CLASSE 5B CAT
BERLINO
19-24 marzo 2015
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Potsdamer Platz
Potsdamer Platz è un'importante piazza berlinese, posta nel quartiere Tiergarten, al confine con Mitte.Prende nome
dalla città di Potsdam, situata 25 km a sud-ovest, e si trova nel punto in cui la strada per Potsdam oltrepassava la cinta
doganale attraverso il Potsdamer Tor.
La piazza ha avuto una storia travagliata, risentendo degli eventi che hanno trasformato Berlino durante il XX secolo:
negli anni della repubblica di Weimar costituiva il maggiore centro commerciale, culturale e di trasporti della città;
successivamente fu spodestata dall'area del Neuer Westen circostante Breitscheidplatz; devastata dalla guerra e
drammaticamente segnata dall'erezione del Muro, ha costituito negli anni novanta il più ambizioso progetto urbano
della città riunificata.
Attualmente Potsdamer Platz è centro di un nuovo quartiere residenziale, direzionale e commerciale; costituisce un
eccezionale richiamo turistico e simboleggia la nuova Berlino.
La piazza resta tuttavia separata dalla città circostante, e non è riuscita ad imporsi, come auspicato, come "nuovo
centro" della città.
Dopo la caduta del muro il 9 novembre 1989, l'ex Pink Floyd Roger Waters organizzò un immenso concerto di
beneficenza con l'aiuto della sua ex-band, The Wall, il 21 luglio 1990 per commemorare la fine della divisione tra
Repubblica Democratica Tedesca e Germania Ovest. Il concerto venne organizzato nella vuota Potsdamer Platz ed
ospitò numerose superstar internazionali.
Dopo il 1990, la piazza ridivenne il fulcro dell'attenzione e tornò ad essere argomento di discussione tra i migliori
architetti europei. Il governo cittadino divise l'area in quattro parti, da vendere separatamente a quattro diversi
investitori. Durante la ricostruzione la Potsdamer Platz era la più vasta area edificabile dell'Europa.
La più ampia delle quattro zone andò alla Daimler-Benz, ora parte della Daimler AG, che incaricò Renzo Piano della
pianificazione dell'opera. I singoli edifici vennero costruiti da singoli architetti basandosi sul piano generale, inclusi il
Potsdamer Platz No.1 di Hans Kollhoff, ora sede di numerosi studi legali. Potsdamer Platz è anche sede della
Panoramapunkt, situata a 100 metri d'altezza, a cui si accede attraverso il più veloce ascensore d'Europa. Dalla
Panoramapunkt si possono vedere alcuni landmark come il quartiere Die Bahn, la Porta di Brandeburgo, il Reichstag, la
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Cancelleria Federale, il palazzo Bellevue, la Cattedrale, il Gendarmenmarkt, il Memoriale agli ebrei uccisi in Europa e la
Chiesa della Commemorazione.
La seconda sezione più grande andò alla Sony, la quale eresse i suoi nuovi uffici centrali europei. Il Sony Center venne
progettato da Helmut Jahn ed è considerato uno dei migliori pezzi di arte moderna di Berlino.
L'intero progetto fu molto criticato fin dall'inizio dall' opinione pubblica, ed al giorno d'oggi ci sono ancora critiche al
metodo con cui venne venduto e ricostruito il sito. In ogni caso, la piazza attira migliaia di turisti al giorno, ed alcuni
critici sono sorpresi dal suo successo. A qualsiasi ora del giorno la piazza è viva. È diventato un must per i visitatori,
un'area in cui fare shopping, ed un centro culturale per gli amanti del cinema in lingua inglese con oltre 40 sale divise
in tre cinema.
Alcune scene di movie Der Himmel über Berlin (in italiano: Il cielo sopra Berlino, film del 1987 di Wim Wenders) sono
state girate quando la piazza era vuota, prima della caduta del Muro. Il film racconta bene lo stato d'animo di quei
giorni.
Potsdamer Platz è il più sorprendente esempio di come, negli anni Novanta, il rinnovamento urbano abbia potuto
trasformare Berlino nella “Nuova Berlino” di oggi. Di fatto, la piazza non è una vera e propria piazza, ma una zona
costituita da tre aree, note come Daimler City, o Area Daimler Chrysler (1998), Sony Center (2000) e Besheim Centre
(2004), che hanno letteralmente reinventato un terreno desolato dove fino al 1989 il Muro separava Berlino Est da
Berlino Ovest.
La sfida è stata quella di ricostruire il cuore della Berlino post-Guerra Fredda e in questo modo trasformare una landa
sabbiosa nel centro vitale della capitale della nuova Germania unita. Data l’importanza del progetto, il risultato
sarebbe diventato una sorta di “dichiarazione” dei principi fondamentali dell’urbanistica di fine 20° secolo. Molti sono
stati gli aspetti oggetto di valutazione: l’equilibrio tra interessi pubblici e privati/commerciali, la pianificazione
d’infrastrutture, trasporti e viabilità, la limitazione del traffico, i criteri ecologici, lo stile architettonico da adottare
(edifici alti in stile Manhattan oppure bassi? Tradizionali o futuristici?). L’obiettivo condiviso è stato comunque quello
di attirare qui l’autentica vita metropolitana - dopo che l’area era rimasta così a lungo abbandonata - offrendo spazi
per abitazioni private, shopping, divertimento e affari, in modo che il quartiere potesse essere attivo e vitale in ogni
momento.
Il risultato visibile oggi è un buon compromesso tra tutte queste diverse esigenze, un misto di area urbana
all’americana, nei pressi del Sony Centre, e di tradizionale piazzetta alberata all’europea, in Marlene Dietrich Platz.
Potsdamer Platz è facilmente raggiungibile con la linea metropolitana U-Bahn e la ferroviaria S-Bahn, a pochi passi da
Tiergarten. È una zona d’importanza primaria per gli affari, grazie alle ardite architetture e a un patrimonio
immobiliare degno della capitale. Qui è stata trasferita, dal 2000, la sede dell’evento più glamour dell’anno: il Festival
Internazionale del Cinema di Berlino. Il tappeto rosso si stende ogni febbraio per accogliere cineasti e grandi star
mondiali di fronte al Palazzo della Berlinale (Berlinale Palast), in Marlene Dietrich Platz.
La storia di Potsdamer Platz è caratterizzata da tre fasi distinte, in ciascuna delle quali la zona, più che una piazza, è
sempre stata uno snodo centrale. Negli anni Venti del secolo scorso, qui fu installato il primo impianto d’illuminazione
stradale d’Europa, dando luce a quello che allora era il cuore della più attiva e frenetica città europea, piena di
traffico, negozi e divertimenti. Ridotta a un cumulo di macerie dopo la Seconda guerra mondiale e fino al 1989, la zona
fu la terra di nessuno che divideva l’est dall’ovest. La terza fase cominciò nel 1989, con la caduta del Muro, quando un
consorzio d’investitori internazionali e alcuni tra i più grandi architetti al mondo – Renzo Piano, Helmut Jahn, Richard
Rogers, Arata Isozachi e Rafael Moneo – ne progettarono la “resurrezione”.
La ricostruzione di Potsdamerplatz fu avviata negli anni Ottanta dall’allora senatore allo sviluppo urbano Volker
Hassener con il sostegno finanziario dell’investitore Daimler-Benz, che permise di acquistare un lotto di terra lungo il
canale Landwehr fino al perimetro del Muro, in un’epoca in cui questo sembrava un sito periferico e senza valore.
All’improvviso, con la caduta del Muro, il lotto divenne un prezioso appezzamento nel cuore della nuova capitale. Nel
1991 il Senato di Berlino varò un concorso per la presentazione di progetti e idee per la realizzazione di Potsdamer e
Leipziger Platz, che scatenò un appassionato dibattito e una gara serrata tra i principali studi di architettura del
mondo. Vinsero il concorso Heinz Himmler e Christoph Sattler, di Monaco.
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Renzo Piano e Helmut Jahn firmarono invece i progetti esecutivi. Daimler-Benz (oggi Daimler) e SONY diedero il
sostegno alle due diverse visioni. Quella di Piano/Daimler-Benz prevedeva strade più strette e, in generale, un più forte
attaccamento allo stile europeo; quella di Jahn/Sony puntava invece sulla realizzazione di quell’area ultramoderna con
copertura in vetro e acciaio che divenne poi il Sony Centre. Proprio quella copertura rappresentò la più complessa
prova ingegneristica del progetto: un tetto sporgente sostenuto da cavi d’acciaio ancorati agli edifici adiacenti.
Il Panorama Punkt (punto panoramico) si raggiunge in ascensore e regala una vista a 93 metri d’altezza dalla Torre
Kollhoff, in mattoni bruni. La facciata neo-barocca sulla Bellevuestrasse appartiene al restaurato Hotel Esplanade,
sopravvissuto al Secondo conflitto mondiale. Nonostante il tentativo di integrarlo senza modifiche nel progetto
complessivo, è stato necessario sollevare la sala imperiale (Kaisersaal) su un cuscino d’aria per trasferirla nella sua
posizione attuale. Due pareti restano nella posizione originaria. All’estremità meridionale della piazza, la torre Debis,
in pietra e vetro, realizzata da Renzo Piano, ospita la sede centrale del gruppo. Fu questo il primo edificio della zona a
essere completato. È alta 106 metri ed è composta da 22 piani. La sua caratteristica principale è quella di essere
realizzata “scorporando” i singoli elementi – la scala, il vano ascensore, gli uffici e così via.
Tra le attrazioni principali di Potsdamerplatz, oltre alla torre di Piano, sono il DaimlerChrysler Atrium, con uno spazio
pubblico che ospita mostre d’arte, un autosalone e un bacino artificiale di acqua, il Sony Centre, con le sale
cinematografiche e il museo del cinema tedesco, il centro commerciale Arkaden (di Richard Rogers), il cinema 3D, il
teatro, il casinò e il palazzo Weinhaus Huth (vinerie Huth), l’unico palazzo della piazza che risale a prima della Seconda
guerra mondiale
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Philharmonia di Berlino -Bernard Hans Henry Scharoun
Progettista: Hans Scharoun
Collaboratori: E. Wisniewski, W. Weber, L. Cremer
Progetto architettonico: Hans Scharoun
Assetto paesaggistico: W. Weber
Consulenza acustica: L. Cremer
Località: Tiegarten, Berlino
Datazione del progetto: 1956-59
Datazione realizzazione: 19 settembre 1960-15 ottobre 1963
Struttura portante: calcestruzzo armato
Finiture interne: calcare giurassico ricoperto di pino dell'Oregon
Finiture esterne: calcestruzzo (dal 1980 sono stati aggiunti pannelli di poliestere su alluminio anodizzato color oro)
Posti a sedere: 2218 (1330 centrali, 300 laterali, 270 alle spalle dell'orchestra)
mc complessivi: 108.000 mc
L'edificio venne costruito tra il 1960 e il 1963 su progetto di Hans Scharoun. La struttura ha una forma pentagonale
che viene mantenuta anche all'interno. Il podio dell'orchestra occupa la sezione centrale della sala pentagonale.
Attorno si sviluppano le gallerie per il pubblico, progettate in modo tale da confondersi con la prospettiva dei cinque
angoli della sala. La doratura dell'esterno dell'edificio venne aggiunta tra il 1978 e il 1981. Tra il 1984 e il 1987 venne
costruita la Kammermusiksaal (Sala per musica da camera), progettata da Edgar Wisniewski, su disegni dello stesso
Scharoun.
"Mettere la musica in un punto centrale. Questo è stato subito il principio generatore della composizione." E' quanto
afferma Hans Scharoun all'inaugurazione della Filarmonica di Berlino, il 15 ottobre 1963. Nata in occasione di un
concorso ad inviti bandito nel 1956, la nuova sede dell'orchestra filarmonica di Berlino doveva sostituire l'edificio
distrutto nel corso della guerra su Bernuburgerstrasse; la decisione, nel 1959-60, di cambiare la localizzazione
dell'intervento (dalla Bundesallee alla Kemperplatzm di Tiergarten) non modifica il progetto iniziale, provocando
soltanto alcuni ampliamenti. Nella nuova area, dove già esiste la chiesa di San Matteo, sorgeranno altri edifici sia di
Scharoun (perlopiù attrezzature per la Filarmonica), sia di altri importanti architetti, come la Galleria Nazionale di
Ludwing Mies van Der Rohe (inaugurata nel 1968).
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La nuova Filarmonica di Berlino viene ideata dal berlinese Hans Scharoun come una sorta di paesaggio naturale: la sala
è paragonata ad una vallata, con i declivi scoscesi che individuano i posti a sedere ed una copertura plastica a forma di
grande tendone che l'avvolge interamente; tutto ciò corrisponde perfettamente a quanto realizzato.
Se osserviamo gli spazi interni si vede come il fulcro di tutto sia lo spazio dell'orchestra, il luogo dal quale si diffonderà
la musica; essendo questa la zona più bassa della sala, Scharoun configura la copertura ad andamento convesso per
far si che la musica si diffonda uniformemente dappertutto, come se provenisse dall'alto. Inoltre, grazie all'uso di
piastre che si protendono verso lo spazio dell'orchestra, si rompe la classica divisione tra l'orchestra stessa ed il
pubblico, venendo l'uno a compenetrare nell'altro. Vista in pianta la sala è simmetrica, con i posti a sedere che
circondano interamente lo spazio dedicato alla musica; se però si osserva da una delle postazioni laterali, il grande
auditorium tutto sembra fuor che simmetrico, mettendo in evidenza il proprio dinamismo e la propria varietà spaziale.
La zona dell'orchestra poi non è fissa, ma può abbassarsi o restringersi a seconda delle esigenze.
La forma della sala determina anche lo spazio del foyer a piano terra, dove una serie di rampe e pianerottoli a
differenti livelli si proiettano verso l'alto, accompagnati nel loro gioco da pilastri e setti inclinati. Tutti questi elementi,
che rendono lo spazio a pian terreno vario ed affascinante, invitano lo spettatore a salire verso la sala principale,
magari soffermandosi sui numerosi pianerottoli intermedi, ognuno differente dall'altro.
Bernard Hans Henry Scharoun (Brema 1893- Berlino 1972)
Dopo essersi diplomato a Bremanhaven nel 1912,Scharoun iniziò a frequentare la Konigliche Technische Hochschole
di Berlino fino al 1914 ma non completò gli studi. A 16 anni terminò il primo abbozzo di progetto, a 18 anni al primo
.
Concorso di architettura
Nel 1914 si offrì volontario per la prima guerra mondiale nonostante Paul Kruchen, suo mentore, gli avesse offerto di
collaborare con lui ad un progetto di ricostruzione nella Prussia Orientale. Nel 1919, al termine della guerra, Scharoun
iniziò la propria attività di architetto come progettista indipendente a Breslavia, dove realizzò numerosi progetti e si
dedicò all'organizzazione di esposizioni artistiche: durante quegli anni, dividendosi tra Breslavia e Insterburg, legò il
proprio nome al gruppo di espressionisti noto come Die Brücke.
Ricevette la cattedra alla Staatliche Akademie für Kunst und Kunstgewerbe di Breslavia nel 1925 e mantenne l'incarico
fino alla sua chiusura, nel 1932: dal 1919 faceva parte del gruppo di architetti espressionisti di Bruno Taut legati dalla
cosiddetta Gläserne Kette e, a seguito delle relazioni strette in questo circolo di conoscenze, nel 1926 entrò a far parte
dell'associazione di architetti chiamata Der Ring, di cui facevano parte anche Walter Gropius, Ernst May e Hugo
Häring. Proprio la profonda influenza di Hugo Häring è palese, in questi anni, nel progetto del 1927 all'interno del
quartiere Weißenhof di Stoccarda: a partire dal razionalismo, Scharoun intendeva sviluppare i propri progetti a partire
esclusivamente da un unico principio funzionale, organizzando al meglio la vita sociale all'interno dello spazio.
Durante il nazismo, l'architetto rimase in Germania nonostante molti colleghi e amici appartenenti alla Gläserne Kette
o al Ring fossero emigrati. Durante questo periodo riuscì a lavorare molto poco, dedicandosi principalmente a piccole
case d'abitazione (di queste è opportuno ricordare almeno la Casa Schminke a Löbau del 1933) e la sua attività riprese
durante la guerra, con le ricostruzioni a seguito dei bombardamenti alleati. A questo periodo risalgono numerosi
acquerelli in cui appuntava segretamente le proprie idee di progetto.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale, entrò a far parte del comitato di ricostruzione di Berlino ed ebbe modo di
presentare numerosi progetti per la città, che non erano inquadrabili in alcuno schieramento politico e che lo resero
ben presto una figura isolata. Nel 1946 assunse la cattedra al politecnico di Berlino e si dedicò alla realizzazione di
alcuni progetti utopici tra cui la torre Stuttgart (1954), il ginnasio Geschwister-Scholl (1962) e la famosa sala concerti di
Berlino (1956-1963).
Caratteristica principale di questi ultimi edifici è una nuova concezione dell'organizzazione dello spazio, soprattutto
dal punto di vista sociale. La scuola, ad esempio, è concepita come una piccola città a misura di bambino, e gli
appartamenti sono disposti all'insegna della massima flessibilità dello spazio. La sala concerti è considerata il suo
capolavoro, con le sue terrazze irregolari per il pubblico e la disposizione quasi paesaggistica dei pannelli sul soffitto.
L'ambasciata tedesca a Brasilia è l'unico suo edificio realizzato fuori dalla Germania
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Ludwig Mies van der Rohe- Neue National Galerie
Come Walter Gropius anche Mies torna in Germania.
Nel 1962 inizia la progettazione della Galleria d'arte sulla Postdamerstrasse di Berlino che verrà inaugurata nel 1968.
L'edificio a pianta quadrata ha il lato di m 64.80. La soletta-lastra della copertura, sorretta unicamente da 8 pilastri, ha
uno spessore di m 1.80 e gli elementi portanti sono saldati tra di loro all'interno di una griglia bidirezionale di m 3.60.
L'altezza della sala al piano terreno è di m 8.40. Una vetrata, posta a m 7.20 dal filo esterno della struttura definisce la
sala principale all'interno e un portico all'esterno.
Maria Ludwig Michael è nato il 27 marzo del 1886 ad Aquisgrana da Michael Mies e da Amalie Rohe di origine
olandese. Da adulto Ludwig aggiungerà al cognome paterno il nome della mamma utilizzando il prefisso olandese
"van".
Tra il 1897 e il 1899 frequenta la scuola commerciale di Aquisgrana e di seguito entra nella bottega di scalpellino del
padre.
Ludwig Mies van der Rohe
Nel 1900 si iscrive alla scuola d'arti e mestieri sempre di Aquisgrana e inizia a disegnare ornamenti in stucco per uno
stuccatore locale. Nel 1905 si trasferisce a Berlino e lavora come disegnatore di mobili presso lo studio di Bruno Paul.
Nel 1908 inizia a lavorare per Peter Behrens e conosce Walter Gropius e Le Corbusier che in quegli anni fanno pratica
dal maestro berlinese. L'architetto Behrens, in quel periodo, si ispirava a alle opere dell'architetto Karl Friedrich
Schinkel (1781 - 1841) e il giovane Mies ha l'opportunità di conoscere il lavoro del grande architetto neoclassico
tedesco che influenzerà le sue prime costruzioni.
Nel 1910 vi è la mostra delle opere di Wright a Berlino, e Mies scopre un mondo diverso da quello di Behrens. Nel
1912 conosce in Olanda le opere di Hendrik Petrus Berlage (1856 - 1934) e nel 1913 apre un suo studio
Verso il 1919 Mies abbandona il suo primo linguaggio di derivazione neoclassica, si avvicina al movimento olandese De
Stijl e al Costruttivismo, ed inizia a progettare utilizzando in maniera innovativa l'acciaio e il vetro.
Per Ludwig Mies van der Rohe l'architettura non si distingue dalla struttura e dalla tecnica, diceva: "Si deve rifiutare
ogni forma che non sia retta dalla struttura".
Nel progetto di concorso per il Grattacielo di vetro a pianta poligonale del 1919 e nel progetto successivo del 1920 1921 Mies costruisce degli scheletri d'acciaio di diversi piani, completamente vetrati. Le particolari forme delle piante,
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prospettano una ricchezza volumetrica indiscutibile e impensabile per quei tempi.
DAL NOVEMBERGRUPPE AL BAUHAUS 1918 - 1932
Nel 1918 si costituisce a Berlino il "Novembergruppe" Mies vi aderisce con Taut, Gropius, Mendelsohn, Hilberseimer,
ecc. Questo gruppo ebbe una notevole importanza sugli sviluppi del Movimento Moderno.
Tra il 1926 e il 1932 è vice presidente del Werkbund tedesco nel 1927 è direttore del Werkbund "Die Wohnung" a
Stoccarda dove organizza le costruzioni nel quartiere Weissenhof. Nel 1930 sostituisce Hannes Meyer alla direzione
del Bauhaus.
L'AMERICA 1937 - 1969
Nel 1937 Mies lascia la Germania nazista per gli Stati Uniti d'America dove viene accolto a braccia aperte. Nel 1938 è
nominato direttore dell'Armour Institute of Chicago (poi Illinois Institute of Technology - ITT) e tra il 1940 e il 1956
progetta e costruisce il nuovo campus.
Nel 1947 il MOMA (Museum of Modern Art) di New York gli dedica una mostra personale che contribuirà ad
aumentare la sua fama. In quegli anni Mies riceverà una serie di incarichi importanti e prestigiosi.
" Il lungo cammino cha va dai materiali al lavoro creativo, attraverso la funzione, ha un unico scopo: creare ordine
dalla disperata confusione della nostra epoca …" (Ludwig Mies van der Rohe)
Il 17 agosto del 1969 Ludwig Mies van der Rohe muore a Chicago all'età di
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Porta di Brandeburgo
La Porta di Brandeburgo (in tedesco Brandenburger Tor) è una delle antiche porte urbane di Berlino. Si trova fra i
quartieri di Mitte e Tiergarten.
È il monumento più conosciuto della città, e simbolo dell´unità tedesca.
Venne costruita a partire dal 1788 ed aperta al traffico il 6 agosto del 1791 da Carl Gotthard Langhans che prese
spunto dalla ricostruzione dei Propilei di Atene pubblicata da Leroy nel "Ruines des plus beaux Monuments de la
Grèce" nel 1758. Lo stile utilizzato da Langhans è definibile come dorico-romano semplificato, infatti alla base delle
colonne sono presenti delle basi e alla fine del fregio compaiono mezze metope, in contrasto con lo stile dorico che
prevede colonne senza basi e la parte terminale del fregio risolta con un triglifo. Essa costituisce il punto finale
occidentale del viale Unter den Linden presso la Pariser Platz.
La Porta di Brandeburgo, il monumento più conosciuto di Berlino, alto 26 metri e largo 65, fu costruita nel 1791
dall'architetto Carl Gotthard Langhans, che la aveva concepita come un simbolo di pace. Due anni dopo, in cima alla
porta vennero aggiunti la dea alata della vittoria e un carro trainato da quattro cavalli, che trasformarono l'opera in un
monumento dedicato al potere prussiano. Nel 1807 Napoleone I trasportò la quadriga a Parigi come bottino di guerra,
ma nel 1814 i prussiani riuscirono a riportarla "a casa" e ne approfittarono per aggiungere la croce di ferro alla corona
che sormonta l'asta in mano alla dea della pace. La Porta di Brandeburgo e la quadriga subirono seri danni durante la
Seconda guerra mondiale e furono restaurate tra il 1956 ed il 1958. Nel 1961 poi la costruzione del muro di Berlino
chiuse la porta all'interno di un'area circoscritta e non accessibile (la terra di nessuno) e nel 1989, dopo il crollo della
frontiera, la zona fu nuovamente aperta al pubblico. Oggi è liberamente accessibile e la zona circostante è animata da
chioschi e bancarelle.
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DG BARK F.O.Gerhy Pariser Plaze
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Schinkel e l'architettura classica
Berliner Schauspielhaus
Schinkel perfezionò, grazie alle sue profonde conoscenze dell'architettura greca e romana, il linguaggio formale del
neoclassicismo. Nacque così, intorno al 1817, la Neue Wache, (sede della Guardia reale e monumento ai caduti).
Schinkel arricchì Berlino di nuove ed eleganti costruzioni: il centro della capitale prussiana (Berlin-Mitte) era destinato
a cambiare faccia. Ruppe con le forme sinuose del Settecento tedesco per semplificare il linguaggio classicheggiante
ed introdurlo coerentemente nel concetto architettonico di Berlin-Mitte. Tra i suoi lavori spiccano l'Altes Museum
(notevole per la rotonda nascosta in cima all'edificio) e la Schauspielhaus (successivamente ribattezzata come
Konzerthaus), che integra un colonnato da tempio greco con un edificio dotato di grandi finestre. Costruite all'inizio
degli anni venti dell'Ottocento,queste opere erano inquadrate in un concetto di risistemazione globale del centro di
Berlino, che si apprestava a trasformarsi da capitale prussiana a capitale di un intero stato tedesco, e come tale
doveva diventare più coerente e rappresentativa. Lo stile di Schinkel, come quello di altri architetti tedeschi del
periodo, è definito molto più da modelli dell'antica Grecia che non dall'architettura imperiale di Roma. Era questo un
modo per contribuire all'identità nazionale staccandosi da un apparato formale invece molto amato nell'architettura
francese, quella di un paese all'epoca ostile.
Fuori dalla Germania, si ricorda la villa costruita ad Orianda, in Crimea, per lo zar. L'interesse di Schinkel per
l'architettura classica lo portò ad elaborare un intero piano di risistemazione per l'Acropoli di Atene, progetto che
comunque finì per essere accantonato.
Neue Wache
Le Neue Wache (Nuova Guardia) è un monumento neoclassico situato al centro di Berlino. Fu fatto erigere da
Federico Guglielmo III di Prussia tra il 1816 ed il 1818 come sede della Guardia reale e come monumento ai soldati
tedeschi morti poco prima durante le guerre contro Napoleone. È situato sul famoso viale Unter den Linden.
È un'opera del famoso architetto tedesco Karl Friedrich Schinkel. Egli riuscì, nonostante le modeste dimensioni della
costruzione, a conferirle monumentalità grazie all'essenzialità del pronao in ordine dorico e alla chiarezza degli
avancorpi angolari disposti intorno alla pianta quadrata. Anche se l'edificio non ha cupola, l'interno è caratterizzato da
un oculo ispirato a quello del Pantheon.
E'un edificio importante nella poetica di Schinkel perché rappresenta l'esempio più chiaro della rohbau, della
costruzione nuda, in cui è evidente il contrasto tra il frontone classico e i fronti laterali in muratura di mattoni a vista.
un tipo di costruzione messa a punto da Schinkel in altri monumenti, come il faro del capo Akrona.
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È sempre stato considerato più o meno come un mausoleo-monumento al Milite Ignoto; a seconda dei periodi storici,
il suo ruolo è stato sempre leggermente ridefinito:
Durante il periodo della Repubblica di Weimar, ad esempio, era dedicato alle vittime della I guerra mondiale.
Il governo della DDR ribattezzò il monumento interpretandolo, in senso socialista, come ricordo ai caduti
dell'antifascismo Mahnmal für die Opfer des Faschismus und Militarismus. Vennero portati alla Guardia i resti
di una vittima sconosciuta di un campo di concentramento.
Dal 1993 viene considerata come monumento dello stato tedesco dedicato alle vittime di guerra e violenza in
genere.
Attualmente, sotto l'oculo, la costruzione ospita la scultura La pietà della celebre artista Käthe Kollwi
L'Altes Museum
L'Altes Museum fu eretto secondo i canoni dell'architettura neoclassica tra il 1823 ed il 1828 ad opera dell'architetto
Karl Friedrich Schinkel.
Come suggeriva il nome originale, fu inizialmente concepito per ospitare la collezione d'arte della famiglia reale (per
iniziativa di Federico Guglielmo III di Prussia). Finì poi per ospitare reperti antichi di vario genere.
Aprì le porte al pubblico nel 1830 come primo museo pubblico in Prussia.
Danneggiato dalle fiamme durante la seconda guerra mondiale, fu restaurato dal 1958 al 1966. Oggi è sede della
collezione antica dei Musei statali di Berlino, e ospita, in attesa della riapertura del Neues Museum (2009), il Museo
egizio.
L'Altes Museum mostra il sobrio ed ampio colonnato della facciata a chi si trova nel giardino del Lustgarten.
La spiccata orizzontalità dell'esterno è compensata dalla decorativa serie di colonne, di ordine ionico ed alleggerite da
scanalature.
L'edificio è a pianta rettangolare, ma in esso è integrato un ampio blocco centrale a pianta quadrata. Quest'ultimo
sovrasta il resto della costruzione ed è quindi visibile anche dall'esterno; il blocco ospita la rotonda, della quale il
visitatore ha un'immagine solo all'interno.
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Fernsehturm
l Fernsehturm (tedesco per "torre della televisione") è una torre per le antenne trasmittenti radiotelevisive nel centro
di Berlino in Germania. È un conosciuto punto di riferimento della città, presso la Alexanderplatz. La torre fu costruita
nel 1969 dalla Repubblica Democratica Tedesca (RDT) e la sua immagine fu usata come simbolo di Berlino
dall'amministrazione della RDT, ("Protzkeule Ulbrichts", lett. "la clava spaccona di Walter Ulbricht"). La torre è
facilmente visibile da tutti i distretti centrali di Berlino e rimane uno dei simboli della città. È alta 368 m, e all'altezza di
207m si trova un ristorante panoramico che ruota di 360° ogni mezz'ora. Fa parte della World Federation of Great
Towers.Fu eretta con il preciso scopo di farne la più alta torre televisiva d’Europa, seconda solo a quella di Mosca. A
firmarla furono gli architetti della Germania est Fritz Dieter, Günter Franke e Werner Ahrendt.
Reichstag L'ultimo restauro
Vista notturna della cupola del Reichstag
Nel 1992, sir Norman Foster vinse un altro concorso architettonico per la ricostruzione dell'edificio. Il suo progetto
vincente appariva molto diverso da quello che fu poi eseguito. Prima dell'inizio della ricostruzione, il Reichstag, nel
1995, fu "imballato" dall'artista bulgaro-statunitense Christo, in un evento che attrasse milioni di visitatori.
Torre di vetro al centro della cupola
Durante la ricostruzione, il palazzo fu completamente svuotato, togliendo tutto ad eccezione dei muri esterni,
compresi tutti i cambiamenti fatti dal lavoro di Baumgarten degli anni sessanta. I seggi del parlamento furono trasferiti
al Reichstag nell'aprile 1999. La ricostruzione viene ampiamente considerata un successo ed è diventata un'attrazione
turistica anche perché il Reichstag, e soprattutto la grande cupola di vetro che è stata eretta sul tetto in memoria
dell'originale del 1894, forniscono una delle panoramiche più attraenti per i visitatori di Berlino, dando una vista
notevole della città, specialmente di notte. La cupola è aperta al pubblico, senza necessità di registrarsi, anche se le
[
code per l'attesa possono essere molto lunghe, specialmente d'estate.
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QUARTIERE KREUZBERG
Kreuzberg, a Berlino ovest, a sud-est del centro, è uno dei quartieri degli artisti (uno dei tanti della città). Frequentato
dalla comunità punk è uno dei quartieri dove sorgeva il Muro: la zona più viva è quella chiamata Kreuzberg 36. Le
strade più gettonate per la vita serale e notturna sono la Oranienstraße, la Wiener Straße e intorno a Schlesische Tor.
Il quartiere di Kreuzberg è stato il centro della contro-cultura di Berlino Ovest negli anni '80. Un tempo circondata su
tre lati dal Muro di Berlino, la parte est - il famoso «SO36» (per «Südost 36», ex codice postale del quartiere) - vede
oggi coesistere i centri culturali alternativi e la comunità turca della «piccola Istanbul».
Dopo la riunificazione seguita alla caduta del muro, il distretto di Kreuzberg ha cessato di essere un luogo di frontiera
e si è ritrovato magicamente a vivere nel centro della città. Il quartiere, tutt’ora diviso in due parti distinte, si sta
progressivamente risanando e le sue vie si arricchiscono di nuovi influssi. La parte occidentale, chiamata Kreuzberg 61
dal vecchio codice postale, è più lussuosa e caratterizzata da eleganti edifici per appartamenti del XIX secolo con
facciate ricche di suggestivi elementi decorativi. La parte orientale, Kreuzberg 36, è invece ancora l’epicentro sociale e
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politico maggiormente alternativo. Memoria storica della trasformazione del quartiere è il Kreuzberg Museum
allestito in una ex fabbrica ed ancora in fase di sistemazione. Per ora è accessibile il solo primo piano dove viene
esposta la storia industriale di Kreuzberg, soprattutto per quanto riguarda i settori della stampa e dell’editoria.
Adalbestrasse, dove ha sede il museo, incrocia poco più avanti Oranienstrasse, il famigerato centro della
scoppiettante vita notturna di Kreuzberg, tornato recentemente ai modaioli antichi splendori. Molti dei suoi caffè, bar
e ritrovi conservano infatti l’atmosfera underground che rese famosa l’intera zona negli sfrenati anni ’80.
I molti cittadini stranieri che risiedono a Kreuzberg alimentano ancora oggi in modo notevole questa vitale diversità. I
turchi, l’etnia più numerosa, non sono più gli operai arrivati negli anni ’60 ma i loro figli e nipoti, molti dei quali nati a
Berlino, che lavorano nel commercio o possiedono un’attività in proprio. Per cogliere appieno l’atmosfera di questa
realtà multiculturale, bisogna visitare i luoghi simbolo di una cultura: il mercato, naturalmente. Il più famoso è il
Türkenmarkt, che si tiene il martedì e venerdì, dalle 10 alle 20, lungo la Maybachuferstrasse (fermata Kottbusser
Damm della metropolitana U8): un bazar orientale in trasferta, frequentato assiduamente da tutta la gente del
quartiere. L’altro, il Crellemarkt (mercoledì e sabato, dalle 8 alle 13), si trova in Crellestrasse nel distretto Schöneberg,
è meno famoso ma decisamente più genuino.
C’è chi dice che alla caduta del muro tanti di Kreuzberg abbiano pianto perché sapevano che questa alchimia
particolare sarebbe andata perduta in seguito alla riunificazione. Insomma Lou Reed e David Bowie non abitano più
qui e il numero delle case occupate è notevolmente diminuito. Il quartiere ha conservato però la forte
caratterizzazione multiculturale di Istanbul tedesca, sia numericamente che per il diverso stile di vita turco,
decisamente più visibile di quello tedesco. I bambini stanno per strada e giocano a pallone, la musica araba si sente
nelle corti, d’estate le signore siedono sulle sedie di fronte alla porta di casa. Si fanno, insomma, vedere e sentire,
soprattutto in confronto alla rinomata discrezione tedesca.
L'area dell'attuale quartiere di Kreuzberg era storicamente divisa fra le parti meridionali dei quartieri Friedrichstadt e
Luisenstadt di Berlino, ed il sobborgo extramurale Tempelhofer Vorstadt. L'intera area fu edificata nel XIX secolo.
Nel 1920, con la creazione della "Grande Berlino", l'area fu unita, divenendo il sesto distretto della città, inizialmente
denominato Hallesches Tor. La denominazione definitiva di Kreuzberg è derivata da un'altura posta nel Viktoriapark.
Durante la seconda guerra mondiale l'area intorno a Friedrichstraße e Mehringplatz, vicina al centro storico, subì
violentissimi bombardamenti, risultando quasi totalmente distrutta. Le zone corrispondenti alle vecchie Luisenstadt e
Tempelhofer Vorstadt, invece, furono poco danneggiate.
Nel 1945, con la divisione della città, il distretto di Kreuzberg fu assegnato al settore di occupazione americano, e
quindi a Berlino Ovest
Kreuzberg risultò così essere il distretto più centrale fra quelli appartenenti ai settori occidentali (il centro storico,
Mitte, apparteneva a Berlino Est). Pertanto, fu interessato da interventi di risanamento urbanistico, consistenti nella
demolizione dei vecchi edifici residenziali e la loro sostituzione con edifici terziari, più redditizi. Gli abitanti, in
maggioranza dei ceti popolari, furono trasferiti in quartieri più periferici, come la Gropiusstadt e il Maerkisches Viertel.
Numerose demolizioni si resero necessarie anche per la prevista costruzione di un'autostrada urbana (la
Südtangente).
Nel 1961 l'improvvisa costruzione del muro rese Kreuzberg, da zona centrale, un quartiere di frontiera. Le demolizioni
proseguirono, ma l'area, improvvisamente non più ambita, divenne squallida e desolata. Gli abitanti già trasferiti in
periferia furono sostituiti da immigrati (particolarmente turchi).
Negli anni settanta, a causa dello stato di forte degrado, si sviluppò fra gli abitanti un forte movimento di protesta
sociale. Kreuzberg divenne il centro della scena punk rock e alternativa di Berlino Ovest.
La mostra internazionale di architettura "IBA 84", svoltasi nel 1984, tentò di porre rimedio alla situazione: le
demolizioni vennero bloccate, e si iniziò una faticosa opera di ricostruzione e restauro degli edifici più fatiscenti,
introducendo forme limitate di progettazione partecipata. L'area intorno a Friedrichstraße, ancora in rovina dal 1945,
fu ricostruita richiamando la struttura urbana tradizionale, con un'alta percentuale di residenza (anche economica).
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Dopo la riunificazione (1990), Kreuzberg è diventato un quartiere particolarmente apprezzato da giovani e studenti.
Permangono tuttavia (particolarmente intorno a Kottbusser Tor) fenomeni di degrado, piccola criminalità e spaccio di
droga.
Dal 1º gennaio 2001 il distretto di Kreuzberg si unì a quello di Friedrichshain. Da quella data, Kreuzberg e
Friedrichshain sono quartieri (Ortsteil) del nuovo distretto di Friedrichshain-Kreuzberg.
MUSEO EBRAICO LINDENSTRASSE
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Questo stranissimo e bellissimo museo, in tedesco Jüdisches Museum, inaugurato pochi anni fa rappresenta la Berlino
che vuole rielaborare il proprio passato e la Berlino dell'architettura contemporanea, del presente e per il futuro.
Situato nel quartiere di Kreuzberg, questo splendido edificio raccoglie le testimonianze della presenza della cultura
ebraica in Germania. Opera dell'architetto Daniel Libeskind, vincitore nel 1999 del premio nazionale dell'architettura
tedesca, il museo è stato inaugurato nel 2001 ed offre un viaggio attraverso 2000 anni di storia della comunità
ebraico-tedesca. Il visitatore rimarrà sicuramente impressionato non solo dalla struttura ma anche dagli ogetti e
reperti esposti: si tratta di immagini, foto, testi e pezzi d'arte che aiutano ad inquadrare e capire la storia e la cultura
ebraica in Germania. La struttura ospita quindi non solo la mostra permanente di cui ho appena brevemente fatto
cenno, ma anche un centro educativo, il Rafael Roth Learning Center, mostre itineranti, visite interattive e
multimediali a gruppi di studenti delle scuole medie e superiori. Infatti sempre di più il 'Judisches Museum' si
arricchisce di libri collocati in una biblioteca che sta diventando un punto di riferimento nel panorama della ricerca
sulla storia ebraica in Germania e in Europa. La straordinaria costruzione dell'architetto Libeskind rappresenta un
simbolo della nuova Berlino. L'edificio, rivestito di zinco, pone in una luce nuova il rapporto tra visitatore e contenuti
espositivi e sfida e mette in discussione tutto ciò che è stato realizzato nell'edilizia museale prima del 2001. Con le
linee che tagliano in tutti i sensi l'edificio, l'architetto ha voluto rappresentare il difficile rapporto e percorso della
storia ebraico-tedesca utilizzando appunto una linea dicotomica: una dritta, ma spezzettata in diversi punti; l'altra
invece è più contorta e senza termine. Ove queste due linee si intersecano nasce uno spazio vuoto. In altre parole è
come se l'architetto avesse voluto porre degli interrogativi, invita perciò il visitatore a riflettere. Molti visitatori italiani
(ma non solo) sono completamente spiazzati quando giungono in zona, perchè abituati a linee classicheggianti,
rinascimentali o barocche; stupiti di linee e tagli impazziti nel corpo dell'edificio metallico e freddo. L'indirizzo è
Lindenstrasse n. da 9 a 14 e si può raggiungere comodamente con la metrolitana, linea U6, la fermata è 'Hallesches
Tor'.
L’edificio ha una forma irregolare a zig zag, espressione simbolica della stella di David, e tutto nella sua costituzione: la
parte strutturale come quella di rivestimento, i sistemi di collegamento interno come i tagli finestrati e la luce naturale
che da essi deriva, perseguono lo scopo di guidare il visitatore in un percorso che prima di tutto si trasforma in
esperienza personale. Il Museo ebraico e’ infatti un edificio che, al di la’ di qualsiasi giudizio tecnologico-formale, va
esperito personalmente.
Inaugurato nel 1999, utilizzato come luogo espositivo, questo suo stato di oggetto vuoto rende ancora piu’ suggestiva
e drammatica la sua percezione, originariamente legata ad una asimmetria anche interna (pavimenti e pareti
inclinate), a cui Libeskind ha dovuto rinunciare per motivi economici. Ma l’effetto di labirinto, di una spazialita’ che
cerca proprio nei “vuoti”, nelle lame di luce, nelle ombre e penombre che si rincorrono percorrendo internamente lo
zig zag delle sale espositive la possibilita’ di un confronto con il visitatore, e’ mantenuta da questo progetto la cui
vicenda costruttiva si e’ protratta per piu’ di dieci anni (Libeskind vince nel 1989 il concorso per la realizzazione del
museo).
Non ha un'entrata diretta dall'esterno. Per accedere alla sezione ebraica del museo bisogna passare dal vecchio
edificio, essere inghiottiti da uno squarcio e scendere fino ai tre percorsi che distribuiscono al museo e che
simboleggiano i diversi destini del popolo ebraico. Quello drammatico dell'Olocausto interseca le due strade che
conducono rispettivamente verso il giardino di Eta Hoffmann, che simboleggia l'esilio, e alla scala, che rappresenta la
continuità della storia del popolo ebraico e la speranza. Le pareti e il pavimento sono in cemento armato, non c'è
nessun tipo di climatizzazione. L'aria entra attraverso pochi fori praticati su una parete, che richiamano quelli
attraverso cui veniva immesso il gas nelle camere di morte. La scala può servire per scavalcare muri di recinzione e in
taluni casi può rappresentare un mezzo di fuga verso la salvezza.La seconda strada porta al giardino di E.T.A. Hoffman,
metafora dell'esilio. Il giardino è sotto terra e un alto muro di cinta in cemento armato ne definisce la forma quadrata.
Una rampa perimetrale fa pensare ad una via di fuga che viene impedita da una porta chiusa che non consente
l'uscita. Oltre il muro si vedono però brandelli di cielo e di edifici, a differenza della claustrofobica torre dell'Olocausto.
Dentro il giardino quarantanove pilastri a base quadrata in cemento armato sono coronati da alberi. I pilastri
definiscono una specie di labirinto soffocante che alimenta sempre più il disagio e il desiderio di evasione.
La terza strada è rappresentata da un percorso che conduce ad una lunga scala che distribuisce alle sale espositive
disposte su tre piani. È un percorso ascensionale illuminato dall'alto con lucernari e finestre laterali. Indica la
continuità della storia e la speranza, la scala è interrotta da un muro, ma nulla lascia intendere che essa abbia termine,
sottolineando la vita va avanti. La stretta e alta calle della scala è intersecata da un intrico di travi strutturali inclinate
che drammatizzano lo spazio, simboleggiando forse le minacce sempre presenti e ricorrenti nella storia. Se all'interno
del museo il vuoto è uno scavo, esternamente è un volume in cemento della stessa forma dei vuoti; il volume ospita la
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torre dell'Olocausto. Le facciate non presentano finestre tradizionali, ma squarci obliqui di diverse dimensioni. È una
grammatica di segni incomprensibili, che definiscono un palinsesto oscuro.
QUARTIERE IBA
Il quartiere prende il nome dal grande parco del Tiergarten (Peter Joseph Lennè 1858-62),
di cui occupa i confini meridionali e si conclude a Ovest col Zoologischer Garten (grande area di cultura e servizi), a Est
con Kemper Platz e aSud con Kürfürstenstrasse.
L’area è attraversata longitudinalmente dal Landwehrkanal, sulle cui sponde si sono costruite ville borghesi e in
seguito sedi consolari. La zona oggi ospita le grandi ambasciate in palazzi che concorrono fra loro per qualità e stile
architettonici.
L’IBA qui è intervenuta per riparare ai vuoti postbellici, mantenendo questa zona con la sua tradizione e
concentrandosi in 3 zone: Lützowplatz, Kulturforum e le ville urbane in Rauchstrasse.
L’Internationale Bauausstellung (Esposizione Internazionale di Architettura) di Berlino Ovest è tradizionalmente sede
di dibattito critico, e vi vengono elaborate posizioni teoriche essenziali, cui si fa riferimento anche dopo la caduta del
muro. L’ambizioso tema dell’IBA 1979, è quello della destinazione residenziale del centro città. La mostra segna una
tappa fondamentale per la nuova concezione urbanistica: rigida ristrutturazione urbana ed edificazione selvaggia
cedono il passo a un prudente utilizzo dell’esistente e delle infrastrutture cittadine, attento anche agli aspetti sociali
dell’urbanizzazione. L’ultima IBA, organizzata nel 1987, si articola intorno all’“IBA-Alt” e all’“IBA-Neu”. L’“IBA-Alt”,
sotto la direzione del docente di architettura Hardt-Waltherr Hämer, si occupa essenzialmente della ristrutturazione
delle zone di Kreuzberg, Luisenstadt e SO36; l’“IBA-Neu”, diretta da Josef Paul Kleihues, si incentra sulla “ricostruzione
critica” delle aree di Tegel (Tegeler Hafen), della Prager Platz (Wilmersdorf), della zona sud di Friedrichstadt (Berlin
Museum, attuale Jüdisches Museum – Ritterstraße, Lindenstraße, Kochstraße, Zimmerstraße) e delle aree meridionali
del Tiergarten (intorno alla Lützowplatz).
La ricostruzione critica dell’IBA teorizza, al fine di ottenere un paesaggio urbano omogeneo e portatore di una
continuità storica, la necessità di ricominciare a guardare e a rispettare la tradizione, con norme che regolamentino,
per esempio, l’edificazione nelle periferie o l’altezza delle facciate, evitando al contempo di copiare i dettagli
decorativi del passato. Architetti come Rob Krier, Rem Koolhaas, James Stirling, Hans Hollein, Zaha Hadid e Aldo Rossi
si distinguono per il loro personale approccio ai dettagli, che si inserisce nell’ampia gamma di interpretazioni
tipicamente postmoderna. Queste realizzazioni architettoniche e urbane restano a lungo al centro del dibattito
internazionale.
Selezione di progetti IBA :
Fraenkelufer (Hinrich e Inken Baller), Tegeler Hafen (Porto di Tegel, piano d’insieme di Charles Moore, John Ruble e
Buzz Yudell), Stadtvillen lungo la Rauchstraße (tra gli altri Rob Krier, Aldo Rossi, Hans Hollein), Wohnhof Lindenstraße
(Hermann Hertzberger), Wohnpark am Berlin Museum (piano d’insieme di Hans Kollhoff e Arthur Ovaska),
Wohnanlage Ritterstraße (piano d’insieme di Rob Krier).
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EAST SIDE GALLERY
L'East Side Gallery si trova a Mühlenstrasse, a lato del fiume Sprea. Lunga 1,3 Km è il maggior tracciato sopravvissuto
del muro di Berlino. Dopo l'apertura dei confini, nel 1989, sono arrivati artisti provenienti da tutto il mondo che si
sono esibiti con le loro creazioni artistiche su quello che fino ad allora era stato un muro intoccabile. Il primo murales
fu dipinto da Christine Mac Lean e a seguire moltissimi sono stati i contributi per far sì che l'East Side Gallery venga
oggi considerata la più lunga galleria d'arte all'aria aperta del mondo.
Di questo famigerato manufatto rimangono in città pochissimi frammenti: è bastato poco più di un anno, correva il
1990, per abbattere, smantellare, letteralmente sbriciolare quel colosso di cemento armato che tagliava in due la città
di Berlino (lungo il confine tra Berlino Ovest e le campagne della Germania Orientale di fatti non c’era un vero e
proprio muro, ma un doppio recinto di filo spinato, il Mauer, così come tutti ce lo immaginiamo, fu eretto solo
all’interno della città).
28 anni di tirannia e demenza eliminati in un soffio.
La parte più lunga del Muro di Berlino a tutt’oggi ancora in piedi ha però avuto una evoluzione singolare e
straordinaria, a mio parere una delle più belle metafore capaci di sintetizzare la storia di questa città e la sua anima
impossibile da abbattere: di un chilometro e trecento metri di muro di cemento armato che correva lungo la riva
orientale della Sprea i Berlinesi hanno fatto la più lunga galleria di arte contemporanea del mondo, la East Side Gallery
(per dare i nomi i tedeschi sono sempre estremamente letterali, quindi, semplicemente “galleria del lato orientale”, e
così non ci si sbaglia).
Per cui nel 1989, quando il Muro cadde, da un lato si presentava come una gigantesca lavagna scarabocchiata,
emblema di una sconfinata irriverente provocante libertà di espressione, dall’altro era una cupa, piatta, immacolata
distesa di cemento armato. Insomma, una manna per i writer di tutto il mondo.
E mentre i graffiti della parte occidentale venivano piano piano strappati dai “Mauerspechter” (gli scalpellatori del
Muro) che – con berlinese prontezza – ne fecero straordinari souvenir, qualcuno pensò di utilizzare il Muro grigio a Est
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come tela, trasformandolo così in una galleria tutelata, che non potesse essere saccheggiata dai turisti e che restasse a
memoria di quello che il Muro era stato, ma soprattutto di quello che la sua caduta aveva significato. La East Side
Gallery diciamo è così una specie di falso storico, che assomiglia in tutto e per tutto al Muro di Berlino così come
appariva a Ovest (e che ora non c’è più) e che ci ricorda come quel manufatto di odio e repressione della libertà sia
diventato dall’altro lato un manifesto di libertà, espressione, creatività.
106 giovani artisti vennero chiamati per dipingere liberamente il Muro e creare questa striscia di colore sulle rive del
fiume, trasformando quella che un tempo era terra di nessuno in un luogo di incontro, memoria e gioia creativa.
Certamente in vent’ anni i graffiti della East Side Gallery ne hanno visti veramente di tutti i colori, molti di più di quelli
previsti dai loro creatori. Anche perché, proprio in nome di quella inviolabile libertà di espressione, un tacito accordo
ha permesso proprio a chiunque di usare la East Side Gallery come lavagna personale per lasciare una indelebile
espressione di sé (purtroppo non sempre memorabile…visto che gli “Io sono stato qui” e i “Forza Roma”
proliferavano). Il tempo e le intemperie hanno poi fatto la loro parte e la Galleria piano piano è diventato un
pastrocchio sbreccato, spellato, di nuovo, tutto sommato, piatto e grigiastro.
Ma con un guizzo di brillantezza Berlinese si è pensato di richiamare gli stessi artisti che venti anni fa dipinsero il Muro
per ridipingerlo a nuovo in questo 2009, anno in cui si celebrano i venti anni della Caduta.
Passeggiare oggi lungo la East Side Gallery è una esperienza eccezionale: si vedranno frammenti della Galleria che fu,
densi di tracce colorate, scritte, memorie di passaggi, ricordi, una stratificazione di segni e racconti. Accanto gli operai
-vestiti come ghostbusters – che cancellano l’irreparabile con getti d’acqua devastante (attenti agli occhi, perché negli
schizzi d’ acqua sono presenti briciole di cemento…e gli operai per l’appunto hanno cappuccio e occhialoni, mentre tu,
povero passante curioso…no). Più in là parti bianche come tele nuove pronte per essere disegnate. Alcuni vecchi
graffiti – i più famosi- sottoposti a impacciati interventi di recupero. E poi il nuovo. Una sfavillante galleria di colori
freschi e forme innovatrici. Gli “affreschi” più famosi sono stati esattamente replicati (e quindi potrete rivedere sia la
Trabant che sfonda il Muro, sia il celebre “Bacio Mortale” tra Honecker e Breznev), mentre per la maggior parte della
sua lunghezza la East Side Gallery presenta una collezione completamente rinnovata. E non solo. Se siete fortunati
vedrete anche gli artisti che proprio in questi giorni, approfittando del sole, stanno dipingendo le loro opere.
Insomma, tutta la storia di questa parte di muro è in questi giorni raccolta in una strana, sintentica esperienza, mista
di storia e arte contemporanea.
BONJOUR TRISTESSE
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In seguito al concorso vinto nel 1980, Siza ha ottenuto la sua prima commissione all’estero. È un edificio a sei livelli di
alloggi con il pianoterra destinato a negozi. Posto nei pressi della Schlesisches Tor, l’edificio è stato realizzato con
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l’obiettivo di risanare un isolato di Kreuzberg, abitato in maggioranza da immigrati turchi. Come molti altri interventi
promossi dall’IBA, esso rappresenta un episodio dell’operazione di ricucitura e completamento dell’isolato. L’area,
circondata su tre lati dal Muro, era una delle più problematiche in termini di degrado e di integrazione sociale.
L’edificio occupa l’angolo tra Schlesischestrasse e Falchensteinstrasse; pur rispettando gli allineamenti con gli edifici
preesistenti, Siza ha movimentato il prospetto, imponendo alle superfici murarie un andamento curvilineo. Il vertice
geometrico dell'angolo è marcato dalla presenza di un esile pilastro. Le linee sinuose della pianta, dei prospetti e del
coronamento si rapportano alle esperienze dell’architettura espressionista berlinese, in particolare di Scharoun e
Mendelsohn. Il graffito "Bonjour Tristesse", che i giovani berlinesi hanno aggiunto clandestinamente sulla sommità
della fascia curvilinea, citazione del romanzo esistenzialista di Segan (1954), coglie il grigiore della vita urbana in
questa area periferica di Berlino Ovest.
ISOLATO IN SCHÜTZENSTRASSE E RESIDENZIALE KOCHSTRASSE IN FRIEDRICHSTRASSE
Un isolato costituito da edifici diversi per altezza e configurazione, per colore delle facciate e tipologia dei tetti, per
trattamento delle superfici e gioco delle aperture, che trova proprio in questa frammentazione di soluzioni, ma non di
linguaggio, la sua unitarietà formale.
I due portali d’ingresso alle corti dell’isolato sono di diversa tipologia e materiali: realizzato con un’ architrave in
acciaio per il primo e di ispirazione classica (il riferimento è il Palazzo Farnese a Roma) per il secondo.
Le facciate colorate, che destano subito curiosità nel panorama urbano, sono realizzate con due tecnologie
costruttive: il sistema del rivestimento a cappotto intonacato o del rivestimento in pietra.
L’immagine complessiva è forte e decisa, staccandosi nettamente dall’intorno urbano circostante.
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Nuove architetture, grandi aree dismesse, progetti che stanno crescendo. La Berlino di fine millennio, con i suoi
contrasti e la sua storia, si presenta con una nuova immagine. E ospita l'ultimo grande progetto - colto e bizzarro dell'architetto Aldo Rossi, recentemente scomparso. Un estremo omaggio alla cultura architettonica di una città
riconosciuta come emblema di metropoli lacerata ma vitale. Il progetto è la ricostruzione di un intero isolato, il
Quartiere Schützenstrasse, nell'area un tempo attraversata dalla linea del muro. Si tratta di 70 mila metri quadrati di
uffici, negozi, abitazioni e giardini, delimitati da quattro strade ortogonali, antico retaggio del tessuto ottocentesco. Un
progetto fantasioso, che prende spunto dalla frammentarietà della Berlino odierna: il tema dell'isolato è risolto con un
collage di architetture ritmate da dimensioni, colori, stili e altezze diverse. Dodici edifici che insieme danno vita a un
blocco frammentato ma unico. Ecco la casa verde, di vetro e ferro verniciato, che periodicamente si ripete e dà unità
al disegno. Presente su tutti i prospetti anche la casa di mattoni, con al centro la svettante torretta intonacata di rosso,
i grandi portali e le putrelle di ferro smaltate di verde. I riferimenti a New York sono evidenti. E a tratti diventa difficile
capire se ci si trova nel Bronx, a Disneyland o nella vecchia Europa. I colori sono violenti, abbaglianti, dal giallo
all'azzurro-violetto degli intonaci, al rosso luccicante del metallo smaltato. All'improvviso compare una facciata
classica: è la riduzione/invenzione del Palazzo Italiano, punta massima della teoria rossiana del frammento. Altro non
è che la copia esatta, ma leggermente rimpicciolita, di una porzione del cortile interno di Palazzo Farnese a Roma,
capolavoro del tardo rinascimento italiano. Suo coronamento è la copia del cornicione michelangiolesco, retto da due
grandi lesene in cemento armato rivestite in pietra. A questo punto la sorpresa è totale: non siamo più né a New York
né a Disneyland, ma all'improvviso eccoci nella Roma rinascimentale. "È un falso storico di grande audacia", spiegano
Massimo Scheurer e Marc Kocher, collaboratori dell'Architetto e assistenti del progetto. "L'idea è nata in modo
curioso: progettando l'isolato per il suo committente, un uomo d'affari di Monaco di Baviera, Rossi - quasi per
provocazione - incollò nella facciata una fotocopia del cortile del noto palazzo romano. La reazione fu di grande
entusiasmo e così si passò alla pratica. Con un certo stupore dello stesso Rossi". Il falso è riconoscibile solo da un
occhio molto attento e sottolineato dall'uso di materiali diversi dagli originali. Il travertino è stato sostituito dalla
pietra serena, materiale nobile ma che ricorda il cemento e si riallaccia alla tradizione industriale tedesca. Anche la
struttura è diversa: il "Nuovo Palazzo Farnese" ha un'anima in cemento armato e utilizza le più avanzate tecnologie.
Ogni particolare, ogni singolo elemento decorativo è stato studiato nel dettaglio. "La natura del blocco, così
disomogeneo, ha comportato il moltiplicarsi dei problemi da affrontare", spiega Mauro Broglia, collaboratore dello
Studio Rossi e responsabile dello sviluppo dei dettagli costruttivi. "Ogni punto di contatto tra i diversi edifici ha
richiesto una specifica progettazione: la congiunzione tra i tetti piani e quelli a mansarda, lo sviluppo delle linee di
gronda a quote differenti, i raccordi tra mattoni, metallo e pietra". Tutti punti delicati, ognuno risolto in modo diverso,
grazie anche all'aiuto del computer. "Il progetto", ha scritto Aldo Rossi, "conduce necessariamente a una forma
maniacale del disegno: tutto deve essere disegnato, pensato e ricomposto. La Schützenstrasse sembra la
contestazione dei computer, ma in realtà ne è l'applicazione e ne segue il progresso". Anche gli interni sono stati
studiati con attenzione, dalla scelta dei materiali per i foyer di ingresso al sistema di illuminazione delle parti comuni.
Nulla è stato lasciato al caso: sono state disegnate le caselle della posta, le insegne dei negozi, le maniglie delle
vetrine. La parte residenziale, tutta rivolta verso i giardini interni, è stata risolta con appartamenti di taglio mediopiccolo, dai 30 ai 100 metri quadrati, spesso giocati su due livelli, che si affacciano su terrazzi e balconi. All'esterno
l'isolato si presenta come un vero e proprio blocco compatto, interrotto solo da piccoli passaggi che lo attraversano e
conducono alle corti e ai giardini. Una scelta progettuale che si rifà alle tradizionali Hof berlinesi - piccoli spazi verdi
dove si svolge la vita della città - ma anche ai cortili di Milano, ispirazione ricorrente nell'architettura di Rossi. Le
maestranze che hanno lavorato a questo cantiere sono state le più eterogenee e disparate, dagli strutturisti austriaci
ai gessisti italiani, dai muratori turchi e polacchi ai serramentisti tedeschi della ex Germania Est. Un'eterogeneità che
ha sempre affascinato l'architetto, un "Cittadino del Mondo", come lui amava definirsi. Da qui l'uso ironico di elementi
classici accostati a temi dell'architettura residenziale berlinese e a particolari rubati ai capannoni industriali. O l'utilizzo
spregiudicato di nuovi materiali: per esempio la plastica al posto del cotto per alleggerire i cornicioni. Il Quartiere
rappresenta un intervento sulla città di forte impatto. Impossibile restare indifferenti. Lo stesso Rossi, parlando di
questo progetto, ha ammesso:
Il programma berlinese di ricostruzione ed ampliamento della città ha avuto nel 2000 una forte involuzione a seguito
della crisi finanziaria successiva all'euforia dei primi anni. Molte iniziative sono fallite o hanno subito modifiche
radicali; purtroppo l'edificio in Landsberger Allee progettato da Aldo Rossi negli anni 90 è uno di quelli che sono stati
coinvolti, o forse è meglio dire travolti, dalle complesse vicende tedesche.
L'edificio, realizzato dopo la morte di Rossi al solo rustico strutturale, ha cambiato più volte proprietà e con queste
anche destinazione funzionale; è stata inoltre decretata una riduzione drastica del budget destinato alle finiture in
considerazione anche delle nuove funzioni (struttura alberghiera).
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In tali sopravvenute condizioni e pur attraverso la rinuncia ai molti ricchi materiali lapidei, il progetto in primo luogo
cerca di conservare la dignità architettonica ideata da quello originale, ma proponendo un decoro consono al nuovo
uso (albergo) e coerente con il contesto.
La parte lapidea è stata conservata per la sola torre d'angolo e per il basamento porticato dei fronti lungo le vie
principali Landsberger Allee e Storkover Strasse. E' stato introdotto invece l'intonaco su tutte le restanti parti
dell'edificio differenziandole tramite i colori senza seguire un confronto mimetico con la pietra ma piuttosto cercando
un rapporto di uniformità in grado di valorizzare le parti costitutive del progetto nella sua versione originale.
Si sono dovuti ridisegnare tutti i serramenti e l'ordine sovrapposto di colonne lungo la Landsberger semplificandolo
formalmente, sono stati riorganizzati gli accessi al corpo edilizio ed alla corte.
I colori adottati sono quelli della tradizione tedesca i grigi e gli azzurri segnati dal bianco dei marcapiani e dei
serramenti, il tetto è pensato in zinco.
CHECKPOINT CHARLIE
Il Checkpoint era un noto punto di passaggio sul confine tra i settori, dal 1961 nel Muro di Berlino.
In funzione dal 1945 al 1990, collegava il settore di occupazione sovietico (quartiere di Mitte) con quello americano
(quartiere di Kreuzberg).
Era situato sulla Friedrichstraße, all'altezza dell'incrocio con Zimmerstraße. Vi era ammesso il passaggio solo di militari
delle forze alleate, di diplomatici e di cittadini stranieri.
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Dopo la riunificazione il punto di controllo venne abbattuto; la baracca di guardia originale oggi si trova
nell'Alliertenmuseum; il 13 agosto 2000 ne venne inaugurata una ricostruzione fedele, divenuta in breve tempo di
grande richiamo turistico.
Il Museo del Muro fin dallo stesso inverno 1961/62 si trova a pochi metri dal Checkpoint.
Presso il Checkpoint Charlie ebbero luogo alcune fughe molto spettacolari dalla DDR. Nei pressi, il 17 agosto 1962, fu
colpito e lasciato morire dissanguato il diciottenne Peter Fechter, nel suo tentativo di fuga da Berlino Est;
direttamente al Checkpoint venne ucciso nel 1974 il giovane poliziotto Burkhard Niering.
La definizione di Checkpoint Charlie deriva dall'alfabeto fonetico NATO. Checkpoint Alpha era il valico autostradale di
Helmstedt (fra le due Germanie), Checkpoint Bravo il valico di Dreilinden (fra Berlino Ovest e la Germania Est).
Al "Checkpoint Charlie" le sentinelle alleate dal 22.9.1961 registravano gli appartenenti alle forze armate americane,
britanniche e francesi prima che loro entrassero a Berlino Est. Turisti stranieri potevano informarsi sul soggiorno a
Berlino Est.
Il "Checkpoint Charlie" venne così denominato sulla base dell'alfabeto della NATO: gli appartenenti alle forze militari
alleate raggiungevano il centro di Berlino passando per Checkpoint A (Alpha) a Helmstedt, il passaggio di confine dalla
Repubblica Federale nella RDT, per il Checkpoint B (Bravo) bei Drewitz, il passaggio di confine dalla RDT a Berlino
Ovest e per il Checkpoint C (Charlie) alla Friedrichstrasse, il passaggio di confine da Berlino Ovest a Berlino Est.
A causa della sua funzione di passaggio di confine per gli appartenenti alle forze armate alleate il posto di controllo
alla Friedrichstrasse fu nell’ottobre 1961 teatro del cosiddetto "fronteggiamento dei carri armati". Così, come simbolo
del confronto tra le grandi potenze mondiali, il "Checkpoint Charlie" è diventato il più noto tra i passaggi all’interno
della città.
Oggi a ricordare il posto di frontiera ci sono un'installazione dell’artista Frank Thiel e un pannello del percorso storico
del Muro di Berlino, all’ex passaggio di confine. Nelle immediate vicinanze si trova inoltre il Museo del Muro – Museo
Casa al Checkpoint Charlie, che ha fatto collocare un remake della prima guardiola degli alleati nella Friedrichstrasse.
Chi si porta dietro un po’ di tempo in più dovrebbe seguire Zimmerstrasse in direzione est fino a Charlottenstrasse e lì
visitare il luogo della memoria per Peter Fechter, lontano dal carosello dei turisti; oppure dovrebbe andare in
direzione ovest a guardare il muro originale che si trova sull’area della Topografia del Terrore.
Museo del Muro – Museo Casa al Checkpoint Charlie
Il Museo Casa al Checkpoint Charlie mostra un'esposizione permanente sulla storia del Muro di Berlino e sulla lotta
internazionale per i diritti umani. Sono esposti tra gli altri anche molti oggetti usati dai fuggiaschi e da chi li aiutava a
fuggire.
Senza titolo" (cassone luminoso), Frank Thiel, 1998
L’installazione – cassone luminoso di Frank Thiel mostra due ritratti a colori più grandi del naturale. Un giovane
soldato americano e un giovane soldato "sovietico" guardano ognuno nel territorio controllato dall’altro e marcano
così la linea di separazione e di passaggio tra quelle che allora erano le aree di influenza delle grandi potenze. Le foto
sono state fatte nel 1994 prima della ritirata delle forze armate alleate da Berlino. Il soldato "sovietico" porta già
l’uniforme della nuova federazione russa.
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FRIEDRICHSTRASSE
Galeries Lafayette -Friedrichstrasse –
Jean Nouvel 1996
Nouvel è noto per la sua sensuale superfici in vetro-slick. Qui, ha unito le sue esplorazioni familiare di superfici
trasparenti e traslucide con i tentativi di interpretare il grande magazzino storico edificio del tipo di cui la Galeries
Parigi è un comunemente citati esempio-e per fornire un volto unico alla Friedrichstrasse, storicamente (e il
tentativo di riguadagnare suo antico splendore come) più fantastica via dello shopping di Berlino.
l'interpretazione Nouvel della costruzione tipo magazzino sostituisce l'atrio famoso del Galeries Parigi con una serie
di volumi a forma di cono di vetro. Il cono principale sale verso l'alto numerose storie dal livello della strada fino alla
cima del palazzo. Un secondo, più piccolo, gocce cono rovesciato dal livello della strada negli ultimi due livelli di
shopping e di due livelli di parcheggio sotterraneo. I coni sono trasparenti sono interessanti come oggetti scultorei,
ma fanno poco per fare un grande magazzino di meglio.
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Oswald Mathias Ungers
La Friedrichstrasse costituisce forse la parte di Berlino in cui più marcati risultano essere gli effetti del rigido sistema
normativo imposto dal Senatsbaudirektor: volumi di altezza regolamentata, l’altezza storica di gronda di 22 metri e di
colmo di tetti di 30 metri, passaggi interni di collegamento definiti, rivestimenti lapidei (“case di pietra”), involucri
bidimensionali, ecc., caratterizzano l’edificazione di alcuni blocchi della Friedrichstadt.
In seguito all’esito non sempre soddisfacente dell’edificazione della Friedrichstrasse, Hans Stimmann introduce, per
l’edificazione della Pariser Platz, la piazza prospiciente la porta di Brandeburgo, un regolamento ancora più restrittivo:
il colore e il materiale degli involucri devono rifarsi alla porta di Brandeburgo, si predilige l’uso di superfici opache (in
pietra o intonaco) più che trasparenti, l’adozione di facciate poco vetrate, le così dette “Lochfassaden”, ovvero le
facciate forate, più che i curtain wall.
L’edificio di Oswald Mathias Ungers, Friedrichstadt Passagen – Block 205, è caratterizzato da una geometria rigorosa,
una maglia a base quadrata che dà ordine a tutti i diversi elementi dell’edificio. Il rivestimento è in pietra arenaria. La
compattezza e massività dell’edificio è dovuta al posizionamento a filo esterno della facciata di tutti i serramenti.
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Rem Koolhaas
Edificio a carattere residenziale progettato all’interno di Friedrichstadt-Süd, area storica definita da una maglia
stradale ortogonale. Si affaccia sulla Friedrichstrasse, proprio sotto il Muro, di fianco alla cabina di polizia del
Checkpoint Charlie, il punto di attraversamento fra Berlino Ovest e Berlino Est durante il periodo della guerra fredda.
Seguendo le sue concezioni antirazionaliste, Koolhaas non ripete gli errori urbanistici del Novecento, evitando il
distacco del nuovo edificio dalle costruzioni limitrofe. Il suo intervento è infatti inserito a chiusura della cortina
stradale, tra due edifici storici, ma arretrato rispetto al filo stradale. L’arretramento, l’uso dei materiali e, soprattutto,
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il suo stile architettonico marcatamente modernista, sottolineano il rifiuto da parte di Koolhaas di armonizzare la sua
costruzione con quella dell’isolato storico entro cui è stata inserita. Al piano terreno sono collocati alcuni negozi (fino
al 1994 erano ospitate strutture di servizio della dogana); nei piani superiori sono inseriti appartamenti privati Il sesto
livello, coincidente con l'attico, è chiuso da una lastra piana che sporge di sbieco su Friedrichstrasse. In facciata sono
presenti lunghe e ininterrotte finestre a nastro, ritmate da sottili telai metallici verniciati di color nero; tra una vetrata
e l’altra scorre una fascia metallica nera. La lastra superiore, in una posizione "pericolosamente" instabile, è perforata
da fori circolari dai quali filtrano fasci di luce naturale. Alla fronte piatta su Friedrichstrasse si oppone quella interna,
articolata dalla presenza di differenti tipi di finestre, di balconi e di materiali.
Aldo Rossi
Nell’illustrare il suo progetto, lo stesso Aldo Rossi aveva scritto che la casa di Berlino a FriedrichStrasse assume aspetti
molto diversi secondo i differenti punti di vista da cui è fotografata.Rossi scrive di aver realizzato, per la prima volta, a
Berlino, la grande colonna bianca, che torna in molti suoi disegni. Più che la colonna bianca della “grande architettura”
(Filarete a Venezia, Alberti a Mantova), Aldo Rossi, è stato colpito dalle colonne bianche, spesso di calce bianca dei
villaggi del sud America: segno di urbanizzazione di luogo civile, di storia. La colonna ha un significato augurale, essa
ignora l’esistenza fisica del muro e appartiene alla città.
Assume in questo senso particolare significato l’angolo come luogo caratteristico, e sembra che il fotografo abbia
inteso la poetica dell’opera di Rossi rappresentando l’edificio di KochStrasse come un frammento più che come opera
compiuta. E’ lo stesso architetto a scrivere che ogni opera gli sembra un frammento della città futura, e quindi, anche
queste opere costruite, sono pur sempre parti incompiute di un disegno più generale.
La veduta dei due fronti, come le immagini degli spazi interni visti attraverso i quadrati delle finestre rivelano una
composizione dell’immagine fatta appunto per frammenti dove l’edificio è parte integrante della città. Il fotografo lo
contestualizza nel tessuto urbano: è visto, infatti, da lontano, o in mezzo al traffico, ma rivela soprattutto una precisa
identità e riconoscibilità all’interno della metropoli, mettendo in particolare risalto l’uso del mattone tanto caro a
Rossi, rivela la cifra stilistica dell’architetto, ma anche la concezione della città del fotografo.
Peter Eisenmann
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È stato il progetto che ha determinato la svolta della carriera professionale di Eisenmann. Si tratta di un edificio di
edilizia popolare realizzato lungo il Muro, a pochi metri dal Checkpoint Charlie. Venne realizzato per affrontare le
materiali esigenze abitative della città. Dal punto di vista urbanistico intendeva rimarginare la rottura del tessuto
urbano nel punto cruciale costituito dall'angolo tra i due significativi assi storici di Kochstrasse e Friedrichstrasse. Il
volume dell’edificio si scompone in volumi geometrici minori sfalsati e aggettanti tra loro. Questo gioco di volumi
incompleti che sembrano scontrarsi e cadere comunica un evidente senso di instabilità che allude agli effetti causati
alla città dalle distruzioni della II Guerra mondiale, dalla divisione fisica, politica e funzionale, dall’abbandono a se
stesse delle aree lungo il Muro. Alla facciata è stato sovrapposto un reticolo di linee ortogonali, con riferimento alla
maglia stradale berlinese formatasi durante le trasformazioni urbanistiche ottocentesche. Seguendo la tradizione
edilizia ottocentesca, le singole unità abitative sono servite da una scala comune posta nel retro e sono distribuite su
un ballatoio che si ripete nei sette piani. I bagni e le cucine si trovano proprio lungo questo percorso, mentre gli
ambienti si affacciano su Kochstrasse. Alla base dell’edificio è commemorata la storia del Muro, un museo privato di
resti del muro e fotografie di Friedrichstrasse
Memoriale per gli ebrei assassinati d'Europa
Il Memoriale per gli ebrei assassinati d'Europa (tedesco: Denkmal für die ermordeten Juden Europas),
conosciuto anche come Memoriale dell'Olocausto (o meglio, Memoriale della Shoah) (tedesco: HolocaustMahnmal), è un memoriale situato nel quartiere Mitte di Berlino, progettato dall'architetto Peter Eisenman,
assieme all'ingegnere Buro Happold, per commemorare le vittime della Shoah. Il Memoriale è composto da un
campo di 2.711 stele e dal Centro d’Informazione ed accoglie ogni anno più di 500.000 visitatori provenienti da
ogni nazione[1].
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