Vittime e reazioni dei superstiti

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PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA
VITTIME E REAZIONI DEI SUPERSTITI
Vittime e tipologie di vittime.
Ogni individuo che vive un’esperienza traumatica causata da una calamità, vive in modo personale ed unico
l’evento in sé. Ogni superstite porta con sé una storia personale, delle specifiche risorse ma anche dei deficit
psicorelazionali, valori e convinzioni. Queste differenze individuali portano ad una comprensione e
valutazione diversa da persona a persona.
Un evento traumatico può essere vissuto direttamente (sulla propria pelle) oppure come esperienza vicaria
e perciò in termini di spettatore, testimone etc. e ancora come esperienza mediata, riferendoci al venire a
conoscenza di eventi estremi vissuti da altri (non dimentichiamoci del potenziale psicotraumatico dei mass
media). Esistono quindi diverse tipologie di vittime: le vittime di primo livello che subiscono direttamente
l’evento traumatico, le vittime di secondo livello e quindi parenti o amici delle vittime di primo livello, quelle
di terzo livello ovvero il personale di soccorso, di quarto livello individuate nella comunità coinvolta e in chi
in qualche modo è responsabile dell’evento, di quinto livello e quindi gli individui che, anche se non
coinvolti direttamente possono reagire con un certo disturbo emozionale e le vittime di sesto livello ovvero
chi avrebbe potuto trovarsi nella condizione di vittima di primo livello o chi ha spinto altri nella situazione di
calamità o chi, per qualche motivo, si sente comunque coinvolto.
Le reazioni al trauma e le sue fasi.
Le risposte psicosociali più comuni alla calamità sono le Reazioni di stress post-traumatico ed è importante
che i superstiti riconoscano la normalità di tali reazioni. Le risposte all’evento traumatico investono l’area
emotiva (shock, collera, disperazione, terrore, senso di colpa), l’area cognitiva (assenza o carenza di
concentrazione, incapacità a prendere decisioni, stato confusionale, pensieri e ricordi intrusivi), l’area fisica
(senso di affaticamento, disturbi del sonno, cefalee) e l’area interpersonale (alienazione, ritiro sociale,
aumento dei conflitti relazionali).
La maggior parte delle persone comunque, ritorna ad una normale funzionalità tra i sei e sedici mesi
successivi l’evento e generalmente i disturbi da stress post traumatico non diventano cronici.
Gli studi antecedenti gli anni ’70 si sono concentrati sul funzionamento psicologico individuale in quanto
tale, decontestualizzandolo. E’ solo con gli studi successivi a questi anni che il focus inizia a spostarsi verso le
reazioni al trauma a livello comunitario: si possono infatti distinguere reazioni individuali (reazioni
iperemotive brevi post impatto, disturbi nevrotici, disturbi psicotici, sindrome da disastro, sindrome da
lutto, sindrome del sopravvissuto etc.) e reazioni collettive (esodo di massa, reazioni di panico etc. ).
La risposta ad un evento traumatico segue uno sviluppo per stadi, secondo quella che è la Dimensione
temporale della reazione psicologica. La prima è la fase Eroica (che ha una durata di qualche ora fino a qual
che giorno) in cui gli individui e la comunità in generale, sviluppano livelli di attivazione fisiologica incredibili
per attività di salvataggio, aiuto, accoglienza etc.
La seconda fase è quella della Luna di Miele, caratterizzata in generale da ottimismo dovuto all’afflusso di
risorse, dall’ attenzione dei mass media, dall’interesse delle cariche politiche etc. i superstiti hanno fiducia
nelle autorità competenti per una celere ricostruzione delle proprie abitazioni ed un veloce ritorno alla
normalità.
La terza è la fase della Disillusione in cui cresce la consapevolezza che il ritorno alla normalità non può
essere così immediato. Tale consapevolezza si unisce alla fatica e alle esperienze irritanti. In questa fase i
sintomi connessi allo stress post traumatico si intensificano e diminuisce la speranza.
La quarta ed ultima fase è quella della Ristabilizzazione in cui i cambiamenti in positivo diventano
osservabili, in cui il sistema burocratico inizia a muoversi e si ristabilisce per la maggior parte delle persone,
un livello di funzionamento antecedente alla calamità.
Reazioni di stress peritraumatico estremo.
I sintomi compaiono durante o immediatamente dopo l’evento traumatico e se sono sufficientemente
intensi possono causare significative menomazioni del funzionamento individuale. Si possono riconoscere
sintomi quali la dissociazione (depersonalizzazione, stati di fuga o amnesia), la ripetizione dell’esperienza
dell’evento (flashback, ricordi intrusivi o incubi), l’ evitamento (ritiro sociale, isolamento), l’iperattivazione,
ansia, depressione (senso di affaticamento, perdita di interesse, anedonia), abuso di sostanze e sintomi
psicotici (deliri, allucinazioni, immagini o pensieri bizzarri, catatonia).
Sono maggiormente a rischio quelle persone che si sono trovate a un passo dalla morte, che hanno
improvvisamente perso una persona cara, che sono sottoposte a richieste emozionali intense da parte di
altri superstiti, che hanno avuto in passato problemi psichiatrici o coniugali/familiari, che hanno già subito
perdite importanti, etc.
Disturbo Acuto da Stress.
Perché si possa parlare di Disturbo Acuto da Stress la persona che si trova a vivere un evento traumatico
deve aver vissuto sulla propria pelle o assistito ad un evento che ha comportato una minaccia per la propria
o altrui vita, una grave lesione o una minaccia all’integrità fisica propria o altrui. La risposta al trauma deve
comprendere paura intensa e sentimenti di impotenza o terrore e, durante o successivamente l’evento,
devono presentarsi almeno tre sintomi dissociativi tra: ripetizione dell’evento traumatico, marcato
evitamento degli stimoli che ricordano il trauma, sintomi marcati di ansia e di aumento di arousal e/o una
significativa menomazione sociale e/o lavorativa.
Il disturbo, per essere definito tale, deve avere una durata minima di almeno due giorni e massima di
quattro settimane e deve presentarsi entro le quattro settimane successive l’evento traumatico.
Disturbo Post Traumatico da Stress.
Un disturbo di questo tipo può comportare menomazioni nel funzionamento della persona decisamente più
significative dei precedenti disturbi d’ansia. Perché si possa parlare di Disturbo Post Traumatico da Stress la
persona che si trova a vivere un evento traumatico deve aver vissuto sulla propria pelle o assistito ad un
evento che ha comportato una minaccia per la propria o altrui vita, una grave lesione o una minaccia
all’integrità fisica propria o altrui. La risposta al trauma deve comprendere paura intensa e sentimenti di
impotenza o terrore e devono manifestarsi inoltre: almeno una forma o più di ripetizione dell’evento
traumatico, almeno tre sintomi di evitamento degli stimoli associati al trauma e almeno due sintomi
persistenti di attivazione elevata (arousal).
Il disturbo, per essere definito tale, deve avere una durata superiore ad un mese e deve essere causa di una
significativa menomazione clinica del funzionamento sociale, lavorativo o di altre importanti aree.
Il processo del Lutto.
Il lutto è uno stato emotivo inevitabile nella vita di ognuno di noi e lo si esperisce non solo in relazione alla
perdita di una persona cara ma anche in occasione di separazioni traumatiche, della fine di un importante
impegno come può esserlo il lavoro, della nascita di un figlio malato, etc.
L’elaborazione del lutto è un’esperienza difficile che in alcuni casi può portare all’emergere di sindromi
depressive ma con i quali sintomi non deve essere confuso.
Normalmente le fasi del lutto sono cinque: la prima è la negazione della realtà ed isolamento (risposta
psicologica temporanea), la seconda è la rabbia (che può essere indirizzata verso la persona che ci sta
provocando dolore e ciò aumenta il senso di colpa che a sua volta alimenta la rabbia), la terza comprende le
auto recriminazioni, la quarta fase lo stato depressivo (questa fase varia da alcune settimane a sei mesi e
comprende manifestazioni tipiche di dell’umore depresso quali: sentimenti di tristezza, inappetenza, crisi di
pianto, agitazione, scarsa concentrazione, etc.) e la quinta vede emergere l’ accettazione.
Il decorso psicologico del lutto dipende da molti fattori, alcuni legati alle circostanze della malattia, alle
modalità del decesso, agli elementi personali e relazionali, etc.
I fattori più significativi sono individuati nell’età, nel grado di parentela con il defunto, nelle risorse e
caratteristiche personali, nelle risorse del contesto familiare ed ambientale e nelle modalità di risoluzione di
lutti precedenti.
Alcuni studiosi parlano anche di lutto anticipatorio e cioè quella fase in cui ci si prepara e ci si confronta con
l’evento della perdita e che anticipa appunto il lutto vero e proprio.
Scopo della risoluzione del lutto è quello di sviluppare una nuova relazione interiore con la persona
scomparsa, come poeticamente scriveva Bertolucci Attilio “Assenza … più acuta presenza”.
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