COMPETITIVITA’ E PRODUTTIVITA’
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Andrea Boitani (2017), Sette luoghi comuni
sull’economia. L’Italia va male perché è poco
competitiva.
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Cristina Tealdi e Davide Ticchi, L’Europa
disunita di salari e produttività, Lavoce.info
28.03.13
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L’Italia va male perché è poco competitiva?
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Qual è la differenza tra produttività e
competitività?
Spesso i due termini erroneamente sono usati
come sinonimi o indici equivalenti per misurare
la capacità delle imprese, o del sistema
economico aggregato, di competere nel mercato
internazionale.
I due indici sono tra loro strettamente collegati.
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Il CLUP: un indice di competitività
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Il Clup è dato dal rapporto tra il costo del lavoro
per addetto (che comprende, oltre alle
retribuzioni lorde, i contributi sociali, le
provvidenze al personale e gli accantonamenti
per il trattamento di fine rapporto) e la
produttività per addetto.
Quest’ultimo, invece, è un indice dato dal
rapporto tra il valore aggiunto e il numero di
occupati (o di ore lavoro) impiegate per produrre
quel valore.
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Un esempio
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Se per l’impiego di un’ora di lavoro un’impresa
spende il 10 per cento più di un’altra impresa,
ma da quell’ora di lavoro ottiene il 20 per cento
di prodotto in più, a quella spesa più alta per la
retribuzione corrisponde un costo del lavoro per
unità di prodotto inferiore.
Per questo è importante disaggregare il dato
della dinamica del Clup nelle due componenti
che contribuiscono a determinarla: quella della
dinamica dei salari e quella della dinamica della
produttività.
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In Germania il Clup è rimasto pressoché
invariato mentre è cresciuto in Francia e ancora
di più in Italia.
L’indicatore non è però sufficiente per capire i
retroscena di dinamiche così difformi.
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I salari nominali nel periodo 2000-2010 come
mostra il grafico 2 sono cresciuti
significativamente, e pressoché in egual misura,
in Italia e Francia, mentre l’aumento è stato
meno marcato in Germania.
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Il tasso di inflazione (grafico 3) è stato tuttavia
più alto in Italia che negli altri due paesi (e
maggiore in Francia rispetto alla Germania),
dunque la dinamica dei salari reali è quella
illustrata nel grafico 4: sono cresciuti in Francia,
sono rimasti pressoché invariati in Italia e sono
diminuiti in Germania.
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Il tasso di inflazione (grafico 3) è stato tuttavia
più alto in Italia che negli altri due paesi (e
maggiore in Francia rispetto alla Germania),
dunque la dinamica dei salari reali è quella
illustrata nel grafico 4: sono cresciuti in Francia,
sono rimasti pressoché invariati in Italia e sono
diminuiti in Germania.
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Vediamo ora l’andamento della produttività.
Italia la produttività del lavoro non è aumentata
nell’ultimo decennio (si percepisce semmai un
leggero declino).
In Germania e in Francia è aumentata in egual
misura e in modo costante e significativo. È
anche interessante notare come in termini di
livelli, forse un po’ a sorpresa, la produttività del
lavoro in Francia sia più elevata di quella della
Germania.
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IL CUNEO FISCALE
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Il cuneo fiscale rappresenta il divario tra il costo
del lavoro a carico delle imprese e la retribuzione
netta in busta paga percepita dal lavoratore
dipendente. Il differenziale è costituito dal
prelievo fiscale, dai contributi previdenziali e
sociali a carico del lavoratore e dell’impresa.
Dal grafico 6 si può osservare come negli ultimi
dieci anni in Germania vi sia stata una riduzione
del cuneo fiscale (di un lavoratore single
monoreddito) di qualche punto percentuale, che
potrebbe aver favorito la riduzione del costo del
lavoro in questo paese.
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In Francia e in Italia, invece, è rimasto
sostanzialmente stabile. Quindi è difficile
imputare al cuneo fiscale un contributo
significativo all’incremento del costo del lavoro.
È inoltre interessante notare come il suo livello
in Italia sia inferiore a quello degli altri due
paesi.
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Conclusioni
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Quali conclusioni possiamo trarre da questa breve
analisi? Innanzitutto possiamo farci un’idea più
chiara di ciò che ha reso così diverse, da paese a
paese, le dinamiche del mercato del lavoro in
Europa nell’ultimo decennio. In Italia i salari
nominali sono cresciuti parallelamente
all’inflazione, lasciando i salari reali invariati,
nonostante una produttività del lavoro costante o in
lieve declino.
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In Francia, l’aumento della produttività del lavoro è
stato trasferito ai lavoratori, che percepiscono non
solo salari nominali, ma anche reali,
significativamente più alti.
In Germania, l’aumento della produttività del
lavoro è stato trattenuto dalle imprese, che hanno
quindi guadagnato competitività sul mercato.
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In sintesi, la divergenza nel costo del lavoro tra i
tre Paesi va imputata principalmente al fatto che
in Italia la produttività non è cresciuta,
contrariamente a quanto avvenuto in Francia e
Germania.
E mentre in Francia la crescita della produttività
ha consentito un incremento dei salari reali, in
Germania è stata superiore all’aumento dei
salari.
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Questi risultati suggeriscono, quindi, che le politiche
del mercato del lavoro dovrebbero tenere conto delle
differenze interne in merito alle dinamiche salariali e
della produttività.
Se paesi come la Francia, per esempio, potrebbero
ottenere facilmente guadagni di
competitività mediante un certo grado di
moderazione salariale,
il nostro paese sembra avere come unica soluzione la
crescita della produttività. .
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L’alternativa sarebbe la riduzione dei salari reali,
un’opzione con costi sociali elevati, che non solo
non garantirebbe la crescita e lo sviluppo
economico del paese, ma potrebbe avere effetti
depressivi sulla domanda aggregata.
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