Michele Rismondo
[email protected]
Insegnamento di
BIOLOGIA, ANATOMIA E
MORFOLOGIA VEGETALE
Argomento 11:
SPERMATOFITE e GIMNOSPERME
Spermatofite
Paesaggio ed evoluzione (Pteridofite - Siluriano)
La colonizzazione delle terre emerse iniziò nel Siluriano (435-395 m.a.). I primi fossili (420
m.a.) appartenevano al gruppo delle Rhyniopsida, avevano fusticini dicotomici, sporangi
apicali ed erano prive di foglie e di vere radici. Nel devoniano (395-345) si verificò un grande
aumento delle piante vascolari: comparvero infatti capostipiti delle licofite (licopodi),
sfenofite (equiseti), felci e Progimnosperme, ritenute le antenate delle piante con semi,
radici, foglie, habitus arboreo. Queste piante presentavano accrescimento secondario (con
tracheidi) e sporangi terminali con parete ispessita. I caratteri citati portano direttamente
alle prime Spermatophyta. Ecco quindi che questo gruppo sembra essere il collegamento
diretto tra le pteridofite più primitive e le prime spermatofite
Pteridofite e Gimnosperme (Carbonifero-Giurassico)
Nel carbonifero (345-280) il clima uniformemente caldo-umido generò estese paludi abitate da
fitte foreste di piante arboree, alcune delle quali superavano i 50m. Tali foreste erano principalmente
costituite da licopodi arborei, felci, spermatofite arboree con organi riproduttivi simili a quelli delle
conifere attuali, ed infine le prime cicadee (gimnosperme simili a felci arboree). Alla fine del permiano
(280-225), in seguito all'aumento dell'aridità e alla riduzione delle temperature si ebbe una grande
estinzione di massa e si affermarono nuovi gruppi vegetali (equiseti erbacei), felci di nuovi gruppi giunti
sino ad oggi, gimnosperme tra cui le prime ginkgofite. Nel triassico (225-195) si instaurò un clima caldo
ma più asciutto ed iniziò la separazione delle masse continentali e la conseguente apertura degli oceani
in senso latitudinale. Erano largamente presenti le pteridosperme, molto abbondanti nei depositi
fossiliferi dell'emisfero sud, che si estinsero alla fine del triassico. Nel giurassico (195-141) iniziò
l'apertura degli oceani in senso longitudinale. Il clima era probabilmente abbastanza caldo e piovoso. La
vegetazione era composta da licopodi, felci, equiseti, gimnosperme (oltre alle cicadee e ginkgofite
comparvero tutti i gruppi ancor oggi viventi, comprese le pinaceae).
L’affermazione
delle prime
Angiosperme (dal
Pliocene al
Quaternario)
Nel cretaceo (141-65) si raggiunse la massima espansione delle conifere con decadenza invece
delle cicadee e ginkgofite. Il fatto più saliente fu comunque la rapidissima diffusione delle
antofite (pollini fossili riferibili a piperales e magnoliales) che divennero dominanti alla fine del
periodo.
Con l'inizio del terziario (paleocene 65-54) si consolidano i cambiamenti climatici dovuti alla
frammentazione e deriva delle masse continentali: formazione delle due aree polari,
formazione di catene montuose quali le Alpi e l'Himalaya, fasce climatiche disposte alle varie
latitudini. Nell'emisfero nord nelle regioni oggi a clima temperato, dominavano foreste pluviali
sempreverdi. A nord di queste (in corrispondenza dell'attuale Alaska e Groenlandia) si
trovavano boschi misti di conifere e latifoglie decidue.
L’affermazione
delle prime
Angiosperme (dal
Pliocene al
Quaternario)
Nella seconda metà dell‘eocene (54-38) e nell'oligocene (38-25) si verificò un abbassamento
delle temperature e si determinò una forte stagionalità climatica con il ritiro a latitudini
inferiori delle flore.
Nel miocene (25-7) si verificò un rialzo termico e nel pliocene (7-2.5) un nuovo abbassamento
delle temperature che raggiunse il culmine con le ripetute glaciazioni del quaternario. Ormai
la flora era rappresentata dagli attuali gruppi vegetali, che andavano a costituire tipi di
vegetazione che durante le fasi glaciali e interglaciali subivano discese e risalite in senso
longitudinale.
Evoluzione delle piante
L’ipotesi attuale sulla filogenesi delle Spermatophyta può essere così
riassunta:
1. Le spermatofite si sono originate nel Devoniano superiore attraverso le
progimnosperme isosporee ed eterosporee. Esse non risalgono quindi alle
pteridofite eusporangiate o alle licopodiate, ma si sono sviluppate
parallelamente a queste e ad altre pteridofite superiori
2. La derivazione comune dalle progimnosperme spiega le numerose somiglianze tra
Coniferophytina e Cycadophytina giustificando la conservazione del taxon Sparmatophyta
(ciò viene confermato anche da alcune analisi del DNA)
La sistematica delle Spermatophyta ha considerato da sempre Gymnospermae e
Angiospermae come sottodivisioni equivalenti, ma oggi si sa che le Gymnospermae derivano
dalle Progymnospermae e che si sono originate, quasi subito, due linee evolutive
indipendenti rappresentate dalle Coniferophytina e dalle Cycadophytina
Le Gymnospermae rappresentano un taxon monofiletico di valore filogenetico in quanto
Coniferophytina, Cycadophytina, Gnetofite e Ginkgofite derivano da progenitori comuni,
probabilmente anche alle Angiospermae.
Linee evolutive delle spermatofite
Evoluzione dello sporofito e del
gametofito nelle piante terrestri
Briofite
Pteridofite
Spermatofite
LE SPERMATOFITE
Le SPERMATOFITE o FANEROGAME sono piante vascolari dotate di OVULO,
struttura esclusiva e nuova in termini evolutivi, dal quale si sviluppa il SEME
(dal greco sperma)
Le spermatofite rappresentano il gruppo più numeroso di piante vascolari
con circa 240.000 specie viventi
Esse costituiscono un gruppo monofiletico avente come caratteristiche la
presenze del SEME, MACROSPORANGI avvolti da tegumenti, legno
prodotto da un meristema secondario (CAMBIO) e ramificazione ascellare
Spermatophyta
Caratteri innovativi
Polline
Cono (o strobilo) maschile di pino
(Gimnosperme), in sezione longitudinale,
contenente le sacche polliniche all’ascella
delle squame
Cono (o strobilo)
femminile di pino
(Gimnosperme)
in
sezione longitudinale,
contenente gli ovuli
all’ascella
delle
squame
Ovulo
Struttura fiorale ermafrodita di
angiosperma
con
polline
contenuto nelle antere (stami)
Struttura fiorale
ermafrodita
di
angiosperma con
il
pistillo
contenente
gli
ovuli nella parte
basale (ovario)
Tutte le piante a seme presentano un ciclo aplodiplonte eteromorfo in cui
lo sporofito diploide domina nel tempo e nello spazio sul gametofito
aploide.
Le spermatofite sono tutte piante ETEROSPOREE e pertanto produce MICROSPORE
(ANDROSPORE) e MACROSPORE (o MEGASPORE o GINOSPORE) all’interno di un
MICROSPORANGIO (SACCA POLLINICA) o di un MACROSPORANGIO (o MEGASPORANGIO) o
NUCELLA, che non si apre a maturità
Le ANDROSPORE che hanno già
iniziato la germinazione sono note
come GRANULI DI POLLINE
Le GINOSPORE con i gametofiti femminili da
esse prodotti sono avvolte da complessi di
cellule che nel loro insieme costituiscono
l’OVULO
L’OVULO a maturità conterrà il GINOGAMETE che, a seguito dell’atto gamico, produrrà un
EMBRIONE mentre l’OVULO stesso si trasformerà in SEME
Il SEME costituisce una novità di estrema importanza sia per la diffusione della specie
(DISSEMINAZIONE) sia per il fatto che, entrando in QUIESCENZA, consente alla pianta
(EMBRIONE) si sopportare senza danni anche lunghi periodi di condizioni sfavorevoli (SEME
COME STRUTTURA O DISPOSITIVO DI RESISTENZA)
Il GRANULO POLLINICO è omologabile ad una MICROSPORA già germinata di una
pteridofita eterosporea.
Esso viene formato da CELLULE MADRI DEL POLLINE per meiosi con produzione di 4
meiospore aploidi (ANDROSPORE) all’interno di una cavità (SACCA POLLINICA) che
corrisponde ai MICROSPORANGI delle pteridofite eterosporee
Si forma così, all’interno della SACCA POLLINICA, un minuscolo GAMETOFITO
maschile che rimane confinato all’interno dell’ANDROSPORA cui viene dato, a
questo punto, il nome di GRANULO POLLINICO
IL POLLINE
Sviluppo del granulo pollinico
La formazione dei gametofiti maschili inizia quando i granuli pollinici uninucleati si
trovano ancora nelle sacche polliniche e si conclude dopo l’IMPOLLINAZIONE
degli organi femminili
All’interno del granulo pollinico si ha un divisione diseguale con la formazione di una
CELLULA VEGETATIVA, che riempie il granulo pollinico, ed una CELLULA GENERATIVA (più
piccola).
Mentre la cellula vegetativa sviluppa il TUBETTO POLLINICO la cellula generativa si divide ulteriormente a
formare le CELLULE SPERMATICHE. In numerose gimnosperme e i tutte le angiosperme le cellule
spermatiche funzionano direttamente da gameti maschili aflagellati.
L’OVULO
L’OVULO
può
essere
ricollegato
al
macrosporangio di una pteridofita eterosporea in
cui sono avvenute però particolari modifiche
strutturali atte innanzitutto ad aumentare la
protezione contro il disseccamento delle
ginospore e, in secondo luogo, a facilitare la
cattura del granulo di polline e assicurarne la
germinazione.
La protezione contro il disseccamento si ottiene
con la produzione di un involucro protettivo
(TEGUMENTI DELL’OVULO) che avvolge il corpo
centrale
(NUCELLA)
corrispondente
al
macrosporangio.
L’ORIGINE DELL’OVULO
MODELLO DI ANDREWS
Secondo questo modello evolutivo l’OVULO si sarebbe differenziato
progressivamente da uno sporangio che, all’inizio, era avvolto da una
serie di filamenti verticillati. Se i filamenti concrescono tra loro
riunendosi in modo sempre più ampio si forma il tipico ovulo delle
gimnosperme, costituito dalla NUCELLA avvolta completamente dai
TEGUMENTI e comunicante con l’esterno attraverso una minuscola
apertura apicale detta MICROPILO
L’ORIGINE DELL’OVULO
MODELLO DI BENSON
Il punto di partenza del modello evolutivo è costituito dagli
sporangi apicali di pteridofite simili a Rhynia
La formazione dell’ovulo sarebbe avvenuta attraverso le
seguenti tappe
1. Raccorciamento dei rami apicali fertili e sterili
2. Prevalente sviluppo di un solo sporangio apicale
3. “Sterilizzazione” degli altri rami apicali circostanti
4. Appiattimento e concrescimento dei rami apicali sterili
con formazione del tegumento dell’ovulo mentre la
nucella deriverebbe dallo sporangio
La struttura di un OVULO maturo varia
considerevolmente nei vari taxa delle
spermatofite, tuttavia come schema strutturale
può essere adottato il seguente.
L’OVULO ha forma ovoidale, è retto da un
peduncolo chiamato FUNICOLO e consiste in un
nucleo di tessuto compatto (NUCELLA) al cui
interno sono contenute, le GINOSPORE e, a
maturità, il GINOGAMETE. All’esterno si trovano
1 o 2 involucri detti TEGUMENTI. Questi lasciano
aperto un accesso alla NUCELLA detto
MICROPILO
Come nelle sacche polliniche anche nella
NUCELLA si sviluppa una cellula madre del sacco
embrionale. Durante la meiosi si formano
dapprima 4 cellule aploidi uninucleate del sacco
embrionale delle quali solitamente 3
regrediscono.
Ne
rimane
una
sola
(MEGASPORA). La cellula rimasta non
abbandona il suo SPORANGIO. All’interno della
cellula avviene lo sviluppo del MEGAPROTALLO
per la libera divisione del nucleo in uno strato
plasmatico aderente alla parete. Sul polo rivolto
al MICROPILO si sviluppano gli archegoni che
affondano nel tessuto del protallo e che sono
composti da una grande OOSFERA e da
numerose cellule accessorie.
L’IMPOLLINAZIONE
strobili maschili
I granuli pollinici devono essere trasportati dalle sacche
polliniche in prossimità degli ovuli (MICROPILO) o delle
strutture che li contengono (STIGMA DEI CARPELLI) dove
possono germinare
Tale processo si chiama IMPOLLINAZIONE
L’impollinazione può avvenire tra fiori di diversi individui di
una specie e prenderà il nome di IMPOLLINAZIONE
INCROCIATA o ALLOGAMIA o nell’ambito dello stesso
individuo e prenderà il nome di AUTOIMPOLLINAZIONE (o
AUTOGAMIA se nello stesso fiore)
Nelle specie monoiche si sono instaurati meccanismi che
riducono od ostacolano l’AUTOGAMIA: INCOMPATIBILITA’
GENETICA e SEPARAZIONE SPAZIALE O TEMPORALE
(sviluppo successivo) degli elementi fiorali maschili e
femminili
strobili femminili
anemofila
La forma originaria di impollinazione delle spermatofite
primitive è senza dubbio l’ANEMOFILIA (ANEMOGAMIA)
che consiste nel trasporto del polline ad opera del vento
(come nelle pteridofite)
La difficoltà del trasporto diretto sugli OVULI viene superata
mediante una grande produzione di polline oppure grazie
alla possibilità dei granuli pollinici di essere trasportati dal
vento per la loro leggerezza e piccola dimensione o per la
presenza di espansioni (sacche aerifere) che aumentano la
superficie da offrire al vento.
I fiori delle spermatofite gimnospermiche primitive sono
occasionalmente visitate dagli animali che si nutrono con il
polline oppure che usano i fiori femminili per deporre le
uova. Questi labili rapporti sono stati intensificati con
l’evoluzione infatti già nelle Cycadales il polline è odoroso e
colorato. In alcune gimnosperme primitive, ma soprattutto
nelle angiosperme tale rapporto è diventato regolare e
obbligato dando origine alla ZOOFILIA (ZOOGAMIA)
L’enorme vantaggio della zoofilia consiste nel trasporto
diretto del polline che consente di ridurre le quantità e di
avere efficaci dispersioni anche in condizioni di bassa
ventilazione e popolazioni ridotte
zoofilia
Impollinazione
zoogama
Avviene ad opera di animali appartenenti a
diverse categorie:
Insetti (entomogama)
Uccelli (ornitogama)
Pipistrelli (chirotterogama)
In molti casi si è verificata una coevoluzione di
piante e animali impollinatori
LA FECONDAZIONE
La germinazione dei granuli pollinici e l’ulteriore sviluppo del
gametofito ♂ iniziano nella camera pollinica all’apice della
NUCELLA, nel micropilo dell’ovulo (nelle gimnosperme) e sullo
stigma del carpello (nelle angiosperme)
La fecondazione è affidata al TUBETTO POLLINICO che si allunga fino a
raggiungere il gametofito ♀ attraverso la NUCELLA.
A questo punto avviene la fecondazione: uno spermatozoide (o una cellula
spermatica che esce dal budello pollinico) penetra nell’OOSFERA. Dopo la
decomposizione della membrana cellulare i citoplasmi si uniscono e infine
avviene la cariogamia che completa la formazione dello zigote.
Nelle gimnosperme passano mesi e a volte anche più di un anno tra
impollinazione e fecondazione. Nelle angiosperme per lo più solo giorni o
ore.
A partire dallo zigote si forma l’EMBRIONE avvolto da un tessuto nutritizio
(ENDOSPERMA). L’OVULO maturo e separato dalla pianta madre è chiamato
SEME.
embrione
Innovazioni del seme
• E’ una struttura costituita da strati di tegumento che contengono al loro interno
un tessuto di riserva e l’embrione
• Consente all’embrione di essere indipendente nel tempo e nello spazio rispetto
alla pianta che lo ha generato
• Tramite la disseminazione può essere portato a notevole distanza e germinare
quando le condizioni sono favorevoli
Gimnosperme
APPARATI VEGETATIVI
• piante legnose inizialmente arboree e successivamente anche arbustive
• fusto con accrescimento monopodiale, ramificato nei 2/3 superiori o simpodiale
• legno omoxilo (sia nelle forme fossili che in quelle attuali)
Evoluzione della foglia
• Fronda-foglia (Cycas) - presenta una
struttura simile, anche se semplificata,
a quella delle fronde delle Pteridofite
• A ventaglio (Ginkgo) - ancora piuttosto
arcaica, simile a quella del capelvenere
• Aghiforme (Pinus) - allungate a sezione
cilindrica
Evoluzione della foglia
• Aciculare compressa (Abies, Taxus)
• Squamiforme (Cupressus, Juniperus)
• Appiattita con nervatura centrale e ramificazioni laterali
(Gnetophyta)
Taxus
Cupressus
Gnetum
Apparati
riproduttori
Macro e
microsporangi
•I
microsporangi
sono
organizzati
in
sacche
polliniche
• Il macrosporangio (nucella)
è quasi completamente
avvolto da tegumenti a
protezione dell’ovulo
• Sacche polliniche e ovuli
sono portate all’interno di
particolari foglie dette
macro e microsporofilli
unisessuali (detti anche
strobili).
Le sacche polliniche sono portate da foglie (microsporofilli) molto grandi e
più volte divise, simili a foglie normali, oppure da foglie più o meno
trasformate in squame
Araucaria
Cycadaceae
Macromazia
Pinus
1 Juniperus
2 Tsuga
3 Picea
Sezione di strobilo
maschile di Pinus
Granulo pollinico
cellula protallica
cellula generativa
cellula del tubo
sacco aerifero
Gli ovuli
Anche gli ovuli sono portati da foglie
più
o
meno
trasformate
(macrosporofilli, spesso disposte a
spirale su un asse ingrossato (strobilo)
L’ovulo
è
costituito
da
un
macrosporangio (nucella) avvolto da un
(raramente 2) tegumento che lascia
però libera una piccola porzione apicale
(micropilo)
Sezione strobilo
femminile (Pinus)
Infiorescenze femminili,
strobili (Pinus)
Maturazione dell’ovulo
• Differenziazione di una “cellula madre delle
ginospore”
• meiosi con formazione delle meiospore
• mitosi di una delle meiospore con la formazione di un
protallo aploide o endosperma primario (le altre 3
degenerano)
• Formazione delle pareti cellulari
• Sul protallo, nutrito dalla nucella, si formano uno o più
archegoni
• Alla base di ogni archegonio si origina un grosso
gamete femminile (ovocellula)
Impollinazione e fecondazione
• Nelle Gimnosperme l’impollinazione consiste nel trasporto del polline
dalle sacche polliniche all’ovulo.
• Tale trasporto è affidato al vento (impollinazione anemogama) e, in
alcuni casi, facilitata dagli insetti pronubi (impollinazione entomogama)
• A contatto col micropilo il polline completa la sua maturazione con la
formazione, a partire dalla cellula anteridiale, dei gameti maschili (2
nuclei spermatici)
• Nelle forme più primitive, con gameti ciliati si forma anche la camera
pollinica
• Il granulo di polline emette poi un tubetto pollinico attraverso il quale i
nuclei spermatici raggiungono gli archegoni
• I nuclei spermatici seguono un percorso lungo e tortuoso che ha la
funzione di impedire il processo di autofecondazione
Disseminazione
• Avviene prevalentemente per
mezzo del vento (anemocora)
ed è facilitata dalla presenza
di espansioni alari
• In alcune specie, durante la
maturazione
si
formano
tessuti carnosi e colorati
vivacemente (arilli) che hanno
la funzione di favorire la
disseminazione zoocora
Ala
Tegumento
Embrione
Endosperma
Ginkgo
Taxus
Gnetum
CICLO
Ciclo aplodiplonte con
alternanza di generazioni
antitetiche eteromorfe
Michele Rismondo
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Insegnamento di
BIOLOGIA, ANATOMIA E
MORFOLOGIA VEGETALE
Approfondimento:
GIMNOSPERME
Sistematica
Pteridospermophyta
Lyginopteridales
Medullosalles
Cycadales
Glossopteridales
Caytonales
Bennettitales
Cycas revoluta
Gingkophyta
Gnetophyta
Coniferophyta
Ginkgo biloba
Divisione
CONIPHEROPHYTA
Pinus halepensis
CONIFEROPSIDA
Ordine Taxales
FamigliaTaxaceae
Ordine Pinales
Famiglia Aracauriaceae
Famiglia Pinaceae
Famiglia Cupressaceae
Classe
Cupressus sempervirens
Juniperus communis
Taxus baccata
Picea excelsa
Lyginopteridales, Medullosalles,
Caytonales, Glossopteridales,
Bennettitales
• Gimnosperme estinte, delle quali esistono solo forme fossili
• Macrofossili di Caytonales sono stati rinvenuti anche in
Sardegna
Sagenopteris nilsoniana
Pteridospermopsida, Caytoniales
impronta fogliare isolata
Giurassico, Liass
Germania, Strullendorf
Cycadales - Cycas
GEN. CYCAS
Il genere Cycas appartiene alla famiglia delle Cycadaceae e comprende piante molto antiche che hanno
conservato le loro caratteristiche nel tempo. Sono originarie dell'Asia tropicale, della Polinesia,
dell'Africa orientale e dell'Australia.
L'aspetto e la forma ricordano le palme: sono formate da un tronco centrale alla cui sommità si trova un
ciuffo di foglie pennate formate da numerose foglioline.
La particolarità di tutte le specie del genere Cycas è che sono specie dioiche vale a dire piante che
portano solo fiori femminili e piante che portano solo fiori maschili. Il fiore è l’unico carattere distintivo
tra le due tipologie di piante.
I fiori maschili, chiamati microsporofilli, sono inseriti a spirale su un asse allungato, formante
uno strobilio con i singoli microsporofilli di solito squamiformi che portano le sacche polliniche
(microsporangi) sparsi o riuniti in gruppi.
I fiori femminili sono chiamati macrosporofilli e sono riuniti anche loro in strobili terminali che
compaiono alla sommità del fusto come dei densi aggregati di foglie dove gli ovuli si formano ai margini
(macrosporangi).
In natura sono impollinate ad opera del vento o degli insetti.
Il frutto è una falsa drupa che porta un grosso seme di colore rosso-bruno che si sviluppa lentamente
durante l'estate e viene raccolto all'incirca a gennaio - marzo dell'anno successivo quando diventerà da
giallo pallido ad arancio-rosso.
Fiore femminile
Frutto
Fiore maschile
CYCAS REVOLUTA
La Cycas revoluta è originaria dell'Indonesia, della Cina e del Giappone e rispecchia tutte le
caratteristiche tipiche del genere: crescita lenta, fronde verde intenso che hanno un
portamento ripiegato verso il basso.
In genere nei nostri climi non superano i 3 m di altezza se coltivate all'aperto e 1.5m al
chiuso.
E' la specie più coltivata in Italia e sono quasi tutti individui femminili.
Cycas
Cycadales - Zamia
GEN. ZAMIA
Provenienza: America (dalla Florida ai Caraibi e alla parte settentrionale del Sud America).
Descrizione: comprende più di 60 specie, tra cui alcune delle cicadine più minute, che di
solito hanno uno stelo corto sotterraneo o superficiale e foglie arcuate divise in foglioline più
o meno numerose, per lo più lisce, spesso con i margini dentati o seghettati. I coni maschili e
femminili sono prodotti da piante separate e hanno forma diversa. Gli steli di alcune specie
sono una fonte di amido usato per scopi alimentari. E' il più vasto e diversificato tra i generi
americani di cicadine.
Zamia
Zamia
Zamia furfuracea: è originaria della costa orientale del
Messico; le giovani foglie sono inizialmente giallo chiaro,
progressivamente diventano verde oliva e si ricoprono di
una peluria rossastra. Man mano che cresce sviluppa
coppie di foglie e, a fine sviluppo, ogni stelo, lungo fino a
1 metro, ha due dozzine simmetriche di foglie, poste a
45°. Ha fusto tozzo, in parte sotterraneo, non ramificato,
e funge da serbatoio di acqua nelle stagioni secche.
Zamia variegata: presenta foglie multicolori (verdi con screziature gialle).
Zamia pumila: originaria delle praterie e delle foreste
rade dell'intera regione caraibica, che si sviluppa da
steli sotterranei molto ramificati. Le foglie coriacee di
colore verde scuro, simili alle fronde delle felci, sono da
erette a espanse e lunghe meno di 1 metro. I coni
maschili sono cilindrici e quelli femminili ovoidali
Ginkgophyta
• A questo stipite appartiene una sola specie,
originaria della Cina ed ormai coltivata a
scopo ornamentale in tutto il mondo
• Gikgo biloba è un albero dioico con foglie
bilobe a nervatura dicotomica caduche
• Presenta numerosi caratteri primitivi
Ginkgo biloba
PORTAMENTO
È una pianta arborea che raggiunge
un'altezza di 30-40 m, chioma larga fino
a 9 m, piramidale nelle giovani piante e
ovale negli esemplari più vecchi. Il
tronco presenta rami sparsi da giovane,
più fitti in età adulta, branche principali
asimmetriche inclinate di 45°, legno di
colore giallo. I rami principali
(macroblasti) portano numerosi rametti
più corti (brachiblasti), sui quali si
inseriscono le foglie e le strutture fertili.
La corteccia è liscia e di color argento
nelle piante giovani, diventa di colore
grigio-brunastro fino a marrone scuro e
di tessitura fessurata negli esemplari
maturi.
Ginkgo biloba
FOGLIE
Ha foglie decidue, di 5-8 cm, lungamente
picciolate a lamina di colore verde chiaro,
che in autunno assumono una colorazione
giallo vivo molto decorativa, dalla forma
tipica a ventaglio (foglia labelliforme)
leggermente bilobata e percorsa da un
numero elevato di nervature dicotome. La
morfologia fogliare varia a seconda della
posizione e dell'età: le plantule hanno
foglie profondamente incise, le foglie
portate dai brachiblasti hanno margine
interno e talvolta ondulato, le foglie
portate dai macroblasti sono spesso
bilobate.
Ginkgo biloba
FIORI
È una pianta dioica cioè che porta strutture fertili
maschili e femminili separate su piante
diverse. Negli strobili maschili i microsporangi sono
portati a coppie su microsporofilli, disposti a spirale
su un asse allungato. L'impollinazione è anemofila.
Negli strobili femminili gli ovuli, inizialmente due, si
riducono ad uno solo nel corso dello sviluppo e sono
portati su peduncoli isolati. Le piante femminili
dunque, a differenza della maggior parte delle
Gimnosperme (in particolare delle Pinophyta), non
producono coni propriamente detti ma strutture
analoghe a questi.
La fioritura è primaverile. Tra impollinazione e
fecondazione intercorrono alcuni mesi. La
fecondazione avviene a terra all'inizio dell'autunno,
quando gli ovuli sono già caduti dalla pianta madre
e hanno quasi raggiunto le dimensioni definitive. I
gameti sono ciliati e mobili, come avviene in molti
gruppi
meno
evoluti
(Cycadophyta,
muschi, felci ed alghe).
Ginkgo biloba
SEMI
I semi (di cui è commestibile l'embrione
dopo la torrefazione) sono lunghi 1,5-2 cm e
sono rivestiti da un involucro carnoso,
pruinoso di colore giallo, con odore
sgradevole a maturità (per la liberazione
di acidi carbossilici, in particolare acido
butirrico), che viene definito sarcotesta.
All'interno di questo vi è una parte legnosa
(sclerotesta) che contiene l'embrione. La
germinazione del seme è epigea.
Ginkgo biloba
DISTRIBUZIONE
È originaria della Cina, nella quale sono stati rinvenuti fossili che risalgono all'era mesozoica.
La pianta è stata ritenuta estinta per secoli ma, recentemente, ne sono state scoperte almeno
due stazioni relitte nella provincia dello Zhejiang nella Cina orientale. Non tutti i botanici
concordano però sul fatto che queste stazioni siano davvero spontanee, perché la Ginkgo è
stata estesamente coltivata per millenni dai monaci cinesi.
Gnetophyta
Gen. Ephedra
Ephedraceae
Gnetaceae
Welwitschiaceae
Distribuzione del genere Ephedra
Gnetophyta
Gen. Gnetum
Ephedraceae
Gnetaceae
Welwitschiaceae
Gnetophyta
Gen.Welwitschia
Ephedraceae
Gnetaceae
Welwitschiaceae
Divisione
CONIPHEROPHYTA
CONIFEROPSIDA
Ordine Taxales
FamigliaTaxaceae
Ordine Pinales
Famiglia Aracauriaceae
Famiglia Pinaceae
Famiglia Cupressaceae
Classe
Taxaceae
• Alberi o arbusti sempreverdi, dioici, con foglie lineari inserite a
spirale sui rami. Le infiorescenze maschili sono formate da
numerose sacche polliniche, quelle femminili da gruppi di ovuli. Il
seme è avvolto in un tegumento duro circondato a sua volta
interamente o quasi da una formazione carnosa detta arillo. La
famiglia è di origine molto antica, come testimoniano i fossili
risalenti al triassico, attualmente è costituita da 5 generi e 15
specie distribuite in tutto il mondo
• In Italia l'unico rappresentante della famiglia è il tasso (Taxus
baccata), detto anche "albero della morte" per la presenza nelle
parti vegetative della pianta di un potente veleno, la tassina, di cui
sono privi soltanto gli arilli, commestibili.
Taxus baccata tasso
• Il tasso è un albero legato ai boschi mesofili caducifogli,
quali soprattutto le faggete. Nel Terziario era uno dei più
diffusi e tipici componenti delle foreste montane
sempreverdi, assieme all'agrifoglio (Ilex aquifolium, fam.
Aquifoliaceae), in un clima notevolmente più umido e
caldo dell'attuale.
• Il Taxus baccata è un albero sempreverde con crescita
molto lenta e per questo veniva utilizzato nell’arte
topiaria per l’ornamentazione dei giardini.
• Un tempo venivano utilizzate le sue foglie come
coadiuvante nei problemi di asma, bronchite,
reumatismi ed epilessia. Attualmente l'industria
farmaceutica estrae dalla pianta un potente principio
attivo, il Taxolo, che ha un largo impiego nella cura
contro i tumori. Viene anche utilizzata nei rimedi
Omeopatici.
Taxus baccata
tasso
Aracauriaceae
GEN. ARAUCARIA
Il genere Araucaria comprende diverse specie
arboree originarie dell'emisfero meridionale.
Le araucarie hanno ramificazioni regolari e
simmetriche, foglie lanceolate o aciculari, fiori
normalmente
dioici
più
raramente
monoici
con
infiorescenze
strobiliformi arrotondati, semi quasi sempre
eduli non alati.
La specie più coltivata come pianta
ornamentale in Italia, per la sua rusticità, nei
parchi, giardini e viali è l'A. araucana,
chiamata anche "Puzzle della scimmia", un
albero sempreverde proveniente dal Cile, che
raggiunge altezze considerevoli (oltre i 30 m),
con foglie verde lucido, acuminate, spinose
all'apice, la corteccia è grigia, rugosa e spessa.
Nelle piante giovani i rami sono disposti
orizzontalmente dando alla pianta una forma
conica; col passare del tempo la pianta
assume la caratteristica forma arrotondata
con i rami inferiori rivolti verso il basso.
Pinaceae
• Piante arboree, raramente arbustive
• Foglie aghiformi isolate su macroblasti o riunite a due,
a cinque, fino a molte su brachiblasti
• Infiorescenze a forma di cono, con squame fertili
inserite a spirale situate sulla stessa pianta. Squame
femminili con due ovuli, semi con involucro rigido.
• La famiglia comprende 9 generi con circa 170 specie
diffuse in tutto il mondo, dalle regioni fredde e quelle
calde tropicali
• I reperti fossili delle Pinaceae risalgono al Mesozoico
Chiave dei generi della Fam. Pinaceae
Numero di foglie sul brachiblasto
Abies
Abete bianco
sezione foglie
sezione foglie
sezione sezione
foglie foglie
1
inserz.inserzione
foglie foglie
fascetti di 2
Pino sp. div.
fascetti
fascetti
di 2di di
fascetti
5 2
fascetti di 5Pinus cembra
fascetti
di cembra
5
2-5
Pinus
Pinus pinea
Pinus pinea
Pinus pinaster
seme con protezione
seme con protezione legnosa
seme alatolegnosa
Larix
Larice
Pinus sylvestris
scudo poco rilevato
foglie caduche
Abete rosso
strobili
strobili penduli
strobili
strobili eretti
Pinus
Picea
inserzioneinserzione
foglie
foglie
scudo pocoPinus
rilevato
halepensis
Pinus
cembra
Pinus pinaster
Pino
seme alato
Pinus halepensis
20-40
foglie sempreverdi
scudo carenato o uncinato
scudo carenato o uncinato
Pinus sylvestris
foglie 2-7 cm
foglie
2-7 cm
Pinus
mugo
cembro
Pinus mugo
Cedrus
Cedro
Picea excelsa abete rosso, peccio
Albero di prima grandezza, alto sino a 50 (60) m., molto longevo,
a tronco diritto e cilindrico, molto resinoso, corona lungamente
piramidale e acuta, talora colonnare; corteccia rossastra,
sfaldantesi in gioventù in piccole squame poi fessurata e divisa in
placche irregolari; rami orizzontali.
Foglie solitarie, sessili, lineari (15-25 x 1-2 mm.), a sezione
romboidale, disposte a spirale sui rami, verdi su ambedue le
facce.
Fiori maschili in amenti, giallo-rossastri a gruppi di 2 o 6 all'apice
dei giovani rami; fiori femminili in amenti solitari, sessili, di colore
rosso vivo.
Pigna cilindrica (10-20 x 3-4 cm.), di colore rosso-bruno, penduli,
che cadono interi senza disarticolarsi.
Il legno, bianco, è tenero e lucido; si usa largamente per lavori
correnti di falegnameria, per infissi e imballaggi. Ottimo
nell'industria cartaria per cellulosa.
Picea excelsa
Abete rosso, peccio
Picea excelsa abete rosso, peccio
Pecceta montana
La distribuzione attuale delle peccete montane non è probabilmente quella originaria, non
va dimenticato che il peccio è stato molto utilizzato per recuperare aree denudate,
abbandonate o eccessivamente sfruttate, a scapito anche dei faggeti e di altri boschi di
latifoglie.
La pecceta montana mostra una discreta affinità con i boschi di latifoglie ed in particolare
con il faggeto, inoltre, diverse latifoglie vivono ai margini e nelle radure della pecceta
montana, quali il maggiociondolo alpino, l'acero di monte, il salicone, la betulla.
Pecceta subalpina
L'abete rosso può presentare dominanze variabili. Se intorno ai 1500-1800 metri trova forse
le sue migliori condizioni di crescita e forma spesso boschi estesi e lussureggianti, salendo di
quota tende a venire prima affiancato, e poi anche del tutto sostituito, dal larice e/o dal pino
cembro, meglio resistenti ai geli invernali. Il larice, peraltro, può infiltrarsi nella pecceta già a
quote inferiori, sfruttando le sue doti pioniere per insediarsi in stazioni meno favorevoli.
Il bosco ad abete rosso più tipico è rappresentato dalla pecceta subalpina, diffusa nel piano
altomontano, dai 1500 m circa fino al limite superiore del bosco che sulle alpi raggiunge
anche 2300 m. A causa del clima più rigido, la flora dei boschi di quote inferiori lascia il
posto ai mirtilli, ai rododendri , al pino mugo e ad altre specie meglio adattate alle
condizioni proibitive delle pendici sommitali.
Picea excelsa abete rosso, peccio
Rami con strobili femminili
Tronco in fase di scortecciatura
Pecceta subalpina
Pecceta montana
Abies alba
abete bianco
L'abete bianco è un albero maestoso, slanciato e longevo, presenta
un fusto diritto che può arrivare ad un diametro di 3 metri e data la
sua notevole altezza (in media 30 metri ma alcuni esemplari possono
superare i 45-50 metri), è soprannominato "il principe dei boschi".
La chioma, di colore verde-blu cupo, ha forma piramidale negli
esemplari giovani, mentre negli adulti (dopo i 60-80 anni) si forma un
appiattimento, definito "nido di cicogna", in quanto la punta
principale ferma la crescita e i rami sottostanti continuano a
svilupparsi fino a formare una specie di conca. Tale pianta ha una
ramificazione molto regolare: i rami principali sono raggruppati in
palchi regolari e disposti orizzontalmente e mai penduli
(ramificazione simpodiale). I rami secondari sono, invece, disposti
lungo il tronco seguendo un andamento a spirale.
Vive ad altitudini comprese fra 400 e 1900 metri e risulta essere un
albero molto longevo: può raggiungere, infatti, i seicento anni d'età.
L'abete bianco è una specie sciafila (che può vivere, cioè, in zone
d'ombra); allo stato giovanile, l’abete bianco può ben sopportare la
copertura, mentre allo stato adulto ha la necessità di vegetare in
piena luce. L'abete bianco ama l'umidità, terreni freschi e profondi,
tipici dei versanti ombreggiati e molto piovosi.
Abies alba
abete bianco
Abies alba
abete bianco
abetina
rametto
Abete bianco con strobili femminili
CONIFERE ORNAMENTALI
Abies cephalonica
Pianta originaria della Grecia e Isole Ionie.
Tollera climi più aridi e secchi dell'abete
bianco, su terreni calcarei. Nelle zone
originarie forma boschi misti con castagni
e querce e anche boschi puri
Gen.Pinus
Questo genere è il più grande ed importante fra tutte le conifere, comprende circa
120 specie, largamente distribuite nell’emisfero settentrionale, fin quasi ai limiti
della vegetazione arborea nel Nord America, Europa, Asia alle foreste subtropicali
dell’India, Birmania, Sumatra, Filippine, Honduras britannico, Indie occidentali,
Isole Canarie e Africa settentrionale. I pini hanno una importanza primaria nella
produzione di legname da costruzione, sebbene il legno della maggior parte delle
specie sia adatto alla fabbricazione di carta e cellulosa. Dal legno di diverse specie
si ottengono trementina, olio di legno di pino, catrame di legno e resina. L’olio
ricavato dalle foglie di diverse specie viene usato nella fabbricazione di medicinali e
i semi di alcune specie sono anche commestibili. I nemici naturali sono numerosi,
per la presenza di resina, il fuoco rappresenta una seria minaccia, mentre
considerevoli danni vengono provocati da vari insetti e funghi.
Pinus cembra Pino cembro
Il cembro o cirmolo è spontaneo in Europa sulle Alpi e sui Carpazi. Sulle Alpi è presente nel settore
centroccidentale, mancando in quello orientale.
Pianta longeva, raggiunge 500 anni di età; adatta a clima continentale, vegeta in alta montagna tra 1600
e 2400 m di altitudine, sopportando forte vento e temperature molto rigide. Pur preferendo terreni
freschi e profondi, dove raggiunge sviluppo ottimale, cresce anche su substrati sassosi, purché
sufficientemente umidi, grazie all'apparato radicale robusto e profondo. Il cembro forma, ad alte quote,
boschi puri, in formazioni rade e ariose, nelle zone dei pascoli alpini; nella fascia inferiore si mescola al
larice e all'abete rosso. Gli esemplari isolati hanno sagoma ovale, armoniosa e ramificata dal basso.
L'attuale area di diffusione sulle Alpi è più ridotta rispetto ad un tempo e si va ancora contraendo per il
sommarsi di vari fattori negativi, come pascolo eccessivo e tagli indiscriminati.
I coni del pino cembro producono semi detti "pinocchini", che sono commestibili .
Il legno è uno dei più pregiati e ricercati tra quelli delle conifere; ha alburno bianco avorio e durame
bruno chiaro, i nodi sono scuri. Non viene attaccato dai tarli e non si scheggia. I lavorati emanano per
lungo tempo un caratteristico profumo balsamico. Molto tenero e leggero, con nodi che non si
staccano, si presta in particolar modo per lavori di intaglio permettendo lo sviluppo di un artigianato di
pregio, come quello delle note sculture della Val Gardena.
Pinus cembra
Pino cembro
Chiave
del
gen.
Pinus
(con fascetti di 2 fg)
fascetti di 2
fascetti di 5
Pinus cembra
Pinus pinea
seme con protezione legnosa
Pinus pinaster
seme alato
scudo poco rilevato
Pinus halepensis
scudo carenato o uncinato
Pinus sylvestris
corteccia rossiccia
foglie 2-7 cm
Pinus mugo
corteccia scura
Pinus ni gra
cicatrici sporgenti
foglie 8-14 cm
P. leucodermis
cicatrici lisce
Pinus pinea pino domestico
Pinus pinea è un albero maestoso che può raggiungere i 25-30 m di altezza, e 6 m di
circonferenza. Questa specie non ha longevità molto elevata, ma può giungere fino a circa
200-250 anni di età. Il fusto è cilindrico, raramente biforcato, con rami inseriti in verticilli
regolari incurvati verso I'alto. La forma della chioma è globosa nelle piante giovani fino a
25-30 anni, mentre nelle piante adulte, verso i 50 anni di età, assume la caratteristica
forma ad ombrello e si innalza rapidamente per la potatura naturale dei rami inferiori. La
cima si appiattisce sempre di più con l'età; il portamento ad ombrello pare dovuto ad una
dominanza apicale poco marcata nel getto terminale.
Il legno è molto resinoso e pesante con duramen giallo-rosso e alburno bianco-roseo. Gli
anelli di accrescimento, generalmente ampi, sono ben individuabili e mostrano una
separazione piuttosto netta fra la zona primaverile e la zona tardiva.
Pinus pinea viene coltivato come specie pioniera per il rinsaldamento delle dune in zone
mediterranee ad elevata siccità estiva e per la produzione del seme e del legno.
Pinus pinea
Pino domestico
Pinus pinaster pino marittimo
Si tratta di un albero alto fino a 40 metri, dalla chioma all'incirca conica negli esemplari
giovani, cilindrica o irregolarmente ombrelliforme in quelli annosi (ben diversa, quindi, da
quella, elegantissima ed inconfondibile, del pino domestico).
Gli aghi del pinastro sono rigidi, coriacei, lunghi fino a 20 centimetri, le pigne un po’
asimmetriche, tendenti alla forma conica, rossicce (da chiuse), lunghe 10-20 centimetri.
Il pino marittimo vive spontaneo nel bacino mediterraneo occidentale.
Specie eliofila e si spinge sino a 1000 m . La crescita è relativamente rapida : preferisce
substrati acidi , ma si adatta anche a terreni molto poveri (sabbiosi o brughiera).
E' utilizzato in difesa dall' erosione del vento di zone litoranee, oltre che per l'estrazione di
resina.assai diffusa con i rimboschimenti e grazie ad interventi indiretti dell'uomo, nel
Centro-Sud è stata poco impiegata, progressivamente sostituita dal pino d'Aleppo, assai più
tollerante di fronte alla forte insolazione e all'aridità.
Pinus pinaster
Pino marittimo
Pinus halepensis Pino d’Aleppo
Albero sempreverde, il Pino d’ Aleppo si presenta quasi sempre eretto, con chioma a forma
irregolare, ampia verso la sua sommità. Ha un tronco massiccio di colore rossastro verso la
base, mentre salendo verso la sua altezza, si fa sempre più scuro. Ha foglie color verde
chiaro, aghiformi, di 5-15 centimetri, sottili e tenere. La fioritura avviene tra marzo e
maggio, con fiori sia maschili che femminili. Questi ultimi hanno colore con sfumature di
verde e viola. Le sue pigne sono di forma ovale, lunghe 5-10 centimetri e larghe 2-3. Dal
color verde, raggiunta la maturità passano ad un colore rosso-marrone.
Il pino d’Aleppo ha portamento irregolare a chioma bassa ed espansa e fusto spesso
inclinato e contorto , può raggiungere i 15-20 m. Corteccia da grigia a rosso-bruna
profondamente solcata.
Diffuso in tutto l'areale costiero mediterraneo, questo pino è specie molto rustica e
resistente alla siccità ; vegeta sino a 1500 m di quota.
E' utilizzato per rimboschimenti di suoli molto poveri grazie al suo rapido accrescimento.
Dalla resina abbondante si estrae trementina.
Pinus halepensis
Pino d’Aleppo
Pinus sylvestris pino silvestre
Albero sempreverde, alto fino a 35 m., con chioma di forma piramidale, espansa ed ovale
negli individui isolati. Corteccia degli alberi adulti arancione nella parte alta del fusto e
della chioma, screpolata in lamelle sottili. Rami di color rosso-ruggine. Sotto ha profonde
fessure. Il profilo stretto e con rami regolari si altera man mano che l'albero cresce; i rami
bassi cadono e si forma una chioma piatta. Aghi lunghi 3 - 8 cm., rigidi ed appuntiti, ritorni,
di colore verde grigiastro, in fascetti di 2.
Pianta monoica: amenti maschili ovoidali di color giallo rosato riuniti intorno alla gemme
apicali
dei
rametti,
infiorescenze
femminili
brevemente
peduncolare.
Coni (pigne), lunghi 3 - 5 cm, verdi nell'autunno del primo anno, bruni a maturità,
nell'ottobre del secondo anno, cadono presto a terra. Il fusto ha corteccia rossastra.
Questa pinacea occupa un vastissimo areale che va dagli Appennini all' Europa del nord
sino all' Asia nord-orientale. Si tratta di una pianta eliofila che sopporta climi rigidi e aridità.
Frugale vegeta su qualsiasi substrato , ha rapido accrescimento e raggiunge i 40 m di
altezza. Il legno di questo pino è di buona qualità : ha alburno biancastro e durame rosso, è
resistente e facile da lavorare. Viene impiegato in lavori di falegnameria corrente,
imballaggi, serramenti, per tavolame, travature e come pasta per cellulosa nell'industria
cartaria. Dalla distillazione del legno si ricava la pece navale o pece nera. Dalla corteccia si
ricava tannino per la concia delle pelli.
Pinus sylvestris
Pino silvestre
Pinus
sylvestris
Pinus mugo
Pino mugo
Arbusto con portamento prostrato alto al
massimo 2-4 m; i numerosi e flessibili rami si
dipartono fin dalla base e sono caratterizzati da
fitti aghi lunghi fino a 4 cm, riuniti a due, di colore
verde-cupo. La corteccia è grigio bruna a placche
romboidali; sulla stessa pianta si trovano coni
(pigne) maschili lunghi fino a 1 cm alla base dei
Si rinviene fra i 1800 - 2300 m oltre il limite della
rami dell'anno e coni femminili, prima verdi e poi
vegetazione arborea. Preferisce i terreni basici
rosso violetti, solitari o accoppiati all'apice dei
calcarei o dolomitici
rami
Come tutte le piante della sua famiglia è noto per la
Diffuso in ambiente alpino è sporadico
produzione di resina , un tempo ricavata da incisioni
nell’Appennino, dove è limitato alla porzione più
sul fusto, con la quale si preparavano linimenti utili
meridionale. Sulla Majella è presente il
nelle forme reumatiche e nelle affezioni polmonari.
popolamento più esteso dell'Appennino dove
Attualmente si utilizza la distillazione in corrente di
costituisce un climax relitto, con areale in
vapore
degli
aghi
e
dei
piccoli
rami.
passato ben più ampio e poi andatosi
Da questa si ricava un fluido odoroso, chiamato
restringendosi a causa delle mutate condizioni
mugolio, che viene usato come balsamico per
climatiche intercorse negli ultimi 10.000 anni
combattere le malattie dell'apparato respiratorio.
Pinus mugo
Pino mugo
Pinus mugo
Pino mugo
Pinus nigra pino nero
Quando si parla di Pino nero, si fa riferimento ad un insieme di specie, che si sono differenziate in un
areale molto vasto e frammentato.
I pini neri secondo alcuni autori possono essere suddivisi in:
- Pinus clusiana: si rinviene nel settore occidentale (Francia, Spagna e nord Africa) in popolamenti
contorti sopra mediterranei;
-Pinus palladiana: si rinviene nel settore orientale (Romania, Crimea, Turchia e Cipro) e in italia
- Pinus laricio in Calabria e Sicilia (ssp. calabrica) e in Corsica (ssp. corsicana);
- Pinus nigricans che si rinviene con le sue sottospecie in Abruzzo (ssp. italica), Friuli, Veneto Austria e
Slovenia (ssp. austriaca) e sulla costa dalmata ed in Grecia con altre sottospecie.
In ogni caso si tratta di piante molto diffuse a scopo di rimboschimento, per la loro adattabilità e per il
loro relativo rapido sviluppo. Si adattano anche a substrati tendenzialmente calcarei, non troppo
profondi, poco fertili. Cresce in posizioni soleggiate, mal sopportano la competizione spazio-luce con
altre essenze e prediligendo climi non troppo freddi.
Il Pino nero non tollera i substrati troppo pesanti ed asfittici e non sempre si adatta agli ambienti
urbani con problemi di inquinamento atmosferico, Spesso infatti in condizioni ambientali inidonee
presenta un deperimento fisiologico progressivo con arrossamento e necrosi degli aghi posti nella
parte interna della chioma che cadono in massa lasciando la pianta spoglia soprattutto all'interno.
Quando tali condizioni sfavorevoli sono accentuate dall'ombreggiamento della chioma o da stress di
natura parassitaria (es. attacchi da parte di insetti come le cocciniglie o la processionaria), tali necrosi
possono portare alla morte della pianta.
Pinus
nigra
Pino nero
Areale di pino nero: P. clusiana 1-ssp. mauritanica,
2 ssp. hispanica, 3-ssp. salzmanni; P. laricio 4-ssp.
laricio, 5-ssp. italica, 6-ssp. calabrica; P. nigra 7ssp. austriaca, 8-ssp. dalmatica, 9-ssp. illyrica; P.
pallasiana 10-ssp. banatica, 11-ssp. pindica, 12ssp. balcanica, 13-ssp. pallasiana, 14-ssp.
caramanica, 15 ssp. fenzlii
Areale
alpino
italiano (sopra)
di Pinus nigra
subspecie
austriaca
con
stazioni isolate
(triangoli)
Pinus leucodermis Pino loricato
Relitto dell'ultima glaciazione, è presente in Italia solamente nel
Parco nazionale del Pollino (di cui è simbolo), nel resto d'Europa
anche nei Balcani.
Ha un portamento conico-espanso, alto fino a 35 m e con il
diametro del tronco che può raggiungere i 2 m.
La corteccia di colore grigio-giallastra che diviene bianca sugli
alberi morti, è fessurata in placche.
Il nome comune italiano della specie (pino loricato) deriva dal fatto
che la corteccia stessa ricorda la lorica (corazza in uso nelle legioni
dell'antica Roma).
Gli aghi sono riuniti in mazzetti di due, larghi fino a 2 mm, lunghi 67 cm. Vegeta nelle zone rocciose più impervie spinto sempre più in
alto dal faggio.
Pinus leucodermis Pino loricato
Larix decidua
Strobili femminili maturi
larice
lariceto
Strobili fiorali maschili e femminili
Giovani foglie
Larix decidua
larice
Il larice è pianta tipica delle
montagne dell'Europa centrale.
Vive tra 800 e 2500 m; tali limiti
altimetrici possono variare a
seconda
delle
condizioni
climatiche delle zone.
Si differenzia dalla maggior parte delle conifere perché in autunno l'albero perde le foglie.
E' specie eliofila, che forma boschi puri, radi e luminosi, con sottobosco ricco di piante
erbacee; piú frequentemente lo troviamo associato a faggio, abete rosso, pino silvestre,
montano e cembro a seconda delle località. Si adatta a qualsiasi terreno, purché ben
drenato, colonizzando anche terreni spogli.
E' l'albero che raggiunge le quote piú elevate, sopportando gelo e venti impetuosi,
prediligendo condizioni di clima decisamente continentali.
Il legno del larice, ottimo e ricercato, ha color rosso intenso. Immerso in acqua, diviene
resistentissimo. La resina, detta trementina di Venezia, viene usata nell' industria delle
vernici. La corteccia è impiegata per l'estrazione dei tannino e per lavori di intaglio.
Larix decidua
larice
Gen. Cedrus
Alberi di notevoli dimensioni (il C. deodara raggiunge anche75 m di
altezza), sempreverdi e con aspetto caratteristico. Portamento vario
a seconda della specie; tronco dritto, molto rastremato, con
corteccia rigata obliquamente e verticalmente. Rami distinti in
macroblasti e brachiblasti, i primi lunghi con aghi sparsi, i secondi
corti e con aghi riuniti a ciuffetti. Sistematicamente il genere Cedrus
si trova tra i generi Larix e Pinus; si distingue dal larice per gli aghi
sempreverdi e gli strobili larghi con squame caduche. Vi
appartengono 4 specie di cui 3 mediterranee e 1 dell’Hymalaya: C.
libanotica, sui monti del Libano e del Tauro, C. brevifolia endemico
dell’Isola di Cipro, C. atlantica sulle montagne dell’Algeria e del
Marocco, C. deodara dell’Hymalaya, Afghanistan.
Cedrus libani
Cedro del Libano
Cedrus atlantica
Cedro dell’Atlante
Cedrus deodara
Cedro dell’Himalaia
CONIFERE ORNAMENTALI
Cedrus deodara var.pendula
Cedrus atlantica
var.glauca pendula
Cupressaceae
Cupressus sempervirens
• Sporofilli verticillati
• Foglie più o meno
aghiformi o aciculari
squamiformi,
• Strobili secchi e legnosi o carnosi
(galbuli)
Juniperus phoenicea
Juniperus communis
Gen. Juniperus


Foglie sia di tipo squamiforme, che aghiformi (o aciculari)
Strobili carnosi (galbuli)
Chiave di riconoscimento
per le principali specie di
Ginepro
Juniperus
communis
ssp. communis
Ginepro comune
Juniperus communis subsp. communis
Ginepro comune
Arbusto sempreverde riccamente ramoso che può raggiungere dimensioni medio grandi, sfiorando e
superando i 6 m. La corteccia si presenta rossastra e tipicamente desquamata in linee longitudinali
parallele. Chioma ampia con aspetto colonnare. Foglie sottili, lineari, appuntite pungenti, riunite a gruppi
di tre elementi, con la faccia superiore nettamente segnata da una linea bianca. Si tratta di una pianta
dioica (i fiori maschili e quelli femminili sono portati da individui diversi). Il galbulo è sferoide, presenta tre
semi al suo interno, impiega due anni per maturare passando dal colore verde glauco del primo anno a
viola bluastro del secondo anno.
Habitat
Si tratta di una pianta pioniera e quindi la troviamo nelle zone più brulle e spoglie, nei prati pascoli, anche
se in realtà si adatta molto bene anche al sottobosco di numerose essenze arbustive mediterranee, in
particolare quelle con forte presenza di roverella, non disdegna nemmeno le zone pietrose dei sottoboschi
ripopolati con pino nero.
Uso Alimentare
Il legno di questa pianta, intensamente aromatico, viene usato per fumigazioni di alcuni insaccati, le bacche
sono usate per aromatizzare le carni e gli arrosti in genere, sono impiegate per realizzare alcune acquaviti e
birre, in particolare si usano in distilleria per la produzione del notissimo Gin.
Uso officinale
L'olio essenziale di questo arbusto presenta proprietà balsamiche, diuretiche, carminative, antisettiche e
stomachiche. Il legno manifesta proprietà diaforetiche (favorisce la sudorazione nelle affezioni da
raffreddamento). L'uso delle foglie e delle bacche trova impiego come stimolante l'appetito e la digestione,
trova utilizzi anche nel trattamento delle affezioni delle vie urinarie. L'impasto macerato di foglie e rami
viene utilizzato per applicazioni locali utili al trattamento di reumatismi, dolori articolari e contusioni.
Juniperus communis subsp.
communis
Ginepro comune
Juniperus communis ssp. nana
Ginepro nano
M. Prena (Gran Sasso)
Juniperus communis ssp. nana
Ginepro nano
Arbusto dioico prostrato, con corteccia bruno-rossastra nei rami giovani, desquamante
longitudinalmente.
Foglie lunghe sino a 10 mm, lineari aghiformi, in verticilli di tre, pungenti, patenti, con faccia
superiore quasi piana e con una sola stria glauca.
Fiori coni femminili di forma globosa, costituiti da poche squame carnose saldate anche a
maturità. Fioritura : febbraio – aprile.
Frutti pseudo-bacche (galbuli), di colore dapprima verde poi blu-viola, ricoperte da pruina
che maturano a fine estate-autunno del secondo anno. impiegano due anni per raggiungere
la completa maturazione tanto che si possono vedere, contemporaneamente sulla pianta,
sia quelle bluastre ormai mature che quelle verdi che matureranno l'anno successivo.
Maturazione: ottobre/novembre.
Seme semi piccoli fino a 3 per galbula, con dormienza dovuta ai tegumenti duri e
impermeabili.
Pianta eliofila e con scarsa esigenza di substrato, diffusa su pascoli e brughiere dai 1500 m ai
2500 m (piano subalpino).
Juniperus communis
ssp. nana
Ginepro nano
Juniperus oxycedrus ssp. oxycedrus
Ginepro rosso
Pianta arbustiva o piccolo albero sempreverde alto fino a 5 metri (raramente fino a 15 metri), con
portamento variabile dal prostrato all' arboreo; corteccia di colore grigio-rossastro o bruno-rossastro nei
rami giovani, desquamante in linee longitudinali ed ondulate nei bordi nei rami di 10 anni; tronco eretto
e ramificato fin dal basso; rami inseriti sparsamente sul fusto, di colore bruno rossastro, con internodi di
3-10 mm; chioma piramidale di colore verde vivo parzialmente aperta; il sistema radicale è molto
sviluppato.
Foglie di colore verde glauco, aghiformi, coriacee e pungenti, cerose, lunghe 15-25 mm, patenti, con due
strisce biancastre nella pagina superiore, prive di picciolo,verticillate a 3.
Frutto : costituito da una pseudo-bacca (galbulo), derivante dall'ingrossamento delle brattee fertili del
cono, inizialmente di colore giallo-verdastro, a maturità rosso-bruna e più o meno pruinosa, di forma
quasi sferica, con un diametro fino a 15 mm, contenente in genere tre semi forma lanceolata, a sezione
grossolanamente triangolare. Dalla fioritura alla maturazione delle galbule passano circa due anni. I
galbuli maturano da settembre-ottobre in poi fino a gennaio.
Juniperus oxycedrus L. è simile a Juniperus communis L. da cui si differenzia per la chioma più ampia e il
portamento anche arboreo, per gli aghi più lunghi e più larghi, con due strisce glauche sulla faccia
superiore e per i galbuli di colore rosso-bruno a maturità anziché bluastri e un po' più grossi. Inoltre è
pianta più termofila di Juniperus communis, vegeta in ambiente temperato e mediterraneo, predilige
suoli calcarei.
Il legno, duro e compatto, è adatto per lavori di intarsio e per costruire matite, botti, solai ed
imbarcazioni; dalla sua distillazione si ottiene l'olio di Cadè, usato in antichità dai romani per
imbalsamare i morti, e ancora oggi utilizzato nel trattamento di alcune dermatosi ed è inoltre impiegato,
sempre a fini cosmetici, per la fabbricazione di shampoo.
Juniperus oxycedrus
ssp. oxycedrus
Ginepro rosso
Luoghi aridi, sassosi e assolati, preferibilmente su
calcare, dalle zone costiere fino ai 1800-1900 m
Juniperus oxycedrus ssp. macrocarpa
Ginepro coccolone
Juniperus oxycedrus L. subsp. macrocarpa ha foglie maggiori (larghe fino a 2,5 mm) rispetto
a J. oxycedrus , galbulo pruinoso, di diametro 8-15 mm, più scuro e più grande di quello
della sottospecie nominale.
E' presente solo nelle zone litoranee sabbiose, fino ad altezze di pochi metri sul livello del
mare, con una distribuzione geografica più limitata della sottospecie nominale, diffusa in
particolare sulle coste del Sud Italia e nelle Isole.
Per le sue caratteristiche di specie pioniera in ambienti sabbiosi e degradati, svolge un ruolo
importante nel trattenimento e consolidamento del terreno, grazie anche al suo apparato
radicale molto esteso. Contribuisce così all'evoluzione del terreno stesso e all'arricchimento
in sostanza organica, aiutando l'insediamento di specie meno resistenti ad ambienti ostili e
favorendo l'instaurarsi di una vegetazione più ricca ed evoluta. Viene perciò utilizzata nel
recupero e ripopolamento di terreni denudati, di aree degradate e di zone impoverite di
vegetazione.
L'estratto di foglia verde esercita un'azione repellente verso gli insetti. Il fogliame è poco
appetito dagli animali. I frutti sono invece molto appetiti dagli uccelli. Il legno è tra i più
compatti e duri della nostra flora arborea. E’un legno pregiato, scuro e profumato, durissimo
ma di facile lavorazione, quasi incorruttibile.
Juniperus oxycedrus
ssp. macrocarpa
Ginepro coccolone
Luoghi caldi e sabbiosi esclusivamente sulle dune e le
falesie costiere
Juniperus sabina
Ginepro sabino
si distingue per portamento spesso prostrato o strisciante, foglie
lunghe 1÷3 mm, verdi bluastre con apice ottuso convesse sulla
pagina superiore ove è evidente una ghiandola. le foglie strofinate
emanano cattivo odore; i frutti hanno un colore bluastro sono
ricoperti da una pruina cerosa glaucescente e sono portati da un
peduncolo ricurvo.
Presente in Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Trentino, Veneto,
Friuli, Liguria, Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata, Calabria.
Juniperus phoenicea
Ginepro fenicio
si distingue per essere arbusto eretto 1÷ 4 m, con corteccia
desquamata in nastri arrotolati; rami completamente
ricoperti dalla foglie squamiformi 1mm, verdi o bluastre,
convesse superiormente, apice ottuso;i frutti sono bacche
rossastre, ovali, pendule.
Presente in Liguria, Toscana, Lazio, Campania, Puglia, Sicilia,
Sardegna.
Juniperus turbinata
Ginepro mediterraneo
si distingue per essere albero alto anche 10÷12 m, con
foglie squamiformi, opposte e appressate all’asse
centrale, foglie delle plantule aghiformi e pungenti; coni
generalmente terminali, globosi, galbulo lucido e di
colore rosso-bruno a maturità.
Presente in Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna.
Cupressus

Foglie esclusivamente di tipo
squamiforme (o embriciate)

Strobili secchi e legnosi
Cupressus
Comprende circa 19 specie. Alberi,
raramente arbusti, si trovano nel bacino
del
Mediterraneo,
America
Noccidentale, Messico, Himalaya e Cina
occidentale.
Foglie
persistenti,
squamiformi,
opposte
decussate
(intrecciate ad X), decorrenti e appiattite
sul rametto. Piante monoiche, strobili
sub-globosi con 6-12 squame legnose
peltate, strettamente saldate per i
margini durante la crescita ma separate a
maturità.
C. sempervirens
C. macrocarpa
C. arizonica
Cupressus sempervirens
Cipresso
Albero sempreverde, molto longevo, alto fino a 30 m (negli esemplari più vecchi può
arrivare anche a 50 m), con tronco diritto e robusto e con chioma di forma molto variabile,
o conico-piramidale allungata terminante in una punta con rami appressati eretti, spesso
ramificato fin dalla base (var. pyramidalis) o espansa con rami patenti o quasi orizzontali
(var. horizontalis).
Le foglie sono piccole, ridotte a squame subtriangolari (1 mm o meno), disposte in 4 file
fittamente embriciate, appressate ai rametti ricoprendoli completamente.
Fiori monoici, ma presenti sulla medesima pianta. I fiori femminili dopo l'impollinazione si
sviluppano in strobili (o galbuli) subsferici, verdi quando immaturi. Si maturano dopo due
anni e diventano grigio-giallastri con squame legnose peltate, irregolarmente poliedriche a
forma di scudo con mucrone ottuso. Ogni squama contierne da 5 fino a 20 semi angolosi
strettamente alati.
Originario del Mediterraneo orientale (Creta, Rodi, Cipro, Siria) è stato introdotto in Italia in
epoca antichissima, forse già dagli Etruschi o addirittura dai Fenici, ed è attualmente diffuso
in tutto l'areale del Mediterraneo dove si trova sia spontaneo che coltivato come pianta
ornamentale dei parchi, viali e cimiteri, e spesso viene piantato per contrassegnare i confini
di proprietà.
Cupressus sempervirens
Cipresso
Cupressus macrocarpa, C. arizonica
Cupressus macrocarpa cipresso di Monterey
albero a chioma dapprima piramidale, quindi ombrelliforme, con
foglie squamiformi lunghe fino a 2 mm, di color verde chiaro;
corteccia bruno-rossastro scura che diventa grigio chiara nei
soggetti vecchi rompendosi in scaglie piatte; galbuli a maturità
bruno-lucidi.
Originario della California. E' usato nelle zone litoranee come
frangivento essendo tollerante all' aria salmastra. e nei parchi.
Inoltre , avendo accrescimento rapido, è anche usato per
rimboschimenti.
Cupressus arizonica
albero a chioma folta formata da corti rami ± orizzontali coperti
da una corteccia bruno-rossastra; foglie squamiformi acute,
scariose ai margini, glandolose, essudanti resina bianca, lunghe
ca 2 mm, di color verde-glauca, pruinose; galbuli subglobosi
(1/2-2 cm) riuniti in gruppi sono di color rosso bruno con pruina
glaucescente e con mucroni molto prominenti.
Originario dei monti dell'Arizona e del Nuovo Messico, da dove è
stato importato a scopo ornamentale.
CONIFERE ORNAMENTALI
Chamaecyparis lawsoniana
Falso cipresso
CONIFERE ORNAMENTALI
Thujia occidentalis
Thujia
orientalis
CONIFERE
ORNAMENTALI
(Taxodiaceae)
Taxodium distichum
CONIFERE
ORNAMENTALI
(Taxodiaceae)
Sequoia
sempervirens