Tre mostre su Matilde di Canossa in Emilia e nel Mantovano «Per grazia di Dio» con il Papa E per la libertà della Chiesa di Giovanni Lajolo Cardinale, Presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano L'odierna presentazione in Vaticano ha la sua giustificazione non solo e non tanto per il prestito di un arazzo della serie Barberini di Urbano VIII, raffigurante Matilde che dona i suoi beni al Papa, e per il prestigio degli stessi Musei vaticani, ma ancor più per la vicinanza storica e spirituale di Matilde al Papato. La sua vita appare come in vario modo intrecciata con quella di diversi Pontefici, da Papa Leone IX, parente di entrambi i genitori di Matilde, ai Papi Vittore II, Stefano IX, Benedetto X, e Alessandro II; ma i suoi rapporti con la Sede Apostolica hanno un imperituro significato soprattutto per la parte attiva di mediatrice e conciliatrice da lei svolta nel dissidio tra Enrico IV e Gregorio VII, ed insieme per il suo ruolo di garante della tutela fisica di quel grande Pontefice, nel celebre episodio dell'andata a Canossa di Enrico IV, sul finire del gennaio 1077. Alla sua morte, avvenuta all'età di 69 anni, il 24 luglio 1115, a Bondeno, Matilde venne sepolta, secondo la sua volontà, nell'Abbazia di San Benedetto in Polirone (oggi San Benedetto Po), fondata nel 1007 dal suo avo Tedaldo. Nel 1613 la sua salma venne traslata per volere di Paolo V a Roma, a Castel Sant'Angelo, per trovare poi definitiva sistemazione, nel 1633, nella Basilica di San Pietro in Vaticano, nella tomba ad essa dedicata su disegno del Bernini, per cura di Urbano VIII. Essa vi è raffigurata in atteggiamento sovrano, con il braccio destro levato e lo scettro fermamente serrato in pugno, e con le chiavi di Pietro e la tiara papale tenute, con gesto quasi di amorevole protezione, sul braccio sinistro La dedica posta sotto di essa dice: Urbanus VIII Pont. Max. Comitissae Mathildi virilis animi foeminae, Sedis Apostolicae propugnatrici, pietate insigni, liberalitate celeberrimae, huc ex mantuano Sancti Benedicti coenobio translatis ossibus gratus aeternae laudis promeritum monumentum posuit anno millesimo sexcentesimo trigesimo quinto. Post mortem, come in vita, Matilde è dunque indissolubilmente legata alla Sede di Pietro. La tematica evidenziata offre - come non percepirlo? - più di uno spunto a riflettere anche sul tema dell'odierna politica del territorio, politica, direi, preliminare ad una seria politica per l'uomo. Si tratta di un tema, a mio avviso, troppo trascurato, per non dire assente dai dibattiti politici a cui siamo abituati. Di prevalente interesse è però il percorso che focalizza le tensioni nei rapporti tra Papato e Impero, ed il singolare ruolo che Matilde svolse come mediatrice nel dissidio tra Enrico IV e Gregorio VII: singolare, anche perché, come mediatrice stava in maniera non equivoca dalla parte del Pontefice. I tempi erano già sufficientemente turbolenti, per tutta una serie di circostanze, e la lotta delle investiture, cioè il dissidio sul ruolo del Papa e dell'Imperatore nella nomina e nell'insediamento dei vescovi, accendeva ancor più gli animi. Eppure fu quello un dissidio salutare, e non solo per il Papato, cioè per la Chiesa, che pervenne ad ottenere il riconoscimento di alcuni suoi inalienabili diritti, ma, per vero, anche per il potere imperiale, cioè per lo Stato. Si ebbe allora, infatti, una svolta determinante nella lunga, lunghissima via verso la separazione fra Chiesa e Stato ovviamente allora non inteso nei termini concettuali moderni - e nel conseguimento di comuni convincimenti circa l'alterità della sfera religiosa da quella politica e le conseguenze a livello istituzionale. Converrà non dimenticare da dove il cammino veniva. Veniva dall'Imperatore Romano, che rivestiva anche la qualifica di Pontifex Maximus; e da Costantino il Grande, che non rinunciò a quel titolo pagano - questo avvenne solo con Graziano nel 382 - ma rispetto al cristianesimo si qualificava Epìscopos tòn ektòs (Episcopus ad extra); il cammino era passato attraverso la dissoluzione dell'Impero Romano d'Occidente, che aveva immesso il Romano Pontefice in un imprevedibile ruolo socio-politico, sostitutivo del potere civile, certo concettualmente non così limpido. Aveva raggiunto, quel lungo cammino, una nuova meta con Carlo Magno, incoronato Imperatore dei Romani da Leone III nel Natale dell'800, con una conseguente primazialità spirituale del Papa sull'Imperatore, ma anche con una pesante tutela politica dell'Imperatore sul Papa; e aveva ricevuto nuove e non del tutto gratificanti esperienze con la concezione restauratrice del primato del Potere Imperiale da parte degli Ottoni di Sassonia, ed in particolare di Ottone III. Insomma tutta la storia precedente all'epoca di Matilde - per indicare solo alcuni momenti più noti - era sostanziata di intrecci e sovrapposizioni dottrinali e giuridiche, che non potevano non essere fonti di pressoché inestricabili equivoci. Il dissidio delle Investiture, frutto maturo ed ormai cadente dei precedenti sviluppi, raggiunse il suo apice con Gregorio VII, e si sarebbe poi concluso con il compromesso del cosiddetto Concordato di Worms tra Callisto II ed Enrico V nel 1122. Questo fu il momento decisivo della scissione delle competenze, e quindi di avvio ad una chiarificazione. Ma altri momenti, non meno tempestosi, sarebbero seguiti. Ne cito solo alcuni, in qualche modo più rappresentativi. La riforma protestante e le guerre di religione, con la conseguente imposizione del principio del cuius regio eius et religio, storicamente pacificante, ma giustamente mai accettato da Roma; e poi l'Illuminismo, spregiatore della Chiesa, e la rivoluzione francese, che ne maturò i frutti più velenosi; e via via, attraverso non pochi altri passaggi storici e dottrinali, fino alla presa di Roma da parte dei Piemontesi, nel 1870, con la definitiva soppressione dello Stato Pontificio, accompagnata per altro in Italia, come in altri Stati europei, da un aggressivo giurisdizionalismo nei confronti degli aspetti temporali delle istituzioni ecclesiastiche: quasi un ritorno di fiamma di passate ingerenze imperiali. Turbolenze della storia. Ma attraverso di esse si acuiva l'autocoscienza della Chiesa e si chiariva ed affinava l'elaborazione delle dottrine. Il terminus ad quem - almeno dottrinale - di questo turbolento movimento, lo si è avuto, per quanto concerne la Chiesa, nel Concilio Vaticano II, il quale ha stabilito, con formula pregnante, che "la Chiesa e la comunità politica sono autonome l'una dall'altra nel proprio campo" (Gaudium et spes, 76); formula che riprende quasi alla lettera il dettato della 2 Costituzione della Repubblica italiana, articolo 7, co. 1, a sua volta elaborato non senza l'ausilio di formulazioni del tradizionale Ius publicum ecclesiasticum. Una considerazione conclusiva mi pare si possa ricavare dai pur frammentari squarci storici, ed è questa: dalle lotte per le investiture, come dai successivi contrasti tra Stato e Chiesa, e così, confido, anche dalle presenti polemiche, rapporti più limpidi potranno emergere a vantaggio della libertà di tutti e di una più fruttuosa collaborazione fra Chiesa e Stato. Le mostre, che si apriranno a Mantova e a Reggio Emilia, potranno offrire un buon contributo, atto a far riemergere la figura di Matilde dal nembo mitico che la circonda, nella sua realtà palpitante: nella sua vita privata, di donna colpita da gravi afflizioni familiari; nella sua attività politica, di domina accorta e tenace, attenta alla realtà sociale e generosa di fronte ai bisogni materiali e spirituali delle sue genti, e di stratega audace e vittoriosa, in campo politico come in campo militare; e nei suoi rapporti con la Chiesa, di anima profondamente religiosa, devota alla Sede Apostolica ed anche, nel difenderla, maternamente forte, come non aveva potuto esserlo con la prole, che le mancò. Rivelativo della sua personalità, consapevolmente fiera ed umile, è la sua firma, dove attorno ad una croce si potevano leggere le parole: Mathilda Dei gratia quid est, "Matilde, per grazia di Dio, ciò che è". È la persona che si qualifica non per i titoli, ma per il rapporto a Dio, e non già astratto, ma calato nella storia. (©L'Osservatore Romano - 31 maggio 2008) 3