Copertina
AUGURI
Internet approda in Italia.
Nascono i Bbs
(Bullettin board
system) primi
esempi di
community
virtuale.
1986
Nasce crs4.it,
il primo sito
web italiano
del Centro di
ricerca, sviluppo e studi
superiori in
Sardegna.
1993
Nascono Video
Online, primo
internet service provider,
e C6 multichat,
il primo messenger italiano
che permette
Nascono Amadi chattare
zon.com, la
con amici
prima libreria
(netfriend).
online, e Iol.it,
Va online
il servizio di
Unione Sarda, posta elettroprimo
nica di Italia
quotidiano
Online.
in Europa.
1994
1995
Arriva la fibra
ottica di
Fastweb.
Nasce il primo
motore di ricerca italiano,
Arianna.
1996
Viene pubblicato Napster, il
primo sistema
di file sharing
di massa.
1999
Dopo 6 anni
dalla sua fondazione, sbarca in Italia
eBay.
2000
20
Viene la
Wikiped
lingua it
1986-2016: sono passati trent’anni dall’avvento di Internet in Italia.
Il web ha cambiato radicalmente il nostro modo di vivere, lavorare e
interagire con gli altri. Ripercorriamo le tappe più importanti di
questa avventura con uno sguardo agli scenari futuri, attraverso i
racconti di Layla Pavone, che fece parte della squadra che creò nel
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INTERNET
001
anciata
dia in
taliana.
2002
Viene lanciato
il primo set di
licenze creative commons,
che rivoluzionerà il diritto
d’autore sul
web.
2003
2004
2005
2006
Nasce Twitter.
Apple lancia
iTunes Music
Store: 200.000
brani a 99 centesimi con
un milione di
canzoni vendute nella prima settimana.
Nasce
Facebook.
Esplode
in italia
nel 2007.
Va in linea
YouTube.
2013
Arriva Spotify,
il servizio di
streaming
musicale in
abbonamento
che ha rivoluzionato l’industria discografica.
2016
Sono 2.934.311
siti con suffisso .it (al 21
aprile 2016).
32 milioni di
italiani usano
internet una o
più volte a settimana (dati
Istat).
1994 Video Online, il primo internet service provider, e Eugenio Contatore, papà di Arianna e fondatore nel 1998 di Digiland, la prima
community in Italia. Insomma, due pionieri del digitale che hanno
vissuto e partecipato a questa grande rivoluzione, dalle prime bbs e
lentissimi modem dial-up a Internet come lo conosciamo oggi.
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LAYLA PAVONE,
pioniera della pubblicità digitale
consentivano di collegarci con Silicon Valley via internet. Non potete immaginare l’emozione, perché ero consapevole di partecipare a una rivoluzione, quella del
mondo dell’informazione che oggi per molti è scontata».
Amministratore delegato Industry Innovation
Digital Magics .Nel 2007 la manager ha ricevuto
il Premio Eccellenza Lido Vanni.
Il 30 aprile 1986… si ricorda quei
tempi?
«Sì, me li ricordo. Mi aveva affascinato molto la notizia del primo
collegamento a Internet, ma non
ero ancora entrata nel magico
mondo della rete. Nel 1986 stavo
finendo l’università, Scienze Politiche, e preparando la tesi dal titolo “La diffamazione a mezzo
stampa nel diritto anglosassone”.
Poi nel 1988 ebbi la fortuna di essere selezionata per partecipare al
primo master in Comunicazione
d’impresa e nuove tecnologie che
mi aprì un mondo. Per la prima
volta si contaminavano due discipline come la comunicazione e
l’informatica. Erano gli albori di
internet, usavamo le prime bbs
(Bullettin board system) che ci
Cosa volevate fare?
«È stato un periodo incredibile. Era
ormai il 1994. Dal 1992 lavoravo
con Nichi Grauso in Polonia, era
proprietario ed editore del primo
quotidiano di informazione polacco, Zycie Warszawy, cartaceo naturalmente, e aveva creato una syndication televisiva, Polonia 1. Avevamo fondato la prima concessionaria di pubblicità commerciale,
perché allora sui quotidiani polac-
chi c’era soltanto la pubblicità classificata, i piccoli annunci testuali
dei privati. Ma alla fine del 1994
Nichi mi parlò del fatto che voleva
vendere le aziende polacche e tornare in Italia per fondare il primo
internet service provider, che poi
chiamammo Video Online. Mi
chiese di far parte della squadra
della startup, perché era a tutti gli
effetti una startup».
Si comprendeva la portata del fenomeno?
«Pochi ne erano consapevoli. Noi
stavamo costruendo da zero l’offerta di accesso alla rete ai privati,
la connessione – i primi modem
dial-up erano lentissimi, 14.400
bit/s, non c’era l’Adsl e tanto meno
Copyrighted, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=724882
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1991
la banda larga – lo spazio web e
alcuni altri servizi alle aziende, per
poi, dopo solo qualche mese, iniziare a pensare che anche la pubblicità poteva essere un asset del modello di business di Video Online.
I primi banner avevano misure
oggi ridicole, 30x60 pixel, e vendevamo i contatti, le impression a 30
lire. Fu molto bello quel periodo,
ma anche molto difficile perché
eravamo sicuri che stavamo costruendo qualcosa di una portata
gigantesca, ma dal punto di vista
del business erano poche le persone e le aziende che sperimentavano
e i conti del business plan non tornavano».
Eravate troppo avanti?
«Sì, questa è la verità. Infatti nel
1996 si fece avanti Telecom Italia e
rilevò il ramo d’azienda Video
Online. Comprò le nostre competenze, la nostra esperienza, e la
integrò nel progetto Telecom
Online, dandone una forte accelerazione. Dal punto di vista personale e professionale però io feci un
salto quantico. Ero una delle pochissime persone che conosceva
Internet, capendone le implicazioni che da lì a qualche anno avrebbe
avuto sulle aziende e fui chiamata
per collaborare nel business della
rete. Così andai in Publikompass,
la concessionaria di pubblicità del
Gruppo Itedi-Fiat, nel 1997, e creai
la prima business-unit completamente dedicata alla vendita degli
spazi web».
Timothy John Berners-Lee, inventore insieme a Robert Caillau del Word
Wide Web, pubblica il primo sito
web al Cern di Ginevra. Dopo i primi
anni in cui era stato usato solo dalla
comunità scientifica, il Cern decise
di mettere il www a disposizione
del pubblico, rinunciando a ogni
diritto d’autore.
Lei è la pioniera
della pubblicità
digitale…
«La pubblicità,
dal 1996 ad oggi, è
stata oggetto di continue metamorfosi grazie all’avvento di nuovi
player e allo sviluppo continuo
della tecnologia. In principio erano
i banner, poi nel 2005 arrivò Google e la possibilità di farsi conoscere attraverso l’utilizzo delle parole
chiave, il Search engine marketing.
Poi nel 2005-2006 si cominciò a parlare di web 2.0 e cioè della possibilità da parte degli utenti di diventare protagonisti della rete».
L’avvento dei social network.
«Sì, arrivò Facebook e cominciò
l’era dei social media a livello globale – pensate che oggi gli utenti
di Facebook sono circa 1,7 miliardi – e parallelamente una modalità di fare comunicazione per le
aziende totalmente innovativa.
Le aziende a quel punto si sono
ritrovate “nude”; il sesto potere,
quello degli utenti online, le ha
messe nelle condizioni di dover
rendere conto di tutto ciò che facevano e di doverlo raccontare,
spiegare e condividere trasparentemente e onestamente, pena la
gogna mediatica digitale. Nacque
quindi una nuova disciplina legata alla reputazione online delle
aziende, che grazie al word of
mouth, ovvero le tecniche di viral
marketing, poteva costruire una
relazione diretta con i propri
Di Paul Clarke - Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=37435469
clienti, fidelizzandoli e acquisendone di nuovi. Infine, oggi, l’ultima frontiera della pubblicità online è il Programmatic buying, cioè
la possibilità di gestire le campagne di pubblicità multimediali:
testo, foto, video, audio, via web
e via mobile, attraverso piattaforme tecnologiche che consentono
di negoziare in maniera efficiente
domanda e offerta con la logica
del miglior offerente in tempo reale ed efficace».
Oggi che era stiamo attraversando?
«Siamo senz’altro nell’era dei big
data, abbiamo miliardi di informazioni sugli utenti. Se usate bene dal punto di vista commerciale
potrebbero abbattere quella soglia di fastidio che gli utenti talvolta provano nei confronti della
pubblicità online che può risultare invasiva o non desiderata. Oggi
l’industria della comunicazione
online deve fare i conti con le tecnologie di adblocking, ovvero
quei sistemi che impediscono l’erogazione e la visualizzazione
della pubblicità sui siti. Questo
fenomeno sta crescendo moltissimo e rischia di fare danni al business della pubblicità. Bloccare la
pubblicità attraverso i software di
adblocking significa ammazzare
il mercato dell’informazione, ol-
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tre che dei social media. Ora, la
soluzione è la cosiddetta “native
advertising”, cioè la pubblicità
nativa che assume l’aspetto dei
contenuti editoriali nel quale è
ospitata, cercando di generare lo
stesso interesse da parte degli
utenti».
Quale futuro?
«Siamo ormai una società totalmente interconnessa, circondata
da tecnologie e da device, quasi
tutti con la possibilità di interagire fra di loro. Oggi si parla di Iot,
Internet of things, la possibilità di
integrare e connettere qualunque
oggetto alla rete, dall’abbigliamento agli elettrodomestici,
dall’auto agli strumenti legati alla salute delle persone. Anche in
questo caso sarà una questione di
contenuti e di capacità di sfruttare la tecnologia a nostro favore,
anche quando si tratta di pubblicità, se possiamo definirla ancora
così. Pensate ad esempio alla possibilità di connettere il frigorifero
a un sito di ricette, a sua volta
connesso con un e-commerce dal
quale si può ordinare tutto ciò che
serve per la cena e te lo consegna
a casa, pronto per essere cucinato.
E tutto gestito da un’app sul no-
stro smartphone. Pensate a tutto
l’ambito della salute di noi cittadini, la possibilità di essere assistiti a casa evitando visite e degenze in ospedale ad esempio.
Alla tecnologia della realtà immersiva e alla possibilità di vivere esperienze originali e coinvolgenti stando seduti sul divano. Io
vedo uno straordinario futuro
che è già presente grazie all’innovazione, vedo anche nuove opportunità di impiego, di lavoro,
nuove opportunità per le startup
che hanno la possibilità di inventare nuovi prodotti, strumenti e
servizi».
EUGENIO CONTATORE,
una carriera tutta digitale
Ict executive con esperienza trentennale nella conduzione
di reparti tecnologici di aziende leader internazionali.
È VP delle operation di ITnet e dello sviluppo di infrastrutture
e soluzioni applicative per il mercato Ist e Msp.
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Il 30 aprile 1986 l’Italia si collega
per la prima volta a Internet, allora Arpanet. Si ricorda quei tempi?
«Mi ero laureato da poco, a Pisa, in
Scienze dell’Informazione. Conoscevo molto bene il Cnuce (Centro
nazionale universitario di calcolo
elettronico), ci andavo a far girare
qualche programma. Già in quegli
anni, oltre ai temi della rete, si parlava, e non solo, di sintesi vocale,
linguistica computazionale, intelligenza artificiale, biomedica e tanto
altro ancora. Pisa pullulava di cen-
tri di ricerca e noi giovani studenti
respiravamo quell’aria magica… I
temi relativi alla rete, tuttavia, li
avrei ritrovati più in là, senza saperlo. Il 30 aprile del 1986 ero infatti a Ivrea, in Olivetti, a occuparmi
dei nuovissimi sistemi di videoscrittura».
Da lì in poi come ricorda i primi
anni di Internet, come impatto sul
business e sul lavoro?
«Pur avendo fatto esperienza dei
primi servizi sulla “rete” verso la
fine degli anni 80, l’Internet che conosciamo oggi l’ho incrociata in
Olivetti un po’ più tardi. L’entusiasmo, le capacità e la creatività non
ci avevano di certo abbandonati
nelle mille sperimentazioni dei nostri laboratori di ricerca di Pisa e di
Pozzuoli, dove sono nati tanti prodotti innovativi. Ricordo la grande
novità del world wide web nel ’93,
i primi motori di ricerca, Mosaic,
Netscape e pochi altri brand del
settore. Venivamo dalla grande novità dei pc “multimediali” e dalla
comunicazione multimediale su
rete Isdn. I nostri centri di ricerca
erano tutti “connessi” e il lavoro
distribuito aveva acquistato moltissimo in produttività. Lo stesso mercato si era aperto, già a partire dai
primi anni 90, a soluzioni nuove
come l’Olivetti Pcc (Personal communication computer), sviluppato
da noi a Pisa, primo precursore dei
moderni sistemi di desktop conferencing, con tanto di audio, video,
lavagna e condivisione applicazioni. Lo vendevamo a banche e istituti assicurativi per favorire quello
che oggi chiameremmo “smart
working”. Ma il www andava oltre
e il ’93 fu di grande stimolo per
tuffarci nella rete a cercare soluzioni nuove».
Lei è uno dei pionieri di Internet
con il primo motore di ricerca italiano (Arianna) e una community
(Iol Club), nuovi modi di fare business. Cosa volevate fare?
«Ricordo bene il ’95, anno in cui
cominciai a lavorare in Italiaonli- di “Mall” (sito di e-commerce), di
ne, il primo provider di accesso a News2000 e più tardi di Libero
internet in Italia. Non c’era molto: Video».
l’accesso a Internet, la posta, i
newsgroup e un sito di notizie che
A cosa puntavate?
si sviluppava secondo le logiche «A dare valore alla rete in termini
televisive, per canali tematici.
di servizi e, al contempo, costruiDa lì il passo per costruire nuovi re un nuovo modello economico:
servizi fu veramente breve. Il pri- l’interattività “built-in” abilitava,
mo ad arrivare fu Arianna, nel in modo naturale, l’evoluzione
’96, un vero motore di ricerca, del mondo del branding e dell’adnon un catalogo, specializzato per la lingua
italiana. I numeri di
allora fanno sorridere:
Nasce la community di Digiland, un
le nostre connessioni
social network dove registrandosi
sulla rete erano di
gratuitamente viene data la possibi10Mbps in Italia e
lità di pubblicare articoli html e po8Mbps all’estero; 80
ter chattare con altre persone connesse al portale.
GB di disco sulle macchine erano sufficienti
per indicizzare i siti
web locali… Era chiaro
che il motore era una
guida indispensabile, non un “nice to have”, e in Italia non c’era
nulla; presto Arianna superò Altavista in prestazioni e precisioni.
Con Arianna nacque il primo server di pubblicità online, fatto in
casa, da noi a Pisa. Il potenziale
era enorme, ma il mercato non era
pronto. Nello stesso anno nacque
Iol Club, che aggregava servizi di
comunicazione, dalla chat ai siti
personali. Tanti altri “bambini”,
ricordo, fra cui il primo vero portale italiano, Libero, con la stessa
dignità dei grandi Yahoo e Aol:
era il ’99… Potrei parlare ancora
per ore di Cupido, di Libero Mail,
1998
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vertising verso un’offerta mirata
e profilata. Abbiamo creato “audience” e “loyalty”. Chi non conosce Iol e Libero? Gran parte
della navigazione italiana passa
ancora da lì, offerta inclusa. Il vero mercato, in Italia, è arrivato
più tardi, a partire dal 2007-2009,
direi, ma le idee erano quelle giuste sin dal 1997».
2009
Nasce WhatsApp, applicazione basata sulla messaggistica istantanea
multipiattaforma per smartphone.
Oltre allo scambio di messaggi testuali è possibile inviare immagini,
video, audio, documenti, la propria
posizione geografica e fare chiamate VoIP con chiunque abbia uno
smartphone dotato di connessione
a Internet e abbia installato l’applicazione.
Ha fondato e gestito Digiland (evoluzione di Iol Club), la prima community in Italia. Come erano, a
quei tempi le community? Cosa è
cambiato?
«Nel ’98 lanciammo Digiland, il
primo “geocities” italiano. Digiland diventò in brevissimo il riferimento delle community internet italiane: “se esiste, è su Digiland”, si diceva… e non si parlava
solo di siti personali e di chat, ma
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2012
Esce il primo tweet di Papa
Benedetto XVI dall’account
Pontifex.
La comunicazione prosegue
con Papa Francesco
sui principali social network.
di persone e di realizzazioni sociali, come “DigiLife” il primo
giornale editoriale fatto dalle persone, molto prima che si parlasse
di blog. Dicevo prima di Cupido,
il servizio specializzato di Digiland per facilitare gli incontri in
rete. Anche questo ha contribuito
al fenomeno sociale: non era proprio un sito di incontri o di
“(speed-)dating”, come si suol
dire, ma più un gioco che ha divertito tantissimi. Digiland diventò fenomeno di studi di evoluzione del sociale in rete. Creammo anche il “trova-amici” e gli
spazi in rete, un lontano (nel senso del tempo) prototipo di Facebook. Poi ci fermammo perché
occorreva “monetizzare”; i costi
di gestione diventavano sempre
più importanti. Nel mio ricordo,
questa è stata la battaglia più dura. Credo che Facebook stia cominciando a vincerla adesso, dopo molti anni di “distanza” dal
ritorno commerciale».
Quale futuro vede per Internet per
chi fa business e per i cittadini,
lavoratori e consumatori?
«Mi viene in mente la definizione
di The Matrix, che un po’ come la
forza di Star Wars “è intorno a te”.
Internet è ormai pervasiva: è nelle
cose che stanno intorno a noi ed è
in noi, nelle “cose” che indossiamo e “parlano” Internet. Ha trasformato l’economia, questo è
certo: il mondo dell’entertainment, dalla musica ai giochi,
al cinema, si è spostato sull’online; i servizi si sono spostati sul
cloud, non solo posta ma servizi
sociali, medici, di travelling, finance ecc. e in mobilità. Sempre di
più Internet of things, insieme alla grande disponibilità di banda,
micro sensori e dispositivi “parlanti”, grandi “fabbriche” di server, dati e tecnologie ci porteranno a percepire e vivere meglio la
realtà intorno a noi».
Rifaresti tutto quello che hai fatto
con Internet?
«Sono orgoglioso di quello che ho
fatto e delle persone che ho incontrato nel mio percorso. Da un certo
momento in poi, in Italia, tuttavia,
è mancata la volontà e il coraggio
di innovare, portandoci inevitabilmente a inseguire quando avremmo potuto dire la nostra».
