Fondamenti e sviluppi delle teorie del capitale umano Università degli studi di Macerata Scienze della comunicazione 2016/2017 Il capitale umano 1) Quantificazione della ricchezza di un paese: come è cambiata nel corso del tempo 2) L’economia dell’istruzione 3) Il concetto di capitale umano: 3 aspetti 4) Tre fenomeni che spiegano l’importanza del capitale umano Teoria mercantilista Teoria mercantilista (XVI – XVII secc.) contesto: Mentre continuano ad allargarsi ed intensificarsi le relazioni commerciali, si sviluppa l’industria (mineraria, metallurgica, tessile) - - Si forma così una classe capitalistica, di potenti mercanti, banchieri e industriali, che dispone di forti somme di denaro (che presta anche ai sovrani) e il cui unico fine è il profitto Le grandi quantità di oro e argento, importate dall’America, moltiplicano la moneta circolante, e con la riduzione del costo dei metalli, i prezzi aumentano. Teoria mercantilista - - - L’afflusso dei capitali nell’agricoltura porta a delle trasformazioni notevoli nei modi di produzione e sfruttamento della terra. In Inghilterra i capitalisti arricchitisi con l’esportazione della lana ottengono dal Parlamento il diritto di acquistare le terre comunali e recintarle (per estendere l’allevamento delle pecore trasformano in pascoli le terre coltivate) Gli enclosure acts danneggiarono principalmente i piccoli contadini, che non potevano più usufruire dei benefici ricavati da quei terreni (per le recinzioni era necessario sostenere spese alte) Teoria mercantilista - - - - Tale sistema fu reso necessario dal continuo aumento della domanda di beni agricoli alla quale il vecchio sistema agricolo non poteva far fronte I terreni erano coltivati da contadini che si occupavano dello stesso campo solo per un anno, e quindi non erano motivati a migliorare le condizioni del terreno Alla fine del XVIII sec. tale sistema concentrazione della proprietà terriera dell’aristocrazia inglese porterà alla nelle mani Si formerà una massa di lavoratori disoccupati, la manodopera a basso costo che sarà quindi impiegata nel nuovo ciclo produttivo industriale Teoria mercantilista Teoria mercantilista (Hales, Montchrestien) principi: - - - lo Stato aumenta la propria potenza (politica, economica e militare) favorendo l’arricchimento dei cittadini legittimazione sociale della ricchezza I metalli preziosi e la tesaurizzazione vengono presentati come l’essenza della ricchezza. Il commercio d’oltremare deve produrre un ritorno di metalli preziosi Nel commercio il profitto dipende dalla capacità di acquisire merce in una regione in cui viene prodotta agevolmente (a basso prezzo) per rivederla in un’altra regione a prezzo più alto (perché difficile da produrre o da reperire) Teoria mercantilista - - - lo Stato, per essere forte, deve proteggere il commercio attraverso una tassazione molto contenuta e sviluppare le esportazioni, limitando le importazioni attraverso una politica protezionistica. I mercantilisti ritengono che la ricchezza consista essenzialmente nel profitto dei mercanti e dei “manifatturieri”. L’economia, dipendendo dallo sviluppo delle esportazioni e delle industrie esportatrici, necessita di abbondanza di mano d’opera e di denaro. Teoria fisiocratica Teoria fisiocratica (XVIII sec.) contesto: In Europa occidentale lo sviluppo industriale e mercantile di ciascuna nazione si basa sulla forza dello Stato, che protegge l’industria nazionale e assicura al commercio degli sbocchi privilegiati attraverso trattati commerciali (Europa) o conquiste coloniali (extra UE). - - - L’Inghilterra punta su una politica di sviluppo coloniale, divenendo la prima potenza mondiale (Canada). I capitali provenienti dal commercio vengono destinati sempre più a finanziare attività industriali. Ha luogo una seconda ondata di recinzioni. La Francia conosce un’evoluzione economica sociale diversa: l’agricoltura continua ad avere un ruolo predominante. Teoria fisiocratica La Francia della prima metà del XVIII secolo è caratterizzata da: - - - - una potente componente agricola in mano alla classe dei grandi nobili fondiari (vecchia nobiltà ed alto clero); una classe di piccoli affittuari terrieri (mezzadri e fittavoli); una classe di lavoratori agricoli che assume la natura di lavoratori salariati (non più contadini obbligati alla corvée) una piccola classe manifatturiera e commerciale ancora di tipo artigianale. Teoria fisiocratica Teoria fisiocratica, principi (Boisguillebert, Quesnay): Il termine fisiocrazia deriva da physis (natura), e da kràtos (governo). L’espressione ‘governo della natura’ ha un duplice significato: 1) 2) La teoria della produttività parte dall’agricoltura e il ciclo economico è il riflesso del ciclo agrario. L’agricoltura, dunque, è la vera base di ogni altra attività economica: solo essa è infatti in grado di produrre beni, mentre l’industria si limita a trasformare e il commercio a distribuire; L’organizzazione economica si fonda sull’idea di un’armonia spontanea (naturale) del mercato. Critica non troppo velata alla posizione mercantilista ove l’intervento dello Stato era ritenuto necessario per favorire la ricchezza e la potenza della nazione. Teoria fisiocratica - - - L’unica classe produttiva è quella degli agricoltori, mentre tutti gli altri lavori (artigiani, commercianti…) sono considerati classe sterile perché non producono nuova ricchezza, ma si limitano a conservare nei suoi prodotti il valore dei mezzi di produzione impiegati. La terra è l’unica fonte di ricchezza e i proprietari fondiari sono i legittimi detentori di tale ricchezza. L’intervento dello Stato non è indispensabile, in quanto l’economia è regolata da leggi superiori (principio del laissez faire). Teoria classica Teoria classica (fine XVIII sec – inizio XIX sec) contesto: se in Francia i fisiocratici definiscono la teoria di un capitalismo agrario, in Inghilterra, si afferma quello industriale. - - Il sistema agricolo-artigianale-commerciale si evolve in un sistema industriale moderno caratterizzato dall'uso generalizzato di macchine azionate da energia meccanica e dall’utilizzo di nuove fonti energetiche inanimate (combustibili fossili). La Rivoluzione industriale costituisce l’approdo naturale delle numerose conoscenze scientifiche derivanti dalla Rivoluzione scientifica del ‘600 Teoria classica - - Condizioni particolarmente favorevoli in Inghilterra consentono a tali conoscenze scientifiche di tramutarsi in conoscenze tecniche e tecnologiche (macchina a vapore), applicate nelle prime fabbriche tessili e nell’industria siderurgica L’innalzamento delle rese agricole, i progressi nel campo igienico e sanitario, la riduzione delle ricorrenti calamità (peste, colera, carestie di varia natura) sono tutti fattori che conducono nel giro di alcuni decenni ad un incremento esponenziale della popolazione. Teoria classica Teoria classica (Smith, Riccardo, Say, Mill, Malthus, Marx ecc.) principi: le leggi economiche sono naturali, e la natura determina un ordine sociale ideale - - il mercato è un sistema capace di autoregolarsi perfettamente, grazie a una mano invisibile che guida ogni operatore economico a cercare razionalmente il proprio tornaconto; Sse ciascuno opera secondo questa legge naturale, perseguendo il proprio interesse perseguirà anche quello della collettività Teoria classica - I fattori di crescita economica per gli economisti classici sono essenzialmente: l’accumulazione di terra e capitale fisico, il progresso tecnico (individuato nella divisione del lavoro) e l’importanza delle istituzioni (libero mercato) che alloca in maniera efficiente le risorse - Assoluta libertà dell’iniziativa economica privata e anche dei commerci internazionali (eliminazione dei dazi che tendono a impedire la libera circolazione delle merci critica al mercantilismo). - - Il mercato libero funziona automaticamente, si regola da solo senza l'intervento dello Stato. Quindi, la domanda e l'offerta si incontrano da soli. Tuttavia, lo Stato deve assicurare la difesa, la giustizia e deve occuparsi delle opere pubbliche. Teoria neoclassica Teoria neoclassica (fine XIX sec. – oggi) contesto: La maggior parte delle economie occidentali si sta avviando verso un processo di industrializzazione economica senza precedenti (anche l’Italia se pur in lieve ritardo) - - - Le catastrofiche previsioni fatte da Marx (caduta del saggio di profitto) e da alcuni autori classici (Malthus) nei confronti del sistema capitalistico sembrano smentite dai fatti Il progresso tecnico, continua a favorire un costante aumento della produttività del lavoro Eso permette un continuo miglioramento dei salari reali e delle condizioni di vita della classe operaia Teoria neoclassica - - - Di fronte a tali eventi economici e alle difficoltà a cui andava incontro la spiegazione classica del profitto basata sulla teoria del valore-lavoro, il pensiero economico cerca una spiegazione alternativa (teoria neoclassica) Viene abbandonata la concezione classica del processo economico, inteso come una lotta fra classi rivali per la spartizione del prodotto/profitto. Questo mutamento ideologico è giustificato da argomenti principali, fra loro strettamente collegati. tre Teoria necolassica a) b) c) il salario tende ad allontanarsi sempre più dal livello di sussistenza: i lavoratori possono risparmiare e partecipare, sia pure in misura marginale, alla proprietà degli altri fattori produttivi (attraverso l’acquisto di case, terreni, titoli di credito ecc.) si diffonde l’istruzione che combinata con la possibilità di ottenere capitali a prestito permette a molti lavoratori di intraprendere attività imprenditoriali si afferma una classe intermedia di lavoratori, composta da impiegati, dirigenti e liberi professionisti Teoria neoclassica Teoria neoclassica (Walras, Jevons, Marshall, Pareto, Fisher, ecc.) principi: - - - il valore di un bene non può essere imputato solo al valore-lavoro e al costo che si ha per produrlo, ma va ricercato anche nella sua utilità marginale Il valore del prodotto è soggettivo al grado di soddisfazione che il consumatore attribuisce a un prodotto: è un bisogno che deve colmare e sarà decrescente man mano che egli soddisfa questo bisogno il commercio (lo scambio dei beni) è relazionato all’utilità dei beni stessi e al bisogno che se ne ha e che risulta vantaggioso per le parti di tale scambio Teoria neoclassica - - - In un mercato di libera concorrenza perfetta il prezzo dei beni è legato al rapporto domanda-offerta, espressione dell’utilità attribuita dagli agenti economici Il prezzo si determina automaticamente dopo alcuni tentativi che giungono al perfetto equilibrio tra domanda e offerta (equilibrio economico generale) le scelte ottimizzanti di tutti gli agenti si incontrano nell’equilibrio economico generale: il mercato, in assenza di asimmetrie informative, e concorrenza imperfetta, porta a un’allocazione ottimale (il mercato si autoregola). Teoria neoclassica La teoria neoclassica spiega la crescita economica non solo in termini di accumulazione di capitale fisico ma anche in virtù di altri elementi immateriali: 1) 2) lo stato delle tecnologia (l’insieme di idee e progetti che definiscono sia la gamma dei beni prodotti nell’economia sia le tecniche disponibili per produrli) il capitale umano (un’economia con molti lavoratori altamente qualificati ha probabilmente un livello di produzione più elevato di un’economia con forza lavoro prevalentemente non qualificata) Economia dell’istruzione È una disciplina che studia l’educazione, secondo una prospettiva diversa rispetto a quella assunta da altre discipline che si occupano di educazione (sociologia dell’educazione, psicologia dell’educazione, pedagogia, ecc.). In termini generali l’economia dell’istruzione è quella branca dell’economia che indaga: 1) il processo di generazione, allocazione e utilizzo delle risorse disponibili in educazione 2) il rapporto simbiotico tra educazione ed economia 3) L’influenza dell’economia sull’educazione Scopi dell’economia dell’istruzione Definire gli scopi dell’economia dell’istruzione non è un’operazione semplice trattandosi di una disciplina relativamente recente e in continua crescita. Lo scopo generalmente riconosciuto riguarda la produzione, allocazione e l’utilizzo di risorse in ambito educativo attraverso la creazione di “capitale umano” L’economia dell’istruzione in ogni caso rappresenta solo una delle possibili chiavi di interpretazione delle problematiche educative. Essa deve essere integrata con altre prospettive disciplinari: sociologia, psicologia e pedagogia. Perché studiare l’economia dell’istruzione ? - - - - - Che cosa spinge gli individui e le loro famiglie ad investire in istruzione? Come le famiglie scelgono tra diversi tipi di scuola? Che cosa guadagnerà un individuo dopo la laurea? La laurea contribuirà a rendere una persona più produttiva? L’educazione può aiutare a contenere le disuguaglianze? Esiste una relazione tra educazione e crescita economica? Come dovrebbero essere allocate le risorse pubbliche in ambito educativo? Bisogna investire maggiormente nella scuola primaria? In quella secondaria? O nell’università? Esiste una relazione tra istruzione e salute e tra istruzione e impegno civico? Altri temi dell’economia dell’istruzione - Domanda ed offerta di istruzione Demografia dell’istruzione Finanziamento dell’istruzione: le fonti e la loro distribuzione Costi-Benefici dell’investimento educativo La qualità dell’istruzione ricevuta Gli sprechi in ambito educativo La produttività del sistema educativo di un paese Il rapporto tra l’istruzione e la distribuzione dei redditi da lavoro Reticenze nei confronti dell’economia dell’istruzione Diverse sono le ragioni che spiegano il ritardo con il quale si è affermata l’economia dell’istruzione 1) Molti studiosi, di estrazione umanistica, sono restii ad accettare l’idea che gli esseri umani possano essere considerati, dal punto di vista economico, come dei capitali. Ciò che viene stigmatizzato sul piano etico-morale è considerare l’istruzione come un mezzo per creare capitale Tali considerazioni di per sé ineccepibili non sono, tuttavia, in contrasto con l’ulteriore finalità dell’istruzione intesa appunto in prospettiva professional-economicistica. Reticenze nei confronti dell’economia dell’istruzione 2) La politica non ritiene così strategico l’investimento in istruzione, come motore per lo sviluppo di un Paese, privilegiando, invece, i settori tradizionali: agricoltura, industria, trasporti, infrastrutture, ecc.. L’educazione sarebbe un settore “non produttivo”. 3) I principi di libero mercato e di competizione non valgono per l’educazione. L’educazione rappresenta un’eccezione: l’offerta di istruzione non avviene a prezzi di mercato, essendo quasi gratuita. E non c’è una reale concorrenza tra scuole. L’economia dell’istruzione giustificazione? presenta allora una Perché l’economia dell’istruzione? 1) L’aumento dei costi del sistema educativo e le forti pressioni sull’utilizzo delle ‘poche’ risorse disponibili, rendono necessari introdurre una prospettiva economica anche in educazione. 2) Esistono alti livelli di disoccupazione intellettuale, soprattutto tra i più giovani e istruiti; ma anche carenze di personale qualificato in alcuni settori economici. Probabilmente c’è un mismatch tra l’offerta educativa ed i reali bisogni dell’economia, per cui è opportuno sincronizzare le due situazioni con appropriate tecniche economiche. 3) C’è un problema di qualità dell’istruzione offerta. La scarsa preparazione scolastica può incidere sulla produttività lavorativa. Bisogna intervenire per risollevare la qualità ed. Il capitale umano OCSE: “l’insieme delle conoscenze, delle abilità, delle competenze e degli altri attributi degli individui che facilitano la creazione di benessere personale, sociale ed economico”. Viene sempre più frequentemente incluso tra le risorse economiche di un paese, insieme all’ambiente e al capitale fisico, nelle analisi sulla sostenibilità dello sviluppo. Affinché un paese cresca in maniera sostenibile nel mediolungo periodo è necessario che aumentino (o per lo meno non diminuiscano) i livelli di capitale fisico, naturale, umano e sociale Tre aspetti del capitale umano La teoria economica sottolinea tre aspetti distinti del capitale umano: 1) 2) 3) è possibile definire ed, in qualche modo, misurare il capitale umano come stock di conoscenze, abilità e competenze possedute da una persona; questa grandezza è un input importante, anche se non unico, della produzione del reddito (e di altre componenti del benessere degli individui e della società); questa grandezza è un output esso stesso producibile e accumulabile a seguito di esplicite decisioni di investimento. Due precisazioni sul capitale umano A) il capitale umano pur essendo fortemente influenzato dall’insieme delle abilità innate individuali, non coincide solo con esse: - esso è producibile e accumulabile: contano quindi le scelte personali ma anche tutta una serie di istituzioni, in primis la scuola, in grado di incidere sulla produzione del capitale umano degli individui B) il capitale umano non si identifica col differenziale di reddito e produttività esistente tra le persone: - ha un peso nello spiegare questi differenziali reddito/produttività, ma non si configura con essi. di Fenomeni che spiegano l’importanza del capitale umano Negli ultimi tempi almeno tre fenomeni hanno contribuito ad accrescere l’importanza del capitale umano: 1) La globalizzazione economica 2) La terziarizzazione dell’economia 3) Le tendenze demografiche Globalizzazione economica La globalizzazione ha sollecitato la migrazione di molte attività economiche, soprattutto quelle ad alta intensità di lavoro poco specializzato e governabili anche a distanza (offshorable), dai paesi avanzati a quelli in via di sviluppo. La maggiore interconnessione tra attività economiche svolte in diverse aree del mondo e resa possibile dai progressi delle (ICT), ha inoltre accresciuto l’importanza di dominare tali tecnologie e delle capacità relazionali Per sopportare la forte pressione competitiva è necessario puntare su produzioni nuove, fondate sulla conoscenza e sul capitale umano, e di far parte di una rete di network mondiali, evitando di rimanere relegati all’ambito locale Globalizzazione economica Manifesto di questo indirizzo è stata la dichiarazione di Lisbona del 2000 che poneva l’obiettivo di fare dell’Europa “l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo”. La conoscenza è un fattore critico con cui l’Europa può garantirsi un vantaggio competitivo Ciò che conta è la capacità di innovare e di utilizzare le proprie basi conoscitive per creare competenze distintive. Fattore cruciale, in tale ambito, è il potenziamento degli investimenti e dell’uso di ICT, e l’attenzione al capitale umano. Terziarizzazione dell’economia I cambiamenti nelle tecniche di produzione seguiti alla diffusione delle ICT hanno stimolato la trasformazione del tessuto economico dei paesi industrializzati Negli ultimi 50 anni lo sviluppo dei paesi avanzati è stato caratterizzato da una riduzione progressiva del peso dei settori primario (agricoltura) e secondario (industria), e ad una crescita continua del settore dei servizi (terziario) L’indice di terziarizzazione dell’economia ha quasi superato il 70% negli USA e UK e si colloca tra il 60 e il 70% in Italia. All’aumento dei servizi ha fatto riscontro una diminuzione degli impiegati nella trasformazione materiale dei prodotti Terziarizzazione dell’economia Questa tendenza, a sua trasformazione del lavoro: - - volta, ha determinato una si è ridotta l’importanza di caratteristiche quali la forza fisica dei lavoratori e la dimestichezza nel maneggiare un determinato strumento è cresciuto il ruolo delle competenze professionali (competenze informatiche, linguistiche, creatività, problem solving) che permettono al lavoratore di fronteggiare situazioni complesse ed inedite. Più in generale si è assistito ad una progressiva riduzione di lavoratori poco qualificati a favore di quelli più istruiti. Tendenze demografiche Nei paesi avanzati è in corso una modifica della struttura demografica delle società Si assiste al progressivo invecchiamento della popolazione, causato dal calo delle nascite e dalla maggiore longevità delle persone. Gli ultra 65-enni dell’area OCSE nel 2010 erano circa il 18% (Italia 21%) della popolazione complessiva. Secondo stime OCSE nel 2050 le persone con più di 65 anni saranno circa un quarto della popolazione (25%). Lo squilibrio demografico determinerà una maggiore pressione fiscale per finanziere la crescente spesa pensionistica e sanitaria; mentre la riduzione della popolazione attiva causerà un calo del reddito e dei consumi pro capite. Tendenze demografiche Il progressivo invecchiamento della popolazione tenderà a causare: a) una minore quota complessiva di persone attive; b) una maggiore partecipazione delle coorti più anziane; c) scarsità di lavoro specie per i più giovani. Tra gli interventi necessari per compensare tale tendenza, importate risulterà l’investimento in capitale umano: - - sia per i giovani, al fine di reperire un’occupazione in un mercato del lavoro sempre più competitivo e precario; sia per le fasce di popolazione più anziane, costrette, per l’allungamento delle carriere, ad aggiornarsi costantemente per non perdere il posto di lavoro