La mia casa ERASMUS di Giusy Rossi La mia casa Erasmus non è che un piccolo un porto di mare: c'è chi vi trova rifugio per un po' e chi ne fa pista di lancio verso nuove mete. Per più di dieci anni, dopo aver vissuto in Germania e in Francia, ho condiviso le sorti dell'appartamento dove abito a Firenze, con studenti di altri paesi, che ogni volta hanno reso il condominio un po' più curioso e internazionale. Gli accordi di Schengen sono niente a confronto della libera circolazione dei cittadini in transito per casa: Austria, Francia, Regno Unito, Portogallo, Spagna, Germania, Moldavia, Croazia, Grecia, Romania, Bielorussia... come nel mitico film "L'appartamento spagnolo". C'è stato un periodo in cui ogni oggetto di cucina indossava una targhetta con il nome e i sottotitoli in 3 lingue! L'apertura delle frontiere del mio ap-partamento ha finito per trasformarlo in una specie di "com-partimento", come di un treno per viaggi immaginari, dove gli incontri che fai però sono reali, e si viaggia pur stando fermi nella stessa città. Sembra che la nostra società moderna occidentale, dalla Rivoluzione Francese in poi, abbia completamente trascurato nei fatti il valore della fratellanza: mentre libertà e uguaglianza sono diventati temi portanti dell'architettura istituzionale e politica dell'Unione Europea - e non solo - la dimensione della solidarietà tra le persone appare relegata a un ambito privato, discrezionale, volontaristico. E' proprio su questo piano che invece si può fare molto per sviluppare l'unione dei popoli, dando forma quotidiana al rispetto per l'altro, valorizzando le diversità, riconoscendo giorno dopo giorno quella dignità che ci accomuna tutti come uomini, donne e cittadini. La casa Erasmus non è solo co-housing, un fenomeno che sembra in crescita, soprattutto nelle grandi città - anche per la necessità di dividere le spese - ma può diventare, nei casi migliori, una vera e propria esperienza di comunità, in cui si finisce per condividere anche gli amici, la musica, le ricette di cucina, fino alle questioni più serie della vita. Coloro che hanno fatto l'Erasmus sono persone che provengono dagli arcipelaghi più disparati, parlano le lingue, 3, 4 anche 5; conoscono la storia e la cultura degli altri paesi, ne sono testimoni diretti e attivi; viaggiano, si interessano di relazioni internazionali; si scambiano la casa per le vacanze; sono capaci di ballare il valzer nel castello di Sissi a Vienna come il flamenco per le strade alla Feria de Avril di Siviglia; rispettano l'ambiente, differenziano i rifiuti fino all'ultima bustina di thè! Ma una casa Erasmus è alla portata di tutti, oggi, e permette di agire in modo concreto e positivo oltre la "paura dello straniero": può essere considerata quasi una forma di presidio democratico informale contro i meccanismi di semplificazione che portano ai nuovi populismi. E' come se avessimo sviluppato un settimo senso, un'attenzione selettiva, un radar a onde blu con dodici stelline, pronto a intercettare ogni notizia che riguarda l'Europa, gli amici lontani, ogni occasione di approfondimento: un dibattito, un libro, un posto da uditore... un viaggio, un adesivo o un bando di concorso internazionale. Ognuno in Europa può sentirsi a casa, anche in un paese diverso da quello in cui è nato: questo è il messaggio della Generazione Europea che non ha fatto la guerra ma ha fatto l'Erasmus, e che ha ormai una propria mappa affettiva del vecchio continente, in cui le distanze e i confini non esistono più.