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Università di Catania
Cattedra di Psicologia
(prof. Santo Di Nuovo)
VERIFICA DELLA QUALITÀ
DEI PROCESSI DI INTEGRAZIONE SCOLASTICA
DEI SOGGETTI IN SITUAZIONE DI HANDICAP
Rapporto tecnico sulla Convenzione
con il Provveditorato agli Studi di Catania - G.L.I.P.
1998
Il presente rapporto è stato redatto dal prof. Santo Di Nuovo in
collaborazione con le dott. Antonella Gisabella e Maria Moschetto.
Si ringraziano per la collaborazione i Capi d’Istituto e i docenti
delle scuole in cui la sperimentazione è stata condotta, e gli
operatori delle équipe multidisciplinari della Azienda U.S.L. 3
coinvolti nella redazione delle schede.
Si ringraziano altresì i componenti del G.L.I.P. e la segretaria dott.
Agata Di Luca.
2
Premessa
La collaborazione tra il Provveditorato agli Studi di Catania - Gruppo di lavoro
Interistituzionale (G.L.I.P.) e la Cattedra di Psicologia dell’Università ha avuto inizio
nel 1997 ed è stata incentrata sugli strumenti per formulazione della Diagnosi Funzionale, del Profilo Dinamico Funzionale, e del Piano Educativo Personalizzato per i
soggetti portatori di disabilità e di handicap. Nel primo anno di ricerca, sulla base
dell’analisi di un campione rappresentativo di schede compilate in base ai modelli
ministeriali, sono state avanzate proposte di modifica e di aggiustamento di questi
strumenti, indispensabili per una corretta valutazione e programmazione dell’intervento individualizzato, ma che corrono il rischio di trasformarsi in una certificazione
routinaria e burocratizzata.
Il proseguimento del lavoro di ricerca anche per l’anno 1997/’98 è stato
finalizzato a verificare la reale fattibilità di una revisione della modulistica, per
mettere insegnanti ed operatori - al di là della fase di compilazione delle schede ma a
partire da essa - in condizioni di sostanzializzare un efficace intervento di diagnosi
funzionale e di recupero mirato e integrato.
1. Scopi della ricerca
La ricerca oggetto della convenzione stipulata nel 1997/’98 ha riguardato la
verifica della qualità dei processi di integrazione scolastica dei soggetti in situazione
di handicap.
Il progetto di ricerca prevedeva:
1. La verifica dell’esperienza di utilizzazione dei nuovi modelli di Diagnosi Funzionale, Profilo Dinamico Funzionale, Piano Educativo Personalizzato per l’alunno
portatore di handicap.
2. Il monitoraggio dei processi di apprendimento e di adattamento scolastico del
portatore di handicap.
3. La valutazione dell’efficacia dell’uso di strumenti di assessment e riabilitazione
informatizzati per il recupero delle disabilità.
4. La rilevazione dei problemi organizzativi intrascolastici e interistituzionali che
ostacolano l’attuazione del percorso di integrazione, al fine di avanzare proposte
alternative.
3
In particolare, le aree privilegiate nella ricerca riguardo ai punti 2-4 sono state
quelle relative a: attenzione; disturbi del comportamento; modalità di gestione organizzativa della classe in cui è inserito un portatore di handicap; uso di tecnologie
informatiche. Queste aree sono state privilegiate come oggetto di studio in quanto dal
rapporto tecnico relativo alla precedente convenzione e dai contatti con i docenti e gli
operatori erano emerse come quelle maggiormente ‘problematiche’.
Per quanto concerne l’attenzione, emergeva dal rapporto:“la memoria e
l’attenzione sono funzioni che risultano trascurate nella compilazione delle schede:
esse ... vengono sottovalutate forse perchè si presume richiedano accertamenti
specialistici di tipo neurologico” (pag. 12). Questo risultato induce, pertanto, a un
ulteriore approfondimento al fine di verificare se, di fatto, esiste una corrispondenza
fra quanto viene descritto nella scheda e l’esame dei processi attentivi del bambino.
L’interesse specifico nei confronti della seconda area, invece, sorge dalla
osservazione dei dati del rapporto in cui emergeva che fra le segnalazioni previste
dalla legge 104/’92, benchè siano esclusi i casi di ‘disagio sociale’, cui sono
frequentemente connessi i disturbi comportamentali, tuttavia: “solo nel 18% delle
schede esaminate i disturbi comportamentali risultano assenti” (pag. 6). Il problema
maggiormente segnalato risulta la carenza di autostima, seguito dall’aggressività, dalla
introversione, dalla oppositività e così via. Si tratta di diverse modalità di disturbo
derivanti comunque da inadeguato uso delle abilità e competenze sociali. Sempre dal
rapporto emergeva che raramente le proposte di trattamento sono focalizzate
esplicitamente su quest’area.
Per quanto concerne l’aspetto organizzativo si è cercato di verificare in
particolare l’uso delle classi “aperte”, dell’insegnamento individualizzato sia
all’interno che all’esterno delle classi: esso è uniformemente inteso da parte delle
insegnanti o esiste una certa variabilità entro la stessa modalità? Inoltre, si
intendevano individuare le eventuali difficoltà che possono emergere all’interno del
coordinamento dell’organizzazione scolastica fra le insegnanti.
Infine, si è esaminato il ruolo che il computer assume rispetto ad una efficace
integrazione del bambino con handicap; è interessante rilevare quanto e quando il
computer è impiegato; quali software specifici sono utilizzati in funzione del deficit
del bambino. E, aspetto ancora poco indagato, è verificare se i bambini traggono
realmente dei vantaggi e dei benefici dalla tecnologia informatica. Nel rapporto
tecnico si affermava, infatti:“l’acquisizione di nuove tecnologie informatiche appare
indilazionabile: esistono sul mercato decine di ottimi programmi computerizzati per il
recupero dei deficit cognitivi eppure l’uso del computer risulta a tutt’oggi poco
diffuso. Ma al tempo stesso occorre riflette meglio sulla filosofia sottesa all’uso delle
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nuove tecnologie e dell’informatica in particolare, che può ben coadiuvare, non certo
sostituire, la didattica e il rapporto educativo ed affettivo basato sulla interazione tra
la persona del docente e la persona del bambino in difficoltà, senza cedere alla
tentazione di pericolose ‘deleghe informatiche’ (pag. 15).
2. Metodologia e campione della ricerca
Le informazioni necessarie a rispondere agli obiettivi della convenzione sono
state raccolte, da parte di psicologi collaboratori della Cattedra, con il metodo della
osservazione partecipante ai momenti di compilazione delle schede e mediante
interviste semi-strutturate agli insegnanti e agli operatori. Sono stati approfonditi in
particolare i processi di attenzione e i relativi disturbi sul piano cognitivo e comportamentale, e le modalità di comunicazione verbale e non verbale nel piccolo gruppo di
lavoro finalizzato all’integrazione.
Tutte le attività sono state svolte in collaborazione con i Capi d’Istituto e gli
insegnanti curricolari e specializzati delle scuole interessate, e di concerto con gli
operatori della équipe multiprofessionale presente nelle scuole, che ringraziamo per la
cortese e fattiva collaborazione prestata.
Sono state coinvolte nella ricerca 10 scuole scelte dal G.L.I.P.1 che hanno
contribuito compilando, insieme alla équipe delle A.U.S.L. 3 competente per
territorio, un campione delle schede sottoposte a revisione. La modulistica revisionata
completa riguarda un totale di 30 soggetti. Le rilevazioni sono state compiute durante
la compilazione delle schede PDF e PEI per almeno il 20% dei casi di ciascuna
scuola, in modo da assicurare una adeguata rappresentatività.
E’ stato importante rassicurare tutti gli operatori che esulava dagli scopi di
questo lavoro esercitare qualsiasi forma di ‘controllo’ sull’efficienza o efficacia del
lavoro dagli stessi compiuto. Obiettivo essenziale era, invece, tentare di identificare in
itinere quali cambiamenti sono prodotti dall’introduzione di nuovi strumenti di lavoro
e quali difficoltà permangono nel processo di integrazione dei disabili.
1
Si tratta delle seguenti scuole: Istituto Tecnico Agrario “F.Eredia” di Catania; Istituto Magistrale
“Lombardo Radice” di Catania; I.P.P.S.A.R. “Falcone” di Giarre; Scuole medie “De Gasperi” di Aci S.
Antonio, “Sammartino Pardo” di Catania; “A.Narbone” di Caltagirone; Circoli Didattici di Belpasso,
“S. Domenico Savio” di S. Gregorio, “A. Diaz” e “A.Musco” di Catania.
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3. La sperimentazione della scheda modificata
La modulistica modificata a scopo sperimentale è stata presentata alle scuole
interessate al progetto in diverse riunioni, cui hanno partecipato anche gli operatori
della équipe multidisciplinare della A.U.S.L.
In sintesi, le modifiche ai documenti si possono così riassumere:
DF: Diagnosi Funzionale. Prevede la valutazione, per ciascuna delle 7 aree previste
dalla normativa (DPR 24/2/1994), del livello di gravità del disturbo individuato:
assente, transitorio, persistente (limitato o estensivo).
PDF: Profilo Dinamico Funzionale. Prevede la valutazione dei due seguenti aspetti:
1) funzionamento. Si riferisce alla specificazione e a una maggiore articolazione in
termini descrittivi di quanto è stato schematicamente indicato nella DF. E’ prevista
una descrizione funzionale dell’alunno in relazione alle sue difficoltà, alle abilità
possedute/non possedute.
2) potenzialità. La precedente formulazione, ripresa dai modelli ministeriali, risultava
di non facile interpretazione e comprensione: “successivo livello di sviluppo che il
soggetto mostra di possedere o poter avere in modo non generalizzato o non
completamente autonomo”. A fronte di tale cripticità, i dati della ricerca dello scorso
anno avevano indicato sia una notevole genericità di indicazioni (es. “consolidare le
competenze”) sia una frequente mancata compilazione della colonna.
La proposta di modifica si riferisce all’analisi dello sviluppo potenziale che, per
definizione, non può essere descritto contemporaneamente al funzionamento, ma
piuttosto va aggiornato in itinere. Si ricorderà che il concetto di zona di sviluppo
potenziale è stato introdotto da Vygotskij, secondo il quale l’apprendimento di una
data attività (cioè lo sviluppo di una competenza) non può essere anticipato
esercitando il bambino in quella stessa attività per cui non è ancora maturo, ma
piuttosto accelerando l’acquisizione della competenza attraverso l’esercizio in attività
per cui il bambino sia già maturo e che siano preparatorie dell’attività che si vorrebbe
far apprendere più precocemente. In secondo luogo, sempre secondo Vygotskij,
bisogna distinguere fra l’apprendimento che si realizza nell’esercizio spontaneo da
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parte del bambino delle competenze già sviluppate (livello di sviluppo “presente” o
“effettivo”) e quell’apprendimento dovuto all’intervento sistematico di guida e di
aiuto da parte degli adulti in prestazioni per cui il bambino non sia ancora competente
(livello “potenziale”); lo scarto fra i due livelli di maturità (o competenza) è la “zona
di sviluppo potenziale”: rappresenta pertanto ciò che il bambino potrebbe fare in
breve tempo se opportunamente aiutato dall’adulto.
Oltre ad articolre le aree di potenzialità secondo i criteri sopra esposti, si è suggerito di
aggiungere per ciascuna area delle esemplificazioni (nè esaustive, nè esclusive) che
fossero di guida per l’insegnante durante il lavoro quotidiano con il disabile.
Infine, è stata eliminata la terza colonna relativa alla “sintesi di asse” dal momento
che essa veniva interamente ignorata dagli operatori oppure era descritta con aggettivi
generici (es. “carente, deficitario...”) che non incrementavano affatto le informazioni
sul bambino.
P.E.I.: Piano Educativo Individualizzato
Obiettivi specifici per ciascuna area: dall’analisi precedente era emerso che molto
spesso si descrivono nel PEI degli obiettivi eccessivamente generici, facendo perdere
di conseguenza alla scheda quella che è la sua peculiarità, ossia l’individualizzazione.
Era stata inoltre rilevata l’eccessiva utilizzazione di indicatori standard, indipendenti
dalla tipologia del deficit del bambino, nella descrizione degli obiettivi didattici.
La fase di verifica in itinere è proposta al fine di promuovere una valutazione
periodica dell’efficacia di tutta l’attività di programmazione svolta. Nella programmazione è implicita una naturale modificazione degli obiettivi, dei contenuti, delle
metodologie e così via in funzione dei progressi, delle difficoltà, delle potenzialità non
previste che il bambino può manifestare.
Esigenza di una tassonomia di riferimento.
Negli incontri con insegnanti e operatori si è anche lungamente discusso della
tassonomia che nel rapporto tecnico veniva presentata, “a titolo puramente indicativo”, come esempio utilizzabile per la compilazione delle diverse voci della modulistica. Lo scopo era quello di consentire agli insegnanti “di specificare quali abilità
sono deficitarie e vanno quindi privilegiate per il recupero”. Inoltre una tassonomia
funzionale (quale è quella riportata come esempio nel rapporto) assume un ruolo
importante nella osservazione diretta e nella esperienza maturata in situazioni analoghe, in base alle quali le insegnanti ‘costruiscono’ (e non ‘compilano’) il PDF e il PEI.
La tassonomia, infine, faceva riferimento alla integrazione fra le aree cognitive e
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quelle sociali, che spesso viene trascurata (vedi il gruppo di “funzioni di adattamento
affettivo, relazionale e sociale”).
3.1 Difficoltà e problemi riscontrati nella sperimentazione della modulistica
revisionata.
Nell’insieme il lavoro sulla scheda modificata è risultato - specie nella fase
diagnostica - più complesso e certo non più snello; la maggiore complessità diagnostica iniziale però facilita il successivo lavoro di programmazione e di intervento
(risulta agevolata la definizione degli obiettivi del P.E.I.), per cui il rapporto costibenefici è valutato prevalentemente in attivo rispetto alla modulistica precedente.
Particolarmente importante è stata ritenuta l’area della motivazione, considerata come interferenza o facilitazione di orgine emotiva sull’apprendimento.
Segnaliamo di seguito alcuni problemi ‘tecnici’ emersi, che potranno essere affrontati e risolti nel prosieguo della sperimentazione2.
- Difficoltà a scindere alcune aree nelle abilità specifiche: es. attenzione, percezione.
- In certi casi (specie scuola superiore) difficoltà a valutare alcune funzioni inserite ex
novo nella tassonomia: immaginazione e fantasia, produttività divergente; per altre
scuola invece proprio queste funzioni finora poco focalizzate sono più stimolanti per
gli operatori.
- Ordine diverso tra tassonomia e aree del P.D.F. (in realtà la prima, già preesistente, è
stata successivamente adattata al secondo): alcune modifiche per incrementare la
coerenza sono proposte nell’allegato 2.
- Possibile sovrapposizione delle valutazioni in aree diverse. Da alcune insegnanti le
la sovrapposizione è valutata positivamente in quanto “...consente di conoscere in
modo completo e sotto le più diverse sfaccettature il bambino e l’alunno”.
2
Per un elenco dettagliato delle osservazioni e dei rilievi critici si veda l’appendice 1. Va rilevato che
in prevalenza le critiche riguardano aspetti organizzativi: eccessivo carico di lavoro, tempi lunghi,
“sforzo notevole” che si richiede, “eccessivo numero di aree” (ma sono quelle stabilite dalla legge!),
“eccessivo numero di abilità previste dalla tassonomia”. Certo, programmare l’attività di valutazione e
recupero della disabilità e dell’handicap è lavoro complesso e che richiede tempo e sforzo; una
semplificazione di questa attività - riducendo magari le abilità da valutare, cioè la portata scientifica e
formativa del recupero - è certamente utile per risparmiare tempo e fare i conti “con i problemi della
scuola” e “con l’aziendalizzazione e l’introduzione di nuove logiche economiche di politica sanitaria”
(come testualmente viene detto in una delle critiche). Rispondere ad obiezioni di questo tipo esula dalla
attività di ricerca prevista dalla convenzione con una cattedra universitaria.
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In particolare, le sovrapposizioni segnalate riguardano le seguenti aree:
Attenzione: sovrapposizione area cognitiva - area neurologica;
Percezione: sovrapposizione area cognitiva - area sensoriale;
Apprendimento e memoria: sovrapposizione area dell’apprendimento - area
neurologica.
Motricità: sovrapposizione area cognitiva - area motorio-prassica - area affettivorelazionale
Espressione corporea - Adattamento affettivo relazionale e sociale: sovrapposizione area dell’autonomia - area affettivo-relazionale
Per l’area affettivo-relazionale è segnalata una sovrapposizione tra competenze di
valutazione neuropsichiatrica e psicologica.
- Alcune scuole sottolineano l’utilità di enunciare nel P.D.F. soltanto le funzioni
deficitarie3, mentre altre al contrario scelgono di indicare solo le funzioni che il
soggetto possiede (anche solo in potenza), ma con delle eccezioni: se in una funzione
sostanzialmente posseduta c’è un aspetto non adeguatamente sviluppato, viene segnalato; così viene riportata la carenza particolare come la balbuzie in un’area come
quella linguistica sostanzialmente integra, per programmare meglio il P.E.I.
Operativamente, in diversi istituti si attuano i seguenti passi:
1. I vari operatori si dividono le aree d’indagine e le analizzano dettagliatamente
seguendo la tassonomia di riferimento.
2. si confrontano i comportamenti del ragazzo a scuola (valutati dagli insegnanti) con
quelli osservati dagli operatori del servizio (anche mediante strumenti standardizzati)
e con quelli riferiti dai genitori.
3. Durante la compilazione del P.D.F., gli insegnanti enunciano gli obiettivi didattici
(che hanno precedentemente formulato) per renderli coerenti con le lacune segnalate.
4. Nella compilazione del P.E.I. gli operatori ricercano una continuo scambio con gli
insegnanti e i genitori (cui vengono forniti consigli e chiavi di lettura).
Questa modalità operativa pare essere quella più efficiente e produttiva rispetto al
successivo lavoro di trattamento riabilitativo.
3
In un circolo didattico non è stata valutata la funzione di immaginazione e fantasia perché «le si dà
una connotazione patologica, e quindi nell’ottica di segnare il positivo, si omette».
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4. Il trattamento riabilitativo: aspetti e problemi più rilevanti riscontrati nelle
interviste agli insegnanti di sostegno delle scuole-pilota
4.1 Insegnamento ‘individualizzato’, e sua concreta realizzazione
La definizione prevalente di ‘insegnamento individualizzato’ riguarda la
programmazione di ‘microunità’ per il bambino disabile, in accordo, talvolta, con le
attività programmate per la classe. In sostanza, il bambino insieme all’insegnante di
sostegno può seguire in parallelo le attività della classe utilizzando i suoi libri o altri
strumenti specifici. Questo, tuttavia, non sempre è possibile, ad esempio a causa della
difficoltà dell’argomento trattato dalla classe; in questi casi il bambino segue un
argomento collaterale insieme all’insegnante di sostegno.
In ogni caso, le micro-unità prevedono l’uso di obiettivi e curriculi
semplificati, così come la metodologia e i sussidi utilizzati (ad esempio “rinforzi
continui”, “valutazione trasparente” cioè comunicata periodicamente al ragazzo).
4.2 L’attività di sostegno.
Nelle scuole elementari l’attività di sostegno avviene sia in classe sia
all’esterno della classe in funzione dell’obiettivo didattico e della motivazione del
bambino. Spesso, infatti, è lo stesso bambino a chiedere di restare in classe oppure di
uscire.
In genere le attività che non sono compatibili con le attività svolte dalla classe
(es. la matematica) si preferisce svolgerle separatamente nell’aula di sostegno: il
bambino ad esempio lavora meglio quando può scrivere alla lavagna con i gessetti
colorati e seguendo i suoi ritmi.
Gli insegnanti di sostegno lavorano spesso insieme in piccoli gruppi di
bambini, soprattutto quando si programma uno stesso obiettivo, anche perché uno
degli scopi principali dell’attività di sostegno è la socializzazione.
A titolo di esempio, si riportano le attività svolte in alcune scuole tra quelle interessate alla sperimentazione:
a. due volte a settimana: laboratorio di ceramica; due volte a settimana: musicoterapia;
una volta a settimana: psicomotricità;
b. lavoro sia all’interno della classe sia all’esterno in un’aula apposita (arredata con
materassini, specchi, materiale specifico per il tipo di handicap del bambino);
c. lavoro nell’aula di psicomotricità, dove si cura sia l’aspetto di educazione motoria
che l’acquisizione di alcune abilità sociali: valore del denaro, uso dei mezzi pubblici,
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orientamento nelle zone della città: i ragazzi vengono poi portati fuori dalla scuola per
verificare quanrto appreso;
d. apprendimento della diamonica e attività motorie per la canalizzazione positiva
delle energie.
4.3 Coordinamento tra insegnanti
Come è peraltro noto da tempo, il coordinamento l’insegnante di sostegno e i
diversi insegnanti curriculari risulta spesso molto difficile.
A questo proposito sono state evidenziate in certe situazioni differenze
notevoli esistenti fra i criteri di valutazione che impiegano gli insegnanti curriculari,
più rigorosi, e quelli impiegati dagli insegnanti di sostegno. Il coordinamento è
indispensabile per armonizzare i criteri. Gli insegnanti cercano di attuarlo nel corso
delle riunioni di programmazione, nel corso dei consigli di classe e così via, ma non
sempre questo è sufficiente a rendere armonico il lavoro.
Esempio tratto da una scuola elementare campione:
- Un giorno a settimana è dedicato alla programmazione (2 ore pomeridiane). A
partire dal PEP si redigono i curricoli differenziati in microunità didattiche per ogni
singolo bambino H, in parallelo alle attività programmate per la classe e in sintonia
con gli indicatori ministeriali.
Ogni settimana si procede ad una verifica degli obiettivi: si utilizzano colori
diversi (rosso, verde, blu..) per indicare se l’obiettivo è stato raggiunto e a quale
grado.
E’ frequente, in genere in classe, uno scambio di informazioni fra le insegnanti
di sostegno e le insegnanti curriculari.
Una volta al mese è previsto un incontro interclasse con la psicopedagogista
della scuola durante il quale si discutono eventuali problemi, si forniscono suggerimenti e così via.
Ogni bimestre, infine, si procede ad una verifica con il direttore didattico.
Non vi è dubbio - considerata la maggioranza delle attuali situazioni, non certo
ottimali - che uno sforzo maggiore occorre compiere per facilitare il coordinamento
tra insegnanti curriculari e di sostegno, sul piano sia organizzativo, ma anche
‘culturale’ e di linguaggio (da armonizzare).
4.4 “Classe aperta” e “microgruppi” all’interno o all’esterno della classe
La classe ‘aperta’ è per lo più impiegata nei moduli in modalità orizzontale
(classi dello stesso livello); in alcuni casi, come ad esempio il saggio di fine anno, si
utilizza la modalità verticale.
Il microgruppo consiste in un gruppo di due, tre bambini che collaborano alla
stessa attività sia all’interno della stessa classe sia all’esterno. In quest’ultimo caso, si
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può trattare di bambini che appartengono a classi diverse e/o che sono assegnati ad
insegnanti di sostegno diverse che lavorano in collaborazione.
Questo si realizza, ad esempio, in una scuola nel caso delle attività svolte da
piccoli gruppi di bambini presso il laboratorio di ceramica. Un altro esempio è
rappresentato dai lavori svolti nel periodo che precede il Natale: il bambino H è
assegnato ad un gruppo che si occupa dell’albero di Natale ed egli in particolare lo
conosce mediante l’illustrazione che compare sul suo libro, lo ritaglia, lo incolla e così
via.
In altre esperienze il microgruppo consiste sia in un gruppo di bambini H
assegnati alla stessa classe che lavorano insieme sia in un gruppo di bambini che
appartengono alla stessa classe. In quest’ultimo caso, ad esempio, il bambino H lavora
insieme ad altri compagni della stessa classe ad un’attività comune.
In una scuola superiore (I.T. Agrario) il soggetto portatore di handicap è
inserito in gruppo con gli altri allievi per le attività di produzione del vino
(cartellonistica e stampa di etichette al computer).
4.5 Equilibrio tra attività all’interno / all’esterno della classe
In alcune scuole le attività di sostegno vengono svolte sempre o
prevalentemente all’interno della classe.
Spesso vengono svolte separatamente le attività di psicomotricità (le attività
motorie sono prevalenti specie nelle elementari), e quelle apprendimento delle abilità
sociali (orientamento stradale, uso dei mezzi pubblici, uso del denaro).
La differenziazione è finalizzata soprattutto:
- alla maggiore semplificazione dei contenuti e dei metodi (disegno, attività fisica,
relazione uno-a-uno con l’insegnante)
- alla diversificazione dei sussidi adoperati
- allo sviluppo e potenziamento degli aspetti motivazionali.
In alcune scuole si puntualizza come l’intervento in piccolo gruppo serve da
mediazione tra l’intervento individualizzato e quello nel grande gruppo-classe (che
necessariamente comporta contenuti semplificati).
4.6 Uso di strumenti informatici
L’uso dell’informatica è connesso per lo più ai programmi di videoscrittura:
per collaborare al giornalino della scuola, alla elaborazione di relazioni (per esempio
sulla gita scolastica), ecc.
Diverse scuole usano programmi specifici per discipline, mediante immagini o
contenuti semplificati. Si utilizza il computer come un’alternativa all’insegnamento
tradizionale, soprattutto nei compiti di discriminazione fra le lettere, fra figure, ecc.
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Sono
diffusi
soprattutto
programmini
semplici
come
ad
esempio
quello
“dell’impiccato” (completamento di parole).
Nelle scuole medie e superiori si usano software per l’apprendimento delle
lingue straniere, per esercitazioni sulla memoria, su testi letterari (ad esempio la
Divina Commedia, nelle scuole superiori).
Per contro si registrano ancora situazioni nelle quali il computer e i sussidi
informatici non sono affatto utilizzati. A fronte di scuole che hanno un vero e proprio
‘laboratorio di informatica’, altre non hanno alcun computer destinato alla didattica.
Viene inoltre segnalata la carenza di competenze del personale nell’uso appropriato di
questi strumenti, e l’esigenza di incrementare i corsi al riguardo, o di acquisire
personale tecnico di supporto.
4.7 Presenza di disturbi del comportamento
I disturbi del comportamento, come risultava già dal rapporto tecnico dello
scorso anno, sono molto frequenti (alcune scuole indicano tra 5 e 10 casi ‘problema’
per plesso). Tra i disturbi più segnalati dagli insegnanti:
- inibizione, non assertività
- aggressività, permalosità
- iperattività
In qualche scuola le insegnanti riferiscono di bambini con problemi molto
gravi che “rasentano la schizofrenia” ma che non risultano segnalati per ragioni familiari. Di fattoi la sensibilizzazione delle famiglie a questi problemi è ancora carente,
mentre diffusi sono ancora tabù sociali e diffidenze verso gli operatori della sanità
mentale.
I disturbi del comportamento hanno in genere una notevole incidenza sulla
gestione della classe, nel senso che producono effetti dirompenti anche sugli altri
allievi. Spesso non vengono attuate strategie specifiche per fronteggiare questi
problemi. In un circolo didattico viene dichiarato esplicitamente che «le insegnanti
non ritengono di avere gli strumenti conoscitivi per farlo». In genere sono gli
insegnanti curriculari che “in solitudine” devono affrontare questi problemi
comportamentali. Talvolta chiedono consigli alle insegnanti di sostegno.
Concretamente, si cerca di alternare con elevata frequenza l’attività didattica
con l’attività motoria; oppure si incrementano le attività manipolatorie. I alcuni casi
sono stati impiegati dei giochi da tavolo (es. il monopoli)
4.8 Uso della comunicazione non verbale
La comunicazione gestuale, mimica, analogica è uno strumento primario di
comprensione e di lavoro, un canale usato dal portatore di handicap spesso meglio di
quello verbale, sia per esprimere i propri sentimenti che per comprendere quelli degli
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altri. La gestualità è molto ricca (al contrario della capacità verbale), la capacità di
empatia, là dove è sviluppata, facilita l’interazione riabilitativa e socializzante.
Molti insegnanti lamentano però il poco tempo a disposizione, e la carenza di
strumenti specifici, per valorizzare gli aspetti non verbali della comunicazione. E’
opportuna una formazione più specifica al riguardo del personale docente, che metta
in grado l’insegnante di sfruttare appieno questa grande potenzialità educativa,
nonché un maggiore inserimento nella programmazione individualizzata di aspetti
relativi alle tecniche non verbali di comunicazione e adattamento sociale.
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5. Suggerimenti e proposte per una revisione della modulistica e degli aspetti
organizzativi
5.1 Articolazione delle aree previste nei moduli e distinzioni per età.
Nella formulazione attuale, la articolazione in aree della modulistica rispetta
la normativa ministeriale; essa produce inevitabilmente le sovrapposizioni segnalate,
specie tra le aree cognitiva e quella neuropsicologica. Se ne può proporre la modifica
in via sperimentale, negli accordi di programma.
In ogni caso occorre articolare le aree in modo diverso per livelli scolastici
(materna-1° ciclo elementare; 2° ciclo elementare - media; superiore).
Per la scuola materna viene dal Circolo di Belpasso la proposta di adeguare le
aree alle finalità ministeriali:
- area sensoriale e motoria (“messaggi, forme e media; il corpo e il movimento”);
- area linguistica e comunicativa (“i discorsi e le parole”);
- area cognitiva (“lo spazio; l’ordine e la misura; le cose, il tempo e la natura;
immaginazione e fantasia; produzione e registrazione di immagini; visualizzazione e
movimento nello spazio”);
- area affettivo-relazionale (“Il Sé e l’altro”)
Infine, sarebbe utile aggiungere nel Piano uno spazio per la valutazione complessiva, con indicazione delle aree da privilegiare nel trattamento.
5.2 Strumenti di assessment / verifica per le aree e i loro indicatori.
Si propone da parte di alcune scuole di predisporre una sorte di ‘check-list’
con le funzioni e le abilità proposte dalla tassonomia, lasciando uno spazio per le
osservazioni. Per non rendere troppo rigida la tassonomia stessa, appare opportuno
che le scuole stesse concordino con gli operatori una propria ‘lista’ di funzioni
ritenute più utili da valutare in base al livello e alle peculiarità dei soggetti4.
Va sottolineata la necessità di differenziare gli strumenti non solo per fascia di
età ma anche per tipo di patologie e per loro gravità.
Nell’allegato 2 vengono suggeriti per ciascuna area e per livelli di età alcuni
degli strumenti che possono essere usati per valutare funzioni e abilità; se ne propone
4
In appendice è presentato un esempio, messo a punto da una docente referente per l’integrazione di
una delle scuole superiori in cui è stata attuata la sperimentazione. Vengono anche riportate, allo scopo
di darne opportuna diffusione, modifiche della modulistica approntate in singoli istituti.
15
l’uso sperimentale in scuole e livelli diversi in modo da compararne l’efficacia (potrebbe essere oggetto di ricerca per il prossimo anno).
Distinzione fra test psicometrici da prove criteriali
Le schede utilizzabili da parte degli insegnanti per l'assessment delle abilità
cognitive e sociali - alcune delle quali proposte nell’allegato 2 - si differenziano dai
test in quanto:
a. Pur conservando la standardizzazione degli stimoli, sono più flessibili nelle
consegne, nella possibilità di feedbacks, nella stimolazione della motivazione che
possono essere adattate al singolo soggetto, secondo le esigenze delineate nel
paragrafo precedente;
b. pur dando luogo spesso a ‘punteggi’ (sommati dai singoli items), o comunque ad
indici di superamento/non superamento della prova (che indica il possesso o no della
abilità in questione), non è sull'aspetto quantitativo che l'attenzione è centrata, ma
piuttosto sulla modalità di procedere del soggetto nell'affrontare gli stimoli;
c. il ‘criterio’ per valutare se la prova è superata o no, quando non direttamente
evidente, è riferito non al campione normativo - come avviene nei test psicometrici ma all'obiettivo che l'insegnante si propone di raggiungere con quel soggetto.
L'insegnante stesso può ‘tarare’ le prove nel contesto in cui si trova a lavorare,
tenendo conto di questi obiettivi e della specifica situazione ambientale.
In pratica, se l'insegnante intende valutare lo stato delle competenze del bambino rispetto alle abilità che la tassonomia di riferimento propone come essenziali per
l'uso adeguato di una certa funzione, procede alla somministrazione - secondo modalità flessibili ed appropriate al soggetto - di una o più schede per ciascuna abilità
interessata. Valuta poi, per ciascuna delle abilità, se essa si può ritenere posseduta in
modo stabile, o ancora labile e incerto, o se essa non è affatto presente nel repertorio
del bambino; l'insieme delle valutazioni costituirà la base per stabilire se e quali delle
abilità in questione vanno incrementate con apposite stimolazioni prima che l'apprendimento della lettura e scrittura possa iniziare con ragionevoli probabilità di successo.
Una volta stabiliti gli obiettivi di questo piano di stimolazioni specifiche (trattamenti), mirate al recupero delle abilità carenti, le stesse schede - o altre simili serviranno per la verifica periodica e per il monitoraggio degli effetti del piano
programmato, secondo lo schema tipico della ricerca sperimentale: assessment1 trattamento1 - assessment2 - trattamento2 (aggiustato sulla base dei risultati dell'assessment2) - assessment3 e così via fino al raggiungimento e alla stabilizzazione degli
obiettivi prefissati.
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5.3 Aspetti organizzativi.
Il problema dei ‘tempi’ più lunghi per la nuova modulistica (vedi osservazioni
nell’allegato 1) può essere affrontato mediante l’attivazione di una procedura
diagnostica a ‘ipsilon’, le cui due braccia procedono inizialmente in modo separato
ma per convergere poi nella formulazione del Piano individualizzato:
1) diagnosi medica-specialistica, affidata alla équipe multidisciplinare;
2) osservazione psico-pedagogica, che gli stessi insegnanti che segnalano possono
svolgere in classe, insieme all’insegnante di sostegno, portando materiale indispensabile alla integrazione delle diagnosi.
Inoltre, sul piano organizzativo, per evitare le conseguenze più dannose dei
‘tempi lunghi’ (spesso inevitabili, visto il carico di lavoro delle équipe A.U.S.L.)
andrebbero privilegiate - oltre ovviamente le prime segnalazioni - i casi più ‘urgenti’
in cui la scuola ha grosse difficoltà a gestire qualunque iniziativa riabilitativa senza il
supporto specialistico.
Si fa rilevare che per le prime segnalazioni risulta difficoltoso seguire analiticamente una tassonomia perché le insegnanti non conoscono ancora a sufficienza il
bambino, i genitori danno informazioni poco attendibili e quindi ci si affida solo ai
dati ricavati dagli operatori della A.U.S.L.
Vi è anche il problema dei bambini per cui si fa la pre-iscrizione senza che sia
possibile osservarli in classe: in questo caso andrebbe presentato solo la DF mentre la
compilazione del PEI andrebbe fatta dopo l’inserimento scolastico.
Osservazione essenziale per il buon funzionamento del modello innovativo
proposto è che l’équipe multidisciplinare sia messa in condizione di superare alcuni
limiti burocratici e organizzativi, non dipendenti dalla volontà degli operatori: occorre
per questo una revisione dell’intesa tra Provveditorato e Azienda U.S.L., revisione di
cui il GLIP potrebbe farsi utilmente promotore.
5.4 Formazione specialistica / aggiornamento / verifica in itinere.
L’esigenza della formazione e aggiornamento viene sottolineata da molti degli
operatori, soprattutto della scuola, e potrebbe esser oggetto della prosecuzione el
raccordo istituzionale, curato dal G.L.I.P., tra Provveditorato, Azienda U.S.L. e Università.
La proposta è di fornire agli insegnanti e agli operatori interessati, a partire dal
prossimo anno scolastico, alcuni momenti formativi e di aggiornamento sulle
tematiche emerse come essenziali in questa ricerca.
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