo; se
l'elasticità ha valore 1, la quantità reagisce nella
medesima proporzione del prezzo
e si dice che la domanda ha elasticità unitaria.
Nel caso estremo di elasticità zero, la domanda è
perfettamente anelastica e la curva di domanda è
verticale.
RICAVO TOTALE
Il ricavo totale è l’ammontare complessivo speso
dai consumatori e incassato dai venditori di un
bene, calcolato come prodotto del prezzo del bene
per la quantità venduta.
Il ricavo totale varia movendosi lungo la curva di
domanda.
Se la curva di domanda è anelastica, un aumento
del prezzo fa aumentare il ricavo totale.
Se la curva di domanda è elastica, un aumento del
prezzo fa diminuire il ricavo totale.
Nel caso la domanda è perfettamente anelastica,
qualsiasi variazione del prezzo non altera il ricavo
totale.
ELASTICITA DI DOMANDA RISPETTO AL
REDDITO
L’elasticità della domanda al reddito misura
come varia la quantità domandata al variare del
reddito del consumatore. Il suo valore viene
calcolato mettendo in rapporto la variazione
percentuale della quantità domandata con la
variazione percentuale del reddito.
ELASTICITA DELL’OFFERTA AL PREZZO E
LE SUE DETERMINANTI.
L'elasticità dell'offerta al prezzo misura di
quanto la quantità offerta di un bene reagisca a
cambiamenti del prezzo del bene: l'offerta di un
bene si dice elastica se la
quantità offerta subisce variazioni notevoli a fronte
di variazioni contenute del prezzo; si
dice invece anelastica se tali variazioni nell'offerta
sono contenute anche a fronte di variazioni
notevoli del prezzo.
L'elasticità dell'offerta al prezzo dipende dalla
flessibilità dei venditori al cambiamento
della quantità di beni che producono.
Nella maggior parte dei mercati il fattore chiave
nel determinare l'elasticità dell'offerta al prezzo è il
lasso di tempo preso in considerazione. L'offerta è
normalmente più
elastica nel lungo che nel breve periodo: nel breve
periodo, infatti, le imprese non possono facilmente
adattare le dimensioni degli impianti a livelli di
produzione diversi da
quelli pianificati e, quindi, la quantità offerta non è
molto reattiva rispetto alle variazioni di prezzo;
nel lungo periodo, invece, le imprese possono
avviare nuovi impianti o chiuderne di vecchi,
nuove imprese possono entrare nel mercato e
vecchie imprese possono cessare l'attività e,
quindi, la quantità offerta può reagire in maniera
più sostanziale alle variazioni del prezzo.
CAPITOLO 7
CONSUMATORI,
PRODUTTORI
ED
EFFICIENZA DEI MERCATI
L’economia del benessere è lo studio del rapporto
tra allocazione delle risorse e benessere
economico. L’equilibrio tra domanda e offerta in
un mercato massimizza i benefici totali di
venditori e compratori.
Il surplus del consumatore è uguale alla
differenza tra la disponibilità a pagare del
compratore e l’ammontare che effettivamente paga
per un bene e misura il beneficio che il compratore
trae dal mercato. Il surplus del consumatore può
essere calcolato misurando l'area sottesa tra la
curva di domanda e il livello del prezzo.
Il costo è il valore di tutto ciò che il produttore
deve rinunciare per poter produrre un bene.
Il surplus del produttore è uguale alla differenza
tra il prezzo che il venditore riceve per un bene e
il costo che ha sostenuto per produrlo e misura il
beneficio che il venditore trae dal mercato.
Il surplus del produttore può essere calcolalo
misurando l'area compresa tra la curva di offerta e
il livello del prezzo.
Un’allocazione delle risorse che massimizzi la
somma del surplus del consumatore e del
produttore si dice efficiente.
L’equilibrio tra domanda e offerta massimizza
la somma del surplus del consumatore e del
produttore; ciò significa che la mano invisibile del
mercato conduce compratori e venditori
ad allocare le risorse in maniera efficiente.
I mercati non allocano le risorse in modo
efficiente solo in presenza di fallimento del
mercato, che può essere provocato da potere di
mercato o da esternalità.
CAPITOLO 8
IL COSTO DELL’IMPOSIZIONE FISCALE
Una tassa imposta su un bene riduce il benessere
di compratori e venditori; la riduzione dei surplus
del consumatore e del produttore di solito eccede
le entrate realizzate dallo Stato. La diminuzione
del surplus totale conseguente all’introduzione di
un imposta- somma del surplus del consumatore e
di quello del produttore - viene definita perdita
secca.
La tassazione provoca una perdita secca perché
induce il compratore ad acquistare meno e il
venditore a produrre meno e tale cambiamento dei
comportamenti fa abbassare la dimensione del
mercato al di sono del livello che garantisce la
massimizzazione del surplus totale.
Poiché l'elasticità della domanda e dell'offerta sono
una misura delle sensibilità delle componenti del
mercato alle variazioni del prezzo, valori più
elevati di elasticità comportano una perdita secca
più elevata.
Con l'aumento dell'ammontare dell'imposta, la
distorsione del sistema degli incentivi e la
conseguente perdita secca aumentano; le entrate
tributarie, invece, aumentano fino a raggiungere
un massimo per poi diminuire progressivamente.
Nella realtà, quindi, un'imposta eccessiva genera
scarse entrate per lo Stato perchè riduce
eccessivamente la dimensione del mercato.
Con l’aumentare dell’imposta la perdita secca
cresce più che proporzionalmente. Le entrate
fiscali aumentano fino a toccare un massimo per
poi diminuire progressivamente. Questa relazione
è detta curva di Laffer.
CAPITOLO 10
ESTERNALITA
SOLUZIONI ALLE ESTERNALITA: il teorema
di Coase
subentrare lo Stato; ma anche in questo caso non
bisogna abbandonare le forze del mercato.
Al contrario, lo Stato può risolvere il problema
caricando l'intero onere delle proprie azioni sui
soggetti che prendono le decisioni. Le tasse
pigoviane sull'inquinamento e i permessi
negoziabili di inquinamento, sono provvedimenti
che hanno l'obiettivo di internalizzare le
esrernallta, ma sono anche strategie di intervento
dello Stato che, reindirizzando le forze del
mercato, trova un rimedio al problema delle
esternalità.
ESTERNALITA
Uno dei dieci principi dell'economia afferma che a
volte lo Stato può migliorare i risultati del mercato.
A volte il mercato non riesce ad allocare le risorse
in modo efficiente, così l'intervento dello Stato
può potenzialmente migliorare l'allocazione
determinata dal mercato e i provvedimenti di
politica economica che hanno le maggiori
probabilità di sortire un risultato positivo.
I fallimenti del mercato vanno sotto il nome di
esternalità. Una esternalità è l'effetto dell'azione
di un soggetto economico sul benessere di altri
soggetti non coinvolti: se tale effetto è dannoso,
avremo un'esternalità negativa (scarichi auto);
se è benefico, avremo un esternalità positiva
(restauro).
In presenza di esternalità l'interesse sociale nei
confronti del risultato del mercato si estende al di
là del benessere di compratori e venditori, per
comprendere anche quello dei terzi che ne
vengono condizionati; tuttavia, poiché compratori
e venditori tendono a non considerare gli effetti
esterni delle proprie azioni nel determinare quanto
domandare o offrire, l'equilibrio del mercato non
riesce a massimizzare il beneficio totale per la
società nel suo complesso.
Le esternalità negative della produzione o del
consumo tendono a creare un mercato più ampio
di quanto sia socialmente desiderabile: le
esternalità positive tendono a creare un mercato
più contenuto di quanto sarebbe socialmente
desiderabile. Per rimediare a tali problemi, lo Stato
può intervenire ricorrendo alla tassazione dei beni
che provocano esternalità negative o sussidiando
quelli che ne provocano di positive. Applicare
una tassa significa internalizzare l’esternalità,
poiché in questo modo si offre a compratori e
venditori sul mercato un incentivo a prendere in
considerazione gli effetti esterni delle loro azioni.
CAPITOLO 11
BENI PUBBLICI E RISORSE COMUNI
ANALISI COSTI-BENEFICI
SOLUZIONI ALLE ESTERNALITA: il teorema
di Coase
Sebbene le esternalità provochino inefficienza sui
mercati, non è sempre necessario l’intervento dello
stato per ripristinare una situazione di maggiore
efficienza.
Secondo il teorema di Coase, se alle parti in causa
viene concesso di negoziare senza costi
l'allocazione delle risorse, il mercato riesce sempre
a risolvere il problema delle esternalltà e ad
allocare le risorse in modo efficiente.
Secondo il teorema di Coase i soggetti economici
privati possono risolvere il problema delle
esternalità autonomamente. Qualunque sia la
distribuzione iniziale dei diritti, le parti in causa
possono sempre negoziare un accordo grazie al
quale tutti traggono vantaggio e il risultato sia
efficiente.
La mano invisibile può molto, ma non può tutto.
L'equilibrio di un mercato massimizza la somma
dei surplus del consumatore e del produttore:
quando compratori e venditori nel mercato sono le
uniche parti coinvolte, il risultato è efficiente
anche dal punto di vista sociale. Ma in presenza di
effetti esterni - come nel caso dell’inquinamento –
per valutare i risultati del mercato è necessario
tenere conto anche del benessere delle terze parti.
In questo caso la mano invisibile del mercato può
non essere più una garanzia di allocazione
efficiente delle risorse.
In alcuni casi i soggetti coinvolti possono risolvere
il problema delle esternallta autonomamente; il
teorema di Coase afferma che le parti interessate
possono negoziare tra loro e raggiungere
comunque una soluzione efficiente. A volte, però,
tale risultato non può essere raggiunto, soprattutto
se la numerosità delle parti coinvolte è tale da
creare
problemi
di
coordinamento
e
organizzazione die rendono la negoziazione
difficoltosa.
Quando i soggetti privati non riescono a risolvere
autonomamente il problema delle esternalità, può
BENI PUBBLICI E RISORSE COMUNI
Esaminiamo i problemi posti dalla presenza di beni
privi di prezzo di mercato. Uno dei dieci principi
dell'economia afferma che a volte lo Stato può
migliorare i risultati del mercato.
Quando un bene non ha prezzo, i mercati non
possono assicurare che tale bene venga
prodotto e consumato in quantità appropriate: in
questo caso l'intervento dello Stato
può potenzialmente rimediare al fallimento del
mercato e far aumentare il benessere economico.
I beni in un sistema economico si possono
dividere secondo due caratteristiche:
Il principio di non esclusione: agli individui può
essere impedito di goderne?
II principio di rivalità: l'uso del bene da parte di
un individuo limita la possibilità di
goderne da parte di un altro individuo?
Possiamo dividere i beni in quattro categorie: beni
privati, beni pubblici, risorse collettive, monopolio
naturale.
Il mercato ha un funzionamento ottimale con i
beni privati, che sono sia escludibili, sia rivali;
non riesce ad avere un funzionamento ottimale con
le altre categorie di beni.
I beni pubblici non sono ne escludibili, ne rivali
ovvero producono delle esternalità sia positive che
negative. Esempi di beni pubblici sono gli
spettacoli di fuochi artificiali (free-rider=un
individuo che godendo del beneficio di un bene
non paga il prezzo), la difesa nazionale e la
creazione di conoscenze di base.
Poiché gli individui non pagano per l'uso che
fanno dei beni pubblici, avrebbero un forte
incentivo a non pagare anche nel caso in cui il
bene pubblico fosse fornito da un privato; perciò i
beni
pubblici vengono forniti dallo Stato, che determina
la quantità da offrire sulla scorta di una analisi
costi-benefici.
Le risorse collettive sono rivali, ma non
escludibili. Esempi di risorse collettive sono i
terreni di pascolo comuni, l'aria pulita, le strade
congestionate dal traffico. Gli individui non
pagano per l’uso delle risorse collettive, quindi
tendono a sfruttarle eccessivamente; perciò lo
Stato tende a limitarne l'uso.
ANALISI COSTI-BENEFICI
Per prendere una decisione, lo Stato incarica un
gruppo di economisti e tecnici di eseguire
un’analisi costi-benefici, il cui obiettivo è la
stima del costo totale e dei benefici del progetto
per la società analizzati in 25 anni dagli inizi dei
lavori.
I costi-benefici si dividono in: diretti (prezzo da
stabilire per l’utilizzo di tale bene), indotti (+
occupazione), derivati (+ cultura individuo).
I risultati delle analisi dei costi-benefici sono delle
approssimazioni.
CAPITOLO 12
I COSTI DI PRODUZIONE
RICAVO TOTALE, COSTO TOTALE E
PROFITTO
IL COSTO COME COSTO-OPPORTUNITA
RICAVO TOTALE, COSTO TOTALE E
PROFITTO
LE CURVE DI COSTO MEDIO E MARGINALE
ECONOMIE E DISECONOMIE DI SCALA
I COSTI DI PRODUZIONE
L’obiettivo dell’impresa è poter raggiungere il
massimo profitto con le proprie risorse. Il profitto
è la somma che le imprese incassano per la
vendita dei propri prodotti (ricavo totale).
Per costi di produzione si intendono le spese che
l’impresa sostiene per l’acquisto dei fattori
produttivi. Tali costi detti costi totali, sono
composti dai costi fissi (espliciti) e dai costi
variabili(impliciti). I primi sono quei costi che
l’impresa deve comunque sostenere, anche quando
la produzione è nulla (es. macchinari,
ammortamenti, impianti, etc.); per costi variabili
viceversa si intendono quei costi che dipendono
dalla produzione.
Si definisce profitto la differenza tra ricavo totale e
costo totale.
IL COSTO COME COSTO-OPPORTUNITA
Questa distinzione tra costi impliciti ed esplicti
sottolinea un differente punto di vista tra
economisti e contabili. Gli economisti prendono in
considerazione tutti i costi-opportunità; i
contabili invece si limitano a registrare tutti i
movimenti monetari dell’impresa e prendono in
considerazione solo i costi espliciti.
La relazione presente tra la quantità di fattori e la
qualità di prodotto si chiama funzione di prodotto.
Essa diventa sempre più piatta all’aumentare del
numero di lavoratori impiegati.
L’andamento della funzione dei costi fissi è quello
di una linea retta parallela all’asse delle ascisse, a
dimostrazione dell’indipendenza di tali costi dal
livello di produzione
La funzione dei costi variabili invece essendo
dipendente dal livello di produzione, e dal
momento che livelli di produzione più elevati
implicano maggiori quantità di fattori produttivi,
dunque costi più elevati, avrà un andamento
crescente. Tale andamento riflette la legge dei
rendimenti decrescenti : nelle fasi iniziali della
produzione i costi variabili saranno crescenti ma
in misura meno che proporzionale, oltre un certo
livello, cessata la fase della produttività crescente,
i costi aumenteranno in misura più che
proporzionale, fino a divenire poi per livelli di
produzione elevati, verticale quando sta per
raggiungere il massimo della capacità produttiva.
La funzione dei costi totali, composta da costi fissi
e costi variabili, ha lo stesso andamento della
funzione dei costi variabili, dunque è una curva
crescente a tassi decrescenti fino a un certo livello
di produzione, a tassi crescenti da quel punto in
poi.
Tale funzione però non parte dall’origine degli
assi, ma dal momento che tiene conto anche dei
costi totali ma parte dall’intercetta pari
all’ammontare del costo fisso.
I costi possono ulteriormente essere distinti in
costo marginale(l’incremento del costo totale
derivante dall’incremento del livello
di
produzione), costo medio variabile (il rapporto tra
costo totale e livello di produzione) Si tratta di un
andamento dapprima decrescente, poi raggiunge il
minimo e poi cresce, costo medio fisso (rapporto
tra il costo fisso e la quantità prodotta). Il costo
fisso medio è un costo sempre più piccolo
all’aumentare della produzione dal momento che si
ripartisce su un numero maggiore di unità di
prodotto, costo medio totale ( rapporto tra il costo
totale e la quantità prodotta). I costi medi totali
pertanto non potranno che avere un andamento
decrescente essendo la somma di due costi medi,
uno sempre decrescente, l’altro dapprima
decrescente poi crescente.
LE CURVE DI COSTO MEDIO E MARGINALE
Il costo marginale incontra il costo medio nel
punto in cui il costo medio assume il suo valore
minimo. Se posto a confronto con il prezzo risulta
essere molto importante
-un prezzo superiore a tale punto determina un
extra profitto;
-un prezzo pari al costo medio minimo realizza
soltanto profitti normali;
-un prezzo inferiore determina invece una perdita.
Il
costo
marginale
è
rappresentato
geometricamente dalla pendenza della retta
tangente alla curva del costo totale. Tale pendenza
varia lungo la curva . E’ dapprima decrescente, poi
crescente; l’andamento della funzione dei costi
marginali sarà pertanto l’andamento di una curva
ad “u”, sarà infatti dapprima decrescente,
raggiungerà un punto di minimo, detto dimensione
efficiente, per poi cominciare a crescere.
L’incontro tra la curva del costo marginale e la
curva del costo medio totale stabilisce il massimo
profitto.
ECONOMIE E DISECONOMIE DI SCALA
La forma della curva di costo medio totale di breve
e di lungo periodo ci fornisce informazioni molto
importanti sulla tecnologia di produzione di un
bene. Quando la curva di costo medio totale di
lungo periodo è decrescente al crescere della
quantità prodotta diciamo che si realizzano
economie di scala; quando è crescente al crescere
della quantità prodotta, diciamo che si realizzano
diseconomie di scala; quando non varia al variare
della quantità prodotta, diciamo che si verificano
rendimenti di scala costanti.
CAPITOLO 13
LE
IMPRESE
IN
UN
MERCATO
CONCORRENZIALE
Un mercato in concorrenza perfetta è un mercato
sul quale sono presenti una moltitudine di
compratori e di venditori da non poter influenzare
il prezzo del bene che vendono.
Se le imprese sono in condizione di poter
influenzare il prezzo del bene che producono e
vendono si dice che godono di un potere di
mercato.
Un impresa in concorrenza perfetta, ha per
obiettivo la massimizzazione del profitto, che è
pari alla differenza tra il ricavo totale e il costo
totale.
Il ricavo medio è dato dal rapporto tra ricavo
totale e quantità prodotta; il ricavo medio indica
quanto incassa l’impresa per la vendita del
prodotto, (pari al prezzo del bene x conc perfetta).
Il ricavo marginale è l’aumento del ricavo totale
in seguito all’aumento della quantità venduta (pari
al prezzo del bene x conc perfetta).
La quantità che massimizza il prodotto è data
dall’intersezione tra la curva di costo marginale e il
livello del prezzo ovvero ricavo e costo marginale
sono identici.
Nel breve periodo un'impresa non può evitare i
costi fìssi, quindi sospende la produzione se il
prezzo e inferiore al costo medio variabile. Nel
lungo periodo può evirare sia i costi variabili sia i
costi fìssi, quindi esce dal mercato se il prezzo è
inferiore al costo medio totale.
In un mercato in cui le imprese sono libere di
entrare e di uscire, nel lungo periodo i profitti
tendono a zero. Nell'equilibrio di lungo periodo le
imprese producono la quantità di bene
corrispondente alla propria dimensione efficiente
di prezzo è uguale al costo medio totale e il
numero delle imprese presenti sul mercato si
aggiusta in modo da soddisfare la quantità
domandata a quel prezzo.
I cambiamenti della domanda hanno effetti
diversi in corrispondenza di diversi spettri
temporali. Nel breve periodo un aumento della
domanda induce un aumento del prezzo,
generando profitti; mentre una contrazione della
domanda induce un abbassamento del prezzo,
provocando perdite. Ma
se le imprese possono liberamente entrare nel (o
uscire dal) mercato, nel lungo periodo il numero
delle imprese attive sul mercato si aggiusta in
modo da riportare il mercato all'equilibrio di
profitto nullo.
MISURARE IL REDDITO DI UNA
NAZIONE
L’economia viene abitualmente suddivisa
in microeconomia che studia come le
singole famiglie o imprese prendono le
proprie decisioni e interagiscono tra loro
sui mercati; e la macroeconomia che
studia il sistema economico in generale.
Gli economisti e i politici utilizzano il
prodotto interno lordo (PIL) per
controllare le evoluzioni del sistema
economico. Il PIL è una misura del reddito
totale di una nazione, ma anche il
parametro più affidabile del benessere
economico.
Il PIL misura il reddito totale dei
componenti della società e la spesa totale
per i prodotti della società stessa, tale
variabili sono identiche.
La ragione per cui il reddito e la spesa
sono sempre uguali in un sistema
economico è che ogni transizione coinvolge
un compratore e un venditore.
L’uguaglianza può essere illustrato
ricorrendo al grafico del flusso circolare.
Le decisioni vengono prese da imprese e
famiglie, che interagiscono sui mercati di
beni e servizi e sui mercati dei fattori di
produzione. L’anello esterno mostra il
flusso di moneta, mentre quello interno il
flusso di beni e servizi.
LA
MISURA
DEL
PRODOTTO
INTERNO LORDO
Il prodotto interno lordo (PIL) è il valore
di mercato di tutti i beni e servizi finali
prodotti in paese in un dato periodo di
tempo.
Ci sono comunque alcuni prodotti che
vengono esclusi dal computo del PIL, a
causa della difficoltà di stimare il valore; si
tratta di prodotti venduti e prodotti
illecitamente, come gli stupefacenti; dei
beni prodotti per l’autoconsumo.
Il PIL che indichiamo con Y può essere
scomposto in quattro elementi: consumo
(C), investimento (I), spesa pubblica (G)
ed esportazioni nette (NX).
Y= C + I + G + NX
Il consumo è ciò che le famiglie spendono
per acquistare beni e servizi.
L’investimento è l’acquisto da parte delle
imprese di beni capitali, di scorte e di
strutture.
La spesa pubblica comprende gli acquisti
di beni e di servizi dell’amministrazione
statale e locali.
Le esportazioni sono pari alla differenza
tra il valore del bene di produzione interna
acquistata da stranieri (esportazione) e
quello dei beni di produzione estera
acquistati all’interno (importazione).
PIL REALE E PIL NOMINALE
Il PIL misura il totale della spesa per beni e
sevizi in tutti i mercati che costituiscono
l’economia. Se la spesa totale aumenta di
anno in anno è perché aumenta la
produzione di servizi o perché i beni e i
servizi vengono venduti a un prezzo più
elevato. Se si analizza il PIL rispetto la
variazione nel tempo è necessario
introdurre i concetti di PIL REALE e PIL
NOMINALE.
Il PIL NOMINALE è uguale al prodotto
tra la produzione di beni e servizi e il
prezzo corrente mentre il PIL REALE è
uguale al prodotto tra la produzione di beni
e servizi e i prezzo costanti rispetto a quelli
rilevati in un anno base.
IL DEFLATORE DEL PIL
Il deflatore del PIL misura il livello dei
prezzi nell’economia e ci dice quanta parte
della crescita del PIL nominale è
attribuibile a variazioni di prezzi invece che
a variazioni di produzione.
Deflatore = (PIL nominale/PIL reale) x 100
LA FUNZIONE DI AMMINISTRAZIONE
E CONTROLLO
L’amministrazione ed il controllo di
gestione sono due funzioni presenti nella
conduzione dell’azienda. Lo scopo di
queste funzioni è la produzione di
informazioni di carattere economicofinanziario.
L’amministrazione
si
occupa
principalmente di tenere la contabilità
generale e di redazione del bilancio
d’esercizio per scopi informativi verso terzi
(banche, azionisti, fisco).
Il controllo di gestione, invece, deve dare
delle attendibili e tempestive informazioni
dei soggetti interni che gestiscono le risorse
aziendali e prendono decisioni strategiche
ed operative.
Le due funzioni devono permettere a
soggetti interni ed esterni di avere
informazioni attendibili riguardo il profilo
economico e finanziario della gestione
aziendale, passata e futura.
L’AMMINITRAZIONE
Il compito principale dell’amministrazione
è la tenuta della contabilità generale e la
redazione del bilancio d’esercizio. Il suo
ruolo è di raccogliere i dati sui costiricavi e uscite-entrate dell’azienda
avvenuta
durante
un
periodo
amministrativo di durata annuale. In tal
modo si può calcolare il CAPITALE
NETTO ed il REDDITO NETTO.
Il capitale netto esprime la consistenza
patrimoniale dei soci, mentre il reddito
netto misura la ricchezza prodotta
dall’azienda attraverso al quale sono
remunerati i soggetti che hanno prodotto il
capitale azionario.
L’amministrazione infine redige un
documento, il bilancio d’esercizio, che
offre un minimo di conoscenza a tutti i
soggetti
interessati
alle
vicende
dell’azienda.
Tale documento deve essere attendibile e
neutrale.
CONTROLLO DI GESTIONE
Controllare la gestione significa svolgere
un processo di “programmazione e
controllo”.
Ciò implica più attività: redigere obiettivi,
verificare i risultati conseguiti, individuare
gli eventuali interventi.
Si tratta quindi di una complessa attività
che coinvolge il management aziendale.
Il controllo di gestione è l’attività con cui la
direzione si accerta che la gestione si stia
volgendo in modo efficace ed efficiente, in
modo tale da permettere il raggiungimento
degli obiettivi presenti nella pianificazione
strategica.
La pianificazione strategica è un attività
molto importante che definisce gli obiettivi
ed il percorso della gestione; il controllo ha
il compito di verificare se tale percorso
viene rispettato e se tali obiettivi sono stati
raggiunti.
Gli obiettivi si esplicitano in tasso di
redditività del capitale investito.
Le strategie si basano sulla scelta dei
prodotti e dei mercati, delle tecnologie da
utilizzare e delle dimensioni con cui
affrontare la concorrenza.
Il
piano
strategico
deve
essere
quantificato, tempificato e sintetizzato in
forma di bilancio preventivo.
Formulato il piano strategico, occorre che
la sua attuazione venga sottoposta ad un
adeguato controllo attraverso il controllo
direzionale.
Il principale strumento del controllo è il
budget.
FASI DEL CONTROLLO DI GESTIONE
Il controllo si può dividere in: controllo a
preventivo,
controllo
concomitante,
controllo a consuntivo.
Il controllo a preventivo valuta i
programmi operativi economico-finanziari
e ne accerta la validità e fattibilità mediante
il budget.
Il controllo concomitante si svolge
periodicamente mediante il confronto tra il
budget ed i risultati effettivi della gestione,
rilevati dalla contabilità.
Il controllo a consuntivo si effettua al
termine dell’esercizio o alla conclusione di
un dato progetto.
Tale controllo è utile perché permette di
migliorare programmazioni future e di
valutare le prestazioni dei manager.
Gli strumenti contabili del controllo
permettono di sintetizzare le condizioni di
svolgimento della gestione. Essi sono:
il bilancio d’esercizio, la contabilità, il
budget ed il reporting.
Il bilancio d’esercizio si divide in conto
economico (utile o perdita) e stato
patrimoniale (ammontare capitale).
La contabilità analitica analizza i risultati
globali della gestione.
Il budget è un bilancio che evidenzia i
risultati economico finanziari che l’impresa
intende raggiungere.
Il reporting è l’insieme dei resoconti di
controllo
presentati
alla
direzione
periodicamente.
Da tutto ciò si evince che il bilancio
costituisce uno strumento informativo
insostituibile.
EFFICACIA ED EFFICIENZA
L’efficacia è la capacità dell’azienda di
raggiungere gli obiettivi prefissati.
Si dice che un’azienda è efficiente quando
impiega una quantità minima di risorse per
svolgere una certa attività e ottenere dati
risultati produttivi.
L’efficienza è misurabile attraverso la
determinazione dei costi. Così se
l’efficienza aumenta i costi di produzione
diminuiscono.
Controllare la gestione significa controllare
l’efficacia e l’efficienza dell’azienda e dei
suoi responsabili.
Dato che il controllo privilegia l’aspetto
economico e finanziario della gestione, non
sempre si è in grado di valutare in modo
soddisfacente i due aspetti.
Il controllo misura adeguatamente
l’efficienza, attraverso i costi, trascurando
l’efficacia che si basa su aspetti qualitativi
della gestione.
Riassunto economia
Prof. Privitera
Ciao Mirko