Michele Rismondo [email protected] Insegnamento di BIOLOGIA, ANATOMIA E MORFOLOGIA VEGETALE Argomento 11: SPERMATOFITE e GIMNOSPERME Spermatofite Paesaggio ed evoluzione (Pteridofite - Siluriano) La colonizzazione delle terre emerse iniziò nel Siluriano (435-395 m.a.). I primi fossili (420 m.a.) appartenevano al gruppo delle Rhyniopsida, avevano fusticini dicotomici, sporangi apicali ed erano prive di foglie e di vere radici. Nel devoniano (395-345) si verificò un grande aumento delle piante vascolari: comparvero infatti capostipiti delle licofite (licopodi), sfenofite (equiseti), felci e Progimnosperme, ritenute le antenate delle piante con semi, radici, foglie, habitus arboreo. Queste piante presentavano accrescimento secondario (con tracheidi) e sporangi terminali con parete ispessita. I caratteri citati portano direttamente alle prime Spermatophyta. Ecco quindi che questo gruppo sembra essere il collegamento diretto tra le pteridofite più primitive e le prime spermatofite Pteridofite e Gimnosperme (Carbonifero-Giurassico) Nel carbonifero (345-280) il clima uniformemente caldo-umido generò estese paludi abitate da fitte foreste di piante arboree, alcune delle quali superavano i 50m. Tali foreste erano principalmente costituite da licopodi arborei, felci, spermatofite arboree con organi riproduttivi simili a quelli delle conifere attuali, ed infine le prime cicadee (gimnosperme simili a felci arboree). Alla fine del permiano (280-225), in seguito all'aumento dell'aridità e alla riduzione delle temperature si ebbe una grande estinzione di massa e si affermarono nuovi gruppi vegetali (equiseti erbacei), felci di nuovi gruppi giunti sino ad oggi, gimnosperme tra cui le prime ginkgofite. Nel triassico (225-195) si instaurò un clima caldo ma più asciutto ed iniziò la separazione delle masse continentali e la conseguente apertura degli oceani in senso latitudinale. Erano largamente presenti le pteridosperme, molto abbondanti nei depositi fossiliferi dell'emisfero sud, che si estinsero alla fine del triassico. Nel giurassico (195-141) iniziò l'apertura degli oceani in senso longitudinale. Il clima era probabilmente abbastanza caldo e piovoso. La vegetazione era composta da licopodi, felci, equiseti, gimnosperme (oltre alle cicadee e ginkgofite comparvero tutti i gruppi ancor oggi viventi, comprese le pinaceae). L’affermazione delle prime Angiosperme (dal Pliocene al Quaternario) Nel cretaceo (141-65) si raggiunse la massima espansione delle conifere con decadenza invece delle cicadee e ginkgofite. Il fatto più saliente fu comunque la rapidissima diffusione delle antofite (pollini fossili riferibili a piperales e magnoliales) che divennero dominanti alla fine del periodo. Con l'inizio del terziario (paleocene 65-54) si consolidano i cambiamenti climatici dovuti alla frammentazione e deriva delle masse continentali: formazione delle due aree polari, formazione di catene montuose quali le Alpi e l'Himalaya, fasce climatiche disposte alle varie latitudini. Nell'emisfero nord nelle regioni oggi a clima temperato, dominavano foreste pluviali sempreverdi. A nord di queste (in corrispondenza dell'attuale Alaska e Groenlandia) si trovavano boschi misti di conifere e latifoglie decidue. L’affermazione delle prime Angiosperme (dal Pliocene al Quaternario) Nella seconda metà dell‘eocene (54-38) e nell'oligocene (38-25) si verificò un abbassamento delle temperature e si determinò una forte stagionalità climatica con il ritiro a latitudini inferiori delle flore. Nel miocene (25-7) si verificò un rialzo termico e nel pliocene (7-2.5) un nuovo abbassamento delle temperature che raggiunse il culmine con le ripetute glaciazioni del quaternario. Ormai la flora era rappresentata dagli attuali gruppi vegetali, che andavano a costituire tipi di vegetazione che durante le fasi glaciali e interglaciali subivano discese e risalite in senso longitudinale. Evoluzione delle piante L’ipotesi attuale sulla filogenesi delle Spermatophyta può essere così riassunta: 1. Le spermatofite si sono originate nel Devoniano superiore attraverso le progimnosperme isosporee ed eterosporee. Esse non risalgono quindi alle pteridofite eusporangiate o alle licopodiate, ma si sono sviluppate parallelamente a queste e ad altre pteridofite superiori 2. La derivazione comune dalle progimnosperme spiega le numerose somiglianze tra Coniferophytina e Cycadophytina giustificando la conservazione del taxon Sparmatophyta (ciò viene confermato anche da alcune analisi del DNA) La sistematica delle Spermatophyta ha considerato da sempre Gymnospermae e Angiospermae come sottodivisioni equivalenti, ma oggi si sa che le Gymnospermae derivano dalle Progymnospermae e che si sono originate, quasi subito, due linee evolutive indipendenti rappresentate dalle Coniferophytina e dalle Cycadophytina Le Gymnospermae rappresentano un taxon monofiletico di valore filogenetico in quanto Coniferophytina, Cycadophytina, Gnetofite e Ginkgofite derivano da progenitori comuni, probabilmente anche alle Angiospermae. Linee evolutive delle spermatofite Evoluzione dello sporofito e del gametofito nelle piante terrestri Briofite Pteridofite Spermatofite LE SPERMATOFITE Le SPERMATOFITE o FANEROGAME sono piante vascolari dotate di OVULO, struttura esclusiva e nuova in termini evolutivi, dal quale si sviluppa il SEME (dal greco sperma) Le spermatofite rappresentano il gruppo più numeroso di piante vascolari con circa 240.000 specie viventi Esse costituiscono un gruppo monofiletico avente come caratteristiche la presenze del SEME, MACROSPORANGI avvolti da tegumenti, legno prodotto da un meristema secondario (CAMBIO) e ramificazione ascellare Spermatophyta Caratteri innovativi Polline Cono (o strobilo) maschile di pino (Gimnosperme), in sezione longitudinale, contenente le sacche polliniche all’ascella delle squame Cono (o strobilo) femminile di pino (Gimnosperme) in sezione longitudinale, contenente gli ovuli all’ascella delle squame Ovulo Struttura fiorale ermafrodita di angiosperma con polline contenuto nelle antere (stami) Struttura fiorale ermafrodita di angiosperma con il pistillo contenente gli ovuli nella parte basale (ovario) Tutte le piante a seme presentano un ciclo aplodiplonte eteromorfo in cui lo sporofito diploide domina nel tempo e nello spazio sul gametofito aploide. Le spermatofite sono tutte piante ETEROSPOREE e pertanto produce MICROSPORE (ANDROSPORE) e MACROSPORE (o MEGASPORE o GINOSPORE) all’interno di un MICROSPORANGIO (SACCA POLLINICA) o di un MACROSPORANGIO (o MEGASPORANGIO) o NUCELLA, che non si apre a maturità Le ANDROSPORE che hanno già iniziato la germinazione sono note come GRANULI DI POLLINE Le GINOSPORE con i gametofiti femminili da esse prodotti sono avvolte da complessi di cellule che nel loro insieme costituiscono l’OVULO L’OVULO a maturità conterrà il GINOGAMETE che, a seguito dell’atto gamico, produrrà un EMBRIONE mentre l’OVULO stesso si trasformerà in SEME Il SEME costituisce una novità di estrema importanza sia per la diffusione della specie (DISSEMINAZIONE) sia per il fatto che, entrando in QUIESCENZA, consente alla pianta (EMBRIONE) si sopportare senza danni anche lunghi periodi di condizioni sfavorevoli (SEME COME STRUTTURA O DISPOSITIVO DI RESISTENZA) Il GRANULO POLLINICO è omologabile ad una MICROSPORA già germinata di una pteridofita eterosporea. Esso viene formato da CELLULE MADRI DEL POLLINE per meiosi con produzione di 4 meiospore aploidi (ANDROSPORE) all’interno di una cavità (SACCA POLLINICA) che corrisponde ai MICROSPORANGI delle pteridofite eterosporee Si forma così, all’interno della SACCA POLLINICA, un minuscolo GAMETOFITO maschile che rimane confinato all’interno dell’ANDROSPORA cui viene dato, a questo punto, il nome di GRANULO POLLINICO IL POLLINE Sviluppo del granulo pollinico La formazione dei gametofiti maschili inizia quando i granuli pollinici uninucleati si trovano ancora nelle sacche polliniche e si conclude dopo l’IMPOLLINAZIONE degli organi femminili All’interno del granulo pollinico si ha un divisione diseguale con la formazione di una CELLULA VEGETATIVA, che riempie il granulo pollinico, ed una CELLULA GENERATIVA (più piccola). Mentre la cellula vegetativa sviluppa il TUBETTO POLLINICO la cellula generativa si divide ulteriormente a formare le CELLULE SPERMATICHE. In numerose gimnosperme e i tutte le angiosperme le cellule spermatiche funzionano direttamente da gameti maschili aflagellati. L’OVULO L’OVULO può essere ricollegato al macrosporangio di una pteridofita eterosporea in cui sono avvenute però particolari modifiche strutturali atte innanzitutto ad aumentare la protezione contro il disseccamento delle ginospore e, in secondo luogo, a facilitare la cattura del granulo di polline e assicurarne la germinazione. La protezione contro il disseccamento si ottiene con la produzione di un involucro protettivo (TEGUMENTI DELL’OVULO) che avvolge il corpo centrale (NUCELLA) corrispondente al macrosporangio. L’ORIGINE DELL’OVULO MODELLO DI ANDREWS Secondo questo modello evolutivo l’OVULO si sarebbe differenziato progressivamente da uno sporangio che, all’inizio, era avvolto da una serie di filamenti verticillati. Se i filamenti concrescono tra loro riunendosi in modo sempre più ampio si forma il tipico ovulo delle gimnosperme, costituito dalla NUCELLA avvolta completamente dai TEGUMENTI e comunicante con l’esterno attraverso una minuscola apertura apicale detta MICROPILO L’ORIGINE DELL’OVULO MODELLO DI BENSON Il punto di partenza del modello evolutivo è costituito dagli sporangi apicali di pteridofite simili a Rhynia La formazione dell’ovulo sarebbe avvenuta attraverso le seguenti tappe 1. Raccorciamento dei rami apicali fertili e sterili 2. Prevalente sviluppo di un solo sporangio apicale 3. “Sterilizzazione” degli altri rami apicali circostanti 4. Appiattimento e concrescimento dei rami apicali sterili con formazione del tegumento dell’ovulo mentre la nucella deriverebbe dallo sporangio La struttura di un OVULO maturo varia considerevolmente nei vari taxa delle spermatofite, tuttavia come schema strutturale può essere adottato il seguente. L’OVULO ha forma ovoidale, è retto da un peduncolo chiamato FUNICOLO e consiste in un nucleo di tessuto compatto (NUCELLA) al cui interno sono contenute, le GINOSPORE e, a maturità, il GINOGAMETE. All’esterno si trovano 1 o 2 involucri detti TEGUMENTI. Questi lasciano aperto un accesso alla NUCELLA detto MICROPILO Come nelle sacche polliniche anche nella NUCELLA si sviluppa una cellula madre del sacco embrionale. Durante la meiosi si formano dapprima 4 cellule aploidi uninucleate del sacco embrionale delle quali solitamente 3 regrediscono. Ne rimane una sola (MEGASPORA). La cellula rimasta non abbandona il suo SPORANGIO. All’interno della cellula avviene lo sviluppo del MEGAPROTALLO per la libera divisione del nucleo in uno strato plasmatico aderente alla parete. Sul polo rivolto al MICROPILO si sviluppano gli archegoni che affondano nel tessuto del protallo e che sono composti da una grande OOSFERA e da numerose cellule accessorie. L’IMPOLLINAZIONE strobili maschili I granuli pollinici devono essere trasportati dalle sacche polliniche in prossimità degli ovuli (MICROPILO) o delle strutture che li contengono (STIGMA DEI CARPELLI) dove possono germinare Tale processo si chiama IMPOLLINAZIONE L’impollinazione può avvenire tra fiori di diversi individui di una specie e prenderà il nome di IMPOLLINAZIONE INCROCIATA o ALLOGAMIA o nell’ambito dello stesso individuo e prenderà il nome di AUTOIMPOLLINAZIONE (o AUTOGAMIA se nello stesso fiore) Nelle specie monoiche si sono instaurati meccanismi che riducono od ostacolano l’AUTOGAMIA: INCOMPATIBILITA’ GENETICA e SEPARAZIONE SPAZIALE O TEMPORALE (sviluppo successivo) degli elementi fiorali maschili e femminili strobili femminili anemofila La forma originaria di impollinazione delle spermatofite primitive è senza dubbio l’ANEMOFILIA (ANEMOGAMIA) che consiste nel trasporto del polline ad opera del vento (come nelle pteridofite) La difficoltà del trasporto diretto sugli OVULI viene superata mediante una grande produzione di polline oppure grazie alla possibilità dei granuli pollinici di essere trasportati dal vento per la loro leggerezza e piccola dimensione o per la presenza di espansioni (sacche aerifere) che aumentano la superficie da offrire al vento. I fiori delle spermatofite gimnospermiche primitive sono occasionalmente visitate dagli animali che si nutrono con il polline oppure che usano i fiori femminili per deporre le uova. Questi labili rapporti sono stati intensificati con l’evoluzione infatti già nelle Cycadales il polline è odoroso e colorato. In alcune gimnosperme primitive, ma soprattutto nelle angiosperme tale rapporto è diventato regolare e obbligato dando origine alla ZOOFILIA (ZOOGAMIA) L’enorme vantaggio della zoofilia consiste nel trasporto diretto del polline che consente di ridurre le quantità e di avere efficaci dispersioni anche in condizioni di bassa ventilazione e popolazioni ridotte zoofilia Impollinazione zoogama Avviene ad opera di animali appartenenti a diverse categorie: Insetti (entomogama) Uccelli (ornitogama) Pipistrelli (chirotterogama) In molti casi si è verificata una coevoluzione di piante e animali impollinatori LA FECONDAZIONE La germinazione dei granuli pollinici e l’ulteriore sviluppo del gametofito ♂ iniziano nella camera pollinica all’apice della NUCELLA, nel micropilo dell’ovulo (nelle gimnosperme) e sullo stigma del carpello (nelle angiosperme) La fecondazione è affidata al TUBETTO POLLINICO che si allunga fino a raggiungere il gametofito ♀ attraverso la NUCELLA. A questo punto avviene la fecondazione: uno spermatozoide (o una cellula spermatica che esce dal budello pollinico) penetra nell’OOSFERA. Dopo la decomposizione della membrana cellulare i citoplasmi si uniscono e infine avviene la cariogamia che completa la formazione dello zigote. Nelle gimnosperme passano mesi e a volte anche più di un anno tra impollinazione e fecondazione. Nelle angiosperme per lo più solo giorni o ore. A partire dallo zigote si forma l’EMBRIONE avvolto da un tessuto nutritizio (ENDOSPERMA). L’OVULO maturo e separato dalla pianta madre è chiamato SEME. embrione Innovazioni del seme • E’ una struttura costituita da strati di tegumento che contengono al loro interno un tessuto di riserva e l’embrione • Consente all’embrione di essere indipendente nel tempo e nello spazio rispetto alla pianta che lo ha generato • Tramite la disseminazione può essere portato a notevole distanza e germinare quando le condizioni sono favorevoli Gimnosperme APPARATI VEGETATIVI • piante legnose inizialmente arboree e successivamente anche arbustive • fusto con accrescimento monopodiale, ramificato nei 2/3 superiori o simpodiale • legno omoxilo (sia nelle forme fossili che in quelle attuali) Evoluzione della foglia • Fronda-foglia (Cycas) - presenta una struttura simile, anche se semplificata, a quella delle fronde delle Pteridofite • A ventaglio (Ginkgo) - ancora piuttosto arcaica, simile a quella del capelvenere • Aghiforme (Pinus) - allungate a sezione cilindrica Evoluzione della foglia • Aciculare compressa (Abies, Taxus) • Squamiforme (Cupressus, Juniperus) • Appiattita con nervatura centrale e ramificazioni laterali (Gnetophyta) Taxus Cupressus Gnetum Apparati riproduttori Macro e microsporangi •I microsporangi sono organizzati in sacche polliniche • Il macrosporangio (nucella) è quasi completamente avvolto da tegumenti a protezione dell’ovulo • Sacche polliniche e ovuli sono portate all’interno di particolari foglie dette macro e microsporofilli unisessuali (detti anche strobili). Le sacche polliniche sono portate da foglie (microsporofilli) molto grandi e più volte divise, simili a foglie normali, oppure da foglie più o meno trasformate in squame Araucaria Cycadaceae Macromazia Pinus 1 Juniperus 2 Tsuga 3 Picea Sezione di strobilo maschile di Pinus Granulo pollinico cellula protallica cellula generativa cellula del tubo sacco aerifero Gli ovuli Anche gli ovuli sono portati da foglie più o meno trasformate (macrosporofilli, spesso disposte a spirale su un asse ingrossato (strobilo) L’ovulo è costituito da un macrosporangio (nucella) avvolto da un (raramente 2) tegumento che lascia però libera una piccola porzione apicale (micropilo) Sezione strobilo femminile (Pinus) Infiorescenze femminili, strobili (Pinus) Maturazione dell’ovulo • Differenziazione di una “cellula madre delle ginospore” • meiosi con formazione delle meiospore • mitosi di una delle meiospore con la formazione di un protallo aploide o endosperma primario (le altre 3 degenerano) • Formazione delle pareti cellulari • Sul protallo, nutrito dalla nucella, si formano uno o più archegoni • Alla base di ogni archegonio si origina un grosso gamete femminile (ovocellula) Impollinazione e fecondazione • Nelle Gimnosperme l’impollinazione consiste nel trasporto del polline dalle sacche polliniche all’ovulo. • Tale trasporto è affidato al vento (impollinazione anemogama) e, in alcuni casi, facilitata dagli insetti pronubi (impollinazione entomogama) • A contatto col micropilo il polline completa la sua maturazione con la formazione, a partire dalla cellula anteridiale, dei gameti maschili (2 nuclei spermatici) • Nelle forme più primitive, con gameti ciliati si forma anche la camera pollinica • Il granulo di polline emette poi un tubetto pollinico attraverso il quale i nuclei spermatici raggiungono gli archegoni • I nuclei spermatici seguono un percorso lungo e tortuoso che ha la funzione di impedire il processo di autofecondazione Disseminazione • Avviene prevalentemente per mezzo del vento (anemocora) ed è facilitata dalla presenza di espansioni alari • In alcune specie, durante la maturazione si formano tessuti carnosi e colorati vivacemente (arilli) che hanno la funzione di favorire la disseminazione zoocora Ala Tegumento Embrione Endosperma Ginkgo Taxus Gnetum CICLO Ciclo aplodiplonte con alternanza di generazioni antitetiche eteromorfe Michele Rismondo [email protected] Insegnamento di BIOLOGIA, ANATOMIA E MORFOLOGIA VEGETALE Approfondimento: GIMNOSPERME Sistematica Pteridospermophyta Lyginopteridales Medullosalles Cycadales Glossopteridales Caytonales Bennettitales Cycas revoluta Gingkophyta Gnetophyta Coniferophyta Ginkgo biloba Divisione CONIPHEROPHYTA Pinus halepensis CONIFEROPSIDA Ordine Taxales FamigliaTaxaceae Ordine Pinales Famiglia Aracauriaceae Famiglia Pinaceae Famiglia Cupressaceae Classe Cupressus sempervirens Juniperus communis Taxus baccata Picea excelsa Lyginopteridales, Medullosalles, Caytonales, Glossopteridales, Bennettitales • Gimnosperme estinte, delle quali esistono solo forme fossili • Macrofossili di Caytonales sono stati rinvenuti anche in Sardegna Sagenopteris nilsoniana Pteridospermopsida, Caytoniales impronta fogliare isolata Giurassico, Liass Germania, Strullendorf Cycadales - Cycas GEN. CYCAS Il genere Cycas appartiene alla famiglia delle Cycadaceae e comprende piante molto antiche che hanno conservato le loro caratteristiche nel tempo. Sono originarie dell'Asia tropicale, della Polinesia, dell'Africa orientale e dell'Australia. L'aspetto e la forma ricordano le palme: sono formate da un tronco centrale alla cui sommità si trova un ciuffo di foglie pennate formate da numerose foglioline. La particolarità di tutte le specie del genere Cycas è che sono specie dioiche vale a dire piante che portano solo fiori femminili e piante che portano solo fiori maschili. Il fiore è l’unico carattere distintivo tra le due tipologie di piante. I fiori maschili, chiamati microsporofilli, sono inseriti a spirale su un asse allungato, formante uno strobilio con i singoli microsporofilli di solito squamiformi che portano le sacche polliniche (microsporangi) sparsi o riuniti in gruppi. I fiori femminili sono chiamati macrosporofilli e sono riuniti anche loro in strobili terminali che compaiono alla sommità del fusto come dei densi aggregati di foglie dove gli ovuli si formano ai margini (macrosporangi). In natura sono impollinate ad opera del vento o degli insetti. Il frutto è una falsa drupa che porta un grosso seme di colore rosso-bruno che si sviluppa lentamente durante l'estate e viene raccolto all'incirca a gennaio - marzo dell'anno successivo quando diventerà da giallo pallido ad arancio-rosso. Fiore femminile Frutto Fiore maschile CYCAS REVOLUTA La Cycas revoluta è originaria dell'Indonesia, della Cina e del Giappone e rispecchia tutte le caratteristiche tipiche del genere: crescita lenta, fronde verde intenso che hanno un portamento ripiegato verso il basso. In genere nei nostri climi non superano i 3 m di altezza se coltivate all'aperto e 1.5m al chiuso. E' la specie più coltivata in Italia e sono quasi tutti individui femminili. Cycas Cycadales - Zamia GEN. ZAMIA Provenienza: America (dalla Florida ai Caraibi e alla parte settentrionale del Sud America). Descrizione: comprende più di 60 specie, tra cui alcune delle cicadine più minute, che di solito hanno uno stelo corto sotterraneo o superficiale e foglie arcuate divise in foglioline più o meno numerose, per lo più lisce, spesso con i margini dentati o seghettati. I coni maschili e femminili sono prodotti da piante separate e hanno forma diversa. Gli steli di alcune specie sono una fonte di amido usato per scopi alimentari. E' il più vasto e diversificato tra i generi americani di cicadine. Zamia Zamia Zamia furfuracea: è originaria della costa orientale del Messico; le giovani foglie sono inizialmente giallo chiaro, progressivamente diventano verde oliva e si ricoprono di una peluria rossastra. Man mano che cresce sviluppa coppie di foglie e, a fine sviluppo, ogni stelo, lungo fino a 1 metro, ha due dozzine simmetriche di foglie, poste a 45°. Ha fusto tozzo, in parte sotterraneo, non ramificato, e funge da serbatoio di acqua nelle stagioni secche. Zamia variegata: presenta foglie multicolori (verdi con screziature gialle). Zamia pumila: originaria delle praterie e delle foreste rade dell'intera regione caraibica, che si sviluppa da steli sotterranei molto ramificati. Le foglie coriacee di colore verde scuro, simili alle fronde delle felci, sono da erette a espanse e lunghe meno di 1 metro. I coni maschili sono cilindrici e quelli femminili ovoidali Ginkgophyta • A questo stipite appartiene una sola specie, originaria della Cina ed ormai coltivata a scopo ornamentale in tutto il mondo • Gikgo biloba è un albero dioico con foglie bilobe a nervatura dicotomica caduche • Presenta numerosi caratteri primitivi Ginkgo biloba PORTAMENTO È una pianta arborea che raggiunge un'altezza di 30-40 m, chioma larga fino a 9 m, piramidale nelle giovani piante e ovale negli esemplari più vecchi. Il tronco presenta rami sparsi da giovane, più fitti in età adulta, branche principali asimmetriche inclinate di 45°, legno di colore giallo. I rami principali (macroblasti) portano numerosi rametti più corti (brachiblasti), sui quali si inseriscono le foglie e le strutture fertili. La corteccia è liscia e di color argento nelle piante giovani, diventa di colore grigio-brunastro fino a marrone scuro e di tessitura fessurata negli esemplari maturi. Ginkgo biloba FOGLIE Ha foglie decidue, di 5-8 cm, lungamente picciolate a lamina di colore verde chiaro, che in autunno assumono una colorazione giallo vivo molto decorativa, dalla forma tipica a ventaglio (foglia labelliforme) leggermente bilobata e percorsa da un numero elevato di nervature dicotome. La morfologia fogliare varia a seconda della posizione e dell'età: le plantule hanno foglie profondamente incise, le foglie portate dai brachiblasti hanno margine interno e talvolta ondulato, le foglie portate dai macroblasti sono spesso bilobate. Ginkgo biloba FIORI È una pianta dioica cioè che porta strutture fertili maschili e femminili separate su piante diverse. Negli strobili maschili i microsporangi sono portati a coppie su microsporofilli, disposti a spirale su un asse allungato. L'impollinazione è anemofila. Negli strobili femminili gli ovuli, inizialmente due, si riducono ad uno solo nel corso dello sviluppo e sono portati su peduncoli isolati. Le piante femminili dunque, a differenza della maggior parte delle Gimnosperme (in particolare delle Pinophyta), non producono coni propriamente detti ma strutture analoghe a questi. La fioritura è primaverile. Tra impollinazione e fecondazione intercorrono alcuni mesi. La fecondazione avviene a terra all'inizio dell'autunno, quando gli ovuli sono già caduti dalla pianta madre e hanno quasi raggiunto le dimensioni definitive. I gameti sono ciliati e mobili, come avviene in molti gruppi meno evoluti (Cycadophyta, muschi, felci ed alghe). Ginkgo biloba SEMI I semi (di cui è commestibile l'embrione dopo la torrefazione) sono lunghi 1,5-2 cm e sono rivestiti da un involucro carnoso, pruinoso di colore giallo, con odore sgradevole a maturità (per la liberazione di acidi carbossilici, in particolare acido butirrico), che viene definito sarcotesta. All'interno di questo vi è una parte legnosa (sclerotesta) che contiene l'embrione. La germinazione del seme è epigea. Ginkgo biloba DISTRIBUZIONE È originaria della Cina, nella quale sono stati rinvenuti fossili che risalgono all'era mesozoica. La pianta è stata ritenuta estinta per secoli ma, recentemente, ne sono state scoperte almeno due stazioni relitte nella provincia dello Zhejiang nella Cina orientale. Non tutti i botanici concordano però sul fatto che queste stazioni siano davvero spontanee, perché la Ginkgo è stata estesamente coltivata per millenni dai monaci cinesi. Gnetophyta Gen. Ephedra Ephedraceae Gnetaceae Welwitschiaceae Distribuzione del genere Ephedra Gnetophyta Gen. Gnetum Ephedraceae Gnetaceae Welwitschiaceae Gnetophyta Gen.Welwitschia Ephedraceae Gnetaceae Welwitschiaceae Divisione CONIPHEROPHYTA CONIFEROPSIDA Ordine Taxales FamigliaTaxaceae Ordine Pinales Famiglia Aracauriaceae Famiglia Pinaceae Famiglia Cupressaceae Classe Taxaceae • Alberi o arbusti sempreverdi, dioici, con foglie lineari inserite a spirale sui rami. Le infiorescenze maschili sono formate da numerose sacche polliniche, quelle femminili da gruppi di ovuli. Il seme è avvolto in un tegumento duro circondato a sua volta interamente o quasi da una formazione carnosa detta arillo. La famiglia è di origine molto antica, come testimoniano i fossili risalenti al triassico, attualmente è costituita da 5 generi e 15 specie distribuite in tutto il mondo • In Italia l'unico rappresentante della famiglia è il tasso (Taxus baccata), detto anche "albero della morte" per la presenza nelle parti vegetative della pianta di un potente veleno, la tassina, di cui sono privi soltanto gli arilli, commestibili. Taxus baccata tasso • Il tasso è un albero legato ai boschi mesofili caducifogli, quali soprattutto le faggete. Nel Terziario era uno dei più diffusi e tipici componenti delle foreste montane sempreverdi, assieme all'agrifoglio (Ilex aquifolium, fam. Aquifoliaceae), in un clima notevolmente più umido e caldo dell'attuale. • Il Taxus baccata è un albero sempreverde con crescita molto lenta e per questo veniva utilizzato nell’arte topiaria per l’ornamentazione dei giardini. • Un tempo venivano utilizzate le sue foglie come coadiuvante nei problemi di asma, bronchite, reumatismi ed epilessia. Attualmente l'industria farmaceutica estrae dalla pianta un potente principio attivo, il Taxolo, che ha un largo impiego nella cura contro i tumori. Viene anche utilizzata nei rimedi Omeopatici. Taxus baccata tasso Aracauriaceae GEN. ARAUCARIA Il genere Araucaria comprende diverse specie arboree originarie dell'emisfero meridionale. Le araucarie hanno ramificazioni regolari e simmetriche, foglie lanceolate o aciculari, fiori normalmente dioici più raramente monoici con infiorescenze strobiliformi arrotondati, semi quasi sempre eduli non alati. La specie più coltivata come pianta ornamentale in Italia, per la sua rusticità, nei parchi, giardini e viali è l'A. araucana, chiamata anche "Puzzle della scimmia", un albero sempreverde proveniente dal Cile, che raggiunge altezze considerevoli (oltre i 30 m), con foglie verde lucido, acuminate, spinose all'apice, la corteccia è grigia, rugosa e spessa. Nelle piante giovani i rami sono disposti orizzontalmente dando alla pianta una forma conica; col passare del tempo la pianta assume la caratteristica forma arrotondata con i rami inferiori rivolti verso il basso. Pinaceae • Piante arboree, raramente arbustive • Foglie aghiformi isolate su macroblasti o riunite a due, a cinque, fino a molte su brachiblasti • Infiorescenze a forma di cono, con squame fertili inserite a spirale situate sulla stessa pianta. Squame femminili con due ovuli, semi con involucro rigido. • La famiglia comprende 9 generi con circa 170 specie diffuse in tutto il mondo, dalle regioni fredde e quelle calde tropicali • I reperti fossili delle Pinaceae risalgono al Mesozoico Chiave dei generi della Fam. Pinaceae Numero di foglie sul brachiblasto Abies Abete bianco sezione foglie sezione foglie sezione sezione foglie foglie 1 inserz.inserzione foglie foglie fascetti di 2 Pino sp. div. fascetti fascetti di 2di di fascetti 5 2 fascetti di 5Pinus cembra fascetti di cembra 5 2-5 Pinus Pinus pinea Pinus pinea Pinus pinaster seme con protezione seme con protezione legnosa seme alatolegnosa Larix Larice Pinus sylvestris scudo poco rilevato foglie caduche Abete rosso strobili strobili penduli strobili strobili eretti Pinus Picea inserzioneinserzione foglie foglie scudo pocoPinus rilevato halepensis Pinus cembra Pinus pinaster Pino seme alato Pinus halepensis 20-40 foglie sempreverdi scudo carenato o uncinato scudo carenato o uncinato Pinus sylvestris foglie 2-7 cm foglie 2-7 cm Pinus mugo cembro Pinus mugo Cedrus Cedro Picea excelsa abete rosso, peccio Albero di prima grandezza, alto sino a 50 (60) m., molto longevo, a tronco diritto e cilindrico, molto resinoso, corona lungamente piramidale e acuta, talora colonnare; corteccia rossastra, sfaldantesi in gioventù in piccole squame poi fessurata e divisa in placche irregolari; rami orizzontali. Foglie solitarie, sessili, lineari (15-25 x 1-2 mm.), a sezione romboidale, disposte a spirale sui rami, verdi su ambedue le facce. Fiori maschili in amenti, giallo-rossastri a gruppi di 2 o 6 all'apice dei giovani rami; fiori femminili in amenti solitari, sessili, di colore rosso vivo. Pigna cilindrica (10-20 x 3-4 cm.), di colore rosso-bruno, penduli, che cadono interi senza disarticolarsi. Il legno, bianco, è tenero e lucido; si usa largamente per lavori correnti di falegnameria, per infissi e imballaggi. Ottimo nell'industria cartaria per cellulosa. Picea excelsa Abete rosso, peccio Picea excelsa abete rosso, peccio Pecceta montana La distribuzione attuale delle peccete montane non è probabilmente quella originaria, non va dimenticato che il peccio è stato molto utilizzato per recuperare aree denudate, abbandonate o eccessivamente sfruttate, a scapito anche dei faggeti e di altri boschi di latifoglie. La pecceta montana mostra una discreta affinità con i boschi di latifoglie ed in particolare con il faggeto, inoltre, diverse latifoglie vivono ai margini e nelle radure della pecceta montana, quali il maggiociondolo alpino, l'acero di monte, il salicone, la betulla. Pecceta subalpina L'abete rosso può presentare dominanze variabili. Se intorno ai 1500-1800 metri trova forse le sue migliori condizioni di crescita e forma spesso boschi estesi e lussureggianti, salendo di quota tende a venire prima affiancato, e poi anche del tutto sostituito, dal larice e/o dal pino cembro, meglio resistenti ai geli invernali. Il larice, peraltro, può infiltrarsi nella pecceta già a quote inferiori, sfruttando le sue doti pioniere per insediarsi in stazioni meno favorevoli. Il bosco ad abete rosso più tipico è rappresentato dalla pecceta subalpina, diffusa nel piano altomontano, dai 1500 m circa fino al limite superiore del bosco che sulle alpi raggiunge anche 2300 m. A causa del clima più rigido, la flora dei boschi di quote inferiori lascia il posto ai mirtilli, ai rododendri , al pino mugo e ad altre specie meglio adattate alle condizioni proibitive delle pendici sommitali. Picea excelsa abete rosso, peccio Rami con strobili femminili Tronco in fase di scortecciatura Pecceta subalpina Pecceta montana Abies alba abete bianco L'abete bianco è un albero maestoso, slanciato e longevo, presenta un fusto diritto che può arrivare ad un diametro di 3 metri e data la sua notevole altezza (in media 30 metri ma alcuni esemplari possono superare i 45-50 metri), è soprannominato "il principe dei boschi". La chioma, di colore verde-blu cupo, ha forma piramidale negli esemplari giovani, mentre negli adulti (dopo i 60-80 anni) si forma un appiattimento, definito "nido di cicogna", in quanto la punta principale ferma la crescita e i rami sottostanti continuano a svilupparsi fino a formare una specie di conca. Tale pianta ha una ramificazione molto regolare: i rami principali sono raggruppati in palchi regolari e disposti orizzontalmente e mai penduli (ramificazione simpodiale). I rami secondari sono, invece, disposti lungo il tronco seguendo un andamento a spirale. Vive ad altitudini comprese fra 400 e 1900 metri e risulta essere un albero molto longevo: può raggiungere, infatti, i seicento anni d'età. L'abete bianco è una specie sciafila (che può vivere, cioè, in zone d'ombra); allo stato giovanile, l’abete bianco può ben sopportare la copertura, mentre allo stato adulto ha la necessità di vegetare in piena luce. L'abete bianco ama l'umidità, terreni freschi e profondi, tipici dei versanti ombreggiati e molto piovosi. Abies alba abete bianco Abies alba abete bianco abetina rametto Abete bianco con strobili femminili CONIFERE ORNAMENTALI Abies cephalonica Pianta originaria della Grecia e Isole Ionie. Tollera climi più aridi e secchi dell'abete bianco, su terreni calcarei. Nelle zone originarie forma boschi misti con castagni e querce e anche boschi puri Gen.Pinus Questo genere è il più grande ed importante fra tutte le conifere, comprende circa 120 specie, largamente distribuite nell’emisfero settentrionale, fin quasi ai limiti della vegetazione arborea nel Nord America, Europa, Asia alle foreste subtropicali dell’India, Birmania, Sumatra, Filippine, Honduras britannico, Indie occidentali, Isole Canarie e Africa settentrionale. I pini hanno una importanza primaria nella produzione di legname da costruzione, sebbene il legno della maggior parte delle specie sia adatto alla fabbricazione di carta e cellulosa. Dal legno di diverse specie si ottengono trementina, olio di legno di pino, catrame di legno e resina. L’olio ricavato dalle foglie di diverse specie viene usato nella fabbricazione di medicinali e i semi di alcune specie sono anche commestibili. I nemici naturali sono numerosi, per la presenza di resina, il fuoco rappresenta una seria minaccia, mentre considerevoli danni vengono provocati da vari insetti e funghi. Pinus cembra Pino cembro Il cembro o cirmolo è spontaneo in Europa sulle Alpi e sui Carpazi. Sulle Alpi è presente nel settore centroccidentale, mancando in quello orientale. Pianta longeva, raggiunge 500 anni di età; adatta a clima continentale, vegeta in alta montagna tra 1600 e 2400 m di altitudine, sopportando forte vento e temperature molto rigide. Pur preferendo terreni freschi e profondi, dove raggiunge sviluppo ottimale, cresce anche su substrati sassosi, purché sufficientemente umidi, grazie all'apparato radicale robusto e profondo. Il cembro forma, ad alte quote, boschi puri, in formazioni rade e ariose, nelle zone dei pascoli alpini; nella fascia inferiore si mescola al larice e all'abete rosso. Gli esemplari isolati hanno sagoma ovale, armoniosa e ramificata dal basso. L'attuale area di diffusione sulle Alpi è più ridotta rispetto ad un tempo e si va ancora contraendo per il sommarsi di vari fattori negativi, come pascolo eccessivo e tagli indiscriminati. I coni del pino cembro producono semi detti "pinocchini", che sono commestibili . Il legno è uno dei più pregiati e ricercati tra quelli delle conifere; ha alburno bianco avorio e durame bruno chiaro, i nodi sono scuri. Non viene attaccato dai tarli e non si scheggia. I lavorati emanano per lungo tempo un caratteristico profumo balsamico. Molto tenero e leggero, con nodi che non si staccano, si presta in particolar modo per lavori di intaglio permettendo lo sviluppo di un artigianato di pregio, come quello delle note sculture della Val Gardena. Pinus cembra Pino cembro Chiave del gen. Pinus (con fascetti di 2 fg) fascetti di 2 fascetti di 5 Pinus cembra Pinus pinea seme con protezione legnosa Pinus pinaster seme alato scudo poco rilevato Pinus halepensis scudo carenato o uncinato Pinus sylvestris corteccia rossiccia foglie 2-7 cm Pinus mugo corteccia scura Pinus ni gra cicatrici sporgenti foglie 8-14 cm P. leucodermis cicatrici lisce Pinus pinea pino domestico Pinus pinea è un albero maestoso che può raggiungere i 25-30 m di altezza, e 6 m di circonferenza. Questa specie non ha longevità molto elevata, ma può giungere fino a circa 200-250 anni di età. Il fusto è cilindrico, raramente biforcato, con rami inseriti in verticilli regolari incurvati verso I'alto. La forma della chioma è globosa nelle piante giovani fino a 25-30 anni, mentre nelle piante adulte, verso i 50 anni di età, assume la caratteristica forma ad ombrello e si innalza rapidamente per la potatura naturale dei rami inferiori. La cima si appiattisce sempre di più con l'età; il portamento ad ombrello pare dovuto ad una dominanza apicale poco marcata nel getto terminale. Il legno è molto resinoso e pesante con duramen giallo-rosso e alburno bianco-roseo. Gli anelli di accrescimento, generalmente ampi, sono ben individuabili e mostrano una separazione piuttosto netta fra la zona primaverile e la zona tardiva. Pinus pinea viene coltivato come specie pioniera per il rinsaldamento delle dune in zone mediterranee ad elevata siccità estiva e per la produzione del seme e del legno. Pinus pinea Pino domestico Pinus pinaster pino marittimo Si tratta di un albero alto fino a 40 metri, dalla chioma all'incirca conica negli esemplari giovani, cilindrica o irregolarmente ombrelliforme in quelli annosi (ben diversa, quindi, da quella, elegantissima ed inconfondibile, del pino domestico). Gli aghi del pinastro sono rigidi, coriacei, lunghi fino a 20 centimetri, le pigne un po’ asimmetriche, tendenti alla forma conica, rossicce (da chiuse), lunghe 10-20 centimetri. Il pino marittimo vive spontaneo nel bacino mediterraneo occidentale. Specie eliofila e si spinge sino a 1000 m . La crescita è relativamente rapida : preferisce substrati acidi , ma si adatta anche a terreni molto poveri (sabbiosi o brughiera). E' utilizzato in difesa dall' erosione del vento di zone litoranee, oltre che per l'estrazione di resina.assai diffusa con i rimboschimenti e grazie ad interventi indiretti dell'uomo, nel Centro-Sud è stata poco impiegata, progressivamente sostituita dal pino d'Aleppo, assai più tollerante di fronte alla forte insolazione e all'aridità. Pinus pinaster Pino marittimo Pinus halepensis Pino d’Aleppo Albero sempreverde, il Pino d’ Aleppo si presenta quasi sempre eretto, con chioma a forma irregolare, ampia verso la sua sommità. Ha un tronco massiccio di colore rossastro verso la base, mentre salendo verso la sua altezza, si fa sempre più scuro. Ha foglie color verde chiaro, aghiformi, di 5-15 centimetri, sottili e tenere. La fioritura avviene tra marzo e maggio, con fiori sia maschili che femminili. Questi ultimi hanno colore con sfumature di verde e viola. Le sue pigne sono di forma ovale, lunghe 5-10 centimetri e larghe 2-3. Dal color verde, raggiunta la maturità passano ad un colore rosso-marrone. Il pino d’Aleppo ha portamento irregolare a chioma bassa ed espansa e fusto spesso inclinato e contorto , può raggiungere i 15-20 m. Corteccia da grigia a rosso-bruna profondamente solcata. Diffuso in tutto l'areale costiero mediterraneo, questo pino è specie molto rustica e resistente alla siccità ; vegeta sino a 1500 m di quota. E' utilizzato per rimboschimenti di suoli molto poveri grazie al suo rapido accrescimento. Dalla resina abbondante si estrae trementina. Pinus halepensis Pino d’Aleppo Pinus sylvestris pino silvestre Albero sempreverde, alto fino a 35 m., con chioma di forma piramidale, espansa ed ovale negli individui isolati. Corteccia degli alberi adulti arancione nella parte alta del fusto e della chioma, screpolata in lamelle sottili. Rami di color rosso-ruggine. Sotto ha profonde fessure. Il profilo stretto e con rami regolari si altera man mano che l'albero cresce; i rami bassi cadono e si forma una chioma piatta. Aghi lunghi 3 - 8 cm., rigidi ed appuntiti, ritorni, di colore verde grigiastro, in fascetti di 2. Pianta monoica: amenti maschili ovoidali di color giallo rosato riuniti intorno alla gemme apicali dei rametti, infiorescenze femminili brevemente peduncolare. Coni (pigne), lunghi 3 - 5 cm, verdi nell'autunno del primo anno, bruni a maturità, nell'ottobre del secondo anno, cadono presto a terra. Il fusto ha corteccia rossastra. Questa pinacea occupa un vastissimo areale che va dagli Appennini all' Europa del nord sino all' Asia nord-orientale. Si tratta di una pianta eliofila che sopporta climi rigidi e aridità. Frugale vegeta su qualsiasi substrato , ha rapido accrescimento e raggiunge i 40 m di altezza. Il legno di questo pino è di buona qualità : ha alburno biancastro e durame rosso, è resistente e facile da lavorare. Viene impiegato in lavori di falegnameria corrente, imballaggi, serramenti, per tavolame, travature e come pasta per cellulosa nell'industria cartaria. Dalla distillazione del legno si ricava la pece navale o pece nera. Dalla corteccia si ricava tannino per la concia delle pelli. Pinus sylvestris Pino silvestre Pinus sylvestris Pinus mugo Pino mugo Arbusto con portamento prostrato alto al massimo 2-4 m; i numerosi e flessibili rami si dipartono fin dalla base e sono caratterizzati da fitti aghi lunghi fino a 4 cm, riuniti a due, di colore verde-cupo. La corteccia è grigio bruna a placche romboidali; sulla stessa pianta si trovano coni (pigne) maschili lunghi fino a 1 cm alla base dei Si rinviene fra i 1800 - 2300 m oltre il limite della rami dell'anno e coni femminili, prima verdi e poi vegetazione arborea. Preferisce i terreni basici rosso violetti, solitari o accoppiati all'apice dei calcarei o dolomitici rami Come tutte le piante della sua famiglia è noto per la Diffuso in ambiente alpino è sporadico produzione di resina , un tempo ricavata da incisioni nell’Appennino, dove è limitato alla porzione più sul fusto, con la quale si preparavano linimenti utili meridionale. Sulla Majella è presente il nelle forme reumatiche e nelle affezioni polmonari. popolamento più esteso dell'Appennino dove Attualmente si utilizza la distillazione in corrente di costituisce un climax relitto, con areale in vapore degli aghi e dei piccoli rami. passato ben più ampio e poi andatosi Da questa si ricava un fluido odoroso, chiamato restringendosi a causa delle mutate condizioni mugolio, che viene usato come balsamico per climatiche intercorse negli ultimi 10.000 anni combattere le malattie dell'apparato respiratorio. Pinus mugo Pino mugo Pinus mugo Pino mugo Pinus nigra pino nero Quando si parla di Pino nero, si fa riferimento ad un insieme di specie, che si sono differenziate in un areale molto vasto e frammentato. I pini neri secondo alcuni autori possono essere suddivisi in: - Pinus clusiana: si rinviene nel settore occidentale (Francia, Spagna e nord Africa) in popolamenti contorti sopra mediterranei; -Pinus palladiana: si rinviene nel settore orientale (Romania, Crimea, Turchia e Cipro) e in italia - Pinus laricio in Calabria e Sicilia (ssp. calabrica) e in Corsica (ssp. corsicana); - Pinus nigricans che si rinviene con le sue sottospecie in Abruzzo (ssp. italica), Friuli, Veneto Austria e Slovenia (ssp. austriaca) e sulla costa dalmata ed in Grecia con altre sottospecie. In ogni caso si tratta di piante molto diffuse a scopo di rimboschimento, per la loro adattabilità e per il loro relativo rapido sviluppo. Si adattano anche a substrati tendenzialmente calcarei, non troppo profondi, poco fertili. Cresce in posizioni soleggiate, mal sopportano la competizione spazio-luce con altre essenze e prediligendo climi non troppo freddi. Il Pino nero non tollera i substrati troppo pesanti ed asfittici e non sempre si adatta agli ambienti urbani con problemi di inquinamento atmosferico, Spesso infatti in condizioni ambientali inidonee presenta un deperimento fisiologico progressivo con arrossamento e necrosi degli aghi posti nella parte interna della chioma che cadono in massa lasciando la pianta spoglia soprattutto all'interno. Quando tali condizioni sfavorevoli sono accentuate dall'ombreggiamento della chioma o da stress di natura parassitaria (es. attacchi da parte di insetti come le cocciniglie o la processionaria), tali necrosi possono portare alla morte della pianta. Pinus nigra Pino nero Areale di pino nero: P. clusiana 1-ssp. mauritanica, 2 ssp. hispanica, 3-ssp. salzmanni; P. laricio 4-ssp. laricio, 5-ssp. italica, 6-ssp. calabrica; P. nigra 7ssp. austriaca, 8-ssp. dalmatica, 9-ssp. illyrica; P. pallasiana 10-ssp. banatica, 11-ssp. pindica, 12ssp. balcanica, 13-ssp. pallasiana, 14-ssp. caramanica, 15 ssp. fenzlii Areale alpino italiano (sopra) di Pinus nigra subspecie austriaca con stazioni isolate (triangoli) Pinus leucodermis Pino loricato Relitto dell'ultima glaciazione, è presente in Italia solamente nel Parco nazionale del Pollino (di cui è simbolo), nel resto d'Europa anche nei Balcani. Ha un portamento conico-espanso, alto fino a 35 m e con il diametro del tronco che può raggiungere i 2 m. La corteccia di colore grigio-giallastra che diviene bianca sugli alberi morti, è fessurata in placche. Il nome comune italiano della specie (pino loricato) deriva dal fatto che la corteccia stessa ricorda la lorica (corazza in uso nelle legioni dell'antica Roma). Gli aghi sono riuniti in mazzetti di due, larghi fino a 2 mm, lunghi 67 cm. Vegeta nelle zone rocciose più impervie spinto sempre più in alto dal faggio. Pinus leucodermis Pino loricato Larix decidua Strobili femminili maturi larice lariceto Strobili fiorali maschili e femminili Giovani foglie Larix decidua larice Il larice è pianta tipica delle montagne dell'Europa centrale. Vive tra 800 e 2500 m; tali limiti altimetrici possono variare a seconda delle condizioni climatiche delle zone. Si differenzia dalla maggior parte delle conifere perché in autunno l'albero perde le foglie. E' specie eliofila, che forma boschi puri, radi e luminosi, con sottobosco ricco di piante erbacee; piú frequentemente lo troviamo associato a faggio, abete rosso, pino silvestre, montano e cembro a seconda delle località. Si adatta a qualsiasi terreno, purché ben drenato, colonizzando anche terreni spogli. E' l'albero che raggiunge le quote piú elevate, sopportando gelo e venti impetuosi, prediligendo condizioni di clima decisamente continentali. Il legno del larice, ottimo e ricercato, ha color rosso intenso. Immerso in acqua, diviene resistentissimo. La resina, detta trementina di Venezia, viene usata nell' industria delle vernici. La corteccia è impiegata per l'estrazione dei tannino e per lavori di intaglio. Larix decidua larice Gen. Cedrus Alberi di notevoli dimensioni (il C. deodara raggiunge anche75 m di altezza), sempreverdi e con aspetto caratteristico. Portamento vario a seconda della specie; tronco dritto, molto rastremato, con corteccia rigata obliquamente e verticalmente. Rami distinti in macroblasti e brachiblasti, i primi lunghi con aghi sparsi, i secondi corti e con aghi riuniti a ciuffetti. Sistematicamente il genere Cedrus si trova tra i generi Larix e Pinus; si distingue dal larice per gli aghi sempreverdi e gli strobili larghi con squame caduche. Vi appartengono 4 specie di cui 3 mediterranee e 1 dell’Hymalaya: C. libanotica, sui monti del Libano e del Tauro, C. brevifolia endemico dell’Isola di Cipro, C. atlantica sulle montagne dell’Algeria e del Marocco, C. deodara dell’Hymalaya, Afghanistan. Cedrus libani Cedro del Libano Cedrus atlantica Cedro dell’Atlante Cedrus deodara Cedro dell’Himalaia CONIFERE ORNAMENTALI Cedrus deodara var.pendula Cedrus atlantica var.glauca pendula Cupressaceae Cupressus sempervirens • Sporofilli verticillati • Foglie più o meno aghiformi o aciculari squamiformi, • Strobili secchi e legnosi o carnosi (galbuli) Juniperus phoenicea Juniperus communis Gen. Juniperus Foglie sia di tipo squamiforme, che aghiformi (o aciculari) Strobili carnosi (galbuli) Chiave di riconoscimento per le principali specie di Ginepro Juniperus communis ssp. communis Ginepro comune Juniperus communis subsp. communis Ginepro comune Arbusto sempreverde riccamente ramoso che può raggiungere dimensioni medio grandi, sfiorando e superando i 6 m. La corteccia si presenta rossastra e tipicamente desquamata in linee longitudinali parallele. Chioma ampia con aspetto colonnare. Foglie sottili, lineari, appuntite pungenti, riunite a gruppi di tre elementi, con la faccia superiore nettamente segnata da una linea bianca. Si tratta di una pianta dioica (i fiori maschili e quelli femminili sono portati da individui diversi). Il galbulo è sferoide, presenta tre semi al suo interno, impiega due anni per maturare passando dal colore verde glauco del primo anno a viola bluastro del secondo anno. Habitat Si tratta di una pianta pioniera e quindi la troviamo nelle zone più brulle e spoglie, nei prati pascoli, anche se in realtà si adatta molto bene anche al sottobosco di numerose essenze arbustive mediterranee, in particolare quelle con forte presenza di roverella, non disdegna nemmeno le zone pietrose dei sottoboschi ripopolati con pino nero. Uso Alimentare Il legno di questa pianta, intensamente aromatico, viene usato per fumigazioni di alcuni insaccati, le bacche sono usate per aromatizzare le carni e gli arrosti in genere, sono impiegate per realizzare alcune acquaviti e birre, in particolare si usano in distilleria per la produzione del notissimo Gin. Uso officinale L'olio essenziale di questo arbusto presenta proprietà balsamiche, diuretiche, carminative, antisettiche e stomachiche. Il legno manifesta proprietà diaforetiche (favorisce la sudorazione nelle affezioni da raffreddamento). L'uso delle foglie e delle bacche trova impiego come stimolante l'appetito e la digestione, trova utilizzi anche nel trattamento delle affezioni delle vie urinarie. L'impasto macerato di foglie e rami viene utilizzato per applicazioni locali utili al trattamento di reumatismi, dolori articolari e contusioni. Juniperus communis subsp. communis Ginepro comune Juniperus communis ssp. nana Ginepro nano M. Prena (Gran Sasso) Juniperus communis ssp. nana Ginepro nano Arbusto dioico prostrato, con corteccia bruno-rossastra nei rami giovani, desquamante longitudinalmente. Foglie lunghe sino a 10 mm, lineari aghiformi, in verticilli di tre, pungenti, patenti, con faccia superiore quasi piana e con una sola stria glauca. Fiori coni femminili di forma globosa, costituiti da poche squame carnose saldate anche a maturità. Fioritura : febbraio – aprile. Frutti pseudo-bacche (galbuli), di colore dapprima verde poi blu-viola, ricoperte da pruina che maturano a fine estate-autunno del secondo anno. impiegano due anni per raggiungere la completa maturazione tanto che si possono vedere, contemporaneamente sulla pianta, sia quelle bluastre ormai mature che quelle verdi che matureranno l'anno successivo. Maturazione: ottobre/novembre. Seme semi piccoli fino a 3 per galbula, con dormienza dovuta ai tegumenti duri e impermeabili. Pianta eliofila e con scarsa esigenza di substrato, diffusa su pascoli e brughiere dai 1500 m ai 2500 m (piano subalpino). Juniperus communis ssp. nana Ginepro nano Juniperus oxycedrus ssp. oxycedrus Ginepro rosso Pianta arbustiva o piccolo albero sempreverde alto fino a 5 metri (raramente fino a 15 metri), con portamento variabile dal prostrato all' arboreo; corteccia di colore grigio-rossastro o bruno-rossastro nei rami giovani, desquamante in linee longitudinali ed ondulate nei bordi nei rami di 10 anni; tronco eretto e ramificato fin dal basso; rami inseriti sparsamente sul fusto, di colore bruno rossastro, con internodi di 3-10 mm; chioma piramidale di colore verde vivo parzialmente aperta; il sistema radicale è molto sviluppato. Foglie di colore verde glauco, aghiformi, coriacee e pungenti, cerose, lunghe 15-25 mm, patenti, con due strisce biancastre nella pagina superiore, prive di picciolo,verticillate a 3. Frutto : costituito da una pseudo-bacca (galbulo), derivante dall'ingrossamento delle brattee fertili del cono, inizialmente di colore giallo-verdastro, a maturità rosso-bruna e più o meno pruinosa, di forma quasi sferica, con un diametro fino a 15 mm, contenente in genere tre semi forma lanceolata, a sezione grossolanamente triangolare. Dalla fioritura alla maturazione delle galbule passano circa due anni. I galbuli maturano da settembre-ottobre in poi fino a gennaio. Juniperus oxycedrus L. è simile a Juniperus communis L. da cui si differenzia per la chioma più ampia e il portamento anche arboreo, per gli aghi più lunghi e più larghi, con due strisce glauche sulla faccia superiore e per i galbuli di colore rosso-bruno a maturità anziché bluastri e un po' più grossi. Inoltre è pianta più termofila di Juniperus communis, vegeta in ambiente temperato e mediterraneo, predilige suoli calcarei. Il legno, duro e compatto, è adatto per lavori di intarsio e per costruire matite, botti, solai ed imbarcazioni; dalla sua distillazione si ottiene l'olio di Cadè, usato in antichità dai romani per imbalsamare i morti, e ancora oggi utilizzato nel trattamento di alcune dermatosi ed è inoltre impiegato, sempre a fini cosmetici, per la fabbricazione di shampoo. Juniperus oxycedrus ssp. oxycedrus Ginepro rosso Luoghi aridi, sassosi e assolati, preferibilmente su calcare, dalle zone costiere fino ai 1800-1900 m Juniperus oxycedrus ssp. macrocarpa Ginepro coccolone Juniperus oxycedrus L. subsp. macrocarpa ha foglie maggiori (larghe fino a 2,5 mm) rispetto a J. oxycedrus , galbulo pruinoso, di diametro 8-15 mm, più scuro e più grande di quello della sottospecie nominale. E' presente solo nelle zone litoranee sabbiose, fino ad altezze di pochi metri sul livello del mare, con una distribuzione geografica più limitata della sottospecie nominale, diffusa in particolare sulle coste del Sud Italia e nelle Isole. Per le sue caratteristiche di specie pioniera in ambienti sabbiosi e degradati, svolge un ruolo importante nel trattenimento e consolidamento del terreno, grazie anche al suo apparato radicale molto esteso. Contribuisce così all'evoluzione del terreno stesso e all'arricchimento in sostanza organica, aiutando l'insediamento di specie meno resistenti ad ambienti ostili e favorendo l'instaurarsi di una vegetazione più ricca ed evoluta. Viene perciò utilizzata nel recupero e ripopolamento di terreni denudati, di aree degradate e di zone impoverite di vegetazione. L'estratto di foglia verde esercita un'azione repellente verso gli insetti. Il fogliame è poco appetito dagli animali. I frutti sono invece molto appetiti dagli uccelli. Il legno è tra i più compatti e duri della nostra flora arborea. E’un legno pregiato, scuro e profumato, durissimo ma di facile lavorazione, quasi incorruttibile. Juniperus oxycedrus ssp. macrocarpa Ginepro coccolone Luoghi caldi e sabbiosi esclusivamente sulle dune e le falesie costiere Juniperus sabina Ginepro sabino si distingue per portamento spesso prostrato o strisciante, foglie lunghe 1÷3 mm, verdi bluastre con apice ottuso convesse sulla pagina superiore ove è evidente una ghiandola. le foglie strofinate emanano cattivo odore; i frutti hanno un colore bluastro sono ricoperti da una pruina cerosa glaucescente e sono portati da un peduncolo ricurvo. Presente in Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Trentino, Veneto, Friuli, Liguria, Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata, Calabria. Juniperus phoenicea Ginepro fenicio si distingue per essere arbusto eretto 1÷ 4 m, con corteccia desquamata in nastri arrotolati; rami completamente ricoperti dalla foglie squamiformi 1mm, verdi o bluastre, convesse superiormente, apice ottuso;i frutti sono bacche rossastre, ovali, pendule. Presente in Liguria, Toscana, Lazio, Campania, Puglia, Sicilia, Sardegna. Juniperus turbinata Ginepro mediterraneo si distingue per essere albero alto anche 10÷12 m, con foglie squamiformi, opposte e appressate all’asse centrale, foglie delle plantule aghiformi e pungenti; coni generalmente terminali, globosi, galbulo lucido e di colore rosso-bruno a maturità. Presente in Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna. Cupressus Foglie esclusivamente di tipo squamiforme (o embriciate) Strobili secchi e legnosi Cupressus Comprende circa 19 specie. Alberi, raramente arbusti, si trovano nel bacino del Mediterraneo, America Noccidentale, Messico, Himalaya e Cina occidentale. Foglie persistenti, squamiformi, opposte decussate (intrecciate ad X), decorrenti e appiattite sul rametto. Piante monoiche, strobili sub-globosi con 6-12 squame legnose peltate, strettamente saldate per i margini durante la crescita ma separate a maturità. C. sempervirens C. macrocarpa C. arizonica Cupressus sempervirens Cipresso Albero sempreverde, molto longevo, alto fino a 30 m (negli esemplari più vecchi può arrivare anche a 50 m), con tronco diritto e robusto e con chioma di forma molto variabile, o conico-piramidale allungata terminante in una punta con rami appressati eretti, spesso ramificato fin dalla base (var. pyramidalis) o espansa con rami patenti o quasi orizzontali (var. horizontalis). Le foglie sono piccole, ridotte a squame subtriangolari (1 mm o meno), disposte in 4 file fittamente embriciate, appressate ai rametti ricoprendoli completamente. Fiori monoici, ma presenti sulla medesima pianta. I fiori femminili dopo l'impollinazione si sviluppano in strobili (o galbuli) subsferici, verdi quando immaturi. Si maturano dopo due anni e diventano grigio-giallastri con squame legnose peltate, irregolarmente poliedriche a forma di scudo con mucrone ottuso. Ogni squama contierne da 5 fino a 20 semi angolosi strettamente alati. Originario del Mediterraneo orientale (Creta, Rodi, Cipro, Siria) è stato introdotto in Italia in epoca antichissima, forse già dagli Etruschi o addirittura dai Fenici, ed è attualmente diffuso in tutto l'areale del Mediterraneo dove si trova sia spontaneo che coltivato come pianta ornamentale dei parchi, viali e cimiteri, e spesso viene piantato per contrassegnare i confini di proprietà. Cupressus sempervirens Cipresso Cupressus macrocarpa, C. arizonica Cupressus macrocarpa cipresso di Monterey albero a chioma dapprima piramidale, quindi ombrelliforme, con foglie squamiformi lunghe fino a 2 mm, di color verde chiaro; corteccia bruno-rossastro scura che diventa grigio chiara nei soggetti vecchi rompendosi in scaglie piatte; galbuli a maturità bruno-lucidi. Originario della California. E' usato nelle zone litoranee come frangivento essendo tollerante all' aria salmastra. e nei parchi. Inoltre , avendo accrescimento rapido, è anche usato per rimboschimenti. Cupressus arizonica albero a chioma folta formata da corti rami ± orizzontali coperti da una corteccia bruno-rossastra; foglie squamiformi acute, scariose ai margini, glandolose, essudanti resina bianca, lunghe ca 2 mm, di color verde-glauca, pruinose; galbuli subglobosi (1/2-2 cm) riuniti in gruppi sono di color rosso bruno con pruina glaucescente e con mucroni molto prominenti. Originario dei monti dell'Arizona e del Nuovo Messico, da dove è stato importato a scopo ornamentale. CONIFERE ORNAMENTALI Chamaecyparis lawsoniana Falso cipresso CONIFERE ORNAMENTALI Thujia occidentalis Thujia orientalis CONIFERE ORNAMENTALI (Taxodiaceae) Taxodium distichum CONIFERE ORNAMENTALI (Taxodiaceae) Sequoia sempervirens