Favole per i più piccini

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Favole per i più piccini
Maicol, anni 9
a cura di
Alessandra Ferri Castagna
Andrea, anni 9
2
Presentazione
Le favole, oltre ad avere un contenuto
storico-culturale del luogo che le ha
prodotte, hanno anche un contenuto
nascosto. A volte solo più tardi è
possibile, con l'esperienza, assistere
al riproporsi dell'importanza della
favola che il nonno ci raccontava da
bambini.
Ed è proprio per i bambini che le favole
assumono maggiore importanza, perché
arrivano all'essenza, saltano le difese
razionali e costringono a vedere la
realtà nella sua semplicità e crudezza.
Considerate, allora, queste storie non
come semplici racconti, ma come
iniziazioni per la vostra anima.
Chissà che il futuro turbinio della vita
non le riporti a galla, domani, con il
sorriso sicuro di chi le ha comprese.
Nadia Veronesi Lugoboni
3
Alberto, anni 9
4
La filastrocca di Mimì
Una piccola stella marina si era arenata su di
una spiaggia e non riusciva più a rientrare in
acqua. Stava quasi soffocando quando due
manine la raccolsero e la misero in un piccolo
secchiello di plastica contenente un po’ d’acqua
di mare. La piccola stellina si sentì subito
meglio, tossì un po’, fece un paio di starnuti,
si stiracchiò le 5 punte per riattivare la
circolazione e, molto riconoscente, chiese al
piccolo bambino che l’aveva salvata:
“Ciao, io sono Stella detta Marina, qual è il
tuo nome bella bambina?”
“Non sono una bambina, io sono Mimì, mi
piacciono tanto il mare e i suoi delfini! Vorrei
toccarli, ma, non so come fare, sono troppo
piccolo e non so ancora nuotare.”
Riprese la stellina: “Stai tranquillo, qui c’è
Marina, portami in riva al mare... vedrai... te
li farò toccare!”
Il bimbo la portò e arrivata all’acqua Stella
Marina chiese ad Ombretta un onda birichina:
“Se tu ci fai da barca e ci porti a Balù, il mio
amico Mimì vedrà tanti delfini... facci questo
favore, amica cara Ombretta e non ti pentirai...
faremo molto in fretta".
L’onda si ripiegò formando una barchetta e
mise dentro Stella, il bimbo e una trombetta.
Durante quel tragitto, Mimì si divertiva…
salutava i gabbiani e i pesci in comitiva.
Suonava la trombetta e diceva ad Ombretta:
“Nessuno, mai nessuno mi aveva fatto ciò” e
ridendo felice a Balù lui approdò.
C’erano dei delfini sia grandi, sia piccini,
giocavano, saltavano, andavano su e giù e
gridavano a Mimì: ”Benvenuto a Balù. Saltaci
dunque in groppa, vieni a giocare con noi,
vedremo sui fondali i pesci fare i cow boys,
giocare con i coralli che sono bianchi e gialli…
Ci sono pesciolini a strisce rosse e blu e c’è lo
squalo argento che è amico di Balù. A sera poi
c’è il sole che se ne va a dormire e allora le
conchiglie si vanno a divertire… si lucidano il
guscio fino a farlo madreperla… e poi vanno
sull’isola e si stendono sull’erba; là cantano e
poi ballano e fanno dei falò e poi quando sono
stanche, tornano in pedalò. Il sole in fondo al
mare si rifletteva d’oro e faceva cangiante la
sabbia sottostante… e quando poi contento
Mimi a casa tornò raccontò tutto a mamma e
poi si mise a nanna. Aveva visto un mondo
bellissimo più in fondo, l’aveva visto bene non
solo alla tv, ma lui con la stellina era stato a
Balù: In quel pezzo di mare che piace ai delfini
che ora sono amici del nostro Mimì.
Manuel, anni 9
5
I frati e il mattone
Due frati abitarono per lunghi anni la stessa cella, senza mai venir fra di loro a contesa.
Un giorno uno disse all’altro «Proviamo un po’ a far lite fra noi come fanno gli altri».
L’altro rispose: «Non so cosa mai sia una lite».
E il primo: «Ecco: tra me e te metto un mattone, e io comincio col dire: questo è mio. E tu
rispondi: no, non è tuo, è mio; le liti cominciano sempre a questo modo».
Misero in mezzo un mattone, e uno disse: «Questo è mio»; e l’altro rispose: «No, è mio».
E il primo: «Se è tuo, prendilo e vattene in pace».
E non riuscirono a far lite tra loro.
dagli Apoftegmi dei Padri del deserto
Beatrice, anni 8
6
Il sogno di Simone
diligente, s'applicò al massimo e fu giudicato
il migliore della classe. Prese la licenza
elementare ed aspettò con ansia il momento
in cui una bella bici potesse essere sua. L’attesa
fu vana. I genitori non furono in condizioni
d’accontentarlo e lui, con il cuore grosso e
triste, per parecchie sere s’addormentò
piangendo. Durante il periodo delle vacanze,
anche se era solo un ragazzetto, Simone si
cercò un lavoro per avere qualche mancina e
trovò un salumiere che aveva bisogno di un
garzone che potesse fare qualche servizio a
domicilio.
Il salumiere gli prestò una sua bici vecchia e
malandata, ma al bambino non parve vero di
esercitarsi pedalando avanti e indietro con le
spese dei clienti e così intanto s’allenava. Dopo
un bel po’ di tempo, Simone fu assunto
definitivamente e quando pigliò la paga, i suoi
gli permisero di trattenersi qualcosa in conto
bici, questo fino a quando riuscì ad acquistarsi
una bici da corsa di seconda mano, non
eccezionale, ma funzionante. Simone,
Simone era un bambino di 6 anni, buono e
bravo che frequentava la prima elementare.
Viveva in una piccola frazione di campagna ed
il suo più grande sogno era una bici che i suoi
genitori non potevano comperargli (la famiglia
era di sette persone). I suoi tenevano qualche
gallina per poi rivenderla insieme a delle uova:
non erano in ristrettezze forti, ma la spesa
della bici in quel periodo era considerata un
lusso, anzi… Poiché il suo piedino diventava
ogni giorno più lungo, era di scarpe nuove che
aveva bisogno spesso, altro che bici!! Quando
Simone a volte riusciva ad accompagnare il
suo papà al mercato nei paesi limitrofi, i suoi
grandi occhioni azzurri erano fatalmente
attratti dalle bici colorate che facevano bella
mostra di sé nelle vetrine e nelle strade.
I suoi genitori considerata questa sua grande
passione (ma anche fiduciosi di poterlo fare)
gli promisero che, se fosse stato promosso,
alla fine della quinta elementare forse… La
bici… Chissà…
Simone fece il possibile per essere bravo e
Francesca, anni 9
7
emozionato, con tutta la sua passione la sistemò
a dovere, cominciò a fare delle piccole gare
con i suoi amici, poi gareggiò con alcuni del
paese vicino vincendo sempre. Passarono gli
anni, fece allenamenti su allenamenti, gare su
gare, fino a che fu notato e riuscì a far parte
di una squadra sponsorizzata da gente
importante. Era sempre ai primi posti, felice
di aver pienamente appagato il suo desiderio
di campione regionale. Ormai era adulto, ma
le sue clamorose vittorie furono il coronamento
di tanti sacrifici e lacrime. Era stato testardo,
puntiglioso, ma tutto questo l’aveva voluto con
il cuore, come quando studiava e voleva essere
promosso. Quindi cari amici questa storia è
dedicata a voi per aiutarvi a capire di non
arrendervi mai per nessun motivo; per
spronarvi a fare sempre di più e meglio perché
dopo i sacrifici si possono raccogliere i frutti
del nostro lavoro, si possono avere belle e
grandi soddisfazioni, sia per noi stessi che
per chi ci è accanto e ci vuole bene.
Stefano, anni 9
8
Le scimmie in viaggio
Un giorno le scimmie dello zoo decisero di fare un viaggio di istruzione. Cammina, cammina,
si fermarono e una domandò:
- Cosa si vede?
- La gabbia del leone, la vasca delle foche e la casa della giraffa.
- Come è grande il mondo, e come è istruttivo viaggiare.
Ripresero il cammino e si fermarono soltanto a mezzogiorno.
- Cosa si vede adesso?
- La casa della giraffa, la vasca delle foche e la gabbia del leone.
- Come è strano il mondo e come è istruttivo viaggiare.
Si rimisero in marcia e si fermarono solo al tramonto del sole.
- Che c’è da vedere?
- La gabbia del leone, la casa della giraffa e la vasca delle foche.
- Come è noioso il mondo: si vedono sempre le stesse cose.
E viaggiare non serve proprio a niente.
Per forza: viaggiavano, viaggiavano, ma non erano uscite dalla gabbia e non facevano che girare
in tondo come i cavalli di una giostra.
Gianni Rodari
Beatrice, anni 8
9
Regala ciò che non hai
Occupati dei guai,
dei problemi del tuo prossimo.
Prenditi a cuore gli affanni,
le esigenze di chi ti sta vicino.
Regala agli altri la luce che non hai,
la forza che non possiedi,
la speranza che senti vacillare in te,
la fiducia di cui sei privo.
Illuminali dal tuo buio.
Arricchiscili con la tua povertà.
Regala un sorriso
quando hai voglia di piangere.
Produci serenità
dalla tempesta che hai dentro.
“Ecco, quello che non hai, te lo do”.
Questo é il tuo paradosso.
Ti accorgerai che la gioia
a poco a poco entrerà in te,
invaderà il tuo essere,
diventerà veramente tua
nella misura in cui
l’avrai regalata agli altri.
Alessandro Manzoni
10
Pierino paperino
In una piccola fattoria di campagna, viveva
una famiglia di paperi composta da mamma,
papà e otto fratellini di cui il più piccolo era
Pierino, detto la peste perché stava sempre
in movimento, curiosava dappertutto, non
ascoltava la sua mamma papera che lo
consigliava sempre di fare attenzione a non
allontanarsi troppo, di essere ubbidiente,
insomma di fare il bravo paperino.
Pierino era testardo come un mulo e un bel
giorno, stanco dei soliti giochi e dei fratellini,
s’incamminò verso il ruscello dove di solito la
mamma lo portava a sguazzare
nell’acqua.
Il paperino appena arrivato a
destinazione si tuffò
immediatamente e nuotò felice
girovagando qua e là. Fece
amicizia con una cosa verde con
un grosso gozzo che disse di
chiamarsi rospo… salutò e giocò
con un piccolo uccellino…, curiosò
in un formicaio posto sotto una
grande quercia e non si rese
conto che si era allontanato
troppo e stava arrivando la sera,
anzi, si divertiva come un matto
e cantava e rideva. Quel giorno
di libertà aveva fatto volare il
tempo e quando si rese conto
dell’ora tarda ormai la frittata
era fatta. Pensò fra sè: ”Ora
ritorno a casa e domani verrò
ancora a divertirmi, oggi ho
giocato abbastanza con tutte le
novità che ho visto". Sembrava
facile a Pierino la strada del
ritorno. Con mamma la faceva
ad occhi chiusi, ma era troppo
buio e lui agitato e impaurito
sbagliò direzione. Infreddolito,
affannato e stanco, il piccolo
papero sgranava gli occhi in
cerca della sua casa… Ma nulla…
Ad un tratto, due grosse cose
gialle dietro una siepe lo fecero
svenire dalla paura. Al risveglio
si ritrovò sotto l’ala protettrice
della sua mamma la quale, anche
se arrabbiata, spiegò con
dolcezza al suo Pierino: “Figliolo bisogna
ascoltare i genitori, non fare ciò che si vuole
e disubbidire. Il pericolo è sempre in agguato
e se Flok, il cane della fattoria, non fosse
venuto a cercarti a questa ora che avresti
fatto da solo? Vedi allora per il futuro di
ascoltarmi di più…I genitori c’insegnano cose
buone, bisogna assecondarli.
Prometti Pierino?”. Il papero, pentito e felice
d’essere a casa, promise ubbidienza e da quel
giorno la lezione l’imparò... eccome!!
Gabriele, anni 9
11
Giulia, anni 9
12
Così è nata la "crostata alla marmellata"!
Nel paese di "Nonsodove", viveva una piccola
comunità di uova di gallina, di oche, di quaglie
e tutti vivevano allegramente, in un grande
cesto posto nel deposito delle scorte
mangerecce.
In questo ampio spazio si riposavano, si
riparavano dalle intemperie, parlavano,
vivevano… ad una sola cosa dovevano fare
attenzione: non dovevano ridere a crepapelle
altrimenti si rompeva il guscio per lo sforzo,
facendo delle frittate pazzesche!
Il loro capo si chiamava Tuorlo perché era
tondo come un uovo, aveva capelli gialli e
vestiva sempre di bianco, come un cuoco. Un
giorno arrivò nel loro cortile un gigante d’uomo,
che doveva essere molto forte, perché
trascinava un grosso carretto carico di sacchi
di farina bianca. Incuriosito per il nuovo
arrivato Tuorlo, spuntando da dietro un po’ di
paglia, chiese all’omone: Ma tu chi sei? Come
ti chiami? Cosa vuoi?"
Rispose l’uomo: Io sono un
mugnaio, vengo dal paese di
"Chissàchilosà" e sto cercando un
riparo per questa notte… vedi…
domani devo portare la mia farina
al mercato di "Sempresivende"
e ho ancora tanta strada da fare,
se tu avessi un po’ di posto per
stanotte.
Tuorlo, che era una pasta d’uovo,
lo invitò nella casina delle scorte,
con la sua farina ben al riparo e
d’accordo che l’indomani all’alba
il mugnaio sarebbe partito. Ma...
intorno alle due di notte, quando
tutti dormivano, ecco che una
ombra sinistra entra di
soppiatto…
Era una volpe che entrava nel
magazzino per papparsi tutte le
uova. Con estrema cautela la volpe
s’avvicinò al cesto ma…Tuorlo,
sentendo un piccolo rumore si
svegliò e, velocissimo, diede
l’allarme. Tutti si svegliarono di
soprassalto, anche il mugnaio che
spaventato, alzandosi
velocemente, inciampò nei sacchi
di farina che si ruppero facendo
un polverone che non vi dico. C’era una
confusione tremenda, tutti che correvano: la
volpe che tentava di fuggire, ma era mezza
accecata dalla farina, qualche uovo per fuggire
si ruppe, tutti gridavano, il rubinetto dell’acqua
gettava spruzzi dappertutto per lo spavento…
Ci fu un miscuglio pazzesco: chi correva, chi
voleva aiuto, uova che cadevano mescolandosi
alla farina.
La volpe poi, nel tentativo di fuggire, balzò
sopra un grosso vaso di marmellata di ciliegie
che era sulla mensola… insomma tutto, presto,
si trasformò in un impasto che ricoprì il
cortile. Diventò giorno e su quel cortile biancogiallo battè un caldo sole di luglio, il suo calore
cucinò tutto a puntino, facendo nascere così
la famosa crostata alla marmellata. Una torta
gigantesca, profumata e così buona che, ancora
oggi, si ricorda nel famoso paese di
"Nonsodove".
Beatrice, anni 8
13
Francesca, anni 9
Riccardo, anni 9
14
I Funghetti
ospiti!" e li raccolse posandoli nel cesto.
I funghetti bianchi e rossi, invidiosi, tentarono
di alzarsi il più possibile per farsi notare,
paonazzi d'invidia e di rancore per non essere
stati scelti, ma ad un tratto, il boscaiolo,
accortosi di loro disse: "Via via... questi funghi,
devo eliminarli, sono pericolosi. Se qualcuno li
raccoglie può morire" così li calpestò,
distruggendoli.
In un boschetto di montagna, c'era una
famigliola di funghi porcini.
Vivevano sotto un grosso albero, seminascosti
fra foglie e muschi.
Erano felici quando pioveva perché,
soprattutto i più piccoli, diventavano in fretta
più alti.
L' acqua infatti li aiutava a crescere e
svilupparsi.
Poco distante da questa bella famigliola ce
n'era un'altra, di funghetti rossi a pallini
bianchi, che si davano un sacco di arie perché
erano più colorati e quindi più belli dei vicini,
che erano di un semplice colore grigio-marrone.
I funghetti colorati a pallini dicevano spesso
pavoneggiandosi: abbiamo una forma longilinea,
gambi bianchi e lunghi, siamo molto eleganti
e poi, con questi cappellini, sembriamo
dipinti da grandi pittori... belli come noi
non esiste nessun altro fungo.... e
snobbavano i porcini proseguendo: voi siete
brutti, con un corpo grasso e corto, avete
un cappellaccio marrone ridicolo, sembrate
sporchi... che schifo...
Noi, invece, siamo sicuramente i migliori...
Se ci notassero le persone che s'intendono
veramente di bellezza, ci farebbero delle
fotografie, ci metterebbero sui giornali,
ci mostrerebbero al mondo, perché... noi...
siamo unici!!!
I piccoli porcini, diventavano molto tristi
quando si sentivano derisi e chiedevano
spesso alla loro mamma: "Ma davvero siamo
così orrendi come dicono? Non faranno mai
le foto a noi? Ma come possiamo fare per
diventare belli come loro?"
La mamma intenerita rispose: "Figlioli cari,
sappiate che anche se la nostra forma è
cicciottella e sgraziata, noi siamo molto
buoni da mangiare invece loro, che si
vantano tanto, sono velenosi e mai nessuno
li coglierà, sono pericolosi".
Poco dopo infatti passò di lì un montanaro
con un grosso cesto per raccogliere dei
buoni funghi e vedendo i porcini, felice,
si fregò le mani rallegrandosi e dicendo:
"Che meraviglia di funghi, sono stupendi...
che bontà, come saranno gustati dai miei
Questo per insegnarvi che non sono solo le
cose belle ad essere buone; a volte l'apparenza
inganna e nasconde il pericolo. Quindi, bambini
attenzione!!!
Giulia, anni 9
15
Omar
In un paese lontano lontano viveva un piccolo
bambino di nome Omar.
Abitava in una vecchia casa di legno ai margini
del bosco con i suoi genitori e quattro
fratellini.
Omar aveva nove anni ed era il più grande. La
sua famiglia in quel momento stava vivendo
un periodo molto triste perché il papà non
lavorava . Non entrando più soldi in casa il
fuoco era sempre spento, faceva freddo e
non c’era neanche un chicco di grano per
sfamare quelle povere creature. Omar faceva
finta di nulla e, anche se la sua pancina
«brontolava», spesso faceva giocare i suoi
fratellini con il suo cagnolino che si chiamava
Osso. Finché si giocava la fame era
dimenticata, ma poi ritornavano il silenzio e
la malinconia. Omar di notte teneva accanto
a sé il piccolo amico Osso che lo riscaldava,
come poteva, con il calore del suo corpo nelle
lunghe notti d’inverno. Omar incitava spesso
i suoi fratellini a pregare Gesù e raccontava
loro che, anche, se non avevano mangiato,
dovevano avere fiducia perché una bella
minestra calda presto sarebbe arrivata. Una
sera fredda e ventosa, sentendo piangere i
suoi fratelli, decise d’addentrarsi nel bosco
vicino per raccogliere qualche castagna per
sfamare tutti. Nonostante la sera fosse da
lupi, con i pochi stracci che aveva addosso si
avventurò nel bosco, in mezzo alla nebbia, al
buio; sentiva tutti i rumori più paurosi, pensava
che qualcuno lo pedinasse: insomma sudava
anche se era freddo. Ad un tratto vide dietro
ad una pianta una vecchietta che portava a
spalle della legna, faticava tanto, si trascinava
Giorgia, anni 9
16
le gambe, era stanca e… doveva essere molto
povera perché era vestita con un mantellino
leggero e bucato, Sentì la vecchina che, con
modi garbati, chiedeva: ti prego bambino,
aiutami per favore, non ce la faccio più, sono
venuta in questo posto a raccogliere un po’ di
legna perché non ho nulla per riscaldarmi,
sono povera, sento freddo e fame… abito
lontano e ho ancora tanta strada da fare… ti
prego…
Omar s’impietosì, sapendo cos'erano la
stanchezza e la fame, donò le poche castagne
che aveva trovato alla vecchina. «Ecco
nonnina», disse, queste sono per voi; sfamatevi
e poi l’accompagnò per un bel tratto di strada.
Rientrò a casa a mani vuote e più infreddolito
di prima, ma contento d’aver fatto un’opera
buona. La notte Omar fece dei sogni bellissimi:
possedeva una bella casa, calda, con dei bei
vestiti e finalmente mangiava, cioccolato,
panettone, caramelle… tutto ciò che voleva…
ma, un forte bussare alla porta lo riportò alla
realtà. Un signore si presentò con una lettera,
indirizzata al suo papà, dove c’era scritto che
poteva riprendere il lavoro. La gioia era grande,
ma le sorprese non erano finite… Un altro
fattorino portò ad Omar l’annuncio, di un
notaio, che lo informava che una misteriosa
signora gli aveva donato una casa.
Omar, frastornato, non capiva, non riusciva a
spiegarsi cosa stesse succedendo. Quando
arrivò nella nuova casa trovò, sopra il tavolo,
un vassoio con dentro le castagne che lui aveva
donato alla vecchina e appoggiato al camino il
fardello di legna che lui aveva portato alla
nonnina del bosco. Rendendosi conto che
qualcosa di miracoloso era avvenuto, chiese al
notaio chi fosse la bellissima signora che era
ritratta sulla lettera. Rispose l’uomo: "è la
fata del bosco, a volte si trasforma in vecchina
e scopre i bambini buoni; questa era la sua
casa, ora è la tua." Omar felice pensò: anche
se per una sera non ho mangiato, sono stato
fortunato ad aiutare chi stava peggio di me…
e s’addormentò al calduccio… s’addormentò
sognando la sua bella favola.
Dalila, anni 9
17
Le rose bianche
Delle bellissime rose bianche crescevano, da
tempo, nel piccolo giardino incolto di una
modesta casetta abbandonata. Non erano mai
state colte, ma a maggio, con l’inizio della bella
stagione, esse rifiorivano risplendendo in tutta
la loro naturale bellezza e profumando l’aria
tutta attorno.
Questa piccola casa e questo giardinetto erano
appartenuti ad una famigliola di gente semplice
che viveva in tranquillità, volendosi bene e
rispettando tutti. Vi abitavano mamma, papà
e Biancarosa, una splendida bimba che
frequentava la terza elementare. Tutto
sembrava andasse per il meglio finchè, un
triste, giorno Biancarosa attraversando
sbadatamente la strada fu investita da un
auto e portata all’ospedale in gravi condizioni.
I dottori fecero tutto il possibile, ma la
diagnosi purtroppo fu terribile: la bambina
aveva perso l’uso delle gambe. Furono tentate
diverse operazioni, ma non ci fu nulla da fare,
Debora, anni 9
18
il suo futuro non poteva che essere su una
sedia a rotelle.
Biancarosa, di solito gentile, educata, ma
vivace ed allegra come tutti i bambini della
sua età, da quel momento si chiuse in un
mutismo assoluto, in una tristezza senza pari
e senza riuscire però a versare mai una lacrima.
Se ne stava da sola in giardino e rompeva con
cattiveria tutti i gambi ai fiori (come se anche
a loro avesse voluto recidere la vita). I genitori
disperati non sapevano più che pesci pigliare.
Cercavano d’invitare i suoi vecchi compagni di
giochi, ma lei li rifiutava. Le avevano comperato
giochi nuovi, ma lei non li voleva. La sua rabbia
era tanta che avrebbe voluto morire e trattava
male chi le si avvicinava oltre ai suoi
cari che tanto l’amavano e che con lei
soffrivano tanto. C’era di buono però
una cosa importante, alla sera, quando
Biancarosa si coricava, com’era
consuetudine, iniziava a pregare il suo
angelo custode, chiedendogli d’aiutarla
a superare quel trauma… e lo faceva
con tanta umiltà al punto che non
sembrava più la scontrosa bambina
che di giorno odiava tutto e tutti.
Passarono così tre lunghi anni, di
sofferenza e preghiera. Una notte di
luna piena, sdraiata sul suo lettino vide
una strana luce, poi un bagliore forte
e infine un grande e colorato
arcobaleno copriva tutto il cielo e...
attraverso questi colori un angioletto
bellissimo biondo e riccioletto che le
diceva:
Biancarosa, lo so che sei molto triste,
ciò che ti è accaduto è veramente una
sofferenza, ma sarai ripagata con la
tua forza nel pregare e nel credere
che dal cielo avremmo potuto aiutarti.
Io sono il tuo angelo custode e posso
dirti alzati e vienimi incontro alla
finestra, coraggio, coraggio vieni, le
tue preghiere, la tua fede ti hanno
aiutato, vieni verso la luce. Biancarosa
barcollante fece ciò che l’Angelo le
chiedeva e giunta al davanzale iniziò
un pianto convulso e liberatorio,
soprattutto di commozione. Biancarosa
pianse e le sue lacrime sincere bagnando il
terreno fecero nascere delle magnifiche rose
bianche, bianche come il suo nome. Finalmente
riusciva di nuovo a camminare. Biancarosa nel
tempo volle dedicare la sua vita ritirandosi in
convento e facendosi suora e continuò a
pregare per se e per la salute di tanti
sofferenti.
Voi che leggete non dimenticate mai una piccola
preghiera quando andate a dormire…
In Paradiso aspettano con essa la vostra Buona
notte.
Eliv, anni 6
19
Luca, anni9
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